Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi.

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Agenzia nazionale per l’attrazione
degli investimenti e lo sviluppo d’impresa SpA
Il Mezzogiorno tecnologico.
Una ricognizione in sei distretti produttivi.
Una ricerca del Cerpem per Invitalia
A cura di Domenico Cersosimo e Gianfranco Viesti
giugno 2012
Draft
INDICE
Capitolo 1
Una ricognizione in sei distretti produttivi: sintesi, conclusioni e proposte della ricerca
Domenico Cersosimo e Gianfranco Viesti
pag. 4
Capitolo 2
Il sistema produttivo territoriale dell’ICT a L’Aquila
Lelio Iapadre
pag. 48
Capitolo 3
Il Sistema aerospaziale pugliese
Nicola Coniglio
pag. 74
Capitolo 4
Il sistema dell’aerospazio in Campania
Pierfelice Rosato
pag. 104
Capitolo 5
Il sistema produttivo della meccatronica in Puglia
Francesco Prota
pag. 137
Capitolo 6
Il sistema produttivo dell’elettronica di Catania
Maurizio Avola, Alberto Gherardini e Rosanna Nisticò
pag. 179
Capitolo 7
Il sistema dell’ICT a Cagliari
Dolores Deidda
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
pag. 243
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Invitalia, su impulso del Ministro per la Coesione territoriale, ha promosso un’indagine di
campo finalizzata a verificare e misurare le trasformazioni strutturali e congiunturali
intervenute nei Sistemi Produttivi del Mezzogiorno a seguito della crisi economica degli anni
2009-2010, anche al fine di comprendere ed individuare la domanda di politiche industriali e
di sviluppo che emergono dal mutato scenario economico in cui si trovano ad operare le
imprese.
L’indagine riprende e aggiorna il precedente monitoraggio sui sistemi produttivi meridionali
realizzato nel 2007 da Invitalia (già Sviluppo Italia) con il contributo del Dipartimento della
Funzione Pubblica (e i cui principali risultati sono stati pubblicati nel volume Le sfide del
cambiamento. I sistemi produttivi nell’Italia e nel Mezzogiorno di oggi, a cura di Gianfranco
Viesti, Donzelli Editore), focalizzando l’analisi su sei Sistemi Produttivi specializzati nella
produzione di beni e servizi ad elevata tecnologia localizzati in alcune regione del
Mezzogiorno e che riguardano: il sistema dell’ICT dell’Aquila, il sistema aerospaziale della
Campania, il sistema della meccatronica pugliese, il sistema dell’aeronautica pugliese e il
sistema dell’ICT di Cagliari.
La scelta di concentrare l’analisi sui Sistemi ad elevata tecnologia risponde all’esigenza di
osservare con maggiore attenzione l’evoluzione dei settori dotati di maggiori potenzialità di
sviluppo che sono oggi presenti nelle regioni del Sud d’Italia e di individuare, rafforzare e
meglio indirizzare gli interventi a sostegni di Sistemi Produttivi che risulteranno sempre più
determinanti per sostenere la capacità competitiva e la crescita economica del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Capitolo 1
Una ricognizione in sei distretti produttivi:
sintesi, conclusioni e proposte della ricerca
Domenico Cersosimo
Università della Calabria
Gianfranco Viesti
Cerpem e Università di Bari
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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1. Questa ricerca
In queste pagine presentiamo la sintesi di una vasta ricognizione sul campo in sei
concentrazioni produttive ad alta tecnologia localizzate nel Mezzogiorno, realizzata dal
Cerpem di Bari su incarico di Invitalia SpA.
In particolare, l’indagine, da noi coordinata e condotta tra febbraio e maggio 2012 da un
gruppo composito di ricercatori ed esperti, ha interessato i distretti tecnologici meridionali più
consistenti, differenziati e densi sotto il profilo delle imprese e dei soggetti istituzionali
coinvolti: elettronica aquilana, aerospaziale campano e pugliese, ICT cagliaritano,
meccatronica barese e elettronica catanese. Gli studi di caso sono stati realizzati, nell’ordine
appena citato, da Lelio Iapadre dell’Università dell’Aquila, da Pierfelice Rosato (Cerpem e
Università del Salento), da Nicola Coniglio (Cerpem e Università di Bari), da Dolores Deidda
(consulente indipendente), da Francesco Prota (Cerpem e Università di Bari); il caso di
Catania è stato realizzato da un gruppo composto da Maurizio Avola (Università di Catania),
Alberto Gherardini (Università di Firenze) e Rosanna Nisticò (Università della Calabria). Si
tenga presente che nelle pagine che seguono i termini distretti, poli, sistemi produttivi sono
usati, per semplicità espositiva, come sinonimi.
Questi sei, sono distretti molto simili non solo per la focalizzazione in produzioni ad elevato
contenuto tecnologico, ma anche per i caratteri della loro emersione, per le caratteristiche
delle leadership imprenditoriali, per le leve competitive della loro evoluzione. Sono però
distretti anche molto diversi tra loro. Per dimensione economica, per intensità tecnologica, per
platee di imprese leader, per densità delle connessioni interaziendali, per mercati di
riferimento, per prospettive di sviluppo future. Come sempre, matrici originarie a contatto con
la geografia, la storia e i contesti istituzionali di luoghi specifici tendono a differenziare i loro
sentieri evolutivi.
Sono distretti molto importanti per il Mezzogiorno. Innanzitutto, per la testimonianza della
persistenza di un Sud industriale avanzato, dinamico, aperto. Non è poco, se si pensa
all’intonazione politica e culturale dominante negli ultimi due decenni nel nostro paese. Sono
distretti importanti perché alimentano circuiti istituzionali complessi sia nell’arena delle
imprese che in quella della formazione del capitale umano e della ricerca e, soprattutto, nella
sfera delle interazioni e co-evoluzioni tra le due arene. Non è poco neanche questo nel
Mezzogiorno della frammentazione puntiforme. Grandi imprese che attraggono altre grandi
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imprese; grandi e medie imprese che inducono la nascita di nuove imprese locali nelle filiere
della subfornitura; università che ridisegnano l’offerta formativa in rapporto alla domanda
delle imprese; ingegneri, informatici, fisici e tante altre figure tecniche qualificate che trovano
occupazione nelle proprie città; imprese, università e centri di ricerca che danno vita a nuove
e specifiche istituzioni di ricerca e sperimentazione; politiche pubbliche regionali disegnate ad
hoc con e per imprese, università, strutture di ricerca. Azioni e fenomeni vitali per il
Mezzogiorno, per il suo radicamento nella contemporaneità produttiva.
Sono distretti molto importanti per l’Italia. Nel Mezzogiorno tecnologico è sedimentato un
patrimonio impressionante, unico, di capacità innovative, di saper fare sofisticato, di
produzioni e istituzioni qualificate. Ovviamente, non siamo nella Silicon Valley. E neppure
nei più rarefatti luoghi del Nord d’Italia e d’Europa connotati da fitte e complesse
agglomerazioni distrettuali posizionate sulla frontiera tecnologica. Niente di tutto ciò, benché
in questi poli siano dislocati potenziali produttivi e competenze tecnologiche persistenti di
caratura nazionale. Sono più di 30 mila gli occupati complessivi nei sei distretti indagati, a cui
bisogna aggiungere alcune migliaia di ricercatori collegati, direttamente o indirettamente, alle
produzioni locali. Il fatturato totale supera gli 8 miliardi di euro, di cui circa un terzo destinato
all’esportazione. Nel distretto campano si concentra quasi un quarto del fatturato aerospaziale
nazionale e poco meno di un quinto delle esportazioni, che salgono rispettivamente a più di un
terzo e di un quarto se si sommano anche il fatturato e le esportazioni realizzate nel distretto
pugliese. Il polo aquilano genera tra il 12 e il 14% dell’export italiano di componenti e schede
elettroniche. Le multinazionali STMicroelectronics a Catania e Micron Technology ad
Avezzano sono leader mondiali di prodotti a semiconduttori. Sono distretti che generano e
convivono quotidianamente con una dotazione considerevole di risorse intangibili. Un flusso
sistematico di conoscenze e competenze, formali e tacite, di informazioni e sperimentazioni
non sempre specifiche in grado di attivare utilizzazioni collaterali per altre produzioni.
Distretti con una massa critica di requisiti localizzativi di qualità per attrarre nuovi
investimenti in Italia, nel Mezzogiorno.
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2. Le origini dei distretti
I distretti tecnologici meridionali hanno origini storiche lontane e tempi di incubazione molto
lunghi. Tempi di sedimentazione lenti sono fisiologici per produzioni high-tech che
richiedono apprendimenti e aggiustamenti continui e densità di relazioni tra platee di soggetti
imprenditoriali e non.
I più antichi sono i distretti dell’aeronautica pugliese e campana. Nascono negli anni della prima guerra
mondiale sull’onda dei bisogni e delle opportunità imprenditoriali nel campo della costruzione e
manutenzione di motori e velivoli militari e dell’approvvigionamento bellico. Incide molto, nel caso
pugliese, anche la posizione strategica nel Mediterraneo di Brindisi e degli altri aeroporti costruiti negli
anni venti a Grottaglie, Galatina, Bari e Foggia. L’avvio del distretto elettronico abruzzese risale, invece,
agli anni a ridosso del secondo conflitto mondiale: nell’ambito della ricostruzione economica del Piano
Marshall, la Marconi Italiana, una società a capitale misto inglese e italiano (gruppo Iri), avvia a
L’Aquila uno stabilimento di produzione di valvole termoioniche nel sito delle Officine Carte e Valori
della Banca d’Italia distrutte da un bombardamento americano nel 1943. L’incipit dei distretti
dell’elettronica catanese e della meccatronica pugliese è datato tra gli anni sessanta e settanta del secolo
scorso in connessione con i processi di diffusione dell’industrializzazione nel nostro paese. Nel caso
siciliano è l’investimento ATES, appartenente al gruppo delle imprese a partecipazioni statali, ad avviare
il ciclo; diversamente, la meccatronica barese è legata inizialmente a due investimenti della Fiat, oltre a
quello della svedese SKF (RIV-SKF), attorno a cui, successivamente, si addensano altre aziende
multinazionali complementari. Infine, il distretto ICT cagliaritano, il più giovane, nasce circa un
ventennio addietro grazie alle capacità innovative di una nuova impresa sarda, Tiscali, di combinare le
nuove opportunità di mercato offerte dalla new economy con le competenze attivate dal centro di
eccellenza CRS4 e con le professionalità di alto profilo provenienti dalla breve e pionieristica esperienza
di Video ON Line a metà degli anni Novanta.
L’avvio dei distretti è sempre legato all’insediamento di un grande stabilimento, spesso
esterno e di proprietà pubblica. Quasi sempre è un avvio greenfield, senza accumuli e
vocazioni pregressi, giacché si tratta per lo più di investimenti sulla frontiera produttiva
dell’epoca. La grande dimensione è dunque decisiva. Per la scala produttiva, per le
competenze tecnologiche necessarie, per i legami con i centri di ricerca, per i collegamenti
internazionali, per le risorse finanziarie e organizzative di partenza, per gli elevati
investimenti in ricerca e sviluppo. E’ ovunque così, non soltanto nel Mezzogiorno. Anche
nell’industrializzazione del Nord, molto precedente a quella meridionale, l’ingresso in
comparti “nuovi” è avvenuto spesso con l’arrivo di gruppi imprenditoriali, tecnologie e
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capitali dall’esterno. Le imprese a partecipazione statale sono le più attive, con investimenti
diretti cospicui e continui, anche con l’acquisizione di stabilimenti privati preesistenti, con
accordi di subfornitura e di coproduzione con gruppi industriali multinazionali.
Gli insediamenti Agusta, Alfa Romeo-Iri, Filotecnica Salmoiraghi, Aeritalia, Space Software Italia e
Alenia sono fondamentali per i distretti aeronautici campano e pugliese. Marconi Italiana e Italtel per il
distretto elettronico abruzzese. ATES-Stet per lo sviluppo dell’Etna Valley. Solo nella genesi e nella
crescita del distretto ICT di Cagliari le partecipazioni statali non giocano il ruolo di imprese motrici,
anche se lo start up è favorito e influenzato da seminali investimenti pubblici nel campo degli insorgenti
servizi web. Significativi sono pure gli insediamenti industriali di imprese straniere. Siemens e Texas
Instruments hanno avuto e Thales e Micron hanno tuttora un ruolo rilevante nel distretto elettronico
abruzzese. L’Aerospatiale di Tolosa per il distretto aeronautico campano. STMicroelectronics, Micron,
Nokia e IBM sono importanti per il distretto elettronico catanese. La Bosch è rilevante per il rilancio e la
diversificazione del distretto meccatronico pugliese.
Meno importante è il ruolo dei grandi gruppi industriali privati italiani. La Fiat è la più presente, in linea
con la spiccata strategia del gruppo torinese di “meridionalizzazione” dei nuovi investimenti a partire
dagli anni settanta. Gli impianti Fiat Aviazione, poi Avio, sono siti produttivi rilevanti nei distretti
aeronautici campano e pugliese, così come lo stabilimento di impianti frenanti nel distretto della
meccatronica pugliese. Esile è la presenza di gruppi imprenditoriali privati, specie locali: la SACA,
l’apripista storica del distretto aeronautico pugliese degli anni trenta, le OFM-Officine Ferroviarie
Meridionali e le IAM-Industrie Aeronautiche Meridionali, anch’esse protagoniste storiche della nascita
del distretto aeronautico campano negli anni a ridosso della prima guerra mondiale; la Partenavia e
Tecnam dei fratelli Pascale attive pure queste nel distretto campano; e, soprattutto, Tiscali, l’impresa
motrice dell’ITC cagliaritano.
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3. L’evoluzione dei distretti
La morfologia interna dei distretti cambia molto nel corso del tempo. Questi sei distretti
tecnologici meridionali sono alquanto fluidi in termini di imprese, di assetti organizzativi, di
relazioni interaziendali, di prodotti e mercati. E’ fisiologico per attività ad alta tecnologia e
integrate in catene produttive lunghe in continua trasformazione spaziale, della leadership,
degli apparati organizzativi. Gli insediamenti iniziali subiscono modifiche plurime, rare volte
declinano e scompaiono, molte altre volte assumono nuove configurazioni proprietarie,
produttive, organizzative e di mercato. Il motore delle trasformazioni è la grande impresa, il
centro attorno a cui ruota, con diversa intensità nei diversi distretti, il resto del sistema
produttivo locale.
Quasi sempre, a ridosso delle iniziative pioniere arrivano nuove imprese esterne, impianti
multinazionali attirano nuovi impianti multinazionali con tecnologie affini, si dilata il tessuto
delle imprese locali di subfornitura di capacità, di specialità e di servizi, cambiano le reti di
interdipendenza, si infittiscono i legami con i centri di ricerca locali e non, cambiano le
prospettive e le aspettative delle università e dei laureati del bacino più prossimo agli impianti
produttivi, si allarga lo spazio degli insediamenti coinvolti e dei flussi informativi e formativi,
si moltiplicano i processi di fusione, acquisizione, cessione di ramo d’azienda. Alcune
imprese innovative e vitali con il tempo declinano, sguarnendo i territori di insediamento di
accumuli di competenze, capacità e saper fare. Lo stesso è avvenuto in molti casi al Nord,
anche se nel Mezzogiorno la scomparsa di una grande industria implica spesso una
dissipazione secca di capacità a causa del più elevato isolamento degli stabilimenti.
Tuttavia, nei distretti tecnologici indagati sono pochissimi i casi di grandi insediamenti
scomparsi definitivamente. Subiscono cambiamenti importanti, semmai ripetuti cambi di
proprietà e di denominazione, ma persistono. D’altro canto, investimenti importanti e talvolta
strategici per gli interi gruppi di appartenenza, non è facile che abbandonino il campo. Non è
facile anche perché quegli investimenti hanno generato indotti e ispessimento del tessuto
economico locale, anche perché sostenuti da condizionanti e generose agevolazioni pubbliche
nazionali e regionali. Solo in Abruzzo e a Catania, vi sono stati casi di chiusure di attività
facenti capo a gruppi multinazionali.
L’evoluzione del distretto catanese è segnato dalle strategie e dall’evoluzione dell’industria leader, la
STMicroelectronics di proprietà italo-francese, produttrice di componenti microelettronici. L’impianto
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catanese, che nasce come investimento della ATES-STET negli anni sessanta, subisce due cambiamenti
proprietari importanti. Nel 1972, dalla fusione tra ATES e SGS Fairchild, nasce la SGS ATES e, nel
1987, l’ulteriore fusione con la Thomson Semiconducteurs dà vita alla SGS Thomson, che nel 1998
diventa STM. Le generose agevolazioni pubbliche, sotto forma di incentivi al capitale e sgravi fiscali, le
fitte relazioni collaborative con i centri di ricerca locali, la disponibilità di capitale umano qualificato e
motivato, la presenza di un leader carismatico, l’ingegnere Pasquale Pistorio, amministratore delegato dal
1980 al 2005, e le favorevoli condizioni di mercato, concorrono a determinare una crescita sostenuta della
produzione e dell’occupazione della STM fino a metà del primo decennio del nuovo secolo. In quegli
anni, il sito catanese diventa un punto di riferimento strategico per l’intero gruppo multinazionale. Nel
boom del distretto, tra il 1994 e il 2001, STM assume circa 3.500 nuovi lavoratori, prevalentemente
giovani diplomati negli istituti tecnici locali e laureati nell’Università di Catania e in parte anche in altre
università meridionali. Cresce molto la STM e crescono tanto anche l’occupazione e le attività indotte, sia
manifatturiere che di servizi. Arrivano e investono a Catania numerose imprese multinazionali, Nokia,
Magneti Marelli, IBM e altre. L’arresto della crescita si verifica negli anni dopo il 2006. Per il
cambiamento dello scenario globale che implica la perdita di quote mercato dell’Europa a scapito del
paesi asiatici; per la grande crisi del 2008 e 2009 che deprime la domanda rivolta all’”industria delle
industrie”; per la crisi di leadership con l’uscita di scena dell’ingegnere Pistorio; per il fallimento del
progetto del Modulo M6 destinato alla produzione di memorie flash di 12 pollici, seppur sostenuto da un
apposito Contratto di programma con notevoli risorse finanziarie pubbliche. Questo fallimento comporta,
nel 2007, la cessione da parte della STM del ramo d’azienda delle memorie e del relativo personale, circa
550 dipendenti, alla Flash Memories Group a cui subentrerà nell’anno successivo la Numonyx, una
nuova società costituita da STM, Intel e Francisco Partners. La Numonyx, che non diventa mai operativa,
nel 2010 cede il pacchetto proprietario, parte dello stabilimento e 350 dipendenti a Micron Techology,
azienda americana leader nel settore delle memorie, che avvia un laboratorio di design, di analisi e di
misura. Sempre nel 2010, per utilizzare una parte delle agevolazioni previste dal Contratto di programma
a supporto del progetto Modulo M6, STM, Enel Green Power e Sharp danno vita alla 3Sun, un’impresa
per la produzione di moduli fotovoltaici a film sottile con circa 300 dipendenti.
L’impianto apripista del distretto elettronico aquilano, Marconi Italiana, negli anni sessanta e settanta
subisce vari passaggi proprietari (Ates, Sit-Siemens, Italtel) e la riconversione produttiva dalle valvole
termoioniche alle apparecchiature elettromeccaniche per la telefonia. La crisi di competitività e
tecnologica negli anni ottanta, indotta dal passaggio dall’elettromeccanica all’elettronica, determina
ristrutturazioni e ridimensionamenti occupazionali, mentre le privatizzazioni del decennio successivo e il
venir meno del sostegno privilegiato della domanda pubblica favoriscono l’ingresso di partner stranieri –
Siemens subentrata all’Italtel nel 1999 e successivamente Flextronics – interessati però più ad acquisire
quote di mercato che alle capacità produttive. Negli più recenti, segnati dall’aggravamento della crisi e da
politiche marcatamente “difensive”, entra in scena il gruppo industriale privato italiano Finmek Solutions
che tuttavia fallisce nel 2004. Tre delle principali imprese che restano nel polo aquilano (Thales Alenia
Space, Selex Elsag e Technolabs), sono in qualche modo riconducibili alla storia del grande stabilimento
Italtel. Si tratta di imprese che, con denominazioni e assetti proprietari diversi, sono nate da processi di
scorporo e cessione di attività precedentemente svolte da Italtel o comunque ne hanno assorbito una parte
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dei lavoratori. Le prime due riflettono in qualche modo il passaggio delle partecipazioni statali da una
presenza non più sostenibile nella manifattura di componenti elettronici (Italtel) a produzioni più
specializzate e qualificate nel campo della difesa e dello spazio (Finmeccanica). Nell’altro polo
elettronico di Avezzano la trasformazione rilevante avviene nel 1998, quando la Micron Technology
acquista la divisione memorie e lo stabilimento abruzzese della Texas Instruments, avviato alla fine degli
anni ottanta.
Il distretto ICT cagliaritano è inizialmente centrato unicamente su Tiscali, che nasce nel 1998 come
impresa di telefonia e l’anno successivo, a seguito della liberalizzazione del mercato delle
telecomunicazioni, si afferma come il primo operatore a promuovere il free Internet in Italia,
contribuendo alla diffusione di massa di Internet nel nostro paese. Fino ai primi anni duemila Tiscali
cresce molto nel mercato internazionale delle telecomunicazioni, mentre al suo contorno nascono diverse
altre imprese locali attive soprattutto nei servizi informazione e comunicazione. Negli anni successivi
Tiscali subisce la crisi della new economy ed è costretta a dismettere le controllate estere e a perseguire
severe ristrutturazioni, diventando un’impresa più piccola, concentrata sul mercato nazionale ma orientata
a riposizionarsi sull'offerta di servizi innovativi ad alto valore aggiunto per la comunicazione digitale
integrata. Nell’ultimo decennio entrano in scena nuovi attori imprenditoriali, molti piccoli, specializzati
prevalentemente nel software applicativo o in tecnologie innovative per le telecomunicazioni tra cui
spicca Abbeynet, mentre un' impresa di medie dimensioni, Akhela, si afferma in mercati emergenti anche
grazie alla qualificazione delle sue risorse umane. La prima nasce a Cagliari nel 2000 per iniziativa
dell’imprenditore sardo Gianluca Dettori come impresa di telecomunicazioni con 15 dipendenti legata
soprattutto alle commesse Telecom. Negli anni seguenti, con la crisi del settore delle telecomunicazioni e
il blocco delle commesse Telecom, l’impresa sviluppa prodotti tecnologici propri nel campo della
telefonia VoIp, la tecnologia che permette di telefonare via Internet. Akhela nasce nel 2004 e diventa la
good company in cui si fanno confluire le aziende del fallito progetto Città dell'innovazione del gruppo
Saras Moratti. Si specializza nella produzione di sistemi e servizi informatici per la gestione di
infrastrutture complesse e la sicurezza di impianti industriali e in sistemi multimediali, arrivando ad
occupare circa 200 dipendenti, di cui metà ingegneri laureatisi nell’Ateneo cagliaritano. Nel marzo 2012
è acquisita dalla multinazionale italiana Solgenia (ex Olivetti), leader nel mercato delle soluzioni e servizi
applicativi nell’area della gestione aziendale.
Nel distretto della meccatronica barese, gli iniziali investimenti Fiat dei primi anni settanta rappresentano
la principale condizione localizzativa per l’arrivo di altri gruppi industriali nazionali e stranieri, prima tra
tutti la Bosch. Molto interessante è la vicenda della multinazionale tedesca. Nel 1994 acquista i diritti per
l’industrializzazione dell’innovativo sistema Common Rail, sviluppato da ricercatori baresi nel centro di
ricerca Fiat Elasis di Modugno (e che avrà un colossale successo di mercato), e crea la Tecnologie Diesel
Italia in joint venture con Magneti Marelli. Due anni dopo acquista la Allied Signal, tra cui lo
stabilimento di Bari (sistemi frenanti); pochi anni dopo, attraverso la sottoscrizione di un Contratto di
programma, realizza due nuovi investimenti industriali e un progetto di ricerca nel campo dell’evoluzione
dei sistemi frenanti. A metà anni novanta risale l’investimento di un’altra multinazionale tedesca, il
Gruppo Getrag, impegnata nella produzione di un nuovo cambio manuale a cinque marce. La Getrag
decide di localizzarsi nel nostro paese, in particolare nel barese, per gli incentivi pubblici, per la
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tradizione meccanica locale, per la qualità e il basso costo della manodopera e per la presenza di altre
imprese multinazionali.
Il distretto aerospaziale campano è caratterizzato una sistematica evoluzione degli assetti proprietari e
produttivi. In particolare, il susseguirsi di fusioni e accordi di produzione è determinato soprattutto dalla
necessità di far conseguire agli impianti elevati assetti dimensionali e tecnologici, indispensabili per poter
giocare un ruolo importante in un settore sempre più globale e dominato da pochi grandi player. Lo
stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano avviato nel 1939 per la produzione di motori Alfa AR 115, con
l’impiego di 6.700 addetti, può essere considerato l’effettivo investimento start up del distretto. Distrutto
dai tedeschi sul finire della seconda guerra mondiale viene ricostruito dall’IRI-Finmeccanica che nel
1948 vi insedia due imprese, la Aerfer - Officine di Pomigliano per le Costruzioni Aeronautiche e
Ferroviarie e l’Alfa Romeo. Dopo poco più di venti anni, nel 1969, l’Aefer si fonde con Fiat Aviazione e
Filotecnica Salmoiraghi del gruppo Finmeccanica per dare vita all’Aeritalia per la produzione dapprima
dei pannelli del DC e poi del DC10 con circa 3.000 dipendenti iniziali che, nel giro di pochi anni,
diventano oltre 7.500. Tredici anni dopo, nel 1982, l’Aeritalia realizza una joint venture con la francese
Aerospatiale di Tolosa per la produzione del primo modello di velivolo regionale, l’ATR. Otto ani dopo,
nel 1990, l’Aeritalia si fonda con la Selenia e nasce l’Alenia, un grande gruppo con 30.000 dipendenti. E’
in questo periodo che nello stabilimento di Alenia di Nola comincia la stagione della produzione di
aerostrutture in subfornitura per Airbus e Boeing, i due più grandi committenti globali. Cambi societari
interessano anche la produzione di motori, seppure con minore intensità a ragione della più modesta
consistenza e della più contenuta complessità organizzativa e tecnologica del comparto. L’iniziale
stabilimento Alfa Romeo passa prima all’Alfa Avio, poi alla Fiat Avio e infine all’Avio, che costituisce
oggi la principale attività motoristica aeronautica del distretto.
Meno fluida è l’evoluzione del distretto aerospaziale pugliese. La Società Anonima Costruzioni Aerei
(SACA), l’azienda pioniera del distretto nata nel 1934 ad opera dell’avvocato Marcello Indraccolo, resta
in vita per più di 40 anni, arrivando a contare oltre 3.000 dipendenti impegnati nella produzione di
aereostrutture e di motori. Sulle sue ceneri, nel 1977 nasce l’impianto Agusta per la produzione dei
componenti dell’ala rotante e nel 1979 quello Fiat Aviazione, in seguito Avio, per la costruzione e
manutenzione di motori. Nei primi anni settanta s’era già insediata l’Alenia con uno stabilimento a
Foggia dedito alla produzione di parti strutturali di aeromobili in materiale composito. Successivamente,
l’Alenia acquisisce lo stabilimento delle “Officine Aeronavali di Venezia” di attività di manutenzione di
velivoli ad ala fissa con i relativi hangar ubicati all’interno del sedime aeroportuale. Più di recente, negli
anni novanta, l’Alenia, il principale player attuale, avvia un altro grande stabilimento a Grottaglie
specializzato nella realizzazione di sezioni di fusoliera per il nuovo velivolo B787 della Boeing. La
presenza di questi grandi attori industriali induce la nascita e lo sviluppo di un discreto numero di piccole
e medie imprese di subfornitura, sovente fondate da ex dipendenti. L’impresa principale del settore
spazio è, invece, la Space Software Italia (SSI), insediatasi a Taranto sul finire degli anni ottanta a seguito
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di una joint venture tra Aeritalia e Computer Sciences Corporation, specializzata in sistemi software
spaziali e real-time integrati e, più di recente, in software basati su sistemi swarm intelligence.
4. I meccanismi di sviluppo
I principali meccanismi di sviluppo di queste aree sono tre: la crescita del capitale umano e il
rafforzarsi delle attività di ricerca; i rapporti fra le grandi imprese e attività indotte; l’azione
delle politiche pubbliche, dirette e indirette. Vediamoli in quest’ordine.
Contano moltissimo capitale umano e ricerca. L’elemento più importante nell’evoluzione
delle sei aree analizzate è il ruolo della formazione tecnica e terziaria, della ricerca applicata e
delle reti tra industria e università-centri di ricerca. Un asset fondamentale della nascita e
dello sviluppo dei distretti è la qualità del capitale umano specifico. Ingegneri, informatici e
tecnici intermedi sono le figure chiave nelle catene del valore e nei processi innovativi
aziendali. Le università hanno svolto e svolgono un ruolo cruciale, fornendo alle imprese dei
distretti giovani laureati di buona qualità. Flussi persistenti di capitale umano di qualità a
costo relativamente limitato assecondano lo sviluppo delle imprese e la loro persistenza.
Contano molto la permeabilità e le capacità di adattamento delle università locali, in special
modo delle facoltà di ingegneria e di scienze, alla domanda del sistema produttivo. Contano
molto anche le capacità di dialogo e le sinergie strette tra mondo produttivo e mondo della
formazione e della ricerca, sotto forma di tirocini formativi pre e post-laurea, l’impegno
diretto delle imprese nelle attività didattiche, di servizi di placement post-laurea, di ideazione
e sviluppo di progetti congiunti di ricerca applicata. Importantissimi sono anche le relazioni
dirette tra singoli docenti e ricercatori con dirigenti e tecnici aziendali. Ovunque, si nota
nettissima una doppia influenza: da un lato, gli investimenti si dirigono nelle aree dove è
possibile fare abbondante ricorso a risorse umane qualificate; dall’altro, la presenza di nuovi
impianti innovativi accentua gli orientamenti delle università locali verso la formazione
tecnico-scientifica e verso le discipline più direttamente legate alle specializzazione delle
industrie. Nascono nuovi corsi laurea, nuovi insegnamenti, nuovi dottorati e master in
ingegneria elettronica, delle comunicazioni, informatica, in scienze dell’informazione.
La localizzazione di una nuova grande impresa esercita uno straordinario effetto di
segnalazione per il mercato del lavoro locale. Migliaia di giovani meridionali, rompendo con
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la
tradizione,
imboccano
canali
formativi
tecnico-scientifici
impensabili
prima
dell’insediamento della grande fabbrica. Moltissimi giovani ingegneri, informatici e tecnici
trovano occupazione in queste imprese e possono quindi continuare a vivere e produrre nei
propri luoghi. Diversi, col tempo, diventano essi stessi imprenditori, come subfornitori degli
impianti di provenienza o in altre attività. Nascita, sviluppo e potenzialità future dei distretti
tecnologici dipendono molto dalla disponibilità di prossimità di centri di ricerca eccellenti e
dall’intensità degli scambi di conoscenza tra imprese e mondo della ricerca.
Importante è la presenza di centri di ricerca e di reti di università in grado di sostenere le
dinamiche evolutive delle imprese attraverso attività di ricerca industriale, di sperimentazione,
di trasferimento tecnologico e gestione delle innovazioni di processo e di prodotto. Rilevante
è pure la presenza di laboratori di ricerca interni alle imprese e di strutture specializzate
esterne ad imprese e università ma animati congiuntamente da imprese, università e altri
istituzioni di ricerca. Sono strutture che si reggono sulla domanda di innovazione delle
imprese ma che a loro volta alimentano l’innovazione aziendale, senza un prima e un dopo
ma lungo una traiettoria di coevoluzione. Altrettanto importante, soprattutto per gli impianti
locali di proprietà di imprese multinazionali, è l’integrazione nei circuiti globali della ricerca
dove team eccellenti di ricercatori realizzano le applicazioni scientifiche più rarefatte e
sofisticate.
La disponibilità di capitale umano specifico è un punto di forza del distretto dell’elettronica catanese. Il
progressivo consolidamento dell’Etna Valley ha incoraggiato l’espansione dell’Ateneo catanese verso la
formazione in materie scientifiche, in primo luogo ingegneria elettronica, fisica e informatica. Due
ricercatori-docenti su tre dell’Università di Catania afferiscono a discipline tecnico-scientifiche; per tutti
gli anni del primo decennio del duemila gli iscritti ad ingegneria e a scienze crescono molto più
rapidamente degli immatricoli e ogni anno si laureano più di 1.000 ingegneri; la maggior parte dei dottori
di ricerca e dei laureati in discipline scientifiche svolge stage o tesi di laurea in imprese del sistema
produttivo locale, innanzitutto alla STM, con buone prospettive di assunzione. Molto intense sono le
relazioni collaborative tra il mondo delle imprese e il mondo della ricerca. Molte collaborazioni informali
tra singoli ricercatori o dipartimenti e singole imprese e, con passare del tempo, molte collaborazioni
formalizzate tra istituzioni di ricerca e imprese, crescenti progetti di ricerca congiunti. Negli anni ottanta,
Università, CNR e imprese danno vita al Consorzio per la Ricerca sulla Microelettronica nel Mezzogiorno
(Co.Ri.M.Me.) e al Consorzio Catania Ricerche nonché a due laboratori di ricerca pubblici, Superlal e
Imitem, all’interno di STM. Un ruolo centrale è giocato dall’Istituto per la microelettronica e i
microsistemi (IMM) del CNR, non solo per la qualità delle ricerche realizzate nel campo delle proprietà
dei materiali a livello atomico e del trasferimento tecnologico, ma anche per lo scambio di personale che
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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facilita il matching tra esigenze delle aziende e organizzazione della ricerca, tra fabbisogni industriali e
prototipizzazione di applicazioni di nuovi materiali. L’eccellenza dell’IMM è sostenuta da cospicui
finanziamenti pubblici e privati, 10 milioni di euro nell’ultimo decennio, che consentono
l’ammodernamento continuo della strumentazione di ricerca. Negli ultimi anni però, con le difficoltà della
STM, le collaborazioni diventano più problematiche, l’Università perde colpi. Si riducono fortemente gli
iscritti ad ingegneria, perfino in forme più drastiche del contemporaneo ridimensionamento delle
iscrizioni all’Ateneo. E’ più difficile da parte delle imprese stabilire convenzioni per stage e tirocini con
l’Università. In generale, l’Università inizia un progressivo disimpegno nelle relazioni con le imprese e
verso la cosiddetta “terza funzione” degli atenei. Si accresce così lo scollamento istituzionale tra i due
mondi e tra istituzioni della ricerca, e le collaborazioni si fanno più frammentate.
In Abruzzo, nei primi anni duemila, le facoltà di ingegneria e di scienze arrivano a laureare in discipline
ICT tra il 50 e il 60% dei laureati totali in discipline tecnico-scientifiche e, ancora oggi, nonostante il forte
ridimensionamento quantitativo del distretto, circa 10 laureati su 100 sono informatici e ingegneri
elettronici. La cooperazione imprese-università si concretizza nell’avvio di nuovi laboratori di ricerca
comuni, come quello in corso di realizzazione tra la Thales Alenia Space e il Centro di ricerche elettroottiche (CREO) dell’Università dell’Aquila, e in iniziative di formazione specialistica come la Space
Academy Foundation. La collaborazione con le imprese ha implicato anche la valorizzazione di attività di
ricerca svolte autonomamente dall’Ateneo aquilano, come quelle del “centro di eccellenza” di Design
Methodologies for Embedded Controllers, Wireless Interconnect and Sistem-on-Chip (DEWS),
focalizzato sulle applicazioni sociali dell’elettronica avanzata, in campo ambientale, sanitario e
alimentare. Va inoltre segnalata la recente istituzione del Gran Sasso Science Institute, una scuola di
dottorato internazionale gestita dall’INFN indirizzata alla formazione e alla ricerca nelle scienze di base e
alle tematiche relative all’intermediazione tra ricerca e impresa. All’origine del rapporto molto stretto tra
l’Università aquilana e le imprese del distretto ICT c’è la Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli,
avviata nel 1972 dalla STET e divenuta famosa come uno più qualificati centri europei di formazione e
innovazione nel campo dell’ICT. La Scuola ha avuto un ruolo importante tanto nell’orientare l’Ateneo
verso la formazione nei settori innovativi dell’informatica e dell’elettronica quanto nel favorire gli scambi
tra imprese e ricercatori.
L’università è molto importante anche per lo sviluppo del distretto cagliaritano dell’ITC. Soprattutto per
la formazione di ingegneri e, in misura minore, di informatici. Nell’ultimo quinquennio cresce il numero
dei laureati in ingegneria provenienti dai corsi di laurea più prossimi agli sbocchi occupazionali ICT
(ingegneria dell'informazione, elettronica e delle telecomunicazioni) che passano da una media di 111
laureati all’anno nel periodo 2002-2005 a 128 negli anni successivi; al contrario si riduce il numero di
laureati in informatica (in media, solo 14 all’anno negli anni più recenti a fronte dei 34 dei primi anni
duemila). Il dipartimento più coinvolto nelle attività del distretto è quello di Ingegneria elettrica ed
elettronica (DIEE), soprattutto per le attività formative, stage e tirocini di laureandi e laureati in imprese
locali, visite d’istruzione degli studenti presso i grandi player ICT globali (Apple, Google, Cisco, HP,
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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IBM, T&T, Microsoft) e la partecipazione attiva alle attività didattiche da parte di tecnici e manager delle
imprese locali. Il DIEE è molto attivo anche in attività congiunte di ricerca e sperimentazione di prodotti
innovativi. Meno rilevante è la presenza dell’Università in quanto tale; nonostante la ricchezza di
strumenti a disposizione (spin off, Laison Office, Centro di competenze) sembra prevalere una gestione
burocratico-amministrativa con scarsi effetti in termini di innovazione e trasferimento tecnologico alle
imprese. Il CRS4, che pure ha svolto un ruolo determinante nella fase nascente del distretto come volano
scientifico e tecnologico delle imprese pioniere e come palestra formativa di altre nate più recentemente,
ha serie difficoltà a collegarsi organicamente con le imprese locali e ad operare perché i prodotti di ricerca
si trasformino in progetti industriali. Problema, questo, che il Parco scientifico e tecnologico Polaris, dove
il CRS4 è ospitato, ha tentato di affrontare – senza esiti finora finora apprezzabili - con l'avvio di 9
laboratori in campi rilevanti dell'ICT del futuro, gestiti congiuntamente da ricercatori (del CRS4 e
dell'Università) e imprese.
Nel distretto aereospaziale pugliese circa il 10% degli occupati è costituito da ingegneri e tecnici ad
elevata specializzazione e altrettanti sono gli occupati diretti in attività di R&S. Le imprese beneficiano
dell’offerta eccellente delle facoltà di ingegneria e scienze del Politecnico e dell’Università di Bari e
dell’Università del Salento. Il sistema universitario regionale laurea in media più di 1.500 ingegneri
all’anno e più di 1.300 laureati in scienze matematiche, fisiche e naturali. Il distretto assorbe soprattutto
ingegneri meccanici, elettronici, gestionali, ma anche fisici, chimici, informatici e tecnici specializzati.
Molto importante, per le produzioni dell’area, è il ruolo dei tecnici diplomati. Dal 2012 l’ITS Aerospazio
Fermi di Francavilla, d’intesa con le imprese del distretto, ha iniziato la formazione di 25 tecnici a
supporto della produzione aeronautica: 2.000 ore di formazione, di cui la metà erogata da docenti esterni
provenienti dal mondo delle imprese, per lo più Finmeccanica, e 600 ore di stage in azienda destinate a
diplomati delle province di Brindisi, Lecce e Taranto. Dense sono le relazioni di ricerca tra università e
imprese, soprattutto con quelle più grandi; coinvolgono direttamente circa 500 ricercatori e 400 addetti in
attività in R&S. In particolare, nel distretto si sono consolidate competenze scientifiche e industriali
considerevoli nella filiera dei materiali compositi (ricerca, test, prototipizzazione, produzione, riciclaggio)
importanti per le imprese aeronautiche ma di potenziale utilizzo in altri settori industriali.
Intorno alle imprese campane dell’aereospazio è cresciuta nel tempo una ricca e articolata trama di
infrastrutture formative e centri di ricerca, pubblici e privati. Nel sistema universitario sono attivi ben 19
corsi di laurea in ingegneria (elettronica, meccanica, automazione, logistica e altri) che forniscono alle
imprese core e a quelle meccaniche ed elettroniche del distretto abbondanza di capitale umano
adeguatamente formato. Negli ultimi anni, inoltre, sono state avviate in collaborazione da Itis, Università
e imprese grandi e medie anche diverse iniziative rivolte a formare figure tecniche intermedie, come
quelle di disegnatore progettista strutturale aeronautico, di tecnico della produzione aeronautica e di
tecnico superiore per disegno e progettazione industriale. Molte e variegate sono le reti tra università e
altre istituzioni di ricerca e imprese leader per sviluppare e sperimentare progetti innovativi, come nel
caso del CIRA (Centro Italiano di Ricerca Aerospaziale), un centro di ricerca pubblico-privato, a cui
collabora tra l’altro la Tecnam per la realizzazione di una macchina che possa volare in assenza del pilota,
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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e dell’IMAST (Distretto Tecnologico sull’Ingegneria dei Materiali Polimerici e Compositi e Strutture).
Diversi sono anche i laboratori e i centri promossi autonomamente da dipartimenti universitari, CNR e
singole imprese. L’attore rilevante è il Centro Ricerche Aerospaziali Italiano, che associa tutti i principali
centri di ricerca pubblici che hanno sede in Campania e alcune società private di ricerca.
Anche per il distretto delle meccatronica barese, la presenza di capitale umano qualificato è un sicuro
punto di forza. Il Politecnico di Bari laurea oltre 1.200 ingegneri all’anno, un numero più che doppio
rispetto ai primi anni duemila, di cui un quarto in ingegneria industriale. Ad un anno dal conseguimento
del titolo lavora il 43% dei laureati al Politecnico, un valore non molto lontano da quello registrato per i
laureati al Politecnico di Torino (49%), di cui più di uno su quattro nell’industria manifatturiera, l’11%
nel comparto meccanico. Nell’anno scolastico 2001-2012, nell’ITS Cuccovilo di Bari è partito l’”Istituto
tecnico superiore per la meccanica e la meccatronica” per la formazione biennale di tecnici superiori per
la produzione e di tecnici superiori di automazione integrata e meccatronica. Alla progettazione e alla
realizzazione dei corsi hanno contribuito ampiamente le imprese del settore, per cui è assai probabile
l’assorbimento dei nuovi tecnici nei cicli produttivi locali. Alquanto densa è la presenza di laboratori e
centri di ricerca orientati alle attività di ricerca nel campo della meccatronica. Spiccano, innanzitutto, i
Dipartimenti di ingegneria meccanica e gestionale, elettrotecnica ed elettronica, civile ed ambientale del
Politecnico di Bari, nei quali si concentrano competenze scientifiche e tecniche in aree cruciali della
meccatronica. Molti importanti sono pure le attività di ricerca realizzata nei sette Laboratori direttamente
collegati alle problematiche della meccatronica del Dipartimento Interateneo di Fisica tra Università e
Politecnico di Bari, nonché quelle realizzate nel Dipartimento di ingegneria dell’innovazione
dell’Università del Salento e negli Istituti del CNR di tecnologie industriali e automazione, sui Sistemi
intelligenti per l’automazione e di Microelettronica e microsistemi.
Grande impresa e indotto. La grande impresa dei distretti è spesso un catalizzatore di nuove
imprese esterne e di nuove piccole imprese locali. Sovente, grandi imprese favoriscono una
molteplicità di medie e piccole imprese locali focalizzate sui circuiti e gli spazi di mercato
della subfornitura di componenti, subsistemi complessi e servizi specifici e generali; altre
volte su competenze di processo legate alla costruzione e manutenzione degli impianti.
Alcune imprese locali di medie dimensioni nate come subfornitrici di parti o componenti di
una grande industria con il passare degli anni riescono a conseguire livelli tecnologici e
organizzativi tali da diventare fornitrici di più stabilimenti, anche esteri, e talvolta a
trasformarsi in imprese finali. In questi casi, si attivano nuovi spazi di subfornitura di secondo
e terzo livello per nuove imprese locali, replicando così i processi diffusivi di
imprenditorialità tipici delle grandi imprese.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Tuttavia, la grande impresa esogena in diversi casi non favorisce la nascita di nuove imprese
locali di subfornitura. Perché gli stabilimenti sono verticalmente integrati, oppure perché
strettamente integrati nelle reti lunghe di subfornitura internazionale o in quelle esclusive del
gruppo di appartenenza; oppure perché sono troppo alte le barriere tecnologiche per le
capacità
locali,
anche
nei
segmenti
della
produzione
di
singoli
componenti.
Complessivamente modesti sono i legami delle imprese dei distretti con imprese high-tech del
Nord; più intensi sono invece i collegamenti con altre aziende estere localizzate nel distretto e
con imprese localizzate in altri parti del mondo.
A Catania, la crescita dimensionale, l’ammodernamento e la diversificazione della STM nel corso del
tempo ha determinato nuove esternalità che hanno consentito il rafforzamento dei fornitori locali di
attrezzature, gas e fluidi ultra puri, prodotti chimici e l’avvio di nuove imprese in grado di sfruttare le
opportunità emergenti. Alla fine degli anni novanta ben 23 filiali di multinazionali e oltre 200 fornitori
locali sono ubicati nei pressi o dentro lo stabilimento STM. Imprese, nuove e preesistenti, molto
eterogenee tra loro per dimensioni e attività, ma accomunate dall’essere coinvolte, direttamente o
indirettamente, nella rete generata dal big player. La presenza di STM in sè rappresenta inoltre
un’importante economia di localizzazione per altre imprese esterne, in primo luogo Nokia e IBM e, da
ultimo, Micron, ma anche per la nascita di nuove iniziative imprenditoriali nella produzione di beni e
servizi high tech non direttamente legate ad essa ma che possono sfruttare le favorevoli condizioni di
contesto.
Molto sviluppate sono le relazioni produttive nell’aereospaziale campano. Il nucleo di imprese core,
mediamente più grandi e prime contractor a livello globale, è intimamente interconnesso, secondo una
logica di prime partner, con numerose e vitali aziende locali di medie dimensioni specializzate nella
produzione di parti, componenti o interi gruppi funzionali. Diverse di queste ultime hanno raggiunto
livelli tecnologici tali da diventare partner di riferimento diretto dei principali assemblatori aeronautici
mondiali. Ciò determina nuove opportunità di subfornitura per le imprese locali e per la diffusione nel
distretto di nuovi processi di upgrading progettuali e tecnologici. Le imprese core e le prime partner
inoltre praticano dense collaborazioni funzionali con numerose piccole aziende campane di subfornitura
di terzo livello che, nonostante lavorino su disegni e specifiche dei committenti, presentano elevate
capacità tecniche.
Più problematica la crescita di piccole e medie imprese locali indotte dalle grandi imprese del distretto
meccatronico barese. L’elevato livello tecnologico delle imprese leader e il loro inserimento in catene del
valore internazionale non ha consentito lo sviluppo di imprese subfornitrici di componenti di qualità,
anche se nel segmento dell’automazione alcune imprese locali sono riuscite a stabilire connessioni
produttive con i grandi stabilimenti di proprietà delle multinazionali. Col tempo si sono affermate diverse
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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imprese locali a “media tecnologia” nel campo dell’automazione industriale, dei macchinari oleodinamici
da perforazione, dei dispositivi di controllo delle reti ferroviarie, cioè in comparti ad elevata
specializzazione sebbene non della componentistica auto.
Modeste sono anche le connessioni tra le imprese del distretto ICT di Cagliari. Tiscali, nel suo primo
quinquennio di leader europeo nel settore delle telecomunicazioni, ha impatti rilevanti sul mercato locale
del capitale umano qualificato e, indirettamente, sul contesto sociale e culturale, ma non svolge un ruolo
trainante per le piccole imprese e nella creazione di un indotto locale. Con la sua recente riconversione incentrata sull'offerta di servizi ad alto valore aggiunto per la comunicazione digitale integrata - da un lato
e la crescente specializzazione nel campo del software delle imprese innovative locali dall'altro, sembrano
crearsi ora le condizioni per una maggiore collaborazione della grande impresa con i fornitori locali,
anche se le relazioni sono ancora limitate ad alcuni contratti di fornitura. Più sviluppate sono le
interconnessioni tra le imprese innovative di più piccola dimensione, il networking è molto diffuso anche
se spesso in forme implicite e non codificate e più raramente sotto forma di fornitura di servizi e di
coproduzione.
Nel distretto abruzzese, ad eccezione dei servizi generali e di qualche sparuta produzione di nicchia, le
grandi imprese a controllo esterno si approvvigionano di input intermedi e collocano i loro output
pressoché unicamente in circuiti internazionali, soprattutto nelle reti interaziendali interne ai gruppi
multinazionali. Si configura così un modello di internazionalizzazione duale: grandi imprese proiettate sui
mercati internazionali e piccole imprese locali confinate negli spazi dei mercati locali.
Abbastanza rigide e stabili sono le relazioni di subfornitura tra grandi e piccole imprese del distretto
aerospaziale pugliese. La particolare complessità tecnologica della produzione spinge a rapporti di
fornitura dominati dai committenti, che impongono ai fornitori stringenti specifiche tecniche.
Contano molto le agevolazioni pubbliche. Per la nascita e lo sviluppo dei distretti sono
determinanti le politiche pubbliche, dirette e indirette. Questo non è sorprendente, con
investimenti connotati da grandi dimensioni, massa critica di conoscenze rare, elevate
capacità innovative, standard competitivi globali, ampio riferimento a capitale umano
qualificato. Gli ingenti investimenti realizzati da imprese a partecipazione statale e da gruppi
industriali misti pubblico-privato incidono in modo diretto e cruciale nell’avvio dei distretti
tecnologici del Mezzogiorno. Meno rilevante è il peso e l’influenza diretta nelle fasi
successive di trasformazione ed evoluzione dei sistemi produttivi locali.
L’intervento pubblico è altrettanto decisivo indirettamente. Grande importanza hanno giocato
gli incentivi finanziari erogati a sostegno degli investimenti e, in particolare, la contrattazione
programmata tra Stato e grandi gruppi industriali. L’avvio di nuovi impianti produttivi nei
distretti è stato sostenuto da rilevanti agevolazioni pubbliche sotto forma di incentivi in conto
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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capitale e in conto interesse per le immobilizzazioni tecniche, di sostegno economico della
formazione professionale dei dipendenti, di opere infrastrutturali pubbliche dedicate, di
contributi finanziari a programmi di ricerca applicata tarati sui fabbisogni specifici delle
nuove produzioni.
Nel 1952, il primo insediamento elettronico abruzzese, quello della Marconi Italiana, usufruisce di
importanti contributi finanziari da parte dell’Isveimer, l’Istituto di credito per lo sviluppo economico
dell’Italia meridionale fondato dal Banco di Napoli nel 1938 e partecipato dal ministero del Tesoro.
Trentacinque anni dopo, la nascita dell’altro polo elettronico abruzzese avviene ad opera del gruppo
statunitense Texas Instruments che realizza ad Avezzano il più grande stabilimento fuori dagli Usa di
semiconduttori e chip di memoria, le materie-base dei computer, investendo circa 1.000 miliardi di lire, di
cui quasi 600 a carico dello Stato erogati nell’ambito di uno specifico Contratto di programma.
Decisivi sono i finanziamenti pubblici nello sviluppo della STM nel distretto catanese. Grazie al Contratto
di programma del 1996 lo stabilimento, che sino ad allora era dedito al mero assemblaggio di componenti
a basso valore aggiunto, si trasforma in un sito di produzione ad alto contenuto tecnologico e di ricerca
strategica per l’intero gruppo. Determinate è pure il finanziamento sotto forma di credito d’imposta
concesso nel 2001 alla STM per la realizzazione di un nuovo investimento per la produzione di memorie
a 12 pollici (modulo M6), così come del successivo Contratto di programma del 2006, anche se il
progetto di modulo M6 verrà drasticamente ridimensionato.
L’insediamento di diverse imprese esterne nel distretto della meccatronica barese è stato accompagnato e
sostenuto da notevoli risorse finanziarie pubbliche, nazionali e regionali. La multinazionale tedesca
Getrag a fronte di un investimento industriale di circa 188 milioni di euro, nel 1996 sottoscrive con il
Ministero delle attività produttive e la Regione Puglia uno specifico Contratto di programma che prevede
l’erogazione di 117 milioni sotto forma di contributo in conto capitale. Successivamente, nel 2005, stipula
un altro Contratto con la Regione Puglia ricevendo 17 milioni di euro, 12,6 per un nuovo investimento
industriale e i rimanenti 4,6 milioni per investimenti in R&S, a fronte di un investimento complessivo di
poco più di 37 milioni. Anche la Magneti Marelli usufruisce di risorse pubbliche regionali nell’ambito di
due Contratti per un importo complessivo pari a poco meno di 40 milioni di euro. Nel 2002, la Bosch
stipula un Contratto di programma con il Ministero delle attività produttive per realizzare un programma
di investimenti e ricerca di 198 milioni di euro nei sistemi di alimentazione dei motori diesel ottenendo
circa 91 milioni di euro sotto forma di agevolazioni pubbliche. Nel 2007, invece, sottoscrive due Contratti
di localizzazione, ricevendo oltre 26 milioni di lire sotto forma di incentivi a copertura di un investimento
di 117 milioni. Nell’ambito del POR Puglia 2000-2006, quattro imprese del Consorzio Sud Space
ottengono circa 2,5 milioni di euro a fronte di poco più di 4 milioni di investimenti industriali e 2,1
milioni a sostegno di 3,3 milioni di investimenti in ricerca. Diverse imprese e centri di ricerca aziendali e
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accademici hanno inoltre beneficiato di risorse pubbliche nell’ambito del PON Ricerca e Competitività
2007-2013.
I contributi pubblici sono determinanti anche nel distretto aerospaziale della Puglia. E’ il caso
dell’insediamento dell’Alenia nel nuovo grande stabilimento di Grottaglie; poi, nel solo triennio 20092011 sono stati finanziati ben 7 Contratti di programma e 1 Piano integrato di agevolazione: circa 80
milioni di euro di agevolazioni pubbliche a fronte di 270 milioni di investimenti rivolti ad avviare nuove
produzioni o migliorare e diversificare produzioni preesistenti proposti da Alenia, Agusta Westland,
Avio, Space Software Italia, Costruzione Motori Diesel e da un Consorzio di piccole e medie imprese.
Altre risorse pubbliche significative di provenienza regionale sono state erogate a sostegno dei processi di
innovazione e di internazionalizzazione di diverse imprese del distretto, singole e associate.
Nel distretto ICT di Cagliari gli investimenti high tech di Tiscali non beneficiano di incentivi finanziari
ma si avvalgono del know how e delle capacità tecniche sedimentate nel contesto locale grazie al centro
di ricerca pubblico CSR4, collegato al CERM, l'istituto di ricerca svizzero dove è nato il web. Il CSR4,
avviato a Cagliari nel 1991 sotto la presidenza del Nobel Carlo Rubbia, diventa subito uno dei più grandi
centri di calcolo nazionali, si focalizza su web e simulazione diventando un’istituzione attrattiva per
giovani sardi laureati in informatica, soprattutto nell’Università di Pisa, che contribuiranno alla
realizzazione del primo sito web italiano (www.csr4.it). Inoltre, sempre grazie alla collaborazione con il
CSR4, l’editore Niki Grauso fonda nel 1994 Video On Line (VOL) - dopo aver sperimentato la
pubblicazione on line, uno dei primi al mondo, del quotidiano locale L’Unione Sarda - che nell’anno
successivo, a seguito di una massiccia campagna pubblicitaria, diffonde l'accesso ad Internet con circa
15.000 abbonati, il 30% degli utenti italiani dell’epoca. Quando, nel 1998, Tiscali, si affaccia sul mercato
delle telecomunicazioni può dunque giovarsi delle migliori competenze accumulate nel CSR4 e di quelle
transitate in Video On Line che, dopo la sua crisi e fusione in Telecom nel 1996, trasmigrano in gran
parte nella nuova impresa.
Nello sviluppo di alcuni distretti contano molto anche le commesse pubbliche. Come nel caso
delle apparecchiature elettromeccaniche per la telefonia prodotte nel distretto aquilano e
acquistate dalla Sip, per decenni monopolista pubblico, e delle produzioni dell’aviazione
militare campane e pugliesi, in larga parte dipendenti da commesse statali.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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5. I distretti oggi
Nonostante gli intensi cambiamenti negli assetti proprietari, nelle specializzazioni produttive,
nelle geometrie imprenditoriali, nelle tecnologie dominanti, i distretti tecnologici meridionali
mostrano oggi un’apprezzabile densità di imprese diversificate e un patrimonio di produzioni,
competenze tecnologiche e quote di mercato di rilevante importanza per l’intero paese.
