“Brioshi” e altri strumenti di mediazione per un insegnamento relazionale dell’aritmetica nell’ottica di un avvio al’algebra come linguaggio Nicolina A. Malara & Giancarlo Navarra GREM Dipartimento di Matematica - Università di Modena e Reggio E. – Italy Sommario Tracciamo le linee guida ed i primi risultati di un progetto sperimentale di innovazione didattica nella scuola elementare finalizzato ad un insegnamento dell’aritmetica in chiave prealgebrica. L’articolazione del progetto è complessa e vede un coinvolgimento degli insegnanti per la discussione e riflessione sui risultati della sperimentazione, cosa che lo rende di conseguenza anche un progetto di formazione. Ci limitiamo qui a descrivere una delle situazioni didattiche più nuove e produttive, centrate sulla figura Brioshi, ipotetico ragazzino giapponese, elemento di mediazione per la rivisitazione di semplici problemini nell’ottica di rappresentarli per la comunicazione via e-mai. L’attività realizzata in classi di terza elementare è centrata sulla analisi e discussione delle rappresentazioni realizzate dagli allievi e sulla negoziazione di quella più efficace, cosa che porta alla conquista delle lettere per la codifica di semplici processi e attiva l’interpretazione di espressioni algebriche ad essi associate. Introduzione La letteratura internazionale nel campo delle ricerche sull'apprendimento dell'algebra evidenzia la diffusione della crisi dell'insegnamento tradizionale di questa disciplina. Vengono individuate ragioni di tipo cognitivo (il salto “in sé” difficile verso la generalizzazione e il pensiero simbolico), psicologico (l’algebra intimorisce studenti frustrati da un rapporto già difficile con l’aritmetica), sociale (le famiglie, e più in generale l’ambiente, trasmettono consciamente o inconsciamente ai figli atteggiamenti definibili come ‘matematofobici’), pedagogico (gli studenti sembrano sempre meno educabili, perché meno motivati verso lo studio), didattico (gli insegnanti propongono un approccio all’algebra secondo i vecchi modelli da loro ricevuti). Certamente ognuna di queste ragioni interferisce negativamente con lo studio dell’algebra, tuttavia riteniamo che i principali ostacoli cognitivi si collochino in campo pre-algebrico, e che molti di essi nascano in modi insospettabili in contesti aritmetici e pongano in seguito ostacoli concettuali spesso insormontabili allo sviluppo del pensiero algebrico. Classici studi (es. Kieran 1989) evidenziano come gli studenti difettino di appropriate strutture aritmetiche dalle quali generalizzare e come, senza la consapevolezza delle procedure in aritmetica e del modo in cui esse nascono, non possiedano una base concettuale sulla quale costruire le loro conoscenze algebriche. Inoltre, solitamente, l’Algebra non viene costruita in lenta progressione come strumento e oggetto di pensiero, ma ne vengono esaltati soprattutto i meccanismi manipolativi e gli aspetti computazionali. Di conseguenza essa perde alcune delle sue caratteristiche essenziali: da un lato, di linguaggio adatto a descrivere la realtà e, dall'altro, di potente strumento di ragionamento e di previsione attraverso la messa in formula di conoscenze (o di ipotesi) sui fenomeni (nel nostro caso elementari) e la derivazione di nuove conoscenze sui fenomeni stessi mediante trasformazioni consentite dal formalismo algebrico. Si ritiene quindi non solo che siano necessarie modifiche profonde nell’insegnamento dell'algebra al livello di età degli alunni della scuola media inferiore, ma che sia anche opportuno anticipare alla scuola elementare l'approccio a tali problemi cominciando dall'individuazione degli approcci didattici più produttivi per favorire il passaggio dal pensiero aritmetico a quello algebrico e, simultaneamente, ad intervenire sulle concezioni degli insegnanti. Le nostre ipotesi Sul piano linguistico, alcune fra le difficoltà principali che gli alunni più giovani devono affrontare sono rappresentate dal dover comprendere: i) perché si usa un linguaggio simbolico; ii) a quali vincoli deve sottostare un linguaggio