Economia della conoscenza
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA
COMUNICAZIONE
INDIRIZZO DI MASSA
2016-2017
Origini dell’economia della conoscenza
La cornice di riferimento del capitale umano è l’economia della
conoscenza
La conoscenza è sempre stata - anche nel passato remoto - una risorsa
importante ai fini della produzione  ogni produzione dell’homo
sapiens è in effetti un’attività “sapiente”
La conoscenza diventa forza produttiva fondamentale solo con l’età
moderna (Rivoluzione scientifica del ‘600) che fa emergere la
conoscenza scientifica
La scienza conquista questa autonomia utilizzando il principio galileiano
dell’esperimento, ossia della riproducibilità delle relazioni causaeffetto affermate.
La Rivoluzione scientifica
La Rivoluzione Scientifica è quella profonda trasformazione concettuale che si
verificò nel ‘600 dall’anno di pubblicazione del "De Revolutionibus Orbium
Celestium" (1543) di Niccolò Copernico, al 1687, anno di "Philosophiae
naturalis principia mathematica"di Isaac Newton
In quel periodo in Europa nasce e si diffonde un nuovo tipo di sapere,
chiamato Scienza e che si caratterizza per alcuni punti:
 la riduzione della natura ad oggetto di ricerca da parte dell’uomo,
svincolandola del tutto da una prospettiva metafisica (Aristotele)
 l’uso di nuovi strumenti d’indagine (ad es. telescopio o il microscopio)
 l’impiego del calcolo matematico per una più precisa misurazione dei
fenomeni naturali
 la diffusione di una mentalità sperimentale basata sull’osservazione
sistematica dei fenomeni e sul controllo dei risultati
La Rivoluzione scientifica
La Rivoluzione Scientifica fece crollare definitivamente quelle teorie che per
due millenni (da Aristotele) avevano costituito dei punti di riferimento per
gli uomini, sostituendole con un nuovo modello conoscitivo e
sperimentale.
L’epicentro della crisi si localizzò nel campo dell’astronomia, dove
Copernico, Galileo, Keplero e Newton attaccarono il vecchio principio
Tolemaico secondo il quale la terra sarebbe stata immobile e al centro
dell’universo
Tolomeo ( II sec. d.C. ), fedele alle teorie di Aristotele, nel suo sistema definito
“geocentrico” poneva la terra al centro dell’universo.
La centralità della terra assumeva anche un significato metafisico, in quanto
esprimeva la dignità e la grandezza dell’uomo, echi di una visione
antropocentrica del cosmo.
La Rivoluzione scientifica
Nel ‘600, grazie alla nuova mentalità sperimentale e all’impiego di
strumenti tecnici più sofisticati, si giunge a dover riconoscere che il
modello geocentrico è imperfetto poiché:
 la terra non occupa la posizione centrale dell’universo, né risulta essere
immobile
 la distinzione aristotelica tra una fisica celeste, caratterizzata dal
movimento circolare e perfetto dei corpi, e una fisica terrestre o
sublunare, caratterizzata dai movimenti imperfetti, viene abbandonata
in quanto priva di fondamento
 abbandonata la teoria secondo la quale il mondo era racchiuso in un
orizzonte limitato dalle stelle fisse, l’universo viene ad assumere i
caratteri dell’infinità
La Rivoluzione scientifica
In sintesi, la differenza tra la scienza medievale e quella moderna:
- la prima è dominata dalla fisica di Aristotele ed è qualitativa e
finalistica: il mondo è creato in vista dell’utile dell’uomo, per cui la
scienza deve ricercare la qualità delle cose, la loro essenza e i loro fini
(non è riproducibile)
- la seconda è quantitativa e meccanicistica cioè indaga soltanto gli
aspetti misurabili della realtà e si serve di cause efficienti (causaeffetto), e, dunque, è riproducibile
A livello matematico e fisico, invece, molte sono state le scoperte:
a) Principio di inerzia (Galileo)
b) Intuizione della forza centrifuga e della forza di gravità (Keplero)
c) Legge della gravitazione universale (Newton)
Origini dell’economia della conoscenza
Nel momento in cui si afferma un tipo di conoscenza come quella
scientifica, che ha la caratteristica di essere riproducibile in contesti
diversi, l’economia reale ha a disposizione una formidabile risorsa.
