claudio cesa

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CLAUDIO CESA
LA «STORIA UNIVERSALE» NELLA
SECONDA EDIZIONE DELLA
ENCICLOPEDIA DI HEGEL
La prima stesura di una filosofia della storia (<<allgemeine Weltgeschichte») venne consegnata da Hegel a cinque smilzi paragrafi
(§§448-452) della prima edizione della Enciclopedia delle scienze
filosofiche (1817). ln questa trattazione essa compariva a chiusura della
sezione dedicata allo Spirito oggettivo, nel capitolo sulla Eticità; ho dato
altrove le caratteristiche di essa 1 e precisato, in particolare, che qui
manca ogni traccia delle quattro epoche della storia univers ale, e che
anche 10 Stato corne figura teorica vi è appena menzionato. Il filosofo
aveva scritto la Enciclopedia subito dopo aver iniziato l'insegnamento a
Heidelberg onde avere, corne è detto espressamente
nella Prefazione, un compendio sul quale far lezione; si trattava non
soltanto di presentarsi al pubblico con un proprio «sistema», ma anche di
risparmiarsi il fastidio di «dettare», ad ogni lezione, gli enunciati dei
quali poi svolgere il commenta orale.
Sono rimasti appunti di pugno di Hegel sul suo esemplare interfoliato; sono per 10 più brevissime annotazioni messe spesso sulla carta
quasi per associazione di idee, mentre rileggeva il testo per preparare la
lezione2. Una di queste, relativa al § 449, reca: «Un gr adino, un popolo,
che questo sia il suo momento nella storia [prima
1 Mi permetto di rinviare al mio scritto La storia nella prima Enciclopedia di Hegel in
Filosojia e storia della cultura. Studi in onore di F. Tessitore, Napoli 1997, vol. II pp.
55-66.
2 Si tratta di appunti di anni assai diversi; notizie in Vorlesungen über
Rechtsphilosophie (Edit. Ilting), Stuttgart-Bad Cannstatt vol. l, 1973 pp. 129-35. Il
filosofo tratto l'intera Enciclopedia 2 volte a Heidelberg e 2 volte a Berlino, per l'ultima
nel semestre invernale 1826-27. Ma parlava di filosofia della storia anche commentando
i Lineamenti di
STORIA, FILOSOFIA E LETTERATURA
Scritti in anore di G. Sasso
a cura di M. Herling e M. Reale BIBLIOPOLIS
484
CLAUDIO CESA
aveva scritto «storia universale»]. Non indeterrninato, bensl necessario»;
un'altra più ampia, reIativa al § 450, presentava le «WeItanschauungen»
0 «WeIten» (non si parla ancora di «Reiche») orientale, greca, romana,
germanica 3. Non si sa quanto a lungo, oralmente, HegeI si sia diffuso
su questi terni; è ben possibile che Ii abbia evocati per dare «popolarità»
ad una esposizione assai più logica che narrativa; malgrado quanto ad
uditori avesse raggiunto, già dal secondo semestre, un Iivello decente4,
non potevano essergIi indifferenti le reazioni di essi. E occorre
aggiungere un' altra notazione formulata da lui stesso: che, aIle prime
arrni corne professore universitario, doveva «costruire» le scienze
oggetto dei suo insegnamento5; inserire specificazioni materiaIi
potrebbe essere stato un tentativo di esperimentare quanto esse fossero
compatibili con il corpo, e il tono, dei paragrafi commentati.
Corne che sia, nelle successive edizioni della Enciclopedia 6 la
denorninazione dei gradi dello spirito nella storia non venne inserita; i
paragrafi restarono cinque (§§ 548-552), e le integrazioni di rilievo
furono, nel 1827, due lunghe annotazioni ai §§ 549 e 552, ulteriormente
dilatate nel 1830. Di queste, si dirà più avanti. Resta che, mentre altre
parti della Enciclopedia furono sviluppate, questa non 10 fu. Una
spiegazione eIementare èche intanto Hegel aveva incorninciato a tenere
corsi separati di Filosofia dei diritto; il primo, considerato a ragione una
sort a di prima stesura dei compendio Lineamenti di filosofia deI diritto
(1821) è dei semestre invernale 1817-18, e ci è conservato negIi appunti
di P. Wannenmann, che recano anche gIi enunciati (<<Diktate»). Basta
un confronto esteriore dei paragrafi Wannenmann (§§ 164-170) con
quelli della Enciclopedia 1817 per rendersi conta che il primo di essi è
un compendio in tonD popolare, che omette, per quanto possibile, i
terrnini logici dei §§ 448-451 deI
filosofia dei diritto, che indico, quale teste di riferimento, anche quando incomincio a tenere corsi specifici sul temaj cfr. Jub.-Ausgabe, XI p. 25. .
3 Edit. Ilting cit. 1 pp. 211 e 213.
4 Brie/e von und an Hegel hrsg. von J. Hoffmeister, Hamburg 1969 vol. II pp.
154 e 166. Su Hegel professore a Heiddberg v. F. NICOUN, Au! Hegels Spuren. Beitriige
zur Hegel-Forschung, Hamburg 1996, pp. 141-192.
j Op. cit. p. 169.
6 Per un primo orientamento, cfr. la Introduzione all'edizione della Enciclopedia
nella «Philosophische Bibliotheb dd Meiner, Hamburg 1969, pp. XXII-XXVIII.
'<"!'OSL'a L
IVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
485
: E,,:.;:~::::pedll1, e che i quattro successivi sono la presentazione dei
';~::TC «';'(yelthistorische Reiche». Quanto all'ultimo (§ 170) del qua.:.e:-~ T annenmann, è dedicato per metà a mostrare come il princir~D
gemwlico dell'interiorità, spogliandosi progressivamente della ~;:-4r.e
arbitraria della sua forma (il sistema feudale) si sia svilup;~ ;0 «principio
di sapere razionale»; la' seconda metà suona: «ln .:;.~~C ~odo è
avvenuta la loro [dell'elemento terreno e di quello ra~::";';'e: interna
conciliazione, una conciliazione in cui 10 Stato, in .::~O monarchia
costituzionale, è un'immagine e la realtà della ra?C~ sYÏluppata, cosl
che l'autocoscienza ha in esso il suo reale sa::ce e ':olere, come nella
religione ha la libertà e la peculiarità del :>.;.c razionale intuire e sentire,
e nella scienza 10 Stato reale, la na~.:.;a e L mondo ideale vengono
conosciuti corne manifestazioni inte~~tisi di un'unica e medesima
ragione» 7. Ognuno riconoscerà in .;;;esre righe la prima stesura (con
moltissime corrispondenze lette:~ del § 360, che chiude i Lineamenti di
filosofia deI diritto. Tut~ ~~a la conclusione (§ 452) della Enciclopedia
1817: «La sostanza S?üiruale, la quale libera il proprio contenuto, come
anche la propria ~ola realtà, ovvero la propria autocoscienza, dalla
limitatezza in Cw la tiene il timore della morte, ha elevato la medesima
[l'autocoi6enza] a infinità; è, nell'infinità, oggetto a se stessa in quanto
spi:l:~ univers ale; l'autocoscienza sa quest'ultimo come propria sos~a, è
cosl liberata dal timore, ed è, anche, la realtà conforme al p=-oprio
concetto». Da questo paragrafo, dal quale la forma politica è
cc~pletamente as sente, era agevole il passaggio aIle tre figure dello
5piI'ÜO assoluto; oltre che agevole direi diretto. Non è probabilmente "=~ppo sbagliato, se si cerca 10 stile mentale cui Hegel poteva ispi;;1;$&
richiamare qui un luogo della Propedeutica filosofica, ove si
pa.::... a della «theoretische Bildung»: in questa si esige «il senso del
~ ~ttivo nella sua libertà» che consiste nel trattare gli «oggetti ':O:Ale
sono», e interessarsi ad essi «senza una particolare utili tà» 8. :.
esposizione dello spirito teoretico dell' Enciclopedia è infinitamente p~~
elaborata, e ne è indicato chiaramente illimite, cioè l'astrazione
-
Della cosiddetta Mitschrift Wannenmann ci sono due edizioni concorrenti, una .:-~...~.a
da K.H. Ilting, l'aItra dagli studiosi dello Hegel-Archiv di Bochum, rispettiva~-e S:ungart e
Hamburg 1983; di essa c'è una traduz. ita!. curata da P. Becchi, Le
~. _ ';'osofia dei diritto, Napoli 1993; la citaz. a p. 295 di quest'ultima.