simbolico; iii) la differenza fra risolvere e rappresentare una situazione problematica. La prospettiva di iniziare gli allievi all’algebra come linguaggio, in andirivieni continuo con il pensiero dall’aritmetica, può favorire l’individuazione di una didattica più efficace con alunni fra i sette e i quattordici anni che si fondi sulla negoziazione e quindi sull'esplicitazione di un contratto didattico per la soluzione dei problemi algebrici basato sul principio “prima rappresenta, poi risolvi”. Tale prospettiva sembra molto promettente per affrontare uno dei nodi più importanti nel campo concettuale dell'algebra: la trasposizione in termini di rappresentazione dal linguaggio naturale nel quale sono formulati o descritti i problemi a quello algebricoformale in cui si traducono le relazioni che essi contengono. In questo modo la ricerca della soluzione appartiene alla fase successiva. Riteniamo che vi sia una forte analogia fra le modalità dell’apprendimento del linguaggio naturale e quello del linguaggio algebrico; per spiegare questo punto di vista ricorriamo alla metafora del balbettio. Il bambino, nell’apprendimento del linguaggio, si appropria poco alla volta dei suoi significati e delle regole che lo supportano, che sviluppa gradualmente attraverso imitazioni e aggiustamenti sino agli approfondimenti dell’età scolare, quando imparerà a leggere e a riflettere sugli aspetti grammaticali e sintattici della lingua. Nella didattica tradizionale del linguaggio algebrico si comincia invece privilegiando lo studio delle regole, come se la manipolazione formale fosse precedente alla comprensione dei significati. Si tende quindi ad insegnare la sintassi dell’algebra trascurando la sua semantica. I modelli mentali propri del pensiero algebrico dovrebbero essere costruiti invece attraverso quelle che potremmo chiamare forme iniziali di balbettio algebrico. La nostra specifica ipotesi è che i modelli mentali propri del pensiero algebrico dovrebbero essere costruiti sin dai primi anni della scuola elementare nei quali il bambino comincia ad avvicinarsi al pensiero aritmetico insegnandogli a pensare l’aritmetica algebricamente. In altre parole, costruendo in lui il pensiero algebrico progressivamente come strumento e oggetto di pensiero parallelamente all’aritmetica, partendo dai suoi significati, attraverso la costruzione di un ambiente che stimoli in modo informale l’elaborazione autonoma di quel balbettio algebrico del quale abbiamo parlato precedentemente e quindi l’appropriazione sperimentale, continuamente ridefinita, di un nuovo linguaggio nel quale le regole possano trovare la loro collocazione altrettanto gradualmente, all’interno di un contratto didattico tollerante verso momenti iniziali sintatticamente ‘promiscui’ che favorisca una sensibilità consapevole verso questi aspetti del linguaggio matematico. Il progetto ArAl Il lavoro che presentiamo nasce nell’ambito del progetto ArAl - Percorsi nell'aritmetica per favorire il pensiero pre-algebrico rivolto ad un insegnamento dell’aritmetica in chiave pre-algebrica a partire dalla scuola elementare1, in modo tale da favorire un approccio all’algebra come linguaggio per la modellizzazione e la risoluzione di problemi anche dimostrativi (Malara 1966, Malara e Iaderosa 1999, Malara & Navarra 2000, 2001). Elementi caratteristici del progetto ArAl sono: i) il coinvolgimento gli insegnanti sia sul versante della formazione (disciplinare e didattico-metodologica) che della sperimentazione innovativa; ii) la pianificazione delle attività sperimentali nell’ambito delle usuali attività curricolari. Un aspetto di grande importanza è rappresentato dalla ricerca delle connessioni fra le attività proposte dal progetto e il curricolo di matematica per la scuola elementare, con lo scopo di individuare le modalità per una progressiva integrazione fra i due. Questo aspetto è molto sentito dagli insegnanti perché, se da un lato riflette il timore diffuso di dover ‘fare spazio all’algebra’ all’interno di un programma considerato fin troppo ampio, rappresenta allo stesso tempo l’opportunità