La Rivoluzione industriale del ‘800 ha, infatti, la sua ragion d’essere nelle
macchine, che incorporando conoscenza riproducibile (basata sulla
scienza), consentono di realizzare enormi economie di scala.
Infatti, il lavoro impiegato per progettare la prima macchina può essere
ri-usato a costo zero per costruire la seconda, la decima, la millesima
macchina
Origini dell’economia della conoscenza
Allo stesso modo il lavoro impiegato per progettare la prima unità di un
prodotto ottenuto dalle macchine può essere ri-usato altrettante volte
per ottenere migliaia o milioni di prodotti identici
Questo significa che ogni somma di denaro ed ogni ora di lavoro investiti
nella produzione di nuova conoscenza possono rendere molto
Infatti la conoscenza ‘generata’ può diventare utile, creando valore
economico per gli utilizzatori, non una ma cento, mille volte, con
effetti moltiplicativi che cambiano radicalmente il significato del
modo di produrre rispetto all’economia pre-industriale
Origini dell’economia della conoscenza
La novità dell’economia capitalistica è data dal fatto che diventa conveniente,
grazie alla natura riproducibile della conoscenza, investire in processi di
apprendimento
Anche in precedenza la conoscenza veniva usata, ma - non essendo
conoscenza riproducibile - il suo limitato bacino di uso rendeva non
conveniente investire in apprendimento
L’economia della conoscenza
Rivoluzione Industriale.
comincia
dunque ad
operare
con la
Da questo momento in poi il capitalismo moderno è stato un’
economia della conoscenza nel senso che il valore è stato prodotto, in
gran parte, dalla propagazione degli usi delle conoscenze disponibili, e
dal conseguente re-investimento dei profitti così ottenuti nella produzione
di nuove conoscenze.
Innovazione
;
Presupposto che sta alla base dell’economia della conoscenza è che
l’impresa sia in grado di generare e diffondere innovazioni a diversi
livelli: prodotti, processi, organizzazione, soluzioni tecnologiche,
logistica, ecc..
Tali innovazioni raramente sono di tipo radicale, assumendo solitamente
il carattere di innovazioni incrementali, migliorative, adattative
Raramente queste innovazioni sono formalizzate e “brevettate”, ciò
nonostante esse si diffondono e, attraverso fenomeni di imitazione,
adattamento e ricombinazione, possono avere un impatto positivo
sull’intero sistema.
Innovazioni in base al loro impatto sul
sistema economico
Innovazione incrementale
Questo tipo di innovazione caratterizza qualunque tipo di attività
industriale o di servizio, sia a livello di prodotto che di processo e di
produzione (variando logicamente a seconda del paese e della tipologia
di industria)
Essa si sviluppa a partire da un approccio learning by doing o learning by
using
Non è il frutto di un preciso e programmato percorso di ricerca, ma per lo
più un insieme di invenzioni e miglioramenti minimi frutto del fare di
coloro che sono impegnati direttamente nel processo produttivo o di un
feedback che si sviluppa tra il produttore e colui che usa il prodotto o il
servizio.
Innovazione radicale
L’innovazione radicale è un processo di cambiamento tecnologico
puntuale che solitamente è il frutto di un processo deliberato di
ricerca e sviluppo da parte imprese, istituzioni, centri di ricerca
Generalmente non presenta aspetti di continuità con il processo
innovativo di tipo incrementale
Rappresenta il frutto di una combinazione di fattori di prodotto, processo
e anche di tipo organizzativo
I cambiamenti del sistema tecnologico
Sono cambiamenti a lunga portata nel sistema tecnologico ed
economico, che danno origine, a volte, a interi nuovi settori di
sviluppo; frutto di un melting pot di fattori (economici, tecnologici,
sociali, istituzionali, culturali)
Questi cambiamenti si diffondono su larga scala coinvolgendo una serie di
attori (imprese, attori, istituzioni)
Per nuovi sistemi tecnologici si intende un insieme di innovazioni
incrementali e di innovazioni radicali che influenzano un intero
settore dell’economia (IC, digitale, etc).
