“Brioshi” e altri strumenti di mediazione per un insegnamento

“Brioshi” e altri strumenti di mediazione per un insegnamento relazionale
dell’aritmetica nell’ottica di un avvio al’algebra come linguaggio
Nicolina A. Malara & Giancarlo Navarra
GREM Dipartimento di Matematica - Università di Modena e Reggio E. – Italy
Sommario Tracciamo le linee guida ed i primi risultati di un progetto sperimentale di innovazione
didattica nella scuola elementare finalizzato ad un insegnamento dell’aritmetica in chiave prealgebrica. L’articolazione del progetto è complessa e vede un coinvolgimento degli insegnanti per
la discussione e riflessione sui risultati della sperimentazione, cosa che lo rende di conseguenza
anche un progetto di formazione. Ci limitiamo qui a descrivere una delle situazioni didattiche più
nuove e produttive, centrate sulla figura Brioshi, ipotetico ragazzino giapponese, elemento di
mediazione per la rivisitazione di semplici problemini nell’ottica di rappresentarli per la
comunicazione via e-mai. L’attività realizzata in classi di terza elementare è centrata sulla analisi e
discussione delle rappresentazioni realizzate dagli allievi e sulla negoziazione di quella più
efficace, cosa che porta alla conquista delle lettere per la codifica di semplici processi e attiva
l’interpretazione di espressioni algebriche ad essi associate.
Introduzione
La letteratura internazionale nel campo delle ricerche sull'apprendimento dell'algebra
evidenzia la diffusione della crisi dell'insegnamento tradizionale di questa disciplina.
Vengono individuate ragioni di tipo cognitivo (il salto “in sé” difficile verso la
generalizzazione e il pensiero simbolico), psicologico (l’algebra intimorisce studenti
frustrati da un rapporto già difficile con l’aritmetica), sociale (le famiglie, e più in
generale l’ambiente, trasmettono consciamente o inconsciamente ai figli
atteggiamenti definibili come ‘matematofobici’), pedagogico (gli studenti sembrano
sempre meno educabili, perché meno motivati verso lo studio), didattico (gli
insegnanti propongono un approccio all’algebra secondo i vecchi modelli da loro
ricevuti). Certamente ognuna di queste ragioni interferisce negativamente con lo
studio dell’algebra, tuttavia riteniamo che i principali ostacoli cognitivi si collochino
in campo pre-algebrico, e che molti di essi nascano in modi insospettabili in contesti
aritmetici e pongano in seguito ostacoli concettuali spesso insormontabili allo
sviluppo del pensiero algebrico. Classici studi (es. Kieran 1989) evidenziano come
gli studenti difettino di appropriate strutture aritmetiche dalle quali generalizzare e
come, senza la consapevolezza delle procedure in aritmetica e del modo in cui esse
nascono, non possiedano una base concettuale sulla quale costruire le loro
conoscenze algebriche. Inoltre, solitamente, l’Algebra non viene costruita in lenta
progressione come strumento e oggetto di pensiero, ma ne vengono esaltati
soprattutto i meccanismi manipolativi e gli aspetti computazionali. Di conseguenza
essa perde alcune delle sue caratteristiche essenziali: da un lato, di linguaggio adatto
a descrivere la realtà e, dall'altro, di potente strumento di ragionamento e di
previsione attraverso la messa in formula di conoscenze (o di ipotesi) sui fenomeni
(nel nostro caso elementari) e la derivazione di nuove conoscenze sui fenomeni stessi
mediante trasformazioni consentite dal formalismo algebrico.
Si ritiene quindi non solo che siano necessarie modifiche profonde
nell’insegnamento dell'algebra al livello di età degli alunni della scuola media
inferiore, ma che sia anche opportuno anticipare alla scuola elementare l'approccio
a tali problemi cominciando dall'individuazione degli approcci didattici più
produttivi per favorire il passaggio dal pensiero aritmetico a quello algebrico e,
simultaneamente, ad intervenire sulle concezioni degli insegnanti.
Le nostre ipotesi
Sul piano linguistico, alcune fra le difficoltà principali che gli alunni più giovani
devono affrontare sono rappresentate dal dover comprendere: i) perché si usa un
linguaggio simbolico; ii) a quali vincoli deve sottostare un linguaggio simbolico; iii)
la differenza fra risolvere e rappresentare una situazione problematica.