per una riflessione sulle proprie conoscenze e sulle proprie convinzioni in campo matematico per giungere ad una rilettura critica di contenuti, metodi, strategie. Brioshi e altri strumenti di mediazione nell’ambito del progetto ArAl. Elemento chiave nello sviluppo del progetto è il ricorso ad un ipotetico bambino giapponese: Brioshi, alunno ‘virtuale’ di età variabile a seconda dell’età dei suoi interlocutori. Non conosce la lingua italiana ma sa esprimersi in un corretto linguaggio matematico. La classe di Brioshi ama trovare classi di coetanei non giapponesi con le quali scambiare problemi matematici via e-mail. Naturalmente i messaggi, soprattutto con gli alunni più piccoli, possono anche contenere frasi scritte in Italiano o in Giapponese (“Caro Brioshi, voglio vedere se voi siete capaci di … “), che però assolvono – data la loro totale incomprensibilità per il ricevente - ad una funzione marginale dal punto di vista del linguaggio ordinario ma che rendono potente e significativo, per la sua universalità, l’utilizzo del codice aritmeticoalgebrico; il cuore dei messaggi (rappresentato qui dai puntini) è il nucleo matematico del discorso. Brioshi viene ormai introdotto in tutte le classi del progetto e costituisce un supporto molto potente per far passare un concetto spesso difficile da far comprendere ad alunni fra gli 8 e i 14 anni: la necessità del rispetto delle regole nell’uso di un linguaggio, necessità ancora più forte nel caso in cui esso sia formalizzato, in ragione dell’estrema sinteticità dei simboli usati. 1 Il progetto ArAl è diretto da N.A. Malara e coordinato da G. Navarra con la collaborazione di A. Giacomin e vede anche contributo di R. Iaderosa. Attualmente partecipano ad ArAl nove scuole (4 Istituti comprensivi, 3 Direzioni didattiche, 2 Scuole medie e un Istituto superiore), 66 docenti e quasi 1500 alunni (1200 di scuola elementare e 300 di scuola media). Esso è realizzato nell’ambito del progetto europeo ELTMAPS coordinato da L. Rogers cui partecipano anche Cyprus (Pedagogical Institute, Nicosia), Repubblica Ceka (Mathematics Department, Pedagogical Institute, Charles University, Praga). Attualmente fa anche parte delprogetto nazionale S& T (è risultato il primo tra i 27 finaziati dal ministero su più di 600 proposte). Altri importanti elementi di mediazione sono: i) l’analogia con situazioni tipiche del linguaggio naturale (ad esempio la molteplicità di rappresentazioni con cui un numero può essere denotato al di là di quella canonica così come ciascun individuo può essere denotato, oltre che dal nome proprio, da una miriade di locuzioni che tengono conto delle relazioni di parentela, amicizia, lavoro, etc in cui è coinvolto); ii) il ricorso alle “mascherine” per una attività sull’aspetti relazionali del numero; iii) la macchia o la nuvola come strategia per congetturare cosa si nasconde dietro un breve testo matematico e per indurre il passaggio all’uso delle lettere; 4i) l’isola, l’arcipelago, il viaggio come elementi di giochi esplorativi nell’ambito di griglie numeriche strutturate per favorire la rappresentazione sintetica di catene di operatori additivi o anche per introdurre in modo ingenuo il concetto di indeterminata; 5I) la bilancia come strumento per l’approccio all’equazione. Le situazioni didattiche coinvolgenti Brioshi Le situazioni didattiche Brioshi si sviluppano all’interno di ArAl e ne stanno costituendo di fatto un sottoprogetto. Si comincia con il proporre uno scambio di messaggi tra ragazzi e si parte da frasi molto semplici in lingua italiana che gli alunni cercano di tradurre in linguaggio matematico; ogni volta le traduzioni differenti vengono copiate alla lavagna e commentate collettivamente in modo da scegliere quella da mandare a Brioshi; una volta mandata la traduzione si attende la risposta di Table.1 C.1 LA TRADUZIONE MOSTRA UNA BUONA COMPRENSIONE DELLA SITUAZIONE: L Letterale: uso della lettera (trad. aderente al testo) L’alunno comprende sia il problema che la consegna. L’uso della lettera viene spiegato (8 anni) con frasi come “p significa il posto del