PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE FACOLTÀ DI TEOLOGIA LA PROSPETTIVA CRISTOLOGICA DI K. RAHNER I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA TEOLOGIA DI RAHNER 1. Introduzione a) preso in esame l’aspetto bio-bibliografico del nostro teologo e le fonti ispiratrici del suo pensiero, non ci resta che un solo “ostacolo” alla sua cristologia vale a dire la comprensione dei tre concetti fondamentali del suo teologare - la svolta antropologica - il metodo trascendentale - l’esistenziale soprannaturale b) essi formano l’intelaiatura del suo pensiero - perciò vanno attentamente compresi per evitare i due estremi che spesso caratterizzano l’approccio ideologico alla teologia da lui elaborata da un lato, l’assunzione acritica delle tesi sostenute con un senso di meraviglia che non di rado è sfociato quasi nell’«idolatria teologica» e, dall’altro lato, la condanna senza appello di tutto ciò che è uscito dalla sua penna e dal suo pensiero (che è poi l’altro versante, il destruens, della medesima idolatria) 2. La svolta antropologica (o antropologia trascendentale) a) origine della svolta antropologica - la svolta antropologica, anche se si verifica in epoca moderna, come centralità del soggetto nel processo della conoscenza è già operante nella riflessione di Agostino (De Trinitate) e di Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae) così come nell’idea di esperienza spirituale espressa da Ignazio di Loyola (Esercizi) essa, però, assume un ruolo determinante nel pensiero occidentale moderno dopo la svolta del soggettivismo cartesiano e del criticismo (gnoseologico) kantiano - non si può negare, però, almeno a livello teologico che Rahner abbia portato un notevole contributo a questa prospettiva antropologico-trascendentale asserendo la necessità dell’incontro tra definizione teologica ed esperienza esistenziale dell’uomo con i relativi nessi che si possono immaginare rimettendo al centro del suo pensiero l’idea per cui la fede cristiana non è primariamente una serie di verità da professare ma una sequela da realizzare e riproponendo la necessità che il carattere salvifico delle verità di fede sia centrale nel pensiero (teologico) - in questo sta l’orientamento antropologico di tutta la sua teologia b) comprensione del significato di svolta antropologica - continuando questa illustrazione schematica si può prima di tutto guardare in negativo alla definizione ribadendo la necessità di non considerare l’uomo come un tema teologico accanto ad altri e perciò fare enunciati su Dio che non abbiano allo stesso tempo scopo di precisare chi è l’uomo (e viceversa) e passando così dalla antropologia in teologia (il de homine in theologia) all’antropologia teologica (la theologia nel de homine) - e quindi in positivo, intendendo la svolta antropologica come la necessità, per ogni argomento teologico, di iniziare il suo studio evidenziando le condizioni necessarie per la sua conoscenza nel soggetto umano [definizione] che si evolve nello stabilire le condizioni a priori di quella determinata conoscenza, del perché ciò presupponga che esse implichino già qualcosa dell’oggetto conosciuto a posteriori (sia nel modo, sia nel metodo, sia nei limiti che manifestano) c) necessità e utilità della svolta antropologica - sul piano della necessità sul piano filosofico, nasce dalla presa di coscienza che ogni conoscenza spirituale (e quindi anche quella teologica) implica la domanda sul soggetto che conosce infatti, il conoscere teologico implica Dio che non è un oggetto tra tanti (onto-teologia) ma è l’orizzonte della trascendentalità umana di conseguenza, la conoscenza teologica, per non ridursi al solo ontico ma giungere all’onto-logico deve evolversi nell’orizzonte dell’antropologico-trascendentale - e quello dell’utilità in quanto consente una migliore presentazione del messaggio cristiano (anche le verità teologiche indeducibili devono avere una valenza esistenziale ed antropologica, rispondere a qualcosa che l’uomo cerca) 1. è il caso, ad esempio del mistero di Dio (Trinità) 2. o del mistero dell’Incarnazione d) le reazioni alla svolta antropologica - le reazioni negative accusa di riduzionismo antropologico della teologia e di messa in pericolo della trascendenza di Dio (C. Fabro e H.U. von Balthasar che vi ha contrapposto la sua estetica teologica) - le reazioni positive la scuola marechalliana tedesca - in ogni caso interessante è la stessa reazione di Rahner la svolta antropologica non deve essere considerata “il metodo”, ma “un metodo” altrettanto valido di quello dall’alto (Fabro, Balthasar) poiché il metodo non va mai assolutizzato diventando esso stesso contenuto 2 3. Il metodo trascendentale a) origine del concetto di “trascendentale” e suo impiego nella teologia di Rahner - il concetto “trascendentale” come è noto si origina nella filosofia di E. Kant esso costituisce un apriori della conoscenza umana, per cui, ciò che