Y:.iJ-Ausgabe, III p. 84.
486
CLAUDIO CESA
(§ 388), tanto che esso va integrato, appunto, con la figura successiva, 10
spirito pratico. Non va sottovalutata, evidentemente, la costruzione
sistematica, la quale dà completezza, e quindi «scientificità»,
all'esposizione; essa pera non deve far dimenticare che la «cultura
teoretica» di cui si parla nella Propedeutica non ha quasi nulla a che fare
con 10 «spirito teoretico», per il semplice fatto che non ha nessuna
caratterizzazione psicologica, corne nell' Enciclopedia; essa designa
piuttosto la libertà spirituale in grazia della quale l'uomo pua darsi allo
«studio delle scienze». Ora, tale libertà pua essere intesa in due sensi:
ovvero corne semplice disposizione della mente (0, se si vuole, dello
«spirito» 0 della «cultura»); e in tale accezione essa non è una
prerogativa del mondo moderno 9; ovvero corne una
caratteristica del maturo mondo moderno, a conclusione dell'intera
vicenda della scissione tra l'interno e l'esterno che si è trascinata per oltre
1500 anni e cui appartengono la romana universalità astratta, e la
giudaico-cristiana infelicità del mondo 10; in questa seconda accezione,
l'uomo è libero perché ha superato la credenza dolorosa della vanità 0
della casualità delle co se del mondo, e comprende il «lavoro
sostanziale» dello spirito; in altra angolazione, 10 spirito ha acquisito il
senso del proprio divenire, 10 riconosce corne «svolgimento» e
«progresso», ed è qui che il sapere gli pua comparire corne «reale», e
pertanto «vero». Non è che si sia risolto tutto: anche in sede di spirito
assoluto il passaggio tra arte e religione ha bisogno di una scansione
«storica» esplicitamente dichiaratall il che non accade, invece, nel
passaggio tra religione e filosofia (cia potrebbe avviare qualche
considerazione sul tema che in Hegel c'è una morte del
9 Basteranno un paio di citazioni: «Atene era la sede, una corona di stelle deIl'arte e della
scienza»; «Il pensiero è concepito corne il principio; ed esso si manifesta anzitutto in modo
soggettivo. Il pensare è attività soggettiva: si apre l'epoca della riflessione soggettiva, il perre
l'assoluto corne soggetto. Il principio deI mondo moderno incomincià in questo periodo
con la
-
dissoluzione della Grecia nella guerra peloponnesiaca»
(fub.-Ausgabe XVII,404 e XVIII,3).
10 Gli appunti di pugno di HegeI in Edit.Ilting cit. l, p. 213.
11 «Nella storia universale tuttavia 10 spirito assoluto toglie questa finitez.za della
sua realtà in atto che sa, l'esistenza limitata della sua idea, esistenza che in sé e per sé
trapassa nell'universalità, cosl corne la forma dell'intuizione deI sapere irnmediato e deIl'esistenza trapassa neI sapere che si comunica in un esistere che è esso stesso sapere, neI
rivelare» (Encicl.1817 §464). Ho utilizzato la trad. it. a cura di F. Biasutti et alii, Trento
1987.
487
I...h Sî'ORIA UNlVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
:
ane. ma non della religione). Come che sia, anche in questa sewnda
prospettiva il passaggio aIle figure dello spirito assoluto non ~ bisogno
della figura dello Stato - che non manca mai, invece, nei
~;:c~ corrispondenti delle varie stesure della filosofia del diritto 12.
~ :~ scesso Hegel abbia sentito la discrepanza tra le due linee
e:spcs~='.'e. si puà ricavare dal fatto che nella terza (ed ultima) ediLO:le
della Encictopedia al paragrafo corrispondente (§ 552) 10 Stato ~nte
compare; non compare, invece, nel 1827 anche se 10 !:~ ?aragrafo era
stato, rispetto alla stesura del 1817, radical~:e riscritto - ed è stato
l'unico, nella sezione di cui si dice, ad '" . e: S"..Ibito questo trattamento.
Se ne dà qui la traduzione: «Lo spirito del popolo contiene ,e::::z.:
d~bbio la necessità naturale, ha il suo luogo nella mondanità; ~ ~~
50stanza etica, in sé infini ta, è insieme sia, per sé, una so...:~ particolare
e limitata, sia, appunto, il sapere e il volere del _~:;: scggettivo affetti da
contingenza, malgrado siano trapassati a =::---'::5 e :ïbertà oggettiva: si
trova, più precisamente, nel rapporto di =:.'::s.lpevolezza e di
opposizione rispetto ad una natura autonoma, e!:e!""'..3. Ma c'è la
vivente eticità stessa, nel sapere oggettivo della ; 2e si sfilano via, e si
tolgono, le esteriorità dello spirito del =..a~o. e quelle opposizioni della
finitezza che esso contiene; ed c.:~ che questo sapere si innalza in sé al
sapere dello spirito asso
............. :;: :a verità eternamente reale, nella quale la ragione è libera per
~ e ~ necessità e la natura sono soltanto al servizio della sua rivelaz:,::;::x quale vasi del suo onore» 13. A dare il tonD al paragrafo, è ~;:~~
_
solenne dell'ultimo periodo (<<Aber es ist die lebendige Sitt
_.: .................... ::e.r selbst... ») quasi che soltanto in una comunità etica, come si
..::..:~- a nella Fenomenotogia, 0 in uno Stato, come si dice più tardi,
:
................ ;cssibile sapere un Dio non trascendente; che questa comunità
- Spunti per riflessioni su questo tema in V. VERRA, Letture hegeliane, Bologna _, ': =c 90-
98.
- - :.. cspressione «Gefasse seiner Ehre» è verosimilmente una reminiscenza di -:'"'e: _ :.: A.
Ho dato deI teste deI § la traduz. integrale, in quanto esso è diverso da :.c..: .~ cdizione definitiva
sulla quale B. Croce ha condotto la sua traduzione. L'An. 'C'=7'iX che segue il teste deI §, scritta
anch'essa per la seconda edizione, tratta deI.
~.,&:.Œ)e dello spirito a Dio; HegeI la manterrà nella terza edizione ove assume pero - _-:-: ...=
:/JIDO, perché integrata da una rutilante tirata sui rapporti tra «Stato e ReIi. ~:=. 7';"': propriamente,
tra Stato e chies a) ove inserlle pagine che nella seconda edi. ~~ .:.~vano corne Annotazione al §
563.
488
CLAUDIO CESA
debba avere specifiche forme, che nello Stato sono forme politiche, è
ovvio; ma Hegel non ritiene che qui sia necessario dirlo, e riterrei che
questo non sia casuale.