numero che non conosco” o “n rappresenta il numero mancante”. La traduzione è sempre relazionale; talvolta la scrittura è corretta ma ‘in eccesso’ rispetto al testo (Le); può presentare l’inversione degli addendi o dei fattori; può essere ‘libera’ (Ll) (l’alunno intravvede una relazione corretta fra i numeri; la traduzione testimonia una elaborazione del messaggio verbale). Es: “Quanto manca a 6 per arrivare a 9” Trad. L: 6 + a = 9 Ll:9 – n = 6 “A 15 togli 8” Trad. Le: 15 – 8 = p F Fedele: uso di simboli alternativi alla lettera (trad. aderente al testo) L’alunno comprende la struttura logica del problema ma esercita un controllo metacognitivo parziale sul significato dei simboli usati; talvolta la scrittura è corretta ma ‘in eccesso’ rispetto al testo (Fe, secondo esempio); spesso è scritta ‘in colonna’ denotando un atteggiamento di fondo operativo (O, v. l’ultima voce). “Penso un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10” Trad. F: + 4 = 10 … + 4 = 10 ? + 4 = 10 c + 4 = 10 í + 4 = 10 “A 15 togli 8”Trad. Fe: 15 – 8 = í S a senso: traspare un atteggiamento di fondo operativo (trad. aderente al testo) L’alunno esprime una sostanziale comprensione della struttura logica del problema ma esercita un controllo metacognitivo parziale; la traduzione ‘prepara al risultato’ e predispone ad una lettura direzionale più che relazionale. “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10” Trad. S: 10 - 4 C.2 LA TRADUZIONE MOSTRA UNA COMPRENSIONE PARZIALEDELLA SITUAZIONE: C Confusa: aderenza parziale al testo L’alunno usa, collega o elabora in modo improprio i dati di partenza; il linguaggio spesso è misto (naturale/simbolico). “Quanto manca a 6 per arrivare a 9” Trad. C:6 ? 9 C.3 La traduzione mostra una comprensione insufficiente della situazione: I Infedele: mancata aderenza al testo. L’alunno collega in modo sbagliato i dati di partenza (spesso con un’operazione sbagliata). “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10” Trad. I: 10 : 4 “Quanto manca a 6 per arrivare a 9” Trad. I: 6 + 9 “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10” Trad. I: 4 E 10 + 4 – 10 … 10 - 4 = … 14 – 4 = 10 Trad. I: 10 : 4 A Adulterata: totale mancata aderenza al testo L’alunno evidenzia un’incomprensione a tutti i livelli (spesso è frutto di un frainten-dimento). Nel caso di problemi più articolati può essere costituita da una rappresenta-zione iconica della situazione problematica, talvolta anche fedele, ma ‘bloccata’. “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10 Trad. A:1 + 137 – 10 10 x 10 9 + … = 19 CARATTERISTICHE TRASVERSALI N Numerica risolutiva: inserimento del valore dell’incognita (scarsa aderenza al testo) L’alunno comprende parzialmente la situazione ed esercita un controllo metacognitivo povero; esegue l’operazione senza rendersi conto che la scrittura non rappresenta un ‘problema’ (cortocircuitamento del problema). “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10” Trad. N: 6 + 4 = 10… = 6 – 106 + … = 10 6 + 10 O Operativa: inserimento dell’’=’ (aderenza al testo), può comparire in qualsiasi tipo di scrittura L’alunno esprime un atteggiamento rivolto prevalentemente al ‘calcolare’ più che al ‘rappresentare’. L’assenza dell’”=” viene vista come ‘mancanza di chiusura’. La scrittura può essere sia ‘in linea’ che ‘in colonna’. “Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”Trad. O : 6 + 4 = “A 15 togli 8”Trad. O: 15 – 8 = Trad. FO: 15 – 8 = í La legenda per l’interpretazione dei diari è: _ discussione collettiva, ^ insieme di interventi sparsi, ] intervento di un singolo alunno, P intervento del ricercatore). Brioshi e la si interpreta. Anche la classe di Brioshi invia dei problemi ai quali, una volta interpretati, si dovrà rispondere. Lo scambio con Brioshi può essere simulato all’interno della stessa classe e allora è l’insegnante a proporre i ‘messaggi di ritorno’ di Brioshi, oppure invita qualche alunno ad ipotizzarli. Questo ‘gioco di ruolo’ funziona sempre, indipendentemente dall’età degli alunni. Lo scambio acquista in interesse ed efficacia se avviene con un’altra