Il distretto catanese dell’elettronica. Il distretto si identifica con la STM. La multinazionale italofrancese, infatti, non solo è il sito industriale più grande del sistema locale, circa 5.000 addetti, l’80% di
quelli totali, dediti alla produzione di semiconduttori, ma è anche il centro gravitazionale di gran parte
dell’indotto, locale e non, produttivo e non. La STM inoltre è un’impresa performante del contesto socioistituzionale catanese, che influenza ampiamente i processi formativi e di ricerca universitari, le
prospettive occupazionali, la stessa identità urbana. Un’altra importante presenza è la Micron Techology
Inc., che arriva a Catania nel 2010 acquistando il ramo d’azienda “memorie” della Numonyx. Occupa 350
dipendenti, in gran parte laureati, impiegati in un laboratorio di analisi e misura dei sistemi di controllo di
processi produttivi di stabilimenti Micron diffusi nel mondo. Altra impresa giovane e rilevante è la 3Sun,
che nasce nel 2009 da una joint venture tra STM, Enel Green Power e Sharp nell’ambito delle vicende del
Contratto di programma per l’investimento nel modulo M6 e diventa operativa nel 2011 nella produzione
di pannelli fotovoltaici a film sottili. Occupa 285 lavoratori, di cui 37 ex dipendenti STM, e si stima che
altrettanti siano gli addetti nelle attività indotte locali. Meridionale Impianti è invece un’impresa più
antica, che nasce negli anni ottanta, e cresce molto sulla scia dell’evoluzione di STM come fornitore di
facilities per l’accesso ai servizi esterni, dall’acqua ai gas, dall’energia elettrica ai gas speciali, alle
saldature orbitali che utilizzano gas ultrapuri. Col passare degli anni, la Meridionale Impianti ha costruito
attorno a sé una piccola galassia di aziende in grado di fornire ogni tipo di attrezzatura, da quelle più
semplici, come l’allaccio alle reti di distribuzione, a quelle più complesse, come le camere bianche, e ha
accumulato al suo interno un bagaglio di professionalità e di know how in grado di offrire servizi
diversificati a stabilimenti sparsi in tutto il mondo. Nel frattempo, l’impresa ha aperto sedi in Francia,
Singapore e Marocco, arrivando ad occupare direttamente circa 400 dipendenti. Nell’orbita della STM e
delle imprese più grandi del distretto sono nate e si sono sviluppate nel corso del tempo alcune centinaia
di piccole e medie imprese locali, nei comparti della produzione di componenti elettronici, delle
telecomunicazioni, della produzione e dei servizi software e informatici.
Il distretto aereospaziale campano. Il distretto è uno dei principali poli aerospaziali italiani. Fattura oltre
2,1 miliardi di euro, circa un quarto del fatturato del settore in Italia, esporta 750 milioni di euro, quasi un
quinto dell’intero export settoriale nazionale, ed occupa circa 10.000 lavoratori, di cui 2.000 nell’indotto.
E’ composto da circa 30 imprese core, che progettano e realizzano componenti complessi per i grandi
gruppi multinazionali, e da un centinaio di piccole e medie aziende di subfornitura di primo, secondo e
terzo livello, localizzate in gran parte nell’area metropolitana napoletana e, in misura meno consistente,
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nell’area di Caserta e Benevento. Alle imprese core (Alenia Aeronautica, Alenia Aeronavali, Avio, Selex
Sistemi Integrati, Piaggio Aeroindustries, Agusta Westland, Carlo Gavazzi Space, Telespazio), quasi tutte
appartenenti al gruppo Finmeccanica, è funzionalmente legato un discreto nucleo di imprese di media
dimensione specializzate nella produzione di componenti o di interi gruppi funzionali (Magnaghi, Dema,
Oma Sud, CDM, Geven, Ompm, La Gatta) e un cospicuo numero di aziende di piccola dimensione, per lo
più officine meccaniche, che pur non lavorando in via esclusiva per il settore sono tuttavia caratterizzate
da elevati standard di qualità e precisione. L’impresa leader del comparto dell’aviazione civile e militare è
l’Alenia Aermacchi (Finmeccanica), che occupa circa 4.400 dipendenti negli stabilimenti di Pomigliano,
Nola, Casoria e Capodichino, specializzati nella progettazione e produzione di componenti strutturali per
aerei ed elicotteri. L’Alenia è coinvolta come prime contractor nell’assemblaggio, nello stabilimento di
Capodichino, della fusoliera dell’aereo tattico militare C27-J, e nel programma ATR per la produzione di
componenti strutturali nell’impianto di Pomigliano. Inoltre, è fornitore di primo livello di componenti
strutturali per Boeing e Airbus. Diverse sono le aziende che nell’”apprendistato” come subfornitrici
dell’Alenia sono riuscite a diventare fornitori diretti di subsistemi complessi dei grandi player
internazionali. Spicca tra queste la Dema, nata nel 1986, che accanto alla partnership con Alenia ha
saputo affiancare la collaborazione come fornitore di primo livello della Bombardier, arrivando a fatturare
52 milioni di euro e ad occupare 750 lavoratori nei due stabilimenti campani di Pomigliano e Somma
Vesuviana e quelli di Brindisi, Piacenza, Tunisi e Montreal. Altre medie imprese che sono riuscite a
diventare fornitori diretti dei grandi asemblatori internazionali sono la Magnaghi Aeronautica,
specializzata nella progettazione, sviluppo, realizzazione e certificazione di carrelli di atterraggio, la
Costruzione Motori Diesel, impegnata nella costruzione di motori per aeroplani, la Geven, specializzata
nella produzione di poltrone e interni per aerei che ha ottenuto commesse da Airbus e Boeing, la Foxbit,
che lavora nel campo dei sistemi avanzati di ingegneria aeronautica. Il comparto dell’aviazione generale,
composto da imprese di medie dimensioni che producono, assemblano e commercializzano, in prevalenza
per clienti esteri, aerei leggeri e ultraleggeri, è molto piccolo ma molto dinamico e con prospettive
incoraggianti di crescita futura. Tre sono le imprese leader del distretto: la Tecnam, un’impresa eccellente
dell’intero comparto aereonautico nazionale, con una flotta viaggiante di 3.200 velivoli nel mondo e una
capacità produttiva di circa 250 velivoli all’anno; la Vulcan Air, in grado di produrre un aereo bimotori a
pistoni al mese per clienti privati e la Oma Sud, nata da uno spin off da Alenia, produce lo Sky Car, un
veicolo particolarmente innovativo. Un’altra impresa innovativa è la K4A, impegnata nella produzione di
elicotteri leggeri ma non ancora in commercializzazione. La produzione di queste imprese leader ha
favorito la nascita di un indotto di alcune decine di piccole imprese locali di fornitura, molte di elevato
standard qualitativo e tecnico, tant’è che alcune stanno entrando nei circuiti della subfornitura di
componenti per l’Alenia. Di una certa rilevanza strategica è il comparto della manutenzione aeronautica e
della costruzione di parti di ricambio, caratterizzato dalla presenza di diverse imprese leader (OAN,
AtiTech, Avio e Magnaghi) e da un significativo gruppo di piccole imprese subfornitrici, che
complessivamente occupano intorno a 1.000 dipendenti specializzati e producono circa il 10% del
fatturato totale del distretto. Identico peso in termini di fatturato è coperto dal comparto spazio, animato
da un numero limitato di imprese medio-grandi (MARS-Telespazio, MBDA, Carlo Gavazzi Space e
Selex Sistemi Integrati), da un consorzio di piccole imprese (Antares) e da un nucleo ridotto di imprese
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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piccole ma innovative (Technosystem, Euro.Soft, Merlino Technology, ITS, Marotta AT, Geosystem),
specializzati nella produzione di servizi connessi alla progettazione e integrazione di mini/micro satelliti
e, in alcuni casi, anche alla realizzazione di piccoli satelliti.
Il distretto cagliaritano dell’ICT. Tiscali è ancora l’impresa leader del distretto e anche la più grande,
sebbene notevolmente ridimensionata rispetto ai primi anni duemila. Occupa circa 950 lavoratori (di cui il
35% laureati, prevalentemente in ingegneria ed informatica) e fattura poco più di 270 milioni di euro con
circa 720 mila clienti, di cui circa 572 mila ADSL. Tiscali è oggi un’impresa che guarda prevalentemente
al mercato italiano, pubblico e privato, fornendo ai suoi clienti un’ampia gamma di servizi innovativi di
accesso alla rete, di telefonia Mobile e via internet, di contenuti multimediali, di servizi ad alto valore
aggiunto per la comunicazione digitale integrata. Ha in cantiere un nuovo motore di ricerca e ha lanciato
recentemente due prodotti (Indoona e Streamago) su cui conta di conquistare anche quote di mercato
internazionale. La curvatura del business di Tiscali verso servizi avanzati di comunicazione ha creato le
condizioni per una maggiore valorizzazione della capacità tecnologica delle imprese locali, alcune delle
quali già operano con contratti di fornitura, anche se i principali fornitori di web applications rimangono
grandi gruppi come Accenture ed Engeneering. Akhela, del gruppo Saras Moratti, recentemente rilevata
da Solgenia (una delle maggiori realtà italiane nel settore informatico con circa 500 dipendenti, un
fatturato atteso nel 2012 di oltre 50 mln, e piu' di 3.000 clienti in Italia e all'estero) è un'impresa di medie
dimensioni, cresciuta a tassi elevati negli ultimi anni, con investimenti importanti in R&S e
specializzazione elevata nelle aree dei sistemi embedded, con focalizzazione delle attività sull'automotive,
e sviluppo software. Gioca un ruolo importante nel distretto anche per il suo orientamento a fare rete
locale. A Cagliari occupa attualmente circa 200 addetti e fattura circa 26 milioni di euro nel mercato
nazionale. I suoi prodotti sono rivolti ad imprese di medie e grandi dimensioni. Abbeynet, con 30 addetti
diretti e numerosi altri consulenti, è tra i più importanti operatori nazionali di telefonia VoIp con prodotti
all’avanguardia rivolti ad operatori di telecomunicazioni, system integrator, pubbliche amministrazioni,
catene alberghiere, gruppi editoriali, banche e piccole e medie imprese. Negli ultimi anni, il distretto si è
arricchito di un buon numero di nuove piccole imprese avviate prevalentemente da giovani sardi nell’area
dell’ideazione e sviluppo di prodotti e servizi innovativi ICT, sfruttando sia l’humus digitale cagliaritano
che le politiche regionali a sostegno delle start up innovative. Nonostante l’elevata turbolenza alimentata
da alti tassi di natalità-mortalità, nuove iniziative continuano a proporsi e affermarsi. Diverse sono l’esito
di spin off universitari e non (Karalit, Xorovo, ReiLabs), molte altre sono start up di imprenditori singoli
o associati e più raramente di gemmazione di imprese preesistenti (Agitelec da cui è nata Entando, Apps
Builder, Paperlit, Porcovino, Prossima Isola, Sardegna.com, Sardex e diverse altre), una di queste
(Applix)– start up di successo focalizzata sullo studio, sviluppo e realizzazione di Applicazioni Mobile
per tutti i nuovi ‘device’, non è sarda ma intende potenziare a Cagliari il suo centro di ricerca e sviluppo;
un'altra start up (Twimbow) - che si sta affermando per un prodotto innovativo nel mercato del social
networking – è sarda ma ha sede a San Francisco. Imprese più consolidate ed affermate sono Softfobia,
una Internet business solution con competenze specialistiche nel campo dei prodotti destinati al web 2.0 e
per la creazione di social network, e Axis Strategic Vision, una knowledge company focalizzata in
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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applicazioni avanzate per il web. Spesso le strategia di queste giovani imprese è quella di assicurare ai
nuovi prodotti una quota di mercato in tempi molto rapidi in modo da essere appetibili ai grandi gruppi
nazionali e stranieri, senza tuttavia rinunciare al radicamento territoriale.
Il distretto aquilano dell’elettronica. E’ articolato nei due poli produttivi territoriali dell’Aquila e della
Marsica, in particolare Avezzano. Il comparto più denso sotto il profilo imprenditoriale è quello degli
apparecchi elettronici, delle antenne per veicoli spaziali e degli strumenti per il controllo del traffico
aereo, localizzato a L’Aquila. L’impresa principale è la Thales Alenia Space Italia, di proprietà per il 67%
del gruppo francese Thales e per il rimanente 33% della Finmeccanica; occupa circa 300 lavoratori, di cui
poco meno di 100 ingegneri elettronici e il resto periti elettronici; fattura più di 600 milioni di euro e
produce, in collaborazione con le maggiori imprese e istituzioni del settore aereospaziale, componenti di
satelliti per telecomunicazioni e altre strutture orbitanti. Attualmente è in costruzione un nuovo
stabilimento in sostituzione di quello seriamente danneggiato dal terremoto del 2009. Sempre nel
comparto delle telecomunicazioni è la Selex Elsag, interamente controllata da Finmeccanica, dedita alla
produzione di sistemi di identificazione in ambito avionico, piattaforme per le comunicazioni militari, per
la sicurezza interna e per la protezione civile e di altre produzioni di elevato livello tecnologico; occupa
145 addetti, per lo più ingegneri, e attualmente è in fase di ristrutturazione e ampliamento a causa dei
danni subiti dal terremoto. Un’altra impresa rilevante è la Technolabs, di proprietà della Intecs, un gruppo
privato nazionale con diversi impianti in Italia e in Francia, focalizzato sulla progettazione e sullo
sviluppo di sistemi elettronici per lo spazio, la difesa, i trasporti e le telecomunicazioni; occupa circa 160
lavoratori, per lo più ingegneri. Inoltre, sono attive nel polo due aziende del gruppo multinazionale
italiano Compel (una ventina di imprese sparse nel mondo e 1250 dipendenti) e altre due imprese locali di
proprietà locale, tutte di più modeste dimensioni: Inter-Compel che produce componenti elettroniche per
l’interconnessione; P&A Service che offre servizi integrati di assemblaggio e collaudo di schede
elettroniche; Elital che produce in subfornitura circuiti stampati per la Thales Alenia Space con 34
dipendenti e Hi-Tech Electronics che produce componenti elettronici per applicazioni spaziali e militari
con 68 dipendenti. Lo stabilimento più grande del distretto è quello dell’impresa statunitense Micron
Technology Italia localizzata nel polo di Avezzano; occupa 1.800 dipendenti, di cui un terzo circa laureati
e il resto diplomati, e fattura circa 250 milioni di dollari all’anno nella produzione di sensori per immagini
con tecnologia CMOS destinate a svariate applicazioni industriali e nel campo della comunicazione
mobile. Nello stabilimento è situato anche un centro di ricerca e sviluppo, nel quale circa 40 tecnici
progettano e testano memorie non volatili di tipo NAND Flash con applicazioni nell’informatica, nella
fotografia e audiovisivi. La produzione dell’impianto di Avezzano è esportata interamente verso la
statunitense Aptina, impresa partecipata da Micron Technology Inc.; ad eccezione dei servizi generali e
dei gas tecnici acquistati localmente, gli approvvigionamenti di input di materie prime, beni intermedi e
macchinari avvengono tutti in stabilimenti localizzati in paesi extraeuropei. Nella Marsica operano altri
quattro presidi imprenditoriali di una certa rilevanza: Telespazio-Centro Spaziale del Fucino, una società
mista Finmeccanica (67%) e Thales (33%) con sede centrale a Roma, che rappresenta il più grande
teleporto mondiale per usi civili e al cui interno è stato creato uno dei due centri di controllo del progetto
Galileo, il principale programma di navigazione satellitare europeo; Selex Galileo, un’impresa
Finmeccanica ubicata a Carsoli e specializzata in rivestimenti ottici, prodotti con tecnologie del vuoto per
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applicazioni militari, civili e aerospaziali; Elco, specializzata nei circuiti stampati con 110 addetti nella
sede centrale a Carsoli e affiliate in altri paesi europei e negli Stati Uniti e la G&A Engineering, di piccole
dimensioni ma specializzata nella microelettronica per impieghi avanzati in campo militare e spaziale.
Il distretto aereospaziale pugliese. E’ animato da più di 70 imprese con circa 4.200 occupati diretti, di cui
poco meno di 700 nelle attività di R&S, e più di 400 ricercatori esterni che lavorano in dipartimenti delle
università del Salento e di Bari e in centri di ricerca pubblici. Il fatturato oscilla tra i 700 e i 1.000 milioni
di euro all’anno, di cui più di 200 destinati all’export, soprattutto Stati Uniti. Ben sette addetti su dieci
fanno capo a grandi imprese della galassia Finmeccanica e i rimanenti tre a piccole e medie imprese
prevalentemente locali. Le attività manifatturiere di parte di aeromobili sono quelle più consistenti per
fatturato e occupazione. Sono localizzate soprattutto a Brindisi, Grottaglie e Foggia e dominate dalle
grandi imprese a partecipazione pubblica, in primis Agusta Westland a Brindisi, dedito alla produzione di
componenti e sistemi per elicotteri con più di 500 addetti, e Alenia Composite a Grottaglie e Alenia
Aeronautica a Foggia, focalizzate nella produzione di componenti in materiali compositi per aereomobili,
con circa 1500 addetti. Rilevante è pure la presenza dell’impianto Avio di Brindisi, occupa più di 600
addetti specializzati nella produzione e revisione dei motori aeronautici e navali. La maggior parte delle
piccole medie imprese dipende strettamente dalle grandi imprese, anche se un numero crescente ha
avviato percorsi di upgrading tecnologico e diversificazione dei committenti (Boeing, Embraer e
Bombardier). Interessante il recente sviluppo di una nuova impresa locale in grado di produrre e vendere
in tutto il modo piccoli veivoli completi, la Blackshape Aircraft. Il comparto dello spazio è molto più
piccolo, una decina di imprese di media e piccola dimensione disperse nella regione e specializzate nelle
produzioni di sistemi hardware e software per satelliti, lanciatori, attrezzature di terra e nei servizi di
gestione delle operazioni, acquisizione e distribuzione dei dati satellitari. L’impresa principale è la SSI Space Software Italia di Taranto, focalizzata sulla produzione di sistemi di software spaziali.
Il distretto pugliese della meccatronica. E’ composto da un tessuto diversificato di grandi e piccole
imprese di elevato livello tecnologico localizzate per lo più nel barese. Nel segmento automotive, per lo
più componentistica per auto (sistemi frenanti, apparati di iniezione, pompe, cambi), operano impianti di
proprietà di gruppi imprenditoriali leader nel mondo. Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti
occupano nel complesso circa 2.000 lavoratori distribuiti nelle due divisioni per la produzione di pompe e
di sistemi frenanti; altri 160 dipendenti, il 60% ingegneri, lavorano nel Centro Studi Componenti per
Veicoli; Magneti Marelli, attiva nella produzione di iniettori per applicazioni benzina, collettori di
aspirazione e dispositivi di robotizzazione cambio, occupa circa 1.000 dipendenti; Getrag, con poco più di
700 addetti, produce cambi per automobili di nuova generazione e svolge attività di ricerca e sviluppo con
30 addetti tra ingegneri e tecnici. Altri impianti importanti controllati da gruppi industriali esterni sono
quelli che fanno capo a Oerlikon Graziano e SKF. Accanto alle imprese leader è presente un buon numero
di medie imprese locali di elevata specializzazione che producono per i mercati finali di diversi settori.
Spiccano la MASMEC, che produce macchinari e sistemi complessi automatizzati per montaggi di
precisione per le industrie automotive, farmaceutica e idraulica; la MERMEC, leader di mercato nel
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comparto dei sistemi di monitoraggio e diagnostica delle infrastrutture ferroviarie; la ITEL
Telecomunicazioni, impresa leader a livello internazionale nell’utilizzo, protezione e misurazione dei
campi elettromagnetici e magnetici. Nel distretto è attivo inoltre un discreto tessuto di aziende
meccaniche di notevole capacità tecniche, di dimensioni medio-piccole e piccole e localizzate soprattutto
nel molfettese, che lavorano in subfornitura sia per imprese committenti pugliesi che per imprese del
Centro-nord. Negli ultimi anni, nel distretto è in atto il tentativo di far evolvere più decisamente la
specializzazione meccanica verso la meccatronica, testimoniata anche dalla costituzione, nel 2007, del
Distretto della Meccatronica (MEDIS), promosso dall’Agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione
e da Confindustria Bari e partecipato dalle principali imprese leader. Vanno in questa direzione anche la
costituzione del MOLMEC, un consorzio di 12 piccole e medie imprese locali operanti nei settori della
meccanica, elettronica e informatica, e del Distretto produttivo della meccanica pugliese riconosciuto
dalla Regione Puglia.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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6. Gli impatti della grande crisi.
La crisi economico-finanziaria dell’ultimo quadriennio ha ovviamente inciso sugli assetti
strutturali e sulle performance dei distretti tecnologici meridionali. Seppure con diversa
intensità inter e infra-distrettuale le difficoltà si sono accresciute ovunque. Nell’insieme, però,
i distretti hanno tenuto, anche nei picchi congiunturali più negativi degli anni post 2007. Non
ci sono stati tracolli produttivi, perdite accentuate di quote di mercato, né drastici
ridimensionamenti occupazionali e neppure fughe, disimpegni e mortalità imprenditoriali da
grande crisi. Nel quadro complessivamente molto debole dell’industria italiana, la tenuta dei
distretti tecnologici meridionali è un risultato importante e non scontato.
Il distretto abruzzese dell’elettronica soffre maggiormente gli impatti della recessione. La caduta è molto
forte nel comparto aquilano delle apparecchiature per le telecomunicazioni, dove alla conseguenze della
crisi si sommano le difficoltà strutturali pregresse delle imprese e gli effetti distruttivi del terremoto del
2009. Perde poco invece il polo elettronico marsicano, grazie soprattutto alla tenuta della Micron ad
Avezzano. Contrariamente a ciò che accade altrove in Italia, le perdite di occupazione manifatturiera non
sono compensate in Abruzzo dalla crescita nei comparti dei servizi ITC.
La crisi si fa sentire anche nel distretto catanese, anche perché si somma alle difficoltà attraversate negli
anni precedenti dalla STM per il sostanziale fallimento del rilevante investimento nel progetto modulo
M6 e ai recenti trend regressivi dell’intero settore elettronico italiano ed europeo. La STM dopo un
ventennio è costretta a ricorrere nuovamente, nel 2009 e nel 2011, alla cassa integrazione per 2.200
lavoratori seppure per pochi giorni. Le ripercussioni più pesanti però riguardano gli impatti sull’indotto
della politica di riduzione dei costi aziendali da parte dello stabilimento italo-francese. Le commesse si
riducono, si allungano i tempi di pagamento, si risparmia sui servizi mensa, pulizia, vigilanza. Le imprese
più piccole, quelle meno robuste finanziariamente e quelle monocommesse soffrono di più, diverse
soccombono. Tutto l’indotto subisce un forte ridimensionamento; solo le imprese di maggiori dimensioni
e con committenti diversificati riescono a reggere meglio l’urto. La crisi sembra gelare l’effervescenza
dell’Etna Valley. La crisi non sembra coinvolgere invece gli altri comparti tecnologicamente avanzati,
come le telecomunicazioni e l’informatica. Meno dipendenti dai grandi gruppi multinazionali e molto di
più dalla qualificazione universitaria dei giovani, questi comparti sperimentano, anche nel biennio orribile
2008-2009 della crisi, una discreta vivacità imprenditoriale.
La crisi ha coinvolto anche il distretto meccatronico barese. Dal 2008 si è assistito ad una flessione delle
esportazioni, ad un incremento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria e in deroga, alla chiusura
di diverse imprese, di subfornitura e non, a causa della contrazione delle commesse. Ciò nonostante, nel
suo insieme il distretto ha retto. Alcune imprese hanno subito contrazioni significative dei livelli
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produttivi, altre, come sempre accade nelle crisi, hanno rafforzato la loro posizione competitiva e di
mercato. La produzione delle multinazionali non è stata delocalizzata e molte imprese hanno realizzato
nuovi importanti investimenti e diversificato o aumentato la produzione e stabilizzato i livelli
occupazionali: Bosch ha avviato la produzione di una nuova pompa a bassa pressione; Getrag ha
programmato l’aumento della capacità produttiva dei cambi di nuova generazione a secco grazie alle
nuove commesse Ford e Mercedes; ITEL ha realizzato investimenti innovativi nel comparto biomedicale.
Qualche segno di crisi si è manifestato anche nel distretto aereospaziale della Campania. Nel 2011, in
controtendenza rispetto agli altri poli aeronautici nazionali, le esportazioni hanno subito una flessione,
soprattutto verso il mercato statunitense. Tuttavia, il sistema locale non subisce perdite significative né
sotto profilo produttivo che occupazionale.
La crisi non sembra aver influenzato le dinamiche del distretto aereospaziale pugliese, anche perché il
settore è caratterizzato da cicli lunghi e da portafoglio ordini che comportano più anni di produzione. Il
fatturato complessivo è rimasto sostanzialmente stabile mentre sono cresciuti export e livelli
occupazionali, nonostante gli esuberi connessi alla chiusura di alcuni impianti, grazie agli elevati
investimenti pubblici e privati e all’avvio di nuove commesse, tra le quali spicca quella per lo
stabilimento Alenia Aermacchi di Foggia per la produzione dei nuovi jet regionali C-Series della
Bombardier. Rilevante è stato l’incremento produttivo a Grottaglie.
Nel distretto cagliaritano gli impatti della crisi sono modesti e, soprattutto, non sono generalizzati. Vanno
meglio le imprese, anche piccole, che hanno diversificato i prodotti e investito in innovazione in mercati
emergenti. Meno bene quelle specializzate nei segmenti meno innovativi, male quelle che lavorano
esclusivamente per la Pubblica Amministrazione. Nel complesso il sistema locale tiene, appare capace di
generare al suo interno nuove e
promettenti esperienze imprenditoriali e di attrarre l'attenzione di
investitori esterni grazie soprattutto alla sua focalizzazione sullo sviluppo del software che, anche negli
anni di crisi, ha potuto contare su una domanda sostenuta di nuove applicazioni per i diversi dispositivi di
accesso alla rete internet.
E’ difficile individuare le prospettive future dei distretti tecnologici meridionali. Non solo
perché sono molto diversi tra loro e perché al loro interno convivono imprese assai diverse per
dimensione, dinamismo e potenzialità. E’ difficile perché la grande crisi degli ultimi anni ha
affievolito e ridimensionato investimenti e spinte all’innovazione, soprattutto nei gruppi
industriali e nelle imprese più esposte al ciclo economico, e ha reso ancora più incerto il
domani. E’ difficile inoltre perché il loro futuro dipende moltissimo da centri decisionali
esterni, dalle strategie dei gruppi multinazionali a cui fanno capo gli impianti locali e dalle
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configurazioni emergenti nei mercati globali e negli assetti organizzativi delle filiere
produttive di appartenenza.
Le prospettive dei distretti dell’aereospazio sono fortemente condizionate dai processi di cambiamento
strutturale che stanno attraversando i grandi attori del sistema internazionale. Il comparto dell’aviazione
militare è interessato da una contrazione drastica della domanda che provoca un inasprimento della
competizione basata sulla capacità delle imprese di ridurre i costi di produzione e di diversificare verso
mercati collaterali. Il comparto civile è invece in crescita, soprattutto nel comparto dei veicoli ad ala fissa,
grazie alla domanda di mobilità aerea nei mercati emergenti. Opportunità interessanti per nuovi spazi
nelle reti di subfornitura si potranno determinare dall’ingresso di nuovi “airframe manufacturers”
nell’attuale duopolio globale Boeing-Airbus. La strategia competitiva delle grandi imprese va verso una
riduzione dei fornitori per limitare i “nodi” del processo ed esercitare un maggior controllo sulla qualità e
i tempi di realizzazione. Ciò implica una più decisa spinta verso la verticalizzazione di sub-sistemi anche
per i fornitori di primo e secondo livello e all’aggregazione tra imprese. Nel contempo, si assiste ad
maggiore condivisione dei rischi tra le imprese della filiera e alla correlata maggiore stabilizzazione delle
reti di collaborazione. Tutto ciò porta ad un ulteriore innalzamento delle barriere all’ingresso per nuovi
produttori e a un necessario processo di aggregazione tra imprese di minori dimensioni. I rilevanti
investimenti realizzati negli anni scorsi dalle principali imprese del distretto aerospaziale pugliese hanno
consentito il loro rafforzamento e la loro tenuta nonostante la congiuntura negativa della crisi. Tuttavia, le
modifiche strutturali in atto e attese nel settore pongono nuove sfide, in particolare alle imprese più
piccole, in direzione del potenziamento della capacità produttiva, di innovazione e progettazione, di
competenze strategiche per gestire i nuovi processi di verticalizzazione e di integrazione funzionale con
altre imprese. Le prospettive del distretto aerospaziale campano dipendono, invece, principalmente dalle
traiettorie di sviluppo del gruppo leader, l’Alenia Aermacchi, e dunque dalle strategie del gruppo
Finmeccanica, che realizza oltre i tre quarti del fatturato del sistema locale. D’altro canto, il futuro di
Alenia e delle altre imprese Finmeccanica sono strettamente legate alla loro partecipazione attiva ai grandi
programmi internazionali di progettazione e realizzazione di nuovi velivoli. Sotto questo profilo, la
situazione attuale mostra criticità. Con riferimento al segmento dell’aviazione militare, la scelta
dell’Amministrazione Obama di ridurre gli investimenti militari ha determinato la dismissione della
produzione del C27-J al termine della consegna degli ultimi 38 velivoli programmati, il che implica la
chiusura della produzione in subfornitura delle componenti strutturali (cellula) da parte di Alenia. Sul
versante dell’aviazione civile, la subfornitura Alenia nell’ambito del programma 787 della Boeing
potrebbe avere difficoltà a causa dei ritardi del programma e dei ridimensionamenti delle vendite
programmate dell’aereo, per cui si paventa il rischio per Alenia di un sovradimensionamento degli
investimenti specifici realizzati e di un connesso squilibrio finanziario. L’altro programma importante per
Alenia, la costruzione del velivolo regionale ATR, appare oggi in stallo a causa della “maturità” dell’ATR
che ha comportato negli ultimi anni un calo delle vendite. In questa congiuntura non favorevole, assai
rilevante è l’acquisizione da parte di Alenia di una commessa per la vendita al Governo australiano di 10
C-27J per un valore complessivo di 1,4 miliardi di dollari. Tuttavia, il futuro dell’aeronautica campana è
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strettamente dipendente dall’avvio di nuovi progetti e dalla partecipazione delle grandi imprese del
distretto ai nuovi programmi dei principali costruttori di aerei del mondo. Un nuovo progetto ambizioso in
cantiere da tempo è la realizzazione da parte di Finmeccanica di un nuovo ATR da 92 posti che potrebbe
contare su un potenziale di sostituzione di 300 velivoli, pari ad una prospettiva produttiva di almeno un
quindicennio. Nel frattempo, l’Alenia ha avviato una partnership con il costruttore russo Sukhoi per la
realizzazione di un nuovo bi-jet regionale da 100 posti (che potrebbe essere però in antitesi con il progetto
di produzione di un nuovo ATR). Stretta tra la necessità di entrare nei nuovi programmi internazionali e di
definire a breve il proprio posizionamento competitivo nel segmento dell’aviazione regionale, l’Alenia
sembra attraversare una “crisi d’identità”, aggravata in Campania dalla scelta di chiudere lo stabilimento
di Casoria entro il 2012 e, soprattutto, dallo spostamento della sua sede legale da Pomigliano a Venegono
in provincia di Varese, che potrebbe comportare la riallocazione delle commesse verso gli stabilimenti
lombardi. Più promettenti sembrano le prospettive del segmento dell’aviazione generale, anche a ragione
dell’attesa espansione della domanda mondiale ma pure delle capacità innovative delle imprese del
distretto.
Le prospettive dell’Etna Valley dipendono molto dall’evoluzione del settore mondiale dei componenti
microelettronici ma anche dalle strategie delle principali imprese localizzate nel distretto. Il settore
attraversa una fase storica molto interessante, testimoniata dalla crescente pervasività della
microelettronica nei sistemi elettronici finiti, nei nuovi beni di largo consumo (smart phone, tablet,
fotocamere e videocamere digitali) e nuovi settori di applicazione come l’energia, la salute, lo sport, la
cosmetica e la farmaceutica. Queste potenzialità si associano però ad una persistente instabilità del
mercato dei semiconduttori e delle dinamiche regionali e aziendali. In particolare, le caratteristiche di
“industria delle industrie”, cioè fornitore di componenti ad altre industrie, rendono il settore
particolarmente sensibile agli andamenti del ciclo economico: il primo a rallentare nelle fasi di crisi e il
primo a ripartire nelle fasi di ripresa. L’instabilità è accentuata anche dai mutamenti delle gerarchie tra le
principali macroaree produttive globali. Nell’ultimo decennio si è verificata una significativa perdita di
importanza del mercato europeo, e anche di quello statunitense e giapponese, e una contemporanea
crescita di quello cinese, coreano e dei paesi del Sud-est asiatico. Questo cambiamento del baricentro
spaziale a favore dell’Est trascina con se un analogo spostamento dei mercati di approvvigionamento e di
sbocco. Una ulteriore causa di instabilità è connessa alla performance delle grandi corporation, a sua volta
intimamente legata alle oscillazioni del costo dei bit per memoria e alle loro capacità di sostenere
elevatissimi investimenti in impianti di produzione e in ricerca e sviluppo. Per tali ragioni, il settore è
interessato da un’evidente variabilità delle perfomance annuali dei maggiori produttori mondiali e da
molteplici processi di fusione, acquisizione e cessione di ramo d’azienda, che implicano spesso
cambiamenti drastici nella distribuzione delle quote di mercato. Inoltre, il settore è da tempo interessato a
significativi processi di diversificazione organizzativa, con una sistematica diffusione delle cosiddette
fabless, fabbriche senza capacità produttiva che esternalizzano l’intera produzione manifatturiera alle
foundries, ossia fabbriche “make-to-order” che realizzano prodotti progettati dai committenti. Le fabless e
le foundries hanno determinato un intenso processo di disintegrazione verticale dell’industria dei
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semiconduttori, anche se è ancora importante la presenza di grandi imprese integrate. Lo spostamento
verso Oriente dell’industria dei semiconduttori e la crescente differenziazione e complessità organizzativa
delle grandi imprese, influenzano l’intero sistema produttivo globale con riflessi tangibili anche sui
singoli sistemi locali e sui singoli stabilimenti. Per i gruppi industriali e per le imprese, fronteggiare il
nuovo scenario competitivo e, a maggior ragione, cogliere le nuove opportunità significa soprattutto
capacità di nuovi e massicci investimenti innovativi e organizzativi, nonché possibilità di fare rifermento a
nuove conoscenze scientifiche e di ricerca, private e pubbliche. Non sembrano questi gli attuali
orientamenti strategici delle grandi imprese leader del distretto catanese. La Micron non manifesta
intenzioni di realizzare investimenti aggiuntivi rispetto alle attuali attività di ricerca e di laboratorio di
analisi, design e di misura nel campo delle memorie. L’investimento Micron è molto importante per gli
oltre 350 tecnici e ricercatori che vi lavorano e per l’apporto alla diversificazione della filiera produttiva,
tuttavia si tratta pur sempre di un investimento rigidamente confinato dentro la rete interna alla
multinazionale statunitense e, dunque, a bassissimo radicamento locale. Neppure la STM sembra orientata
ad investimenti aggiuntivi significativi nel sito di Catania. Nell’ambito della strategia localizzativa della
multinazionale italo-francese, lo stabilimento siciliano non è coinvolto attualmente in nuovi programmi
industriali innovativi. Dopo l’”occasione mancata” del Modulo M6 di metà anni dieci, che avrebbe
segnato il passaggio ai 12 pollici nell’intero gruppo STM, con tutte le conseguenze in termini indotto
locale, sembra piuttosto che la strategia dominante sia quella del mantenimento delle attuali produzioni
catanesi. Prospettive più interessanti per il futuro potrebbero forse venire dagli investimenti collaterali
realizzati in joint-venture da STM, come nel caso della 3Sun, focalizzata sulla produzione di pannelli
fotovoltaici a film sottile, anche se il nuovo investimento è tuttora in corso di realizzazione e non ha
ancora raggiunto la soglia tecnologica e finanziaria per l’autonomia.
Incerte appaiono le prospettive della meccatronica pugliese. I due principali settori utilizzatori delle
produzioni meccatroniche, meccanica e automotive, attraversano infatti una forte crisi, anche se con
intensità differente tra i vari comparti di attività. Le severe difficoltà della meccanica europea e italiana
sono legate soprattutto alle fluttuazioni di mercato e dai bassi investimenti in macchinari da parte delle
imprese. La caduta della produzione automobilistica è invece connessa al crollo della domanda dei
consumatori. Fare delle previsioni dunque è particolarmente difficile proprio perché le prospettive dei
settori della meccanica e dell’automotive dipendono strettamente dall’andamento del ciclo economico.
Nell’ipotesi che la crisi duri ancora a lungo, il rischio di regresso esiste. A maggior ragione se si considera
che nel distretto sono attive imprese multinazionali automobilistiche di primaria importanza, le cui
prospettive future sono intimamente legate all’andamento dell’industria automotive a livello mondiale.
D’altro canto, l’elevato contenuto tecnologico delle produzioni che finora ha fatto da freno alla
delocalizzazione nei paesi a più basso costo del lavoro, non è scontato che continuerà ad essere
determinante nei prossimi anni. Non solo per le difficoltà finanziarie dell’innalzamento continuo dei
livelli tecnologici delle produzioni, quanto per le prospettive di crescita dei volumi esportati verso i paese
emergenti, Cina in primo luogo, che potrebbero accrescere le convenienze alla delocalizzazione
produttiva in tali paesi.
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Moderatamente positive risultano le prospettive di sviluppo future del distretto ITC cagliaritano. Tiscali,
l’impresa motrice, è stata risanata. Nel 2012 è attesa una inversione di tendenza che farà registrare, dopo
otto anni, un utile netto. Il rilancio dell'impresa è perseguito attraverso il progressivo riposizionamento
sull’offerta di servizi ad alto valore aggiunto e di prodotti competitivi nel mercato del social networking
nonché sul lancio di un nuovo motore di ricerca. Una impresa ICT in fase di crescita, Solgenia, molto
attiva in Italia e all’estero nel mercato del software innovativo, ha recentemente acquisito l’impresa
cagliaritana Akhela dal gruppo Saras, dotata di un centro di competenza per lo sviluppo di software
embedded e per dispositivi mobili, di un Data Center di proprietà e presente in mercati emergenti
dell'automotive e della domotica che la posizionano tra le prime 100 nella classifica nazionale delle
società ICT. Un ruolo importante potrebbe essere giocato dalla galassia delle piccole imprese ICT fondate
da giovani sardi negli ultimi anni, alcune delle quali stanno acquisendo una dimensione internazionale,
operando su tecnologie di frontiera con prodotti innovativi ma che stentano a fare rete tra loro e più in
generale a fare sistema locale (conTiscali ed altre imprese di maggiori dimensioni) per affrontare con basi
più solide la sfida competitiva.
Riguardo le prospettive future del distretto elettronico abruzzese, i problemi creati dal terremoto e dai
ritardi della ricostruzione sono concentrati nell’area dell’Aquila, dove peraltro Thales Alenia Space ha
annunciato un aumento dell’occupazione del 20% con l’apertura del nuovo stabilimento. Anche le
aspettative di Selex Elsag e Technolabs sono orientate positivamente, nei limiti consentiti dal contesto
economico difficile. Si può sperare che le politiche di rilancio dello sviluppo locale rese ancor più
necessarie dal terremoto facciano leva su queste presenze imprenditoriali per promuovere o attrarre nuove
iniziative. Nella Marsica molto dipende dal destino dello stabilimento Micron, per il quale si oscilla
periodicamente tra ipotesi di raddoppio degli investimenti e paure di chiusura. A riguardo appare cruciale
un’iniziativa di politica industriale, basata su una valutazione accurata delle esigenze poste dall’impresa,
che in passato sono state frustrate dalla mancanza di interlocutori istituzionali affidabili ai diversi livelli.
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7. Riflessioni sulle politiche pubbliche
Le politiche pubbliche sono un elemento essenziale, e al tempo stesso molto complesso, nei
processi di sviluppo di concentrazioni territoriali produttive ad alta tecnologia.
Nei sei casi, le politiche pubbliche sono essenziali, almeno per due motivi. In primo luogo vi
sono evidenti “fallimenti del mercato”. Parte dalla competitività delle imprese dipende da
attività di ricerca e sviluppo, per propria natura ad alto rischio ed incertezza sui tempi e sui
risultati, che presentano rilevanti esternalità e quindi problemi di appropriabilità da parte delle
imprese, e che pongono rilevanti problemi per i meccanismi di finanziamento (Bugamelli,
Cannari, Lotti e Magri 2012). In secondo luogo perché un ruolo decisivo nello sviluppo delle
aree è giocato dalle scelte localizzative, produttive e di ricerca delle grandi imprese, che
hanno una interazione continua con i decisori di politica economica. A ciò si aggiunga che in
tre dei sei casi qui studiati l’attore principale del sistema è un’azienda a partecipazione
pubblica. Politiche pubbliche per i settori a più alta tecnologia, e per le aree territoriali in cui
essi si addensano, sono difatti comuni nei grandi paesi avanzati dell’Europa e del
NordAmerica.
Al tempo stesso, queste politiche sono particolarmente complesse, ad alto rischio di
“fallimenti delle politiche”. Per i decisori è estremamente difficile stabilire modalità, tempi e
dimensione degli interventi. Vi sono asimmetrie informative molto forti, per cui i soggetti
imprenditoriali dispongono di conoscenza molto maggiori rispetto ai decisori pubblici; vi
sono conseguenti rischi di free-riding, di richiesta di contributi finanziari per attività già in
parte svolte e quindi di efficacia assai ridotta degli interventi (che non riescono a determinare
nuove attività); vi può essere un’asimmetria di potere contrattuale fra alcuni soggetti – in
particolare le imprese di maggiori dimensioni – e i decisori pubblici, con rischi di situazioni in
cui si innesca una “concorrenza localizzativa” nelle incentivazioni che determina possibili
rendite per le imprese. L’efficienza, la rapidità, la certezza degli interventi sono in questi casi
ancora più rilevanti che nella generalità delle politiche pubbliche, dati i tempi molto serrati
della concorrenza internazionale e la necessità di poter programmare in archi temporali
ristretti e certi le scelte delle imprese. E’ del tutto evidente poi, come una parte assai rilevante
delle politiche pubbliche debba indirizzarsi non al sostegno delle singole imprese o delle loro
attività quanto piuttosto a sostenere e rafforzare le relazioni fra le imprese, o fra di esse e il
sistema dell’università e della ricerca, dato che processi di sviluppo innovativo assai spesso
richiedono capacità e conoscenze che sono al di là dei confini delle imprese, anche di
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maggiore dimensione; cosa non semplice. Infine, ancora, è compito delle politiche pubbliche
intervenire sulla fornitura di beni e servizi pubblici – a cominciare dalla formazione del
capitale umano – che assumono un ruolo centrale per il successivo sviluppo delle imprese.
Da tutto ciò emergono alcune rilevanti implicazioni: che le politiche siano realizzate da
soggetti con un elevato grado di competenza, e con la possibilità di “mettere in concorrenza”
più proposte nell’accesso alle risorse; che le politiche siano organizzate con un mix
diversificato di interventi, e che riescano ad evitare sia “vuoti” di azione sia duplicazioni e
ridondanze; che le politiche, ancor più essendo per le considerazioni già espresse, altamente
sperimentali, siano soggette ad un continuo processo di monitoraggio e di valutazione dei
risultati.
Per di più, i casi sottoposti ad esame sono di concentrazioni produttive ad alta tecnologia
localizzate in regioni complessivamente deboli. Questo è un elemento rilevante, dato che esse
possono scontare, e scontano nella realtà, difficoltà aggiuntive connesse alla loro
localizzazione, in termini di perifericità e lontananza dai grandi centri, nazionali e ancor più
internazionali, dell’innovazione, di costi e tempi di trasporto e di comunicazione, di più
difficili interazioni con le grandi reti internazionali della conoscenza; e, su un altro piano non
meno importante, di ordinarie carenze nella disponibilità di beni e servizi pubblici. Ciò rende
ancora più importanti le politiche pubbliche. Esse non possono non essere più intense rispetto
ad pari interventi in aree a maggior livello di sviluppo. E un tema fondamentale è quello del
raccordo, quantitativo e qualitativo, fra le politiche pubbliche aggiuntive, o comunque
destinate al sostegno e allo sviluppo di queste concentrazioni, e le politiche pubbliche
ordinarie.
Esaminate alla luce delle considerazioni appena svolte, le politiche pubbliche degli ultimi anni
nei sei casi oggetto di questa analisi presentano rilevanti criticità. Le prima è connessa al
quadro complessivo delle politiche industriali e tecnologiche nel nostro paese. A differenza di
quanto avvenuto negli altri grandi paesi europei, l’Italia è da tempo sostanzialmente priva di
una propria strategia di politica industriale e tecnologica, nella quale inserire, e in base alla
quale valutare gli interventi in queste aree. L’unica esperienza di una certa rilevanza, quella
del progetto “Industria 2015” approvato nel settembre 2006, ha conosciuto un’attuazione
parziale e tardiva, sia nell’attuazione delle misure sia nell’effettiva erogazione delle risorse
(Cappellani, Padovani e Servidio 2012). Dei cinque progetti di innovazione industriale
previsti ne sono stati attuati solo tre; le “reti d’impresa” hanno avuto una concretizzazione
assai limitata. A fianco ad essi sono stati usati tradizionali strumenti di incentivazione fiscale,
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tra cui i crediti d’imposta per la R&S: tuttavia i rilevanti benefici (1,6 miliardi di euro per il
2008-11 per spese di ricerca già sostenute) sono stati tutti concessi in 35 secondi nel giorno 6
maggio 2009, con il sistema – non particolarmente avanzato – del click-day. Resta viceversa
attivo, su importi rilevanti, il finanziamento dell’industria aereonautica italiana (a valere sulla
legge 808), che si configura come l’unica politica industriale, di taglio settoriale, attiva nel
nostro paese, e su dimensioni particolarmente ampie e crescenti rispetto all’insieme degli
interventi (Brancati 2011). Si consideri, tra l’altro, che la documentazione ufficiale del
Ministero dello sviluppo sugli interventi di politica industriale non è stata più aggiornata dopo
il 2008. Complessivamente, stando agli ultimi dati disponibili, di fonte comunitaria,
certificata e comparata, la spesa dell’Italia in aiuti di stato per l’industria e servizi,
tradizionalmente assai ampia, è stata per tutto lo scorso decennio significativamente inferiore
alla media comunitaria e fortemente decrescente.
La seconda criticità è connessa all’intensità, aggiuntività e rapidità degli interventi
specificamente destinati alle regioni italiane a minor sviluppo, nel quadro europeo (regioni
convergenza) o nazionale (ex fondo per le aree sottoutilizzate). Come noto, rispetto alle
programmazioni – parallele alle Prospettive Finanziarie comunitarie - approvate per il 200006 e poi per il 2007-13, l’addizionalità degli interventi è stata sistematicamente ridotta; da
ultimo “la verifica intermedia del principio, effettuata nel giugno 2011, ha evidenziato che il
profilo di addizionalità a suo tempo negoziato e formalizzato nel QSN non è stato rispettato”
(Barca 2011). La programmazione nazionale FAS 2007-13 è stata completamente stravolta
(Viesti e Prota 2012), e in questo ambito è stato totalmente cancellato nel 2009 il Programma
Attuativo Nazionale FAS “Ricerca e Competitività”, che disponeva di una dotazione assai
ampia, pari a 7,2 miliardi di euro in grado potenzialmente di innescare un forte processo di
convergenza industriale e tecnologica. Al 2012 non risultano (Svimez) attivi strumenti
nazionali di politica industriale e tecnologica con finalità di convergenza. Sistematico, al
contrario, è l’indirizzo per il quale le risorse nazionali sono utilizzate esclusivamente per le
aree del CentroNord. Ulteriore certificazione dell’uso sostitutivo delle risorse aggiuntive è il
recentissimo bando del MIUR, per 408 milioni per i distretti tecnologici, finanziato per il
CentroNord per 368 milioni da fondi nazionali del fondo per le agevolazioni alla ricerca
(FAR) e per le 4 regioni convergenza per 40 milioni del PON ricerca e competitività. Così,
alle politiche per queste aree restano esclusivamente fondi comunitari; caratterizzati, cosa non
banale, da procedure, tempistiche e soprattutto normative particolarmente complesse e assai
più articolate rispetto alle risorse nazionali. Al 31 ottobre 2011 il PON “Ricerca e
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competitività”, cioè l’unico intervento a scala sovraregionale residuo per politiche nelle aree
oggetto della presente indagine, presentava – a quasi 5 anni dal suo avvio – una spesa di solo
l’11,5% delle risorse complessivamente programmate (6,2 milioni di euro) (Barca 2011).
Questo quadro tra l’altro determina una possibilità assai minore di intervento nei due casi
localizzati in regioni non convergenza (Abruzzo e Sardegna), rispetto a Campania, Puglia e
Sicilia.
La terza criticità appare come la più rilevante. E’ connessa alle precedenti. Con una tendenza
fortemente crescente, le politiche industriali e tecnologiche per queste aree sono state affidate
pressocché totalmente alle Amministrazioni regionali, a valere su risorse comunitarie. Si tratta
di un trend connesso al quadro delle politiche sopra disegnato e pienamente confermato dai
dati consuntivi di cassa sulle erogazioni (Brancati). La regionalizzazione delle politiche di
sviluppo industriale e tecnologico è assai opinabile. In questi casi non si tratta dell’opportuna
attuazione del dettato costituzionale (art. 117) per cui vi è competenza concorrente fra Stato e
Regioni nella ”ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione nei settori
produttivi”; e dunque possono collocarsi al livello nazionale – nel quadro delle grandi scelte
comunitarie come è il caso ora di Europa 2020 – le grandi scelte di programmazione e
intervento, con il concerto del livello regionale e locale per la specifica definizione e
adattamento locale delle politiche e la fornitura di essenziali beni pubblici di carattere locale.
Si è trattato di una vera e propria “fuga” del centro dalle proprie responsabilità di politica
economica.
Le complessive capacità delle amministrazioni regionali di disegno e di attuazione di
interventi così complessi come quelli di cui qui si discute, possono essere limitate, per la loro
stessa natura e per le competenze disponibili. Vi è una rilevante asimmetria informativa fra le
amministrazioni regionale e le imprese, particolarmente intensa proprio in questi casi.
Certamente difficile – anche se non impossibile - per i decisori locali è effettuare attente
valutazioni ex ante, per le quali sono spesso dirimenti informazioni che sono fornite
direttamente dalle imprese. Ed è, ancora, evidente lo scarto di potere contrattuale tra le grandi
imprese di queste aree e le amministrazioni regionali può essere molto ampio; già lo è con i
governi nazionali. Le amministrazioni regionali possono disporre di rilevanti poteri in alcune
materie (autorizzazioni, regolamentazioni), ma le grandi imprese hanno il potere di
minacciare lo spostamento delle loro attività verso altre localizzazioni. La regionalizzazione
di queste attività comporta poi il rischio di conflitti fra amministrazioni, o di azioni per lo
sfruttamento della concorrenza localizzativa da parte delle imprese. Vi è il rischio di duplicare
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interventi di sostegno ad attività, identiche o quantomeno simili, svolte da parte delle imprese.
Manca la possibilità di comparare esperienze e situazioni diverse e di trarne utili
insegnamenti, anche alla luce della scarsa collaborazione fra amministrazione e
dell’inesistenza di luoghi a questo deputati.
Tuttavia non va mai dimenticato come l’azione regionale abbia svolto un vero e proprio ruolo
di supplenza di un centro che, nell’ultimo decennio, è “fuggito”; e vada quindi valutata, con
attenzione, anche tenendo conto di questa circostanza. Gli studi di caso mostrano poi, come
efficienza ed efficacia dell’azione delle autorità regionali sia stata anche significativamente
diversa da caso a caso.
Può esservi a livello regionale un maggior rischio di “cattura” dei decisori da parte di interessi
privati, o il verificarsi di conflitti di interesse (anche se le cronache mostrano con tutta
evidenza come questo rischio, probabilmente in identiche proporzioni, esista anche a livello
nazionale). E’ ad esempio rilevante, nei casi in questione, la circostanza che nel consiglio di
amministrazione di Finmeccanica sieda il Presidente di una Provincia sede di importanti
attività aeronautiche, e con possibili conflitti localizzativi di attività industriali e terziarie con
altre località italiane. Non pare una coincidenza che nel 2011, a seguito della fusione di
Alenia con la Aermacchi (di minori dimensioni) la sede legale della società sia stata spostata
da Napoli in provincia di Varese, a Venegono.
L’azione degli ultimi anni può essere disegnata in quattro grandi ambiti: incentivazione diretta
delle imprese; creazione e sostegno di attività consortili, ed in particolare dei distretti
tecnologici; sostegno ad attività di ricerca extra-aziendali; creazione di competenze
scolastiche e universitarie.
L’incentivazione diretta delle imprese ha storicamente rappresentato, come messo in luce in
precedenza, il canale principale di intervento.
Nel caso dell’Aquila, il grande stabilimento ora di Micron nasce attraverso un contratto di programma con
la multinazionale Texas Instruments, anche se all’epoca la stessa Micron fece scalpore, rinunciando, al
momento del suo insediamento, ad ereditarne i benefici ancora disponibili. Nel caso dell’aerospazio
campano vi è evidenza di contratti di programma anche in tempi recenti, sia a livello regionale che
nazionale: ma sono stati raccolti molti dubbi sull’efficienza di questi strumenti, specie per quanto riguarda
la tempistica. In Puglia il ruolo dell’incentivazione è stato molto importante, come dimostrato dalla
localizzazione del nuovo impianti per le fusoliere del B787 a Grottaglie; in quel caso – in cui vi è stata
concorrenza localittiva fra Puglia e Campania – il giudizio sull’efficacia dell’intervento, e anche sulla sua
efficienza, appare piuttosto positivo. In tempi più recenti vi è stato un uso molto intenso di contratti di
programma regionali, in entrambi i casi analizzati, negli ultimi anni. Essi hanno comportato l’impegno di
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significative risorse pubbliche. Non è possibile formulare un giudizio completo sulla loro efficacia, anche
se essi appaiono orientati in diversi casi più a garantire la permanenza delle attività già esistente che a
indurne sviluppi. A Catania due grandi contratti di programma, del 1997 e del 2007 sono all’origine
dell’investimento della ST e quindi del recente sviluppo dell’area; le imprese hanno poi benificiato di una
serie di incentivi nazionali e regionali. Solo nel caso di Cagliari non svolgono un ruolo importante i
contratti di programma o altri tipi di incentivi finanziari pubblici.
In diverse delle aree analizzate negli scorsi anni si sono venute formando aggregazioni di
imprese ed istituzioni, variamente definibili come distretti tecnologici. La valutazione di
queste esperienze non è semplice. Essa è fisiologicamente caratterizzata da un’alta variabilità
dei risultati, a seconda delle specifiche circostanze, dei soggeti presenti, della capacità di
includere gli attori rilevanti e di disegnare programmi e obiettivi delle attività. Strutture
consortili del genere sono fisiologicamente destinate ad avere effetti molto diversi a seconda
dei casi, e quindi non possono rappresentare uno strumento di semplice e diffusa attuazione. I
rischi e le difficoltà di questi processi sono chiari: possono ad esempio rappresentare
strumenti collettivi formali per perseguire, mascherandoli, obiettivi individuali; i vantaggi
potenziali sono simmetricamente molto ampi, e particolarmente forti nelle aree caratterizzate
da produzioni a maggiori tecnologie, diminuendo i costi di informazione e transazione,
creando possibilità di azioni complementari e collaborative. In ogni caso, per produrre
risultati apprezzabili occorre un’azione lunga e costante nel tempo. La situazione è assai
differenziata, e per questo degna di attenzione.
Nell’esperienza abruzzese non vi è un distretto tecnologico. Tuttavia, cosa interessante per rimarcarne la
possibile utilità, la Fondazione Mirror, creata nel 2004 dalla Micron, ha dato vita al Polo ICT Abruzzo.
Esso è un organismo di intermediazione fra i suoi 55 partner con l’obiettivo di valorizzare le opportunità di
affari e attrarre altre iniziative; tra i suoi programmi vi è oggi quello di una scuola di alta formazione, in
partnership con l’università. Campania il processo di genesi del distretto aerospaziale è stato
particolarmente lungo e complesso e non privo di criticità. Al contrario in Puglia, il distretto aerospaziale
sembra assai bene avviato, e capace di contemperare le esigenze delle sue diverse componenti e di
proporre una strategia di sviluppo, specie sui temi della formazione e della ricerca. Il distretto pugliese
della meccatronica ha ottenuto buone adesioni e un processo di avvio piuttosto rapido, ma non ha finora –
prevalentemente per i ritardi delle politiche nazionali – svolto un ruolo particolarmente importante. Anche
in Sicilia, come in Campania, lo sviluppo del distretto tecnologico è stato particolarmente complesso. In
base ad un accordo di programma del 2003 è stata data vita ad una prima compagine distrettuale che,
tuttavia, non ha beneficiato dei fondi del Miur, gestiti impropriamente dalla Regione Sicilia. Il distretto si è
poi formalmente costituito in società consortile “Distretto Sicilia Micro e Nano Sistemi” per poter
partecipare al nuovo round di finanziamenti dedicati ai distretti tecnologici. A fianco ad esso ha poi
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operato, dal 2004 con riconoscimento regionale nel 2007, il distretto produttivo “Etna Valley”, con scarse
ricadute concrete. Nel caso di Cagliari, nel Parco Scientifico e Tecnologico Polaris sono attivi uno dei sei
distretti tecnologici italiani ufficialmente riconosciuti dal MIUR e un distretto ICT, con 21 imprese. Il loro
ruolo sembra però non centrale nello sviluppo delle imprese, e l’attività stessa del Parco, come emerso nel
corso dell’indagine di campo mostra non poche criticità.
I soggetti consortili e universitari attivi nelle attività di ricerca si sono rivelati importanti in
tutti i casi. Il ruolo delle Università non è stato privo di problemi (di massa critica, di tutela
della proprietà intellettuale, di rapporti con la cultura d’impresa); e tuttavia va sottolineato
come esse abbiano assunto – con tutti i propri limiti, e ancora una volta con un grado variabile
di successo da caso a caso – il ruolo di importanti istituzioni radicate sul territorio.