È una osservazione, del resto ovvia, già formulata da alcuni studiosi: che, tenendo corsi specifici di Filosofia del diritto, Hegel tendesse
a svolgere soltanto in quelli le sue considerazioni «politiche»: era Il, del
resto, che si trovava la sua dottrina più elaborata sullo Stato; il fatto pero
che, ancora nel1827, abbia riscritto il § 552 nel modo che si è visto,
potrebbe indic are che egli provava qualche difficoltà ad adeguare anche
letterariamente i paragrafi dell' Encictopedia a quelli dei Lineamenti di
fitosofia det diritto. La ragione, credo, sta nel fatto che «Lo Stato è vita
in sé, ma è un particolare rispetto ad altri popoli»14: anche 10 Stato più
avanzato, il cui principio sia «das herrschende», non è sufficiente,
categorialmente, a dischiudere il sapere assoluto, proprio perché esso è
particolare. Il sapere deve svincolarsi anche da lui, pur avendo in esso le
condizioni ottimali per il suo esplicarsi.
Ma c'è di più. Nello Stato considerato in quel modo operano
princlpi di tutt' altro genere rispetto a quelli che avviano al pensiero. Lo
spirito del mondo è indifferente rispetto' ai propri strumenti, che possono
tranquillamente recare in sé «questo immorale» 15 consi
stente nello schiacciare i diritti degli altri popoli. La considerazione .
filosofica della storia si rende conto di questo, 10 comprende, ma non vi
si identifica: toglie, corne si è detto nel paragrafo sopra tradotto, «le
opposizioni della finitezza» ed è in grazia di cio che pua innalzarsi allo
spirito assoluto.
Non intendo, beninteso, attribuire a Hegel un moralismo da anima
bella, 0 farne un kantiano ortodosso, che voglia veder la politica piegare
il ginocchio davanti al diritto; voglio semplicemente segnalare corne, dai
suoi stessi testi, risulti la difficoltà di considerare 10 Stato un momento
categoriale della processione dello spirito verso la libertà spirituale: c'è il
regno del mondo, del quale si vogliono cogliere le ragioni, e il regno
dello spirito, nel quale quest'ultimo si «rivela» nelle sue forme assolute.
Questa difficoltà, insieme ad altre,
14 Die Philosophie des Rechts hrsg. von K.H. Ilting (già menzionata alla n. 7)
p. 196.
15 «dieses Unmoralische», op. cit. p. 197.
LA «STORIA UNIVERS ALE » NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
489
','enne calta dai diseepoli della sinistra, i quali - taluni di essi sino
ad oggi - si intestarono nella ricerca, dentro Hegel, di uno stato dav'.'ero
conforme alla ragione univers ale, magari perché «democratico», o
vagheggiarono addirittura il superamento della forma Stato. Quando è
più sempliee ammettere, in aderenza ai testi, che in Hegel esistono
almeno due filoni di svolgimento, che il filosofo si sforza in cgni modo
di amalgamare, senza mai riuscirvi completamente.
Questa tesi pua venir corroborata se si segue, cronologicamente, il
ruolo che la guerra esercita nella costruzione categoriale ciella storia
universale. Nella Enciclopedia 1817 essa designa la na:;,;,rale situazione
di conflittualità tra gli stati quali individui indi?=rldenti, a regolare la
quale interviene il diritto pubblico esterno; esso, nei paesi civili,
stabilisee sia le forme di riconoscimento tra ~ Stati, sia i diritti dei
sudditi degli Stati debellati, i quali, in quanta «persane private», non sono
da considerarsi preda della S~at:O vinci tore 16; è ovvio che la «assoluto
volere» del «popolo» che si trovi al livello più alto possa manifestarsi
anche con la conquista: ma Hegel non la dice, perché non ritiene che tale
manifeS"iazione sia l'unica pensabile.
Il collegamento tra guerra e storia univers ale è inveee, nelle lenoni
di Filosofia del diritto, molto più diretto. Nel quaderno Wan:1enmann gli
enunciati si susseguono in questo modo: «...Inoltre :::.ella guerra viene
esposta aIl' accidentalità anche l'autonomia di un popolo; pera la spirito
univers ale dei monda contiene il diritto supe:icre sui popoli»; «1 princlpi
dei particolari spiriti dei popolo sono .l:ux:L::ati; la spirito illimitato è la
spirit a univers ale che su di essi eser
=~3. il proprio diritto assoluto nella storia universale in quanta giudi~~
:.miversale» 17. Quei due enunciati vengono fusi neI § 134 dei
~u.aderno Homeyer 18; neI § 340 dei Lineamenti di filosofia deI di--:::0.
infine, il «gioco estremamente massa» delle particolarità sta
:~ .< un gioco neI quale l'intero etico stesso, l'indipendenza della S :a::o, vie ne
esposto aIl' accidentalità», è la «dialettica» dalla quale ~erge la spirito
dei monda titolare di un diritto supremo. La stessa :::i:l;llazione appena
più contratta, in un quaderno adespota di un
Enciclopedia 1817 § § 446-47.
- Die Philosophie des Rechts cit., pp. 195 e 196.
. Op. cit, , p. 279.
490
CLAUDIO CESA
corso del 1819-2019. Non estendo l'analisi ai corsi degli anni successivi,
che hanno come base i Lineamenti. Va detto comunque che anche l'
ordine stabilito da questi ultimi venne scompigliato dal modo con cui
Hegel tratta il tema quando comincia a tenere corsi specifici di Filosofia
della storia.
***
Come si sa, di «Filosofia della storia universale» Hegel tratta la
prima volta in un corso berlinese del1822-23. Proponendo questo tema,
egli sapeva bene che l'accento sarebbe caduto più sulla «storia univers
ale » fattualmente attestata che non sulla «storia» come figura teorica.
Per dirla alla buona: le quattro epoche della storia universale, taciute
nella Enciclopedia, e cui erano dedicate 4 pagine su 10 nei Lineamenti di
filosofia deI diritto, diventavano il tema principale; e la materia si dilata
tanto che nell'ultimo corso (1830-31) egli annunzia che avrebbe svolto
soltanto la «prima parte» 20. Mettere l'accento sul contenuto materiale
della storia, oltre che tutta una serie di ulteriori problemi, implicava
anche confrontarsi con le altre narrazioni storiche, cioè con i tipi di
storiografia: occorreva insomma occuparsi della legittimità di una «storia
storica» accanto ad una «storia filosofica»21. Nel preparare la seconda
edizione dell'Enciclopedia Hegel deve essersi reso conta che era
impossibile inserire questi temi nel rigido contesto dei paragrafi; e gira l'
ostacolo trattando ne in una lunga Annotazione al § 549.
Prima di entrare nel merito di es sa 22, pua essere utile avere
un'idea dei modi, e dei tempi, nei quali il filosofo provvide la seconda
edizione, che non furono nè semplici nè brevi. Stava esaurendosi la
prima anche perché, da quando era a Berlino, Hegel aveva te
19 Philosophie des Rechts. Die Vorlesung von 1819-20 hrsg. von D. Henrich,
Frankfurt a M. 1983, p. 280.
20 «Philosophiae historiae universalis partern priorern (...) tradet »; COS! nello Index
lectionum. Se questo proposito venne davvero rnantenuto, ne deriverebbe che la farnosa frase alla
fine delle lezioni di filosofia della storia: «Es ist 50 wieder ein Bruch geschehen und die Regierung
ist gestürzt worden» (ho presente l'ediz. Lasson, Leipzig 1923 p. 932) non PUQ essere riferita alla
rivoluzione di luglio, corne finora è stato fatto, talvolta
interpolandovi anche la data.