La prospettiva di iniziare gli allievi all’algebra come linguaggio, in andirivieni
continuo con il pensiero dall’aritmetica, può favorire l’individuazione di una didattica
più efficace con alunni fra i sette e i quattordici anni che si fondi sulla negoziazione e
quindi sull'esplicitazione di un contratto didattico per la soluzione dei problemi
algebrici basato sul principio “prima rappresenta, poi risolvi”. Tale prospettiva
sembra molto promettente per affrontare uno dei nodi più importanti nel campo
concettuale dell'algebra: la trasposizione in termini di rappresentazione dal
linguaggio naturale nel quale sono formulati o descritti i problemi a quello algebricoformale in cui si traducono le relazioni che essi contengono. In questo modo la
ricerca della soluzione appartiene alla fase successiva.
Riteniamo che vi sia una forte analogia fra le modalità dell’apprendimento del
linguaggio naturale e quello del linguaggio algebrico; per spiegare questo punto di
vista ricorriamo alla metafora del balbettio. Il bambino, nell’apprendimento del
linguaggio, si appropria poco alla volta dei suoi significati e delle regole che lo
supportano, che sviluppa gradualmente attraverso imitazioni e aggiustamenti sino agli
approfondimenti dell’età scolare, quando imparerà a leggere e a riflettere sugli aspetti
grammaticali e sintattici della lingua. Nella didattica tradizionale del linguaggio
algebrico si comincia invece privilegiando lo studio delle regole, come se la
manipolazione formale fosse precedente alla comprensione dei significati. Si tende
quindi ad insegnare la sintassi dell’algebra trascurando la sua semantica. I modelli
mentali propri del pensiero algebrico dovrebbero essere costruiti invece attraverso
quelle che potremmo chiamare forme iniziali di balbettio algebrico. La nostra
specifica ipotesi è che i modelli mentali propri del pensiero algebrico dovrebbero
essere costruiti sin dai primi anni della scuola elementare nei quali il bambino
comincia ad avvicinarsi al pensiero aritmetico insegnandogli a pensare l’aritmetica
algebricamente. In altre parole, costruendo in lui il pensiero algebrico
progressivamente come strumento e oggetto di pensiero parallelamente
all’aritmetica, partendo dai suoi significati, attraverso la costruzione di un ambiente
che stimoli in modo informale l’elaborazione autonoma di quel balbettio algebrico
del quale abbiamo parlato precedentemente e quindi l’appropriazione sperimentale,
continuamente ridefinita, di un nuovo linguaggio nel quale le regole possano trovare
la loro collocazione altrettanto gradualmente, all’interno di un contratto didattico
tollerante verso momenti iniziali sintatticamente ‘promiscui’ che favorisca una
sensibilità consapevole verso questi aspetti del linguaggio matematico.
Il progetto ArAl
Il lavoro che presentiamo nasce nell’ambito del progetto ArAl - Percorsi
nell'aritmetica per favorire il pensiero pre-algebrico rivolto ad un insegnamento
dell’aritmetica in chiave pre-algebrica a partire dalla scuola elementare1, in modo tale
da favorire un approccio all’algebra come linguaggio per la modellizzazione e la
risoluzione di problemi anche dimostrativi (Malara 1966, Malara e Iaderosa 1999,
Malara & Navarra 2000, 2001). Elementi caratteristici del progetto ArAl sono: i) il
coinvolgimento gli insegnanti sia sul versante della formazione (disciplinare e
didattico-metodologica) che della sperimentazione innovativa; ii) la pianificazione
delle attività sperimentali nell’ambito delle usuali attività curricolari. Un aspetto di
grande importanza è rappresentato dalla ricerca delle connessioni fra le attività
proposte dal progetto e il curricolo di matematica per la scuola elementare, con lo
scopo di individuare le modalità per una progressiva integrazione fra i due. Questo
aspetto è molto sentito dagli insegnanti perché, se da un lato riflette il timore diffuso
di dover ‘fare spazio all’algebra’ all’interno di un programma considerato fin troppo
ampio, rappresenta allo stesso tempo l’opportunità per una riflessione sulle proprie
conoscenze e sulle proprie convinzioni in campo matematico per giungere ad una
rilettura critica di contenuti, metodi, strategie.
Brioshi e altri strumenti di mediazione nell’ambito del progetto ArAl.