l’uomo percepisce è sempre in collegamento con le categorie o strutture della sua capacità conoscitiva - ma il concetto “trascendentale” di Rahner non è semplicemente identico con quello di Kant in lui, infatti, il trascendentale implica un riferimento all’essere e in ultima analisi a Dio: infatti, pur essendo una struttura a priori della conoscenza e dell’agire umano è al di là del categoriale perché orizzonte di ogni conoscenza e di ogni azione il metodo trascendentale che ne discende è perciò un modo determinato di accostare conoscenza e azione che tiene conto di questa struttura a priori b) descrizione e necessità del metodo trascendentale in teologia - come già visto nel punto precedente (la svolta antropologica) al centro della riflessione di Rahner si pone l’uomo il quale, in quanto spirito nel mondo, è per Rahner unità tra categoriale (il suo esperire concreto) e trascendentale (la sua apertura all’ulteriore che non gli deriva dall’esperienza) egli perciò, in ogni esperienza categoriale che fa, si trova nella condizione di porsi la domanda sul senso ultimo di questa esperienza, sull’orizzonte (trascendentale) nel quale essa avviene - il metodo trascendentale è proprio questo esso, partendo dall’interrogativo categoriale sulla verità, arriva a percepire il limite di ciò che essa esprime e di cogliere il “di più”, l’orizzonte trascendentale indefinito ma sconfinato dell’essere sul quale si staglia il categoriale e questo è tanto nell’esercizio delle esperienze umane forti che non necessariamente implicano immediatamente la fede quanto delle riflessione di fede stessa (necessità del metodo trascendentale) - in questo senso Rahner può parlare di esperienza trascendentale non solo per la teologia ma per tutta la vita dell’uomo e tuttavia constatare il suo valore significativo in questo ambito specifico dell’umano essa è realtà che vale per la fede: ricerca del valore salvifico dei dati storico-positivi della rivelazione cristiana essa è realtà che vale per la teologia: l’enunciato teologico in quanto tale infatti, pur non avendo la valenza dell’enunciato di fede partecipa seppur confusamente al suo valore salvifico e come tale permette di aprire l’uomo alla domanda ultima che l’enunciato stesso propone - da qui l’idea di teologia trascendentale in Rahner: non tanto per una diversità di contenuti dalla teologia dogmatica quanto per questo metodo trascendentale (che per lo stesso Rahner non è un assoluto ma un relativo) 3 4. Esistenziale soprannaturale a) è il terzo concetto fondamentale della sua teologia e il nucleo centrale, l’essenza stessa del modo di condurre il suo pensiero da parte di Rahner - esistenziale soprannaturale si compone di due termini, il primo dei quali, esistenziale, è termine già noto alla teologia prima di Rahner impiegato dalla teologia protestante (Bultmann, Ebeling, Fuch) è derivato da Rahner dalla filosofia di M. Heidegger esso deve essere perciò inteso come l’esser-ci dell’uomo, il carattere ontologico della sua esistenza: la determinazione essenziale del Da-Sein dell’uomo distinta dalla determinazione delle cose che non hanno coscienza di esser-ci - a cui Rahner anziché ontologico (come in Heidegger) pone il qualificativo di soprannaturale partendo dalla sua teologia della grazia, egli concepisce l’uomo infatti sempre sotto la condizione della grazia di Dio (giustificazione oggettiva, distinta dalla giustificazione soggettiva o santificazione) cosicché l’uomo è da sempre (nel centro più intimo della sua esistenza) caratterizzato da questa realtà che è la grazia di Dio nel modo dell’offerta che può essere accolto o rifiutato dall’uomo - con tre caratteristiche che emergono da questa questione la dimensione teologica come realtà intrinseca della costituzione trascendentale dell’uomo che nel punto precedente è stata delineata il carattere trascendentale della rivelazione divina nell’uomo, che si manifesta come grazia e, ovviamente, la possibilità di intravvedere in questo la dottrina del cristianesimo anonimo come ultima conseguenza b) al di là delle difficoltà, infine, è interessante osservare come questa dottrina eviti le strettoie in cui finì la Nouvelle Théologie e le relative condanne - il punto di partenza è l’estrinsecismo tra natura e grazia la dottrina tradizionale considerando la grazia sovrapposta alla natura, pur nella gratuità del dono di Dio, poneva quest’ultima estrinseca alla natura stessa la soluzione della Nouvelle Théologie era quella di superare l’estrinsecismo attraverso l’idea del “desiderio naturale della visione beatifica” - dottrina condannata da Pio XII Rahner con la sua soluzione permette di superare questa empasse 1. da un lato conserva la possibilità di una natura pura (possibile ma mai realizzata) 2. egli costitutivamente pensa l’uomo come un essere in cui al centro del suo essere si colloca proprio questa grazia: gratuita perché da Dio e costitutiva con la natura dell’uomo stesso 4