I paradigmi tecnologici
Definiscono i bisogni che devono essere soddisfatti, i principi scientifici e
le tecnologie che devono essere utilizzate
Si caratterizzano per un insieme di “esemplari” (una automobile,
un circuito integrato, ecc. con le sue particolari proprietà tecnoeconomiche) e un insieme di principi euristici (dove possiamo
andare? Cosa possiamo cercare? Che tipo di conoscenza può essere
utile?)
La scelta di un paradigma tecnologico definisce un sentiero e
non si può spiegare con criteri economici di mercato, ma con fattori
politico-sociali-istituzionali che indirizzano le diverse economie
regionali o nazionali su differenti “traiettorie tecnologiche”.
Il passaggio tra paradigmi tecnologici
Il passaggio da un paradigma tecnologico al successivo genera modifiche a
livello di:
 IMPRESA: nuovo modo di organizzazione della struttura dell’impresa.




(grandi imprese fordiste, verticalmente integrate e gerarchicamente
strutturate)
FORZA LAVORO: vengono richieste qualifiche diverse ai lavoratori
(catena di montaggio, ‘operaio di mestiere’ o operaio dequalificato).
PRODOTTI: si crea un nuovo mix di prodotti (l’automobile, i prodotti per
la pulizia personale e della casa, i prodotti di consumo immediato (come le
bevande).
NUOVI PAESI LEADER: si crea una nuova divisione internazionale del
lavoro.
INFRASTRUTTURE: ogni paradigma necessita di infrastrutture particolari
(scuola, università, grandi opere, ecc.)
Le 5 long waves di Kondratieff
Il ciclo del sistema economico avviene tramite grandi rivoluzioni tecnologiche:
•5 importanti cambiamenti rivoluzionari dalla fine del 1700 ad oggi:
5 paradigmi tecnologici che si sono succeduti – a partire dalla prima
rivoluzione industriale – fino ad oggi.
L’affermarsi di un nuovo paradigma tecnologico è legato all’esaurimento
del potenziale innovativo del vecchio paradigma.
Ogni nuovo paradigma tecnologico comporta, ad esempio, dei cambiamenti
nei gusti dei consumatori, un’evoluzione delle abilità richieste ai lavoratori
e nuovi prodotti che si affermano sul mercato.
Le 5 long waves di Kondratieff
Il paradigma dell’Information and
Communication Technology
✔ diminuzione dell’importanza della parte “meccanica” dei prodotti,
aumento del contenuto “informativo” dei prodotti
✔ maggiore integrazione tra le funzioni organizzative (team working,
organizzazioni orizzontali…)
✔
espansione del
prodotto/servizio)
mercato
dei
servizi
(ogni
prodotto
è
un
✔ scambio di informazioni virtualmente senza limiti di spazio e di tempo
✔ evoluzione dei gusti e dei comportamenti dei consumatori
✔ nuovi modelli di business (es. e-business)
Caratteristiche dell’economia della
conoscenza
In generale, si può parlare di economia della conoscenza ogni volta che ci
trova di fronte ad un segmento economico in cui il valore economico
(utilità per i soggetti economici) viene prodotto attraverso la
conoscenza:
a)
il lavoro umano non trasforma la materia prima, ma, se è lavoro
cognitivo, genera conoscenze innovative che saranno usate per
trasformare la materia (con le macchine) e creare indirettamente
utilità
b)
Oppure le conoscenze potranno fornire servizi utili anche senza
trasformare la materia prima, ma semplicemente fornendo
un’informazione, una consulenza, una comunicazione che generano
direttamente utilità presso l’utilizzatore
Le caratteristiche dell’economia della
conoscenza
Le utilità create dall’utilizzo della conoscenza possono derivare da diverse
forme di uso:
1) riduzione dei costi di un precedente processo produttivo (efficienza)
2) creazione di un nuovo prodotto o servizio, che non esisteva in
precedenza
3) produzione, attraverso la conoscenza, di significati, desideri,
identità associate ad un prodotto o servizio
4) personalizzazione del servizio (dalla progettazione di esperienze
coinvolgenti, dalla costruzione di rapporti fiduciari, ecc.)