Elemento chiave nello sviluppo del progetto è il ricorso ad un ipotetico bambino
giapponese: Brioshi, alunno ‘virtuale’ di età variabile a seconda dell’età dei suoi
interlocutori. Non conosce la lingua italiana ma sa esprimersi in un corretto
linguaggio matematico. La classe di Brioshi ama trovare classi di coetanei non
giapponesi con le quali scambiare problemi matematici via e-mail. Naturalmente i
messaggi, soprattutto con gli alunni più piccoli, possono anche contenere frasi scritte
in Italiano o in Giapponese (“Caro Brioshi, voglio vedere se voi siete capaci di … “),
che però assolvono – data la loro totale incomprensibilità per il ricevente - ad una
funzione marginale dal punto di vista del linguaggio ordinario ma che rendono
potente e significativo, per la sua universalità, l’utilizzo del codice aritmeticoalgebrico; il cuore dei messaggi (rappresentato qui dai puntini) è il nucleo
matematico del discorso. Brioshi viene ormai introdotto in tutte le classi del progetto
e costituisce un supporto molto potente per far passare un concetto spesso difficile da
far comprendere ad alunni fra gli 8 e i 14 anni: la necessità del rispetto delle regole
nell’uso di un linguaggio, necessità ancora più forte nel caso in cui esso sia
formalizzato, in ragione dell’estrema sinteticità dei simboli usati.
1
Il progetto ArAl è diretto da N.A. Malara e coordinato da G. Navarra con la collaborazione di A.
Giacomin e vede anche contributo di R. Iaderosa. Attualmente partecipano ad ArAl nove scuole
(4 Istituti comprensivi, 3 Direzioni didattiche, 2 Scuole medie e un Istituto superiore), 66 docenti
e quasi 1500 alunni (1200 di scuola elementare e 300 di scuola media). Esso è realizzato
nell’ambito del progetto europeo ELTMAPS coordinato da L. Rogers cui partecipano anche
Cyprus (Pedagogical Institute, Nicosia), Repubblica Ceka (Mathematics Department,
Pedagogical Institute, Charles University, Praga). Attualmente fa anche parte delprogetto
nazionale S& T (è risultato il primo tra i 27 finaziati dal ministero su più di 600 proposte).
Altri importanti elementi di mediazione sono: i) l’analogia con situazioni tipiche del
linguaggio naturale (ad esempio la molteplicità di rappresentazioni con cui un numero
può essere denotato al di là di quella canonica così come ciascun individuo può essere
denotato, oltre che dal nome proprio, da una miriade di locuzioni che tengono conto
delle relazioni di parentela, amicizia, lavoro, etc in cui è coinvolto); ii) il ricorso alle
“mascherine” per una attività sull’aspetti relazionali del numero; iii) la macchia o la
nuvola come strategia per congetturare cosa si nasconde dietro un breve testo
matematico e per indurre il passaggio all’uso delle lettere; 4i) l’isola, l’arcipelago, il
viaggio come elementi di giochi esplorativi nell’ambito di griglie numeriche
strutturate per favorire la rappresentazione sintetica di catene di operatori additivi o
anche per introdurre in modo ingenuo il concetto di indeterminata; 5I) la bilancia
come strumento per l’approccio all’equazione.
Le situazioni didattiche coinvolgenti Brioshi
Le situazioni didattiche Brioshi si sviluppano all’interno di ArAl e ne stanno
costituendo di fatto un sottoprogetto. Si comincia con il proporre uno scambio di
messaggi tra ragazzi e si parte da frasi molto semplici in lingua italiana che gli alunni
cercano di tradurre in linguaggio matematico; ogni volta le traduzioni differenti
vengono copiate alla lavagna e commentate collettivamente in modo da scegliere
quella da mandare a Brioshi; una volta mandata la traduzione si attende la risposta di
Table.1
C.1 LA TRADUZIONE MOSTRA UNA BUONA COMPRENSIONE DELLA SITUAZIONE:
L Letterale: uso della lettera (trad. aderente al testo)
L’alunno comprende sia il problema che la consegna. L’uso della lettera viene spiegato (8 anni) con frasi come “p
significa il posto del numero che non conosco” o “n rappresenta il numero mancante”. La traduzione è sempre
relazionale; talvolta la scrittura è corretta ma ‘in eccesso’ rispetto al testo (Le); può presentare l’inversione degli
addendi o dei fattori; può essere ‘libera’ (Ll) (l’alunno intravvede una relazione corretta fra i numeri; la traduzione
testimonia una elaborazione del messaggio verbale). Es:
“Quanto manca a 6 per arrivare a 9”
Trad. L: 6 + a = 9
Ll:9 – n = 6
“A 15 togli 8”
Trad. Le: 15 – 8 = p
F Fedele: uso di simboli alternativi alla lettera (trad. aderente al testo)
L’alunno comprende la struttura logica del problema ma esercita un controllo metacognitivo parziale sul significato dei
simboli usati; talvolta la scrittura è corretta ma ‘in eccesso’ rispetto al testo (Fe, secondo esempio); spesso è scritta ‘in
colonna’ denotando un atteggiamento di fondo operativo (O, v. l’ultima voce).