Nel caso abruzzese appare di rilevante importanza, oltre ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (con la
recente istituzione del Gran Sasso Science Institute), anche l’attività del centro di eccellenza DEWS
dell’Università, attivo nelle applicazioni sociali dell’elettronica avanzata. Al contrario, appare come una
storia di insuccesso quella della Scuola Superiore Reiss Romoli, nata nel 1972 e divenuta uno dei più
qualificati centri di formazione nell’ICT e facilitatore dei contatti fra Università e imprese; poi
abbandonata dalla nuova gestione privatistica. Dopo la chiusura della vecchia gestione alcuni dipendenti
ne hanno tuttavia ripreso le attività, facendo rinascere un centro di formazione specialistica nell’ICT che
mantiene un buon rapporto di collaborazione con la Facoltà di Ingegneria. Estremamente articolato è il
quadro dei soggetti che operano nel sistema campano dell’aerospazio, descritti in precedenza. Più
modesta invece la presenza di organismi intermedi nei due casi pugliesi, in cui le attività sono
prevalentemente giocate dalle imprese e dalle Università. A Catania viene ritenuto molto significativo il
ruolo giocato dall’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi, IMM (e di altri istituti) del CNR e dai
Laboratori Nazionali del Sud dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. In Particolare l’IMM è stato
all’origine di consorzi di ricerca e laboratori pubblici all’interno della STM. Nell’esperienza di Cagliari,
grande importanza viene annessa ai soggetti che nel tempo sono nati per attuare una politica di sostegno
all’innovazione alla società dell’informazione. Attualmente al CRS4 lavorano 180 persone, di cui 160 fra
ricercatori e ingegneri per oltre il 70% sardi, anche se le sue attuali attività, pur in presenza di elevate
competenze, sono oggetto di riflessione, soprattutto per il rapporto, relativamente limitato, con le imprese
del territorio. Particolarmente importante appare il ruolo del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed
Elettronica dell’Università di Cagliari in progetti di ricerca congiunta con diverse imprese del distretto.
Il ruolo del sistema scolastico e soprattutto delle Università nella formazione di
professionalità richieste dalle imprese nei territori di insediamento appare centrale in tutti i
casi.
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In Abruzzo è ritenuto di notevole importanza il lavoro svolto dalle Facoltà di Ingegneria e di Scienze
dell’Università de L’Aquila, che hanno saputo progressivamente adattare la loro offerta didattica alle
esigenze del sistema produttivo. Nel sistema dell’aerospazio campano l’offerta formativa è molto
articolata, centrata in modo particolare sui corsi di ingegneria aerospaziale. Nei due casi pugliesi è
fondamentale l’offerta tecnica di diplomati, ed appare positivo l’avvio degli ITS (Istituti Tecnici
Superiori) sia per la meccatronica a Bari sia per l’aeronautica in provincia di Brindisi. Le diverse
articolazioni universitarie appaiono in grado di fornire le professionalità, a livello di laurea, richieste. A
Catania, il ruolo dell’Università nel formare laureati in materie ingegneristiche è stato un fattore
fondamentale, anche per assicurare la competitività della STM soprattutto nel periodo (seconda metà
degli anni Novanta) di massima espansione. A Cagliari, lo stesso è avvenuto, nell’ambito di informatica e
soprattutto di ingegneria, da cui provengono anche alcuni degli attuali imprenditori di imprese locali.
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8. Qualche considerazione di sintesi; qualche proposta
Da quanto detto emergono alcune considerazioni di sintesi. La prima e più importante è
relativa al ruolo delle politiche nazionali: appare velleitario un processo di sviluppo di queste
aree e appare addirittura in dubbio il loro mero mantenimento, senza che le loro prospettive
future siano inquadrate in un disegno nazionale di politica industriale e sviluppo tecnologico.
E’ già molto difficile per l’Italia avere una strategia nazionale, seppure coordinata con le
grandi iniziative comunitarie, in presenza dei tanti vincoli e limitazioni che pongono le
condizioni economiche internazionali e i gradi di libertà nelle scelte delle grandi imprese .
Appare del tutto irrealistico che la definizione di queste strategie sia delegata a livelli
subnazionali, per i motivi ampiamente illustrati in precedenza.
In questo senso, l’intervento nazionale così come oggi realizzato, attraverso politiche
formalmente aggiuntive basate principalmente sull’utilizzo di fondi europei, può raggiungere
alcuni risultati in termini di rafforzamento di alcune delle componenti dei sistemi produttivi,
come nel caso dei finanziamenti per i distretti tecnologici, ma difficilmente può influenzare i
complessivi processi di cambiamento.
Per quanto sia evidentemente molto difficile, la strada che appare più produttiva è quella di
provare a raccogliere in un unico contenitore gli impegni e le iniziative reciproche dei diversi
attori, centrali e locali, pubblici e privati. Un accordo di programma quadro. Ovvero una
forma di contratto fra diversi livelli di governo, con l’assunzione di impegni reciproci e la
previsione di condizionalità. Come sottolineato anche dal Rapporto Barca, “i contratti, sia
verticali che orizzontali e le condizionalità per la concessione di fondi sono una caratteristica
fondante della governance multilivello”. Contenuti, impegni e condizionalità di questi accordi
dovrebbero essere sottoposti ad un continuo, fisiologico, processo di revisione, per tener
conto via via con flessibilità delle condizioni che si creano, e monitoraggio. Le esperienze
mostrano quanto accordi e contratti siano complessi e non privi di rischi. Eppure essi
sembrano ancora rappresentare, soprattutto nei casi di produzioni a più alta tecnologia, una
cornice indispensabile. Per più motivi.
Perché è proprio in questi casi che gli effetti di sistema (cioè la compresenza di più attori e
attività, con la relativa produzione di esternalità incrociate) sono più rilevanti, anche per
l’azione sulle aspettative. Sono più evidenti i fallimenti del mercato, e delle singole iniziative
di politiche pubbliche, nel produrre l’insieme delle condizioni necessarie per il rafforzamento
e lo sviluppo. Singoli interventi slegati rischiano di avere un rapporto costi/benefici negativo.
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Perché in questi casi è necessario una attenta suddivisione di competenze e responsabilità fra
gli attori pubblici e locali, che tenga il più possibile conto delle loro asimmetrie informative,
del loro potere contrattuale nei confronti delle grandi imprese, delle loro capacità di
monitorare, valutare e correggere le strategie (condizioni che si riscontrano più facilmente al
centro) e allo stesso tempo della necessità di raccordo continuo con gli attori, di adattamento
dei singoli strumenti (condizioni che si ritrovano più facilmente a livello regionale).
Perché le posizioni degli attori sono asimmetriche, e il ruolo dei maggiori soggetti di impresa
è decisivo, e la loro interazione con i pubblici poteri non può essere delegato ai livelli
subnazionali. L’esperienza di queste aree nel Mezzogiorno e in particolare questa circostanza
fa emergere due grandi domande, alle quali nel nostro paese non si fornisce risposta da molto
tempo, e che invece richiedono urgentemente risposta, quale che essa sia. La prima è relativa
alle condizioni e alle scelte che il nostro paese intende offrire alle grandi imprese
multinazionali (nei nostri casi da Bosch a Micron) affinchè esse considerino l’Italia una base
produttiva di alta qualità su cui investire. Appare evidente che una possibile strategia di
rilancio della localizzazione in Italia di grandi attività di produzione e ricerca ad alta intensità
di capitale umano qualificato non può che partire dalla difesa e dal rilancio degli insediamenti
già esistenti. La seconda è relativa al residuo, ma assai importante, sistema delle imprese a
partecipazione pubblica (nei nostri casi Finmeccanica e ST): esse hanno un ruolo nelle
politiche di sviluppo industriale tecnologico? Dalle lunghe e non rimpiante esperienze del
passato in cui alle Partecipazioni Statali venivano attribuiti una pluralità di obiettivi e oneri
impropri si passa necessariamente ad uno scenario di totale privatizzazione o comunque di
delega totale ai manager aziendali nella ricerca della profittabilità? Ovvero, come nelle
esperienze di altri paesi europei, a cominciare da Francia e Germania, è possibile tornare a
definire per queste imprese obiettivi di sistema nazionale? Ciò che accade oggi è che in molti
casi queste imprese ricevono cospicui sostegni pubblici ma nessuna indicazione strategica.
I soggetti consortili ed in particolare i distretti tecnologici possono svolgere in questi casi un
ruolo importante, a condizione che la loro attività sia strettamente valutata e monitorata, e che
si cerchi di evitare l’evidente rischio che essi rappresentino unicamente una formale cornice
comune per perseguire, in misura più agevolata, obiettivi individuali. Va però attentamente
evitato l’errore di pensare che i distretti possano rappresentare l’unico o il prevalente soggetto
di riferimento dell’area, attraverso il quale debbano essere definite le complessive strategie e
soprattutto attraverso il quale debba transitare la gestione degli interventi. I distretti possono
essere una parte, pregiata, del tutto.
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Gli ambiti di intervento dell’insieme delle politiche pubbliche (nell’ipotesi che qui viene
avanzata: degli accordi di programma di ciascuna area) non possono che essere naturalmente
diversificati da caso a caso. E l’individuazione degli specifici contenuti per ciascuna area, al
di là delle parziali indicazioni che sono contenute nelle conclusioni di ciascuno studio di caso,
vanno al di là degli scopi di questa sintesi.
Tuttavia tre elementi appaiono rilevanti in tutti i casi, e attengono alla possibilità di aumentare
il numero degli attori presenti in ciascuna area.
Il primo elemento attiene all’attrazione di nuovi investitori, italiani e stranieri, nelle sei aree.
In queste aree, con tutti i problemi che sono stati sottolineati, vi sono condizioni localizzative
uniche e preziose, a cominciare dalla loro storia (e quindi dalla diffusa cultura industriale e
tecnologica), dalla loro massa critica, dalle compresenze produttive, dalla disponibilità di
capitale umano ad alta qualificazione tecnica e scientifica e dai meccanismi che ne
garantiscono la riproduzione. Questa aree rappresentano un’offerta localizzativa di qualità per
nuovi investimenti. E sono al Sud, cioè nel territorio che, proprio per l’ampia disponibilità di
risorse sottoutilizzate o non utilizzate, può produrre i massimi benefici per l’intera economia
nazionale nel caso di nuovi investimenti. Nel quadro dell’economia globale contemporanea,
tutti i paesi hanno attive politiche di attrazione, strumenti e iniziative – dalla diplomazia
internazionale agli interventi di semplificazione e controllo delle specifiche fasi di
investimento – per attrarre investimenti. Per molti motivi, dalla concorrenza localizzativa
esistente in Europa ai problemi strutturali di competitività dell’Italia, tale azione nel caso del
nostro paese è particolarmente difficile e impegnativa. Tuttavia è necessaria, e, alla luce delle
condizioni di queste sei aree, con margini di concreta possibilità. Gli strumenti disponibili
(contratti di localizzazione, con la grande incertezza e le ripetute modifiche della loro
operatività negli ultimi anni) e la stessa attenzione nella politica economica per questi
interventi oggi sono in Italia su livelli particolarmente bassi. E’ un tema che va rilanciato
come elemento importante nell’ambito delle politiche di sviluppo dell’Italia, e del Sud in
particolare.
Il secondo elemento attiene ad un più continuo e forte sostegno ai processi di sostegno di
nuova impresa. Come ben dimostrato nell’evidenza presentata, in queste aree, pur con barriere
all’entrata spesso elevatissime, si sono concretizzati non pochi processi di nascita e sviluppo
di nuove imprese, sia sotto forma di spin-off dalle imprese esistenti o dalle università, sia
sotto forma di iniziative di nuovi imprenditori ad alta qualifica. Politiche di sostegno di queste
realtà esistono. Ma esse sono incredibilmente frammentate, in una miriade di interventi
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
44
pubblici sotto varia forma, e in iniziative private e collettive. La pluralità degli interventi ha
vantaggi, ma presenta anche gli indiscutibili, prevalenti, svantaggi di non avere massa critica,
di avere un’operatività limitata, di dover affrontare ex novo costi di insediamento e di
apprendimento già sperimentati altrove, di avere costi fissi di struttura o variabili di intervento
(istruttorie) elevati, di non avere possibilità di adeguata comparazione e valutazione. Ciò su
cui si può intervenire è ben chiaro. Da un lato tutto ciò che attiene alla cultura e alla prassi di
impresa, in esperienze che sono sempre caratterizzate da una forte componente tecnicoscientifica (nascono per ciò che i soggetti fondatori sanno fare) e da una debolissima
componente organizzativo-aziendale. Dall’altro tutto ciò che attiene ai meccanismi di
acqusizione del capitale iniziale di rischio, che devono essere gestiti da intemediari privati che
abbiano capacità di selezione e condividano il rischio, ma con interventi pubblici di garanzia,
sostegno, mitigazione del rischio. Al momento non c’è un soggetto in grado di farlo,
quantomeno per il Mezzogiorno e con specifico riferimento a queste aree. Verso un soggetto
con adeguata reputazione, massa critica e capacità intervento potrebbero indirizzarsi, con
varie forme di collaborazione, anche i molti che oggi operano. Un tale soggetto, come appare
dalle esperienze italiane delle Fondazione con il Sud per il terzo settore, o del Fondo di
investimento della Cassa Depositi e Prestiti e da tantissime esperienze internazionali, avrebbe
però indubbi vantaggi di dimensione di intervento, reputazione, efficienza, costi; potrebbe
svolgere – con l’intervento nel capitale di rischio – un duplice ruolo di finanziamento e
sostegno tecnico-operativo. Sulla falsariga di queste esperienze, riprendendo anche e
innovando profondamente l’esperienza della Società per l’Imprenditorialità Giovanile attiva
negli ultimi due decenni del XX secolo, potrebbe nascere un Fondo per il seed capital di
nuove iniziative imprenditoriali, con fondi pubblici nazionali su cui potrebbero convergere
ulteriori risorse regionali, locali, private e, per quanto la cosa sia difficile per evidenti motivi
congiunturali, delle stesse Fondazioni di origine bancaria, la cui quasi totale assenze nelle
regioni meridionali rappresenta un vincolo di non poco conto proprio per iniziative collettive
innovative. Tale fondo potrebbe, di concerto con le singole Regioni, specializzare e
focalizzare differentemente le proprie attività sul territorio.
Il terzo ed ultimo elemento attiene alla presenza di istituzioni pubbliche, o pubblico-private,
non universitarie. Come è stato più volte ricordato, esso hanno svolto in diversi casi un ruolo
importante, ad esempio di interconnessione fra imprese e università, o in attività di ricerca e di
formazione specialistiche. La presenza permanente di queste istituzioni sul territorio, nel
tempo, è importante; dà continuità occupazionale a manodopera qualificata; radica
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
45
nell’ambiente saperi e conoscenze: entrambi questi fenomeni sono alla base dei successi
registrati in queste aree. Queste istituzioni rappresentano un elemento importante dei sistemi
regionali dell’innovazione. Politiche pubbliche orientate al lungo periodo, e volte a sostenere
la competitività complessiva di queste aree, dovrebbero puntare a sostenere l’azione o ad
accrescere la presenza di queste istituzioni, pur nei limiti delle disponibilità di bilancio.
L’esperienza mostra che questi interventi sono tanto più positivi, quanto i soggetti sono dotati
di una minima massa critica, e sono sottoposti a processi di valutazione costanti, volti a
misurarne sia l’efficacia nella ricerca sia la capacità nel “trasferimento tecnologico” e
nell’interazione con le università e soprattutto con le imprese. Sarebbe necessario superare la
“maledizione dello straordinario”, per cui risorse anche cospicue, sono destinati a nuovi
progetti da parte degli attori esistenti, e a loro nuove attività, ma rigorosamente a termine
entro il ciclo di programmazione (e molto spesso nel limitato periodo residuo del ciclo di
programmazione, dati i notevoli ritardi nell’avvio). Più difficilmente si riesce invece ad usare
queste risorse per interventi davvero strutturali, volti ad accrescere il numero degli attori o ad
aumentare significativamente e permanentemente la dimensione di quelli esistenti, e quindi
l’impatto di lungo periodo. Interventi che richiedono un accorto mix fra risorse
(prevalentemente in conto capitale) per gli investimenti iniziali e risorse (prevalentemente
correnti) per il funzionamento a regime. L’indispensabile interconnessione fra interventi
straordinari e ordinari.
Le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno stanno conoscendo una nuova fase con
l’attuazione del Piano di Azione Coesione (e i conseguenti aggiornamenti); una fase
importante, che potrebbe portare a progressi proprio per meglio legare interventi straordinari e
ordinari, incidendo sia sulla residua programmazione 2007-13 sia sulla successiva con
un’unica strategia. Nell’ambito del Piano di Azione Coesione sono previsti ambiti ed
interventi rilevanti per i temi qui trattati.
Sul piano infrastrutturale è previsto il completamento al Sud del Piano Nazionale per la banda
larga (unitamente agli altri interventi già definiti), e l’avvio di un programma straordinario per
l’Agenda Digitale (infrastrutture di rete a banda ultralarga e data center come passo essenziale
per la creazione di un sistema di cloud computing), per mettere in moto un circuito virtuoso
investimenti sulla rete/servizi digitali. Per le politiche industriali sono indicati interventi – da
meglio definire – rilevanti alla luce di quanto appena detto: 1) per la creazione d’impresa e le
start up; 2) per favorire l’attuazione di contratti di sviluppo, “progetti strategici di particolare
rilevanza”, per migliorare le condizioni di attrattività dei territori delle regioni Convergenza;
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
46
3) promuovendo una nuova azione di sostegno all’innovazione, nella logica del “precommercial public procurement”. Inoltre, in tale contesto “viene anche riqualificata l’azione
di sostegno ai distretti tecnologici e ai laboratori di ricerca, riaggregando le diverse iniziative
si selezionate aree tematiche”.
Una nota finale. L’insieme di queste azioni di sviluppo non può che interagire con il
mantenimento di decenti livelli di ordinarietà nell’azione pubblica centrale e locale nel
Mezzogiorno. Da un lato questo è compito preciso e irrinunciabile proprio delle autorità
regionali e locali. Dall’altro incrocia i temi del finanziamento e della regolazione di grandi
servizi pubblici nazionali. Il caso più rilevante è evidentemente quello delle Università. Esse
sono da tempo investite da processi di cambiamento che ne stanno progressivamente
limitando le possibilità di azione: rischiano di rendere il loro ruolo nel futuro, non più incisivo
ma assai più debole rispetto al passato. In molte università, specie del Sud, è in corso un
pericolosissimo processo di blocco del turn-over, che provoca l’invecchiamento del personale,
la sua riduzione quantitativa e soprattutto toglie ogni possibilità al fattore che è emerso come
decisivo nei sei storie analizzate: quello del radicamento in loco di giovani professionalità.
Non si tratta certo di difendere l’esistente; ma di accrescere con misura e intelligenza la loro
qualità. Valutare per migliorare. Ben poco, purtroppo, è considerata nei meccanismi di
valutazione e funzionamento – oltre alla ricerca – l’importanza cruciale della didattica nelle
discipline scientifiche in queste aree, così come il ruolo della “terza missione” delle
Università in regioni economicamente deboli. Esso si va riducendo. All’esito proprio di attenti
processi di valutazione - che sappiano però ben misurare i risultati rispetto alle oggettive
condizioni locali, e gli output rispetto agli input investiti – alcune delle strutture che sono state
descritte negli studi di caso e qui in parte ricordate, potrebbero al contrario svolgere un ruolo
assai più importante e incisivo – come ovunque nel mondo accade – nei processi di sviluppo
tecnologico.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Capitolo 2
Il sistema produttivo territoriale dell’ICT
all’Aquila
Lelio Iapadre
Università dell’Aquila e Johns Hopkins University, Bologna Center
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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L'autore ringrazia Gloria Cicerone e Giovanni Mastronardi per la collaborazione preziosa a
varie fasi di questa ricerca. Esprime inoltre la sua gratitudine a tutti coloro che hanno
accettato di farsi intervistare per la realizzazione della ricerca, offrendo contributi essenziali
di dati e interpretazioni. L’elenco dei soggetti intervistati è riportato in allegato.
*****
Premessa
Questo rapporto presenta i risultati di un’indagine sul sistema produttivo legato alle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nella provincia dell’Aquila,
condotta nell’ambito del progetto CERPEM sui sistemi produttivi del Mezzogiorno. Per ICT
si intende essenzialmente il comparto manifatturiero dell’industria elettronica (divisione 26
della classificazione ATECO 2007, denominata “fabbricazione di computer e prodotti di
elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi”), ma si
farà riferimento anche ad alcuni comparti dei servizi: telecomunicazioni (divisione 61),
produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (divisione 62) e servizi
d’informazione e altri servizi informatici (divisione 63).
Lo studio si basa sull’elaborazione delle statistiche disponibili a diversi livelli di
disaggregazione territoriale e su una serie di interviste condotte tra marzo e aprile 2012 a un
insieme di rappresentanti delle imprese, delle istituzioni e dei centri di ricerca che
costituiscono il sistema locale dell’ICT (cfr. Appendice).
Il par. 1 ripercorre brevemente la storia del sistema produttivo e ne delinea i confini
geografici. Nel par. 2 vengono presentate le elaborazioni statistiche realizzate per descrivere
le tendenze recenti delle variabili economiche che caratterizzano il sistema. Il par. 3, basato in
gran parte sulle interviste realizzate, è dedicato alla descrizione delle imprese principali e
delle loro connessioni interne ed esterne. Segue, nel par. 4, un tentativo di delineare i rapporti
tra le imprese e il sistema locale di formazione e diffusione delle competenze. Nel par. 5 si
presentano sinteticamente le politiche industriali e dell’innovazione che hanno influito sul
sistema, con particolare riferimento a quelle regionali. Il rapporto si conclude con un
paragrafo di sintesi sulle prospettive di sviluppo del sistema e sulle condizioni per il suo
rilancio.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
49
1. Storia e geografia del sistema ICT nella provincia dell’Aquila
A partire dagli anni cinquanta, la storia economica e sociale del territorio aquilano è stata
profondamente segnata dalla parabola di un “polo elettronico” di grande rilievo nazionale, che
ha costituito a lungo l’unico insediamento manifatturiero significativo in una struttura
economica caratterizzata da piccole produzioni tradizionali, commercio, libere professioni e
Pubblica Amministrazione. Basato essenzialmente sulla presenza delle Partecipazioni statali,
il polo elettronico aquilano era arrivato a contare oltre 5.000 addetti nel periodo della sua
massima espansione, alla metà degli anni settanta. Dopo una lunga serie di ristrutturazioni,
smembramenti e cambiamenti proprietari, oggi il polo è fortemente ridimensionato e presenta
ancora crisi aziendali irrisolte, preludio di ulteriori chiusure. Tuttavia, nel contesto difficile
creato dal terremoto del 2009 e dai ritardi della ricostruzione, sopravvivono alcune imprese
importanti, che operano principalmente nell’orbita del gruppo Finmeccanica. Inoltre, a pochi
chilometri di distanza, nella Marsica, si trova una realtà produttiva ancora più rilevante, in cui
primeggia lo stabilimento della Micron Technology Italia di Avezzano.
Le origini del polo elettronico aquilano possono essere ricondotte al processo di attuazione del
piano Marshall, nel cui ambito si decise di installare un impianto della Marconi Italiana,
società a capitale misto inglese e italiano (gruppo IRI) nelle strutture precedentemente
occupate dalle Officine Carte e Valori della Banca d’Italia, distrutte da un bombardamento
americano nel 19431. L’impianto fu inaugurato nel 1952, produceva valvole termoioniche e
arrivò a occupare circa 800 persone, sviluppandosi con il contributo finanziario dell’Isveimer.
Negli anni successivi ci furono vari passaggi proprietari (Ates, Sit-Siemens, Italtel) e la
produzione fu orientata verso le apparecchiature elettromeccaniche per la telefonia, destinate
al monopolio pubblico della SIP. L’occupazione salì progressivamente e il polo si affermò
come la principale realtà produttiva dell’area aquilana, influenzandone anche l’evoluzione
culturale e politica.
La crisi cominciò a manifestarsi al principio degli anni ottanta, quando emersero problemi di
competitività e difficoltà di adattamento tecnologico. Le caratteristiche organizzative e i
vincoli gestionali tipici delle imprese a partecipazione statale si rivelarono presto
incompatibili con le tendenze dei mercati internazionali. Il passaggio dall’elettromeccanica
all’elettronica fu accompagnato da una serie di ristrutturazioni e riduzioni dell’occupazione.
1
A. Esposito, “La città nella fabbrica – la fabbrica nella città. Un cammino lungo 60 anni”, in Unione Provinciale degli
Industriali di L’Aquila, 60 anni di storia, One Group Edizioni, L’Aquila, 2006, pp. 61-76.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
50
Le privatizzazioni degli anni novanta nella telefonia fecero venir meno il sostegno privilegiato
della domanda pubblica e comportarono l’ingresso di partner stranieri (prima la Siemens e poi
la Flextronics) interessati ad acquisire il mercato, giovandosi anche dei benefici derivanti da
strumenti di politica industriale difensiva, ma orientati comunque a spostare la produzione in
altri paesi, dove la manifattura di componenti elettronici poteva essere realizzata a costi più
bassi2. La collaborazione con il sistema universitario locale, che pure aveva iniziato a
svilupparsi già dagli anni settanta, come si vedrà meglio nel par. 4, non si traduceva in
innovazioni capaci di difendere la competitività delle produzioni manifatturiere standardizzate
che si realizzavano nel sito aquilano.
La fase finale della crisi è segnata dall’ingresso in scena della Finmek, gruppo privato italiano
presente anche in altre regioni, e dal suo fallimento, decretato nel 2004, a cui hanno fatto
seguito vicende giudiziarie ancora in corso e problemi sociali molto gravi per i lavoratori
rimasti privi di strumenti di sostegno e ancora lontani dalla pensione. Il sito industriale del
polo elettronico aquilano era stato ceduto nel 2003 dalla Flextronics a una società
appositamente costituita, Aquila Sviluppo (partecipata per il 90% da Sviluppo Italia - ora
Invitalia - per due quote del 5% dal Comune e dalla Provincia dell’Aquila). Aquila Sviluppo
non è riuscita a svolgere efficacemente il ruolo che le era stato assegnato e si è limitata alla
gestione e manutenzione degli impianti e a fornire input intermedi alle imprese già insediate
(gas, luce, vigilanza, mensa, ecc.), senza integrarli con servizi più avanzati volti a favorirne lo
sviluppo e a promuovere o attrarre nuove iniziative. Per di più non è riuscita a mantenere i
suoi bilanci in equilibrio e ha rapidamente esaurito il suo patrimonio sociale, fino a essere
posta in liquidazione nel 2008.
Malgrado questo epilogo, la storia travagliata del polo elettronico aquilano ha fatto emergere
altre realtà produttive, che sopravvivono ancora oggi e lasciano intravedere possibilità di
sviluppo, pur nel contesto difficile della crisi economica globale, del terremoto e dei ritardi
della ricostruzione, come si vedrà meglio nel par. 3. Si tratta principalmente della Technolabs,
un centro di ricerca e progettazione staccato e poi venduto dalla Siemens a compimento del
suo disimpegno dall’area aquilana, e di due stabilimenti partecipati in misura diversa dal
gruppo Finmeccanica (Selex Elsag e Thales Alenia Space), che ereditano le produzioni di
elettronica per usi militari e civili svolte fin dai primi anni ottanta dalla Selenia, una delle
imprese pubbliche che avevano assorbito parte dei lavoratori licenziati dall’Italtel.
2
M. Pelliccione e F. Venanzi, L’Aquila e il Polo Elettronico. Retroscena di una crisi, Edizioni Libreria Colacchi, L’Aquila,
2005.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
51
Recentemente il Comune dell’Aquila ha acquisito la proprietà del sito ex Italtel, assumendosi
la responsabilità della sua valorizzazione, nel contesto del programma di ricostruzione e
sviluppo dopo il terremoto.
Come già accennato, inoltre, il sistema ICT della provincia dell’Aquila non si limita al polo
elettronico cittadino, ma include una sezione più importante localizzata nella Marsica.
Si tratta in primo luogo del grande stabilimento di Avezzano della Micron Technology Italia,
controllato dal gruppo statunitense omonimo e attualmente specializzato nella produzione di
sensori d’immagine. All’origine l’impianto era stato costruito da un’altra multinazionale
statunitense, la Texas Instruments, che alla fine degli anni ottanta era stata attratta ad
Avezzano con un generoso contratto di programma. La Micron subentrò nel 1998, quando
acquisì tutta la divisione memorie della Texas nel mondo, e da allora ha continuato a investire
in tecnologia e competenze nel sito di Avezzano, portando l’occupazione vicino alle 1.800
unità. La Micron si è inoltre impegnata nel tentativo di consolidare i suoi rapporti con il
sistema locale, dando vita prima alla Fondazione Mirror3 e più recentemente al Polo di
innovazione ICT Abruzzo, che sarà descritto nel par. 5.
Nella Marsica opera anche un piccolo gruppo di altre imprese dell’ICT, sia pubbliche
(Finmeccanica) sia private, con caratteristiche e prospettive interessanti.
Nel resto della provincia, dopo la chiusura degli impianti di ACE-Siemens e di Finmek a
Sulmona, il settore è ormai praticamente assente, almeno nel comparto manifatturiero.
Da questo breve profilo storico emergono dunque con sufficiente chiarezza i confini
geografici di un sistema produttivo dell’ICT collocato in due aree della provincia,
corrispondenti ai sistemi locali del lavoro (SLL) dell’Aquila (n. 365) e di Avezzano (n. 362).
Secondo il censimento del 2001, il SLL dell’Aquila comprende 29 comuni, con una
popolazione residente di circa 97.000 persone (superficie 1.586 kmq), 34.000 addetti, di cui
6.300 nel manifatturiero, mentre in quello di Avezzano, anch’esso con 29 comuni, la
popolazione residente è di circa 100.000 persone, con 29.000 addetti, di cui 7.700 nel
manifatturiero (superficie 1.484 kmq).
I dati dei censimenti, ricollegabili a quelli del registro statistico delle imprese (ASIA),
consentono di delineare il profilo storico dell’occupazione nel sistema ICT dell’Aquila tra il
3
S. Galbiati, G. Giaccardi e M. Perego, MIRROR, un modello di lavoro nell’economia della conoscenza, Il Mulino, Bologna,
2005.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
52
1971 e il 2006, in base alla classificazione ATECO 2002. Le divisioni manifatturiere rilevanti
sono la 30 (fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici) e la 32
(fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le comunicazioni),
mentre nei servizi va considerata la divisione 62 (informatica e attività connesse).
Figura 1
Occupati nel settore ICT della provincia dell'Aquila
(addetti nelle unità locali delle divisioni 30, 32 e 62 della classificazione ATECO 2002)
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
1971
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
1981
1991
Manifattura
2001
2005
2006
Servizi
Dalla figura 1 emerge nettamente il forte ridimensionamento subito negli anni ottanta dal
settore ICT nella provincia dell’Aquila, dovuto essenzialmente alla crisi dell’Italtel (nel SLL
dell’Aquila l’occupazione passò da 4.629 a 3.287 addetti), non bilanciata dall’espansione del
polo marsicano (nel SLL di Avezzano gli addetti aumentarono da 698 a 1.225). Quest’ultima,
tuttavia, continuò negli anni novanta (fino a 2.343 addetti nel 2001), più che compensando
l’ulteriore flessione degli occupati all’Aquila (scesi a 2.608). Nella prima metà dell’ultimo
decennio è nuovamente prevalsa una tendenza negativa. Il comparto dei servizi, sviluppatosi
principalmente nel corso degli anni novanta, è rimasto tuttavia al di sotto dei 1.000 addetti.
Le produzioni manifatturiere dell’ICT hanno sempre rappresentato, nel periodo osservato, un
settore di specializzazione molto forte della provincia dell’Aquila, con una quota
sull’occupazione nazionale che, pur oscillando fortemente (tra il 2,5 e il 4,1 per cento) si è
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
53
comunque mantenuta molto superiore al peso della provincia sul totale dell’occupazione
manifatturiera (0,3 per cento in media). Viceversa nel comparto dei servizi informatici la
quota della provincia (0,2 per cento) è sempre rimasta inferiore a quella registrata nel totale
dei servizi (0,4 per cento).
Visto nel suo complesso, il sistema ICT della provincia dell’Aquila sembra almeno in parte
gravitare verso l’area romana, dato il ruolo centrale svolto dal gruppo Finmeccanica e la
facilità del collegamento autostradale. Più limitate appaiono, almeno finora, le interazioni con
le province costiere dell’Abruzzo e in particolare con le imprese del terziario avanzato
presenti nella zona di Pescara. Le principali imprese del sistema fanno parte di gruppi
multinazionali pienamente inseriti nei mercati globali e con una limitata propensione a creare
collegamenti produttivi con le imprese locali.
2. Tendenze recenti dell’occupazione e delle esportazioni
I dati Istat-ASIA relativi al 2007 consentono di delineare un quadro dettagliato delle
dimensioni del sistema ICT nella provincia dell’Aquila, alle soglie della crisi economica
globale.
Malgrado la crisi in corso da molti anni, il territorio aquilano mostrava ancora i segni della
sua forte specializzazione nell’ICT. Considerando la divisione 26 della classificazione
ATECO 2007 (fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi
elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi), risultavano nella provincia
dell’Aquila 54 unità locali, pari al 32 per cento del totale regionale e allo 0,6 per cento di
quello nazionale. In termini di addetti (3.717) l’incidenza della provincia era molto più
elevata, con quote del 72 per cento sull’Abruzzo e del 3 per cento sul totale nazionale4.
4
Le cifre corrispondenti, riferite alle sole unità economiche, erano di 35 imprese con 3.138 addetti.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
54
Figura 2
Industria elettronica - Addetti nelle unità locali della provincia dell'Aquila 2007
(distribuzione percentuale per gruppo ATECO)
0%
1%
1%
2%
261: fabbricazione di componenti elettronici e schede
elettroniche
24%
262: fabbricazione di computer e unità periferiche
263: fabbricazione di apparecchiature per le
telecomunicazioni
264: fabbricazione di prodotti di elettronica di consumo
audio e video
265: fabbricazione di strumenti e apparecchi di
misurazione, prova e navigazione, orologi
2%
266: fabbricazione di strumenti per irradiazione,
apparecchiature elettromedicali ed elettroterapeutiche
70%
267: fabbricazione di strumenti ottici e attrezzature
fotografiche
La figura 2 mostra con chiarezza la forte concentrazione dell’occupazione in due soli gruppi
ATECO, quello dei componenti elettronici, con circa 2.600 addetti, di cui fanno parte quelli
della Micron, e quello delle apparecchiature per le telecomunicazioni, con circa 900 addetti,
tra i quali i lavoratori del polo elettronico aquilano.
Nei servizi ICT si contavano nel 2007 a livello provinciale 373 unità locali con oltre 1.400
addetti, distribuiti tra le telecomunicazioni (449 addetti, per due terzi nel SLL di Avezzano),
la produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (456 addetti) e i servizi
d'informazione e altri servizi informatici (521 addetti). Nel complesso si trattava del 3,3 per
cento dell’occupazione provinciale nei servizi, una quota inferiore alla media nazionale (4,1
per cento), a conferma del fatto che la specializzazione nella manifattura elettronica non si era
ancora tradotta in un indotto significativo nel comparto dei servizi avanzati.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
55
Figura 3
Addetti nel settore ICT- variazioni percentuali 2007-09
SLL Avezzano
SLL L'Aquila
SLL Sulmona
Provincia
dell'Aquila
Abruzzo
Mezzogiorno
Italia
20
0
-20
-40
-60
-80
-100
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
Manifattura
Servizi
La figura 3 consente di vedere l’impatto esercitato dalla crisi economica globale e dal
terremoto del 2009 sull’occupazione nel settore ICT della provincia dell’Aquila. Le cadute
più forti sono state registrate nel SLL dell’Aquila, dove sono stati persi circa 600 posti di
lavoro nell’industria e 200 nei servizi, e in quello di Sulmona, dove il settore è ormai
sostanzialmente sparito. Il polo marsicano ha subito invece una flessione contenuta, di
dimensioni inferiori anche rispetto alla regione, al Mezzogiorno e alla media nazionale. Si
rileva inoltre che, diversamente da quanto è accaduto in altre parti d’Italia, le perdite di
occupazione manifatturiera non sono state compensate da aumenti nel settore dei servizi ICT.
Nelle altre province abruzzesi l’importanza del settore è molto minore. Nel comparto
manifatturiero perdite di occupazione sono state registrate a Chieti e Pescara, mentre a
Teramo il numero degli addetti è salito leggermente.
A livello regionale il settore ha perso il 19 per cento in termini di addetti, una flessione
superiore a quella subita dall’insieme dell’industria manifatturiera (-9 per cento) e
dall’occupazione totale (-4 per cento). Nell’insieme si può quindi parlare di una grave crisi
settoriale, particolarmente evidente nel SLL dell’Aquila, ma parzialmente compensata dalla
tenuta della Micron ad Avezzano e dalla crescita nel Teramano.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
56
Per cercare di delineare le tendenze più recenti del settore, si può fare ricorso ai dati INPS
sulla Cassa integrazione guadagni (CIG), disponibili fino al 2011 nella classificazione
ATECO 2002.
Nel triennio 2005-07 il numero totale di ore di CIG concesse in provincia dell’Aquila nella
divisione 32 (Fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le
comunicazioni)5 aveva oscillato tra i 2 e i 3 milioni, pari in media al 28 per cento del totale
nazionale di comparto, come riflesso della crisi grave in cui versavano le imprese del polo
elettronico. Dopo un consistente calo nel 2008, le ore di CIG sono tornate a livelli molto
elevati (2,8 milioni) l’anno successivo, per effetto della crisi economica e del terremoto. Il
biennio 2010-11 è caratterizzato da un miglioramento progressivo, fino a 1,3 milioni di ore e
l’incidenza sul totale nazionale si è abbassata al 10 per cento. Quella che alla metà del
decennio appariva come una grave crisi settoriale, si è successivamente diluita nella crisi che
ha investito tutto il comparto manifatturiero, anche in conseguenza del terremoto: l’incidenza
dell’industria ICT sul totale della CIG manifatturiera provinciale, pari in media al 78 per
cento nel biennio 2005-07, è scesa progressivamente negli anni successivi fino al 23 per cento
del 2011, anno in cui l’uso della CIG è diminuito del 24 per cento nel comparto ICT, a fronte
di un aumento del 38 per cento nel totale degli altri settori manifatturieri.
Qualche informazione ulteriore sulle tendenze più recenti del comparto manifatturiero ICT
può essere ricavata dai dati sulle esportazioni, disponibili a livello provinciale fino al 2011.
Nel comparto dei “computer, apparecchi elettronici ed ottici” (la divisione ATECO 26, qui
identificata con il totale ICT) le esportazioni della provincia dell’Aquila, che oscillavano
intorno ai 500 milioni di euro nella prima metà dello scorso decennio, sono scese
ininterrottamente a partire dal 2005, arrivando fino a un minimo di 228 milioni nel 2009. La
ripresa del 2010 è stata relativamente modesta (11 per cento) e si è interrotta nel 2011.
Dalla figura 4 appare con evidenza l’intensità della specializzazione provinciale nel settore
ICT: le quote dell’Aquila sulle esportazioni nazionali sono sempre rimaste a livelli molto
superiori a quelli detenuti sul totale delle esportazioni di merci. Tuttavia, mentre nella seconda
metà degli anni novanta la provincia esibiva vantaggi comparati in tre comparti (componenti
elettronici, computer ed unità periferiche e apparecchi per le telecomunicazioni), nello scorso
decennio la specializzazione si è concentrata nel solo gruppo dei componenti elettronici
5
Nelle altre divisioni ICT della classificazione ATECO 2002 le ore di CIG sono sempre rimaste a livelli molto bassi.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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(Micron). La scomparsa degli altri due comparti si è tradotta in una progressiva flessione della
quota provinciale sul totale ICT, malgrado il rafforzamento del comparto dei componenti
elettronici, giunto fino a una quota del 15 per cento nel 2008 e poi entrato anch’esso in una
fase discendente.
Analogamente a quanto si può osservare nel settore farmaceutico, che è il secondo polo di
specializzazione delle esportazioni aquilane, la tendenza declinante assunta dalle quote
provinciali sulle esportazioni nazionali sembra confermare i limiti di un modello di
internazionalizzazione duale, in cui la forte proiezione sui mercati esteri di alcune grandi
imprese a controllo esterno perde colpi e non riesce a diffondersi tra le imprese locali.
Figura 4
Quote della provincia dell'Aquila sulle esportazioni italiane
16,00
14,00
12,00
10,00
8,00
6,00
4,00
2,00
0,00
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
TOTALE MERCI
TOTALE ICT
COMPONENTI ELETTRONICI E SCHEDE ELETTRONICHE
COMPUTER ED UNITA' PERIFERICHE
2009
2010
2011
APPARECCHIATURE PER LE TELECOMUNICAZIONI
Dalle interviste condotte, come si vedrà nel par. successivo, emerge che le esportazioni di
componenti elettronici della provincia dell’Aquila, che pure rappresentavano nel 2011 il 38
per cento del totale merci, sono in realtà trasferimenti interni al gruppo Micron, diretti
esclusivamente verso gli Stati Uniti (in passato una parte delle cessioni era destinata anche a
Singapore, ma sempre come commercio intra-aziendale).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
58
3. Le imprese del sistema ICT nella provincia dell’Aquila
Come già accennato nel par. 1, il polo elettronico dell’Aquila era basato sulle produzioni
dell’Italtel di apparecchi per la telefonia su rete fissa e mobile, civile e militare. Con
l’abbandono della Siemens, che aveva acquisito il controllo dello stabilimento Italtel nel
1999, e successivamente della Flextronics, che ne aveva rilevato la produzione di apparati di
trasmissione, il settore ha subito un drastico ridimensionamento. La vicenda è culminata pochi
mesi fa con la messa in liquidazione della Finmek Solutions, che era subentrata alla
Flextronics ed era presente con un suo stabilimento anche a Sulmona. Malgrado l’intervento
pubblico di salvataggio, si è rivelato impossibile mantenere in vita gli stabilimenti del gruppo.
Resta ancora aperto il problema di come consentire agli ultimi 150 lavoratori della Finmek
Solutions dell’Aquila di passare dalla mobilità alla pensione.
Nella fase attuale la produzione più rilevante dell’area aquilana nel comparto ICT è quella di
apparecchi elettronici e antenne per veicoli spaziali, nonché di strumenti per il controllo del
traffico aereo con usi civili e militari.
L’impresa principale è la Thales Alenia Space Italia, partecipata per il 67 per cento dal gruppo
francese Thales e per il residuo 33 per cento dal gruppo Finmeccanica. L’azienda, erede dello
stabilimento della Selenia Spazio, creato nel 1983, concorre alla produzione di satelliti per
telecomunicazioni e altre strutture orbitanti, in collaborazione con le maggiori imprese e
istituzioni del settore aero-spaziale. Le sue linee produttive vanno dalla progettazione alla
produzione di apparecchi elettronici e antenne per varie applicazioni spaziali, con l’uso di
tecnologie innovative in campo microelettronico e materiali compositi. Il suo fatturato
consolidato è stato nel 2010 di 618 milioni di euro e i preconsuntivi del 2011 indicano una
crescita. Lo stabilimento aquilano fu seriamente danneggiato dal terremoto e il 14 dicembre
2011 è iniziata la costruzione di un nuovo impianto, su un’area di oltre 16.000 m2. Gli addetti
sono attualmente circa 300, di cui il 30 per cento ingegneri elettronici (il 70 per cento dei
quali laureati all’Aquila) e il 65 per cento periti elettronici. Nei programmi annunciati
l’occupazione dovrebbe crescere del 20 per cento nel nuovo stabilimento.
Il gruppo Finmeccanica è presente all’Aquila anche con uno stabilimento di una società
interamente controllata, la Selex Elsag, nata nel 2011 dalla fusione di Selex Communications
(specializzata nei settori dei sistemi avionici, soluzioni per la difesa, comunicazioni
professionali) e Elsag Datamat (operante nei settori dell’automazione, sicurezza logica e
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
59
fisica, ICT, logistica e mobilità). Si tratta di produzioni ad alto livello tecnologico in comparti
come i sistemi di identificazione in ambito avionico, le piattaforme per le comunicazioni
militari, per la sicurezza interna e per la protezione civile, i sistemi di cifratura delle
informazioni e di protezione delle reti contro gli attacchi informatici.
Attualmente la Selex Elsag vanta un portafoglio di circa 160 famiglie di brevetti e destina il 7
per cento del fatturato alla spesa per Ricerca e Sviluppo. A livello consolidato la Selex Elsag
realizza un fatturato di 1.385 milioni di euro e conta circa 7.200 addetti, dei quali 6.120
lavorano nelle sedi italiane, 725 nel Regno Unito e gli altri nelle sedi di Germania, Romania,
Turchia e USA.
La società si rivolge al mercato internazionale, ma i maggiori clienti sono quelli interni (in
Italia e nel Regno Unito); si tratta in particolare di istituzioni governative, della difesa,
aziende di telecomunicazioni, trasporti, poste e corrieri, utilities.
In Abruzzo la Selex Elsag ha sedi nelle città dell’Aquila, Chieti e Pescara e conta attualmente
279 dipendenti. Nella sede dell’Aquila lavorano 145 addetti, in gran parte ingegneri; in
particolare, 120 addetti lavorano nelle attività di progettazione e sistemistica, 6 nel controllo
della qualità, 6 nelle attività di project management e gli altri svolgono servizi di supporto. Le
attività nel sito coprono tutto il ciclo di sviluppo dei vari prodotti e sistemi a partire
dall’analisi dei requisiti sino alla verifica funzionale e ambientale.
Anche in questo caso lo stabilimento è stato reso inagibile dal terremoto e la società aveva
annunciato l’intenzione di costruirne uno nuovo6. Negli ultimi tempi è prevalsa invece
l’opzione di ristrutturare e ampliare la sede attuale, collocata all’interno del sito ex Italtel.
Un’altra impresa superstite del vecchio polo elettronico aquilano è la Technolabs, erede del
laboratorio di ricerca dismesso dalla Siemens, che progetta prodotti e servizi per le reti di
telecomunicazione. L’impresa è stata recentemente acquisita dalla Intecs, un gruppo privato
con sette insediamenti in Italia e uno in Francia, per un totale di circa 500 dipendenti, che
progetta e sviluppa sistemi elettronici per lo spazio, la difesa, i trasporti e le
telecomunicazioni. La Technolabs ha 158 addetti, in gran parte ingegneri e quasi tutti laureati
all’Aquila. L’impresa sembra aver superato la fase più difficile della crisi: nel 2011 ha
realizzato un fatturato di 11 milioni di euro, in forte aumento rispetto al 2010, generato
prevalentemente dalle attività di progettazione, che sono il suo core business. Le esportazioni
6
I sindacati hanno recentemente scritto una lettera aperta nella quale denunciano il mancato rispetto di questo
impegno e segnalano il rischio di un abbandono da parte dell’impresa.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
60
incidono per il 50 per cento sul fatturato di servizi e per il 90 per cento su quello relativo ai
prodotti, pari a circa 2,5 milioni.
La Technolabs era in precedenza controllata dal gruppo Compel, una multinazionale italiana
con sedi in Europa, Asia e America. Il gruppo conserva all’Aquila due insediamenti, la InterCompel, che produce componenti elettroniche per l’interconnessione, e la P&A Service, che
offre servizi integrati di assemblaggio e collaudo di schede elettroniche, ma sta attraversando
una periodo di crisi.
Nell’area dell’ex stabilimento Italtel operano anche due aziende locali, che lavorano
principalmente per le maggiori imprese superstiti del polo elettronico aquilano. Si tratta della
Elital (34 dipendenti), che opera tra l’altro per conto di Thales Alenia Space nella produzione
di circuiti stampati per l’Agenzia Spaziale Italiana, e della Hi-Tech Electronics (68
dipendenti). Nonostante le due aziende vantino produzioni ad alto livello tecnologico, il
carattere
familiare
dell’assetto
proprietario
e
della
gestione
implica
una
forte
sottocapitalizzazione, che costituisce un cruciale fattore di debolezza competitiva.
Come già accennato, nel resto della provincia il centro manifatturiero più importante dell’ICT
è la Micron Technology Italia di Avezzano, controllata dalla Micron Technology Inc. di
Boise (Stati Uniti), che è una società quotata al Nasdaq e uno dei maggiori fornitori mondiali
di prodotti a semiconduttore. Il sito di Avezzano realizzava nel 2005 circa il 15 per cento
della produzione totale del gruppo.
Ad Avezzano si producono attualmente sensori per immagini con tecnologia CMOS. I
prodotti hanno svariate applicazioni, dal campo della comunicazione mobile (telefonia
cellulare, smart phones, tablets, ecc.), a quello dell’impiego industriale (sensori per
automobili, strumenti medicali, lettori di codici a barre, strumenti di sorveglianza, ecc.), a
quelli delle macchine fotografiche, delle videocamere, dei PC e degli apparecchi per
videoconferenze.
Inoltre nel sito Micron di Avezzano si trova un centro di ricerca e sviluppo, con circa 40
tecnici, in cui vengono progettate e testate memorie non volatili di tipo NAND Flash, con
diverse applicazioni nell’informatica, nella fotografia e negli audiovisivi (lettori Mp3).
In totale lavorano nel sito circa 1.800 dipendenti a tempo indeterminato, di cui circa il 30 per
cento laureati e gli altri con diploma di scuola superiore. Le università di provenienza sono
principalmente quelle del Centro-Sud Italia (L’Aquila, Roma e Napoli). Le tendenze degli
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
61
ultimi anni vedono una sostanziale stabilità dell’occupazione, con il ricorso a lavoratori
temporanei per far fronte alle oscillazioni della domanda.
Il fatturato, tendenzialmente stabile negli ultimi anni, si aggira sui 250 milioni di dollari ed è
totalmente esportato verso un unico committente interno al gruppo, che è la statunitense
Aptina, società partecipata da Micron Technology Inc., proveniente dallo spin off della sua
divisione operante nel campo dei sensori per immagini. Fino al 2007 la destinazione
principale era invece Singapore, dove si trovano gli impianti della Micron per la produzione
di memorie NAND Flash.
Le importazioni di macchinari, materie prime e beni intermedi provengono quasi
esclusivamente da produttori non europei, che l’impresa considera più affidabili per ragioni di
qualità. Esistono rapporti di fornitura locali per molti servizi generali, ma non per gli input
specifici per il settore. Fa eccezione la produzione di gas tecnici, curata da un fornitore con un
piccolo impianto nel perimetro del sito di Avezzano.
Malgrado ciò, come si vedrà meglio nei paragrafi seguenti, la Micron Technology Italia
dedica un’attenzione particolare allo sviluppo dei rapporti con il sistema locale, e in
particolare alla collaborazione con l’Università dell’Aquila.
In Abruzzo Finmeccanica aveva in totale 587 addetti al 31 dicembre 2010. Oltre agli
stabilimenti aquilani, il gruppo è presente anche nella Marsica, a Ortucchio con il Centro
Spaziale del Fucino (Telespazio) e a Carsoli con la Selex Galileo7.
Telespazio è una società mista Finmeccanica (67 per cento) e Thales (33 per cento), con sede
centrale a Roma, circa 2.500 dipendenti e 437 milioni di fatturato (2010). Si tratta di uno dei
principali produttori mondiali di servizi satellitari, con una rete di società controllate in
Europa e in America e partecipazioni in importanti programmi spaziali internazionali, come
Galileo, EGNOS, GMES, COSMO-SkyMed, SICRAL e Göktürk. Il Centro Spaziale del
Fucino è il più grande teleporto mondiale per usi civili. Al suo interno è stato creato uno dei
due centri di controllo del progetto Galileo, il principale programma di navigazione satellitare
europeo, con un impiego previsto di oltre 100 tecnici.
La Selex Galileo è un’impresa del gruppo Finmeccanica con circa 7.000 dipendenti e sedi
principali nel Regno Unito, in Italia e negli Stati Uniti. Il fatturato consolidato è di 1.948
milioni di euro, realizzato principalmente nel settore dell’elettronica per la difesa. Il centro di
7
La Finmeccanica è presente anche a Chieti, con un sito del gruppo Selex Elsag attivo nel settore delle telecomunicazioni
militari, in cui lavorano circa 120 dipendenti. A Chieti è presente anche il gruppo Thales.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
62
Carsoli è specializzato in rivestimenti ottici, prodotti con tecnologie del vuoto per applicazioni
militari, civili e aerospaziali, e vanta importanti contratti con l’Agenzia Spaziale Europea.
Altre due imprese rilevanti del sistema ICT marsicano sono la Elco, specializzata nei circuiti
stampati, con 86 addetti nella sede centrale di Carsoli e affiliate in Francia, Spagna, Cina e
Stati Uniti e la G&A Engineering, di Oricola, una piccola impresa che opera nella
microelettronica per impieghi militari e spaziali, con un centro di ricerca e un impianto
produttivo. L’impresa vanta grandi capacità innovative e ha sviluppato un piano spaziale
autonomo, basato su microsatelliti disponibili anche per usi privati.
Dagli studi già pubblicati e dalle interviste realizzate emerge complessivamente che le
imprese manifatturiere dell’ICT, in gran parte inserite in gruppi a controllo esterno, non hanno
finora generato collegamenti significativi con le imprese locali. Gli input intermedi vengono
spesso da altre imprese del gruppo, localizzate anche all’estero e i mercati di sbocco sono
quelli internazionali. I pochi subfornitori locali operano spesso in segmenti a basso valore
aggiunto e stentano a trovare sbocchi di mercato aggiuntivi rispetto ai loro committenti locali.
Tuttavia, qualche opportunità nuova potrebbe emergere per i servizi alla produzione.
4. Imprese, università e centri di ricerca: creazione di competenze e conoscenze nel
sistema dell’ICT aquilano
Dall’insieme delle interviste realizzate emerge con chiarezza la convinzione diffusa nel
sistema locale dell’ICT che il valore delle competenze professionali disponibili localmente sia
il fattore cruciale che spiega la persistenza nel territorio di un nucleo importante di imprese,
malgrado la lunga crisi sofferta dal polo elettronico aquilano e le difficoltà del contesto
internazionale.
Questo risultato si deve in misura notevole al lavoro svolto dalle Facoltà di Ingegneria e di
Scienze dell’Università dell’Aquila, che hanno saputo progressivamente adattare la loro
offerta didattica alle esigenze del sistema produttivo e che sono riuscite a stabilire forme
abbastanza efficaci di collaborazione con le imprese a diversi livelli, che includono i tirocini
formativi pre- e post-laurea, la partecipazione delle imprese alle attività didattiche, i servizi di
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
63
collocamento post-laurea, il finanziamento di borse di dottorato e la realizzazione di progetti
congiunti di ricerca applicata. Il rapporto con le imprese ha rafforzato e valorizzato anche le
attività di ricerca svolte autonomamente dall’Ateneo. Tra queste, un rilievo particolare spetta
all’attività del “centro di eccellenza” su Design methodologies for Embedded controllers,
Wireless
interconnect
and
System-on-chip
(DEWS),
riconosciuto
dal
Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel 2001 e orientato alle applicazioni sociali
dell’elettronica avanzata, in campo ambientale, sanitario e alimentare. Il DEWS è membro
della rete europea di eccellenza HYCON sui sistemi ibridi e ha stabilito altre collaborazioni
internazionali di ricerca con partner molto prestigiosi. Inoltre coopera con le principali
imprese del sistema locale dell’ICT e ha dato vita a uno spin off industriale, la West Aquila8.
All’origine del rapporto molto stretto tra l’Università dell’Aquila e il sistema locale dell’ICT
va collocato un altro attore fondamentale della storia del polo elettronico aquilano: la Scuola
Superiore Guglielmo Reiss Romoli, nata nel 1972 come ente di formazione superiore per le
aziende del gruppo STET e presto divenuta famosa come uno dei più qualificati centri europei
di formazione e innovazione nel campo dell’ICT. La Reiss Romoli svolse un ruolo di stimolo
molto proficuo per orientare il giovane Ateneo aquilano verso questo settore e gli scambi di
docenti tra le due istituzioni furono sempre frequenti. Anche la Scuola, come l’Italtel, è tra le
vittime del processo di privatizzazione della telefonia italiana. Dopo alcuni anni di
sopravvivenza faticosa nell’ambito della Telecom Italia Learning Services (TILS), la Scuola è
stata oggetto di una serie di passaggi proprietari molto controversi, che l’hanno portata sulla
via della liquidazione. Il terremoto del 2009 sembrava averle dato il colpo di grazia, creando
le condizioni perché nella struttura immobiliare in cui sorgeva la Scuola venisse ricollocata la
sede centrale dell’Università dell’Aquila. E tuttavia, malgrado tutte le difficoltà, una parte
degli ex dipendenti della Scuola ha deciso di ricostituire un’impresa di formazione e
consulenza nell’ambito dell’ICT, mantenendo la denominazione di Reiss Romoli e
riprendendo a svolgere attività qualificate di formazione tecnica e manageriale nel campo
delle telecomunicazioni. La nuova Reiss Romoli continua ad avere buoni rapporti di
collaborazione con la Facoltà di Ingegneria, che ha anche ereditato il suo patrimonio di
attrezzature per la ricerca.
Altri esempi rilevanti di collaborazione tra le imprese e l’università includono i laboratori di
ricerca congiunta che saranno realizzati nel nuovo stabilimento della Thales Alenia Space con
8
Alcune informazioni sugli spin off dell’Università dell’Aquila sono disponibili nel cosiddetto “incubatore virtuale”
www.aqube.it
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
64
il Consorzio CREO (Centro di ricerche elettro-ottiche) dell’Università e la Space Academy
Foundation, costituita da Selex Elsag, Telespazio, Thales Alenia Space e Università
dell’Aquila, per svolgere attività di formazione specialistica e collaborazione internazionale in
campo spaziale.