L’economia della conoscenza: cosa produce?
a)
Un’economia di servizi, sia intermedi (ICT, pubblicità,
consulenza, finanza….) che finali (commercio, turismo, sanità,
istruzione, divertimento…..)
b)
Un’economia di prodotti, il cui valore dipende sempre più da
elementi intangibili e ad alto contenuto di conoscenza (ricerca,
design, comunicazione, pubblicità, ….)
Grado di diffusione dell’economia della
conoscenza
Quanto pesa questa trasformazione? È un fatto marginale o centrale
nell’economia di oggi?
In termini di utilità che l’utilizzatore riconosce e paga il valore
materiale del prodotto che esce dallo stabilimento è ormai solo una
frazione minore del prezzo pagato per acquistarlo.
Il valore dei beni è ancorato a elementi immateriali (significato,
comunicazione, servizio) prima che ai costi e alle prestazioni del
processo materiale che l’ha prodotto.
La smaterializzazione del valore interesse anche la forza produttiva
per eccellenza, ossia il lavoro.
Grado di diffusione dell’economia della
conoscenza
Il lavoro oggi non è più, salvo rare eccezioni, lavoro materiale (uso della
forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in
prodotto finito)
Nella maggior parte dei casi il lavoro è mentale (cognitivo), nel senso che
usa le conoscenze disponibili per produrre altre conoscenze, portatrici
di utilità.
II lavoro è divenuto ormai totalmente lavoro cognitivo e il consumo
attribuisce la maggior parte del valore al significato o al servizio
associato ad un bene materiale, invece che al bene materiale di per sé.
Un grande cambiamento ha quindi investito il sistema economico: la
nostra economia reale è diventata un’economia in cui è la conoscenza
che viene messa al lavoro (capitalismo cognitivo).
La propagazione della conoscenza
In questo sistema, si realizza un cambiamento rispetto al modello di produzione
(materiale), centrato sull’accum. dei fattori tradizionali (capitale, terra, lavoro).
Le conoscenze impiegate per realizzare prodotti, servizi, ed altro non
si consumano con l’uso.
La base della creazione di valore non è tanto la produzione di nuova conoscenza,
quanto la propagazione delle conoscenze pre-esistenti in un bacino di usi
sempre più ampio.
La propagazione costa, perché richiede investimenti per adattare le conoscenze a
nuovi utilizzi e situazioni, ma il costo di ri-uso non è mai così grande come
quello di (prima) produzione.
La propagazione della conoscenza
La propagazione crea valore perché la conoscenza, non consumandosi con
l’uso, può essere replicata a costo zero, per tutta una serie di impieghi in
cui si ripete lo stesso codice o programma.
In questo processo, gli usi potenziali di una certa conoscenza non sono
alternativi, ma possono sommarsi tra loro mediante propagazione
Ad ogni ri-uso della conoscenza si crea un valore addizionale, mentre i costi
non crescono o crescono molto poco
La propagazione, generando valore addizionale, è anche la fonte
principale dei profitti ricavati dagli investimenti fatti nella produzione
di nuova conoscenza e, in seguito, nella propagazione dei suoi usi
La propagazione è un processo che si ri-alimenta, rendendo
conveniente investire nella produzione di nuove conoscenze e nell’ulteriore
propagazione degli usi delle conoscenze preesistenti
La propagazione della conoscenza
In un’economia che si basa sulla propagazione della conoscenza in un bacino
di usi più esteso possibile, la rete che assicura canali di propagazione
costituisce un ingrediente essenziale.
