HEGEL E LA NOTTOLA DI MINERVA RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

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HEGEL E LA NOTTOLA DI MINERVA
Nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto è presente la famosa
espressione “Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”.La filosofia come
sapere epistemico non s'interessa di ciò che è accidentale; essa va al cuore della realtà
e trova - come ormai è chiarissimo - soltanto l'Idea, il Pensiero.
“Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come dev'essere il
mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo,
essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il
suo processo di formazione ed è bell'e fatta. Questo, che il concetto insegna, la
storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima l'ideale appare di contro
al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo
medesimo, còlto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale.
Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è
invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto
riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”.
G. W. F. Hegel
Dai “Lineamenti di filosofia del diritto” - Prefazione
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
La prima mail che riceviamo per rispondere alla sollecitazione che il
brano di Hegel suscita, anche Autolico, al di la della polemica,
apprezza il potere visionario e fertile dell’utopia.
CRITICA DELLA CRITICA
“La nottola di Minerva arriva sempre sul far della sera”: cosa vuol dire
questo aforisma hegeliano? Vuol dire che la ragione di un processo è
comprensibile solo nel momento in cui questo processo si è concluso. Ma qual
è – a sua volta – il senso di un assunto di questo tipo? Il senso è molto chiaro:
esso corrisponde al compito, che Hegel affida al pensiero, di ricostruire la
ragione storica del contesto attuale in cui si vive, piuttosto che erigersene a
giudici e prospettare alternative possibili. Non si tratta di un’interpretazione:
le pagine della Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto – l’opera del
1821, in cui si trova l’aforisma in questione – offrono una reiterata serie di
affermazioni, che ribadiscono senza ombra di dubbio questa tesi hegeliana.
Una tesi che non può non essere letta come l’espressione dell’intento di
legittimare l’esistente. Analizzare il dato attuale, per capire le ragioni che lo
hanno condotto all’attualità, è certamente un compito comunque
imprescindibile per chi intenda valutare la situazione presente, nella quale
egli vive. Ma porre – come fa Hegel – la comprensione dell’accaduto in
alternativa ad ogni possibile critica all’esistente [cfr. la citata Prefazione]
significa assegnare al pensiero un ruolo del tutto parassitario, che abdica ad
ogni funzione critica. Assumere ad oggetto di analisi gli eventi solo quando
essi sono accaduti e ricostruirne a posteriori le ragioni – nel modo fra l’altro
speculativamente surrettizio tipico del procedimento dialettico hegeliano –
appare infatti compito non particolarmente impegnativo. Ben più complesso
è valutare invece le possibilità che non si sono attualizzate ed individuare le
dinamiche che avrebbero potuto condurre ad esiti alternativi a quelli di fatto
attualizzatisi. È questa attitudine teorica che va sviluppata, perché è la stessa
che deve orientarci nelle scelte che nel presente facciamo in vista del futuro.
Accordare al presente il carattere della necessità storica e chiudersi nel suo
orizzonte, rinunciando all’attitudine critica, è un vizio intellettuale, non
scevro da un tendenziale opportunismo, che da Hegel è travasato in un certo
marxismo convinto di nuotare con la corrente della storia. Un atteggiamento
questo, che a sua volta sviluppa una propria peculiare attitudine: quella di
diventare più realisti del re. Dove questo atteggiamento abbia condotto,
attraverso progressive scansioni di mutazioni di pelle, lo testimonia quel ceto
politico ex pciissta, che oggi fa cena ove caga il Cavaliere.
Claudio Badano
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