Può essere infine inquadrata in questa prospettiva la recentissima istituzione del Gran Sasso
Science Institute, una scuola di dottorato internazionale gestita dall’Istituto Nazionale di
Fisica Nucleare nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, che lavorerà nel campo delle scienze
di base e dell'intermediazione tra ricerca e impresa (fisica, matematica e informatica, gestione
dell'innovazione e dello sviluppo territoriale).
Qualche informazione più precisa sul ruolo dell’Università dell’Aquila nel processo di
formazione delle competenze necessarie allo sviluppo del sistema locale dell’ICT può essere
ottenuta esaminando le statistiche disponibili sugli studenti e sui laureati.
I dati presenti sul sito del MIUR consentono di delineare un quadro dettagliato dell’offerta di
laureati nelle discipline tecnico-scientifiche nell’Università dell’Aquila e, in particolare, nelle
discipline più propriamente legate all’ICT.
All’interno del più ampio insieme dei corsi di laurea in discipline tecnico-scientifiche, per
corsi di studio ICT si fa qui riferimento essenzialmente a quelli in Ingegneria elettronica,
Ingegneria delle telecomunicazioni, Ingegneria informatica e automatica e ai corsi di laurea in
Informatica e Scienze dell’informazione della Facoltà di Scienze.
Nel 2010 il numero dei laureati ICT provenienti dall’Università dell’Aquila è stato di 262,
pari al 35 per cento del totale dei laureati in discipline tecnico-scientifiche e all’8 per cento
del totale dei laureati nell’ateneo. La quota dei laureati ICT sul totale dei laureati in discipline
tecnico-scientifiche e sul totale dei laureati mostra una tendenza declinante nella prima metà
dell’ultimo decennio, che appare arrestarsi ma non ancora invertirsi negli ultimi anni (figura
5)9.
9
Occorre specificare che i dati riportati includono nella definizione di “laureati” anche una piccolissima quota di studenti che
hanno conseguito un diploma universitario del vecchio ordinamento (antecedente al 509/1999) della durata di tre anni.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
65
Figura 5
I laureati si concentrano principalmente in due corsi di studio, quello di Informatica della
Facoltà di Scienze e quello di Ingegneria elettronica (in calo dal 2007). Negli ultimi anni è
aumentato il flusso di laureati in Ingegneria informatica e automatica e in Ingegneria delle
telecomunicazioni.
La provenienza dei laureati in discipline ICT riflette quella dei laureati nelle altre discipline
che completano l’offerta formativa dell’ateneo. Nel periodo che va dal 2001 al 2010 il numero
dei laureati ICT residenti all’Aquila non ha mai superato il 50 per cento del totale (figura 6).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
66
Figura 6
L’indagine di Alma Laurea sulla condizione occupazionale dei laureati negli atenei italiani
offre qualche informazione sull’inserimento lavorativo dei laureati ICT dell’Università
dell’Aquila.
I dati disponibili relativi all’indagine 2010 indicano che, a tre anni dalla laurea, la quota di
laureati ICT che lavora è superiore all’80 per cento del collettivo indagato; tra i laureati in
Ingegneria delle telecomunicazioni tale quota arriva al 90 per cento. A un anno dalla laurea la
quota dei laureati ICT che ha trovato occupazione oscilla tra il 42 per cento dei laureati in
Ingegneria delle telecomunicazioni e il 71 per cento dei laureati in Ingegneria informatica e
automatica.
Le statistiche mostrano anche il settore di attività in cui i laureati trovano occupazione.
Mentre i laureati in Ingegneria elettronica, Ingegneria delle telecomunicazioni, Ingegneria
informatica e automatica (a tre anni dal conseguimento del titolo) lavorano prevalentemente
nelle industrie manifatturiere, con quote del 40, 56 e 38 per cento, la maggior parte dei
laureati in Informatica è occupata nei servizi (91 per cento degli intervistati).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
67
5. Le politiche regionali per lo sviluppo e per l'innovazione
La Regione Abruzzo ha elaborato un ambizioso sistema di programmazione e attuazione delle
politiche di sviluppo del sistema produttivo regionale, basato su una legge di recente
approvazione e sul ruolo tecnico di Abruzzo Sviluppo, la società di promozione industriale
della Regione.
Il sistema è articolato nel modo seguente: in primo luogo si promuove la costituzione di poli
regionali di innovazione, definiti come aggregazioni di imprese, università e centri di ricerca,
che operano in filiere specifiche dello sviluppo regionale; i diversi poli di innovazione trovano
un centro di coordinamento in una piattaforma di raccordo dei poli di innovazione, guidata da
Abruzzo Sviluppo; al tempo stesso, tramite l’Accordo di Programma Abruzzo 2015, si
promuove la costituzione di reti d’impresa, a cui possono partecipare soltanto imprese private
legate da un contratto di rete per realizzare progetti specifici di interesse comune, e che,
diversamente dai poli di innovazione, possono avere anche partner di altre regioni e tendono a
valorizzare le possibili complementarità tra filiere diverse.
Il nuovo sistema mira inoltre a ridefinire in modo organico gli strumenti della
programmazione negoziata disponibili a livello regionale (intese-quadro istituzionali, accordi
di programma regionali, contratti di sviluppo locale, contratti di riqualificazione produttiva),
nonché gli interventi a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese e dell’innovazione.
Nell’ambito di questo nuovo sistema, sono stati finora costituiti otto Poli di innovazione, tra i
quali uno nel settore ICT e un altro in quello dei “servizi avanzati”.
Il Polo ICT Abruzzo è stato creato su impulso principale della Fondazione Mirror, ente senza
fini di lucro creato nel 2004 dalla Micron Technology Italia per contribuire allo sviluppo della
sua area di insediamento, favorendo la diffusione della cultura d’impresa e affiancando le
istituzioni nelle attività di programmazione.
Il Polo ICT Abruzzo si presenta come organismo di intermediazione tra i suoi partner, volto a
creare e far conoscere opportunità di sviluppo, lasciando a ciascuno di loro la responsabilità di
valorizzarle. Al polo aderiscono attualmente 55 soggetti, distribuiti in tutto il territorio
regionale, con una prevalenza della provincia dell’Aquila (24), seguita da quelle di Teramo
(19), Pescara (6) e Chieti (5). C’è anche un’impresa di servizi con sede a Roma. Si tratta in
gran parte di piccole imprese di servizi, ma i soggetti più grandi sono alcune delle principali
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
68
aziende regionali dell’ICT (Micron, Telespazio e Selex Elsag del gruppo Finmeccanica,
Technolabs) e la sede regionale di Fastweb. Inoltre ne fanno parte il consorzio Radiolabs
dell’Università dell’Aquila e tre spin-offs universitari (uno all’Aquila e due a Chieti).
Il polo è articolato in quattro divisioni:
a)
conoscenza: osservatorio sui fabbisogni di ricerca/innovazione e di formazione del
sistema territoriale;
b)
servizi: albi dei fornitori di servizi per i soggetti del polo;
c)
futuro: gruppi di lavoro per l’identificazione di progetti innovativi nel settore ICT;
d)
sviluppo: realizzazione di quattro obiettivi:
(1) Sviluppo di reti di partenariato con altri attori del settore ICT in Italia e all’estero;
(2) Ricerca di finanziamenti per le attività del Polo;
(3) Sostegno alle nuove imprese;
(4) Servizi di commercializzazione dei prodotti e servizi delle imprese del Polo.
Tra i programmi del Polo è indicata la creazione di una “scuola di alta formazione” diretta a
sviluppare le capacità imprenditoriali e innovative nel sistema locale, in collaborazione con il
sistema universitario. Tra le questioni aperte c’è quella dei rapporti tra questo progetto e il
Gran Sasso Science Institute (cfr. par. 4).
Oltre ai poli di innovazione, la Regione ha cercato di articolare ulteriormente la sua politica
industriale con una serie di iniziative, tra cui:
a)
il progetto “Fabbrica Abruzzo”, che si propone di raccogliere in un unico quadro di
riferimento le più importanti iniziative progettuali di immediata realizzabilità;
b)
interventi specifici per le aree di crisi individuate all’interno della Regione.
Queste attività sono sostenute da un Patto per lo sviluppo dell’Abruzzo, sottoscritto dalle
organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
Uno dei problemi della Regione è il modesto tasso di utilizzazione dei fondi strutturali
europei. Recentemente Confindustria Abruzzo ha proposto la costituzione di un laboratorio
per accelerare la soluzione di questo problema.
Il metodo della concertazione tra le parti sociali ha anche ispirato il recente rilancio del
processo di elaborazione partecipata di un programma di sviluppo per l’area dell’Aquila e per
l’intera regione, con il supporto dell’OCSE e di un gruppo di esperti coordinati
dall’Università di Groningen.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
69
Tra le linee-guida presentate al dibattito pubblico su questo programma, un ruolo centrale
spetta all’innovazione e in particolare all’uso delle ICT sia nel processo di ricostruzione dei
centri storici distrutti dal terremoto, sia nella creazione di nuove opportunità di sviluppo nel
turismo e in altri settori.
Il programma prevede inoltre il coinvolgimento e la valorizzazione del sistema scolastico e
universitario locale, per migliorare i suoi servizi di formazione delle competenze necessarie
allo sviluppo del territorio. Si auspica infine l’intensificazione dei rapporti tra università,
centri di ricerca e sistema produttivo.
6. Conclusioni e indicazioni politiche
Da quanto presentato finora, sia pure in modo approssimativo e preliminare, emerge
l’immagine di un sistema produttivo dell’ICT aquilano in difficoltà, per l’effetto combinato
del terremoto e della crisi economica globale, che hanno aggravato una tendenza declinante
visibile già negli anni precedenti al 2009. Ne sono testimonianza i dati sull’occupazione e
sulle esportazioni, nonché le notizie sulle crisi aziendali.
Eppure, proprio la gravità della situazione sembra indicare con forza la necessità di ridefinire i
percorsi di sviluppo e stimola i soggetti più innovativi a impegnarsi in questo compito.
Il potenziale per una ripresa dello sviluppo non manca. Malgrado i problemi degli ultimi anni,
la provincia dell’Aquila è ancora caratterizzata da una dotazione di capitale umano
relativamente elevata (la quota di laureati tra i giovani in età compresa tra i 25 e i 30 anni era
nel 2010 pari a 72 su 1.000, al 12° posto nella graduatoria delle province italiane)10. La sua
specializzazione manifatturiera resta orientata verso settori ad alta intensità di ricerca, e in
particolare l’ICT e la farmaceutica.
Persino all’interno dell’area del polo elettronico aquilano sopravvivono alcune imprese
importanti, principalmente ma non esclusivamente legate al gruppo Finmeccanica, che basano
la loro competitività sull’uso di tecnologie avanzate, sulla valorizzazione delle competenze
disponibili tra i lavoratori del sistema locale e su rapporti consolidati e ben funzionanti con
l’università. Accanto a queste, nell’area marsicana della provincia, operano altre piccole e
medie imprese vitali e soprattutto il grande stabilimento della Micron Technology Italia che,
10
Il Sole 24 Ore, Indagine sulla qualità della vita 2011,
http://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2011/home.shtml?gtdpage=qvita_2011_province_l_aquila
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
70
oltre a rappresentare in se stesso una realtà produttiva avanzata di grande interesse, si muove
da tempo in modo attivo per promuovere la diffusione della cultura d’impresa e rafforzare i
suoi legami con le istituzioni e gli altri soggetti del sistema locale.
Novità interessanti sembrano profilarsi anche tra i centri di ricerca e innovazione, con la
nascita del Gran Sasso Science Institute e la costituzione di laboratori di ricerca congiunta con
l’università all’interno del nuovo stabilimento in costruzione da parte della Thales Alenia
Space.
Anche le politiche regionali per lo sviluppo industriale e l’innovazione sono sottoposte a un
processo di riorganizzazione, che punta principalmente su strumenti di sostegno alla
collaborazione tra i diversi soggetti dei sistemi produttivi, come i poli di innovazione e le reti
d’impresa. In questo ambito, la nascita del Polo di innovazione ICT Abruzzo, promosso dalla
Micron, conferma la volontà di alcuni attori locali di individuare nuovi percorsi di sviluppo.
Questi fermenti si scontrano con difficoltà vecchie e nuove. Il deficit di concorrenzialità dei
mercati italiani, combinandosi con i limiti dell’intervento pubblico, riduce l’offerta di molti
beni e servizi intermedi necessari allo sviluppo produttivo. Un esempio eloquente è offerto
proprio dallo stabilimento della Micron di Avezzano, costretto a dotarsi di un impianto di
cogenerazione per ovviare all’alto costo e alla bassa qualità delle forniture di energia elettrica.
Un altro esempio significativo è dato dalla fase finale della crisi del polo elettronico aquilano,
nella quale nemmeno la società Aquila Sviluppo, appositamente costituita da Sviluppo Italia e
dalle istituzioni locali, è riuscita a svolgere in modo efficace il suo compito di promozione
industriale.
L’approccio prevalente degli strumenti adottati in Abruzzo resta quello del sostegno alle
imprese esistenti, più che della creazione di condizioni favorevoli alla nascita di nuove
iniziative o all’attrazione di investimenti esterni, che valorizzino le risorse e le competenze
locali. Eppure il nucleo di aziende e centri di formazione e ricerca esistente nel sistema ICT
dell’Aquila potrebbe consentire di impostare iniziative volte a favorire l’insediamento di altre
imprese, purché i principali attori del sistema riescano a trovare, ai livelli istituzionali
appropriati, interlocutori affidabili, capaci di comprendere le tendenze dei mercati
internazionali e di ascoltare e valutare le esigenze degli investitori. Un disegno regionale di
politica industriale, infatti, per quanto ben congegnato, non può fare a meno, soprattutto in
una regione piccola come l’Abruzzo, di inserirsi in un programma più ampio definito a livello
nazionale e coerente con gli indirizzi comunitari.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
71
Il superamento di questi problemi è reso ancora più necessario dal prolungarsi della crisi
economica globale e dai problemi creati nell’area aquilana dal terremoto del 2009 e dai ritardi
della ricostruzione. Eppure, anche in quest’ultimo caso, non mancano le opportunità. Il sito
industriale una volta occupato dal polo elettronico aquilano potrebbe tornare a essere un’area
vitale, se il Comune che ne ha assunto la proprietà riuscirà a interpretare correttamente il suo
ruolo, affidando la gestione degli immobili a specialisti del settore e costituendo un’agenzia
specializzata nell’offerta di servizi alle imprese, che svolga in maniera professionale l’attività
di promozione e attrazione di nuove iniziative.
L’integrazione tra imprese, università e altri centri di ricerca è indicata da diversi soggetti
come la via principale per identificare un percorso di ripresa dello sviluppo nell’area colpita
dal terremoto. La versatilità delle ICT consente di ipotizzare progetti importanti anche in
collegamento con altre attività, come il polo farmaceutico presente all’Aquila, quello
automobilistico della Val di Sangro, i cantieri della ricostruzione dei centri storici colpiti dal
sisma, i programmi di valorizzazione delle risorse naturali e culturali della regione.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Appendice
Elenco delle interviste realizzate
1.
Imprese e sindacati
Marco Bentivogli (FIM-CISL)
Antonio Cappelli (Confindustria L’Aquila)
Giuseppe Cappiello e Damiano Russo (Polo ICT Abruzzo)
Giovanni Del Maestro (Selex Elsag)
Alfredo Fegatelli e Umberto Trasatti (CGIL Abruzzo)
Bruno Guardiani (Technolabs)
Fabrizio Famà e Riccardo Martorelli (Micron Technology Italia)
Nicola Travaglini (Thales Alenia Space Italia)
2.
Università e centri di ricerca
Alberto Bazzucchi (CRESA)
Marco Faccio (Dipartimento di Ingegneria elettrica e dell’informazione, Università
dell’Aquila)
Pierugo Foscolo (Preside della Facoltà di Ingegneria, Università dell’Aquila)
Fortunato Santucci (Dipartimento di Ingegneria elettrica e dell’informazione, Università
dell’Aquila)
3.
Altre istituzioni
David Iagnemma (Fondazione Carispaq)
Sergio Natalia (Sviluppo Italia Abruzzo)
Nello Rapini (Abruzzo Sviluppo)
Lorenzo Santilli (Camera di Commercio dell’Aquila)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Capitolo 3
Il sistema aerospaziale pugliese
Nicola D. Coniglio
Università degli Studi di Bari e CERPEM
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Premessa
Il sistema produttivo dell’aerospazio in Puglia vanta oltre 70 imprese con un bacino di
occupazione che supera le 4 mila unità e rappresenta la quarta realtà regionale per importanza
dopo Lombardia, Piemonte e Campania. L’aerospazio Pugliese è fortemente incentrato sulla
manifattura di parti di aeromobili – con una notevole specializzazione nell’utilizzo di nuovi
materiali compositi - sebbene non sia trascurabile la capacità del sistema produttivo di
progettazione e sviluppo di componenti e sub-sistemi sia in campo aeronautico che nel
comparto spazio.
Il settore ricomprende in prevalenza il comparto manifatturiero dell’aeronautica
(“Fabbricazione di aeromobili, di veicoli spaziali e dei relativi dispositivi”, divisione 30.30
della classificazione ATECO 2007) nonché alcune imprese orientate prevalentemente a
produzioni di beni e servizi per l’industria dello spazio (con produzioni principali classificate
nella divisione 27 “apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non
elettriche”, divisione 61 “servizi delle telecomunicazioni”, divisione 62 “produzione di
software, consulenza informatica e attività connesse” e divisione 63 relativa ai “servizi
d’informazione e altri servizi informatici”.
L’origine del comparto dell’aeronautica in Puglia va ricercata nella storia della SACA
(Società Anonima Costruzioni Aerei) fondata a Brindisi nel 1934 dall’Avv. Marcello
Indraccolo per fornire assistenza tecnica e logistica alla Compagnia Aerea Ala Littoria. La
SACA conclude la sua storia nel 1977 dopo aver occupato nel suo picco circa 3 mila
dipendenti. Dalle sue ceneri si sviluppa l’assetto attuale del settore. La Fiat Avio – oggi Avio
- ne rileva le attività di costruzione e manutenzione dei motori nel 1979 mentre Agusta ne
rilevò nel 1977 la divisione aerostrutture. L’ingresso di Alenia, oggi principale player del
sistema produttivo, si ha negli anni settanta con la realizzazione di uno stabilimento a Foggia.
Presenza che si rafforza negli anni novanta attraverso l’acquisizione delle Officine Aeronavali
di Venezia che da Agusta avevano a loro volta rilevato le attività di manutenzione di velivoli
ad ala fissa a Brindisi. Lo sviluppo recente è stato tracciato in buona parte da Alenia e più in
generale dalle imprese del gruppo Finmeccanica.
Il futuro del settore in buona parte dipenderà dalle strategie di questo grande player e,
pertanto, dagli indirizzi di politica industriale che il nostro paese vorrà darsi negli anni a
venire.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
75
Questa nota ha l’obiettivo di descrivere le recenti dinamiche del sistema aerospazio pugliese e
si basa sull’elaborazione desk di statistiche e documenti disponibili e su una serie di interviste
condotte tra marzo e aprile 2012 a un insieme di qualificati rappresentanti delle imprese, delle
istituzioni e dei centri di ricerca che costituiscono il sistema dell’Aerospazio regionale (cfr.
Appendice).
La nota è organizzata nel seguente modo. Il paragrafo 1 descrive sinteticamente le origini
storiche del sistema produttivo. Il paragrafo 2 e 3 delineano rispettivamente le caratteristiche
e dinamiche globali del settore e l’assetto attuale dell’industria aerospaziale italiana. Nel
paragrafo 4 vengono presentate le caratteristiche e le recenti dinamiche del sistema
aerospazio pugliese. Viene inoltre fornita una descrizione delle imprese principali e delle loro
tendenze e connessioni interne ed esterne al sistema basata in larga parte dalle interviste
realizzate nel territorio. Le politiche pubbliche a supporto del settore realizzate negli ultimi
anni sono presentate nel paragrafo 5. Nel paragrafo 6 si mettono in evidenza le
caratteristiche principali del “circuito del capitale umano” innestato dalle relazioni tra le
imprese del settore e la rete scuola-università-centri di ricerca del territorio. Una sintesi sulle
prospettive di sviluppo del sistema e sulle condizioni per il suo rilancio è riportata nel
paragrafo 7.
1. Le origini del sistema dell’aerospazio in Puglia
La storia dell’aeronautica in Puglia ha inizio negli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale.
L’idroscalo di Brindisi, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, è uno snodo
importante già negli anni venti. Durante il ventennio fascista furono realizzati gli aeroporti
militari di Brindisi, Grottaglie, Galatina, Bari e Foggia.
Nel 1934 l'avvocato Marcello Indraccolo fondò la Società Anonima Costruzione Aerei,
SACA; un'azienda che con 3 mila dipendenti arrivò a occupare al suo interno tutta la filiera
dell'aeronautica. La SACA nasce con la finalità di dare assistenza tecnica e logistica alla
Compagnia Aerea Ala Littoria che aveva iniziato i collegamenti da Roma e Trieste con Atene
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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e Rodi, con scalo a Brindisi. La società ha operato sino al 1977 a Brindisi con attività
manifatturiera nei settori delle aero-strutture (partecipazione a programmi multinazionali quali
F-104, Falcon 10, Tornado, L-1011) e nella costruzioni di motori (J-79, J-85, RB-199) e nella
manutenzioni sia di motori che dei velivoli.
Sulle ceneri della divisione della SACA impegnata nella costruzione di motori iniziò nel 1979
l’attività di produzione di motori a Brindisi di Fiat Aviazione, oggi Avio, che rappresenta una
delle realtà principali del distretto produttivo.
Le attività della divisione aerostrutture e manutenzione della SACA nel 1977 vennero rilevate
dall’Agusta che ampliò l’attività all’ala rotante.
L’ingresso di Alenia – oggi il principale player del distretto – è più recente. Negli anni
settanta avvia uno stabilimento a Foggia che in seguito viene dedicato alla manifattura di parti
strutturali di aeromobili in materiale composito. La presenza a Brindisi è legata alla cessione
negli anni novanta da parte di Agusta alle Officine Aeronavali di Venezia (in seguito assorbite
nel gruppo Alenia Aeronavali) delle attività di manutenzione di velivoli ad ala fissa con i
relativi hangar ubicati all’interno del sedime aeroportuale. In quegli anni Agusta mantiene a
Brindisi, e le espande nei decenni seguenti, le attività relative alla produzione e manutenzione
di elicotteri.
E’ intorno a questi tre principali players che nascono e si sviluppano piccole e medie imprese
– spesso fondate da ex-dipendenti – focalizzate sulle sub-forniture aeronautiche e insediate, in
buona parte, nell’area industriale di Brindisi e nelle province di Brindisi e Lecce.
Una tappa significativa della storia del settore aerospazio in Puglia è la creazione di un
ulteriore stabilimento Alenia a Grottagle (Taranto) favorito da un accordo di programma con
la Regione Puglia (che finanzia l’adeguamento delle infrastrutture aeroportuali). In
quest’ultimo stabilimento, parte dell’Alenia Composite, si realizzano grandi assiemi
strutturali in composito (quali le sezioni di fusoliera, denominati in gergo “barrel”) per il
nuovo velivolo B787 della Boeing e le cui consegne sono cominciate all’inizio del 2007.
Questa tappa consolida fortemente la partecipazione degli stabilimenti pugliesi alla catena del
valore globale nel settore aeronautico.
Nel settore spazio, uno dei principali player è la Space Software Italia (SSI) con sede a
Taranto e parte del Gruppo Finmeccanica che nasce nel 1988 a seguito della joint venture tra
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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l’allora Aeritalia (60%) e la Computer Sciences Corporation (40%). L’azienda si occupa di
sistemi software spaziali e di sistemi software real-time integrati ed oggi ha ampliato la
gamma produttiva con software basati su sistemi di swarm intelligence (logica a sciame). La
storia delle altre PMI nel settore è più recente e spesso legata alla presenza di Università e
Centri di ricerca.
2. Caratteristiche generali e tendenze del settore Aerospazio
Il settore dell’aerospazio sta attraversando una fase di cambiamento strutturale in parte legata
alla crisi finanziaria globale ed in parte ad un processo di trasformazione del modello di
business dei grandi attori del settore con conseguenze che si ripercuotono sull’intera struttura
della supply chain.
Il comparto legato alla difesa ha delle prospettive a breve-medio termine negative. Secondo
alcune stime gli investimenti militari nel settore – nuove acquisizioni e R&S – potrebbero
passare dai 253 Mld di US$ del 2008 a 150 Mld US$ nel 2016. La competizione nel settore
della difesa sarà prevedibilmente più acuta in questa fase di contrazione della domanda e
fortemente basata sulla capacità delle imprese di ridurre i costi di produzione e di generare
opportunità di business in mercati “adiacenti” (sia nel settore dell’aviazione commerciale che
in altri settori produttivi).
Il comparto commerciale continua a sperimentare un trend positivo grazie alla crescita della
domanda di mobilità aerea soprattutto nei mercati emergenti. Si stima che la dimensione del
mercato ecceda i 200 Mld di US$ annui con un tasso di crescita annuo previsto pari al 3,8%
nei prossimi 20 anni.
Le previsioni al 2020 per il mercato aeronautico (velivoli ad ala fissa militari e commerciali e
velivoli ad ala rotante) sono positive; il mercato globale è stimato crescere ad un tasso medio
annuo pari a circa il 4,5%, nel decennio 2010-20. In particolare per i velivoli ad ala fissa, si
stima una crescita annua media del 4,9% per i prossimi 10 anni. In valore assoluto il peso dei
nuovi ordini di aeromobili per uso commerciale dovrebbe superare quello per usi militari.
Meno sostenuta dovrebbe essere l’espansione del mercato degli elicotteri (1,8% medio
annuo). (fonte Alenia Aermacchi 2012).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Il duopolio globale Boeing-Airbus che ha caratterizzato il mercato dei vettori ad ala fissa di
lungo raggio è “contestato” dall’ingresso di nuovi players con un forte supporto statale (Cina,
Russia, Brasile e India). Il superamento del duopolio può creare opportunità interessanti per la
rete di sub-fornitori e portare ad un ulteriore stimolo all’innovazione nel settore. In
particolare, secondo alcuni analisti del settore l’aumento del numero di “airframe
manufacturers” rafforzerà le capacità contrattuali della rete di subfornitori (di primo, secondo
e terzo livello) e incrementerà accordi di risk-sharing11 tra fornitori di primo livello e imprese
“airframe manufacturers”. Alcune importanti aggregazioni societarie tra sub-fornitori – ad
esempio la recente acquisizione della Goodrich Corporation da parte della United
Technologies Corporations – sono emblematiche di una maggiore posizione di forza nel
mercato da parte dei sub-fornitori di primo livello.
La maggiore competizione nel mercato fino ad oggi occupato da Boeing ed Airbus sta
spingendo l’industria nella direzione di modelli più efficienti. Questo trend genera opportunità
per i fornitori che hanno indirizzato in questa direzione le loro attività di ricerca e
innovazione. L’evoluzione strategica in corso della supply chain può essere sintetizzata dalla
figura 1.
Si assiste ad una forte tendenza nel settore aeronautico ad una maggiore verticalizzazione del
prodotto.
La strategia delle grandi imprese che gestiscono i processi di sviluppo di nuovi
vettori è quella di ridurre il numero di fornitori al fine di ridurre i “nodi” del
processo di produzione ed avere una maggior controllo sulla qualità ed i tempi di
realizzazione.
(intervista a responsabile Alenia Aermacchi)
Questa strategia implica un forte incentivo alla verticalizzazione di sub-sistemi anche per i
fornitori first e second tier e sta spingendo il settore verso strategie di aggregazione tra
imprese nella supply chain. Allo stesso tempo, come ricordato sopra, si assiste ad un processo
di maggiore condivisione dei rischi (risk-sharing) tra prime contractor e prime-partners, ed in
parte tra questi ultimi e partner di primo livello.
11
Tali accordi prevedono una maggiore compartecipazione al rischio insito nello sviluppo di nuovi aeromobili da parte dei
sub-fornitori.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Figura 1. L’evoluzione della supply-chain nel settore aeronautico
Fonte: Alenia Aermacchi
Questo processo di maggiore verticalizzazione del processo produttivo e di riduzione di nodi
nella supply chain implica un costo di ingresso per nuovi players sempre più elevato e rende
pertanto necessario un processo di aggregazione tra imprese di medio-piccole dimensioni.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
80
Box 1. Principali caratteristiche del settore aerospaziale
Elevato livello tecnologico
Il settore è caratterizzato da prodotti – aeromobili e i sub-componenti hardware e software –
ad elevato livello tecnologico. Lievi miglioramenti rispetto alla frontiera tecnologica esistente
richiedono significativi impegni in termini di risorse finanziarie ed umane. La matrice
tecnologica del settore è piuttosto rigida e generalmente “dettata” dai big player (top-down)
con scarsa capacità di autonomia tecnologica da parte delle singole imprese, in particolare
PMI. I rischi di errore rispetto al posizionamento nella matrice tecnologica di sviluppo di un
prodotto sono alti e al fine di ridurre tali rischi le imprese operano attraverso reti di
collaborazione con altre imprese (compresi i potenziali concorrenti).
Le barriere all’ingresso nel settore sono elevate e le reti di collaborazione tendono ad essere
piuttosto stabili nel tempo.
Complessità tecnologica
La natura complessa di un prodotto/processo aerospaziale è un ostacolo all'innovazione
poiché implica limitate possibilità di controllare tutte le tecnologie e le interdipendenze.
Secondo alcuni intervistati la complessità tecnologica genera un atteggiamento conservatore
dei big players rispetto alle nuove tecnologie. I rapporti di sub-fornitura sono pertanto
caratterizzati dall’imposizione da parte dei committenti di stringenti specifiche tecnologiche.
Un corollario di tale caratteristica strutturale del settore è la difficoltà per le imprese subfornitrici di imporre/proporre nuovi standard tecnologici (con un inevitabile riduzione
dell’incentivo a perseguire ambiziosi progetti di R&S “al di fuori” delle tecnologie
dominanti).
Le imprese quindi concentrano i loro know-how in particolari aree per spingere la frontiera
tecnologica. Il sistema di relazioni tra imprese specializzate è alla base della realizzazione di
un prodotto/processo aerospaziale. Il raggruppamento delle imprese in “cluster”
caratterizzati da relazioni dense tra gli attori può pertanto rappresentare un fondamentale
elemento di competitività.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
81
Tempi lunghi per il break-even e dimensione del mercato
La soglia di pareggio per un nuovo modello di aeromobile è generalmente molto elevata.
Questo implica che difficilmente un singolo paese è in grado di assorbire nel suo mercato
interno il numero di aerei necessari per raggiungere il break-even. Il mercato, sia commerciale
che militare, è caratterizzato da forti distorsioni di mercato imposte dai Governi attraverso
differenti strumenti di policy (dalle politiche commerciali all’uso della politica estera per
assicurarsi commesse). Molti governi in particolare impongono barriere dirette ed indirette
all'acquisto di aerei non costruiti con il contributo di aziende locali (ovvero impongono soglie
più o meno esplicite di “contenuto nazionale”). Queste barriere hanno indotto i grandi
produttori a frammentare i processi produttivi facendo accordi che coinvolgono imprese di
diversi paesi. Questa strategia ad esempio caratterizza fortemente il modello produttivo che la
Boieng ha seguito negli ultimi decenni. L'industria aerospaziale è inoltre caratterizzata da
elevati investimenti iniziali e programmi a lungo termine, che portano ad un profilo di cash
flow molto problematico che spesso vede un diretto intervento degli Stati a supporto delle
imprese soprattutto nelle fasi iniziali del ciclo di vita dei nuovi prodotti (supporto che ha
generato lunghissimi e ancora aperti contenziosi tra USA ed alcuni paesi Europei, si veda la
documentazione disponibile sul sito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
www.wto.org).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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I tempi lunghi del processo di sviluppo si ripercuotono lungo tutta la supply-chain ed
implicano la notevole importanza della leva finanziaria per le imprese del settore.
Il finanziamento pubblico e/o privato del processo di sviluppo è pertanto un fattore molto
critico per il successo dello sviluppo di un nuovo prodotto e diviene sempre più ampio il
numero delle aziende più piccole coinvolte in una ripartizione di rischi e di costi di sviluppo
allo stesso modo dei prime contractor. I legami di ripartizione dei rischi tendono a
consolidare ancora di più le reti di produzione e limitare le potenzialità di ingresso di nuovi
concorrenti.
L’ingresso nel mercato di nuovi players globali nel settore rappresenta probabilmente una
“finestra di opportunità” unica per nuove imprese con adeguati capitali e tecnologie per
inserirsi nelle reti produttive che si delineeranno nei prossimi anni.
Alta interdipendenza tra il mercato commerciale e quello della difesa
I mercati militari seguono generalmente una propria logica. Le aziende coinvolte sopportano
rischi limitati poiché i costi di sviluppo sono generalmente sostenuti dagli Stati. Le barriere
all’ingresso sono ancora più elevate rispetto al settore commerciale per motivi legati alla
sicurezza oltre che alle elevate barriere di tipo tecnologico sopra ricordate. Le aziende che
operano nel settore militare, in genere, beneficiano di ricadute in termini di competitività nel
mercato civile/commerciale grazie all’utilizzo delle tecnologie di nuova concezione
sviluppate per i committenti del comparto militare. Negli USA, il Dipartimento della Difesa
(DoD) finanzia esplicitamente lo sviluppo di tecnologie duali – ovvero tecnologie che
presentano importanti ricadute commerciali - al fine di sostenere l'obiettivo strategico della
leadership economica per l'industria statunitense.
Fonte principale: DTA s.c.a.r.l. (2011) Studio di fattibilità per il riconoscimento del Distretto
Tecnologico Aerospaziale Pugliese
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3. Il settore Aerospazio in Italia
L’Italia12 è il settimo paese nel mondo e il quarto in Europa per importanza dell’industria
dell’Aerospazio e della difesa. Nel 2009 il giro d’affari complessivo è stato pari a circa 12
miliardi di € e ad una forza lavoro diretta di circa 64 mila unità (quella indiretta è stimata tra
le 180-200 mila unità). Una larga fetta dell’industria è legata alla produzione di componenti
per l’industria aeronautica; la “manifattura” aeronautica occupa circa l’80% della forza lavoro
del settore in impianti produttivi dislocati in Lombardia, Piemonte, Campania, Puglia nonché,
in parte minore, in Lazio, Abruzzo, Friuli, Liguria, Sicilia, Toscana and Veneto. Secondo
alcune stime (rapporto Methorios 2011) il settore rappresenta circa l’1% del PIL nazionale
ma contribuisce per circa l’8-10% dell’attivo di bilancia commerciale. Il contenuto
tecnologico della produzione italiana è di livello molto elevato, soprattutto in alcuni subcomparti del settore.
Il settore è concentrato su due players principali – in ordine di rilevanza Finmeccanica e
Avio (a questi vanno aggiunti Fincantieri e IVECO se si considera il settore difesa nel suo
complesso, incluso difesa navale e terrestre). Nel settore operano centinaia di PMI che
partecipano nella supply chain sia dei 2 players nazionali che di altri grandi players
internazionali. La proiezione internazionale delle imprese italiane è in continua crescita anche
grazie alla dimensione globale delle attività del gruppo Finmeccanica13 ed alla strategia di
acquisizione ed espansione in altri mercati; nel 2010 il gruppo è divenuto il 9° player
mondiale.
Un numero crescente di imprese italiane è parte di network internazionali grazie alla
partecipazione in programmi innovativi in mercati ad alto potenziale di crescita come quello
Russo, Indiano, Cinese e dei Paesi del Golfo.
La presenza italiana all’estero con stabilimenti di produzione – in prevalenza in Europa e
USA - rappresenta circa 1/3 della dimensione dell’industria nazionale.
12
Le imprese italiane del settore sono rappresentate dallo AIAD (Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza;
si veda www.aiad.it) che è parte della AeroSpace and Defence (ASD) Industries Association of Europe; la lobby europea del
settore che rappresenta 28 associazioni in 20 paesi pari a circa 2mila imprese con 80mila fornitori nei settori difesa,
aeronautica, spazio e sicurezza. Si noti che la legislazione europea e i fondi europei per la ricerca – in forte crescita rispetto al
passato nell’ambito del programma Horizon 2020 - sono particolarmente rilevanti per il settore.
13
I tre pilastri strategici del gruppo Finmeccanica sono i sistemi elettronici per la difesa, gli elicotteri e l’aeronautica. I
tre segmenti generano sinergie e alimentano un network regionale ed interregionale di imprese di piccole e medie dimensioni
ad elevate competenze tecnologiche.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Nel segmento aeronautico l’Italia partecipa a numerose partnership internazionali in una
ampia gamma di attività e una crescente diversificazione produttiva. In particolare nel settore
dell’aeronautica commerciale le imprese italiane sono first suppliers di materiali avanzati –
come i compositi – e sono impegnate nella produzione del nuovo B787 Dreamliner, in
partnership con la Boeing. L’Italia è leader anche nel segmento dei vettori regionali ATR. La
produzione di aerei militari e loro parti è significativa, negli ultimi anni il comparto ha
assistito ad una crescente numero di ordini e significativi sviluppi tecnologici (European
Eurofighter / tactical transporter C27J / partecipazione nel programma internazionale JSF).
Nel segmento degli elicotteri l’Italia – grazie al ruolo di Agusta-Westland del gruppo
Finmeccanica -
è uno dei principali leader mondiali. L’ Agusta-Westland nel 2009 ha
acquisito il controllo della polacca PZL- Swidnik, produttore di elicotteri e aerostrutture e
siglato un accordo con l’indiana Tata Sons per iniziare la produzione di elicotteri in India.
Negli ultimi anni gli investimenti italiani nel settore sono stati concentrati su sistemi di volo
verticale (tilt-rotor), fly-by-wire flight control, materiali compositi, sistemi integrati (modular
architectures, data fusion, situational awareness, Active Electronically Scanned Array –AESA
– Radars, nanostrutture, sensoristica e software).
La partecipazione delle imprese italiane nel segmento spazio è significativa e vede accanto ai
grandi gruppi un ampio numero di PMI altamente competitive in alcune nicchie del mercato.
Negli ultimi cinque anni il MIUR e il Ministero della Difesa hanno investito in modo
significativo nel sistema duale Cosmo SkyMed che ha consentito al paese di assumere una
posizione di primo piano nel segmento di mercato dell’osservazione della terra (analisi di
rischio sismico, monitoraggio di disastri ambientali, agricultural mapping e osservazione della
terra per obiettivi di difesa).
Le imprese italiane hanno partecipato al Sicral Program nell’ambito del segmento delle
comunicazioni satellitari. Nel settore spazio, l’Italia ha partecipato per il 65% al VEGA
Program che ha consentito alle imprese nazionali di guadagnare posizioni significative.
La presenza italiana è molto importante anche in altri programmi spaziali e di osservazione
nazionali ed internazionali (Italsat satellites system), piattaforme satellitari MITA (prodotta
da Carlo Gavazzi Space per satelliti tra 300 e 1,000 kg;), piattaforma satellitare PRIMA
(prodotta da Alenia Spazio per satelliti di circa 1,500 kg), nuovo progetto Cosmo SkyMed.
Oltre 600 imprese operano nel settore e sono prevalentemente localizzate in Piemonte,
Lombardia (in prevalenza nel settore difesa), Campania e Puglia.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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In Lombardia operano oltre 180 imprese per una forza lavoro complessiva di circa 15 mila
addetti ed un fatturato di circa 4 miliardi di €. Circa la metà degli addetti sono concentrati
nella provincia di Varese che presenta una forte tradizione produttiva nel settore della difesa. I
principali attori – prime contractors - del distretto Lombardo sono Agusta-Westland, Alenia
Aermacchi, CGS Compagnia Generale per lo Spazio, Selex Galileo, Thales Alenia Space.
In Piemonte i principali attori sono Alenia Aeronautica, Alenia Space e Galileo Avionica
(Torino), e la Avio (Rivalta). Operano inoltre circa 200 PMI che generano un fatturato
complessivo di circa 2,2 miliardi di € annui e occupano oltre 10 mila unità.
In Campania sono Alenia ed Avio (Pomigliano) le iprese di maggiori dimensioni affiancate
da oltre 130 PMI per un giro d’affari di 1,3 miliardi di € ed un numero di occupati di 9 mila
unità.
In Puglia (vedi maggiore dettaglio in seguito) i grandi players sono Agusta Westland
(Brindisi) e Alenia (Grottaglie e Foggia). Sono inoltre presenti circa una decina di imprese di
medie/grandi dimensioni e oltre 30 PMI. Nel complesso il settore genera un giro d’affari di tra
i 700 milioni e 1 miliardo di € e occupa attorno alle 4,6 mila unità.
4. Il Distretto Aerospaziale Pugliese: struttura e dinamica recente
La Puglia è la quarta regione italiana per numero di addetti nel settore aerospazio (dopo
Lombardia, Piemonte e Campania) e rappresenta poco meno del 10% del settore in termini di
ricavi (circa l’8% in termini di occupati).
Nel settore aerospaziale pugliese oggi operano oltre 70 imprese con circa 4200 addetti, dei
quali 688 nella ricerca e sviluppo, oltre a 410 ricercatori esterni che portano a circa 4600 il
numero delle risorse umane impegnate (dati gennaio 2010). Circa il 70% degli occupati lavora
nelle grandi imprese in prevalenza del gruppo Finmeccanica (Alenia Aermacchi, Avio, Alenia
Composite, Agusta-Westland, Space Software Italia, ELSAG Datamat) mentre il restante 30%
è equamente suddiviso tra piccole e medie aziende. La maggior parte delle imprese del
comparto aeronautica è concentrata a Brindisi, Grottaglie e Foggia. La dipendenza delle
PMI dalle imprese maggiori è elevata sebbene un numero crescente di esse abbia intrapreso
da alcuni anni un importante percorso di upgrading tecnologico e una maggiore
diversificazione del portafoglio di clientela (che include già oggi grandi players internazionali
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come Boeing, Embraer e Bombardier).
Il comparto dello spazio (circa 10 aziende) rappresenta il 10% del settore aerospaziale
regionale, e il 5% del comparto spazio a livello nazionale (dati 2010). Sono presenti aziende
nei seguenti segmenti: software spaziali, propulsione, prodotti e servizi a valore aggiunto da
dati satellitari, elettronica per l’aerospazio, sensoristica di bordo, hardware e software di
trasmissione e ricezione. La partecipazione delle imprese pugliesi alla filiera dell’industria
dello spazio va dalla fornitura all’industria “manifatturiera dello spazio” - sistemi hardware e
software per satelliti, lanciatori e attrezzature di terra - all’industria “a valle” specializzata nei
servizi - gestione delle operazioni di lancio, acquisizione e distribuzione dei dati satellitari,
servizi ad alto valore aggiunto di elaborazione delle informazioni satellitari. L'organizzazione
della filiera è molto meno dipendente dalle grandi imprese rispetto a quella dell'aeronautica;
difatti alcune piccole imprese sono in grado di gestire un prodotto verticalizzato e di operare
direttamente su mercati internazionali. Le imprese del settore spazio sono geograficamente
più diffuse sul territorio regionale.
La presenza del settore ha sedimentato nel territorio regionale un capitale umano
significativo. L’attività di ricerca e sviluppo è di dimensioni rilevanti – circa 500 ricercatori
nei centri di ricerca pubblici e privati secondo una stima ARTI del 2007 a cui bisogna
aggiungere circa 400 addetti nelle imprese occupati in attività di ricerca e sviluppo – e vede
una densa collaborazione tra centri di ricerca pubblici (prevalentemente dell’Università del
Salento e del Politecnico di Bari) e privati che si concentra in prevalenza su tre tecnologie:
(i) progetto, testing e produzione di strutture in materiale composito; (ii) sensori e sistemi
meccanici in composito e sistemi intelligenti motoristici, aeronautici e spaziali; (iii) progetto,
testing e produzione di strutture in materiale metallico e ceramico.
Su questi tre assi tecnologici si fonda la visione strategica del distretto produttivo (figura 2).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Figura 2
Fonte: DTA s.c.a.r.l. (2011) Studio di fattibilità per il riconoscimento del Distretto Tecnologico Aerospaziale
Pugliese
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Figura 3. La filiera dell’industria dello spazio in Puglia
Fonte: DTA s.c.a.r.l.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
89
Figura 4. Il sistema della ricerca* Aerospaziale Pugliese:
numero di ricercatori e principali ambiti tecnologici delle strutture.
Fonte: ARTI Puglia (2007)
* Escluso gli addetti R&S delle imprese stimati dall’ARTI nel 2007 a circa 400 unità.
Nel settore aeronautico Finmeccanica (Alenia) è il key player e, pertanto, la dinamica delle
imprese del gruppo svolge un effetto trainante per gran parte delle imprese regionali del
settore. Il triennio passato ha visto un andamento sostanzialmente stabile del fatturato (figura
5). L’occupazione negli stabilimenti pugliesi di Alenia Aeronautica e Composite in Puglia è
cresciuta nel periodo 2004-2012 da circa 600 a oltre 1500 unità (ad aprile 2012, 849 occupati
nello stabilimento di Foggia e 677 nello stabilimento di Monteiasi-Grottaglie) nonostante la
chiusura nel 2011 di Alenia aeronavali (Brindisi) specializzata nella manutenzione ai velivoli
delle principali compagnie aeree europee.14
Gli investimenti di Alenia in Puglia sono stati piuttosto elevati negli ultimi anni; la strategia
del gruppo sembra andare nella direzione di una maggiore valorizzazione degli impianti
14
La manutenzione è un processo produttivo relativamente intensivo di lavoro e pertanto la chiusura dello stabilimento è
frutto della bassa competitività dell’impianto brindisino. Le ricadute occupazionali sono state limitate poiché gran parte della
forza lavoro è stata riassorbita nello stabilimento di Grottaglie.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
90
pugliesi in particolare rispetto alle competenze nella manifattura dei componenti in materiale
composito.
A Brindisi la Avio ha il suo centro di eccellenza per la produzione e revisione dei motori
aeronautici e navali e occupa oltre 600 addetti. La società ha effettuato consistenti
investimenti – circa 50 milioni di euro nell’ambito di un recente contratto di programma – e
intrattiene dense relazioni con il sistema universitario regionale.
In Puglia, a Brindisi, è presente anche la produzione di componenti e sistemi per velivoli ad
ala rotante grazie allo stabilimento di Brindisi dell’Agusta Westland, punta di diamante del
settore elicotteristico del Gruppo Finmeccanica che occupa più di 500 addetti.
Figura 5.
Dalle interviste effettuate con i principali attori del settore l’occupazione nel complesso del
distretto sembra registrare una dinamica positiva frutto di un elevato tasso di investimenti
pubblici e privati nell’ultimo triennio e di nuove commesse (significativo in tal senso il
coinvolgimento nella produzione dei nuovi jet regionali C-Series della Bombardier dello
stabilimento di Foggia di Alenia Aermacchi che è coinvolto assieme ad altre imprese come
DEMA e Salver). Il distretto ha fame di risorse umane specializzate e per alcuni profili
professionali le imprese del settore evidenziano difficoltà di reclutamento.15
15
Una evidenza indiretta del buon andamento della variabile occupazione è il pressoché totale riassorbimento nel distretto
della forza lavoro “espulsa” dalla società I.A.S. (Brindisi) a causa dello “shock esogeno” legato a vicende di tipo giudiziario.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
91
Le esportazioni16 del comparto aeronautico nel periodo 2007-2010 mostrano una tendenza
positiva passando da 143,8mln a 204,5mln (+42%). Nei primi 3 trimestri del 2011 l’export si
attesta a poco meno di 200mln di euro: + 30,6% rispetto ai primi 3 trimestri del 2010. Circa
l’80% dell’export è destinato al mercato USA.17 Si assiste ad un forte dinamismo negli
accordi con partner internazionali; si segnala, ad esempio, l’intensificarsi dei rapporti di
alcune imprese del territorio con imprese aerospaziali canadesi.
Gli investimenti produttivi sono stati notevoli negli ultimi anni: 225 milioni di euro grazie
ad agevolazioni pubbliche per quasi 71 milioni di euro attraverso contratti di programma
e programmi integrati di agevolazione della nuova programmazione.
Il posizionamento competitivo della Puglia nel settore è apprezzabile in alcune nicchie
produttive/tecnologie che presentano una dinamica di crescita significativa. Titanio e
carbonio, in generale i materiali compositi, sembrano essere le parole chiave su cui si
fondano le principali sfide attuali e future e che presentano interessanti potenzialità di
spillovers in altri segmenti del comparto aeronautico (ad esempio la realizzazione di
aeromobili leggeri da diporto di piccole dimensioni come nel caso della Blackshape, vedi box
3).
Nel comparto delle aerostrutture si registra infatti una crescente tendenza alla sostituzione
degli elementi di struttura in materiali tradizionali (i.e. leghe di alluminio), con quelli in
carbonio e titanio, la cui produzione comporta , in specie per le fibre di carbonio, investimenti
significativi. Il Boeing 787 è il primo aeromobile di certe dimensioni che prevede, nella
realizzazione delle sue parti strutturali, l’utilizzo di materiali compositi in una misura
decisamente superiore rispetto agli altri modelli di velivoli.
“In Puglia si sono “sedimentate” competenze scientifiche e industriali considerevoli nella
filiera dei materiali compositi (ricerca, test, prototipizzazione, produzione, riciclaggio)
che presentano un elevato valore oggi nell’industria aeronautica ma possono
verosimilmente rappresentare un valore in futuro anche altri settori industriali (nautica,
automotive, ecc.).” [intervista realizzata ad una grande impresa del settore]
16 Il dato sull’export non tiene conto del consistente flusso di semilavorati diretti ad altre regioni italiane e da lì esportati. Per
il solo 2010, Ambrosetti (2011) stima l’export del settore aeronautico pugliese “corretto” per i componenti del programma
Boeing-787 realizzati negli stabilimenti di Foggia e Grottaglie in 433mln di €; più del doppio rispetto alle statistiche ufficiali
ICE-Istat. Il dato riportato è pertanto fortemente sottostimato.
17
Istat – Coeweb.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
92
Le interviste effettuate hanno rilevato una intensa attività di R&S nelle imprese anche di
piccola/media dimensione. I processi innovativi sono stati fortemente alimentati dalle
politiche pubbliche di supporto – in particolare da misure regionali. Alcuni nuovi
processi/prodotti sono al momento in stadi avanzati di sperimentazione e la realizzazione di
prototipi è già terminata.
“Si avverte una maggiore difficoltà nel passaggio dalle fasi di “laboratorio/ricerca” alla
realizzazione di impianti pilota e ancor di più al salto successivo verso
l’industrializzazione dei prodotti delle attività di R&S.” [intervista realizzata ad una
media impresa del settore]
I passaggi intermedi che vanno dalla realizzazione del prototipo alla industrializzazione del
nuovo prodotto/processo richiedono elevati capitali – fattore produttivo la cui disponibilità
vincola fortemente le imprese innovative nell’attuale congiuntura – e sono connaturati da
rischi imprenditoriali considerevoli. Difatti, come sottolinea un intervistato, nei processi
produttivi caratterizzati da un forte grado di innovazione come quelli del settore in oggetto la
realizzazione dei prototipi fornisce limitate informazioni utili all’analisi costi/benefici; solo lo
“scaling up”, ad esempio attraverso la realizzazione di un impianto pilota consente una piena
valutazione
della
convenienza
economica
dell’industrializzazione
del
nuovo
processo/prodotto. I risultati in termini di scaling-up di prodotti degli investimenti in R&S
nel distretto sono misti. Da un lato alcune imprese hanno avviato la fase di
commercializzazione (es. l’ultraleggero in fibra di carbonio Prime della Blackshape di
Monopoli, BA) o sono in fase di commercializzazione (es. un modello di mini-aereo di circa
5kg con tecnologia UAV – unmanned aerial vehicle - per missioni civili e militari della
società IAS di Brindisi) o sperimentazione (es. applicazioni di sistemi di intelligenza a sciami
per la bonifica delle aree minate sviluppati dalla Space Software Italia di Taranto). In altri casi
le tecnologie sviluppate e con interessanti prospettive industriali (es. il riciclo delle fibre di
carbonio) restano inutilizzate.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Box 2. Il Sistema di governance del distretto
Il Distretto Aerospaziale Pugliese DAP (riconosciuto nel gennaio 2010 dalla Regione Puglia
ai sensi della legge regionale 3 agosto 2007, n. 23 “Promozione e riconoscimento dei distretti
produttivi”) conta oggi 70 aderenti (7 grandi imprese, 47 PMI, 8 Enti di ricerca pubblici e
privati, 7 istituzioni e associazioni). L’analisi della attività svolte dal DAP in questi anni
mette in luce un forte dinamismo ed una grande capacità di promuovere il distretto (e le
relazioni tra gli aderenti) e di interlocuzione con le Istituzioni Pubbliche (in primis la Regione
Puglia). Il dinamismo è dimostrato anche dalla crescita delle imprese aderenti. Il 29/07/2009 è
stato costituito il Distretto Tecnologico Aerospaziale (DTA) scarl tra le principali imprese del
settore e centri di ricerca universitari e non (ALENIA, AGUSTA, AVIO, CMD, DEMA,
SALVER, IAS, PLANETEK, ENGINSOFT, TECHNOLOGYCOM e ancora Università del
Salento, Politecnico di Bari, Università di Bari, OPTEL, ENEA, CNR, CETMA). Il DTA –il
“braccio operativo” del Distretto Aerospaziale Pugliese DAP - ha di recente presentato uno
studio di fattibilità al fine del riconoscimento come “Distretto ad Alta Tecnologia”18. Attività
principali: formazione, organizzazione di missioni incoming e outgoing presso le principali
fiere internazionali di settore, partecipazione a bandi di ricerca nazionali ed internazionali,
partenariato con altri distretti (Campania, Piemonte). Presidente in carica: Dott. Giuseppe
Acierno
5. Le politiche pubbliche di supporto negli ultimi anni
Gli attori del distretto, sia le imprese che gli enti di ricerca aderenti, hanno beneficiato di una
serie di misure di supporto – in larga parte finanziate attraverso bandi della Regione Puglia –
che vanno dalla promozione dell’occupazione e degli investimenti produttivi, al
finanziamento
delle
attività
di
ricerca
e
formazione
e
alla
promozione
dell’internazionalizzazione attraverso numerose missioni outgoing (in tutte le principali fiere
internazionali del settore) e incoming (buyers/operatori del settore).
18
Bando del decreto direttoriale n.713/Ric. Del 29 ottobre 2010 – art. 14 - Programma Operativo Nazionale "Ricerca e
Competitività" 2007-2013 (PON R&C) per le Regioni della Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), Azioni
rispettivamente denominate "Distretti tecnologici e relative reti" e "Laboratori pubblico-privati e relative reti".
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
94
Il giudizio degli operatori del settore intervistati è positivo sul ruolo svolto dalle politiche
pubbliche, in particolare viene riconosciuta alla Regione Puglia una rilevante ed efficace
azione di supporto rispetto a numerose “leve” aziendali: ricerca e innovazione, capitale
umano, infrastruttura, oneri burocratici, azioni di supporto all’internazionalizzazione.
Rispetto alle politiche di incentivo dell’attività di ricerca e innovazione gran parte degli
intervistati sottolineano una maggiore tempestività delle misure regionali rispetto alle misure
di carattere nazionale (es. PON ricerca).
Qui di seguito si descrivono le principali azioni di supporto agli attori del distretto regionale.
Politiche di investimento e occupazione
L’intervento di policy più rilevante negli ultimi anni è stata l’attivazione di contratti di
programma e, in minor misura, dei Piani Integrati di Agevolazione. Nel settore sono stati
attivati a partire dal 2009 investimenti in capacità produttiva e di ricerca su nuovi componenti
e prodotti innovativi stimati in circa 270 milioni di euro attraverso 7 Contratti di
Programma ed 1 P.I.A.
Box 3. Contratti di programma e PIA attivati nel 2009.
Contratti di programma:
-
Alenia Aeronautica S.p.A. nella sede di Foggia (in partenariato con S.C.S.I. di
Capitanio Salvatore & C. S.a.s. a Brindisi). L’investimento complessivo previsto è
pari a circa 53milioni di euro. L’obiettivo è quello di allargare e migliorare le capacità
produttive per la realizzazione dello stabilizzatore orizzontale del velivolo B 787
"Dreamliner". La PMI partner realizzerà un investimento di circa 3 mln di € per la
progettazione e costruzione di attrezzature per parti meccaniche e parti in composito.
-
Alenia Composite S.p.A., per lo stabilimento di Grottaglie (associata con G.S.E.
Ground Support Equipment S.r.l. che opera a Brindisi). Anche in questo CdP
l’investimento previsto è di circa 53milioni di euro grazie al quale acquisterà
macchinari e attrezzature per la fabbricazione e l'assemblaggio di tronchi di fusoliere
del velivolo B787 da realizzare con l'utilizzo di materiale composito e una modalità di
fabbricazione fortemente innovativa. E’ difatti previsto un progetto di ricerca (LAMITECH) che
mira allo sviluppo e realizzazione di un sistema di laminazione
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
95
prototipale per preimpregnati ibridi per la multifunzionalità includenti materiali
termoset, termoplastici, visco-elastici.
-
Agusta S.p.A. a Brindisi (in partenariato con Giannuzzi S.r.l. a Cavallino in provincia
di Lecce). L’investimento previsto è di circa 19milioni di euro per realizzare un
nuovo reparto di produzione di componenti in materiali compositi per aeromobili di
propria produzione. La Giannuzzi srl si doterà di un nuovo reparto per la lavorazione
dei compositi sui quali avvierà attività di R&S per implementare nuove tecnologie
costruttive.