“Penso un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”
Trad. F: + 4 = 10
… + 4 = 10
? + 4 = 10
c + 4 = 10
í + 4 = 10
“A 15 togli 8”Trad. Fe:
15 – 8 = í
S a senso: traspare un atteggiamento di fondo operativo (trad. aderente al testo)
L’alunno esprime una sostanziale comprensione della struttura logica del problema ma esercita un controllo
metacognitivo parziale; la traduzione ‘prepara al risultato’ e predispone ad una lettura direzionale più che relazionale.
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”
Trad. S: 10 - 4
C.2 LA TRADUZIONE MOSTRA UNA COMPRENSIONE PARZIALEDELLA SITUAZIONE:
C Confusa: aderenza parziale al testo
L’alunno usa, collega o elabora in modo improprio i dati di partenza; il linguaggio spesso è misto (naturale/simbolico).
“Quanto manca a 6 per arrivare a 9”
Trad. C:6 ? 9
C.3 La traduzione mostra una comprensione insufficiente della situazione:
I Infedele: mancata aderenza al testo.
L’alunno collega in modo sbagliato i dati di partenza (spesso con un’operazione sbagliata).
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”
Trad. I: 10 : 4
“Quanto manca a 6 per arrivare a 9”
Trad. I: 6 + 9
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”
Trad. I:
4 E 10
+ 4 – 10
… 10 - 4 = …
14 – 4 = 10
Trad. I: 10 : 4
A Adulterata: totale mancata aderenza al testo
L’alunno evidenzia un’incomprensione a tutti i livelli (spesso è frutto di un frainten-dimento). Nel caso di problemi più
articolati può essere costituita da una rappresenta-zione iconica della situazione problematica, talvolta anche fedele, ma
‘bloccata’.
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10
Trad. A:1 + 137 – 10 10 x 10
9 + … = 19
CARATTERISTICHE TRASVERSALI
N Numerica risolutiva: inserimento del valore dell’incognita (scarsa aderenza al testo)
L’alunno comprende parzialmente la situazione ed esercita un controllo metacognitivo povero; esegue l’operazione
senza rendersi conto che la scrittura non rappresenta un ‘problema’ (cortocircuitamento del problema).
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”
Trad. N: 6 + 4 = 10… = 6 – 106 + … = 10
6 + 10
O Operativa: inserimento dell’’=’ (aderenza al testo), può comparire in qualsiasi tipo di scrittura
L’alunno esprime un atteggiamento rivolto prevalentemente al ‘calcolare’ più che al ‘rappresentare’. L’assenza dell’”=”
viene vista come ‘mancanza di chiusura’. La scrittura può essere sia ‘in linea’ che ‘in colonna’.
“Penso a un numero, gli aggiungo 4 e ottengo 10”Trad. O : 6 + 4 =
“A 15 togli 8”Trad. O: 15 – 8 =
Trad. FO: 15 – 8 = í
La legenda per l’interpretazione dei diari è: _ discussione collettiva, ^ insieme di interventi
sparsi, ] intervento di un singolo alunno, P intervento del ricercatore).
Brioshi e la si interpreta. Anche la classe di Brioshi invia dei problemi ai quali, una
volta interpretati, si dovrà rispondere. Lo scambio con Brioshi può essere simulato
all’interno della stessa classe e allora è l’insegnante a proporre i ‘messaggi di
ritorno’ di Brioshi, oppure invita qualche alunno ad ipotizzarli. Questo ‘gioco di
ruolo’ funziona sempre, indipendentemente dall’età degli alunni. Lo scambio
acquista in interesse ed efficacia se avviene con un’altra classe attraverso uno
scambio di biglietti. Sono molto efficaci anche messaggi di posta elettronica che
l’insegnante può portare in classe che comunque stimolano la curiosità e
rappresentano una sfida alle sue competenze logico-matematiche. Le modalità più
interessanti – avviate nel gennaio 2001 - riguardano uno scambio di messaggi fra
classi-Brioshi impegnate in una ‘comunicazione matematica’ in tempo reale
attraverso una apposita chat-line.