classe attraverso uno scambio di biglietti. Sono molto efficaci anche messaggi di posta elettronica che l’insegnante può portare in classe che comunque stimolano la curiosità e rappresentano una sfida alle sue competenze logico-matematiche. Le modalità più interessanti – avviate nel gennaio 2001 - riguardano uno scambio di messaggi fra classi-Brioshi impegnate in una ‘comunicazione matematica’ in tempo reale attraverso una apposita chat-line. L’analisi fine dei protocolli degli alunni ha consentito di riconoscere analogie e differenze fra scritture quasi sempre tutt’altro che banali e di organizzare una griglia di interpretazione delle traduzioni con l’obiettivo di soddisfare due esigenze: del ricercatore, all’interno della sua indagine, e dell’insegnante, al fine di affinare la sua sensibilità verso gli aspetti linguistici della matematica. Conseguentemente, sia i criteri di organizzazione della griglia che la terminologia usata concorrono a consolidare una concezione della matematica in una prospettiva linguistica. Le produzioni sono classificate in tre categorie: C.I La traduzione mostra una buona comprensione della situazione; C.2: La traduzione mostra una comprensione parzia ledella situazione ; C.3 La traduzione mostra una comprensione insufficiente della situazione. Ciascuna categoria è a sua volta raccoglie diverse tipologie di produzione da noi classificate secondo codici L,; F; S; etc come indicato nella griglia riportata in Tavola 1. Analisi dei diari relativi ad alcuni esempi di attività Analizzeremo ora – attraverso una sintesi dei relativi diari - alcune situazioni verificatesi in classi di scuola elementare nelle quali è in atto il progetto Brioshi. I codici di classificazione compariranno accanto ad ogni traduzione; una traduzione può possedere più di una caratteristica. Una situazione: allievi di otto anni al quarto mese di partecipazione al progetto Traducete per Brioshi la frase: Ad un numero misterioso aggiungi quattro e ottieni dieci Traduzioni degli allievi trascritte alla lavagna e poste in discussione: F: (a) + 4 = 10; (b) 4 + = 10; (c)10 - 4 FO: (d) + 4 = 10 = I: (e) 4 E 10 (f) 4 = 10 IN: (g) 6 + 10 N: (h) 6 + 4 = 10; (i) 6 + 10 A: (i) 1 + 13; (j) 3 + 10; (k) 3 + 7; (l) 10 x 10 _ La classe sceglie in modo quasi unanime la (a) «perché lo spazio vuoto fa capire a Brioshi che bisogna scoprire il numero che manca». P Facciamo notare che il computer non sa come fare lo spazio vuoto e chiediamo come si potrebbe fare. ^ proposte: (m) p + 4 = 10; (n) ? + 4 = 10; (o) @ + 4 = 10. L’autrice di (m) spiega che p significa «il posto del numero». La classe decide di inviare (m). Le scritture (a) e (b) rappresentano l’occasione per approfondimenti interessanti. Sono equivalenti sul piano matematico (è opportuno porre in evidenza la proprietà commutativa), ma (a) rispetta più dell’altra l’aspetto sequenziale implicito nella consegna. Discorsi analoghi si possono fare per “Moltiplica 3 per 8” e “Moltiplica 8 per 3”. È interessante – come nell’intervento (m) - che compaia la lettera ‘p’, pur in seconda battuta. È molto raro che una lettera venga proposta spontaneamente, come in questo caso; talvolta si tratta di bambini che hanno osservato fratelli maggiori usare le lettere. La scelta del simbolo deve essere molto libera; in particolare l’uso della lettera deve essere il frutto finale di una negoziazione collettiva e dipende quindi dalle condizioni ambientali. Per esempio, all’inizio dell’attività, lo spazio vuoto in genere è il più ‘gettonato’ perché sembra far capire meglio «che bisogna che Brioshi scopra il numero; oppure la decisione della classe sulla traduzione da inviare premia una scrittura iconica rispetto ad una letterale (più evoluta). Si lascia che le discussioni contribuiscano lentamente ad evidenziare differenze e analogie fra le scritture. Questi aspetti sono molto importanti per costruire delle basi semanticamente significative nella costruzione del linguaggio algebrico. Sarà l’affinamento graduale delle valutazioni a portare all’individuazione delle scritture più corrette. Un’altra