-
Avio S.p.A. sempre a Brindisi (associata con Processi Speciali S.r.l. della stessa città).
L’investimento previsto è di oltre 48milioni di euro finalizzato ad implementare linee
di produzione e manutenzione e innovare le tecnologie per aumentare capacità
produttiva e competitività.
-
Design manufacturing Dema S.p.A (insieme con Arseni Davide Ditta individuale di
Mesagne in provincia di Brindisi). Il contratto prevede oltre 51milioni di euro per
realizzare a Brindisi uno stabilimento per la produzione verticalizzata di aerostrutture.
Il nuovo stabilimento consentirà di fornire gruppi finiti e componenti strutturali ai
maggiori produttori mondiali di aerei da trasporto civile. L’occupazione attesa è di 471
lavoratori.
-
Space Software Italia S.p.A nella sede di Taranto (con Consorzio Optel come partner
che investirà a Brindisi e a Valenzano in provincia di Bari) ha avviato un investimento
di circa 12milioni di euro finalizzati alla diversificazione della gamma produttiva.
Particolarmente interessante lì attività di R&S prevista finalizzata alla realizzazione di
un Sistema per la Bonifica di Aree Critiche basato su di uno Sciame di Robot in grado
di apprendere le caratteristiche dell’ambiente operativo ed ottimizzare l’esecuzione
delle attività in particolare.
-
Un consorzio di imprese che comprende diverse PMI del settore spazio realizzerà
investimento per circa 16,6 milioni di euro per la produzione di un sensore termico
infrarosso ad alta risoluzione
Il Programma integrato di agevolazione riguarda la Costruzioni Motori Diesel. S.p.A. a
Brindisi, associata con International Aviation Supply S.r.l. di Brindisi. L’investimento
previsto è di poco meno di 16 milioni di euro per creare una nuova unità produttiva dedicata
alla produzione e commercializzazione di motori a pistoni per il mercato dei velivoli
dell'aviazione generale e degli ultraleggeri.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
96
Le imprese del settore hanno beneficiato di altri bandi regionali di promozione
dell’innovazione (ci si riferisce, ad esempio ai bandi della Regione Puglia del 2011 destinati
alle “imprese innovative già costituite” - 10 milioni di euro - e il rifinanziamento con 5milioni
di euro dell'avviso destinato alle “aziende innovative di nuova costituzione” (PO FESR 20072014) e di supporto all’internazionalizzazione. Inoltre, la Regione ha finanziato misure di
networking finalizzato ad attività di ricerca congiunta tra imprese e centri di ricerca attraverso
il bando “Aiuti a sostegno dei parternariati regionali per l'innovazione” si rivolge a un numero
minimo di 30 piccole e medie imprese e di 15 organismi di ricerca.
Il sistema Aerospaziale pugliese ha presentato numerosi progetti nell’ambito del PON
Ricerca e Competitività 2007-2013. Da un’analisi19 dei progetti ammessi a beneficio
risultano progetti presentati da imprese e centri di ricerca pubblici e privati che operano in
Puglia (incluso le Università) per un costo complessivo di circa 90 milioni di € di cui 50
milioni di costi ammessi al finanziamento PON (al monitoraggio del 31/10/2011 risultano
pagamenti per 3,4 milioni di euro). Il Distretto Tecnologico Aerospaziale è coinvolto in tre
progetti (proponente e capofila in due progetti e partner in un’altro progetto) ammessi dal
Miur a finanziamento per un valore complessivo di 42,6 milioni di euro.
Una piena valutazione dell’efficacia dell’intervento pubblico – regionale e nazionale – è
ancora prematura, soprattutto in riferimento ai contratti di programma la cui realizzazione da
parte delle imprese coinvolte è ancora in corso20.
19
Si tratta di stime conservative dovute alla difficoltà di ripartizione territoriale di alcuni progetti di carattere nazionale.
Nell’ambito del presente studio non è stato possibile effettuare un monitoraggio – seppur parziale - sulla realizzazione
degli interventi programmati dalle imprese.
20
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
97
6. Il circuito del capitale umano
Le ricadute in termini di capitale umano specializzato rappresentano uno degli elementi più
virtuosi associati allo sviluppo del settore aerospazio pugliese. Difatti, l’occupazione nel
distretto dell’Aerospazio Pugliese è significativa sia in termini quantitativi che qualitativi con
una percentuale molto elevata di tecnici specializzati ed ingegneri occupati nelle imprese del
settore; circa un quinto degli addetti al settore possiede una laurea (dato 2007, fonte ARTI).
Nelle attività di R&S si stima un numero di occupati diretti di circa 400 unità.
Il circuito del capitale umano nel distretto aerospaziale pugliese
Il sistema produttivo aerospaziale è inserito in un virtuoso circuito del capitale umano che
coinvolge il sistema universitario, il sistema della ricerca pubblico-privata e le imprese. Lo
sviluppo del settore ha sicuramente beneficiato della presenza di un sistema universitario con
elevate punte di eccellenza nell’ingegneria, nelle scienze chimiche e dei materiali, nella fisica
nelle tre realtà accademiche che maggiormente interagiscono con le imprese del distretto
(Politecnico di Bari, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Università del Salento).
L’offerta di capitale umano di buon livello è difatti elevata. Il numero di laureati in
ingegneria del sistema universitario pugliese è pari a oltre 1500 unità all’anno (85% circa
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
98
presso il Politecnico di Bari e il restante 15% presso l’Università del Salento) a cui bisogna
aggiungere oltre 1300 laureati in scienze matematiche, fisiche e naturali (60% circa presso
l’Università degli Studi di Bari e il restante 40% presso l’Università del Salento). Esistono ad
oggi dei corsi di laurea in ingegneria aerospaziale (Università del Salento) tuttavia i profili
richiesti dal distretto non sono legati alla progettazione di vettori ma alla progettazione di
parti e sistemi. Il distretto assorbe pertanto ingegneri con specializzazioni eterogenee
(meccanica, elettronica, informatica, gestionale ecc.) nonché fisici, chimici, informatici e
tecnici/operai specializzati.
La presenza del distretto ha dato vita alla formazione di figure tecniche “intermedie”. Da
gennaio 2012 è partita la formazione di tecnici a supporto della produzione aeronautica
presso ITS Aerospazio Fermi di Francavilla Fontana (BR); gli unici altri corsi di
formazione tecnica specialistica nel settore sono offerti dall’ITIS Fauser di Novara (Indirizzo
Aeronautico) e all’ITIS Grassi di Torino (Indirizzo Meccatronica per l’Aerospazio).
Il corso è a numero chiuso (20 corsisti, 5 uditori) e si articola su 4 semestri per un totale di
2000 ore di formazione (per circa la metà impartite da docenti esterni provenienti dal mondo
delle imprese, in primis appartenenti al gruppo Finmeccanica). E’ previsto un periodo di stage
in azienda di circa 600 ore. Finmeccanica fornisce la metà delle ore di insegnamento a titolo
gratuito. Le imprese del settore e il Distretto Aerospaziale Pugliese sono state coinvolte in
tutte le fasi dell’attività dell’ITS (a partire dalla pianificazione dei profili formativi).
A settembre 2012 dovrebbe partire un secondo corso su un profilo professionale in via di
definizione di concerto con le imprese del settore.
Il bacino di “utenza” è prevalentemente composto da diplomati delle province di Brindisi,
Lecce e Taranto. E’ interessante notare la forte domanda del territorio: oltre 200 ragazzi
hanno partecipato alle selezioni (le domande al corso simile offerto dall’ITIS Grassi di Torino
sono state poco più di 60 ed all’ITIS Fauser di Novara la selezione ha coinvolto poco più di
30 ragazzi).
Si noti inoltre che l'Università del Salento ed il Distretto Aerospaziale Pugliese hanno avviato
una collaborazione per la promozione, realizzazione e gestione di n° 11 project work per
lo sviluppo di progetti di innovazione e trasferimento tecnologico (project work
innovazione - PWI) in imprese aderenti al Distretto.
Si tratta di piccoli interventi se considerati in isolamento ma nel complesso rappresentano un
importante segnale di rafforzamento del circuito del capitale umano nel quale il distretto si
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
99
inserisce.
Le interazioni Imprese-Università/Enti di ricerca sono piuttosto dense anche grazie a
iniziative di supporto poste in essere dalla Regione Puglia e dal PON Ricerca. Alcuni
intervistati hanno espresso tuttavia dubbi sulla sostenibilità delle interazioni in assenza di
tali contributi pubblici soprattutto tra grandi imprese e PMI, Università/Enti di ricerca.
Un elemento critico nelle relazioni con le grandi imprese è rappresentato dalla definizione di
contratti chiari e stringenti sulla proprietà intellettuale delle innovazioni prodotte da progetti
congiunti; il design delle politiche dovrebbe tener conto esplicitamente di tale questione.
Anche il Sistema Universitario, attraverso spin-off, ha favorito nel settore aerospaziale la
nascita di PMI che, oltre ad operare con le grandi imprese, sono in grado di offrire al mercato,
anche internazionale, propri prodotti e servizi
7. Prospettive
La dinamica del distretto descritta nelle sezioni precedenti mette in luce una realtà in crescita
nonostante la congiuntura negativa degli ultimi anni. In Puglia si sono sedimentati e
consolidati numerosi elementi sul quale fondare uno sviluppo virtuoso del settore: tecnologie,
capitale umano, visione strategica pubblico-privata sulle prospettive future, un buon sistema
di governance del distretto.
La trasformazione strutturale in corso nel settore aeronautico pone nuove sfide, soprattutto
per le imprese di piccole/medie dimensioni. In particolare il nuovo modello di business
dovuto ad una riduzione dei “nodi” nella global-supply-chain richiede interventi strategici
quali: nuovi investimenti industriali per potenziare la capacità produttiva, di innovazione e di
progettazione; lo sviluppo di competenze per gestire pacchi di lavoro verticalizzati in sinergia
con le imprese più grandi; la standardizzazione e integrazione ICT degli strumenti/tecniche
gestionali; una maggiore attenzione allo sviluppo delle competenze delle risorse umane; un
crescente investimento da parte delle PMI nelle qualifiche di qualità (certificazioni) e nelle
capacità di testing dei processi/prodotti.
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Ma allo stesso tempo genera nuove opportunità legate all’ingresso di nuovi players - che
implicano nuove opportunità di inserimento in supply-chain ad oggi meno consolidate - e alle
buone prospettive di mercato nel medio termine.
Il futuro delle imprese del distretto – quelle esistenti e quelle che ci si auspica emergeranno –
dipende dal consolidamento nelle nicchie di mercato sulle quali si è innestata una dinamica di
crescita positiva negli ultimi anni (il rafforzamento del meta distretto inter-regionale può
andare in tale direzione). Data la specializzazione tecnologica attuale, le potenzialità di
spillover in altri settori produttivi sembrano essere elevate.
Le grandi imprese presentano allo stato una buona capacità di accesso alle risorse pubbliche.
Le politiche possono far molto per innestare processi virtuosi in imprese medio-piccole anche
grazie alle interazioni con le Università e agli enti di ricerca già presenti sul territorio. La
vera sfida è quella di promuovere un processo di integrazione tra le imprese, ovvero
aiutare le imprese a seguire la tendenza di trasformazione che si sta imponendo sul
mercato globale.
Inoltre l’intervento pubblico dovrebbe rivolgere un’attenzione maggiore nel rimuovere
le barriere all’ingresso per start-up innovative e le barriere che limitano il passaggio
delle idee e dei prototipi innovativi dal laboratorio alla fabbrica (la storia di Blackshape,
box 4, è emblematica di come gli ingredienti presenti nel distretto – tecnologia e nuove idee,
politiche di supporto pubbliche, imprese consolidate e capitali – possono fertilizzare la nascita
di nuove realtà competitive).
L’analisi condotta ha infine evidenziato l’importanza dei “tempi” delle politiche industriali.
E’ proprio la “tempistica” delle azioni di supporto l’elemento ritenuto unanimemente
critico per le imprese del settore. Questo è un elemento di policy che occorre migliorare al
fine di evitare una sorta di selezione avversa che porta al rischio di finanziamento di idee già
“fuori mercato” ed allo scoraggiamento di PMI che sono generalmente più sensibili al rischio
di squilibri finanziari generati dai ritardi nell’erogazione dei supporti alle attività di R&S.
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Box 4. La storia di Blackshape: idee che incontrano capitali e intuito imprenditoriale
L’idea - di un giovane pugliese con un amico ingegnere – è quella di progettare, produrre e
commercializzare aerei “low wing” (superleggeri) in fibra di carbonio.
L’idea “incontra” una misura regionale per promuovere progetti giovanili (Bando Principi
Attivi; contributo pari a 25mila euro) e nasce la società Blackshape.
La società coglie una seconda occasione, un altro bando regionale
che stanzia
quattrocentomila euro per ognuna delle imprese innovative vincitrici. Lo vincono, ma il
regolamento prevede una fideiussione pari al cinquanta per cento dell'importo. L’ostacolo
finanziario viene superato dall’incontro con la Angelo Investments (di Vito Pertosa, il patron
della Mer Mec, l'azienda leader mondiale nei treni diagnostici) che acquisisce il 55 per cento
della Blackshape, la cui quota di minoranza viene suddivisa tra i due giovani fondatori. Nel
2010 l'azienda vende diciassette modelli del suo aereo in fibra di carbonio chiamato
Millennium Master, che attira l'attenzione della rivista francese Volez!.
La start-up con la voglia di volare è un esempio di innovazione in Puglia. Ci sono due ragazzi
di talento, c'è un imprenditore-investitore, c'è il distretto dell'aerospazio in seno al quale la
nuova azienda crescerà. E c'è infine un supporto pubblico – necessario ma non sufficiente nella fase critica iniziale per dare all’idea gambe sulle quali fondare un’impresa di successo.
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Fonti principali
Intesa San Paolo – Servizio Studi e Ricerche , Monitor dei Distretti – Dicembre 2011
DTA s.c.a.r.l. (2011) Studio di fattibilità per il riconoscimento del Distretto
Tecnologico
Aerospaziale Pugliese;
Database ORBIS – Amadeus (dati di bilancio);
Database COEWEB – ISTAT;
Database Factiva – notizie di stampa su quotidiani nazionali ed internazionali (dal
1/1/2007 al 29/2/2012);
La Filiera Aerospaziale in Puglia, ARTI – Agenzia regionale per la tecnologia e
l’innovazione, Diembre 2007;
Methorios, Lo space manufacturing italiano ed europeo, Settembre 2011;
Appendice. Lista delle interviste effettuate
1. Distretto Aerospaziale Pugliese DAP Scarl - Dott. G. Acierno (Presidente) ;
2. Prof. Ficarella – Preside della facoltà di Ingegneria – Università del Salento;
3. Prof. Maffezzoli – Professore ordinario del Dipartimento di Ingegneria
dell’Innovazione – Università del Salento;
4. Alenia Aermacchi – Ing. Ludovica Schneider;
5. International Aviation Supply srl (Brindisi). Ing. Ruggero – Responsabile R&S;
6. International
Aviation
Supply
srl
(Brindisi).
Dr.
Stefano
Grasso
(Amministratore Delegato)
7. Enginsoft (Mesagne, BR) – Ing. Vito Primavera (R&D);
8. ITS Aerospazio E. Fermi di Francavilla Fontana (Br.) – Dott. G. Semeraro
(Dirigente scolastico)
9. Xenia Materials – Brindisi. Dott.ssa Lunardon (responsabile R&S)
10. SSI - Space Software Italia S.p.A.. Dott. Di Ninno
11. RAV srl. (Brindisi) – Intervistato: Luigi Renna (proprietario);
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Capitolo 4
Il Sistema dell’aerospazio in Campania
Pierfelice Rosato
Università del Salento e Cerpem
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Premessa
La presente analisi mira a ricostruire la situazione strutturale, le dinamiche recenti, le
prospettive e la domanda di politica industriale del sistema produttivo dell’Aerospazio in
Campania, condotta nell’ambito del progetto CERPEM sui sistemi produttivi del
Mezzogiorno. Il settore ricomprende in prevalenza il comparto manifatturiero dell’aeronautica
(“Fabbricazione di aeromobili, di veicoli spaziali e dei relativi dispositivi”, divisione 30.30
della classificazione ATECO 2007) nonché alcune imprese orientate prevalentemente a
produzioni di beni e servizi per l’industria dello spazio (con produzioni principali classificate
nella divisione 27 “apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non
elettriche”, divisione 61 “servizi delle telecomunicazioni”, divisione 62 “produzione di
software, consulenza informatica e attività connesse” e divisione 63 relativa ai “servizi
d’informazione e altri servizi informatici”).
Il rapporto si basa sull’analisi desk dei documenti e dei dati disponibili e sulle risultanze
emerse da talune interlocuzioni dirette (interviste) condotte nei mesi di marzo e aprile 2012 a
differenti e qualificati stakeholders21 (imprenditori, manager, ricercatori, rappresentanti delle
Istituzioni) del sistema dell’Aerospazio campano.
La nota è organizzata nel seguente modo. Il paragrafo 1 descrive sinteticamente le origini
storiche del sistema produttivo.
Il paragrafo 2 e 3 delineano rispettivamente le caratteristiche, le dinamiche globali e l’assetto
attuale dell’industria aerospaziale italiana.
Il paragrafo 4 fornisce un’analisi delle caratteristiche e delle recenti dinamiche del sistema
dell’aerospazio campano. Viene, inoltre, fornita una descrizione delle principali imprese, delle
loro attuali prospettive di sviluppo e delle dinamiche relazionali attuali tra le differenti realtà
del territorio e con i principali mercati di sbocco.
Il paragrafo 5 fornisce una rappresentazione delle relazioni esistenti tra le imprese del settore,
le Università e i centri di ricerca del territorio con significative conseguenza in termini di
creazione di capitale umano specializzato e qualificato e la presenza di progetti di ricerca di
significativa rilevanza.
21
Si ringraziano per la disponibilità l’Ing. De Feo (VulcanAir), l’Ing. Fogliano (Tecnam), l’Ing. Bellamia (Dema), l’ing.
Ferrara (Aerospazio Campania;); il dott. Mazzarella (Assessorato Regionale attività produttive – Regione Campania); l’Ing
De Bisio (CDM S.p.A.); L’ing Russo (CIRA); il dott. Brancato (Fiom – Cgil).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
105
Il paragrafo 6 fornisce un quadro sintetico delle politiche pubbliche a supporto del settore
realizzate negli ultimi anni.
Nel paragrafo 7 sono sviluppate alcune riflessioni di sintesi sulle prospettive di sviluppo del
sistema locale nel prossimo futuro con uno specifico richiamo alle domande di politica
industriale emersa dall’analisi “field” effettuata.
1. Le origini storiche dell’aerospazio campano.
L’industria aeronautica in Campania ha origini antiche che è possibile far risalire alla prima
guerra mondiale allorquando le prime imprese campane iniziarono a lavorare per
l’approvvigionamento bellico. In quegli anni nascono le OFM (Officine Ferroviarie
Meridionali) che iniziarono le prime costruzioni aeronautiche e le riparazioni dei biplani, il
gruppo IAM (Industrie Aeronautiche Meridionali) per la produzione su licenza di idrovolanti
e la IAR (Industrie Aeronautiche Romeo) per la costruzione e riparazione di motori
aeronautici.
Tuttavia, la nascita dell’aerospazio in Campania può essere fatta coincidere con il progetto
avviato nel 1939 ad opera dell’IRI della costruzione dello stabilimento di Pomigliano affidato
all’Alfa Romeo nell’ambito del complessivo processo di industrializzazione di aree del
Mezzogiorno. Nel 1940 lo stabilimento Alfa di Pomigliano impiegava 6.000 operai e 700
tecnici e produceva motori Alfa AR 115. Il sito di Pomigliano venne distrutto dai tedeschi sul
finire della seconda guerra mondiale al momento della ritirata per essere poi ricostruito dopo
la fine della guerra. Nel 1948 l’IRI istituì la Finmeccanica e nel vecchio centro aeronautico di
Pomigliano insediò le Officine di Pomigliano per le Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie
(Aerfer) e l’Alfa Romeo. Con l’Aerfer l’industria aeronautica campana ebbe un primo
impulso significativo. Nel 1969 dalla fusione dell’Aerfer con Fiat Aviazione e Filotecnica
Salmoiraghi del Gruppo Finmeccanica nasce l’Aeritalia. L’azienda impiegava circa 2.800
dipendenti negli stabilimenti campani (Pomigliano e Capodichino) in cui si iniziarono a
produrre i pannelli del DC e, successivamente, del DC10. In pochi anni gli stabilimenti
campani crebbero fino ad impiegare 7.600 dipendenti.
L’Aeritalia ha avuto il merito di consentire l’emersione di un sistema produttivo locale
aeronautico. Si consideri che soltanto nel quinquennio 1980 – 1985 gli stabilimenti di
Pomigliano hanno affidato all’esterno circa 4,5 milioni di ore di manodopera diretta, il 75%
delle quali assorbite da imprese campane.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
106
Passaggio chiave per la storia dell’aeronautica campana è la scelta dell’Aeritalia di avviare nel
1982 una collaborazione con la francese Aerospatiale di Tolosa per la produzione di un
velivolo regionale, il primo modello di ATR con la produzione di significativi componenti
strutturali realizzati a Pomigliano. Il progetto ha avuto un grande successo commerciale ed ha
consentito di consolidare la presenza aeronautica in Campania e soprattutto di creare un vero
sistema produttivo locale. La pressoché totalità delle imprese dell’attuale indotto Alenia
hanno collaborato al progetto ATR.
Nel 1990 l’IRI decise di fondere la Aeritalia con la Selenia dando vita ad un’ impresa (Alenia)
che nasceva con 30.000 dipendenti. Il periodo tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90
si rivela molto complesso per l’industria aeronautica italiana con la perdita di 15.000 posti di
lavoro di cui molti in Campania. Dalle difficoltà dei primi anni 90 la via d’uscita è
rappresentata, in un contesto aerospaziale in cambiamento con l’affacciarsi di pochi grandi
players in qualità di system Integratos, dalla capacità dell’Alenia di entrare con ruoli di
responsabilità (fornitore di primo livello) nei grandi programmi internazionali. Con l’apertura
dello stabilimento di Nola si apre la stagione della produzione di aerostrutture per i grandi
committenti internazionali (Aerbus e Boeing) e per i propri programmi C27-J e ATR.
A metà degli anni ’90 si consolida la presenza di un numero crescente di imprese locali di
medie dimensioni – si pensi alla Dema - che sapranno consolidarsi quali attori chiave per lo
sviluppo dell’aerospazio in Campania.
Sebbene la specializzazione produttiva principale del settore aeronautico campano è
rappresentato dalla produzione di aerostrutture per l’aviazione civile, l’attività motoristica
vanta un’antica e consolidata tradizione in ragione della presenza dell’Avio, la più importante
realtà motoristica aeronautica della Campania.
L’Avio raccoglie l’eredità dell’Alfa Romeo, dell’Alfa Avio e poi della Fiat Avio per
rappresentare ad oggi una realtà produttiva consolidata e di eccellenza a Pomigliano per la
produzione di sistemi di combustione con circa 1.200 dipendenti.
Discorso a parte merita il segmento dell’aviazione generale che nasce in Campania per merito
dell’attività pioneristica dei fratelli Pascale che fondarono nel 1949 la Partenavia. Nel 1969
con la trasformazione dell’azienda in S.p.A. e l’ingresso di nuovi soci fu possibile investire
nello sviluppo del P68. La realizzazione del P68, bimotore italiano di aviazione generale di
eccellenza ha consentito di consolidare in Campania la presenza di un segmento aeronautico
di grandissima tradizione. Si consideri che il Prof. Luigi Pascale, tutt’ora impegnato nella sua
attività di progettazione di aeroplani nella sua attuale azienda (Tecnam), rappresenta una
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
107
figura chiave per l’intera aeronautica civile campana ed italiana in quanto nella sua attività
accademica ha prima fondato l’Istituto di Progetti Velivoli negli anni 60 e, successivamente, il
Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell’Università Federico II di Napoli di cui è stato
direttore per lunghi anni. Nella duplice veste di ricercatore ed imprenditoriale ha avuto ruolo
centrale nel processo di sviluppo dell’aeronautica civile campana.
2. Il sistema aerospaziale campano. Struttura e dinamica recente.
La Campania ospita uno dei principali poli aerospaziali a livello nazionale con un incidenza
sul fatturato nazionale complessivo di circa il 23%. In particolare, il polo aerospaziale
campano è il primo nel mezzogiorno d’Italia ed ha una rilevanza paragonabile al polo
lombardo e al polo piemontese. In Italia gli altri poli aerospaziali sono localizzati in Puglia,
nel Lazio e, con dimensioni e significatività inferiore, in Toscana e Umbria.
Il settore aerospaziale campano si compone di circa 30 imprese “core” che si caratterizzano
per un’elevata specializzazione nella progettazione e nella realizzazione di differenti
produzioni per il settore e sono rappresentate dai prime contractor delle grandi multinazionali
e dai loro prime partners. Le imprese di maggiori dimensioni di tale cluster (poco oltre la
decina) impiegano circa 8.000 addetti e sviluppano un fatturato di circa 1.3 Miliardi di €.
Alle imprese aerospaziali “core”, in un’interpretazione estensiva dei confini del settore
aerospaziale regionale, si aggiungono un centinaio di piccole e medie imprese che lavorano
per le imprese aerospaziali “core” in qualità di subfornitori di secondo e terzo livello (officine
meccaniche, progettazione, elettronica, informatica, etc.) che impiegano circa 2.000 addetti e
sviluppano un fatturato di poco inferiore agli 800 milioni di €.
Nel 2011 il polo aeronautico campano ha fatto registrare esportazioni per un valore di 750
milioni di euro. Tale valore rappresenta il 19% circa dell’export complessivo dei poli
tecnologici dell’aerospazio e la terza migliore performance dopo il distretto lombardo (1,3
miliardi di €) e il distretto piemontese (1,05 miliardi di €). La rilevanza del settore aerospazio
in Campania trova conferma nella significativa rilevanza che le esportazioni del settore
rappresentano, nel 2011, il 14% delle complessive esportazioni della Provincia di Napoli.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
108
Le esportazioni del comparto aeronautico campano hanno, tuttavia, fatto registrare una
flessione nel 2011 rispetto al 2010 del 6,2%22 in chiara controtendenza rispetto al complesso
dei principali poli aeronautici italiani (+0,5%) e, soprattutto, rispetto alla positiva performance
del polo pugliese che ha fatto registrare un incremento delle esportazioni nell’ultimo anno
(2011 su 2010 del 41,3%).
La tabella 1. presenta l’andamento del settore aerospazio in provincia di Napoli ed in Italia
negli anni 2007-2011.
Variazioni %
2007/2008
Variazioni %
2008/2009
Variazioni %
2009/2010
Variazioni %
2010/2011
Italia
+ 23,6
-4,6
+ 7,2
+ 1,4
Provincia di
Napoli
+ 31,4
-15,7
+31,1
-6,1
Di seguito si riporta l’andamento delle esportazioni del settore aerospaziale in Provincia di
Napoli nel periodo 2007 – 2011 con specifica evidenza del peso che le esportazioni
aerospaziali campani assumono sul totale aerospazio Italia.
22
La fonte è il monitor dei distretti – aprile 2012 (Intesa – San Paolo)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
109
Tabella 2. Peso percentuale delle esportazioni della provincia di Napoli sul totale delle
esportazioni mondiali del settore in Italia (“Costruzioni di aeromobili e veicoli spaziali”
(Ateco 2007) valori espressi in milioni di €)
2007
2008
2009
2010
2011
valore
esportazioni
Italia
3.474
4.295
4.095
4.393
4.458
valore
esportazioni
provincia di
Napoli
550
723
609
799
750
peso % della
provincia
15,8
16,8
14,8
18,1
16,8
fonte: ns. elaborazioni su dati Istat (www.coeweb.istat.it)
L’87,2 % delle esportazioni del polo aerospaziale campano si concentra negli Stati Uniti
(51,6%) ed in Francia (35,6%). Nel periodo 2007/2011 le esportazioni verso la Francia sono
cresciute del 76% mentre verso gli Stati Uniti sono aumentate del 46%.
Nel periodo Con riferimento ai principali mercati di sbocco il polo campano sembra risentire
per il secondo anno consecutivo di un calo delle esportazioni verso il mercato USA mentre ha
fatto registrare buoni risultati verso Germania e Francia.
Il sistema è costituito da un significativo e qualificato insieme di prime contractor a livello
mondiale (Alenia Aeronautica, Alenia Aeronavali, Avio, Selex Sistemi Integrati, Piaggio
Aeroindustries, Agusta, Carlo Gavazzi Space, Telespazio). Di tali realtà aziendali, soltanto
Avio, Piaggio Aeroindustries e Carlo Gavazzi Space non appartengono alla “galassia
Finmeccanica”23 a dimostrazione della rilevanza che Finmeccanica tutt’ora assume nei
percorsi di sviluppo del sistema aerospaziale campano. Tali imprese lavorano in una logica di
prime partner con aziende campane di dimensioni medie e medio – piccole specializzate nella
produzione di parti, componenti o interi gruppi funzionali (Magnaghi, Dema, Oma Sud,
CMD, Geven, Ompm, La Gatta) e da un insieme cospicuo di aziende di piccola dimensione
23
Si consideri, tuttavia, che Finmeccanica detiene il 12% della Avio.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
110
(in massima parte officine meccaniche) che, pur non lavorando in via esclusiva per il settore,
sono fornitori di terzo livello in quanto dispongono di tecnologie e processi produttivi di
livello compatibile con gli standard di qualità, precisione e capacità di trattare materiali
richieste dalle industrie aerospaziali e che operano su disegni e specifiche dei committenti. A
tali imprese si aggiungono talune realtà di medie dimensioni che producono aerei leggeri ed
ultraleggeri (Tecnam, VulcaAir, Oma Sud) ed operano nella nicchia dell’aviazione generale
con un prodotto a marchio proprio.
Le imprese aerospaziali campane si concentrano per il 70% nell’area metropolitana di Napoli
e, per la restante parte, nell’area di Caserta e di Benevento.
Elemento caratterizzante del polo campano dell’aerospazio è, come avremo modo di
evidenziare nel paragrafo successivo, la presenza di un numero significativo e qualificato di
centri di ricerca a supporto delle attività di R&S in ambito aerospaziale. Nello specifico, oltre
alle sedi universitarie in cui un ruolo determinante lo svolgono le Facoltà di Ingegneria
(Università Federico II e Seconda Università di Napoli) si contano circa 10 centri di ricerca
differentemente in grado di supportare il sistema aerospaziale campano in cui lavorano circa
700 ricercatori. Tra questi i più significativi sono il CIRA (Centro Italiano di Ricerca
Aerospaziale), l’IMAST (Distretto Tecnologico sull’Ingegneria dei Materiali Polimerici e
Compositi e Strutture) e il MARS Center.
Su tali premesse, l’analisi dell’assetto strutturale e delle dinamiche recenti del sistema
aerospaziale regionale può essere utilmente condotta attraverso la sua suddivisione nei 4
differenti e specifici comparti produttivi che lo compongono:
1. Aviazione Civile e militare.
2. Aviazione Generale.
3. Manutenzione.
4. Spazio.
Il comparto dell’aviazione civile e militare è riconducibile, in massima parte, alla
progettazione e produzione di componenti strutturali di velivoli per aviazione civile e militare
(aerei ed elicotteri). Il polo aeronautico campano è specializzato nella progettazione e
costruzione delle componenti complesse del velivolo (cellule e propulsori), nella subfornitura
specializzata di parti e componenti e nella lavorazione e attrezzature.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
111
Tale comparto ruota in massima parte attorno alla significativa presenza dell’Alenia
Aermacchi (Gruppo Finmeccanica) in Campania.
L’Alenia occupa in Campania 4.377 dipendenti negli stabilimenti di Pomigliano d’Arco
(2541), Casoria (441), Nola (879) a cui si aggiungono i 516 dipendenti impegnati nell’area di
Capodichino.
La significatività dell’Alenia in Campania è riconducibile alla rilevanza delle attività che
svolge con riferimento ai differenti programmi produttivi nei quali è coinvolta in qualità di
Prime Contractor e/o di fornitore di primo livello.
Nello specifico, Alenia in Campania assume il ruolo di Prime Contractor nella realizzazione
del C27-J (aereo tattico militare) per il quale svolge l’assemblaggio della fusoliera nell’area di
Capodichino. Svolge, inoltre, attività di Prime Contractor nel programma ATR che viene
sviluppato attraverso la realizzazione di componenti strutturali (cellula) nello stabilimento di
Pomigliano d’Arco. Inoltre, l’Alenia è “risk partner sharing”, in qualità di fornitore di primo
livello di Boeing nel programma 787, 777,767 per il quale svolge attività di realizzazione di
componenti strutturali ed è fornitore di primo livello di Aerbus per i programmi A380 e A321
per i quali produce in entrambi i casi una sezione di fusoliera (pari a circa il 5% dell’intera
cellula).
La presenza dell’Alenia ha favorito negli anni la nascita ed il consolidamento di un indotto di
primo livello fortemente specializzato di imprese aeronautiche e il proliferare di differenti
imprese di minori dimensioni a loro volta capaci di lavorare per il settore aeronautico.
Nello specifico, la struttura produttiva del polo produttivo aerospaziale campano può essere
analizzata attraverso differenti “piramidi produttive” (vedi fig.1) capaci di spiegare la varietà
del contributo e della specifica suddivisione del lavoro tra le imprese del sistema locale e i
grandi System Integrators internazionali con riferimento ai differenti programmi in cui il
sistema produttivo campano è coinvolto. In tale prospettiva, Alenia assume alternativamente il
ruolo di co-System Integrator (ATR e C27-J) e di fornitore di primo livello (Boeing e Airbus).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
112
Fig.1 La piramide produttiva nell’impresa aerospaziale
Fonte: Schiavone F., (2008), Conoscenza, imprenditorialità, reti, Cedam, Padova
Negli anni, in considerazione della presenza significativa sul territorio regionale del soggetto
leader dell’aeronautica nazionale coinvolta nei principali programmi produttivi, è cresciuto e
si è consolidato un tessuto di imprese ad oggi di medie dimensioni capace di porsi quali
fornitori di prodotti complessi.
Tali aziende rappresentano l’elemento di maggiore vitalità del sistema produttivo campano in
quanto, pur in una situazione ambientale complessa soprattutto in ragione delle dinamiche
attuali di Alenia, sono impegnate in un ambizioso progetto di upgrading tecnologico e di
posizionamento competitivo.
L’obiettivo strategico che perseguono consiste nel consolidarsi quali aziende aeronautiche
capaci di progettare e realizzare sistemi complessi per l’aviazione civile. Tale aspetto diviene
centrale per poter divenire a loro volta partner di riferimento per i principali System
Integrators dell’Aeronautica mondiale senza dover necessariamente “passare” dal mondo
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
113
Alenia. L’obiettivo è, pur continuando a lavorare in stretta partnership con Alenia, divenire
essi stessi fornitori di primo livello per i principali players internazionali per la produzione di
specifici sub-sistemi. In tal modo potranno ulteriormente consolidare il proprio ruolo quali
soggetti leader nell’organizzazione di specifici indotti “verticalizzati” di imprese di minori
dimensioni coinvolte nella complessiva “supply chain” di uno specifico sub sistema.
Il consolidamento di filiere verticali di imprese impegnate nella produzione di sub – sistemi
complessi coordinate da una media impresa locale che sappia rapportarsi direttamente anche
con i principali System Integrators internazionali rappresenta, con ogni probabilità, uno degli
elementi centrali in tema di prospettive di sviluppo per il polo aeronautico campano. Peraltro,
la possibilità che le più strutturate imprese aeronautiche dell’indotto campano di Alenia
possano lavorare direttamente con i grandi players è vista come un’opportunità interessante
dalla stessa Alenia in quanto contribuisce a deresponsabilizzare l’impresa rispetto ad una
politica di “allevamento” del complessivo indotto e le consente di beneficiare delle tecnologie
e delle logiche gestionali che tali imprese sono nelle condizioni di acquisire attraverso un
rapporto di collaborazione che preveda anche attività di progettazione e co-progettazione con
i grandi players internazionali.
In tale prospettiva la Dema S.p.A. sembra rappresentare un perfetto esempio di impresa medio
– grande capace di perseguire una strategia di upgrading tecnologico e di posizionamento
competitivo.
La Dema è nata nel 1986 ed è cresciuta in maniera continuativa negli anni fino a conseguire
nel 2011 un fatturato di oltre 52 milioni di € con 750 dipendenti suddivisi tra i due
stabilimenti produttivi campani (Pomigliano d’Arco e Somma Vesuviana), il recente
stabilimento di Brindisi, gli stabilimenti di Piacenza, Tunisi e Montreal.
La Dema ha saputo affiancare al consolidato rapporto di partnership con l’Alenia un
significativo rapporto di collaborazione in qualità di fornitore di primo livello con Bombardier
in ragione della specifica capacità di porsi quale azienda aeronautica in grado di svolgere
attività di progettazione su larga scala e con competenze specifiche.
Nel sistema locale campano operano altre imprese di medie dimensioni che producono
alternativamente un semi-lavorato ovvero uno specifico sub-sistema che hanno le potenzialità
per porsi quale nodo centrale di una verticalizzazione sul “prodotto” che consenta di lavorare
direttamente con i grandi system Integrator internazionali. Si pensi a Magnaghi Aeronautica,
specializzata nella progettazione, sviluppo, realizzazione e certificazione di carrelli di
atterraggio; alla Costruzioni Motori Diesel S.p.A. impresa impegnata nella produzione di un
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
114
motore diesel per aeroplani che potrebbe rivoluzionare il comparto e consentire di produrre un
aeroplano interamente in Campania; alla Geven, azienda specializzata nella fabbricazione
delle poltrone e interni per aerei che negli ultimi anni ha saputo ottenere importanti commesse
da Airbus, per il quale ha realizzato l’isolamento termoacustico dell’A380, e da Boeing, con il
quale ha lavorato sugli interni del B767; alla Foxbit che opera nel campo della progettazione e
ingegnerizzazione, offrendo sistemi avanzati di ingegneria anche per il comparto aeronautico.
La crescita di tali aziende di medie dimensioni potrebbe consentire di muovere il sistema della
fornitura di secondo e terzo livello verso processi di crescita nelle competenze e nelle
specializzazioni produttive. Ad oggi, si palesa un basso grado di completezza e di
integrazione dell’apparato produttivo, in una situazione di eccessivo distacco tra il tessuto
produttivo locale costituito da un insieme di piccole imprese e l’impresa leader, le cui
relazioni tendono ad esaurirsi nei semplici termini del rapporto di fornitura. Il consolidamento
di filiere specializzate di fornitura potrebbe consentire di razionalizzare e qualificare il
complessivo sistema delle piccole imprese e facilitare un processo di upgrading delle realtà
più dinamiche e maggiormente orientate al settore aeronautico.
Le prospettive future per il comparto dell’aviazione civile e militare del sistema aerospaziale
campano dipendono in maniera evidente dalle traiettorie di sviluppo di Alenia Aermacchi in
quanto allo stato attuale il complessivo sistema delle piccole e medie imprese locali è
fortemente dipendente dalle commesse provenienti dall’Alenia. Si stima che oltre il 75% del
complessivo fatturato del sistema produttivo locale oggetto d’indagine dipenda dalle realtà
produttive della galassia Finmeccanica (Alenia in primis).
Tale elemento di criticità si palesa in tutta evidenza in relazione alle attuali difficoltà in cui
appare versare l’Alenia. In particolare, con riferimento al segmento dell’aviazione militare
(realizzazione della cellula del C27-J) si registra la conclusione del programma americano in
virtù della scelta dell’Amministrazione Obama di ridurre gli investimenti militari. Ciò
determinerebbe la chiusura della produzione al termine della consegna dei due lotti pattuiti
per complessivi 38 velivoli. In tal senso appare di straordinaria rilevanza la notizia
dell’acquisizione da parte di Alenia di una commessa per la vendita al Governo Australiano di
10 C- 27J per un valore complessivo di 1,4 miliardi di dollari australiani.
Inoltre, il sistema della subfornitura Alenia impegnata sul programma 787 della Boeing è in
difficoltà a causa dei ritardi e delle difficoltà del programma. Infatti, soltanto nel corso del
2010 il 787 ha fatto registrare 41 cancellazioni a fronte di 37 vendite realizzate. La
subfornitura rischia di veder sovradimensionati gli investimenti realizzati e veder
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
115
compromesso il proprio equilibrio finanziario dai ritardi del programma e, di conseguenza,
dei pagamenti.
Tuttavia, con riferimento all’aviazione civile il nodo principale attorno a cui probabilmente
dipende il futuro del sistema campano – per lo meno nella sua configurazione attuale - è
riconducibile al programma ATR. L’ATR è il consorzio italo – francese per la produzione di
un velivolo regionale realizzato nelle componenti strutturali (cellula) in Campania ed
assemblato a Tolosa. L’attuale sistema della subfornitura aeronautica “core” e “correlata” di
Alenia è cresciuta e si è consolidata con il programma ATR. Allo stato attuale l’ATR
rappresenta un prodotto maturo che, a partire dal 2008, ha riscontrato evidenti difficoltà di
mercato. Tuttavia, il 2011 ha fatto registrare un picco nelle vendite in quanto l’ATR costando
e consumando poco rispetto ai jet viene preferito dalle compagnie aeree nei periodi di crisi
(prodotto “anticiclico”).
Cruciale appare, pertanto, la possibilità di dare avvio in termini brevi al progetto (già allo
studio ed in fase di valutazione congiunta Finmeccanica – EADS che dovrebbe chiudersi
entro fine 2012) per un nuovo prodotto ATR da 92 posti che potrebbe contare, allo stato
attuale, su un mercato potenziale di sostituzione di circa 300 velivoli. Si tratta di un progetto
ambizioso di cui l’intero sistema locale sente forte la necessità per dare una prospettiva di
sviluppo al sistema produttivo locale. Si consideri, peraltro, che il costo di sviluppo
complessivo ammonta a circa 2 miliardi di € e garantirebbe per almeno 15 anni una
prospettiva di sviluppo al sistema locale.
Peraltro, l’Alenia ha avviato una partnership con il costruttore russo Sukhoi per la
realizzazione di nuovo bi-jet regionale da 100 posti SSJ100. Tale progetto sembra in antitesi
alla scelta di procedere con un nuovo modello di ATR (i due velivoli coprono l’identico
segmento di mercato). Pertanto, sembra evidente che Finmeccanica dovrà decidere, in tempi
brevi, su quale progetto puntare. I differenti soggetti intervistati propendono in maniera chiara
per il nuovo ATR per una serie di ragioni addotte: 1. sarebbe ipotizzabile che per il nuovo
ATR la linea finale di produzione venga realizzata a Pomigliano e non a Tolosa con
straordinarie ricadute occupazionali, imprenditoriali e tecnologiche per il sistema campano; 2.
il bi-jet regionale russo avrebbe probabilmente maggiori difficoltà di penetrazione
commerciale sul mercato occidentale laddove l’ATR può contare su di un generale
apprezzamento e, come evidenziato precedentemente, su un mercato di sostituzione
quantificabile in 300 velivoli; 3. in considerazione delle dinamiche del costo del lavoro in
Italia e in Russia è elevato il rischio che nel processo di divisione del lavoro le attività
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
116
manifatturiere a più elevata intensità di lavoro vengano allocata in Russia determinando un
minor impatto occupazionale sul territorio campano.
Nella percezione dei soggetti intervistati l’Alenia sembra attraversare una sorta di “crisi
d’identità”. Stretta tra la necessità di entrare nei nuovi programmi dei principali costruttori di
aerei del mondo in maniera significativa e la necessità di definire a breve il proprio
posizionamento competitivo nella progettazione di un proprio velivolo nel segmento
dell’aviazione regionale, sia pure attraverso un rapporto di partnership con un soggetto terzo
(nuovo ATR, bi-jet con russi). Inoltre, le prospettive in Campania appaiono nebulose in
ragione, in primo luogo, della scelta effettuata di chiudere lo stabilimento di Casoria
impegnato nella realizzazione di lamiere al di sotto dei 15 metri a fine 2012 con conseguente
riallocazione negli altri siti campani dei 441 dipendenti entro marzo 2013 e, in secondo luogo,
in ragione dell’avvio di un complesso accordo sindacale che prevede l’accompagnamento alla
pensione attraverso differenti specifici strumenti di un numero complessivo di 1.400
dipendenti su base nazionale.
Le prospettive future dello specifico comparto saranno, peraltro, fortemente influenzate dalle
scelte di localizzazione che saranno effettuate dalle imprese della galassia Finmeccanica (in
primis Alenia) e che, allo stato attuale, fanno temere una diminuzione del peso delle attività in
Campania rispetto alla Lombardia (chiusura dello stabilimento Alenia di Casoria e
spostamento della sede legale di Alenia da Pomigliano d’Arco a Venegono (Varese) con
rischio di riallocazione futura delle commesse verso gli stabilimenti lombardi). In particolare,
sembra paventarsi il rischio che nei mesi passati logiche non strettamente riconducibili a
scelte di politica industriale abbiano intravisto la possibilità di incrementare il peso del
segmento dell’aviazione civile in Lombardia in relazione alle migliori prospettive di sviluppo
industriale rispetto alla componente militare (tradizionale specializzazione del sistema
produttivo lombardo).
Il rischio che si paventa è che questa fase di difficoltà possa determinare una maggiore
'marginalizzazione', sia qualitativa che quantitativa per gli stabilimenti campani di
Finmeccanica e della filiera dei subfornitori e quindi dell'intero comparto.
Il comparto dell’aviazione generale è composto delle imprese che producono, assemblano e
commercializzano aerei leggeri (certificati) e ultraleggeri.
Si tratta di imprese capaci di arrivare alla produzione di un prodotto finiti (velivolo) che viene
interamente realizzato in Campania per la componente strutturale mentre i motori e l’avionica
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
117
provengono, in massima parte, dagli Stati Uniti. L’aereo viene, quindi, assemblato in loco e
venduto nel mondo a marchio proprio.
Tale nicchia, per quanto ad oggi pesi per non oltre il 5% dell’intero fatturato aeronautico
campano (in valore assoluto poco meno di 100 milioni di €), appare molto interessante in
ragione delle prevedibili dinamiche di sviluppo della domanda mondiale nel segmento
dell’aeronautica generale. Inoltre, un suo sviluppo – in termini di iniziative imprenditoriali e
di crescita delle aziende allo stato in esso impegnate - potrebbe consentire di limitare, nel
prossimo futuro, la dipendenza delle piccole imprese campane del settore dalle scelte
dell’Alenia.
Il comparto in Campania ruota attorno alla presenza di tre aziende principali con una
consolidata presenza sul mercato (Tecnam, Vulcan Air, Oma Sud) e di 2 ulteriori aziende che
in tale segmento si stanno recentemente affacciando con specifici progetti industriali (la
Magnaghi Aeronautica e la K4A).
La Tecnam rappresenta una realtà di eccellenza per l’intero comparto aeronautico nazionale.
Opera nella produzione di ultraleggeri e velivoli certificati per l’aviazione generale. Ha una
flotta viaggiante di 3.200 velivoli nel mondo con un portafoglio prodotti che attualmente
conta 20 differenti tipologie di velivolo. Impiega 150 dipendenti con un fatturato di circa 25
milioni e produce circa 250 velivoli all’anno.
Negli ultimi anni è cresciuta in maniera significativa con incrementi del fatturato a due cifre
ed attualmente vive una fase di assestamento in ragione della necessità di continuare a trovare
le risorse finanziarie per crescere. Per la prima volta negli ultimi 20 anni il fatturato
(previsione 2012) non crescerà rispetto all’anno precedente.
Ha in essere un rapporto di collaborazione con un’impresa spagnola per la realizzazione e
commercializzazione di un velivolo che possa trasferire a terra dati per la sorveglianza delle
coste. Nel 2011 ha avviato un significativo progetto di sviluppo. Un importante operatore
statunitense che possiede una flotta molto ampia ha chiesto alla Tecnam di collaborare allo
sviluppo di uno specifico velivolo di piccola e media tratta regionale che potesse sostituire la
loro attuale flotta. In tale nicchia, stimata in circa 2000 velivoli nei prossimi 5 anni, esiste un
buco d’offerta. La Tecnam ha avviato la collaborazione scientifica per il progetto, è arrivata
alla realizzazione del prototipo ma allo stato attuale non dispone di risorse finanziarie interne
per finanziare la produzione.
La Vulcan Air progetta, realizza ed assembla velivoli per l’aviazione generale. Nello
specifico, produce aerei bimotori a pistoni. Ha una capacità produttiva e commerciale di circa
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
118
1 aeroplano al mese che produce su commessa per clienti privati e professionali con un tempo
di attraversamento complessivo (dalla ricezione dell’ordine alla consegna) di circa un anno.
Ha un fatturato 2011 di circa 9 milioni di € ed impiega circa 65 dipendenti diretti.
Di recente ha venduto il primo aereo alla polizia tedesca ed ha nel proprio portafoglio clienti
12 differenti Stati negli USA.
L’azienda ha di recente ampliato il proprio portafoglio prodotti attraverso la messa in
produzione del Turboprop che consente di allargare in maniera significativa il complessivo
mercato di riferimento e contrastare le recenti difficoltà di mercato che incontrano gli aerei
bimotori a pistoni.
La Oma Sud nasce su iniziativa di un ex dirigente Alenia che decide di uscire da Alenia e dar
vita ad uno spin-off imprenditoriale iniziando a lavorare come sub – fornitore Alenia.
Successivamente ha scelto di operare nel segmento dell’aviazione generale attraverso la
progettazione e realizzazione di un specifico velivolo particolarmente innovativo (Sky Car).
Allo stato attuale la Oma Sud può contare su ordinativi per 180 velivoli.
La Magnaghi Aeronautica è una storica e consolidata impresa aeronautica campana che opera
nel segmento dell’aeronautica civile ed è specializzata nella progettazione, sviluppo,
realizzazione e certificazione di carrelli di atterraggio, componenti idraulici e serbatoi.
Di recente ha inteso diversificare la produzione scegliendo di entrare nel segmento
dell’aviazione generale. Nello specifico, ha rilevato la “Iniziative industriali italiane”, azienda
di Monterotondo (in provincia di Roma) che produce tutta la gamma dei piccoli aerei per uso
sportivo, idrovolanti e velivoli da due o quattro posti.
La K4A è una start – up imprenditoriale attualmente impegnata nella realizzazione di un
elicottero leggero altamente innovativo. Tuttavia, allo stato attuale non è stata ancora avviata
la commercializzazione.
Le tre imprese finali del segmento hanno sviluppato un proprio indotto di piccole e medio –
piccole aziende specializzate nella subfornitura di parti dei componenti strutturali del
velivolo.
Nello specifico, la Tecnam ha creato un proprio indotto che si compone di circa 50 piccole e
piccolissime aziende localizzate nella stragrande maggioranza dei casi in Campania (soltanto
alcune localizzate in Piemonte e Lombardia). Con una decina di tali imprese i rapporti di
collaborazione sono maggiormente strutturati e possono prevedere un coinvolgimento del
subfornitore anche nella fase di ricerca e progettazione. Taluni di loro, anche grazie
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
119
all’esperienza maturata nell’aviazione generale, stanno iniziando ad entrare nella subfornitura
Alenia.
Vulcan Air ha perseguito una strategia simile per quanto il volume d’affari sia inferiore. In tal
caso l’indotto è formato da una decina di imprese anch’esse operanti nella lavorazione delle
componenti strutturali del velivoli su progetti e stampi forniti dall’azienda. La Vulcan Air
svolge, pertanto, in prevalenza attività di progettazione e assemblaggio finale del velivolo.
Vulcan Air e Tecnam condividono buona parte dei subfornitori ma non hanno nessuna forma
di relazione tra loro (tecnologica, produttiva, di mercato). Operano come piccoli system
integrator autonomi che contribuiscono a far crescere e consolidare uno specifico indotto di
realtà produttive e di ingegneria specializzate nella progettazione e nella produzione dei
componenti strutturali del velivolo nel segmento dell’aviazione generale.
Le ragioni di una totale assenza di strategie di collaborazione tra le principali imprese dello
specifico segmento attiene in massima parte alle differenti specializzazioni produttive in cui le
aziende sono impegnate. La scelta di ognuno dei principali players consiste nell’ampliare
quanto più possibile la propria gamma di modelli di proprietà e, soprattutto nel business degli
ultraleggeri (in cui il costo medio unitario del prodotto è piuttosto basso e il margine di
contribuzione esiguo), cercare di sviluppare nuovi prodotti in tempi brevi in quanto il ciclo di
vita di un modello di velivolo ultraleggero è molto ridotto.
Le principali imprese del segmento sono, pertanto, impegnate in assoluta autonomia ovvero
con imprese di altre parti del mondo (ad esempio la Tecnam ha in piedi due differenti progetti
per la costruzione di nuovi modelli di velivoli con partner austriaci e spagnoli) a sviluppare
nuovi progetti industriali anche attraverso un significativo reinvestimento in R&S del
fatturato conseguito (a livello aggregato di segmento in una misura pari a circa il 20-25%).
Il segmento dell’aviazione generale campano si caratterizza per la presenza di imprese
aeronautiche di medie dimensioni che, in ragione di specifiche e consolidate competenze nelle
fasi di progettazione, ingegnerizzazione, produzione e commercializzazione sui mercati finali
internazionali sono in grado di sostenere la più agguerrita competizione internazionale. Tali
aziende vendono in misura prevalente all’estero (circa l’80% delle loro vendite sono effettuate
su mercati esteri) e realizzano il prodotto quasi intermante in Campania con il contributo di un
indotto che negli anni si è sempre più specializzato.
Le prospettive per il segmento dell’aviazione generale in Campania sono potenzialmente
buone in ragione di una prevedibile domanda mondiale in espansione e delle consolidate
capacità dimostrate dalle imprese locali nel leggere le trasformazioni in atto nel settore e
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
120
muovere verso nuove ed innovative scelte di posizionamento competitivo. Tuttavia, le
potenzialità di sviluppo del segmento per essere colte necessitano di una inversione di rotta
nelle politiche di sostegno al segmento. Appare indispensabile, in primo luogo, riconoscere le
specificità di tale segmento, in termini di esigenze di politica industriale, rispetto al più ampio
comparto dell’aviazione civile. Le poche realtà di eccellenza del comparto necessitano di
essere sostenute attraverso politiche che riconoscano un valore nei progetti industriali
specifici individuati e che possono consentire di coinvolgere, per la loro realizzazione, un
indotto di piccole e medie imprese locali capaci di beneficiare di tali “mini – programmi
industriali”. La non dipendenza dalla galassia Finmeccanica deve, pertanto, essere valorizzato
quale elemento di forza potenziale e non continuare ad essere – per lo meno nella percezione
diffusa degli operatori – la ragione di una scarsa visibilità nelle scelte di politica industriale.
Il settore della manutenzione aeronautica, della costruzione di parti di ricambio rappresenta
uno degli ambiti strategici in cui si compone il complessivo sistema produttivo aerospaziale
della Regione Campania.
Nel recente passato Lazio e Campania, rispettivamente con 5.000 e 1.500 addetti sono stati i
principali poli nazionali per lo specifico segmento. A seguito della recente dismissione delle
attività di manutenzione pesante ad opera di Alitalia, la Campania rimane l’unica Regione
italiana con un significativo di livello di concentrazione di risorse umane specializzate in tale
ambito. Tale aspetto rappresenta, pertanto, un’ulteriore opportunità di sviluppo per il sistema
locale.
Le attività manutentive in campo aeronautico pesano per circa il 10% sul fatturato del
complessivo sistema aerospaziale campano ed impiegano circa 1.000 addetti. Sul territorio
campano le quattro principali aziende presenti nel settore manutentivo aeronautico sono OAN
(Modification), Atitech (Aircraft Heavy Maintenance e Line Maintenance), Avio (Engine
Overhaul) e Magnaghi (Components). Inoltre, si segnala la presenza di un significativo
gruppo di piccole imprese subfornitrici specializzate in attività che riguardano la costruzione
di attrezzature, la formazione e la logistica. Il sistema produttivo campano può vantare una
lunga tradizione in tale comparto e, aspetto ancora più rilevante, anche una serie di aziende
che complessivamente possiedono competenze, assets ed aree di eccellenza con capacità di
progettazione e realizzazione tali da poter conseguire importanti posizioni sul mercato italiano
ed estero.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
121
Tuttavia, le piccole e medie imprese del comparto sono orientate in via prevalente alla
manifattura ed alla produzione di parti di veicoli aeronautici ed aerospaziali mentre sono
soltanto marginalmente orientate ai fabbisogni specifici del settore manutentivo. Ciò ha
determinato una presenza di imprese manutentive “core” per il settore aerospaziale inferiore
alle potenzialità complessive del sistema produttivo locale. Tra i motivi di questa potenziale
limitazione allo sviluppo dello specifico comparto si segnala l’assenza di specifiche forme di
sostegno nel supportare le fasi iniziali di ampliamento della tipologia dei servizi offerti dal
sistema delle piccole e medie imprese. Lo sviluppo delle attività di manutenzione sul territorio
ha, infatti, sofferto principalmente per la difficoltà nel realizzare economie di scala sui servizi
offerti in un mercato internazionale governato principalmente dalle strategie delle grandi
compagnie aeree.
Il segmento “spazio” pesa per un 10% circa del fatturato complessivo espresso dal sistema
aerospaziale campano ed è localizzato in misura prevalente nelle provincie di Napoli e
Benevento.
Il segmento è composto da imprese di maggiori dimensioni quali MARS-Telespazio, MBDA,
la sede campana della Carlo Gavazzi Space (azienda lombarda) e Selex Sistemi Integrati. Si
registra, inoltre, la presenza di un consorzio (Antares) e di un numero ridotto ma comunque
degno di nota di piccole e medie imprese locali orientate al mercato spaziale (Technosystem,
Euro.Soft, Merlino Technology, ITS, Marotta AT, Geosystem).