21 Entrarnbe le espressioni sono hegeliane.
22 Ne tenne arnpiarnente conta B. Croce, nel capitolo sulla filosofia della storia dei
Saggio sullo Hegel.
LA «STORIA UNIVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
491
nuto una quindicina di corsi sull'insieme, 0 su parti, della Enciclopedia,
talvolta annunziati esplicitamente «nach seinem Lehrbuch», cioè «in
base al suo manuale». Ma era, per il filosofo, un periodo anche più
carico di impegni del solito: stavano infatti nascendo gli «Annali di
critica scientifica»; e malgrado fossero altri, soprattutto Gans, ad
occuparsi degli aspetti pratici, traspare dall'epistolario quanto tempo
l'impresa dovesse costare a Hegel, corne organizzatore e corne
collaboratore23. Il primo accenno a me noto di una seconda edizione
dell' Enciclopedia si trova in una lettera del teologo Karl Daub, unD dei
pochi professori di Heidelberg che fossero rimasti in contatto con Hegel
dopo la sua chiamata a Berlino; verosimilmente Hegel si era rivolto a lui
pregandolo di seguire la stampa, dato che il libro era stato pubblicato a
Heidelberg e Il doveva essere ristampato; Daub scriveva il 29 marzo
1826 che sarebbe stato per lui un «gradevole lavoro» la revisione dei
fogli a stampa «dato che Lei me la vuole affidare»24; corne risulta da
altre lettere il teologo soffriva di «ipocondria» (noi diremmo, credo,
esaurimento nervoso) per cui non è assurdo ritenere che fosse mosso,
oltre che dall' amicizia, dalla speranza di occupare il suo tempo in un
lavoro che poteva essere stimolante. La risposta di Hegel è di quasi
cinque mesi dopo (15 agosto
1826): oltre aIle ovvie formule di ringraziamento, vi si legge l'imbarazzo
per le condizioni del manoscritto: si trattava delle pagine a stampa della
prima edizione, con correzioni e inserzioni (Einschaltungen) di nuovi
passi «accuratamente segnalate», tanto da non creare difficoltà ad un
«compositore attento»; se si pensa che la seconda edizione era più che
doppia di mole rispetto alla prima, si potrà sospettare che l'ordine non
fosse sempre impeccabile, e viene il sospetto, anche, che il filosofo non
avesse riveduto con molta attenzione il materiale se attribuiva a Daub «la
piena libertà» «ove Lei troverà luoghi oscuri, incomprensibili, e anche
ripetizioni» «di correggere, cancellare 0 rimediare corne Le sembra
meglio»25. Passi per la oscurità; ma intervenire sulle ripetizioni non
doveva essere facilis
23
V. adesso la Introduzione di G. Bonacina a La scuola hegeliana e gli Annali per
la critica scientifica, Napoli-Milano 1997, pp. 19-50. l contributi hegeliani si leggono ora nelle
Berliner Schriften hrsg. von W. Jaeschke, Hamburg 1997; una traduzione delle re
censioni a Humboldt e a Solger in Due scritti berlinesi, a cura di G. Pinna, Napoli 1990.
24 Briefe cit., vol. III, p. 107.
25
Op. cit., pp. 125-26.
i
492
CLAUDIO CESA
simo, dato che il nuovo testa non era stato mandato completo: per
parecchi mesi il materiale inviato da Berlino a Heidelberg era composto,
corretto da Daub, rispedito a Hegel, e da questi rinviato definitivamente
a Heidelberg per l'impaginazione26. Nella nuova redazione erano
confluiti gli appunti che Hegel redigeva nel preparare le lezioni, tanto
che il curatore dell'edizione postuma, 1. v. Henning, dichiaro che «nelle
carte lasciate dal filosofo» si trovava «scarsissimo materiale per ulteriori
aggiunte illustrative» 27.
Rispetto al precedente, il nuovo testa aveva 97 paragrafi in più;
ad ampliare il volume, contribuirono pero particolarmente le
«annotazioni», alcune delle quali lunghe parecchie pagine. Hegel si
rendeva ben conta che in questo modo il libro era diventato un' altra
cosa: «Il contenuto non corrisponde più al titolo»; ma si consolava os
servando che «per le mie lezioni sulle singole parti anche temi particolari
svolti ampiamente possono aver una loro funzione» 28. La dichiarazione
va tenuta presente perché segnala che Hegel aveva ormai rinunziato a
tenere corsi sulI'intera Enciclopedia: il «compendio» era ormai destinato
ad un impiego parziale, per cui l'accento cadeva più sulle singole sezioni,
corrispondenti ai corsi professati (Logica e metafisica, Filosofia della
natura, Antropologia e psicologia, ovvero filosofia dello spirito) che non
sul «sistema»; mentre si svolgevano per proprio conto, senza alcun
riferimento alla Enciclopedia, le lezioni di filosofia del diritto, dell'arte,
della religione, della storia, oltre che di storia della filosofia. Questo
indirizzo si era già manifestato prima del 1826 - e spiega l'estendersi,
anche nella terza edizione, delle annotazioni, nelle quali Hegel riversava
cio che evidentemente gli occupava la mente. Il passare a quei temi 10
aveva pero spostato fuori dello spazio «logico»29, 10 aveva costretto a
nuove e varie letture,
26 È inutile dare altre citazioni: nelluglio 1827 il volume era stampato e
gli esemplari di omaggio speditij ma la vicenda stand) tanto Hegel che
quando si tratto di pensare alla terza ediz. della Enciclopedia, pose corne
condizione che la stampa avvenisse a Berlino e che fosse lui stesso a
rivederla (Briefe cit. vol. IV, p. 33). Per ulteriori notizie, cfr. Aus Hegels
Briefwechsel mit K. Daub, a cura di F. Nicolin, . Hegel-Studien" 1982
(XVII), pp. 45-52.
27 Gesammelte Werke vol. XIX, Hamburg 1989, p. 439.
28 Briefe, ch., vol. III p. 126.
29 Pare che questo sia avvenuto in modo particolarmente marcato
proprio nelle lezioni di filosofia della storiaj nel presentare la seconda
edizione di esse, Karl Hegel, che era stato tra gli uditori del padre,
notava che da ultimo «il filosofico e generale si ridusse
LA «STORIA UNIVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
493
inevitabilmente affrettate, e in parte anche condizionate dall'esigenza di
farsi un'idea su posizioni e personaggi dell'ambiente berlinese e di
assumere una posizione nei confronti di es si. Il che faceva entrare anche
molti spunti del tutto contingenti. Hegel la riconosceva con la sua salit a
franchezza: in una lettera del marzo 1828 ad un antico discepolo di Jena,
G.A. GabIer, gli spiegava di aver fatto il nome di F.A.G. Tholuck (citato
più volte nella Introduzione, e poi al § 573), «per puro casa», per
l'attenzione che questi suscitava a Berlino, e perché gli sembrava più
idoneo di altri ad esser scelto came «un rappresentante delle chiacchiere
sul panteismo» 30. Se questo vale per Tholuck, citato per nome e con
richiamo ai suai scritti, è facile intuire che quando il richiamo era
indiretto in es sa si sovrapponevano elementi assai poco omogenei; il che
spiega il carattere spesso criptico di certe, alcune delle quali celebri,
tirate polemiche.