L’analisi fine dei protocolli degli alunni ha consentito di riconoscere analogie e
differenze fra scritture quasi sempre tutt’altro che banali e di organizzare una griglia
di interpretazione delle traduzioni con l’obiettivo di soddisfare due esigenze: del
ricercatore, all’interno della sua indagine, e dell’insegnante, al fine di affinare la sua
sensibilità verso gli aspetti linguistici della matematica. Conseguentemente, sia i
criteri di organizzazione della griglia che la terminologia usata concorrono a
consolidare una concezione della matematica in una prospettiva linguistica. Le
produzioni sono classificate in tre categorie: C.I La traduzione mostra una buona
comprensione della situazione; C.2: La traduzione mostra una comprensione parzia
ledella situazione ; C.3 La traduzione mostra una comprensione insufficiente della
situazione. Ciascuna categoria è a sua volta raccoglie diverse tipologie di produzione
da noi classificate secondo codici L,; F; S; etc come indicato nella griglia riportata
in Tavola 1.
Analisi dei diari relativi ad alcuni esempi di attività
Analizzeremo ora – attraverso una sintesi dei relativi diari - alcune situazioni
verificatesi in classi di scuola elementare nelle quali è in atto il progetto Brioshi. I
codici di classificazione compariranno accanto ad ogni traduzione; una traduzione
può possedere più di una caratteristica.
Una situazione: allievi di otto anni al quarto mese di partecipazione al progetto
Traducete per Brioshi la frase: Ad un numero misterioso aggiungi quattro e ottieni dieci
Traduzioni degli allievi trascritte alla lavagna e poste in discussione:
F:
(a) + 4 = 10;
(b) 4 + = 10;
(c)10 - 4
FO:
(d) + 4 = 10 =
I:
(e) 4 E 10
(f) 4 = 10
IN:
(g) 6 + 10
N:
(h) 6 + 4 = 10;
(i) 6 + 10
A:
(i) 1 + 13;
(j) 3 + 10;
(k) 3 + 7;
(l) 10 x 10
_ La classe sceglie in modo quasi unanime la (a) «perché lo spazio vuoto fa capire a Brioshi che bisogna
scoprire il numero che manca».
P Facciamo notare che il computer non sa come fare lo spazio vuoto e chiediamo come si potrebbe fare.
^ proposte:
(m) p + 4 = 10;
(n) ? + 4 = 10;
(o) @ + 4 = 10.
L’autrice di (m) spiega che p significa «il posto del numero».
La classe decide di inviare (m).
Le scritture (a) e (b) rappresentano l’occasione per approfondimenti interessanti.
Sono equivalenti sul piano matematico (è opportuno porre in evidenza la proprietà
commutativa), ma (a) rispetta più dell’altra l’aspetto sequenziale implicito nella
consegna. Discorsi analoghi si possono fare per “Moltiplica 3 per 8” e “Moltiplica 8
per 3”.
È interessante – come nell’intervento (m) - che compaia la lettera ‘p’, pur in seconda
battuta. È molto raro che una lettera venga proposta spontaneamente, come in questo
caso; talvolta si tratta di bambini che hanno osservato fratelli maggiori usare le
lettere. La scelta del simbolo deve essere molto libera; in particolare l’uso della
lettera deve essere il frutto finale di una negoziazione collettiva e dipende quindi
dalle condizioni ambientali. Per esempio, all’inizio dell’attività, lo spazio vuoto in
genere è il più ‘gettonato’ perché sembra far capire meglio «che bisogna che Brioshi
scopra il numero; oppure la decisione della classe sulla traduzione da inviare premia
una scrittura iconica rispetto ad una letterale (più evoluta).
Si lascia che le discussioni contribuiscano lentamente ad evidenziare differenze e
analogie fra le scritture. Questi aspetti sono molto importanti per costruire delle basi
semanticamente significative nella costruzione del linguaggio algebrico. Sarà
l’affinamento graduale delle valutazioni a portare all’individuazione delle scritture
più corrette.
Un’altra situazione: allievi di otto anni al quinto mese di partecipazione al progetto
Inventate un problema che si possa tradurre per Brioshi con la frase: 30 – n = 6.