Inoltre, un ruolo significativo viene svolto dal Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, il più
importante centro di ricerca nazionale specializzato in campo aerospaziale. Infatti, il CIRA
sviluppa progetti anche in ambito spaziale e, in tal modo, negli ultimi anni con alcuni
programmi ha
assunto il ruolo di catalizzatore per le PMI che hanno attivato anche una domanda regionale di
tecnologie e servizi nel settore spazio.
Il polo beneventano (Carlo Gavazzi Space, SAB, ANTARES, MARSec) negli anni scorsi si è
concentrato sui servizi connessi alla progettazione ed integrazione di mini/micro satelliti.
Con riferimento alla domanda, il mercato è generato dai programmi nazionali ed
internazionali delle agenzie spaziali (ASI e ESA).
Il ruolo della grande e media impresa nel settore spazio è spesso quello di “partner
tecnologico” per alcune piccole e piccolissime imprese campane, che riescono pertanto a
partecipare attivamente ai
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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programmi spaziali, offrendo servizi altamente specializzati ed apportando un reale contributo
innovativo. In altri casi la grande e media azienda “spaziale” richiede servizi di consulenza
specialistica offerta da alcune delle aziende con sede in Campania (ITS, INTECS, ALTRAN,
ecc.).
La Carlo Gavazzi Space, azienda milanese che ha una sede secondaria a Benevento, svolge il
ruolo di system integrator sul territorio. L’azienda realizza piccoli satelliti e partecipa a
numerosi programmi delle agenzie spaziali. Per quanto concerne i servizi, una piccola parte di
attività è affidata a fornitori sul territorio regionale. Alcune piccole aziende, in particolare
quelle legate da rapporti consortili a CGS (SAB, Merlino, Technosystem) collaborano
soprattutto su attività di tipo ingegneristico (progettazione di apparati elettronici e SW) e per
servizi legati al testing.
3. Il sistema della ricerca e della formazione nell’ambito del sistema aerospaziale
campano
Il settore aerospaziale si caratterizza per la necessità di un’elevata scala di investimenti in
ricerca e sviluppo e per l’elevata qualificazione della forza lavoro necessaria. Pertanto,
condizioni indispensabili per un suo sviluppo duraturo sono la presenza di un sistema della
ricerca in grado di sostenerne le dinamiche evolutive attraverso attività di ricerca di base,
ricerca industriale e sviluppo sperimentale. E’, pertanto, prioritario incentivare e sostenere
relazioni di collaborazione tra il sistema della ricerca e il sistema delle imprese finalizzate ad
attivare processi di trasferimento tecnologico e gestione dell’innovazione di prodotto e di
processo. Inoltre, appare determinante per le imprese aerospaziali la contestuale possibilità di
accedere a risorse umane altamente qualificate e specializzate che possano sostenerne i
processi d’innovazione aziendale funzionali a mantenere il complessivo sistema in linea con
le mutevoli esigenze del mercato.
L’esistenza di una rete di università e centri di ricerca di eccellenza rappresenta, pertanto,
elemento centrale per garantire al sistema locale aeronautico prospettive di sopravvivenza nel
lungo periodo.
In tal senso la Campania si connota per la qualità e la credibilità internazionale delle
infrastrutture di ricerca sia pubbliche che private e per un sistema di formazione universitaria
a supporto del sistema aerospaziale particolarmente rilevante e qualificato.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
123
Con riferimento alle attività del sistema della ricerca regionale si rileva che le stesse sono
incentrate su discipline scientifiche e tecnologiche di base, riguardano gli ambiti più
significativi per il settore aeronautico e spaziale e, aspetto di particolare rilevanza, sono
generalmente svolte attraverso collaborazioni con le principali realtà produttive locali e
nazionali e con le più importanti Università e centri di ricerca internazionali che lavorano in
ambito aerospaziale.
La presenza di un siffatto sistema regionale della ricerca in ambito aerospaziale ha consentito
che i progetti di ricerca nascessero attraverso la creazione di reti di collaborazione che
coinvolgono Università, Centri di Ricerca altamente specializzati e le imprese di grandi
dimensioni e di dimensioni medio – piccole. L’obiettivo è creare una interconnessione tra il
sistema della ricerca e il sistema delle imprese che possa consolidare pratiche e modalità di
networking per lo sviluppo di progetti innovativi. A titolo esemplificativo, si consideri un
progetto di ricerca del CIRA a cui collabora la Tecnam per la realizzazione di una macchina
che possa volare in assenza del pilota.
Il sistema della ricerca in Campania ha nel Centro Ricerche Aerospaziali Italiano il key-player
e comprende il Consorzio Technapoli (Parco Scientifico e Tecnologico), l‟INAF (Istituto
Nazionale di Astrofisica presso l Osservatorio Astronomico di Capodimonte), l IMAST,
l ENEA, il CNR, i Centri Regionali di Competenza (Trasporti, AMRA, CERICT, Nuove
Tecnologie) e società private di ricerca quali: ELASIS, MARS (Centro di Microgravità) e
MARSec.
Di seguito un dettaglio di tali centri di ricerca con le principali aree di ricerca e di attività.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Tabella 1a. I Key-players del sistema della ricerca aerospaziale in Campania
Nome
ALI S.car.l
Localizzazione
Napoli
Centro Ricerche Portici
ENEA
CIRA SCpA
Capua (CE)
CNR - Istituto di Pozzuoli
Chimica
e
Tecnologia dei
Polimeri
CNR – IMM Napoli
(Istituto per la
Microelettronica
e Microsistemi)
CNR - Istituto di Pozzuoli
Cibernetica “E.
Caianiello”
CNR
–
IM Napoli
(Istituto Motori)
Aree di ricerca/attività
Progettazione,
prototipazzione
e
realizzazione
di
componentistica aerospaziale
Innovativa.
Energia, Ambiente, Nuove
Tecnologie
Aerodinamica, Tecnologie
del Ghiaccio, Strutture e
Materiali, Vibrazioni ed
Acustica, Tecnologie UAV,
Crashworthiness, Spazio
Sintesi
di
polimeri
e
progettazione di sistemi
polimerici innovativi ad
elevate prestazioni per lo
sviluppo ecosostenibile
Correlazioni
struttura
–
proprietà e metodologie
innovative
per
la
caratterizzazione
dei
materiali polimerici;Sviluppo
e
caratterizzazione
di
materiali
polimerici
biodegradabili di origine
sintetica e naturale
Materiali e Processi per la
Microelettronica
Microsistemi e Microsensori
Intelligenti
Optoelettronica
e
Fotovoltaico
Sviluppo di Tecniche di
Caratterizzazione
Fisica e tecnologia dei
sistemi coerenti. Visione
naturale e artificiale, modelli
neurali e cognitivi, sistemi
intelligenti.
Sistemi
informativi
cooperanti.
Neurobiologia
Sistemi di combustione
Combustibili;
Veicolo
ambiente
Celle a combustibile
Componentistica,
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
Natura
Consorzio privato
Centro
ricerca
pubblici
Centro
ricerche
pubblico - privato
Istituto del CNR
Istituto del CNR
Istituto del CNR
Istituto del CNR
125
Nome
Localizzazione
CNR – ICAR Napoli
(Istituto
di
Calcolo e Reti ad
alte Prestazioni)
Consorzio
Technapoli
Napoli
CORISTA
Napoli
CRdC – AMRA Napoli
(Analysis
and
Monitoring of
Environmental
Risk)
CRdC - CERICT Napoli
Scrl
CRdC - Nuove Napoli
Tecnologie
ELASIS SCpA
Pomigliano
d’Arco (Na)
Aree di ricerca/attività
Natura
Diagnostica ottica; Materiali,
Vibroacustica
Analisi
chimiche
Sistemi di realtà virtuale Istituto del CNR
altamente immersivi ed
algoritmi evoluti per l‟analisi
di immagini e griglie
computazionali pervasive per
il calcolo scientifico ad alte
prestazioni.
Erogazione
di
servizi
telematici; Redazione e
gestione di progetti di
ricerca,
innovazione,
formazione e trasferimento
tecnologico, nonché di piani
di
sviluppo
industriale;
Promozione
dell'aggregazione di imprese.
Telerilevamento,
radar,
elettro-ottica
Parco Scientifico e
Tecnologico
Consorzio
di
ricerca
Thales
Alenia
Space Italia Spa e
SUN
Early warning e rischio Società
pubblica
sismico - rischio da attività no-profit
antropica Homeland security
Vulnerabilità del sistema
marino costiero;
Rischio
idrogeologico
ICT avanzate
Società consortile a
responsabilità
limitata
Servizi
tecnico-scientifici
Trasferimento
tecnologico
Progettazione integrata nei
settori: Materiali Polimerici,
Energia,
Elettronica,
Biomateriali,Ingegneria.
Ricerca di base & Advanced Centro di ricerca
engineering;
privato
Progettazione/Prototipazione
;
Sperimentazione virtuale e
fisica; PLM/CAx, realtà
virtuale
e
metodologie;
Sistemi elettrici ed elettronici
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Nome
IMAST Scarl
Localizzazione
Portici (Na)
INAF - OAC
Napoli
MARS S.r.l.
Napoli
MARSec S.p.A
Benevento
Aree di ricerca/attività
Materiali
polimerici
e
compositi e strutture
Fisica del Sole; Fisica
cosmica e planetologia;
Fisica delle stelle e del
mezzo
interstellare;
Tecnologia per l'astronomia
da Terra; Tecnologia per
l'astronomia spaziale; Fisica
delle galassie e cosmologia
Operazioni a bordo di
Piattaforme
Spaziali
ed
Aeree; R&S in Informatica
Avanzata che comprende.
Banca dati satellitare Change
detection
Monitoraggio
mare
Pansharpening.
Natura
Distretto
tecnologico
Centro di ricerca
pubblico
Centro di ricerca
privato
(100%
Fimeccanica)
Società pubblica
A completare il quadro dei centri di ricerca pubblici e privati che operano a supporto del
sistema aerospaziale campano, si segnala la presenza delle Facoltà e dei Dipartimenti degli
Atenei campani che hanno maturato specifiche competenze e specializzazioni di ricerca
funzionali al comparto aerospaziale quali la Facoltà di Ingegneria Aerospaziale della Seconda
Università di Napoli; la Facoltà di Ingegneria Aerospaziale dell’Università degli Studi
Federico II; il Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e delle Produzioni dell’Università
degli Studi Federico II; le facoltà di Ingegneria dell’Università di salerno e della Parthenope.
Il sistema aerospaziale campano può contare, come richiamato in precedenza, su un sistema
formativo universitario che ha costruito specifici percorsi di laurea per supportarne le
esigenze del sistema produttivo in termini di risorse umane qualificate e specializzate.
Nello specifico, di seguito si presenta un dettaglio dei corsi di laurea promossi dalle
Università Campane a supporto dello specifico settore:
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
127
Tabella 2a Corsi di laurea in ambito aerospazio promossi dalle Università della Campania.
Corso di laurea
Ingegneria
Aerospaziale
Ingegneria
Aerospaziale
Ingegneria
Aerospaziale
Ingegneria
Aerospaziale
Aeronautica
Livello I
Livello II
X
X
X
e
X
Università
Università degli Studi
di Napoli “Federico
II”
Seconda Università
degli Studi di Napoli
Seconda Università
degli Studi di Napoli
Università degli Studi
di Napoli “Federico
II”
Di seguito si presenta l’andamento delle iscrizione ai quattro corsi di laurea riconducibili in
ingegneria aerospaziale nel periodo 2006 – 2011.
Tabella 3 Andamento degli iscritti ai corsi di laurea triennale in Ingegneria Aerospaziale della Federico II
e della Seconda Università di Napoli nel periodo 2006/2011.
a.a.
2006/07
Università degli Studi
Federico II
Seconda Università di
Napoli
a.a. 2007/08 a.a. 2008/09 a.a. 2009/10 a.a. 2010/11
1031
988
969
986
903
158
159
143
307
406
Fonte: Nostra elaborazione su dati MIUR.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
128
Tabella 4 Andamento degli iscritti ai corsi di laurea specialistica in Ingegneria Aerospaziale della Federico
II e della Seconda Università di Napoli nel periodo 2006/2011.
a.a.
2006/07
Università degli Studi
Federico II
Seconda Università di
Napoli
a.a. 2007/08 a.a. 2008/09 a.a. 2009/10 a.a. 2010/11
160
240
271
257
353
23
38
43
42
51
Fonte: Nostra elaborazione su dati MIUR.
Come si evince dalla lettura delle tabelle, i corsi di laurea in Ingegneria aerospaziale hanno
evidenziato un complessivo trend positivo nelle iscrizioni. In particolare, si segnala la crescita
costante nelle immatricolazioni alle specialistiche e gli ottimi risultati – in termini
d’immatricolazione - della specialistica della Seconda Università di Napoli.
Dalla lettura dei dati Almalaurea 2011 riferibili al corso di laurea specialistica della Seconda
Università di Napoli si evince come ad un anno dalla laurea la quota dei laureati in
ingegneria aerospaziale (LM-20) che trovano occupazione si attesta all'80% e l'ingresso nel
mercato del lavoro avviene, mediamente, dopo 4 mesi dal conseguimento della laurea. Con
riferimento al corso triennale in Ingegneria Aerospaziale, la quasi totalità degli studenti
laureati si iscrive ad un corso di laurea specialistica. Ad un anno dal conseguimento della
laurea, il tasso di occupazione si attesta al 20%; di questi, l’87% frequenta,
contemporaneamente all'attività lavorativa, un corso di laurea specialistica.
Oltre ai corsi di laurea in Ingegneria Aerospaziale, il sistema universitario campano promuove
6 corsi laurea in Ingegneria elettronica (3 di primo livello e 3 di secondo livello), 5 corsi di
laurea in Ingegneria Meccanica (3 di primo livello e 3 di secondo livello), 2 corsi di laurea di
secondo livello in Ingegneria dell’Automazione, un corso di laurea di secondo livelli in
Ingegneria meccanica per la progettazione e la produzione, un corso di laurea di primo livello
in Ingegneria Gestionale della Logistica e della Produzione, un corso di laurea di primo livello
in Scienza e Ingegneria dei Materiali, un corso di laurea di secondo livello in Ingegneria dei
Materiali; un corso di laurea di primo livello in Logistica e Trasporti e, infine, un corso di
laurea di secondo livello in Ingegneria dei Sistemi Idraulici e di Trasporto.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Tali corsi di laurea, in particolar modo quelli in ingegneria meccanica ed elettronica, pur non
essendo costruiti in via esclusiva per l’industria aerospaziale svolgono un ruolo
particolarmente rilevante nel fornire alle imprese aeronautiche “core” e soprattutto alle
imprese non strettamente aeronautiche che lavorano per il settore (imprese meccaniche ed
elettroniche) risorse umane adeguatamente formate.
Dall’analisi effettuata attraverso le interviste è emerso che la quasi totalità degli ingegneri che
lavorano per le imprese del settore provengono dalle Università campane. Pertanto, la
capacità del sistema universitario di costruire un offerta formativa qualificata ed in linea con
le esigenze del sistema produttivo ha consentito di garantire opportunità occupazionali sul
territorio a giovani altamente specializzati. Si consideri che la Dema nel suo stabilimento di
Somma Vesuviana ha realizzato una intera palazzina di quattro piani adibita a centro di
progettazione per i sistemi complessi che progetta e realizza per Bombardier ed Alenia e che
conta circa 100 ingegneri.
Peraltro, si segnala come i giovani ingegneri che provengono dalle Università campane siano
sempre più ottimi ingegneri “strutturalisti” in ragione della chiara specializzazione del
comparto aeronautico campano nella produzione di componenti strutturali (cellule) del
velivolo laddove sembra essere meno coltivata la specializzazione in progettazione
aeronautica, funzionale alla progettazione di nuovi velivoli. Tale aspetto, rilevato in massima
parte dalle imprese impegnate nell’aviazione generale, stride, per certi versi, con le antiche e
consolidate competenze universitarie campane in tema di aerospazio che affondano le proprie
radici proprio nella progettazione aeronautica.
In Campania, nell’ultimo periodo, sono state promosse differenti iniziative formative per
figure tecniche “intermedie” in ambito aerospaziale. Tali iniziative nascono su collaborazioni
tra Istituti Tecnici Industriali, Università ed imprese locali di grande e media dimensione e
prevedono una parte di formazione teorica in aula ed un tirocinio formativo di natura pratica
presso l’azienda partner. Nello specifico si segnalano in seguenti corsi: (a) Disegnatore
progettista strutturale aeronautico, promosso dall’Istituto Tecnico Industriale Statale Galileo
Ferraris"di Napoli con la collaborazione del
Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale,
Università Federico II e della Piaggio Aeroindustries; (b) Tecnico per la produzione
aeronautica, promosso dall’ Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato “Ambrogio
Leone” con la collaborazione dell’Università Federico II, della Alenia Aeronautica e del
Consorzio GESFOR; (c) Tecnico Superiore per disegno e progettazione industriale, promosso
dall’Istituto Tecnico Industriale Statale “Eugenio Barsanti” con la collaborazione del
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale della Federico II, del Centro di Ricerca IMAST e di
Alenia Aeronautica.
4. Le politiche pubbliche
Allo stato attuale non esiste un Distretto dell’Aerospazio Campano riconosciuto. Nel 2009 è
stata approvata una delibera regionale (DGR n° 618 del 27.03.2009) che istituiva un
“Comitato Regionale” a cui è assegnato il compito di realizzare, con il supporto del “Tavolo
tecnico per il distretto Aerospaziale” (organismo istituito con la stessa deliberazione), un
accordo consensuale tra le istituzioni pubbliche ed i soggetti collettivi coinvolti nel settore
aerospaziale, per la definizione, e successiva realizzazione, di un concreto programma di
iniziative preposte al riconoscimento del Distretto Aerospaziale Campano nei termini e nei
modi stabiliti dalla normativa di merito. A tre anni di distanza il progetto è fermo per
l’oggettiva impossibilità di trovare un accordo di sistema sulla configurazione, la mission, le
concrete strategie da perseguire nell’ambito di un distretto produttivo dell’aerospazio in
Campania.
Soltanto all’inizio del 2012, su iniziativa dell’Assessorato Regionale alla Ricerca ed in
ragione dell’opportunità offerta dal bando PON “Ricerca e Competitività” è stato presentato
al MIUR lo Studio di Fattibilità per il riconoscimento del Distretto Tecnologico
dell’Aerospazio campano.
Il progetto del DAC è attualmente in fase di valutazione presso il MIUR.
Il progetto del DAC (Distretto Aeronautico Campano) riunisce 10 grandi imprese, fra cui
Alenia Aermacchi, Avio, Mbda, 13 PMI, un investitore finanziario e 11 fra università e centri
di ricerca, fra cui il Cira, l'Enea e il Cnr. Lo studio prevede 11 grandi progetti di ricerca per un
ammontare di 145 milioni di investimento funzionali al complessivo rilancio del comparto.
La nascita di un distretto tecnologico viene percepita dagli operatori imprenditoriali come una
straordinaria opportunità per finanziare progetti di ricerca di rilevanza strategica per i
differenti comparti dell’aerospazio campano (aviazione civile e generale, spazio, attività di
manutenzione) ma non sufficiente nel supportare il rilancio del sistema produttivo campano
aerospaziale.
Viene percepita l’evidente occasione persa in ragione dell’incapacità di allineare la visione
regionale in merito ai processi di sviluppo del comparto con le esigenze – non sempre tra loro
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
131
riconducibili ad una visione unitaria – delle grandi imprese (galassia Finmeccanica in primis)
delle piccole e medie imprese locali che operano nel settore e delle medie imprese del
comparto dell’aviazione generale.
Il giudizio espresso dai soggetti intervistati sull’operato della Regione appare critico. Viene
percepita una scarsa capacità del Governo Regionale nel trovare una sintesi adeguata tra le
differenti anime ed esigenze del comparto aeronautico campano. Il paradosso evidenziato è
che l’aerospazio campano pur potendo contare su un sistema della ricerca qualificato e
consolidato e su una buona dinamicità imprenditoriale nelle differenti anime che lo
compongono sconta – allo stato attuale – la mancanza di centri di iniziativa e di vera
“promozione dello sviluppo industriale” sia nell’apparato istituzionale (che pure si è spesso
proposto di averli) sia (e questo è forse ancor più grave) nel mondo della stessa industria
interessata.
Il Governo Regionale viene percepito incapace – allo stato attuale – di definire strategie ed
interventi di sistema che possano, in una logica industriale e non soltanto riconducibili alle
attività di ricerca, sostenere le prospettive di sviluppo del comparto.
Si rileva che non è stata ancora approvata la Delibera che sblocca i fondi per i primi 12
Contratti di Programma Regionali che risalgono al 2008. Tra questi soltanto uno interessa il
settore Aerospaziale. Si tratta di un progetto presentato dal Consorzio Aeronautico Caltec di
Benevento che prevede un investimento di 22 milioni di € con una previsione di 140 nuovi
occupati. Nel 2008 sono stati presentati e ritenuti ammissibili 5 contratti di programma
presentati da soggetti riconducibili al sistema aerospaziale campano. Allo stato non risulta
chiaro se ed in quale misura i diversi contratti di programma presentati e ritenuti ammissibili
saranno finanziati. Tale aspetto viene ritenuto dagli attori imprenditoriali del territorio come
un evidente elemento di criticità soprattutto considerando i già lunghi tempi per un ritorno
degli investimenti nel settore aerospaziale e quanto sia reale il rischio di veder approvati
progetti d’investimenti nel frattempo quasi obsoleti. Il risultato è che talune aziende che
avevano presentato progetti per avviare la fase di produzione dopo aver beneficiato di
finanziamenti per le attività di ricerca, proto tipizzazione e ingegnerizzazione di produzione
hanno i progetti fermi non potendo contare sulle risorse finanziare necessarie a procedere con
la messa in produzione con il rischio di disperdere i benefici associati al finanziamento delle
fasi propedeutiche alla produzione.
Con riferimento ai più recenti interventi si segnala il contratto di programma sottoscritto dal
Ministero dello Sviluppo Economico con i rappresentati del consorzio “SAM II” di Napoli
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
132
(Società Aerospaziale Mediterranea) un contratto di programma che prevede la realizzazione
di un articolato piano di investimenti nei settori ad alta tecnologia di carattere strategico
dell’industria
aeronautica
e
aerospaziale.
Il piano industriale coinvolge nove imprese delle province di Napoli e Caserta per un
investimento complessivo previsto di oltre 46 milioni di €, con una partecipazione della
finanza pubblica di oltre 16 milioni di euro (equamente ripartiti tra lo Stato e la Regione
Campania).
Risale al 2007 l’accordo di programma Regionale con il CIRA (Centro di Ricerche Italiano
Aerospaziali) per lo sviluppo e la promozione del settore industriale e della ricerca in campo
aerospaziale in Campania per un importo di 8 Milioni di €. Con tale accordo di programma è
stato creato campaniaerospace, un network che riunisce le oltre 100 imprese e i centri ricerca
impegnati nel settore aerospazio in Campania. Campaniaerospace è tra i soci fondatori
dell’European Aerospace Cluster Partnership (EACP).
Le aziende dell’aerospazio dimostrano una buona propensione nel ricercare nuove opportunità
di business sui mercati internazionali. A tal proposito, si segnala la significativa adesione di
imprese dell’aerospazio campano (15 aziende) alla missione prevista a maggio 2012 in
Brasile nell’ambito di ''Missione di Sistema Governo/Regioni/Sistema Camerale in Brasile'',
prevista nella settimana compresa tra il 21 e il 25 maggio 2012, a cui partecipano 17 Regioni.
La Campania è la Regione d’Italia che porterà il maggior numero di imprese dell’aerospazio
tra tutte le Regioni italiane.
Inoltre, si è registrata una significativa presenza delle imprese dell’aerospazio campano alla
terza edizione (2011) del 'Aerospace and Defense Meeting che si è tenuto a Torino ed ha
ospitato oltre 60 aziende espositrici e accolto un migliaio di partecipanti tra buyer, trader e
operatori dei settori aerospazio e difesa, per circa la metà provenienti da paesi esteri.
In tema di formazione e Risorse Umane, la Regione Campania con un investimento di 2,5
Milioni di € ha promosso la costituzione del Centro sperimentale di sviluppo delle
competenze nel settore dell'aerospazio (Cssc). L’iniziativa, presenta a fine gennaio 2012, può
contare su diversi partner di progetto, quali Alenia Aermacchi, Magnaghi Aeronautica, le
Universita' Federico II, Seconda Universita' e Parthenope, gli Itis 'Barsanti' di Pomigliano
d'Arco, il 'Fermi' di Napoli e il 'Villaggio dei ragazzi' di Maddaloni, i centri di formazione Sto
a', il Consaer e l'Elea.
Nella percezione dei soggetti intervistati il sostanziale immobilismo della Regione Campania
stride con il dinamismo percepito del Governo regionale della Puglia. Si consideri che taluni
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
133
imprenditori napoletani del settore operano anche in Puglia (ad esempio Dema e CMD
Costruzioni Motori Diesel) ed evidenziano come abbiano lavorato alla nascita del Distretto
Pugliese (l’ing. Ballamia della Dema è componente del comitato strategico del distretto
pugliese) senza, tuttavia, riuscire a replicarne l’esperienza in Campania.
5. Le prospettive future
Le prospettive dell’aerospazio campano appaiono incerte e fortemente dipendenti dalle scelte
di politica industriale che dovranno essere assunte nel prossimo futuro ai vari livelli di
responsabilità (nazionale e regionale).
In particolare, sembra emergere dal sistema imprenditoriale la richiesta di scelte tempestive e
chiare sul futuro dell’aerospazio campano che sappiano definire una traiettoria evolutiva per il
comparto.
Il settore appare al momento stretto tra la dipendenza dalla galassia Finmeccanica e il
tentativo di far crescere un numero significativo di imprese medie e medio – grandi
dimensioni che possano contribuire ad affrancare il sistema nel suo complesso dalla mono
committenza Alenia in ragione della capacità di operare quali piccoli system Integrators
nell’aviazione generale ovvero di stabilire relazioni dirette con i grandi produttori
internazionali impegnati nell’aviazione civile.
In un simile contesto sembrano emergere tre elementi sui quali riflettere in chiave di
prospettive di sviluppo
1. Il ruolo dell’Alenia in Campania;
2. Il processo di “upgrading” tecnologico e di posizionamento competitivo delle imprese
dell’indotto;
3. Le strategie di crescita dei piccoli System Integrator dell’aviazione generale.
Con riferimento al punto 1 sembra emergere in maniera evidente che il sistema produttivo
locale non possa prescindere da una forte e qualificata presenza dell’Alenia in Campania.
Pertanto, è indispensabile che l’Alenia possa superare in tempi brevissimi l’attuale fase
d’impasse strategico – produttiva attraverso scelte chiare che valorizzino la Campania. In
particolare, è indispensabile definire una strategia chiara per garantirsi la presenza in qualità
di co-produttore di un velivolo regionale (ATR ovvero bi-jet italo-russo). Il vecchio ATR è
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
134
oramai un prodotto maturo e questo è il momento migliore – in termini di mercato - per
lanciare la nuova versione a 92 posti che, possibilmente preveda, la linea finale a Pomigliano
e non più in Francia. L’avvio di un simile programma garantirebbe al sistema locale un flusso
di attività per almeno 15 anni con la conseguente possibilità di sviluppare ulteriori
investimenti produttivi e tecnologici.
Inoltre, è indispensabile che Alenia sappia rafforzare il proprio ruolo quale prime- contractor
di Boeing e Airbus. In tale “mercato” la concorrenza cresce e all’allorquando andranno in
esaurimento le attuali commesse sarà indispensabile essere percepiti competitivi per
consolidare i rapporti di collaborazione allo stato in essere.
Peraltro, sarà indispensabile capire come Finmeccanica intenderà allocare i programmi in cui
sarà coinvolta e le conseguenti produzioni tra i diversi sistemi produttivi locali (Piemonte,
Lombardia, Campania, Puglia). In tal senso tali scelte – tradizionalmente fortemente
intermediate dalla politica e non sempre rispondenti a logiche di politica industriale – si
ritiene debbano derivare da un disegno di politica industriale nazionale e non “ridotte” a
competizioni tra sistemi politici regionali.
Per quanto appaia evidente l’impossibilità di prevedere uno sviluppo del settore a prescindere
dall’Alenia, una seconda direttrice di politica industriale è rappresentata dalla necessità di
prevedere strumenti e programmi specifici per far emergere reti di pmi impegnate nelle
differenti filiere specialistiche dell’aviazione civile. L’idea è riconoscere nelle medie imprese
in posizione intermedia tra l’Alenia e le pmi dell’indotto l’elemento centrale del processo di
crescita del complessivo sistema locale in quanto possono svolgere quel ruolo di
“allevamento” del sistema in virtù di un evidente dinamismo imprenditoriale.
L’idea è consolidare attorno a tali medie imprese filiere produttive e tecnologiche fortemente
verticalizzate e specializzate – a regime - nella produzione di sub-sistemi per l’aviazione
civile. Tale scelta potrebbe consentire un complessivo processo di upgrading dell’intero
sistema della sub-fornitura consentendo alle realtà più piccole e dinamiche di crescere.
Tale processo di sviluppo permetterebbe alle differenti filiere di presentarsi, in maniera
strutturata, quale partner di primo livello per i grandi player internazionali consolidando
quanto talune di queste medie imprese stanno facendo in quest’ultimo periodo in quanto
capaci di lavorare in maniera specialistica su tutte le fase della produzione aeronautica (dalla
progettazione alla realizzazione).
Infine, si rende indispensabile sostenere, con programmi mirati, i processi di sviluppo
produttivo e non soltanto di ricerca, delle medie imprese che lavorano nell’aviazione generale.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
135
Tali imprese necessitano di essere riconosciute nella propria specificità (system integratori di
piccole dimensioni con un proprio indotto che lavorano sui mercati internazionali) attraverso
programmi industriali che garantiscano fondi e tempi certi in ragione dell’elevata rischiosità e
della rapida obsolescenza dei programmi nell’aviazione generale.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
136
Capitolo 5
Il sistema produttivo della meccatronica in
Puglia
Francesco Prota
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e CERPEM, Bari
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
137
Premessa
La presente nota è stata redatta nell’ambito del progetto di ricerca realizzato dal Cerpem sulle
trasformazioni recenti in sei sistemi produttivi territoriali del Mezzogiorno e le loro
prospettive di sviluppo. Essa ha come obiettivo l’analisi del sistema produttivo della
meccatronica pugliese e si basa sia su un’attività di elaborazione e studio dei dati e dei
documenti disponibili sia su una serie di interviste, condotte tra marzo e aprile 2012, ad alcuni
dei soggetti chiave di questo polo produttivo24.
Prima di passare all’analisi del sistema produttivo della meccatronica pugliese, due cose
appaiono fondamentali: (1) chiarire cosa si intende con il termine “meccatronica” e (2)
richiamare, seppur sinteticamente, alcuni elementi generali di contesto, indispensabili per
interpretare al meglio le performance recenti e le prospettive future del sistema produttivo
oggetto della presente analisi.
La meccatronica, termine coniato in Giappone negli anni sessanta, rappresenta l’incontro fra
aspetti meccanici, elettrici ed informatici che vengono considerati congiuntamente e
contemporaneamente (e non separatamente e sequenzialmente). Le soluzioni meccatroniche
trovano applicazioni sia nell’automazione industriale che nei comparti dell’automotive e
dell’aerospace, interessando le filiere produttive più avanzate della meccanica. Si tratta,
dunque, di un insieme di tecnologie abilitanti che aggiungono valore a prodotti e processi,
contribuendo ad aumentarne la competitività sui mercati internazionali.
Per interpretare l’andamento di un sistema produttivo specializzato nella meccatronica
occorre, dunque, guardare principalmente a cosa succede nell’ambito dei settori della
meccanica e dell’automotive. Come ampiamente noto, l’industria europea sta attraversando un
momento di fortissima crisi che coinvolge tutti i settori produttivi anche se con intensità
diversa. Particolarmente severe sono proprio le difficoltà della meccanica, in quanto si tratta
di un settore che risente molto delle fluttuazioni di mercato e delle conseguenti decisioni di
investimento delle imprese che acquistano macchinari. Ugualmente, si registra una forte
caduta nella produzione nell’industria automobilistica, un settore cruciale per i Paesi
24
Elenco degli intervistati: Vito Albino (Politecnico di Bari; Consigliere di amministrazione del MEDIS), Fabio Barsotti
(Direttore di stabilimento della Magneti Marelli), Vittorio Colangiuli (Vice direttore di Confindustria Bari-BAT), Corrado
Laforgia (Direttore Area Freni della Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti), Tina Luciano (Presidente sezione
meccanica Confindustria Bari-BAT; Presidente del distretto produttivo della meccanica), Mario Ricco (Vice presidente del
MEDIS; esperto indipendente), Gaetano Scamarcio (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”; Presidente del MEDIS),
Michele Vinci (Presidente di Confindustria Bari-BAT; MASMEC).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
138
dell’Unione Europea sia per il suo peso in termini di occupazione e di contributo al PIL
europeo sia perché in essa si effettuano i maggiori investimenti privati nel settore della ricerca
e sviluppo a livello continentale.
L’impatto della crisi economica internazionale si sta rivelando particolarmente negativo per i
Paesi a forte vocazione manifatturiera ed elevata propensione all’export, come l’Italia. La
disaggregazione settoriale evidenzia i segni profondi lasciati dalla recessione sull’industria
italiana. Inoltre, il mancato recupero di produzione in alcuni importanti settori si sovrappone a
un marcato aumento della penetrazione delle importazioni, che sono andate a sostituire
l’attività domestica25. Fino a marzo 2011 nessun settore aveva colmato le perdite accumulate.
“Mezzi di trasporto” e “macchinari e apparecchiature” sono stati i comparti più dinamici
anche se restano lontani dal pieno recupero delle perdite (graf. 1).
Di questa situazione di generale difficoltà, il sistema produttivo della meccatronica pugliese,
ovviamente, non poteva non risentirne, anche se, come vedremo, si assiste ad una sua
sostanziale tenuta (anche grazie al cospicuo sostegno pubblico). Fare delle previsioni sulle
prospettive future dei settori della meccanica e dell’automotive non appare semplice essendo,
come già ricordato, due settori fortemente legati all’andamento del ciclo economico, il primo
con particolare riferimento alle decisioni di investimento degli altri settori produttivi ed il
secondo all’andamento della domanda di beni di consumo. È, però, facile attendersi che se
l’attuale situazione di crisi dovesse perdurare ancora a lungo (ed i segnali provenienti
dall’industria automobilistica in questo senso sono molto preoccupanti), il sistema produttivo
della meccatronica pugliese rischia di essere messo definitivamente in ginocchio. La notevole
rilevanza per il polo della meccatronica pugliese dell’andamento a livello mondiale del settore
automotive deriva dal fatto che, come vedremo, al suo interno giocano un ruolo di primo
piano alcune imprese multinazionali (fra queste, principalmente, Bosch, Getrag, Magneti
Marelli) operanti in questo settore che intorno al capoluogo regionale hanno importanti
stabilimenti produttivi (con anche una piccola componente di attività di ricerca e sviluppo)
con un rilevante impatto occupazionale sul territorio.
25
Centro Studi Confindustria, Effetti della crisi, materie prime e rilancio manifatturiero. Le strategie di sviluppo delle
imprese italiane, Scenari industriali n. 2, giugno 2011.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
139
Grafico 1 - Produzione: recupero difficile per molti settori
(Italia, dati destagionalizzati, riferimento: marzo 2011)
Caduta: var. % dal picco del ciclo precedente al minimo settoriale;
distanza dal picco: var. % nel marzo 2011 rispetto al massimo del ciclo precedente.
Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT (graf. B in Scenari industriali n. 2, 2011)
È, dunque, opportuno che vi sia grande attenzione dei policy makers, sia a livello nazionale
che regionale, verso questo polo produttivo e che accanto agli interventi messi finora in atto,
complessivamente positivi ma di natura prevalentemente “difensiva”, si implementino nuove
misure volte a favorire l’ispessimento del tessuto produttivo attraverso la nascita e/o
l’attrazione di imprese innovative (su questo punto si tornerà più diffusamente in seguito).
La figura seguente illustra la collocazione geografica del polo produttivo pugliese all’interno
del complessivo sistema della meccatronica in Italia, che annovera altri importanti poli, in
particolare, in Emilia Romagna (sede di un distretto tecnologico per la meccanica avanzata),
Veneto e Piemonte (come nel caso pugliese si tratta di un polo fortemente legato
all’automotive).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
140
Figura 1 – Il sistema della meccatronica in Italia
Fonte: Confindustria, Mappa delle competenze delle imprese in Ricerca & Innovazione, gennaio 2012
Il lavoro è organizzato nel modo seguente. Il § 2 delinea i confini geografici del sistema
produttivo e ne ricostruisce brevemente la genesi. Il § 3 ed il § 4 sono dedicati alla
descrizione, rispettivamente, delle imprese principali (oltre che del Distretto della
Meccatronica) e del mondo della ricerca. Il § 5 presenta un’analisi dell’evoluzione recente del
polo produttivo della meccatronica pugliese alla luce della crisi economica internazionale. Nel
§ 6 si discute del ruolo svolto dalle politiche pubbliche nella nascita e nella tenuta nel tempo
del sistema produttivo. Segue un paragrafo finale in cui l’analisi si focalizza sulle criticità e
sulle potenzialità del sistema produttivo della meccatronica e sulla “domanda” di politiche
pubbliche.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
141
1. Geografia e storia del sistema produttivo della meccatronica in Puglia
Alla luce della definizione di meccatronica richiamata nel paragrafo precedente, è evidente
che nel descrivere il polo produttivo pugliese non possiamo prescindere da costanti richiami ai
settori della meccanica e della componentistica auto26.
Il sistema produttivo della meccatronica pugliese (e, più in generale, i settori della
meccanica e della componentistica auto) è fortemente concentrato da un punto di vista
geografico: le imprese principali sono localizzate nella provincia di Bari; in particolare, i
grandi stabilimenti a capitale esterno operanti nel comparto dell’automotive sono situati
attorno al capoluogo regionale27. Nel solo Sistema Locale del Lavoro (SLL) di Bari si
contano, nel 2009, 7.000 addetti, pari al 38% del totale degli addetti regionali nei comparti
della meccanica e della fabbricazione di mezzi di trasporto (tab. 1). Le unità locali, sempre nel
2009, sono 184 (tab. 2).
26
È utile ricordare che nel quadro europeo l’Italia riveste un ruolo di primo piano nel settore della meccanica: è seconda solo
alla Germania in termini di quota di addetti sul totale manifatturiero (rispettivamente, 16,8% e 12,5%). Vi è, però, un deciso
dualismo territoriale: nel Nord-Est e nel Nord-Ovest la quota di addetti di tale settore è notevolmente più alta che nel Centro
ed è più che doppia rispetto al Mezzogiorno, con la parziale eccezione della Puglia.
27
La meccanica e la componentistica auto sono due dei principali settori industriali della Puglia: nel 2009, essi hanno
generato un valore aggiunto leggermente superiore a 1,1 miliardi di euro, pari a poco più del 17% del valore aggiunto
prodotto dal settore manifatturiero nel suo complesso. Sempre al 2009, gli occupati ammontavano a 25.200, il 14% degli
occupati totali nell’industria manifatturiera. Seppur rilevante, il peso in termini di occupati è inferiore al dato medio
nazionale (in questo caso la percentuale è di poco superiore al 24%).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
142
Tabella 1 - Addetti alle unità locali delle imprese per sottosezione di attività economica e sistema locale del lavoro
(valori assoluti)
Fabbricaz. di macchine e apparecchi meccanici
2005
Altamura
Bari
Barletta
Bisceglie
Corato
Gioia del Colle
Monopoli
Putignano
Rutigliano
2009
480
4,108
553
452
153
129
258
325
60
2005
∆
233
2,885
286
351
151
114
131
171
70
Fabbricaz. di mezzi di trasporto
-51.4%
-29.8%
-48.2%
-22.3%
-1.2%
-12.0%
-49.3%
-47.3%
16.2%
2009
28
4,194
61
64
24
273
154
-
∆
8
4,112
66
17
47
74
362
83
-
-70.0%
-2.0%
7.6%
-73.6%
96.0%
32.4%
-46.0%
-
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati Istat
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
143
Tabella 2 - Unità locali delle imprese per sottosezione di attività economica e sistema locale del lavoro
(valori assoluti)
Fabbricaz. di macchine e apparecchi meccanici
2005
Altamura
Bari
Barletta
Bisceglie
Corato
Gioia del Colle
Monopoli
Putignano
Rutigliano
2009
118
402
147
75
32
36
34
67
16
2005
∆
34
139
45
42
17
22
18
18
9
Fabbricaz. di mezzi di trasporto
-71.2%
-65.4%
-69.4%
-44.0%
-46.9%
-38.9%
-47.1%
-73.1%
-43.8%
2009
6
56
15
17
8
14
5
-
∆
4
45
11
6
8
4
15
5
-
-33.3%
-19.6%
-26.7%
-64.7%
0.0%
7.1%
0.0%
-
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati Istat
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
144
Guardando brevemente alla storia del polo produttivo, dobbiamo dire che il settore della
meccanica barese è cresciuto particolarmente fra la metà degli anni sessanta e la metà degli
anni settanta in virtù di cospicui flussi di investimento delle Partecipazioni Statali e di imprese
private, italiane e straniere28. Grazie alla preesistente cultura meccanica dell’area, e a partire
da questi insediamenti (sia per processi di spin-off sia per il crescere di un mercato locale
delle forniture, anche di qualità), si è sviluppato un interessante tessuto di imprese locali.
Nei primi anni novanta i processi di privatizzazione delle Partecipazioni Statali sono stati
particolarmente rilevanti e si sono accompagnati a importanti ristrutturazioni; come
conseguenza i grandi insediamenti hanno subito una fortissima contrazione occupazionale.
Ciò nonostante, nuovi rilevanti investimenti si sono avuti intorno alla metà degli anni
novanta, specie nella componentistica auto. Si è trattato sia di investimenti greenfield che di
acquisizioni di imprese insediate nell’area del capoluogo regionale da diversi decenni.
Da importanti insediamenti della Fiat a Bari, dell’inizio degli anni settanta, ad esempio,
originano le attuali presenze della Magneti Marelli e della Bosch. Particolarmente interessante
è la vicenda della localizzazione della multinazionale tedesca nell’area industriale di
Modugno che si spiega con le acquisizioni effettuate dal gruppo a metà degli anni novanta:
nel 1994, rileva i diritti per l’industrializzazione del sistema Common Rail, che era stato
sviluppato a Bari in un centro di ricerca della Fiat (a tal fine viene creata la Tecnologie Diesel
Italia, allora una joint venture tra Bosch e Magneti Marelli, oggi appartenente integralmente
alla multinazionale tedesca)29; nel 1996, acquista la Allied Signal (sistemi frenanti) che aveva
tre stabilimenti in Italia di cui uno a Bari. Il consolidamento della presenza della Bosch in
quest’area passa anche dalla sottoscrizione, all’inizio del decennio successivo, di un Contratto
di Programma per la realizzazione di due progetti industriali e di un progetto di ricerca nel
campo della evoluzione dei sistemi frenanti30.
Alla metà degli anni novanta risale anche l’insediamento dello stabilimento del Gruppo
Getrag. La storia di questo investimento inizia nel 1995 quando la multinazionale tedesca
vince un appalto della General Motors Europe per la produzione di un nuovo cambio manuale
28
Un importante investimento greenfield degli anni settanta, tuttora presente a Bari, è quello della SKF Industrie (allora RIVSKF). Nello stabilimento pugliese, uno dei cinque stabilimenti della Industrial Division, il secondo nell’Italia centromeridionale dopo quello di Cassino, si producono cuscinetti radiali rigidi a sfera, destinati a quasi tutti i segmenti di mercato,
da quello automobilistico a quello della meccanica generale. Attualmente lo stabilimento occupa circa 430 addetti.
29
Il sistema Common Rail è stato sviluppato da Mario Ricco, considerato il padre di questa tecnologia, un fisico laureatosi
nell’Università di Bari che nel 1989 è assunto al Centro di ricerca Elasis di Modugno (Gruppo Fiat) dove nel giro di qualche
anno sono brevettati un pacchetto di componenti che passeranno allo storia dell’industria meccanica ed elettronica appunto
con il nome di Common Rail System.
30
La delibera CIPE di approvazione del Contratto di Programma è del 4 agosto 2000. La stipula del Contratto è del febbraio
2002.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
145
a cinque marce; la commessa è vincolata alla condizione che la produzione avvenga nell’Est
Europa o in Italia. Il gruppo tedesco inizia, dunque, un esame delle diverse possibili
localizzazioni e alla fine la scelta ricade sull’Italia. A determinare la decisione della dirigenza
tedesca concorrono diversi fattori. Un primo elemento rilevante è, sicuramente, l’opportunità
di poter accedere a contributi pubblici31. Vi è, poi, la tradizione del nostro Paese nel settore
meccanico e il ruolo svolto dalla Fiat32. Si tenga anche presente che, alla metà degli anni
novanta, il potenziale attrattivo dei Paesi dell’Europa dell’Est era sicuramente più basso di
quello che hanno oggi, che, fra l’altro, sono membri dell’Unione Europea. Deciso che
l’investimento si sarebbe fatto in Italia, la dirigenza della Getrag prende in considerazione
diverse ipotesi: Piemonte, Veneto, Campania, Puglia. La scelta finale di investire in provincia
di Bari, è determinata dalla presenza di un contesto favorevole: una buona dotazione di
infrastrutture primarie (in particolare, la vicinanza ad un aeroporto internazionale e al porto) e
infrastrutture secondarie (all’epoca dell’investimento Bari è fra le prime città in Italia ad
essere cablata); un’ampia disponibilità di manodopera qualificata e a basso costo33; la
preesistenza di imprese tedesche localizzate nell’area (effetto “reputazione”).
È interessante sottolineare come sia l’insediamento della Bosch che quello della Getrag siano
stati accompagnati da accordi con i sindacati per un’organizzazione del lavoro assolutamente
innovativi per quegli anni, in grado di garantire flessibilità alle imprese.
In sintesi, è possibile dire che l’attuale presenza intorno al capoluogo regionale di diverse
imprese di grandi dimensioni, italiane ed estere, operanti nel comparto dei mezzi di trasporto,
si spiega principalmente con ragioni storiche. In diversi casi gli attuali stabilimenti derivano
da preesistenti realtà produttive risalenti alla fine degli anni sessanta che sono, poi, state
interessate da diversi passaggi societari. “History matters”, come ben noto in letteratura i
processi di crescita delle regioni dipendono in maniera rilevante dalla loro storia precedente34.
Inoltre, è stata sicuramente favorita dall’affinità tecnologica degli insediamenti, dalla comune
origine nazionale di diverse imprese (la presenza tedesca non è limitata solo alla Bosch ed alla
31
Per la realizzazione dell’investimento la Getrag beneficia di un Contratto di Programma (cfr. § 6).
Il gruppo torinese aveva, in quel periodo, contatti sia con la General Motors che con la Getrag e sostenne attivamente la
“candidatura” del nostro Paese. È noto che la presenza di grandi imprese in un Paese è un fattore importante per attrarre
aziende estere anche in virtù dei rapporti che spesso intercorrono fra queste.
33
Oltre alla qualità e al basso costo, in particolare degli ingegneri, un altro aspetto giudicato rilevante dall’impresa tedesca è
rappresentato dalla “fedeltà” della forza lavoro, che contribuisce ad abbassarne ulteriormente il costo, in quanto, una volta
formati, gli addetti rimangono in azienda per un periodo di tempo lungo. Questo significa che l’impresa non deve sostenere
ripetutamente i costi di formazione del personale, cosa che, invece, avverrebbe in caso di forte turnover.
34
Il riferimento classico è Arthur W.B., Increasing returns and Path Dependence in the Economy, Ann Arbor, University of
Michigan Press, 1994.
32
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
146
Getrag, ricordiamo solo la Osram) e, quindi, dalla creazione di una cultura locale favorevole
che ha promosso la crescita di una positiva reputazione regionale.
Come ricordato, nel corso del tempo intorno alle grandi imprese e in virtù di una forte cultura
industriale si è, poi, andato consolidando un ampio tessuto di medie imprese locali, attive in
molti comparti della meccanica strumentale e specializzata, anche avanzata, e nella relativa
componentistica. Fra di essi particolarmente interessanti sono i comparti dell’automazione
industriale, dei macchinari oleodinamici da perforazione, dei dispositivi di controllo delle reti
ferroviarie. In termini generali si tratta di un sistema che potremmo definire a “media
tecnologia”, con una collocazione “intermedia” fra una meccanica tecnologicamente più
avanzata, come quella tedesca, ed una meno sofisticata ma a minor costo, come quella dei
Paesi dell’Europa orientale.
Vedremo nel paragrafo successivo come una parte di questo sistema abbia, nel corso degli
ultimi anni, intrapreso la strada di una evoluzione del modello di specializzazione finalizzato
ad innalzare il livello tecnologico delle produzioni.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
147
2. Le imprese del sistema produttivo della meccatronica in Puglia
Oggi il polo barese della meccanica e della componentistica auto si caratterizza per la
presenza di un tessuto diversificato di grandi e piccole imprese, esterne e locali, con un
rilevante peso in termini occupazionali, e per l’elevato livello tecnologico di alcune
produzioni. In particolare, come già ricordato, nel comparto dell’automotive sono presenti
aziende di primaria importanza internazionale.
La tabella 3 contiene i dati relativi al fatturato ed al numero di addetti delle principali imprese
del sistema produttivo della meccatronica pugliese. Nel 2010 il fatturato complessivo è di
circa 650 milioni di euro, mentre gli addetti superano le 4.300 unità.
Il complesso produttivo della Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti, nel quale
attualmente lavorano 2.000 persone (prevalentemente personale diplomato), è composto da
due divisioni produttive in cui si producono pompe ad alta pressione per il sistema diesel
Common Rail e componenti per sistemi frenanti per autoveicoli. Bisogna, poi, considerare i
circa 160 dipendenti (di cui il 60% è costituito da ingegneri) del Centro Studi Componenti per
Veicoli, in cui si svolge attività di ricerca e applicazione per sistemi Common Rail su motore e
su veicolo.
Lo stabilimento della Getrag impiega poco più di 700 persone e produce, come abbiamo già
ricordato, cambi per automobili di nuova generazione a secco. Sempre presso lo stabilimento
di Modugno si svolgono anche attività di ricerca e sviluppo (a questo scopo sono impiegate
circa 30 unità fra ingegneri e tecnici). È interessante sottolineare che l’attività condotta sin
dall’inizio dal team di Modugno ha prodotto risultati (con riferimento ad un problema
specifico che affligge le trasmissioni meccaniche) giudicati molto interessanti dalla
multinazionale tedesca tanto da portare a numerosi brevetti e alla decisione di proseguire il
lavoro in sinergia con due team di ricerca in Germania.
Anche la Magneti Marelli è attiva nel campo della componentistica auto; in particolare, la
produzione riguarda iniettori per applicazioni benzina, collettori di aspirazione e dispositivi di
robotizzazione cambio. Attualmente i dipendenti sono circa 1.000. Sempre interno al Gruppo
Fiat è il CRF – Centro Ricerche Fiat, nella cui sede di Valenzano lavorano 15 ricercatori (la
maggior parte dei quali laureati in fisica ed ingegneria meccanica ed elettronica) e in cui si
sviluppano sistemi avanzati di iniezione per motori diesel per migliorare le prestazioni e
ridurre le emissioni nocive.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
148
Tabella 3 - Fatturato e addetti di alcune delle principali imprese del
sistema produttivo della meccatronica pugliese - 2010
Fatturato
(migliaia di euro)
Addetti
Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti
2,096
325,237
Bosch Centro Studi Componenti per Veicoli
163
15,075
Getrag
711
54,671
1,000
170,000
MASMEC
100
6,079
MERMEC**
250
70,000
62
7,951
Magneti Marelli*
ITEL Telecomunicazioni
*
Dati relativi al 2011; addetti: 130 sono indiretti
**
I dati sul numero di addetti si riferiscono al 2007
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati AIDA e indagine diretta
Un elemento da sottolineare con riferimento alle produzioni realizzate negli stabilimenti di
queste tre multinazionali è il loro elevato contenuto tecnologico. Si tratta, infatti, di uno dei
fattori cruciali per spiegare la sopravvivenza di questi investimenti sul territorio pugliese e la
circostanza che queste produzioni non siano state delocalizzate in Paesi con un più basso
costo del lavoro. La loro complessità in termini di tecnologia impiegata fa sì che i costi di
trasferirle in altri Paesi siano molto elevati (agiscono cioè come una “barriera all’ingresso”),
tanto da non poter essere compensati dai risparmi che si otterrebbero in termini di minore
costo del lavoro. Questo vantaggio non rappresenta, però, una garanzia per sempre. Per
mantenerlo e, quindi, evitare la delocalizzazione occorre continuamente alzare il livello
tecnologico delle produzioni realizzate in questi stabilimenti. Questo anche alla luce della
considerazione che la prospettiva di crescita nei prossimi anni dei volumi di vendita nelle
economie emergenti, in primis, ovviamente, la Cina, farà sì che i costi di trasporto diverranno
una variabile non trascurabile e, quindi, ci potrà essere convenienza da parte delle
multinazionali ad avvicinare la produzione ai clienti localizzati in quelle aree.
È noto, inoltre, come nel contesto internazionale attuale vi sia una forte competizione fra
stabilimenti produttivi appartenenti ad una medesima multinazionale localizzati in Paesi
diversi. Naturalmente le scelte sulla localizzazione delle diverse produzioni rispondono a
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
149
logiche aziendali che si basano, fra l’altro, su giudizi sulla produttività dei diversi
stabilimenti. È, dunque, fondamentale garantire nel tempo un’elevata produttività degli
stabilimenti pugliesi in modo da attirare le produzioni con maggiori potenzialità di mercato.
In questo senso un ruolo fondamentale è giocato dall’organizzazione del lavoro (non a caso
abbiamo ricordato come gli insediamenti della Bosch e della Getrag siano stati accompagnati
da accordi con i sindacati che garantivano un’elevata flessibilità alle imprese), ma anche dalla
disponibilità di manodopera altamente qualificata. Sempre nell’ambito di questa competizione
interna alle multinazionali, un elemento di vantaggio, da non trascurare, può essere
rappresentato dalla presenza di management locale all’interno degli stabilimenti che, in virtù
della propria origine, possa avere maggiori motivazioni nel lavorare per trattenere sul
territorio le produzioni35.
Abbiamo appena detto dell’elevato contenuto tecnologico delle produzioni delle
multinazionali localizzate attorno al capoluogo regionale. Proprio questo elemento
contribuirebbe a spiegare anche la circostanza che la presenza di queste grandi imprese non
abbia contribuito all’ispessimento del tessuto produttivo locale attraverso relazioni di
subfornitura, in quanto non vi sarebbero imprese locali in grado di inserirsi nella supply chain
di queste multinazionali proprio per l’esistenza di un notevole gap tecnologico36. Si tratta di
un elemento difficile da valutare in modo univoco. Dalle testimonianze dei vari stakeholders
intervistati sembrerebbe, comunque, trovare conferma questo elemento: le imprese
multinazionali non hanno sviluppato un ampio indotto di qualità, non si è cioè creata una rete
di fornitori locali di primo livello37. Alcune eccezioni riguardano le relazioni che si sono
instaurate fra alcune di queste multinazionali e un esiguo numero di imprese della provincia di
Bari attive nel campo dell’automazione.
35
A dimostrazione dell’importanza di questo elemento possiamo fare riferimento a quanto successo nel caso della Bosch: fra
i fattori che hanno contribuito a trasferire nello stabilimento barese una nuova produzione, importante nelle strategie
complessive del gruppo industriale, vi è stato il forte impegno dei manager locali.
36
L’assenza di queste relazioni è un elemento fortemente critico, in quanto la letteratura economica ha evidenziato come uno
dei canali attraverso i quali avverrebbero i cosiddetti spillover tecnologici sia proprio attraverso i rapporti delle imprese
multinazionali con i fornitori locali, ossia attraverso i cosiddetti backward linkages. La velocità e l’estensione della diffusione
degli spillover tecnologici è direttamente e positivamente correlata con il livello di pervasività delle attività delle
multinazionali nel tessuto economico locale. Se le imprese estere stabiliscono rapporti economici con le imprese locali, i
trasferimenti tecnologici saranno più rapidi come risultato del fatto che queste ultime, coinvolte nella supply chain delle
multinazionali, sono esposte, e acquisiscono familiarità, alle nuove tecnologie, il che, ovviamente, ne favorisce l’adozione e
la diffusione.
37
Su questo aspetto si veda anche Prota F. e Rosato P., La presenza nel contesto economico della Puglia delle imprese
multinazionali: il caso del polo della componentistica per auto di Modugno e di quello della chimica di Brindisi, in SRM e
Istituto Affari Internazionali, L’economia pugliese e le nuove sfide dell’internazionalizzazione produttiva, Giannini, Napoli,
2007.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
150
Accanto alle presenze nell’automotive, troviamo imprese a capitale locale leader in alcuni
comparti ad elevata specializzazione. Fra queste segnaliamo, in particolare, le seguenti
aziende.