Le considerazioni che si sono ara svolte valgono came avviamento al
commenta che proporremo alla lunga annotazione al § 549, nella quale si
intrecciano aIme no tre temi diversi a) la questione del finalismo storico;
b) la polemica contra gli «storici puri»; c) la rivendicazione del ruolo
privilegiato della storia della filosofia rispetto aIle altre storie. La
divisione in temi è forse arbitraria, in quanta non è di origine
direttamente hegeliana: puo pero essere di qualche utilità, anche per
segnalare le tensioni di un testa che, a prima lettura, sembra molto
compatto.
a. Si puo ben dire che il testa del 1827 è sulla linea di cio che, con parole
appena diverse, Hegel disse prima e dopa: chi dichiara un fine della
storia, viene accusato di costruire quadri che imprigionano e svisano i
fatti e cioè di fare storia a priori; ma l'accusa ha senso soltanto se
l'esistere e il pensiero sono presi came completamente divaricati; gli
«storici» danno per scontata una questione che è invece di competenza
dei filosofi: «Che ci sia un fine ultimo in sé e per sé che sta a
fondamento della storia, ed essenzialmente, came è ovvio, della storia
universale, che tale fine sia stato davvero realizzato, e venga
realizzandosi in essa - il piano della provvidenza -, che nella
sempre di più, il materiale storico si dilate e tutto l'insieme divenne più
popolare» (Jub.
Ausgabe XI p. 17).
'0 Brie/e, cit., vol. III p. 225.
494
CLAUDIO CESA
storia ci sia ragione, cià deve essere definito in se stesso in termini
filosofici»31; in parole povere: una tesi logico-metafisica32 non ha
bisogno di un fondamento empirico. L'ambizione di Hegel, qui come
altrove, è perà di mostrare che le categorie logiche devono essere
adoperate anche per pensare e narrare la storia fattuale. Con una mossa
retorica il filosofo sembra mettersi sulla difensiva; è un «rimprovero»
rivolto alla filosofia di proporre una storiografia aprioristica33; ed egli
ribatte che ogni storico che sappia il suo mestiere deve aver presente un
complesso compatto, da ordinare secondo un fine:
tutti sarebbero d'accordo nell'ammettere «che una storia deve avere un
oggetto, per es. Roma e le sue sorti, ossia il decadere della grandezza
dell'impero romano»34; si deve pur riconoscere, egli continua, che
questo è il «fine presupposto» (<<der vorausgesetzte Zweck»), cià che
sta alla base degli avvenimenti, dei quali vanno messi in evidenza quelli
che sono rilevanti per il fine. Segue una immediata analogia politica:
«Nell'esistere di un popolo fine sostanziale èche esso sia unD Stato, e
che si mantenga in quanto Stato»35.
Qui si sovrappongono due sfumature di «fine», una volta come risultato
e una volta come scopo; esse sono unificate ad sensum: la dissoluzione
dell'impero romano è la dissoluzione della sua forma politica, ed è
questo che deve guidare nella valutazione (Beurteilung) degli
avvenimenti.
Non credo sia troppo sbagliato vedere qui una implicita polemica anche
contro le tentazioni di costruire una modellistica politica ispirandosi ai
grandi esempi del passato36; gli Stati ed i popoli in cui si cerca
ispirazione sono pur tramontati - il che impone di interroJI G. W., XIX, 385, 10-14. D'ora in poi, per facilitare il controllo delle
mie citazioni, indichero, olrre che la pagina, anche le righe dell'edizione
dell'Accademia. 32 Sul concetto di «fine» v. Wissenschaft der Logik ed.
Lasson vol. II, pp. 193-94 (Leipzig 1923) nonché Jub.-Ausg., XVII, pp.
410-413; cfr. V. VERRA, op. cit. pp. 187219, nonché V. GIACCHÉ,
Finatità e soggettività, Genova 1990.
JJ «a priorisches Geschichtsschreiben» 385, 9 e 22.
J4 386, 22-23.
35 386, 31-32.
36 ln un sense più generale, ci~ è stato detto da Hegel più volte; alla
famosa battuta che la storia insegna soltanto che i popoli non imparano
niente da essa, segue la precisazione: «Vëlker sind in einem so
individuellen Verhaltnis dass frühere Verhaltnisse nie auf spatere ganz
passen indem die Umstande ganz andere sind» (Vortesungen über die
Philosophie der Weltgeschichte, 1822-23, hrsg. von K.H. Ilting, K.
Brehmer, H.N. SeelMann, Hamburg 1996 p. 10).
LA «STORIA UNIVERSkLE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
495
garsi sulla loro finale fragilità. Cio sembra essere in contrasto con la
metafora del popolo corne corpo viVehte, di cui neanche Hegel rinunzia
a servirsp7: se la vita dello Stato è un andamento naturale, e ripetitivo,
non avrebbe particolare rilevanza ricercare le motivazioni specifiche; ma
Hegel presenta spesso analogie con la natura, pur precisando, altrettanto
spesso, che 10 spirito ha altri ritmi; non doveva qui sentire una
contraddizione.
Si è detto che 10 storico deve aver presente un complesso compatto, e, si
puo aggiungere, cronologicamente concluso; anch'egli, in questa ottica,
fa storia a priori, e tale è in fondo tutta la «storia riflessa», vert ente su
vicende non contemporanee allo storico, per documentarsi sulle quali
egli deve utilizzare narrazioni di altri. La grossolanità apparente di questi
enunciati 38 non deve far ritenere che Hegel fosse tanto
epistemologicamente ingenuo da ritenere che uno storico possa
«abbandonarsi al dato»39; se usava quelle formule, era per la funzione
tutto sommato strumentale (corne ha detto B. Croce) che egli, in sede
sistematica, assegnava alla ricerca storica: una funzione non tanto di
scoperta, quanto di illustrazione.
l grandi complessi storici, corrispondenti a momenti dello svolgimento
dell'idea, andavano spiegati dallo storico in base alle tappe dello
svolgimento dello spirito verso la libertà; e poiché tali tappe erano state
segnate, anche, da un confronto con il passato, ecco che la valutazione di
esso poteva magari venir ritoccata, ma non trasformata. Alla storiografia
spettava un posto intermedio tra l'empiricità della cronaca e l'astrazione
delle categorie filosofiche; a seconda che facesse forza più su un lato 0
sull' altro, era più 0 mena vicina alla storia «filosofica». Dato l'impianto,
rischiava di diventare assai labile il confine tra «Philosophie del W
eltgeschichte» e « W elge37 «Der V olksgeist ist ein natürliches Individuum; als ein soIches blüht
er auf, ist stark, nirnmt ab und stirbt» (Die Vemun/t in der Geschichte,
hrsg. von J. Hoffmeister Hamburg 1955, p. 67); altri passi in A.
Demandt, Metaphem /ür Geschichte, Münclx::.
1978, pp. 81 sgg.; ma sulla questione dei «naturalismo» è sempre da
leggere G. SJI.SS,C Machiavelli e la teoria dell'«Anacyclosis», in
Machiavelli e gli antichi t. I, Napoli l'~gpp. 3-65.
38 Nel passo corrispondente delle lezioni dei 1830 si legge. <da storia va
pr=o. ?C' quello che è: dobbiamo procedere storicamente,
empiricamente» (Die Vemunjt. G: -;
30). Non è mancato chi abbia voluto vedere qui analogie con Ranke.
Citaz. dei ~~ ::
potrebbero moltiplicare.