1)
Nell’economia del primo capitalismo, la rete di propagazione delle
conoscenze era di tipo tecnico-scientifico e si basava essenzialmente
sulla circolazione internazionale delle macchine e dei nuovi materiali.
-
si trattava, però, di una circolazione lenta e parziale perché basata
sulla circolazione delle macchine che incorporavano la conoscenza
traducibile in movimenti meccanici e in proprietà tecnologiche date
-
bisognava quindi prima tradurre le conoscenze disponibili in questa
forma e poi mettere in circolazione macchine costose, richiedenti un forte
investimento di capitale, facendole lavorare in contesti in genere diversi
da quello di origine
La propagazione della conoscenza
2) Nel fordismo la rete tecnologica è stata integrata e in parte sostituita
dalla rete organizzativa:
- si assiste alla crescita dei canali di propagazione proprietaria interni
alle grandi imprese, partendo da grandi imprese nazionali per finire
con grandi imprese multinazionali.
- il limite è dato dalla natura autarchica delle reti proprietarie
e dai tempi necessari per estendere i volumi di un solo concorrente a
scapito di tutti gli altri.
-
La propagazione della conoscenza
3) Dagli anni ‘70 in poi, la propagazione si è avvalsa di una rete di
relazioni di tipo territoriale:
- In questo caso, le imprese possono rimanere piccole (come accade nei
distretti), senza ostacolare la propagazione delle conoscenze a scala
locale
- la contiguità fisica e culturale consente di specializzarsi nelle filiere, di
copiare o imitare quello che fanno gli altri, di acquistare macchine,
componenti o servizi dagli specialisti locali
- il
limite sta nel fatto che il bacino di propagazione è
necessariamente limitato all’area locale.
La propagazione della conoscenza
4) Le cose cambiano con Internet e con la New Economy: per la prima
volta si ha la possibilità di una propagazione istantanea e globale,
di tipo non proprietario, ma aperta alla divisione del lavoro tra molti
attori autonomi, anche di piccola dimensione
- grazie al web, la conoscenza è divenuta una risorsa maggiormente
replicabile e mobile, sempre più indipendente dallo spazio e dal
tempo
- …e sempre più accessibile ai nuovi entranti, purché capaci di operare
in “rete”.
La propagazione della conoscenza
Le risorse economiche classiche si caratterizzano per essere:
a)
scarse: hanno valore perché ogni uso le sottrae ad usi alternativi;
b)
divisibili: ogni risorsa ha un valore determinato, distinguibile dagli
altri valori coinvolti nel processo produttivo sociale, perché può essere
associata a costi e ricavi ad essa imputabili;
c)
strumentali: le risorse sono puri mezzi, da ottimizzare, calcolando le
allocazioni migliori per soddisfare fini dati.
La propagazione della conoscenza
La conoscenza, invece, è una risorsa che, produce valore, mediante
propagazione, in ragione di alcune sue specificità:
a)
non è scarsa, ma moltiplicabile: avendo un costo di riproduzione
nullo o quasi, si può propagarne l’uso in un bacino d’impiego più
ampio e durevole possibile
b)
non è divisibile, ma condivisibile: il suo consumo da parte di un
individuo non ne impedisce il contemporaneo consumo da parte di un
altro
c)
non è strumentale, ma una risorsa autogenerativa: perché il
conoscere non elabora solo i mezzi, ma cambia le relazioni, crea
identità, sviluppa legami, modificando il modo in cui gli attori
operano e i loro fini.
Strategia di Lisbona
Manifesto del nuovo indirizzo economico è la Strategia di Lisbona,
stipulata nel marzo 2000, con l’obiettivo di favorire occupazione,
sviluppo economico e coesione sociale nel contesto di un’economia
fondata sulla conoscenza.