La MASMEC, dal 1979, realizza e produce macchinari e sistemi complessi automatizzati per
montaggi di precisione, prove funzionali e controlli sulla produzione. Essa lavora sia per
grandi gruppi multinazionali che per piccole e medie aziende in diversi ambiti di produzione,
quali il settore automotive, l’idraulica, l’industria farmaceutica. È un’impresa molto attiva nel
campo della ricerca e sviluppo, a cui destina ogni anno più del 15% del fatturato; il suo
laboratorio di ricerca è certificato dal MIUR. Ha frequenti collaborazioni con Università,
Politecnico ed enti scientifici nazionali ed internazionali. I ricercatori MASMEC sono
impegnati principalmente nei settori dell’automotive e del biomedicale, due aree diverse tra
loro ma che condividono alcune tecnologie come la meccatronica38.
La MERMEC è una media impresa, leader di mercato per lo sviluppo di sistemi di
monitoraggio e diagnostica delle infrastrutture ferroviarie, nonché delle nuove generazioni di
sistemi per il segnalamento ferroviario. Si tratta di un gruppo la cui capofila è a Monopoli,
con filiali in Italia (TECNOGAMMA), Stati Uniti, Francia, Turchia e Cina. È un’impresa
impegnata in attività di ricerca e sviluppo, attività nelle quali investe annualmente l’8% del
fatturato; il suo laboratorio di ricerca è certificato dal MIUR. Nel campo della meccatronica le
competenze specifiche dell’impresa riguardano: la progettazione e realizzazione di
componenti meccanici ed elettronici integrati attraverso software di controllo; la
programmazione orientata agli oggetti e alle metodologie UML per il settore del controllo
industriale; la progettazione e realizzazione di circuiti analogici e digitali basati su
microprocessori, microcontrollori e DSP; lo sviluppo di sistemi a microprocessori; il controllo
real-time; il controllo del movimento attraverso sensori, attuatori e azionamenti.
La ITEL Telecomunicazioni ha iniziato la propria attività nel 1982 nel settore delle
telecomunicazioni. È tra le prime realtà a livello internazionale nell’utilizzo, controllo,
protezione e misurazione dei campi elettromagnetici e magnetici. L’azienda ha, poi, ampliato
il proprio mercato nel settore medicale, radiofarmaceutico e della compatibilità
elettromagnetica diversificando progressivamente l’attività con prodotti e servizi accomunati
dalla applicazione delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. In particolare, nel 1997 è stata
creata la divisione Ricerca, Sviluppo ed Engineering per la messa a punto di tecnologie
elettromagnetiche e meccatroniche per applicazioni medicali; nel 2000 avvia la divisione
38
Nel campo del medicale e del biomedicale ha ottenuto due brevetti.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
151
Progettazione Medicale per la progettazione di strutture sanitarie complesse; e nel 2009 avvia
la divisione ITELPHARMA per la produzione di radiofarmaci e la fornitura di servizi per la
medicina nucleare. La ITEL collabora con istituti di ricerca pubblici come il CNR, l’ENEA,
l’ISS, l’Istituto Nazionale Regina Elena-IFO e con università come l’Università degli Studi di
Bari, il Politecnico di Bari, l’Università degli Studi di Napoli Federico II, l’Università
Politecnica delle Marche, l’Università degli Studi di Lecce, l’Università degli Studi
dell’Aquila.
Vi è, poi, un tessuto ampio di imprese meccaniche caratterizzate da apprezzabili competenze
tecniche e, quindi, buona qualità delle produzioni, ma che nella maggior parte dei casi non
vanno sul mercato con un prodotto finale, ma piuttosto lavorano come contoterzisti, in molti
casi per imprese centro-settentrionali. Una forte concentrazione di queste imprese è nell’area
di Molfetta (un comune del Nord barese).
Nel corso degli ultimi anni accanto alle (e a partire dalle) tradizionali specializzazioni
meccaniche, si assiste ad un tentativo di evoluzione del modello di specializzazione del
sistema produttivo finalizzato ad innalzare il livello tecnologico dell’offerta. La strada
intrapresa è quella di focalizzarsi sulla meccatronica che, come abbiamo già ricordato
nell’introduzione, è alla base di due dei più importanti mercati a media e alta tecnologia:
l’automotive e i sistemi di produzione, e che, in Puglia, può contare oltre che su di un
interessante tessuto imprenditoriale, che abbiamo appena descritto, anche su una buona
disponibilità di manodopera qualificata e su potenzialità di collaborazione con il sistema della
ricerca pubblico e privato che presenta significative competenze scientifiche e tecnologiche
nell’ambito della meccatronica. Tali competenze si ritrovano, in primis, all’interno del
Politecnico di Bari, che è da tempo attivo in numerosi progetti di collaborazione con le
imprese, ma anche nell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e nell’Università del
Salento (cfr. § 4).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
152
2.1. Il distretto della Meccatronica
La scelta di puntare sulla meccatronica si è concretizzata nella decisione di costituire un
distretto tecnologico39. Nasce così, nell’ottobre 2007, il Distretto della Meccatronica
(MEDIS), promosso dall’ARTI (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione) a da
Confindustria Bari. Il MEDIS è una società consortile a responsabilità limitata in cui
ritroviamo tutti gli attori principali del sistema produttivo che abbiamo elencato nel paragrafo
precedente: le principali realtà industriali multinazionali dell’automotive, le imprese locali con
produzioni con forte contenuto meccatronico, leader in specifici segmenti di mercato, il
mondo della ricerca pubblica e privata (il capitale sociale è detenuto per il 51% dai soci
pubblici)40 (fig. 2).
Gli obiettivi del Distretto possono essere così sintetizzati:
-
aumentare la competitività delle imprese fondatrici;
-
creare le condizioni per attirare a Bari e in Puglia nuovi investimenti in ricerca, sviluppo e
produzione basati sulle tecnologie meccatroniche, sia esogeni che endogeni;
-
potenziare e accrescere le competenze scientifiche e tecnologiche nella meccatronica del
sistema della ricerca pugliese;
-
sostenere la crescita delle PMI della meccanica pugliese attraverso lo sviluppo di prodotti
ad alto valore aggiunto basati su tecnologie meccatroniche;
-
creare un’ “eccellenza di rete” che sia aggiuntiva rispetto alle eccellenze dei singoli attori
del distretto in senso qualitativo e quantitativo;
-
implementare l’interazione tra ricerca, ricerca applicata, trasferimento tecnologico;
-
attrarre risorse nazionali e comunitarie per lo sviluppo di programmi di ricerca, ricerca
applicata, trasferimento tecnologico.
39
Ricordiamo che il Programma Nazionale della Ricerca 2005-2007 individuava nei distretti tecnologici il principale
strumento di collaborazione tra il Governo nazionale e le Regioni per uno sviluppo del territorio basato sull’economia della
conoscenza. Essi tendono ad accelerare la collaborazione scientifico-tecnologica tra imprese leader e attori pubblici che
hanno raggiunto posizioni di eccellenza in un particolare dominio tecnologico. L’attivazione dei distretti tecnologici in Puglia
scaturisce dalla sottoscrizione di uno specifico Accordo di Programma Quadro tra la Regione Puglia ed il Ministero
dell’Università e della Ricerca avvenuta il 28 maggio del 2005, che prevede tra l’altro la costituzione di un distretto della
meccatronica.
40
Sono in corso dei contatti per l’ingresso nella compagine societaria anche del CNR.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
153
Figura 2 – I soci del MEDIS
Il Distretto della meccatronica nasce, dunque, non tanto per “fotografare” una realtà
esistente ampia e consolidata, quanto per indicare una possibile “direzione di marcia”, una
evoluzione per il complessivo sistema regionale della meccanica. La scelta, poi, di costituire
un distretto tecnologico individua chiaramente nella creazione di una filiera high-tech l’unica
soluzione che può assicurare in un’ottica di medio-lungo periodo uno sviluppo sostenibile del
settore della meccanica in Puglia attraverso una riqualificazione del suo tessuto
imprenditoriale e uno sviluppo di un manifatturiero ad alto valore aggiunto, basato su R&S e
competenze avanzate, per transitare da una competizione basata sul puro costo a quella
fondata, prevalentemente, sul valore. È questa l’unica strada in grado di consentire alle
imprese pugliesi di sopravvivere nella competizione globale.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
154
Figura 2 - Quadro complessivo della strategia di intervento del distretto meccatronico
Fonte: figura 11 in ARTI, Il Distretto pugliese della Meccatronica. MEDIS, Quaderno 2, giugno 2007
A testimoniare della specializzazione del territorio e della percezione che la
meccatronica possa essere la strada da percorrere ricordiamo altre due iniziative. La prima è la
costituzione del Consorzio MOLMEC (Consorzio Nord Barese della Meccatronica), nato
dall’iniziativa di un gruppo di PMI a imprenditoria e capitale locale, operanti nei settori della
meccanica, elettronica e informatica41. La seconda riguarda il distretto produttivo della
meccanica pugliese che è stato riconosciuto dalla Regione Puglia. In entrambi i casi, però, si
41
Attualmente il Consorzio è formato da 12 aziende che appartengono a settori diversi, ma complementari tra loro
(progettazione e realizzazione di sistemi per l’automazione; servizi di ingegneria integrata; produzioni meccaniche e
meccanica di precisione; studio dei materiali). Esse sono: A&D (Molfetta); ALFA ENGINEERING (Terlizzi); BELLINO
(Modugno); GERMINARIO (Molfetta); INDECO (Bari); MASTERMECH (Molfetta); MBL SOLUTIONS (Corato);
MECTRONIK (Molfetta); MIT CONSULTING (Molfetta); PROMOVE (Molfetta); SITEC (Molfetta); TECNODEMA
(Molfetta).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
155
tratta di iniziative che potremmo definire al momento in stand by e che finora non hanno
prodotto alcun risultato concreto42.
3. Università e centri di ricerca: creazione di conoscenze e formazione di capitale
umano
Le principali Università regionali possono vantare competenze significative in diverse aree
disciplinari centrali per il settore della meccatronica43. Questo vale in primis per il Politecnico
di Bari come si evince dall’analisi delle principali attività svolte in alcuni dei suoi
Dipartimenti (vedi Box 1).
Da sottolineare, poi, l’attività del Dipartimento Interateneo di Fisica (Università degli Studi di
Bari e Politecnico). Fra le tematiche di ricerca condotte sono incluse quelle in fisica della
materia condensata ed ottica quantistica, fisica dei dispositivi elettronici ed optoelettronici,
fisica dei laser, fisica teorica e computazionale, fisica planetaria con tecniche spaziali, fisica
sperimentale delle particelle elementari, agli acceleratori e con radiazione di origine cosmica,
fisica nucleare, tecniche strumentali funzionali ai vari settori della fisica, didattica della fisica.
Il Dipartimento dispone di 7 laboratori direttamente collegati alle problematiche della
meccatronica: il laboratorio regionale INFM-CNR “LIT3”, “Laser Innovation Technology
Transfer and Training”, il laboratorio di sensoristica interferometrica laser, il laboratorio di
taglio e saldatura laser, il laboratorio metallografico, il laboratorio di sensoristica optoacustica, il laboratorio di fabbricazione fotolitografia di micro-dispositivi laser, il laboratorio
informatico e reti di calcolo distribuito e parallelo.
All’interno dell’Università del Salento è principalmente il Dipartimento di Ingegneria
dell’Innovazione a svolgere un’intensa attività nel settore della meccatronica.
Oltre alle istituzioni universitarie, vi sono le strutture del Consiglio Nazionale delle Ricerche
(CNR). Le competenze tecnico-scientifiche del CNR, in Puglia, relative alle discipline della
meccatronica appartengono, in particolare, alle seguenti strutture: Istituto di Tecnologie
Industriali e Automazione, ITIA Sezione Bari; Istituto di Studi sui Sistemi Intelligenti per
42
Sulla base di alcune interviste, con riferimento a queste due esperienze sembra confermarsi una delle storiche criticità
dell’imprenditoria meridionale e cioè la difficoltà di aggregazione. Alla luce di queste considerazioni è da chiedersi se non
occorra guardare ad altri strumenti per facilitare il dialogo e la collaborazione fra le imprese. Da questo punto di vista uno
strumento che potrebbe aiutare a superare questa barriera è il contratto di rete, in quanto punta ad aggregare un numero
ristretto di soggetti su obiettivi ben definiti (cfr. § 7).
43
Si veda ARTI, Il Distretto pugliese della Meccatronica. MEDIS, Quaderno 2, giugno 2007.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
156
l’Automazione, ISSIA; Istituto per la Microelettronica e Microsistemi – IMM Sezione di
Lecce.
Box 1 – Le principali attività di ricerca dei Dipartimenti del Politecnico di
Bari
Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale
Le principali competenze scientifiche e tecniche riguardano le seguenti aree:
fluidodinamica numerica e sperimentale, termodinamica applicata ed energetica,
macchine termiche ed idrauliche, sistemi per l’energia e l’ambiente, sistemi
oleodinamici e pneumatici, misure meccaniche e termiche, meccanica teorica ed
applicata, robotica, progettazione meccanica e costruzione di macchine, analisi
di sollecitazioni con metodi numerici, meccanica sperimentale e diagnostica
strutturale, sistemi di realtà virtuale, tecnologie e sistemi di lavorazione, sistemi
di qualità, sistemi di produzione ed impiantistici, gestione ed organizzazione dei
sistemi di produzione e di impresa, economia ed organizzazione dei processi di
innovazione. Il dipartimento è sede, tra l’altro, del centro di eccellenza di
meccanica computazionale, della Sezione Automazione della Associazione
Nazionale Impiantistica Industriale (ANIMP), della Sezione Puglia e Lucania
della Associazione Tecnica dell’Automobile (ATA) e dell’Associazione
Termotecnica Italiana (ATI), nonché di un Polo Tecnologico per la Teledidattica.
Presso il dipartimento sono attivi i seguenti dottorati di ricerca: ingegneria delle
macchine, sistemi avanzati di produzione, progettazione meccanica e
biomeccanica.
Dipartimento di Elettrotecnica ed Elettronica
Le attività di ricerca investono tutti e tre i livelli gerarchici della meccatronica: i
componenti (progettazione e realizzazione di prototipi, attuatori elettromeccanici
e applicazioni dei sensori nell’automazione industriale), i dispositivi (sistemi di
movimentazione e di assemblaggio con microcomponenti di precisione, ad es.
assi robotici modulari, per sistemi multi-asse riconfigurabili, potenzialmente
utilizzabili nei processi di assemblaggio dei sistemi di iniezione per
motorizzazioni di ultima generazione, o nella movimentazione robotizzata per
stazioni di diagnostica medica; modellistica e controllo degli apparati di
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
157
iniezione; la ricerca sulle metodologie avanzate di controllo può vantare una
esperienza consolidata sia nel controllo del moto sia in quello dei dispositivi di
iniezione) e i sistemi (modellistica, simulazione e controllo di sistemi flessibili di
produzione FMS, soprattutto in riferimento ai processi di integrazione delle
diverse funzioni manifatturiere, con interessi di ricerca sui problemi del controllo
decentrato: utilizzo di reti di sensori, metodi per il coordinamento di dati
eterogenei, utilizzazione di informazioni di diversa complessità, architetture di
rete per la comunicazione dei dati). Nel Dipartimento di Elettrotecnica ed
Elettronica è anche attiva una rete di laboratori nelle discipline di interesse della
meccatronica, uno dei quali (automazione e robotica) ha ottenuto un
finanziamento nell’ambito di un PON (Progetto LISAR).
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Le principali linee di ricerca di particolare interesse per il settore della
meccatronica riguardano gli aspetti teorici di fondamento e di modellazione,
quelli numerici, computazionali, tecnologici e sperimentali della scienza dei
materiali e delle strutture. Il dipartimento è sede, tra l’altro, di un laboratorio
prove ufficiali sui materiali, di un laboratorio prove non distruttive e di un
laboratorio di tecnologia dei materiali.
Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente e per lo Sviluppo Sostenibile
Le principali competenze scientifiche nel settore riguardano il controllo “real
time” di impianti a gas, impianti eolici ed impianti di potenza in generale, le
strategie di controllo nei sistemi elettrici di potenza a larga scala, lo sviluppo di
sensori di nuova concezione per la misura di grandezze fisiche non elettriche, le
misure ambientali ed il telerilevamento, la strumentazione intelligente per misure
su componenti e sistemi, la meccanica del contatto, lo studio di componenti e
sistemi oleodinamici e pneumatici finalizzati alla realizzazione di nuove schede
elettroniche “low cost” per il controllo degli stessi, la modellistica, simulazione e
controllo di sistemi dinamici ad eventi discreti, le metodologie di modellistica e
controllo di sistemi manifatturieri tramite grafi e/o reti di Petri, l’ottimizzazione
delle prestazioni e la ricerca di soluzioni innovative relativamente agli organi di
presa a vuoto per l’automazione industriale, la gestione e l’organizzazione dei
sistemi di produzione e di impresa, l’organizzazione dei processi di innovazione.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
158
Un elemento emerso da tutte le interviste realizzate riguarda la qualità delle competenze
professionali, soprattutto ingegneri, disponibili all’interno del polo produttivo barese (oltre
che relativamente a basso costo se confrontate, ad esempio, con la Germania).
Si tratta sicuramente di uno dei fattori (insieme a quelli ricordati in precedenza) che
contribuiscono a spiegare la persistenza nel territorio provinciale di un nucleo importante di
grandi imprese44. È un circolo virtuoso in quanto queste imprese garantiscono un’occupazione
qualificata: tecnici specializzati ed ingegneri rappresentano una quota elevata della loro forza
lavoro complessiva.
Un ruolo rilevante nel processo di formazione delle competenze necessarie allo sviluppo del
sistema produttivo della meccatronica lo svolge il Politecnico di Bari. Informazioni su questo
aspetto le si possono ricavare dalle statistiche disponibili sugli studenti e sui laureati sul sito
del
Ministero
dell’Istruzione,
dell’Università
e
della
Ricerca
(MIUR)
(http://anagrafe.miur.it/index.php).
Innanzi tutto, è possibile guardare all’offerta formativa recente ed al numero di laureati nei
diversi corsi di laurea. Nell’anno accademico 2009/2010 i laureati presso la Facoltà di
Ingegneria sono 1.220, un numero che si è raddoppiato rispetto all’anno accademico
2004/2005 (tab. 4). Poco più di ¼ dei laureati proviene dal corso di laurea in Ingegneria
industriale.
Interessante è anche guardare all’evoluzione del numero degli iscritti del Politecnico in
comparazione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e con il totale nazionale per
vedere se vi è un trend diverso. Dal grafico 2 emerge che il Politecnico fino all’anno
accademico 2009/2010 ha visto una crescita degli iscritti superiore all’Università e al totale
nazionale per, poi, segnare in linea con l’andamento medio italiano una contrazione negli
ultimi due anni.
Alcune informazioni sull’inserimento lavorativo dei laureati del Politecnico di Bari ci
vengono dall’indagine di Alma Laurea sulla condizione occupazionale dei laureati negli
atenei italiani. Per il Politecnico sono disponibili solo i dati dell’ultima indagine e, quindi,
solo con riferimento alla condizione occupazionale ad un anno dalla laurea. La percentuale di
laureati che lavora, sul totale analizzato nell’indagine, è di circa il 43%. Per un semplice
confronto la percentuale di laureati che lavora (ad un anno dalla laurea) è di circa il 49% nel
44
Il capitale umano, come ampiamente noto, rappresenta un fattore di sviluppo fondamentale per ogni territorio. È opinione
largamente condivisa che la possibilità di perseguire una “via alta allo sviluppo”, basata su innovazione e ricerca, dipenda
dalla disponibilità di risorse umane altamente qualificate ed in particolare dalla loro capacità di diffondere e trasferire
conoscenza al sistema produttivo di società sempre più knowledge based.
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159
caso del Politecnico di Torino. Guardando al settore di attività dei laureati del Politecnico
barese, l’11% degli occupati lavora nel settore “metalmeccanica e meccanica di precisione”
(più in generale, il 26% è occupato nell’industria manifatturiera).
Accanto alla presenza di ingegneri, presto saranno disponibili figure tecniche “intermedie”
altamente specializzate. Dall’anno scolastico 2011/12 è, infatti, partito l’Istituto Tecnico
Superiore per la Meccanica e la Meccatronica, ITS Cuccovillo di Bari45. La costituzione di
questo istituto è evidentemente riconducibile alla presenza del polo produttivo della
meccatronica. Due i percorsi di studio biennali: tecnico superiore per la produzione (è una
figura che opera nell’ambito delle attività di fabbricazione e realizzazione del prodotto, in
qualità di responsabile tecnico e gestore del processo produttivo); tecnico superiore di
automazione integrata e meccatronica (è una figura che opera come specialista delle
tecnologie per i sistemi di automazione e di esperto delle tecnologie di processo). I corsi sono
a numero chiuso (20 corsisti) e si articolano su 4 semestri per un totale di 2000 ore di
formazione (impartite per un 50% da docenti esterni provenienti dal mondo delle imprese). È
previsto un periodo di stage in azienda di circa 800 ore. Le imprese del settore e il Distretto
Aerospaziale Pugliese sono state coinvolte in tutte le fasi dell’attività dell’ITS (a partire dalla
pianificazione dei profili formativi).
45
Gli Istituti Tecnici Superiori offrono corsi professionalizzanti di alta specializzazione tecnica; si tratta di un’offerta
formativa post-secondaria che si caratterizza per l’integrazione fra istruzione, formazione e lavoro.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
160
Tabella 4 - Laureati presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari per corso di laurea
Ingegneria civile e ambientale
2004/2005
2005/2006
89
116
2006/2007
119
2007/2008
137
2008/2009
162
2009/2010
157
Ingegneria dell'informazione
195
167
200
180
143
149
Ingegneria industriale
315
314
346
301
351
327
Scienze dell'architettura e dell'ingegneria edile
6
23
31
69
64
73
Specialistiche in architettura e ingegneria edile
5
16
24
54
58
101
Specialistiche in ingegneria civile
-
17
30
33
41
65
Specialistiche in ingegneria dell'automazione
-
-
11
12
17
14
Specialistiche in ingegneria delle telecomunicazioni
-
6
22
18
25
25
Specialistiche in ingegneria elettrica
-
-
3
20
31
29
Specialistiche in ingegneria elettronica
-
22
33
23
37
29
Specialistiche in ingegneria gestionale
-
50
65
83
99
100
Specialistiche in ingegneria informatica
-
16
20
32
40
44
Specialistiche in ingegneria meccanica
-
19
41
75
67
79
Specialistiche in ingegneria per l'ambiente e il territorio
-
8
16
19
20
28
610
776
961
1,056
1,155
1,220
Totale
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati MIUR
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
161
Grafico 2 - Numero di iscritti al Politecnico di Bari e all'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"
(valori assoluti, asse sx; 2004/2005 = 1, asse dx)
60,000
1.7
1.6
50,000
1.5
40,000
1.4
30,000
1.3
20,000
1.2
10,000
1.1
0
1.0
2004/2005
2005/2006
2006/2007
2007/2008
Università di Bari
Università di Bari
Totale nazionale
2008/2009
2009/2010
2010/2011
2011/2012
Politecnico di Bari
Politecnico di Bari
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati MIUR
4. Tendenze recenti del sistema produttivo
La grande crisi economica internazionale, partita nel 2008, ha, ovviamente, interessato anche
le imprese della meccanica e dei mezzi di trasporto localizzate nella provincia di Bari, come
testimonia la sensibile flessione delle esportazioni, la cui intensità è spiegata anche dalla
natura di questi settori che risentono molto dell’andamento del ciclo economico.
Nei due anni precedenti il deflagrare della crisi, il valore delle esportazioni era stato pressoché
costante nel caso del settore meccanico e in crescita in quello dei mezzi di trasporto (in questo
caso anche il 2008 aveva fatto segnare un segno positivo) (graf. 3). Il 2009 ha fatto registrare
un crollo: -18%, rispetto all’anno precedente, per la meccanica e addirittura -51% per i mezzi
di trasporto. Dopo questo picco negativo si è, però, registrata una ripresa nell’ultimo biennio.
Questo andamento si riflette anche nel peso detenuto dal polo barese sul totale nazionale
(graf. 4). In particolare, è da segnale come, a fronte di una leggera ma costante crescita del
peso della provincia di Bari sul totale delle attività manifatturiere, vi sia stata una pressoché
continua erosione della quota nel caso della meccanica. Il peso dei mezzi di trasporto, invece,
nell’ultimo biennio è aumentato, raggiungendo nel 2011 il valore più alto del periodo
considerato.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
162
Per il 2007 disponiamo anche di dati relativi all’export per sistema locale del lavoro e settore.
È interessante notare che il SLL di Bari occupa la 43° posizione nella graduatoria dei sistemi
locali del lavoro secondo il valore delle esportazioni di macchinari e la 31° se guardiamo ai
mezzi di trasporto (tab. 5). Ugualmente da notare è la prevalenza dei mercati dell’Unione
Europea come destinazione dell’export, il cui peso nel SLL di Bari è superiore alla media
nazionale. Questo è particolarmente vero per i prodotti meccanici.
Con riferimento al periodo più recente 2009-2011 abbiamo, invece, solo dati sull’export
complessivo del SLL di Bari (per gli ultimi due anni i dati sono provvisori). Il trend del
triennio è positivo, con una crescita sia delle esportazioni destinate al mercato europeo che di
quelle verso i mercati al di fuori dell’Unione Europea.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
163
Grafico 3 - Export dei settori "macchine" e "mezzi di trasporto della provincia di Bari*
450
400
350
300
Milioni di euro 250
200
150
100
50
0
2006
2007
2008
CK - Macchinari
*
2009
2010
2011
CL - Mezzi di trasporto
Dal 2010 include i dati relativi alla Provincia Barletta-Andria-Trani
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati Istat
Grafico 4 - Quota sul totale nazionale dell'export della provincia di Bari per settore*
1,1%
0,8%
0,6%
0,4%
0,2%
0,0%
2006
2007
CK - Macchinari
*
2008
2009
CL - Mezzi di trasporto
2010
2011
Attività manifatturiere
Dal 2010 include i dati relativi alla Provincia Barletta-Andria-Trani
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati Istat
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
164
Tabella 5 - Graduatoria dei sistemi locali del lavoro secondo il valore delle esportazioni
(valori in migliaia di euro)
Posizione
SLL
Macchinari ed apparecchi n.c.a.
Mondo
Ue27
Posizione
Mezzi di trasporto
SLL
Extra-Ue27
Mondo
Ue27
Extra-Ue27
1
Milano
7,202,292
2,651,590
4,550,702
1
Torino
6,165,120
4,107,570
2,057,551
2
Bologna
3,338,192
1,602,011
1,736,182
2
Atessa
2,671,332
2,576,295
95,037
3
Torino
2,675,280
1,598,299
1,076,981
3
Napoli
1,812,653
1,138,167
674,486
4
Bergamo
2,263,474
1,224,330
1,039,144
4
Venezia
1,384,454
195,191
1,189,263
5
Reggio Emilia
1,826,126
993,929
832,196
5
Melfi
1,299,175
1,168,079
131,096
43
Bari
396,513
296,251
100,262
31
Bari
262,417
205,588
56,829
68,775,641
34,262,119
34,513,522
39,962,440
27,154,889
12,807,551
Totale
Totale
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati Istat
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
165
Ampliando lo sguardo a livello regionale, il settore della meccanica è stato anche uno di quelli
più colpiti, tra il 2008 ed il 2010, in termini di riduzione del fatturato e della redditività46. La
tabella 6 riporta una serie di indici di redditività e di produttività calcolati per imprese della
provincia di Bari operanti in alcuni comparti produttivi rilevanti per la nostra analisi. Anche in
questo caso per diversi indici di redditività vi è stato un peggioramento fra il 2008 ed il 2010.
Altri due elementi confermano le difficoltà. Il primo è che in questi ultimi anni vi sono stati
casi di chiusura di imprese così come permangono casi di aziende in grosse difficoltà a causa
del calo delle commesse47. È da sottolineare che ad essere colpite non sono solo le imprese
contoterziste (subfornitrici in molti casi di imprese localizzate nel Centro-Nord, come già
ricordato), ma anche quelle che hanno un prodotto proprio. Il secondo è rappresentato dal
notevole aumento nel ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG) sia ordinaria che
straordinaria. Tale incremento è stato particolarmente consistente fra il 2008 ed il 2009,
dovuto principalmente alla componente ordinaria, mentre fra il 2009 ed il 2010 sono
aumentate le prestazioni straordinarie e in deroga nonostante la riduzione della componente
ordinaria, il che riflette il protrarsi dello stato di crisi di alcune aziende oltre i limiti di
erogazione delle prestazioni ordinarie (tab. 5).
In particolare, il sistema produttivo barese ha risentito del fatto che fra i settori industriali
maggiormente colpiti a livello internazionale dalla crisi economica vi sia quello
dell’automotive. Ovviamente, le imprese multinazionali localizzate in prossimità del
capoluogo regionale operanti in questo settore hanno subito forti ripercussioni negative da
questa situazione, tanto che, tra il 2008 ed il 2009, vi è stato il concreto pericolo che le due
multinazionali tedesche (Bosch e Getrag) trasferissero i loro stabilimenti produttivi lontano
dalla Puglia, fuori dai confini nazionali.
46
Si veda The European House-Ambrosetti, Osservatorio Puglia. Le leve dello sviluppo del sistema economico e industriale
della Puglia, dicembre 2011.
47
Un caso particolarmente negativo è rappresentato dalla OM Carrelli Elevatori che trasferirà la produzione in Germania.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
166
Tabella 6 - Indici di Redditività e di Produttività
(dati aggregati)
Fabbricaz. di computer e prodotti di
elettron. e ottica; apparecchi
elettromedicali; apparecchi di
misurazione e orologi
2010
2008
2006
Fabbricaz. di macchinari e
apparecchiature n.c.a.
2010
2008
Fabbricazione di altri mezzi di
trasporto
Fabbricazioni di autoveicoli
2006
2010
2008
2006
2010
2008
2006
Indici di Redditività
EBITDA
EBITDA/Vendite (%)
Redditività del totale attivo (ROA) (%)
Redditività di tutto il capitale investito (ROI) (%)
Redditività delle venditite (ROS) (%)
Redditività del capitale proprio (ROE) (%)
Incid. oneri/Proventi extrag. (%)
22,339
13.35
4.54
7.59
8.54
0.54
0.04
25,902
14.49
6.48
10.23
10.58
8.89
0.45
12,525
10.01
4.04
6.98
5.73
4.35
0.33
16,681
5.89
1.98
3.98
2.67
-0.86
-0.12
21,217
6.13
1.82
3.73
2.28
-2.82
-0.4
24,439
8.16
3.94
8.17
4.66
3.16
0.21
38,078
7.68
0.15
0.32
0.15
5.12
n.s.
23,359
3.96
-4.1
-7.87
-3.45
-24.18
n.s.
81,735
12.09
3.77
6.38
3.26
19.09
2.02
729
1.3
-0.1
-0.28
-0.06
-4.15
n.s.
12,958
17.84
5.66
9.59
11.49
10.43
0.5
15,919
26.65
8.93
12.51
15.43
8.41
0.32
1,620
103
60
45
2.28
1,759
102
56
41
2.49
915
137
63
49
2.77
1,297
218
68
55
4
1,628
213
64
51
4.15
1,507
199
64
48
4.17
3,222
154
54
41
3.76
3,515
168
51
41
4.11
3,320
204
69
42
4.86
77
729
59
50
14.64
322
226
82
40
5.64
285
210
108
50
4.2
Indici di Produttività
Numero dipendenti
Ricavi pro capite (migl./dip.)
Valore aggiunto pro capite (migl./dip.)
Costo lavoro pro capite (migl./dip.)
Rendimento dipendenti
Fonte: elaborazioni dell'autore su dati AIDA
Tabella 7 - Ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni nel settore
meccanico in Puglia (migliaia di ore)
2008
Interventi oridnari
Totale
2009
2010
818
10,376
5,878
1,916
12,248
16,710
Fonte: INPS
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
167
Nonostante le grosse difficoltà appena ricordate è, però, possibile affermare che i settori della
meccanica e della componentistica auto, complessivamente, abbiano tenuto. La crisi non
sembra aver disgregato il sistema produttivo esistente. Innanzi tutto, la produzione delle
multinazionali non è stata delocalizzata. Si tratta di un risultato non di poco conto. Inoltre,
come sempre avviene durante le crisi economiche, vi è stato un processo di selezione naturale,
per cui a fronte della chiusura di alcune imprese, alcune fra quelle rimaste, evidentemente le
più solide e competitive, hanno visto anche migliorare le loro performance.
Ovviamente, la tempesta non è passata. Permangono problemi legati alla contrazione dei
margini di redditività, a cui si aggiungono difficoltà di accesso al credito, il che contribuisce a
mantenere bassa la fiducia degli imprenditori con ovvie ripercussioni sui progetti di
investimento futuri. Inoltre, l’elemento tempo è cruciale, se la situazione di crisi dovesse
perdurare ancora a lungo, il sistema produttivo rischierebbe di essere messo definitivamente
in ginocchio.
Vi sono, comunque, alcune indicazioni positive per il futuro. Le principali vengono dalla
risoluzione delle vicende legate alla Bosch e alla Getrag. Entrambe le multinazionali tedesche
hanno intrapreso progetti di consolidamento: la Bosch ha avviato una nuova produzione,
quella della pompa a bassa pressione Zp (un componente del Common Rail), trasferendola
dall’Austria, e la Getrag farà salire la sua produzione di cambi di nuova generazione a secco
da settantamila a cinquecentomila, grazie alle nuove commesse con Ford e Mercedes. Il
risultato di tali progetti è il mantenimento dei livelli occupazionali con prospettive anche di un
loro (leggero) incremento. Anche le performance delle principali imprese della meccatronica
a capitale locale (MASMEC, MERMEC, ITEL Telecomunicazioni) continuano ad essere
positive. Particolarmente interessante è il caso di ITEL per i progetti assolutamente
all’avanguardia che ha nel comparto del biomedicale, comparto nel quale si sta affacciando
anche la MASMEC.
Altre realtà imprenditoriali dinamiche ed interessanti, anche se non riconducibili
necessariamente all’interno del campo della meccatronica, sono la EMITECH (azienda
specializzata nell’ambito delle schermature elettromagnetiche per usi industriali, militari e
civili), la D.A.I. OPTICAL (azienda specializzata in attività di ricerca e sviluppo su lenti
oftalmiche di piccole dimensioni) e la SITEC (azienda impegnata nella progettazione,
produzione e commercializzazione di prodotti ottici, elettronici e meccanici destinati ai campi
dell’ottica, medicina e industria) nell’area di Molfetta, e la ICAM di Putignano che progetta e
produce magazzini e archivi automatici (ed è dotata di un piccolo centro di ricerca interno).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
168
4.1. Il Distretto della Meccatronica durante la crisi
A distanza di cinque anni dalla costituzione del MEDIS provare a fare un bilancio della sua
attività non appare facile. Il primo ovvio elemento da considerare è che questi anni hanno
coinciso con una crisi economica profondissima, a cui abbiamo più volte fanno cenno, e che
naturalmente non poteva non avere un impatto anche sul Distretto. I giudizi che di seguito
verranno formulati dovranno, dunque, essere sempre letti e “pesati” tenendo conto delle
sfavorevoli condizioni di contesto.
La scelta fatta nel 2007 di puntare sulla meccatronica appare indubbiamente fondata,
per le ragioni che abbiamo già richiamato in questo testo, e tuttora condivisibile. Si deve,
però, tenere presente la considerazione fatta nel paragrafo precedente e cioè che il Distretto
della meccatronica più che fotografare una situazione esistente rappresentava e rappresenta
l’indicazione di una direzione, di una strada da seguire. Sono, infatti, poche le imprese baresi
che possono essere accumunate da questa etichetta. Ugualmente corretta e condivisibile
appare la scelta dello “strumento”, il distretto tecnologico, attraverso il quale attuare un
upgrading tecnologico e produttivo. Il passaggio dalla meccanica alla meccatronica richiede,
infatti, una forte iniezione di ricerca e sviluppo, per cui la costituzione di un distretto
tecnologico quale strumento per portare imprese e mondo della ricerca pubblica e privata a
cooperare appare, almeno sulla carta, convincente. Non si tratta solo di favorire
l’irrobustimento di rapporti di collaborazione e/o subfornitura fra le imprese, ma di spingerle
a sviluppare progetti di ricerca in grado di aiutare il riposizionamento verso l’alto delle loro
produzioni. Ancora, la coesistenza fra imprese a capitale esterno e capitale locale appare un
fattore positivo. Allo stesso tempo, però, è indubbio che la presenza di grandi imprese, in
alcuni casi competitori sullo stesso mercato, rende non semplice lo stabilirsi di relazioni per la
conduzione di progetti di ricerca (vi sono, infatti, problemi di notevole complessità in termini
di proprietà intellettuale)48.
Finora l’azione del MEDIS si è concretizzata nell’individuazione di alcune aree di
intervento e nella predisposizione di progetti di ricerca presentati a valere sulle risorse del
PON Ricerca e Innovazione 2007-2013. Il primo progetto di ricerca riferito all’Asse 01, dal
titolo “Elettronica di controllo, sistema d’iniezione, strategie di combustione, sensoristica
48
La soluzione adottata per superare questo ostacolo nel caso dei progetti finora preparati è stata quella di puntare su progetti
che potremmo quasi definire di ricerca “pura”, lontani cioè dalla fase di applicazione.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
169
avanzata e tecnologie di processo innovativi per motori diesel a basse emissioni inquinanti”, è
stato ammesso a finanziamento, ma alcuni intoppi burocratici hanno impedito l’erogazione
della prima tranche di finanziamento e, quindi, la partenza delle attività. Altri tre progetti sono
riferiti all’Asse 02: “AMIDERHA - Sistemi avanzati mini-invasivi di diagnosi e radioterapia”
(il progetto mira a studiare e sviluppare nuove tecnologie nell’ambito della strumentazione
medicale dedicata alla diagnosi e alla radioterapia); “MASSIME - Sistemi di sicurezza
meccatronici innovativi (cablati e wireless) per applicazioni ferroviarie, aerospaziali e
robotiche” (il progetto si propone di sviluppare sistemi di sicurezza meccatronici innovativi
(cablati e wireless) per applicazioni ferroviarie, aerospaziali e robotiche, costituiti da
combinazioni di sensori e tecnologie microelettroniche e supportate da un’adeguata
infrastruttura software); “INNOVHEAD - Tecnologie innovative per riduzione emissioni,
consumi e costi operativi di motori Heavy Duty” (il progetto ha l’obiettivo di sviluppare
tecnologie innovative per la riduzione delle emissioni inquinanti, dei consumi e dei costi
operativi dei motori a combustione interna utilizzati nelle applicazioni Heavy Duty sia “OnRoad” che “Off Road”). Per questi tre progetti l’iter valutativo è ancora in corso.
La limitatezza delle azioni messe in campo dagli attori del MEDIS fa emergere
qualche perplessità sul ruolo propulsivo svolto finora dal Distretto. Non è facile capire fino a
che punto le imprese aderenti “credano” nello strumento. È un fatto che, al di là di quelli
presentati sui PON, non siano stati portati avanti altri progetti: i soci non hanno avviato alcuna
altra concreta azione né investendo risorse proprie (cosa, ovviamente, improbabile in una fase
di crisi) né provando ad intercettare altre risorse pubbliche (magari a livello europeo).
È verosimile, comunque, che questa prima fase sia servita a creare “capitale sociale”,
ad accrescere la conoscenza e la fiducia fra i vari attori49. Un elemento fondamentale e che
richiede tempo. Ora, però, è necessario fare un passo in avanti (e qualche segnale in questo
senso sembra emergere) e far sì che il Distretto sia un effettivo veicolo di trasferimento
tecnologico verso le imprese del territorio. È fondamentale che crei legami con realtà
imprenditoriali esterne e che vada anche verso un allargamento della compagnie societaria50.
Il Distretto, infine, non ha rappresentato un fattore di attrazione per nuovi investimenti
dall’esterno. Se, infatti, è vero che non si sono registrate delocalizzazioni (un elemento,
49
È un elemento enfatizzato soprattutto da uno degli intervistati.
A questo proposito è comunque doveroso evidenziare che nel Distretto sono presenti soggetti in grado di interagire ad un
livello elevato di competenza e conoscenza e che gli attori (ci riferiamo soprattutto alle imprese) sul territorio in grado di
poter avere questo tipo di interazione non sono molti.
50
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
170
comunque, non trascurabile nell’attuale fase) è anche vero che non si sono registrati nuovi
investimenti così come non si sono sviluppate nuove realtà locali significative.
5. Il ruolo svolto dalle politiche pubbliche
Le politiche pubbliche hanno, sicuramente, giocato un ruolo decisivo nella tenuta nel tempo
del sistema produttivo della meccatronica pugliese51; in particolare, importante è stato lo
strumento del Contratto di Programma sia nella versione gestita a livello centrale che in quella
gestita dalla Regione Puglia nell’ambito della programmazione dei fondi comunitari52.
Il primo caso è quello della Getrag il cui insediamento a Modugno risale al 1996. Per
la realizzazione dell’investimento, infatti, la multinazionale tedesca ha beneficiato di un
Contratto di Programma53. Nel decreto di concessione definitiva, del gennaio 2004, si legge
che “sono stati raggiunti gli obiettivi generali del Contratto di programma che ha comportato
investimenti complessivi per 187.773.475,06 Euro ed una occupazione di 824 unità nuove
assunte [al gennaio 2004]”. A fronte di questi risultati, il contributo in conto capitale
concesso, come definitivamente ricalcolato sugli investimenti ammissibili, ammonta a 98,6
milioni di euro (tab. 8).
Sempre la Getrag, che nell’agosto del 2005 aveva messo in cassa integrazione (a
turno) 750 lavoratori (vale a dire la maggior parte del personale dell’impresa) a causa di una
forte diminuzione degli ordini, ha firmato un Contratto di Programma con la Regione Puglia
nell’ambito del POR Puglia 2000-2006 (Misura 4.18). La trattativa ha avuto come risultato il
mantenimento dei livelli occupazionale ed il rilancio della produzione nello stabilimento
barese. Il contributo pubblico ammonta a circa 12,6 milioni di euro per la parte di
investimento industriale e a 4,6 milioni per la parte di investimento in ricerca e sviluppo (tav.
9).
La Magneti Marelli ha beneficiato di un Contratto di Programma sia nell’ambito del
POR Puglia 2000-2006 che del P.O. Puglia 2007-2013. Nel primo caso il contributo pubblico
51
Scopo di questo paragrafo non è ricostruire nel dettaglio l’insieme degli interventi pubblici di cui ha beneficiato il sistema
produttivo della meccatronica pugliese, ma di richiamare semplicemente gli interventi più significativi.
52
Il POR Puglia 2000-2006 è stato il primo documento di programmazione regionale in Italia ad aver previsto l’utilizzo di un
regime di aiuto nell’ambito della programmazione negoziata, tra quelli di competenza nazionale, per il sostegno allo sviluppo
e l’attrazione di investimenti. In tal modo, per la prima volta l’attuazione dei Contratti di Programma si è realizzata attraverso
una collaborazione istituzionale con l’impegno congiunto di risorse finanziarie nazionali, regionali e comunitarie e con il
coinvolgimento della Regione nella gestione delle diverse fasi del procedimento.
53
La delibera CIPE di approvazione del Contratto di Programma è del 27 novembre 1996.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
171
ammonta complessivamente a circa 28,5 milioni di euro (tav. 9), mentre nel secondo a 10,2
milioni.
La Bosch ha beneficiato, prima, di un Contratto di Programma siglato, nel febbraio
2002, con il Ministero delle Attività Produttive (e finalizzato alla realizzazione di un piano di
investimenti industriali e di ricerca nei sistemi di alimentazione dei motori diesel) e,
successivamente, nel dicembre 2007, di un Contratto di localizzazione sottoscritto con il
Ministero dello Sviluppo Economico, l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti
e lo sviluppo d’impresa e la Regione Puglia. Il contributo pubblico per il primo intervento è
pari a circa 91 milioni di euro (tab. 10), mentre per il secondo a poco meno di 14 milioni (tab.
11).
Il Contratto di programma non è comunque l’unico strumento utilizzato. Le imprese
del polo produttivo della meccatronica si sono dimostrate in grado di intercettare risorse
pubbliche anche attraverso altri canali. Diversi sono i soggetti che risultano beneficiari del
PON Ricerca e Competitività 2007-2013: Centro Studi Componenti per Veicoli (Bosch);
MASMEC; MERMEC; ITEL Telecomunicazioni; Sintesi; oltre all’Università degli Studi di
Bari e al Politecnico di Bari.
Un ultimo elemento di carattere più generale da segnalare riguarda la composizione
degli aiuti per finalità di politica industriale erogati in Puglia: confrontando la distribuzione
per obiettivo delle risorse erogate nel biennio 2002-2003 e in quello 2009-2010 è possibile
osservare un calo molto accentuato delle erogazioni “generaliste”, volte cioè al mero sostegno
degli investimenti senza particolari qualificazioni, a favore di un incremento molto accentuato
del sostegno alla ricerca e all’innovazione e di quello rivolto alla nascita di nuove imprese.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
172
Tabella 8 - Erogazione annuale dei contributi pubblici
(milioni di euro)
31/12/1996
31/12/1997
31/12/1998
31/12/1999
31/12/2000
31/12/2001
31/12/2002
31/12/2003
31/12/2004
31/12/2005
Totale
Contributi statali
-
23,39
23,39
23,39
-
12,30
-
-
16,11
-
98,58
Contributi Regione Puglia
-
2,23
6,12
2,80
6,22
1,66
-
-
-
-
19,03
Contributi totali
-
25,62
29,51
26,19
6,22
13,96
-
-
16,11
-
117,61
Fonte: Getrag s.p.a. (Tab. 3 in Prota 2008)
Tabella 9 - Contratti di Programma sottoscritti nell'ambito del POR Puglia 2000-2006 (Misura 4.18)
Industriale
SOGGETTO
PROPONENTE
Ricerca e Sviluppo
BENEFICIARIO
Programma Ammesso
Contributo
Risorse Misura 4.18
Programma Ammesso
Finanziamento
Contributo
Cofinanziamento
Ministero dello
sviluppo economico
Risorse Misura 4.18
Finanziamento
Contributo
Magneti Marelli
Powertrain S.p.A.
Magneti Marelli
Powertrain S.p.A.
49.605.000,00
23.884.348,26
23.884.348,26
11.501.300
6.900.800
4.600.500
Getrag S.p.A.
Getrag S.p.A.
25.547.422,00
12.581.130,20
12.581.130,20
11.622.700
6.974.000
4.633.270
1.608.603,00
936.639,51
936.639,51
2.156.000
1.293.600
862.400
1.293.600
862.400
Centro Laser s.c.a.r.l.
433.516,00
261.348,68
261.348,68
413.000
247.800
165.200
247.800
165.200
Planetek Italia s.r.l.
263.603,00
157.735,32
157.735,32
1.355.000
801.000
519.500
801.000
519.500
Icam s.r.l.
1.744.294,00
1.115.858,22
1.115.858,22
1.689.980
1.014.000
573.800
1.014.000
573.800
Totale
4.049.516,00
2.471.581,73
2.471.581,73
5.613.980
3.356.400
2.120.900
3.356.400
2.120.900
Mer Mec S.p.A.
Consorzio Sud Space
6.900.800
4.600.500
6.974.000
4.633.270
Fonte: Regione Puglia
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
173
Tabella 10 - CONTRATTI DI PROGRAMMA, STATO DI ATTUAZIONE AL 31 DICEMBRE 2010 (valori finanziari in milioni di euro)
Data Delibera Data stipula
Cipe
contratto
Investimenti
Contributo
Stato
Contributo
Regione
198,3
90,7
-
Totale Incremento
Erogazio Erogazio Erogazio Erogazio Erogazio Erogazio Erogazio
Erogazioni al
Erogazioni al
contributo Occupazione
ni nel
ni nel
ni nel
ni nel
ni nel
ni nel
ni nel
In APQ
31/12/2003
31/12/2010
pubblico
previsto
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
REGIME DI AIUTO 2000-2006
- Bosch
04/08/00
13/02/02
90,7
390
39,5
-
23,8
17,1
0,0
6,2
0,0
-
86,7
SI
Fonte: MiSE - Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, ex-Istituto per la Promozione Industriale e Promuovi Italia
Tabella 11 - CONTRATTI DI LOCALIZZAZIONE, STATO DI ATTUAZIONE AL 31 DICEMBRE 2010 (valori finanziari in milioni di euro)
APQ
Iniziativa
Data stipula
Contratto di programma
Valore
dell'investimento
complessivo
Contributo Stato
Data stipula
Contributo Stato
Erogazioni
nel 2006
Erogazioni
nel 2007
Erogazioni
nel 2008
Erogazioni
nel 2009
Erogazioni Erogazioni al
nel 2010
31/12/2010
Risorse private
Tecnologie diesel e sistemi frenanti S.p.A. TDIT (Gruppo Bosch) 1, 2
27/12/2007
89,4
29,1
27/12/2007
13,8
29,5
-
-
-
-
12,5
12,5
Centro studi componenti per veicoli S.p.A. CVIT (Gruppo Bosch) 2,3
27/12/2007
27,5
11,4
27/12/2007
11,4
16,1
-
-
-
-
-
-
1
L'APQ non prevede la realizzazione di opere pubbliche complementari. Il totale dell'investimento corrisponde quindi al solo Contratto di programma collegato alla iniziativa di localizzazione.
2
A seguito della rimodulazione del programma l'investimento totale si è ridotto a 43,3 milioni di euro; di conseguenza l'importo dell'agevolazione è stato rideterminato in 13,8 milioni di euro.
3
Il contributo è stato revocato a seguito di rinuncia da parte della società beneficiaria.
Fonte: MiSE-Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. e Promuovi Italia
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
174
6. Criticità e potenzialità del sistema produttivo della meccatronica e “domanda” di
politiche pubbliche
Anche se il sistema produttivo della meccatronica pugliese ha, sostanzialmente, resistito ai
colpi dell’attuale crisi economica internazionale, permangono incertezze sul suo futuro. Le
principali criticità possono così essere sintetizzate:
-
forte dipendenza dalla presenza di stabilimenti di multinazionali estere i cui centri
decisionali sono lontani dall’Italia e la cui presenza nel corso degli anni è stata
garantita anche (seppur non solo) da forti contributi pubblici sia nazionali che
regionali;
-
prevalente specializzazione nell’automotive che può rappresentare un problema alla
luce delle difficoltà a livello mondiale di questo comparto produttivo;
-
necessità di un ulteriore upgrading tecnologico delle principali imprese a capitale
locale: seppur ad elevato contenuto tecnologico si trovano ad operare in ambiti in cui
molto forte è la concorrenza e con conoscenze tecnologiche “contendibili”; con
riferimento a questo aspetto è molto interessante il tentativo della ITEL
Telecomunicazioni di spostarsi nel settore biomedicale;
-
scarsa capacità di attrazione di nuovi players internazionali.
A fronte di questi elementi di criticità, il sistema produttivo della meccatronica presenta
delle notevoli potenzialità di sviluppo. La prima riguarda sicuramente la presenza di un
Distretto tecnologico con un buon potenziale di ricerca dei suoi attori (imprese, Università
e centri di ricerca), testimoniato dalla qualità dei progetti di ricerca presentati a valere sui
PON. L’idea di puntare sulla costituzione di un distretto come elemento trainante del
consolidamento e del rafforzamento del sistema produttivo della meccanica e
dell’automotive pugliese appare corretta, nonostante i risultati finora siano stati modesti.
Ci si deve, però, interrogare su come rendere efficace questo strumento. Quello che appare
indispensabile è, innanzi tutto, potenziare la strategia messa in campo. Il MEDIS deve
valorizzare il suo ruolo all’interno del sistema innovativo regionale e connotarsi
maggiormente come uno strumento di trasferimento delle conoscenze meccatroniche al
più vasto comparto della meccanica che può contare, come già detto, su un buon numero
di imprese interessanti. Devono, inoltre, essere sfruttate le possibilità di collaborazione
con altri distretti regionali; in particolare, aree di ricerca comune si possono intravedere
con il Distretto Tecnologico Pugliese High-Tech, ma anche con il Distretto
dell’aerospazio.
Un altro elemento di sviluppo può essere dato dall’affacciarsi su nuovi ambiti per la
meccatronica; due esempi interessanti sono: bio inspired design (trasferimento in ambito
meccatronico di conoscenze biologiche) e nano materiali. È soprattutto con riferimento
all’individuazione di nuovi ambiti applicativi che i rapporti fra mondo della ricerca e
mondo dell’industria devono ulteriormente infittirsi54.
Alla luce dell’analisi fin qui presentata, la “domanda” di politiche pubbliche di sostegno
allo sviluppo del sistema produttivo della meccatronica può essere così schematicamente
formulata: da una parte, strumenti finalizzati ad ampliare il numero degli attori; dall’altra,
strumenti finalizzati ad aumentare il contenuto tecnologico e la capacità competitiva delle
imprese locali.
L’elemento che appare assolutamente cruciale è l’ispessimento del tessuto produttivo con
l’attrazione e la nascita di imprese innovative operanti in nuovi ambiti di sviluppo per la
meccatronica. Si deve cioè favorire la creazione di una massa critica rilevante. Finora le
strategie messe in campo dalla Regione Puglia sono state “difensive”, si è cioè puntato ad
evitare la chiusura di importanti stabilimenti e, quindi, a mantenere importanti livelli
occupazionali. Un passo assolutamente necessario. Occorre, però, farne uno successivo
nella direzione di ampliare la platea degli attori.
Si tratta di definire, in primis, una strategia di attrazione mirata alle imprese che operano
nel settore della meccatronica55. Elemento centrale di tale strategia, in quanto
particolarmente attrattivo per i potenziali investitori, deve essere l’ampia dotazione di
capitale umano di buon livello e a relativo basso costo: ingegneri e figure tecniche
“intermedie” altamente specializzate. Un ruolo centrale, naturalmente, dovrà essere
54
A questo proposito bisogna dire che in Italia vi sono molteplici strumenti di programmazione e di intervento per
favorire la collaborazione tra la ricerca pubblica e il settore privato. Manca, però, una sistematica valutazione della loro
efficacia. Un rapporto del DPS del 2009 “Migliorare le politiche di Ricerca e Innovazione per le Regioni. Contenuti e
processi di policy” suggerisce l’esigenza di una razionalizzazione e di puntare su soggetti in grado di mettere in relazione
le imprese che manifestano specifici bisogni con i ricercatori o con le altre imprese in grado di fornire una risposta (una
sorta di “intermediari della conoscenza”). In questa attività di diffusione della conoscenza, un ruolo importante potrebbe
essere svolto dalle Regioni, in quanto un’azione a livello locale potrebbe avere il vantaggio di sfruttare conoscenze
dirette del contesto.
55
Tale strategia dovrà tenere conto di tutte le altre misure di policy a livello regionale che possono essere rilevanti per il
perseguimento dell’obiettivo, a partire, naturalmente, dalle politiche di accumulazione di capitale umano (su questo si
veda Coniglio N., Mariano E., Prota F., Capitale umano, mobilità geografica e sviluppo economico. Analisi e politiche
per la Puglia, Manni, San Cesario di Lecce).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
176
pensato per il MEDIS; così come dovranno essere valorizzate per i potenziali investitori le
possibili economie di agglomerazione56.
Accanto all’attrazione di imprese esterne, occorrerà favorire la nascita, ma soprattutto il
consolidamento di nuove imprese innovative (in particolare, spin off universitari). Si tratta
di intervenire con strumenti di innovazione finanziaria. Per rompere l’equilibrio
inefficiente nel mercato del venture capital, è necessario operare da diversi fronti con
misure sistematiche e coordinate. Una parte essenziale di questi interventi consiste nel
creare un ampio mercato di seed capital. In questo ambito vi sono significativi fallimenti
di mercato che giustificano ampiamente l’intervento pubblico (anche a scala regionale).
Su questo punto occorre spendere qualche parola sul tema più generale degli incentivi alle
imprese. Nel caso delle imprese innovative sarebbe preferibile puntare su strumenti
selettivi che, se ben gestiti, segnalano agli investitori privati la bontà dei progetti delle
imprese finanziate. Le piccole imprese innovative soffrono di elevate asimmetrie
informative nel mercato dei capitali che rendono problematico il finanziamento esterno.
Finanziamenti di carattere selettivo, se la competizione tra i progetti di ricerca è elevata e
se la loro selezione è affidata a organismi competenti e indipendenti, generano un effetto
di “segnalazione” della qualità delle imprese. Il segnale riduce le asimmetrie informative
(che sono tanto più elevate per le imprese di nuova creazione e per i progetti di ricerca e
sviluppo) e rende più facile per le imprese l’accesso a capitali privati. Gli strumenti
selettivi hanno, dunque, un effetto positivo “indiretto” che gli strumenti automatici non
possono avere57.
Con riferimento agli strumenti volti ad aumentare il contenuto tecnologico e più in
generale la capacità competitiva delle imprese locali, ci limitiamo a richiamare
l’attenzione sulle potenzialità di un nuovo strumento di policy: il contratto di rete. Si tratta
di uno strumento con cui più imprese regolano l’esercizio in comune di una o più attività
rientranti nel proprio oggetto sociale, con l’obiettivo di accrescere stabilmente il
coordinamento tra imprese e, per questa via, la loro capacità innovativa e competitiva sul
mercato. Il contratto di rete potrebbe rappresentare uno strumento efficace per spingere le
56
La teoria economica ha riconosciuto da tempo che le economie di agglomerazione sono in grado di migliorare la
produttività delle imprese e favorire processi di concentrazione territoriale dell’attività produttiva. In particolare,
esistono economie di agglomerazione legate non al numero generico di impianti esistenti, ma al numero di stabilimenti
di proprietà straniera operanti nella stessa area geografica.