39 Anzi, 10 nega espressamente.
496
CLAUDIO CESA
schichte», nonché quello tra «Weltgeschichte» e storie di periodi
delimitati, in quanto queste ultime avrebbero dovuto collocarsi nel punto
loro spettante nello svolgimento generale. Non oserei contestare che
Hegel sia stato capace di notevolissime intuizioni storiche;
ma qui si dice dei suoi enunciati metodici, che, dalla Annotazione del
1827, si trasferirono, appena modific, ati nella prolusione berlinese del
1830, e di Il nel «libro» delle Lezioni postume di filosofia della storia.
b. Ma che cosa si voleva sostituire allo apriorismo legittimato dalla
filosofia? La risposta di Hegel, nella Annotazione e nelle lezioni, è
sempre la stessa: il cattivo apriorismo di chi «presuppone»
«immaginazioni 0 pensieri arbitrari», e pretende di far coincidere con es
si i fatti. A battere questa strada, in Germania, sarebbero gli «storici
puri» e i «filologi». E val la pena di citare alla lettera. «Produrre pure
invenzioni quale quella di una condizione originaria, e di un popolo
originario vivente in essa, che sarebbe stato in possesso di una vera
conoscenza di Dio, e di tutte le scienze, e di popoli sacerdotali, e in
particolare per es. di un epos romano che sarebbe stata la fonte delle
notizie considerate storiche sulla storia di Roma arcaica - tutto questo ha
preso il posto delle escogitazioni pragmatizzanti, di motivi e contesti
psicologici»40. Nell'insieme l'osservazione è esatta, in quanto costante
era, nella nuova storiografia, la polemica contro il «pragmatismo» (la
ricerca di piccole cause di grandi eventi) e contro il ricorso alla
«psicologia» per dar ragione di eventi altrimenti incomprensibili (le
famigerate spiegazioni di Paulus di certi racconti evangelici). Quali nomi
Hegel avesse in mente quando scriveva le righe sopra tradotte, si puà
ricavare perà dalle lezioni del 1822-23: Schelling, Fr. Schlegel,
Niebuhr41. Non avendo presenti quei richiami, gli editori dell'edizione
accademica della Enciclopedia si sono arrampicati sugli specchi,
ricercando in Niebuhr e addirittura in Fichte la paternità dello «Urvolk»:
e l'infortunio42 non è immotivato, perché qui Hegel non fa distinzioni anche se sapeva benis40 385, 27-33.
41 Vor/esungen cit.,: pp. 12-13 per Niebuhr quale esemplare di una
«hohere Kritik» che lascia il "terreno della storia" per fantasticherie e
variazioni di ogni sorta, e p.
34 per Schelling e Schlegel.
42 1 passi di Niebuhr che ivi (p. 545) sono indicati non sono pertinenti;
quando,
LA «STORlA UNIVERS ALE » NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
497
simo che quei personaggi non potevano certo venir riportati sotto un
denominatore comune.
Una sommaria messa a punto puà esser utile. E anzitutto si dirà di
Niebuhr, tante più che, corne si vedrà, la polemica contro di lui, nello
Hegel berlinese, è tenacemente ricorrente. Da un punto di vista ideale,
puà essere solleticante l'antitesi tra il grande erudito43 e l'altrettanto
grande filosofo speculativo 44. Ma verosimilmente, a spiegare l'aperta
ostilità tra i due, e soprattutto gli attacchi pubblici di Hegel 45 , sono altri
motivi, che avevano la loro radice nell' ambiente politico e accademico
berlinese. Le biografie di Hegel, su questo punto, dicono relativamente
poco - salvo che il filosofo godeva la considerazione del ministro
dell'istruzione, il barone di Altenstein, mentre era osteggiato da altri
personaggi che, pur senza avere potere amministrativo, avevano il
prestigio legato alloro seggio nell' Accademia delle scienze, e anche a
legami con la famiglia reale: Savigny, che dava lezioni al principe
ereditario, G. di Humboldt pur lontano dagli «affari», e 10 stesso
Schleiermacher, in sos petto per la sua irrequietezza. Questi uomini
erano tutti ostili ad Altenstein e legati in varia misura a Niebuhr, anche
per il ricordo della cornu ne opposizione ai francesi. Niebuhr vedeva in
Altenstein un opportunista, che aveva voltato le spalle al grande
«Reformer», il barone di Stein, acconciandosi ad una politica di piccolo
cabotaggio prima sotto le ali
per es., a p. 113 (mi riferisco ai 10 vol. della Romische Geschichte nella
1" ediz., Berlin 1811) si parla di «Urvolkern» l'espressione non vuol dir
aItro che popoli antichissirni di cui non ci sono pervenute notizie
letterarie.
43 Il quaIe scrivendo a W.v. Humboldt nel gennaio 1827 clichiarava di
essere completamento privo di «Neigung und Fahigkeit zu
metaphysischen Speculationen» (Briefe.
Neue Folge 1816-1830, hrsg. von E. Vischer, Bern und München, 1983
vol. III p. 77).
C'è naturaImente ircinica esagerazione. Ma che Niebuhr spesso si
irritasse al solo sentore di «speculazione» si ricava da molti luoghi delle
lettere: si rifiutava per es. di leggere la storia della filosofia pitagorica di
H. Ritter «ais die Speculation betreffend». Sulla cultura di Niebuhr le
migliori indicazioni in G. WALTHER, Niebuhrs Forschung, Stuttgart
1993.
44 L'accostamento dei due già subito dopo la morte di Hegel in una
lettera di Droysen: «È il secondo morto che ci costa il grande luglio»;
«Eravamo d'accordo che la prospettiva di Niebuhr e di Hegel col luglio
si era esaurita». Il passo in Hegel in Berichten seiner Zeitgenossen, hrsg.
von G. NicoIin, Hamburg 1970, n. 737 p. 490.
4~ Niebuhr, che io sappia, non uscl mai in pubblico contro Hegel, ma nel
suo epistolario ci sono molti luoghi nei quali egii si esprime, in
Iinguaggio colorito, sul conto di Hegel e della sua «banda».
498
CLAUDIO CESA
del cancelliere Hardenberg poi, dopo la morte di questi (1822), per conta
proprio. Di questa ostilità strisciante tra dignitari e alti funzionari Hegel
era certamente informato, anche se probabilmente gIi sfuggiva la radice
lontana di essi, che Ii rendeva insanabili; l'inirnicizia che gIi venne
subito dichiarata dalla «aristocrazia accadernica» berIinese 10 spinse alla
repIica e alla polernica, rafforzando cosl l'impressione che egIi si faces
se strumento del rninistr046.
Non abbiamo notizie che Hegel abbia letto la prima edizione della
Romische Geschichte di Niebuhr (2 voll., 1811 e 1812); ma risulta che
egIi ne era informato e non positivamente, nel 1814. Da una lettera di L.
Doderlein (il figliastro dell' arnico più stretto che Hegel abbia avuto, F.I.
Niethammer), risulta che, in occasione di una sua visita a Norimberga, il
filosofo gli donà un libro di F. Eggo (pseudonimo di P. Stuhr) Der
Untergang der Naturstaaten, in Brie/en über Niebuhrs Romische
Geschichte stampato a Berlino nel181247. A rendere piccante la cosa
èche nei Lineamenti di filosofia del diritto, questo libro viene citato al §
355, per cui Stuhr si trovà ad essere uno dei tre intellettuali viventi (gli
altri sono Creuzer e Goethe) ad essere menzionati con onore nel manuale
hegeliano. 1 pochissirni studiosi che si sono occupati deI rapporto ideale
Stuhr-Hegel48 non hanno trovato molto; ma occorre aver chiaro che
illibro di Stuhr, anche se esordisce con parole piene di rispetto per
Niebuhr, 10 attacca poi molto duramente non senza l'insinuazione di
pregiudizi democratici che avrebbero motivato la sua simpatia per la
plebe romana 49. Non crederei che Hegel 10 abbia citato per questo, ma
certo non poteva ignorarlo. Dopo il corso di Filosofia della storia deI
1822-23, a Berlino tutti sapevano che Hegel criticava dalla cattedra
Niebuhr che proprio in quel torno lasciava Roma, con la speranza di
avere un alto ufficio nella capitale prussiana.