La strategia di Lisbona si fondava su tre priorità che a loro volta si
concretizzano in dieci campi di azione:
1)




rendere l'Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro
ampliare e rafforzare il mercato interno;
migliorare la normativa comunitaria e nazionale;
garantire mercati aperti e competitivi all’interno e all’esterno dell’UE;
ampliare e migliorare le infrastrutture europee.
Strategia di Lisbona
2) Porre la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita
 aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca e sviluppo;
 promuovere l’innovazione, l’adozione delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT) e l’uso sostenibile delle
risorse;
 contribuire alla creazione di una solida base industriale europea.
3) Creare nuovi e migliori posti di lavoro
 attrarre un maggior numero di persone nel mondo del lavoro e
modernizzare i sistemi di protezione sociale;
 accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e la
flessibilità dei mercati del lavoro;
 aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l’istruzione e
le qualifiche.
Strategia di Lisbona
In vista di queste priorità la strategia di Lisbona sollecitava una serie di
riforme strutturali negli ambiti dell’occupazione, dell’innovazione, delle
riforme economiche, dell’istruzione e della coesione sociale.
Erano stati stabiliti degli obiettivi settoriali necessari al soddisfacimento
dell’obiettivo generale, da raggiungere entro il 2010.
Tra gli obiettivi settoriali fissati nel campo dell’istruzione e formazione:
- tasso di abbandono scolastico non superiore al 10% (Italia 20%)
- aumento dei giovani che completano gli studi secondari superiori: almeno
l’85% della popolazione ventiduenne (Italia 75%)
- tasso di partecipazione degli adulti (tra i 25-64 anni) a corsi di
formazione permanente superiore al 12,5% (Italia 6%)
- diminuzione della percentuale dei quindicenni con scarsa capacità di
lettura (almeno del 20% rispetto al 2000);
- aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologia (almeno del 15%
e nel contempo diminuzione dello squilibrio fra sessi).
Europa 2020
Nel 2010 preso atto degli scarsi risultati ottenuti per il raggiungimento
degli obiettivi della Strategia di Lisbona (fallimento) la Commissione
europea ha approvato il piano “Europa 2020” per una crescita
“intelligente, sostenibile e inclusiva”.
Europa 2020 presenta tre priorità che si rafforzano a vicenda:
– crescita intelligente: sviluppare un’economia basata
conoscenza e sull’innovazione;
sulla
– crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il
profilo delle risorse, più verde e più competitiva;
– crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di
occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.
Europa 2020
In questa direzione la Commissione propone i seguenti obiettivi principali
per l’UE:
– il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
– il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in R&S;
– i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti
(ridurre i gas ad effetto serra e i consumi energetici del 20%, soddisfare il
20% del nostro fabbisogno energetico mediante l’utilizzo delle energie
rinnovabili)
– il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il
40% dei giovani deve essere laureato;
– 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà.
L’economia della conoscenza:mito o realtà?
- Sono
fortemente cresciuti gli investimenti nella produzione e
trasmissione di conoscenze (istruzione, formazione,ricerca)
- Chi investe di più in conoscenza (imprese, settori, regioni, comuni,
stati) acquisisce un vantaggio competitivo
- È aumentata l’importanza degli intangible assets: negli USA dal 1929
al 1990 il capitale fisico (strutture, attrezzature, risorse naturali,..) è
quadruplicato, mentre quello intangibile (istruzione, formazione,
ricerca, salute, sicurezza,….) è decuplicato!
- Nei paesi sviluppati la produzione “fisica” sta scomparendo, per venire
delocalizzata su scala globale nei paesi emergenti a basso costo della
manodopera.
L’economia della conoscenza:mito o realtà?
- In alcuni paesi (USA, UK, NL, SWE, FIN) il settore primario ha un peso
marginale, il settore secondario (industria) occupa meno del 20% dei
lavoratori e tutto il resto è rappresentato dai servizi, dove crescono
soprattutto i servizi ad alta intensità di conoscenza
- È in aumento il differenziale dei salari tra knowledge workers e
lavoratori tradizionali