situazione: allievi di otto anni al quinto mese di partecipazione al progetto Inventate un problema che si possa tradurre per Brioshi con la frase: 30 – n = 6. Traduzioni proposte dagli alunni: (a) «Ho 30 caramelle. Tolgo n caramelle e ottengo 6» P Si chiede di migliorare linguisticamente il testo. (b) «Ho 30 caramelle. Tolgo il numero mancante e ottengo 6» P Si invita a non usare parole del ‘matematichese’ (sorridono). (c) «Ho 30 caramelle. Ne mangio un po’ e ottengo 6 caramelle» (d) «Ho 30 caramelle. Ne mangio un po’ e rimangono 6 caramelle» P Si chiede quali altre parole possono sostituire ‘un po’’. (e) «Ho 30 caramelle. Ne mangio qualcuna e rimangono 6 caramelle» (f) «Ho 30 caramelle. Ne mangio alcune e rimangono 6 caramelle» P Proponiamo un’altra situazione problemica: Inventate un problema che si possa tradurre per Brioshi con la frase: 24 : n = 4 Non dovete parlare più di caramelle, ma di criceti. Traduzioni proposte dagli alunni: (g) «Ho 24 criceti. Li divido… » (h) «Ho 24 criceti e ho alcuni bambini. Do 4 criceti… » (i) «Ho 24 criceti. Li spartisco un po’ e ho 4 criceti» (j) «Ho 24 criceti e alcuni bambini e ne do 4 » (k) «Ho 24 criceti. Li spartisco in parti uguali per 4» Finalmente una bambina si illumina e sblocca la situazione: (l) «Ho 24 criceti e li metto in gabbie e in ognuna ce ne stanno 4. Quante gabbie mi servono?» La traduzione dal linguaggio matematico a quello naturale comporta maggiori difficoltà che non il contrario. Si favorisce, anche con gli alunni più giovani, la riflessione e la verbalizzazione sulle scritture matematiche. L’introduzione di aggettivi indefiniti può condurre ad una riflessione linguistica molto proficua, ponendo in evidenza l’equivalenza fra termini come ‘‘un po’’, ‘qualcuno’, ‘alcuni’, ‘qualche’, ‘dei’, riferibili tutti al significato di ‘una parte di …’. La seconda situazione presentata nel diario, pur più difficile (la divisione è un’ operazione molto ‘fresca’ nella classe), permette di risolvere le numerose incertezze della classe. (i) e (j) introducono una divisione di partizione, (h) una di contenenza; il numero mancante è difficile da gestire e blocca una visione complessiva della situazione. Gli alunni cercano di aggirare l’ostacolo introducono parole generiche come ‘alcuni’ e ‘li spartisco un po’’. (k) introduce la “spartizione in parti uguali” ma la collega in modo oscuro al numero 4. (l) risolve brillantemente la situazione introducendo le gabbie e proponendo, di fatto, una divisione di partizione. Questo tipo di attività viene realizzata anche in altri contesti (geometrico, familiare, compravendita, ecc.). Alcune note sull’atteggiamento degli insegnanti partecipanti al progetto Il progetto ArAl rappresenta per gli insegnanti che vi partecipano un’occasione importante per una riflessione sulle proprie conoscenze (che sono poi quelle che condizionano la scelta delle modalità attraverso le quali essi trasmettono ai loro alunni le conoscenze di base) e delle convinzioni in campo matematico – si potrebbe dire della propria epistemologia – per giungere ad una rilettura critica di contenuti, metodi e strategie. Brioshi rappresenta un ambiente didattico molto stimolante da questo punto di vista, ma spesso non facile da gestire e comporta per l’insegnante numerosi aspetti delicati che coinvolgono numerose capacità; tra queste vogliamo sottolineare quella di: (i) svolgere (oltretutto in tempi stretti) un’analisi fine delle proposte degli alunni da porre in discussione; (ii) classificare la grande varietà delle proposte (scritte spesso con un uso misto e personalizzato di linguaggi e di simboli più o meno propriamente accostati); (iii) saper individuare (e far individuare) le parafrasi di una possibile traduzione corretta. L’attività con Brioshi risulta importante perché aiuta non solo l’alunno, ma ancor prima l’insegnante, a capire che ogni consegna in campo matematico è disponibile ad una lettura a livelli differenti, anche a seconda del modo nel quale è organizzata la sua formulazione nel linguaggio naturale. 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