Negli anni successivi si registrava non senza curiosità che qualcuno era
in buoni rapporti con tutti e due; A. Bockh, il celebre filo46 Cfr. le misurate notazioni di H. Leo, il quale fu per alcuni anni vicino
a Hegel e gli rimase sempre affezionato, in Berichten ch., n. 709, p. 454.
47 Hegel in Berichten ch., n. 165, p. 115.
48 Cfr. E. SCHUUN, Die weltgeschichtliche Erfassung des Orients bei
Hegel und Ranke, Gottingen 1958, pp. 37-38 e G. BONACINA, Hegel,
il monda romano e la storiografia, Firenze 1991, pp. 133-136.
49 F. EGGo, Der Untergang der Naturstaaten dargestellt ~n Brie/en über
Niebuhr's RDmische Geschichte, Berlin 1812, pp. 178-79,209,236-37.
LA «STORIA UNIVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
499
logo, si giustifica spesso con Niebuhr e con altri membri della
corporazione di avere conette relazioni collegiali con Hegel. Nel 1826
uscirono le Nachgelassene Schriften di Solger; nella recensione che ne
scrisse, pubblicata nel 1828, Hegel non manca di registrare le perplessità
di questi nei confronti «dei poemi eroici in ver si saturni» e commenta:
«Si è recentemente rimproverato ai filosofi di scrivere storia a priori. Il
senso filosofico di Solger non poteva ammettere che tale diritto spettasse
invece agli storici di professione e ai filologi»50. Sono quasi le stesse
parole della Annotazione. Forse Hegel prese visione della seconda
edizione del primo volume della Ramische Geschichte (1827): in un
tardo corso di Filosofia della storia, facendo cenno alla questione agraria
a Roma, si libera sbrigativamente di Niebuhr accusandolo addirittura di
plagio nei confronti di D.H.
Hegewisch, che ne era stato professore a Kiel51. .
Ma che cosa aveva a che fare tutto questo con il coinvolgimento di
Niebuhr nella polemica contro 10 «Urvollo>? Una risposta plausibile è
che Hegel avesse in mente due grosse recensioni alla Ramische
Geschichte le quali insieme allibro di Stuhr, gli dettero - almena cosl egli
credeva - gli elementi per valutare cosl spregiativamente Niebuhr;
entrambe apparvero nel 1816 rispettivamente sulla «Allgemeine
Literatur-Zeitung» di Jena52 e sugli «Heidelberger Jahrbücher der
Literatur». Non saprei dire chi sia stato l'autore della prima che deve
aver fatto scandalo dato che la rivista ne pubblica subito dopo un'altra di
tonD molto più rispettos053; la seconda era di A.W. Schlegel e non ci
sono dubbi che Hegel la abbia letta54.
~ Berliner Schri/ten, cit., pp. 190-91.
n Vorlesungen uber die Philosophie der Weltgeschichte (Lasson) cit., pp.
697-98.
Nel passo hegeliano Appiano è probabilmente un lapsus per Dionigi di
Alicarnasso. Di un plagio nei confronti di Hegewisch non fanno il
minimo cenno gli studiosi che si sono occupati di questo aspetto del
pensiero storico di Niebulu: ho visto S. RYTKONEN, B.G. Niebuhr ais
Politiker und Historiker, Helsinki 1968, e A. HEUSS, B.G. Niebuhrs
wissenschaftliche Anfange, Gottingen 1981. Si sa anzi che Niebulu pur
dissentendo in molti punti dal suo antico professore, gli era rimasto
molto affezionato.
~2 «Jenaische Allgemeine Literatur-Zeitung» ottobre 1816, nn. 183, 184,
185.
H «ErganzungsbHitter zur Jenaischen Allgemeinen Literatur-Zeitung»
1816 col.
337-46; corne risulta da una nota redazionale, autore ne fu J.K. Orelli
che riespose qui la sua tesi di Vico precorritore di Niebuhr.
. H A.W. v. SCHLEGEL, Sammtliche Werke, hrsg. von E. Bôcking,
Hildesheim 1971, vol. VI, pp. 444-512. Hegel divento condirettore degli
«Annali» di Heidelberg nell'ottobre dello stesso anno in cui la recensione
fu pubblicata e del resto la menziono; nel 1827
500
CLAUDIO CESA
Gra, in entrambe le recensioni, si metteva in evidenza con sarcasmo che
Niebuhr aveva parlato di un «Urvollo> 55, si criticava la te si delle saghe
arc aiche, si protestava contra il procedere di Niebuhr, di mettere le sue
«supposizioni» (Mutmassungen Vermutungen) al posto di fatti. accertati.
Sono le stesse cose che scrive Hegel. Quanto al merito, nella trattazione
niebuhriana 10 doveva irritare la discussione minuziosa delle fonti, cioè
l'attenzione ai particolari. È qui che trova posto l'analogia tra questo tipo
di storiografia e i romanzi alla Walter Scott. È indifferente che simili
minuzie «siano garantite secondo tutte le regole storiche», 0 che siano
inventa te, corne nei romanzi, e «siano attribuite a questo 0 a quel nome
0 a questa 0 quella circostanza»56. Sarebbe facile, e inutile, obiettare che
Hegel non faceva niente di diverso quando, per es. nella recensione a
Humboldt, tentava di esibire una preparazione orientalistica. Il fatto è
che la «critica» di Niebuhr proponeva, della storia di Roma e del ruolo di
questa nell' antichità, un profilo completamente diverso da quello che
Hegel aveva in mente: invece di affrontarlo di petto, il filosofo preferl
negare che ci fosse, facendo forza sullo spezzettamento dell'indagine che
la critica delle fonti imponeva.
Su Schelling e su Fr. Schlegel, il filosofo era assai più direttamente
informato. Ma non si PUQ negare che la presentazione delle loro
dottrine fosse tendenziosa. Per quanto riguarda Schelling egli aveva
sicuramente in mente le prime pagine della seconda delle Lezioni sul
metodo dello studio accademico (1803) ove Schelling affermaya che
«Ggni scienza ed ogni manifestazione artistica dell'umanità presente
appartengono ad una tradizione. È impensabile che l'uomo, quale oggi ci
appare, si sia evoluto da solo dall'istinto alla coscienza (...). Precedente
alla nostra razza umana dovette esisterne un'altra C..). L'ipotesi di un
popolo originario spiega forse le tracce di una superiore cultura
preistorica i cui resti, già contraffatti, li ritroviamo nell'epoca che segul
la prima divisione dei popoli» 57. Si
voleva affidare allo stesso Schlegel anche la recensione deI 10 vol. della
seconda edizione della Romische Geschichte, questa volta per gli
"Annali" di Berlino.
" «Lit. Zeitung», ch., col. 59; SCHLEGEL, op. cit., p. 474.
S6 387, 18-19.
57 Sammtliche Werke, Stuttgart 1859, vol. V, pp. 223-25; trad. hal. di F.
Palchetti, Firenze 1989, p. 16. Il rimando degli editori tedeschi, nelle
Vorlesungen cit. alla n. 36, alla lezione 8' (p. 537) è senza fondamento.
Gli stessi editori dichiarano candidamente di non aver trovato nella
Romische Geschichte alcun riferimento all'arte figurativa
LA «STORIA UNIVERS ALE » NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
501
tratta soltanto perà, di una «ipotesi empirica», che «si limita a spostare la
soluzione più indietro»58. Schelling non accetta l'idea di uno «Urvollo>.