Traduzioni proposte dagli alunni:
(a) «Ho 30 caramelle. Tolgo n caramelle e ottengo 6»
P Si chiede di migliorare linguisticamente il testo.
(b) «Ho 30 caramelle. Tolgo il numero mancante e ottengo 6»
P Si invita a non usare parole del ‘matematichese’ (sorridono).
(c) «Ho 30 caramelle. Ne mangio un po’ e ottengo 6 caramelle»
(d) «Ho 30 caramelle. Ne mangio un po’ e rimangono 6 caramelle»
P Si chiede quali altre parole possono sostituire ‘un po’’.
(e) «Ho 30 caramelle. Ne mangio qualcuna e rimangono 6 caramelle»
(f) «Ho 30 caramelle. Ne mangio alcune e rimangono 6 caramelle»
P Proponiamo un’altra situazione problemica:
Inventate un problema che si possa tradurre per Brioshi con la frase: 24 : n = 4
Non dovete parlare più di caramelle, ma di criceti.
Traduzioni proposte dagli alunni:
(g) «Ho 24 criceti. Li divido… »
(h) «Ho 24 criceti e ho alcuni bambini. Do 4 criceti… »
(i) «Ho 24 criceti. Li spartisco un po’ e ho 4 criceti»
(j) «Ho 24 criceti e alcuni bambini e ne do 4 »
(k) «Ho 24 criceti. Li spartisco in parti uguali per 4»
Finalmente una bambina si illumina e sblocca la situazione:
(l) «Ho 24 criceti e li metto in gabbie e in ognuna ce ne stanno 4. Quante gabbie mi servono?»
La traduzione dal linguaggio matematico a quello naturale comporta maggiori
difficoltà che non il contrario. Si favorisce, anche con gli alunni più giovani, la
riflessione e la verbalizzazione sulle scritture matematiche.
L’introduzione di aggettivi indefiniti può condurre ad una riflessione linguistica
molto proficua, ponendo in evidenza l’equivalenza fra termini come ‘‘un po’’,
‘qualcuno’, ‘alcuni’, ‘qualche’, ‘dei’, riferibili tutti al significato di ‘una parte di …’.
La seconda situazione presentata nel diario, pur più difficile (la divisione è un’
operazione molto ‘fresca’ nella classe), permette di risolvere le numerose incertezze
della classe. (i) e (j) introducono una divisione di partizione, (h) una di contenenza; il
numero mancante è difficile da gestire e blocca una visione complessiva della
situazione. Gli alunni cercano di aggirare l’ostacolo introducono parole generiche
come ‘alcuni’ e ‘li spartisco un po’’. (k) introduce la “spartizione in parti uguali” ma
la collega in modo oscuro al numero 4. (l) risolve brillantemente la situazione
introducendo le gabbie e proponendo, di fatto, una divisione di partizione.
Questo tipo di attività viene realizzata anche in altri contesti (geometrico,
familiare, compravendita, ecc.).
Alcune note sull’atteggiamento degli insegnanti partecipanti al progetto
Il progetto ArAl rappresenta per gli insegnanti che vi partecipano un’occasione
importante per una riflessione sulle proprie conoscenze (che sono poi quelle che
condizionano la scelta delle modalità attraverso le quali essi trasmettono ai loro
alunni le conoscenze di base) e delle convinzioni in campo matematico – si potrebbe
dire della propria epistemologia – per giungere ad una rilettura critica di contenuti,
metodi e strategie. Brioshi rappresenta un ambiente didattico molto stimolante da
questo punto di vista, ma spesso non facile da gestire e comporta per l’insegnante
numerosi aspetti delicati che coinvolgono numerose capacità; tra queste vogliamo
sottolineare quella di: (i) svolgere (oltretutto in tempi stretti) un’analisi fine delle
proposte degli alunni da porre in discussione; (ii) classificare la grande varietà delle
proposte (scritte spesso con un uso misto e personalizzato di linguaggi e di simboli
più o meno propriamente accostati); (iii) saper individuare (e far individuare) le
parafrasi di una possibile traduzione corretta. L’attività con Brioshi risulta importante
perché aiuta non solo l’alunno, ma ancor prima l’insegnante, a capire che ogni
consegna in campo matematico è disponibile ad una lettura a livelli differenti, anche
a seconda del modo nel quale è organizzata la sua formulazione nel linguaggio
naturale.
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