Non è inverosimile che Hegel abbia sovrapposto allo «Urvolk» 10
«Urwissen», usato da Schelling in senso positivo, corne sapere razionale
dal quale discendono le scienze particolari 59. A prescindere dalle
parole, c'è comunque in Schelling l'idea di un «Preistorico», da
intendersi anzitutto in senso ontologico: è un'altra formulazione dello 10
assoluto di Fichte, che cerca quasi a tentoni una applicazione alla
«storia», corne storia dello spirito, divisa in «epoche»60.
E la stessa tematica si ritrova in Fr. Schlegel che parlà di una «lingua
adamitica» di una «Ursprache» e di «Urvolker» (due), ma sempre
intendendo il piano metafisico, e non quello «naturale»61.
Le precisazioni fattuali che si sono svolte intendono suggerire che Hegel,
attribuisse 0 no una esplicita paternità aIle posizioni cui si riferiva, non
le ricavava, ma piuttosto le elaborava: costruiva un idolo polemico 62 in
contrapposizione al quale le sue tesi acquistassero maggior
autorevolezza.
c. La resa dei conti con i «filologi»63 è ulteriormente sostenuta
dal1'enunciato che 10 storico - e soprattutto 10 storico della filosofia indiana (Op. cit., p. 596); il guaio è che il Niebuhr citato da Hegel (p.
216) era non 10 storico, ma il padre del medesimo, il celebre viaggiatore
le cui opere avevano avuto una circolazione enorme. Inutile precis are
che di questi infortuni editoriali il compianto Ilting non è responsabile.
38 ln seguito Schelling si espresse anche più negativamente sullo
«Urvolb>; nelle lezioni di filosofia della rivelazione del1830 10 disse un
«concetto contraddittorio» (Ur/assung der Philosophie der Offenbarung,
hrsg. von W.E. Ehrhardt, Hamburg 1992, p. 234).
39 S. W. cit., vol. V pp. 280 sg.; 10 «Urwissen» era apparso anche in un
articolo pubblicato nel «Giornale critico della filosofia», di cui Hegel era
condirettore; ivi, pp.
122-23.
60 Per un rapido profilo dello svolgimento del pensiero di Schelling mi
permetto di rimandare a Storia della filosofia, a cura di P. Rossi e C.A.
Viano vol. V, Roma-Bari 1997, pp. 93-99 e 108-109.
61 Per comodità, rinvio a H. NÜSSE, Die Sprachphilosophie F.
Schlegels, Heidelberg 1962, pp. 50-67.
62 Più tardi ancora Hegel indice, corne referenti, i tradizionalisti
francesi, oltre al soliro F. Schlegel, di cui questa volta citava anche le
lezioni viennesi di filosofia della storia (1829); cfr. Die Vernunft cit., pp.
158-161.
6) La Prefazione alla 2' edizione della Romische Geschichte è tutto un
inno alla filologia, «Vermittlerin der Ewigkeit» (ho sotto gli occhi la 4'
ediz., esemplata sulla 2', Berlin 1833, pp. VIII-X).
502
CLA UDIO CESA
deve essere «parziale» nei confronti della «verità»64. La verità di cui si
dice non è l'esattezza65; è quella che ha, quale termine di riferimento e
di controllo, «la vita spirituale della verità e della libertà» quale appare
nella «storia generale» che qui si differenzia dalla «storia politica»; essa
ha quale oggetto «10 spirito generale e la coscienza di esso» a cui «tutte
le altre manifestazioni fenomeniche» sono sottomesse66. Proprio nella
seconda edizione della Enciclopedia la storia della filosofia era stata
introdotta con particolare evidenza; nella prima edizione si era accennato
ad essa in poche righe del § 8: la storia della «vera filosofia» mostra
nelle «filosofie che si manifestano in varie forme» una sola filosofia nei
suoi differenti gradi di elaborazione. Cosl nel 1817; dieci anni dopo
l'argomento era svolto diffusamente: introdotto nel § 12, era trattato nei
§ § 13-15; in questo contesto compariva già l'incommensurabilità del
vero all'errore, ed era combattuta l'idea che potesse venir detta filosofia
una teoria basata esplicitamente su un principio particolare 0 che negasse
il sapere filosofico - «come se luce e oscurità fossero soltanto due diversi
tipi di luce»67. Anche in questo caso, la prima stesura degli enunciati
della Enciclopedia va cercata nei quaderni delle lezioni, ora di storia
della filosofia: la polemica contro la pretes a di imparzialità si trova già
nella prolusione di Heidelberg68, e in quella berlinese la attribuzione
alla filosofia dell'accertamento della «verità concreta»69. Nella
Annotazione viene data una indicazione interessante, la corrispondenza
tra filosofia e religione, anzi, tra storia della filosofia e storia della chies
a (da intendersi come storia del dogma). Il tema merita una breve
riflessione. Per conservare l'idea di una continuità della chies a i teologi,
i razionalisti, ma non soltanto loro, si
64 V alla pena di segnalare analoghi enunciati nella Introduzione al 10
vol. di Die Philosophie im Fortgang der Weltgeschichte di C.J. H.
WINDISCHMANN (Bonn 1827), corrispondente di Hegel, il quale
ultimo, proprio per questo volume 10 accusè, a lezione, di averlo
plagiato, attingendo a quaderni degli uditori. Una dignitosa richiesta di
spiegazione che Windischmann mandè a Hegel (agosto 1829) rimase, a
quanto so, senza risposta.
6S 387, 36.
66 388, 32-33. Cfr. Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie
hrsg. von W.
Jaeschke, parte 1, Hamburg 1994, p. 60.
67 Gesammelte Werke, cit. XIX, p. 40.
68 System und Geschichte der Philosophie, hrsg. von J. Hoffmeister,
Leipzig 1940,
p.8.
69 Op. cit., p. 29.
LA «STORIA UNIVERSALE» NELLA ENCICLOPEDIA DI HEGEL
503
erano sforzati di espellere dalla vera dottrina tutto cio che si sarebbe
sovrapposto al messaggio morale di Gesù; erano stati altri teologi,
platonici 0 aristotelici che fossero, ad aver introdotto nella chies a
dottrine estranee, ed era stata la loro superbia intellettuale, e la loro
ambizione intollerante, ad aver fatto sorgere i « partiti" ecclesiastici, con
i conflitti e le scissioni che ne erano derivate. Neppure Hegel amava i
maneggi clericali, delle varie confessioni; ma non accettava che i grandi
contrasti fossero imputabili soltanto a «fini soggettivi», e cio proprio per
la sua concezione della religione come forma di autocoscienza del
«principio» dei popoli: dato che religione implicava un «sapere» di Dio,
da essa non poteva venir espulso l'elemento speculativo. L'analogia tra
svolgimento deI dogma e storia della filosofia fu un punto fermo dei
teologi speculativi berlinesi; essa era dichiarata proprio nel1827 da un
arnico e collega di Hegel, Ph. Marheinecke, nella seconda edizione del
suo compendio di dogmatica70. La conoscenza di Dio era il fine comune
della filosofia e della teologia.
70 Die Grundkhren der christlichen Dogmatik ais Wissenschaft, Berlin
1827, p.
XXIV; e al § 16: «Zu allen Zeiten hat daher, nachdem die Unschuld des
Glaubens verschwunden war, die Kirche eine Theologie, eine Dogmatik
in sich gehabt und es giebt, wie nue Eine christliche Religion und nue
Eine -Vernunft, so auch nue Eine christliche Theologie» (p. 11).
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