57
Su questo aspetto si vedano i seguenti lavori: Lerner J. (1999) The government as venture capitalist: the long-run
impact of the SBIR program, Journal of Business 72, 285-318; Colombo M. G., Grilli L., Murtinu S. (2011) R&D
Subsidies and the Performance of High-Tech Start-Ups, Economics Letters 112, 97-99; Colombo M. G., Giannangeli S.,
Grilli L. (2011) Public subsidies and the growth of high-tech start-ups: Assessing the impact of selective and automatic
support schemes, Working paper, Politecnico di Milano.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
177
imprese meccaniche locali a superare alcuni dei loro limiti storici: l’assenza di un prodotto
proprio sul quale affacciarsi sul mercato (abbiamo ricordato più volte come molte siano
imprese contoterziste) e la scarsa presenza all’interno delle aziende di figure manageriali
(è possibile che le imprese, generalmente restie a superare una gestione manageriale molto
incentrata sulla famiglia, siano maggiormente disposte ad utilizzare manager esterni per la
gestione delle funzioni individuate nel contratto di rete). Inoltre, grazie a questo strumento
potrebbe essere favorita la collaborazione con le grandi imprese, e per questa via
agevolare il trasferimento tecnologico.
Un cenno, infine, merita l’aspetto della tempistica delle politiche. Con riferimento ai
progetti di ricerca presentati a valere sul PON Ricerca e Competitività, diversi intervistati
hanno lamentato forti ritardi nelle procedure. Si tratta di un elemento particolarmente
critico proprio per le politiche di innovazione, in quanto vi è il rischio di finanziamento di
idee ormai “fuori mercato” e di scoraggiare le imprese di medie dimensioni che sono
generalmente più sensibili al rischio di squilibri finanziari generati dai ritardi
nell’erogazione dei supporti alle attività di R&S.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
178
Capitolo 6
Il sistema produttivo dell’elettronica di
Catania
Maurizio Avola
Università di Catania
Alberto Gherardini
Università di Firenze
Rosanna Nisticò
Università della Calabria
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
179
Premessa
Il sistema produttivo dell’elettronica di Catania è senza dubbio il più importante polo
manifatturiero della Sicilia e uno dei principali del Mezzogiorno: comunemente noto come
Etna Valley, conta circa 5.000 addetti diretti. E’ un polo che ruota prevalentemente attorno
ad un big player, l’unità catanese della multinazionale italo-francese dei semiconduttori
STMicroelectronics che da sola assorbe circa l’80% di questi lavoratori. Solo di recente,
ma sempre per dinamiche strettamente connesse a STM, è arrivata sul territorio
l’americana Micron, anch’essa tra le aziende leader a livello mondiale del settore e già
presente in Italia ad Avezzano (dove aveva rilevato in precedenza le attività di Texas
Instruments), ed è sorta 3Sun, azienda attiva nella produzione di pannelli fotovoltaici a
film sottile. In effetti, il sistema produttivo territoriale (SPT) dell’elettronica catanese va
ben al di là delle imprese attive nel comparto in senso stretto, considerato che molte realtà
produttive che hanno rapporti più o meno stabili di subfornitura con STM fanno parte di
settori diversi, in particolare quello della meccanica, occupando un numero di addetti che
per lungo tempo è stato quantificato in misura equivalente a quella dell’unità locale di
STM (Baglieri, Leonardi, 2003).
Il rapporto si articolerà in nove parti. Partiremo con un paragrafo su Inquadramento e
dinamiche del settore di riferimento, in cui verranno presentate le caratteristiche
produttive del settore, il ruolo che assume all’interno della catena globale del valore, per
arrivare poi a definire le trasformazioni recenti sul piano internazionale. Il secondo
paragrafo, Origini ed evoluzione del sistema produttivo catanese, ripercorrerà la storia del
polo, concentrandosi in particolare sul passaggio dalla fase dell’effervescenza degli anni
novanta, quella che ha contribuito all’ascesa del mito di Etna Valley, alle tendenze attuali
che evidenziano, da una parte, gli effetti della crisi internazionale e della perdita di
centralità dell’Europa nel settore e, dall’altra, l’attivarsi di un processo di parziale
riconversione produttiva del polo stesso. Seguirà, quindi, un paragrafo dedicato all’Analisi
delle principali variabili economiche che fornirà riscontri empirici sullo stato di salute del
polo catanese in un’ottica comparata in grado di evidenziare analogie e specificità del caso
in esame a livello nazionale. Nel quarto paragrafo, invece, si proporrà un approfondimento
su Le realtà imprenditoriali del sistema catanese. Sulla base delle interviste in profondità
realizzate, dei documenti e dei dati raccolti, si cercherà di presentare un affresco di Etna
Valley che vada oltre i confini di STM, evidenziando la diversificazione degli attori in
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
180
campo, dalle nuove realtà dell’elettronica, Micron e 3 Sun, alle imprese dell’indotto,
“esterne” ed “interne” all’area catanese, tentando di qualificare i mercati di sbocco, le
relazioni di subfornitura, i processi di internazionalizzazione e/o delocalizzazione, i
principali competitors. Il quinto paragrafo, Le relazioni tra imprese, università e centri di
ricerca e l’importanza del capitale umano, sarà dedicato ad un tema di particolare
rilevanza nella definizione dei distretti high-tech ed in particolare delle economie esterne
che ne favoriscono il radicamento territoriale (Trigilia, 2009). Nel sesto paragrafo
tracceremo una ricostruzione de Le politiche industriali e dell’innovazione. Il settimo
paragrafo è dedicato al Il rapporto con le istituzioni locali e la Pubblica Amministrazione
per evidenziare il modo in cui le imprese vivono nel territorio di insediamento e la qualità
delle relazioni con l’amministrazione locale. Considerate le finalità del rapporto, l’ottava
parte sarà focalizzata alla ricostruzione de La domanda di politiche individuate dagli
stakeholder locali per il supporto della competitività del SPT dell’elettronica catanese.
Infine, il rapporto si chiude con alcune Considerazioni conclusive e indicazioni di policy.
1. Inquadramento e dinamiche del settore di riferimento
Il settore di riferimento del sistema produttivo dell’elettronica catanese è quello dei
componenti microelettronici, basato sull’uso del silicio, il materiale principe dei
semiconduttori. Il settore industriale per tali ragioni viene comunemente individuato come
industria
dei
semiconduttori.
Si
tratta,
quindi,
di
un’industria
che
realizza
microcomponenti che hanno un vastissimo ambito di applicazioni sui sistemi elettronici
finiti58.
Per comprendere la crescente importanza che tale settore produttivo ha assunto
nell’ambito dell’economia mondiale contemporanea basta fare riferimento a due processi
strettamente interconnessi che ne accrescono il peso all’interno della value chain: da un
lato, la crescente pervasività che la micro componentistica elettronica ha assunto
all’interno dei sistemi elettronici finiti, passando da un valore del 6-7% negli anni
58
Nel 2010 il mercato mondiale dei componenti microelettronici per ambito di applicazione era rappresentato per il 41%
da computer e strumenti da ufficio (mainframe, attrezzature da ufficio, periferiche e personal computer), 21% strumenti
per la comunicazione (wired e wireless, portatili, attrezzature tradizionali per la comunicazione, apparecchiature
informatiche per la casa collegabili in rete, ecc.); per il 18% prodotti per l’elettronica di consumo (intrattenimento, TV,
radio, VCR, macchine fotografiche e cineprese, giochi, ecc.); per l’11% strumentistica e apparecchiature per l’industria
(lab, test, controllo e misurazione); per l’8% automotive (powertrain, gestione sicurezza, controllo motore,
intrattenimento, ecc.); per l’1% acquisti militari e del governo (fonte: WSTS).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
181
sessanta, a circa il 24-25% attuale59; dall’altro, il processo di progressiva diversificazione
delle applicazioni microelettroniche che trovano crescente spazio all’interno di sistemi
elettronici finiti nuovi o che comunque rappresentano un’evoluzione di sistemi precedenti,
a partire dai beni di largo consumo (smart phone, tablet, fotocamere e videocamere
digitali, ecc.), ma che riguardano altresì settori che prima erano coinvolti in modo
marginale o nullo, come l’energia, la salute, lo sport, la cosmetica, la farmaceutica. In
definitiva, quindi, ci troviamo di fronte ad un settore le cui possibilità di implementazione
sono vastissime e in parte ancora sconosciute o quanto meno tendenzialmente in crescita.
Inoltre, l’importanza che il settore riveste all’interno del sistema economico è testimoniato
tanto dalla capacità di generare un vasto indotto altamente specifico (attrezzature,
impiantistica, materie prime, semilavorati, ecc.), quanto di impiegare risorse umane ad
elevata qualificazione e di generare elevati livelli di investimenti in ricerca e sviluppo60.
La Figura 1 illustra l’incidenza del valore della produzione del settore dei sistemi
elettronici finiti sul PIL modiale (2,2%) e il peso che nell’ambito di quest’ultimo assume
l’industria dei semiconduttori (19%)61.
Fig. 1 – Catena del valore dei semiconduttori, 2010
Equipment 39 Mld
Materials 47 Mld $
Fonte: ESIA, Semiconductor Europe Newsletter, November 2011
59
Cfr. intervista STM.
In Europa si tratta del settore con la più elevata intensità di investimenti in ricerca e sviluppo calcolata sulle vendite
nette (14,8% nel 2010), seguito dal farmaceutico (14,1%), software (14,0) e telecomunicazioni (13,0%) (cfr.
Commissione Europea).
61
Questo dato evidenzia un’incidenza più contenuta rispetto a quanto riportato precedentemente sulla base dei riscontri
forniti dai nostri interlocutori di STM. Tuttavia, come si avrà modo di vedere più avanti, si tratta di un dato che non tiene
conto di una porzione importante di fatturato generato dai processi di outsourcing, come quello prodotto dalle cosiddette
foundries.
60
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
182
Fig. 2 – Fatturato mondiale dell’industria dei semiconduttori (miliardi di dollari)
Tasso medio di
crescita annua
2001-2011: 8,3%
Fonte: iSuppli, anni vari
L’importanza e le potenzialità di crescita del settore convivono tuttavia con una certa
instabilità, tanto sul piano globale dell’andamento del mercato dei semiconduttori, quanto
sul versante delle dinamiche regionali e aziendali. Dal primo punto di vista la fig. 2 mostra
come nell’ultimo decennio il settore è stato protagonista di una crescita considerevole, ma
allo stesso tempo ha vissuto due picchi negativi significativi nel 2001 (-31,7%) e nel
biennio 2008-2009 (rispettivamente -3,9 e -11,0%). Tale andamento va interpretato
tenendo in considerazione le specificità del settore e le tendenze di lungo periodo:
Essendo un’industria delle industrie è un settore altamente ciclico, perché
fornendo componenti che vengono utilizzati da altre industrie noi siamo i
primi a sentire la crisi, a rallentare la corsa, così come siamo i primi a
ripartire. Se noi analizziamo l’andamento del mercato nel nostro settore
con quello del GDP possiamo vedere che i livelli di crescita sono maggiori
nel primo che nel secondo. […] In un arco temporale abbastanza
significativo, dagli anni Ottanta al 2011, mentre il tasso annuo composto
medio di crescita dell’industria dei semiconduttori è stato del 15%, quello
dei sistemi elettronici finiti che noi serviamo è cresciuto del 9%. Poi però
c’è l’andamento ciclico con le grandi crisi degli anni 2000, dove
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
183
l’andamento del settore dei semiconduttori è stato peggiore rispetto a quello
dell’economia mondiale [Intervista STM].
Il secondo elemento di instabilità che ha caratterizzato negli anni recenti il settore dei
microcomponenti elettronici riguarda i mutamenti sullo scenario globale delle gerarchie
tra le principali macro-aree produttive. Tutti i nostri interlocutori, infatti, hanno
sottolineato come nell’ultima decade si sia registrata nel mercato dei semiconduttori una
significativa perdita di importanza soprattutto dell’Europa, ma anche degli Usa e del
Giappone, a tutto vantaggio della Cina, della Corea del Sud e dei paesi del Sud-Est
asiatico. I tassi di crescita rilevati nel settore, quindi, sono stati particolarmente
differenziati da un’area all’altra, e l’Europa è passata da una quota di mercato del 22% nel
2001 al 13% nel 201062. Una debacle che evidenzierebbe una perdita di competitività del
Vecchio Continente, come ci racconta un manager di una delle prime dieci multinazionali
del settore:
L’Europa sta oramai sistematicamente perdendo competitività rispetto alle
altre aree geografiche, in particolare rispetto all’Asia. Nel rapporto del 2005
[ESIA - European Semiconductor Industry Association] abbiamo dimostrato
come se una compagnia avesse deciso di fare uno start up di uno stabilimento
in Germania, che è considerata l’area più produttiva d’Europa, negli Stati
Uniti oppure in Asia, lo stabilimento in Germania avrebbe comunque nel
tempo perso competitività rispetto allo stabilimento asiatico di un buon 20%.
Le ragioni che vi sono dietro sono molteplici. Il dato di fatto è che nel tempo
l’Europa è andata sempre più perdendo terreno: oggi a fronte di un
fabbisogno di circa il 18% dei dispositivi prodotti nel mondo, in realtà solo un
10-12% viene prodotto in Europa. Ovvero, l’Europa è un importatore netto
[Intervista Micron].
Nel primo decennio del nuovo secolo, quindi, si sposta ad Est la produzione (tanto per
effetto della crisi e/o delle delocalizzazioni delle grandi multinazionali americane ed
europee, quanto per crescita endogena di vecchie e nuove realtà produttive asiatiche); si
62
Nello stesso periodo l’area delle Americhe è scesa dal 26% al 18%, il Giappone dal 24% al 16%, mentre l’area
Asiatica è salita dal 29% al 54% (fonte: WSTS).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
184
spostano di conseguenza i mercati di approvvigionamento, ma allo stesso tempo anche i
mercati di sbocco: la domanda “asiatica” di microcomponenti, infatti, cresce
significativamente63.
Come ricordato in precedenza, l’effervescenza e l’instabilità che caratterizzano questo
settore possono essere evidenziate anche a livello più strettamente aziendale. Trattandosi
di un settore che necessita elevati livelli di investimenti in R&S e fortemente competitivo
sul piano tecnologico, i rischi sono molto elevati. Le fortune o i disastri delle corporations
dipendono dal buon esito dei prodotti realizzati e dalla loro appetibilità sul mercato, ma
essendo un’industria che fornisce altre industrie gli esiti finali sono altresì condizionati
dalle performance dei settori e dei partner di riferimento. E’ un settore che richiede anche
una dimensione minima elevata delle imprese, se verticalmente integrate, e investimenti
consistenti sia relativi agli impianti di produzione che alle attività di ricerca:
Il processo di concentrazione economico e geografico è dovuto
essenzialmente all’evoluzione del costo per bit per memoria che è in
continua discesa e a volte una discesa che è un precipizio. Non è del tutto
anormale che in un certo periodo, magari nel giro di tre o quattro mesi si
verifichi una riduzione dei prezzi del 30-40%. Tutto questo va unito al fatto
che se si vuole restare leader nel settore gli investimenti sono molto elevati.
Per dare un’idea, oggi un sito produttivo di ultima generazione, quindi
stiamo parlando di un 300 millimetri, ovvero 12 pollici, che voglia lavorare
sulle memorie, avendo un’economia di scala che permetta di stare sul
mercato ha un costo iniziale di investimento che si può aggirare tra i tre e i
cinque miliardi di dollari. I costi di ricerca e sviluppo di un’azienda di
questo tipo sono sempre intorno al 20% del fatturato. Quindi, da una parte
sono necessarie economie di scala molto forti; dall’altra sono necessari
investimenti consistenti e i trend di mercato sono sempre molto sfidanti
[intervista Micron].
Il dinamismo del settore risulta particolarmente evidente dalla variabilità delle
performance annuali dei maggiori produttori mondiali e dai molteplici processi di fusione,
acquisizione, cessione di ramo d’azienda, ecc., che hanno coinvolto negli ultimi anni
63
Si tratta di dinamiche strettamente interconnesse che si alimentano reciprocamente.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
185
molte aziende del settore, in alcuni casi stravolgendo le gerarchie nella distribuzione delle
quote di mercato:
Nel settore delle memorie dal 1980 ad oggi vi è stata una concentrazione di
soggetti che sono rimasti nel mercato e tantissimi altri che ne sono usciti. Se
si osserva la percentuale di produttori di memorie per area geografica,
partendo dal 1980 e variando di cinque anni in cinque anni si vede
chiaramente che non solo vi sono delle aziende che decidono di uscire dal
settore delle memorie, ma che vi è proprio uno shift di area geografica:
dagli Stati Uniti pian piano si passa in Asia e nella stessa Asia
gradualmente si passa da una predominanza giapponese a quella che è oggi
una predominanza coreana. Questo a livello di macrofenomeno. A livello di
aziende succede sostanzialmente che le americane e le europee tendono a
uscire da questo ramo di mercato. L’unica americana che rimane nel settore
delle memorie è per l’appunto Micron. […] Tenete conto che Sumsung più
Hynix più Elpida Memory Inc. fanno l’80% del mercato. Dunque vi è stato
un processo di concentrazione tanto geografica quanto aziendale. Dentro
questo processo vi sono stati processi di merger acquisition dovuti al fatto
che quando un’azienda usciva dal ramo ce n’era un’altra che andava ad
occupare lo spazio lasciato [Intervista Micron].
Infine, la vivacità del settore può essere ulteriormente specificata facendo riferimento ad
un graduale processo di diversificazione sul piano organizzativo, con particolare
riferimento alla dicotomia organizzazione interna/organizzazione esterna. Attualmente, il
settore dei semiconduttori è composto da tre principali tipi di organizzazioni: IDMs
(Integrated Device Manufacturers), fabless e foundries. Le IDMs rappresentano quelle
realtà aziendali che realizzano per intero il ciclo di trasformazione dei semiconduttori,
integrando le varie funzioni, da quelle di progettazione, a quelle di produzione, sino a
quelle commerciali. Si tratta della formula organizzativa più importante e diffusa sin dalle
origini (anni sessanta) e che ancora oggi raccoglie le aziende leader del settore (Intel,
Samsumg, Texas Instruments, Toshiba, STM, etc.). Più di recente, in particolare dagli anni
ottanta, si sono andate diffondendo le fabless (attualmente la più importante è l’americana
Qualcomm, sesta realtà mondiale per fatturato del settore, cui seguono altre tre
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
186
statunitensi, Broadcom, AMD e NVIDIA), aziende senza capacità produttiva che
esternalizzano interamente le attività manifatturiere alle foundries. Queste ultime (pureplay) sono essenzialmente delle fabbriche “make-to-order” (MTO) che realizzano prodotti
progettati dai committenti. Le foundries, quindi, “offrono” i loro fab per l’attività
produttiva sia delle fabless che delle più tradizionali IDMs64. Dato che in periodi di bassa
domanda le commesse MTO potrebbero lasciare inutilizzata parte della capacità
produttiva, inducendo ingenti perdite finanziarie in un settore che è molto capitaleintensive, in alcuni casi si realizza il sistema di produzione ibrido chiamato MTO/MTS
(make-to-stock) per accrescere l’utilizzazione della capacità produttiva dei fab (WU,
Jiang, Chang 2007; Chang et al. 2003). Entrate nella scena mondiale alla fine degli anni
ottanta, le foundries rappresentano oggi una realtà organizzativa rilevante e in crescita nel
settore dei semiconduttori65, che nel corso del tempo ha anche incrementato il suo peso sul
piano dello sviluppo e del trasferimento tecnologico del settore (Li, Huang, Chen, 2011).
L’emergere delle foundries, da un lato, e delle fabless, dall’altro, ha dato luogo, dal punto
di vista organizzativo, a un intenso processo di disintegrazione verticale nell’industria dei
semiconduttori, che tuttavia convive con la presenza di grandi imprese integrate che
internalizzano le diverse fasi: dal design dei circuiti integrati, alla fabbricazione al
packaging, ai tests e al collaudo (Hung, Yang, Lee 2004)66. Il caso della TSMC (Taiwan
Semiconductor Manufacturing Company) è esemplificativo dell’importanza assunta dal
foundry model. Nata nel 1987, questa azienda è pioniera delle foundries dei
semiconduttori ed è l’esempio più noto del successo che questo modello organizzativo
pure-play ha riscontrato nel panorama internazionale (Wu, 2001; Hung, Yang, Lee
2004)67. La crescita dell’azienda è stata costante e ha subito una drastica accelerazione
dalla fine degli anni novanta; oggi è assoluta leader mondiale con circa il 45% della quota
di mercato di riferimento. Con i suoi tre siti a 12 pollici, quattro siti a 8 pollici e un sito a 6
pollici (ai quali bisogna aggiungere siti all’estero, negli Usa, in Cina e a Singapore in
64
A tal proposito si parla di forme ibride o di “fablite model” (Wu, 2003; Hurtarte, Wolsheimer, Tafoya, 2007).
I dati riportati nelle figg. 1 e 2 non contemplano le foundries, il cui fatturato globale vale nel 2010 circa 30 miliardi di
dollari (da questo punto di vista, quindi, il peso dell’industria dei semiconduttori nella catena del valore dell’elettronica
risulterebbe ulteriormente accresciuto).
66
Come evidenziato per altre grandi aziende dell’elettronica in senso più ampio, si tratta di dinamiche di diversificazione
delle strategie competitive all’interno dello stesso settore dipendenti da una pluralità di fattori, in cui accanto ai fattori
macro riferibili ai contesti istituzionali, assumono grande rilevanza quelli micro che chiamano in causa direttamente le
aziende (Gereffi, 2005; Gereffi, Humphrey, Sturgeon, 2005; Berger, 2006).
67
“Pure-play” è una terminologia usata nell’industria dei semiconduttori per indicare che le foundries, prive della fase di
design dei circuiti, si dedicano a realizzare soltanto quello che i loro committenti desiderano. Le foundries rappresentano
un’ importante leva di competitività anche per le IDMs che per particolari componenti non devono dotarsi di propri
laboratori di fabbrica, che implicano investimenti ad alta intensità di capitale e sono soggetti a rapida obsolescenza
tecnologica (Hung, Yang, Lee 2004).
65
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
187
joint-venture con altre società) serve 450 clienti con una varietà di circa 8300 prodotti68.
Nel 2011 ha chiuso con un fatturato di oltre 14 milioni di dollari (rispetto alle aziende di
semiconduttori non foundry solo Intel e Samsung fanno meglio) e un numero di dipendenti
superiore alle 33.000 unità. Accanto a TSMC nel corso degli anni sono cresciute altre
importanti realtà produttive taiwanesi (UMC su tutte) e cinesi (in particolare SMIC) che
confermano ancora una volta lo spostamento del baricentro mondiale dell’industria dei
semiconduttori verso il Sud-Est asiatico. Tale processo è riconosciuto da tutti i nostri
interlocutori, che da diverse prospettive indirizzano accorati j’accuse alla capacità di
visione strategica dell’Europa:
Una delle problematiche che noi abbiamo sempre cercato di confutare alla
Comunità Europea è che ci sono delle politiche di concorrenza molto forti
all’interno dell’Unione Europea in modo da far sì che non vi sia distorsione
della concorrenza, ma questo si scontra con il fatto che l’Europa come area
geografica perde competitività verso l’esterno.[…] Singapore e gli Stati Uniti
sono aree molto più competitive [intervista Micron].
Dal punto di vista delle aziende, al di là delle dinamiche di mercato che hanno visto
mutare anche la geografia dei mercati di sbocco, le maggiori responsabilità vanno
individuate sul piano politico: dall’assenza di una politica industriale europea al sostegno
debole all’attività di ricerca, dalla rigidità della politica della concorrenza interna e dei
regimi di aiuto che hanno finito per generare effetti perversi e frenare la competitività
dell’Europa verso l’esterno.
Da parte sindacale, invece, si individuano delle responsabilità più strettamente connesse
alle strategie aziendali:
La storia di TSMC è esemplificativa dell’errore strategico che ha fatto
l’Europa. All’interno di questa fabbrica, tutte le grandi aziende europee,
STM, Infineon [derivata di Siemens], NXP [derivata di Philips] ed altre
68
Nell’ambito dei semiconduttori i pollici individuano la misura delle fette di silicio sulle quali vengono realizzati i
componenti microelettronici. L’evoluzione tecnologica del settore, quindi, è stata caratterizzata, da un lato, dalla
progressiva miniaturizzazione dei componenti (la cosiddetta legge di Moore) e, dall’altro, dall’ ampliamento del
diametro delle fette (questi due processi hanno moltiplicato il numero di componenti contenuti in una fetta di silicio).
Attualmente il limite è rappresentato dal 12 pollici (il passaggio a 18 è ormai prossimo), anche se sono ancora presenti
numerosi impianti che realizzano wafer da 4, 6 e 8 pollici.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
188
aziende, cos’hanno fatto: per ridurre i costi hanno preso la loro tecnologia e
l’hanno data a questa azienda taiwanese, con capitale cinese; loro hanno
sviluppato know how ottimizzando le varie tecnologie, però una cosa è se tu la
tecnologia la sviluppi al livello di R&S e quindi hai dei costi strutturali per
arrivare alla produzione, altra cosa è se io prendo il meglio da tutti quanti
abbassando il mio costo di R&S. Quindi, per farla breve, l’Europa, ma da
questo punto di vista anche gli Stati Uniti hanno forse fatto peggio, ha pagato,
quindi tutti noi abbiamo pagato, un R&S che poi i signori cinesi, e questo non
è colpa loro, hanno preso [Intervista Fiom-Cgil].
In ogni caso, comunque, ciò che appare evidente è un progressivo processo di risalita a
monte della catena del valore (Gereffi, 2005; Gereffi, Humphrey, Sturgeon, 2005) che ha
permesso a “Davide di crescere all’ombra di Golia” (Ernst, 2000).
In definitiva, quindi, i processi reciprocamente connessi di crescente differenziazione e
complessità organizzativa del settore e quello di un suo progressivo spostamento verso
oriente (Ernst, 2005) rappresentano un imprescindibile scenario all’interno del quale
collocare e interpretare le dinamiche locali recenti che hanno interessato il sistema
produttivo dell’elettronica catanese.
2. Origini ed evoluzione del sistema produttivo catanese
La formazione del sistema produttivo dell’elettronica di Catania è un esempio di virtuosa
complementarità tra leadership imprenditoriale, azione istituzionale, capitale sociale e
investimenti in capitale umano.
Il
sistema
territoriale
STMicroelectronics,
ha
origine
multinazionale
e
si
sviluppa
italo-francese
attorno
produttrice
all’impresa
di
leader
componenti
microelettronici presente a Catania sin dagli anni Sessanta69. Tuttavia, il punto di svolta in
cui si innesca il consolidamento del SPT si realizza a partire dalla fine degli anni Ottanta, e
soprattutto negli anni Novanta, quando si intersecano diversi fattori di crescita.
69
In origine a Catania nasce la ATES, controllata dalla STET, che nel 1972 diventerà SGS ATES a seguito della fusione
con la SGS Fairchild. Il connubio italo-francese viene siglato nel 1987 a seguito della fusione con Thomson
Semiconducteurs, da cui il nome SGS Thomson (divenuto nel 1998 STM).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
189
Il primo fattore di crescita è costituito dall’azione istituzionale che, attraverso le
consistenti agevolazioni pubbliche (tra cui il Contratto di programma siglato con STM nel
1996) contribuisce a determinare importanti elementi di attrazione del contesto locale70.
La compresenza di progetti industriali e di ricerca prevista dallo strumento dei contratti di
programma ha un’importanza fondamentale nel piano di sviluppo del sito. La svolta
consiste, infatti, nell’opportunità di trasformare l’unità di Catania da stabilimento dedicato
alla produzione di componenti a basso valore aggiunto e tecnologico a sito per la
realizzazione di fasi di produzione e di attività di ricerca strategiche nel piano di sviluppo
del gruppo (Evangelista, 2008)71.
Il secondo fattore funzionale alla crescita del SPT è la “costruzione” di capitale sociale, di
un insieme di relazioni tra mondo della produzione e mondo della ricerca il cui obiettivo è
quello di fare incontrare e interagire enti di ricerca e imprese accomunate dall’interesse di
progettare e sviluppare programmi di ricerca scientifica. Le realtà nelle quali tali relazioni
trovano spazio e opportunità di intensificazione sono diverse: la creazione del Consorzio
Catania Ricerche (CCR) e del Consorzio per la Ricerca sulla Microelettronica nel
Mezzogiorno (Co.Ri.M.Me) alla fine degli anni ottanta, del quale STM è stato cofondatore
con l’Università di Catania; il CNR e altri partner istituzionali, le collaborazioni con
l’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi (IMM), rappresentano l’occasione per
intrecciare e alimentare un insieme di relazioni che costituiscono il capitale sociale in
grado di fluidificare il trasferimento e la diffusione dell’innovazione alla base della
formazione dell’Etna Valley (Gherardini, 2010b)72.
Il terzo fattore di crescita è l’investimento in capitale umano specifico. La presenza di
STM e, più in generale, il progressivo consolidarsi dell’Etna Valley incoraggia le decisioni
di investimento in formazione universitaria in materie scientifiche e in particolare in
Ingegneria elettronica, in Informatica e in Fisica73. La gran parte dei dottori di ricerca e dei
laureati in queste materie svolge in quegli anni stage o tesi di laurea in imprese del SPT
catanese, in primis presso la stessa STM, con buone prospettive di essere successivamente
70
Oltre al contratto di programma del 1996, il sito STM catanese ha beneficiato in quella fase o in ogni caso a cavallo tra
gli anni novanta e duemila di altre linee di finanziamento pubblico (credito di imposta per gli investimenti, finanziamenti
del PON ricerca, etc.). Non bisogna dimenticare, inoltre, il ruolo giocato in quegli anni dalle politiche di incentivazione
dell’occupazione nel Mezzogiorno che hanno reso il costo del lavoro particolarmente competitivo rispetto ad altre realtà
nazionali ed estere in cui la multinazionale era già presente.
71
Per approfondimenti su questo punto si veda il paragrafo 6.
72
Per approfondimenti su questo punto e sul successivo si veda il paragrafo 5.
73
Sull’andamento delle immatricolazioni nell’Ateneo di Catania si veda la fig. 7 e il relativo commento nel paragrafo 5.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
190
assunti. Più in generale, la disponibilità di capitale umano specifico con forte radicamento
nel territorio è un punto di forza del sistema produttivo dell’elettronica di Catania:
A Catania l’azienda ha trovato persone che sanno fare il loro mestiere. Anche
se le ragioni per cui l’azienda è arrivata a Catania sono altre, la ragione per
cui ci rimane e ci rimane in maniera piuttosto soddisfacente è perché ci sono
persone che sanno fare il loro lavoro. Ci sono gruppi che sono riusciti a
inserirsi in gruppi corporate e questo non è facilissimo. Abbiamo un gruppo
corporate R&S che tra le altre cose fa analisi sul materiale e abbiamo deciso,
che ricordi io per la prima volta nella storia di Micron, di dire che una parte
di quest’analisi viene fatta in un laboratorio che sta a Catania. Quindi ci sono
sette o otto colleghi che lavorano direttamente con il corporate di Boise
[Intervista Micron].
Non trascurabile nella formazione del SPT è la leadership di alcuni attori istituzionali, tra
cui in primo piano occorre indiscutibilmente collocare l’ingegnere Pasquale Pistorio,
manager siciliano che dal 1980 al 2005, in qualità di amministratore delegato di STM,
guida l’unità di Catania nella svolta della sua mission da sito di mero assemblaggio a
nuovo punto di riferimento per produzioni ad alto contenuto tecnologico e di ricerca: è lui
il vero protagonista della realizzazione di un ingente piano di investimenti e un
considerevole programma di assunzioni di personale qualificato. Le testimonianze raccolte
sul ruolo decisivo di questa figura carismatica sono molteplici e superano tutte le
tradizionali o nuove divisioni che connotano le relazioni tra gli stakeholder locali:
Etna Valley è nata per un uomo: Pasquale Pistorio. Tutto questo è nato dalla
specifica caratteristica di Pasquale Pistorio, un grande comunicatore e un
ottimo manager. Etna Valley è nata da questa voglia di quest’uomo di
comunicare e di coinvolgere [Intervista Apindustrie].
Come già evidenziato, per comprendere l’espansione del sistema dell’elettronica catanese
occorre ricordare che il progetto di Pistorio, e ciò che ne è seguito, è stato sostenuto a
livello locale tanto dal sistema universitario e della ricerca quanto dalle istituzioni
politiche. Tra le altre figure istituzionali all’epoca protagoniste del decollo del SPT
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
191
dell’elettronica di Catania, dunque, un ruolo di primo piano occupano certamente il prof.
Enrico Rizzarelli, rettore dell’università di Catania, e il sindaco della città, Enzo Bianco.
In questo scenario di virtuose sinergie, quindi, tra il 1994 e il 2001 vengono assorbiti da
STM circa 3500 lavoratori (Baglieri, Leonardi, 2003), in particolare giovani diplomati che
provengono dagli istituti tecnici locali e laureati dell’Università di Catania, ma in parte da
altri atenei del Mezzogiorno per far fronte addirittura ad una sovrabbondanza di domanda
rispetto all’offerta locale.
È la fase che ha portato alla nascita del mito dell’Etna Valley, all’interno del quale STM
ha svolto un ruolo di grande attrattore di imprese esterne e di stimolo allo sviluppo
dell’imprenditorialità locale sia nell’ambito dell’elettronica stessa (principalmente
subfornitori), sia nell’high tech in senso più ampio.
Sul primo versante (l’elettronica), il processo di sviluppo di STM necessita di supporto sia
per la realizzazione di nuovi impianti (in particolare il modulo M5) che di
ammodernamento e ampliamento di quelli esistenti: un’occasione per i fornitori di
attrezzature, gas e fluidi ultra puri, prodotti chimici, etc., che servono STM anche presso
altri siti produttivi della multinazionale, di posizionarsi o di rafforzare la loro presenza a
Catania. In uno studio condotto alla fine degli anni novanta da Schillaci, Di Gesù e Di
Guardo (2001) vengono individuate 23 multinazionali le cui filiali sono collocate nei
pressi del sito catanese di STM (talvolta al suo stesso interno). A queste, inoltre, sempre
sulla base dei risultati di questo studio, si aggiungerebbero oltre 200 fornitori locali. Si
tratta di realtà molto eterogenee tra loro, attive tanto nell’ambito dei servizi generici
(pulizie, sicurezza, mensa, logistica, etc.), quanto nell’ambito dell’hook up e fit up dei
macchinari, manutenzione degli impianti, servizi connessi agli ambienti “puri” (clean
room) tipici della lavorazione di semiconduttori. Si tratta in parte di nuove iniziative
imprenditoriali, in parte di imprese pre-esistenti che grazie alla presenza di STM hanno
vissuto un processo di rapido sviluppo. In ogni caso, i rapporti con il big player hanno
consentito a queste realtà di crescere in termini di fatturato e di addetti. In questo modo,
quindi, il nascente proto-distretto catanese dell’elettronica si alimenterebbe di imprese di
altri settori produttivi, a partire da quello meccanico, generando un impatto occupazionale
secondo un rapporto quasi paritario tra STM e indotto (Baglieri, Leonardi, 2003)74.
74
La letteratura scientifica attorno allo sviluppo di Etna Valley in questa fase è copiosa. Questi studi, oltre a ricostruire i
passaggi fondamentali della rivoluzione degli anni Novanta e le connessioni con il sistema universitario e della ricerca,
da un lato, e le politiche, dall’altro, sottolineano l’esistenza, ma allo stesso tempo la debolezza, di quelle relazioni e di
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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La presenza di STM, l’effervescenza di iniziative esterne e locali da essa generate, avrebbe
avuto un impatto sulle strategie di localizzazione di imprese esterne e di start up di
iniziative imprenditoriali locali non per il loro legame con STM, bensì per sfruttare un
contesto che diventava via via più favorevole75. Catania ha così vissuto una significativa
espansione di esperienze innovative nella produzione di beni e servizi high tech
(Arcidiacono, Avola, in corso di stampa), a partire dall’informatica (IT) e dalle
telecomunicazioni (TLC), con punte d’eccellenza rappresentate, ad esempio, dai centri di
progettazione di multinazionali del calibro di Nokia e IBM. Questa “fertilità territoriale” si
è trasformata quindi in vantaggio competitivo del sistema territoriale, contribuendo ad
alimentare nel tempo il “circolo dell’imprenditorialità” (Schillaci, Virgillito, 2004).
L’onda lunga di questa fase di grande espansione si estende fino alla metà degli anni
duemila: nonostante la grave crisi mondiale del mercato dei semiconduttori del 2001 e
l’accelerazione dei processi di trasformazione di cui si è riferito nel paragrafo precedente,
nel polo catanese si registra una sostanziale tenuta (o crescita comunque più limitata che
negli anni passati) dell’occupazione, e alti e bassi dal punto di vista del fatturato e delle
esportazioni. Sul piano interno al SPT si determina una crisi di leadership, suggellata
dall’abbandono, nel 2005, della guida di STM da parte di Pistorio “per sopraggiunti limiti
di età” e la precedente conclusione dei mandati, rispettivamente, di Rizzarelli e Bianco.
Anche sul piano delle politiche nazionali inizia una fase di rallentamento delle iniziative di
sostegno allo sviluppo, mentre sul versante locale l’importante azione di marketing
territoriale svolta fino a quel momento da InvestiaCatania76 non trova più adeguato
sostegno.
Sono tuttavia anche gli anni in cui matura il progetto di investimento più complesso del
sito catanese di STM: il modulo M6, destinato alla produzione fully automated di memorie
flash di 12 pollici77. Anche se è inopportuno individuare in M6 l’unica causa delle attuali
difficoltà del SPT dell’elettronica catanese, la storia di questo progetto condizionerà le
strategie e le dinamiche recenti del settore dell’elettronica a Catania (Avola, in corso di
stampa).
quei fattori identitari e comunitari tipici delle realtà distrettuali (Schillaci, Di Gesù, Di Guardo, 2001; Caristo, Ciaccio,
2002; Torrisi, 2002; Di Guardo, Schillaci, 2003; Buttà, Schillaci, 2003; Santangelo, 2005).
75
STM avrebbe assunto in questo caso un ruolo di “diffusore di fiducia” (Azzolina, De Luca, 2005, p. 171).
76
Nata nel 1996 su iniziativa del Comune e di altri attori pubblici e privati locali come sportello unico per la promozione
e l’assistenza di nuovi investimenti, InvestiaCatania ha altresì svolto il ruolo di coordinamento del Patto Territoriale per
l’Occupazione Catania Sud. Oggi risulta in corso di dismissione perché ritenuta non strategica.
77
M5 a Catania lavora sugli 8 pollici, mentre nel resto del sito catanese sono operativi moduli sui 6 pollici.
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193
In quel periodo, il mercato delle memorie è in espansione e si prevedono importanti
prospettive di crescita78. Il passaggio ai 12 pollici, inoltre, avrebbe avuto un significativo
impatto sulla capacità produttiva del sito catanese, decretandone il ruolo chiave all’interno
delle strategie della multinazionale italo-francese (STM infatti non ha ancora un sito a 12
pollici). Inoltre, trattandosi di un investimento di quasi due miliardi di euro, sarebbe stata
una nuova importante occasione per il sistema locale nel suo insieme consolidando,
quindi, quei rapporti di collaborazione tra STM e le imprese dell’indotto, esterne ed
interne all’area. La realizzazione del sito parte nel 2001 e fino al 2006 l’azienda investe
circa 300 milioni di euro, per i quali ottiene un credito d’imposta del 26%: vengono
realizzati l’area uffici, la parte di fabbricati da dedicare all’attività più strettamente
manifatturiera, tutta la parte di impiantistica legata alle facilities con una centrale di
trigenerazione che serve per rendere lo stabilimento in parte autonomo per la produzione
di acqua calda, acqua fredda, gas ed energia elettrica. Inoltre, un centinaio di lavoratori di
STM Catania iniziano a lavorare al progetto M6 per dedicarsi allo start up. Non era stata,
invece, realizzatala parte dell’investimento più specifica dei semiconduttori che riguarda le
clean room. Il progetto però inizia a rallentare nel 2006, anno in cui non potendo più
utilizzare il credito d’imposta per incompatibilità con i regimi d’aiuto comunitari viene
siglato un contratto di programma che integra e sostituisce le agevolazioni precedenti: a
fronte di un investimento previsto di 1.700 milioni di euro, l’azienda otterrà alla fine un
finanziamento pubblico di 446 milioni. Ma il progetto è ormai in fase di stallo. Il mercato
delle memorie crolla e l’investimento inizia a diventare insostenibile79.
In questo scenario, STM ha avviato un complicato processo di exit, prima, e di
riconversione, poi, del progetto M6 che ha comportato anche una ridefinizione dei
finanziamenti ottenuti dal contratto di programma del 2006 e non utilizzati. Nel 2007 STM
effettua una cessione di ramo d’azienda che vede il passaggio ad una Newco del Flash
Memories Group, cui vengono conferiti la parte già realizzata di M6 e il personale della
divisione, che solo a Catania conta circa 550 dipendenti (cui si aggiungono gli addetti del
gruppo operanti ad Agrate, Arzano e Palermo). Si tratta di un passaggio intermedio che
sarà completato con la creazione di Numonyx (società costituita da STM insieme a Intel e
78
Si tratta di componenti per la conservazione delle informazioni anche in assenza di alimentazione che hanno una vasta
applicazione, dall’automotive ai beni di largo consumo.
79
Quando si parla di crollo del mercato delle memorie non si fa riferimento esclusivamente ad un calo della domanda.
L’affollamento di competitors sullo scenario internazionale ha infatti anche contribuito ad abbattere i margini di profitto
e alcune aziende che avevano investito sullo sviluppo di tali tecnologie hanno intrapreso processi di cessione di rami
d’azienda a favore di altri soggetti più specializzati che potevano contare su maggiori economie di scala.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
194
Francisco Partners) che acquisisce le attività della Newco. Completato il passaggio nel
2008, ben presto anche la nuova realtà deve fare i conti con l’instabilità del mercato delle
memorie e diviene evidente che il completamento dell’investimento sarebbe stato
problematico nonostante il contratto di programma.
A questo punto, il modulo M6 diventerà nel 2010 la casa condivisa di due nuove realtà.
Numonyx, di fatto, non avvierà mai le proprie attività produttive in M6 e cederà il proprio
pacchetto (e la parte dello stabilimento occupato per attività di R&S) a Micron
Technology, azienda americana leader del settore memorie80. Micron rileva da Numonyx
tutta la divisione memorie (oltre a quella presente nel sito di Catania, acquisisce anche
quelli di Agrate e Arzano). A Catania ciò significa 350 addetti in attività di progettazione e
un laboratorio di analisi e di misura (nel contempo gli altri dipendenti di Numonyx
tornano in STM). Inoltre, il secondo attore che interviene nella ridefinizione
dell’operazione M6 è la 3Sun, nata da una joint venture del 2010 tra STM, Enel Green
Power e Sharp per la produzione di moduli fotovoltaici a film sottile e che diventa
operativa dalla fine del 2011 e attualmente conta poco meno di 300 dipendenti.
Una vicenda complessa, quindi, che ha in parte irrigidito le relazioni tra azienda e contesto
(mondo politico, organizzazioni sindacali, partner locali e non), ma che di certo non
esaurisce le problematiche vissute da STM nella sua storia recente a Catania. Il caso in
questione evidenzia altresì le difficoltà di ricondurre gli esiti degli investimenti produttivi
in settori ad alta tecnologia esclusivamente alla bontà dei progetti originari, essendo
fortemente dipendenti tanto dall’evoluzione del mercato dei beni di largo consumo cui
sono destinati (in rapidissimo mutamento), quanto dalle dinamiche competitive
internazionali che negli anni recenti sono state interessate dall’emergere di nuove realtà
produttive e da processi di specializzazione che hanno ridefinito gli equilibri globali.
In definitiva, se da un lato occorre ribadire che il mancato completamento del progetto
originario e i vari passaggi societari non hanno condotto ad alcun licenziamento81,
dall’altro è pur vero che le previsioni in termini di occupazione aggiuntiva prevista
dall’investimento originario sono svaniti82, così come la prospettiva che il sito catanese di
80
Micron Technology è già presente in Italia con un proprio stabilimento localizzato ad Avezzano (L’Aquila). Anche in
quel caso, l’arrivo di Micron (1998) è avvenuto in seguito alla cessione delle attività di un’altra multinazionale, la Texas
Instruments, il cui insediamento in Italia aveva usufruito di un cospicuo contratto di programma nel 1989.
81
Nel 2005 STM contava a Catania 4667 addetti. Allo stato attuale i dipendenti sono scesi a 3953, cui vanno aggiunti i
350 transitati a Micron e 37 transitati a 3Sun (che in totale tuttavia conta 285 dipendenti). Il saldo negativo è di fatto
costituito da pensionamenti e dimissioni volontarie.
82
Nel contratto di programma originario del 2006 era previsto un ritorno in termini occupazionali di 1150 ULA, di cui
500 nuovi occupati e 650 salvaguardati.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
195
STM rafforzasse la sua posizione strategica all’interno del gruppo. Il mancato
completamento dell’investimento ha deluso anche le aspettative di chi ne individuava una
nuova opportunità di consolidamento dell’indotto, come in passato era avvenuto con M5.
Da questo punto di vista, infatti, la mancanza di investimenti limita il ricorso a tutte quelle
attività che sono strettamente connesse: la realizzazione di un nuovo impianto significa
nuove attrezzature, hook up e fit up, contratti di manutenzione, etc. Si tratta di attività che
quindi fisiologicamente calano o che quando possibile vengono internalizzate.
Tuttavia, lo scenario attuale è stato reso problematico anche dalla crisi internazionale del
biennio 2008-2009 nei confronti della quale STM non è certo immune. Sul fronte interno,
l’azienda si vede costretta a ricorrere nel 2009 e poi nel 2011, per la prima volta dagli anni
Ottanta, alla cassa integrazione. Si tratta di una cassa integrazione “light” (9 giorni in un
trimestre per 2200 lavoratori) rispetto a quanto avvenuto in altri settori e in altri contesti,
ma che certamente ha destato qualche preoccupazione. Sul fronte esterno, invece, si deve
segnalare la stretta sull’indotto che riguarda tanto il volume delle commesse, quanto i
contenuti economici degli accordi, come lo stesso management dell’azienda evidenzia:
Se devi affrontare la crisi con una politica di riduzione dei costi, questo ha
un impatto a 360°, di riduzione verso l’interno e verso l’esterno. Gli
investimenti continuano ma non con una logica incrementarle come era
invece prima. Questo significa che pur mantenendo un rapporto etico con le
aziende esterne, che è fondamentale per STM, cerchi di trovare una
soluzione di ottimizzazione dei costi. Prima, quando le cose andavano alla
grande, questo non c’era. Comunque è vero, le commesse sono diminuite.
Cosa avviene nelle aziende dell’indotto? Se STM si prende dei tempi un po’
più comodi per pagare i fornitori esterni, invece che a 30 giorni a 60 giorni,
il fornitore che nel tempo grazie al rapporto con STM ha consolidato la sua
situazione finanziaria riesce a reggere questi cambiamenti, quelli deboli
finanziariamente si indeboliscono e questo è dovuto al fatto che non erano
riusciti a raggiungere quella solidità, quella massa critica, per poter
resistere [Intervista STM].
L’indotto ha subito una drastica riduzione, anche di personale, dovuta alla
strategia di contenimento dei costi di STM. In particolare, i servizi di
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
196
pulizie, vigilanza, servizi mensa. La SAT [Società Automazione e
Tranciatura83] è un’azienda che ha chiuso e che lavorava pesantemente con
STM sulle frame dei package (la scatola che contiene i chip). SAT è arrivata
ad oltre 200 dipendenti; è stata in cassa integrazione fino a sei mesi fa. In
questo periodo, mentre STM ha mantenuto la sua dimensione in termini di
addetti, ha molto ridotto il ricorso all’esterno, l’indotto è crollato. Si sono
ridotti i volumi domandati di tutti i servizi (pulizie, vigilanza, mensa,ecc.)
[Intervista Fim-Cisl].
Si tratta, comunque, di esiti selettivi e differenziati, che proveremo con qualche
esemplificazione a esplicitare in modo più approfondito nel paragrafo 4. In sintesi, qui
possiamo in ogni caso affermare che le relazioni di collaborazione e subfornitura tra STM
e imprese dell’indotto ci sono ancora, sono cospicue e continuano a generare un impatto
occupazionale significativo. Le aziende fornitrici in maggiore difficoltà sono certamente
quelle più piccole e soprattutto quelle “monocommittenti” di STM o quasi. Le aziende di
maggiori dimensioni o quelle che comunque hanno maggiormente diversificato le proprie
attività operando in altri contesti e/o settori riescono ad affrontare meglio questa fase.
In definitiva, in questo momento si possono dare due interpretazioni sullo stato di salute e
le prospettive future dell’Etna Valley e che sintetizzano altresì due diversi stati d’animo
che sembrano convivere tra gli stakeholder locali.
Da un lato, nonostante la crisi internazionale e le vicissitudini locali degli anni recenti il
SPT dell’elettronica catanese sembra continuare a resistere (infra paragrafo 3). L’area
continuerebbe ad essere attrattiva ed anzi l’arrivo di Micron, la nascita di 3Sun, il
consolidamento di imprese come Meridionale Impianti ridimensionerebbero quello che
storicamente è stato individuato come un limite dell’Etna Vally, di essere cioè troppo
“STM-centrico”. Le due nuove realtà hanno certamente dimensioni e impatto più ridotti
rispetto ad STM ma potrebbero rappresentare due tasselli importanti nelle prospettive di
sviluppo future. Micron come alternativa tutta interna nell’ambito della produzione di
microcomponenti elettronici, 3Sun come primo parziale esperimento di diversificazione
delle specificità produttive del polo dell’elettronica o di un suo riposizionamento
strategico (Schillaci, Leonardi, 2010); Meridionale Impianti come esempio di impresa a
radicamento locale in continua espansione (ha sedi oltre che a Catania, a Milano, Roma, in
83
Si tratta di un’azienda diversa dalla SAT (Siciliana Articoli Tecnici) di cui si parlerà più avanti.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
197
Francia, Marocco, Singapore, Stati uniti e Cina, con oltre 400 addetti worldwide),
specializzata nell’impiantistica industriale high tech e nella produzione di prodotti e
servizi nei settori industriali della microelettronica, del farmaceutico, delle fibre ottiche,
oltre che nel settore energia.
Dall’altro lato, invece, le turbolenze recenti e la configurazione attuale di Etna Valley
alimenterebbero dei forti dubbi sulla sua capacità di competere sullo scenario
internazionale e continuare a giocare un ruolo di primo piano come principale volano di
sviluppo del contesto locale. Chi sostiene questa posizione evidenzia come le imprese che
durante la fase dell’effervescenza di Etna Valley avevano avviato progetti di investimento
nell’area si siano ritirate o ne abbiano ridotto la portata (Nokia, Magneti Marelli, IBM,
ecc.); argomenta che STM Catania abbia esaurito la sua fase d’oro (anche a causa
dell’uscita di scena di Pistorio) e non abbia nuovi progetti di investimento che possano far
sperare in una ripresa della sua capacità di assorbimento della forza lavoro e di
catalizzatore dello sviluppo locale. Quanto ai nuovi arrivati, invece, Micron
rappresenterebbe un rischio, perché opera in un mercato, quello delle memorie, molto
volatile, ma soprattutto perché non è radicata nel territorio e non ha progetti manifatturieri,
condizioni che potrebbero indurla ad abbandonare Catania alle prime difficoltà:
Ma Micron Catania cos’è? Nulla, più o meno. Non ha sviluppo, non ha
strategia, non ha visione, non ha contatto con la città [Intervista
Apindustrie].
[sulla presenza di Micron a Catania] Però resta un problema. In una visione
finanziaria e non più manifatturiera, nel caso in cui dovesse crollare il
mercato e si dovesse utilizzare una logica di tagli è chiaro che una
corporation va a tagliare laddove perde meno o laddove non ha investimenti
grossi o non abbia un impatto molto forte sul territorio. A Catania noi
siamo 350 persone e finora gli investimenti dell’azienda sono 350 scrivanie
e un laboratorio. Oggi c’è e domani puoi fare lo switch off e non c’è più e
alternative da questo punto di vista non ne vedremmo [Intervista FiomCgil].
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Poi c’è 3Sun verso la quale le maggiori diffidenze sono legate ai contenuti tecnologici del
progetto e alla sua capacità competitiva. Restando così com’è oggi per alcuni sarebbe una
semplice fabbrica di pannelli fotovoltaici, il cui impatto sull’economia e sul mercato del
lavoro locale, così come sul piano dell’alimentazione del sapere, non potrà mai
rappresentare un’alternativa a STM. Inoltre, opererebbe in un mercato in cui la
competizione internazionale la vedrebbe soccombere di fronte ai produttori a basso costo
in primo luogo cinesi.
3. Analisi delle principali variabili economiche
E’ già stato descritto come la crisi internazionale degli ultimi e la ricombinazione della
catena del valore del settore elettronico abbiano avuto un riflesso negativo su STM e, a
cascata, sul sistema produttivo dell’elettronica catanese. Per quanto lo stabilimento STM
di Catania non si stato interessato da piani di licenziamento massicci, negli ultimi anni si
sono infatti manifestati segnali di contenimento delle attività come l’uso, ancorché
selettivo, della cassa integrazione e la riduzione significativa delle commesse esterne ai
subfornitori locali.
La crisi o, secondo alcuni commentatori locali, la fine di Etna Valley, deve però essere
ridimensionata e ricondotta all’interno di uno scenario di mutamenti ben più ampio
(Avola, in corso di stampa). Nel corso degli ultimi trent’anni, infatti, il settore
dell’elettronica italiano ha subito profondi cambiamenti84. L’effetto combinato di
globalizzazione economica, di scelte industriali non all’altezza del cambiamento
tecnologico e della mutazione della domanda hanno, infatti, portato a una forte
contrazione nel numero degli occupati. All’inizio degli anni Ottanta, in Italia il settore
contava circa 520 mila addetti mentre nel 2009 il numero di occupati era sceso a circa 285
mila unità (-45,2%). A livello italiano, tale emorragia è stata forte e costante fino al 2000 e
si è accentuata ulteriormente nel decennio successivo. La contrazione non ha però
riguardato tutte le città italiane allo stesso modo. Nell’ultimo trentennio, le tre capitali
italiane dell’elettronica (Milano, Torino e Roma) hanno perso, in media, il 69% dei propri
addetti al settore mentre, tra le altre 23 città che nel 1981 contavano almeno 3.000 addetti,
84
Per elettronica qui si fa riferimento alla “fabbricazione di computer, apparecchi elettronici e ottici” (Cod. Ateco 2007
C26) e alla “fabbricazione di apparecchi elettrici” (Cod. Ateco 2007 C27). I dati precedenti al 2007 sono riferiti al
settore Ateco 2002 DL “Fabbricazione di macchine elettriche, apparecchiature elettriche, elettroniche e ottiche”.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
199
la decrescita media è stata più contenuta, anche se altrettanto intensa (46,2%). Tra queste,
soltanto due hanno manifestato un trend positivo: si tratta di Pordenone (+1.817 addetti,
ovvero +56,6%) e Catania (+482 addetti, +10,5%). Come nelle altre città, anche in questi
ultimi due casi la crescita degli addetti è avvenuta prevalentemente negli anni Novanta
(periodo in cui Catania registra l’incremento più elevato tra i principali sistemi produttivi
dell’elettronica), con una stabilizzazione dell’occupazione nel decennio successivo.
Il numero degli addetti catanesi all’elettronica era già elevato nel 1981, ma in virtù della
crescita vissuta fino alla metà degli anni Duemila, il settore ha notoriamente acquistato
una sempre maggiore rilevanza nell’economia locale. Dal 2006, l’elettronica catanese
inizia però a manifestare segnali di progressivo indebolimento che sono ben rappresentati
dalla contrazione nel numero degli addetti alle imprese che, nel triennio 2007-2009, ha
riguardato 300 unità di personale (-5,7%). La diminuzione nel numero degli addetti non
deve tuttavia portare a giudicare in maniera affrettata la performance economica della città
etnea. Se confrontiamo quanto succede a Catania con le dinamiche occupazionali delle
altre città italiane con un elevato numero di addetti all’elettronica, possiamo infatti notare
che nella città etnea la perdita di addetti è inferiore a quella che si verifica altrove (con
l’unica eccezione di Bologna) (Tab. 1).
Tab. 1 - Addetti alle unità locali nel settore dell’elettronica (Sistemi locali del lavoro, Ateco 2007 C26 e
C27)
2007
2009
Var %
2007-2009
Milano
42.021
37.770
-10,12
Torino
13.781
12.605
-8,54
Bergamo
11.122
9.582
-13,84
Roma
9.750
9.044
-7,24
Bologna
7.980
7.711
-3,37
Napoli
4.872
5.629
15,53
Padova
5.679
5.280
-7,02
Firenze
5.905
5.179
-12,30
Catania
5.390
5.082
-5,71
Pordenone
6.079
4.916
-19,13
33.584
29.776
-11,34
314.949
285.116
-9,47
Mezzogiorno
Italia
Fonte: Istat-Asia
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
200
I dati sul valore delle esportazioni di “componenti elettronici e schede elettroniche” (la
prima delle merci esportate a Catania) possono aiutare a comprendere meglio l’andamento
recente del settore dei micro-processori. L’export catanese ha avuto un primo picco nel
2000 per poi assestarsi su livelli più bassi tra il 2001 e il 2004. Dal 2004 in poi le
esportazioni sono andate via via calando, specialmente tra il 2006 e il 2009. Sembra
pertanto che la crisi economico-finanziaria abbia accelerato un riassetto strutturale già
precedentemente avviato. D’altra parte, il valore delle esportazioni registrato nel 2011
sembra indicare una possibile ripresa del settore, anche se a livelli ancora inferiori rispetto
al 2006 (Fig. 3).
Si deve pertanto ribadire che la crisi catanese è specchio della crisi italiana del settore e,
soprattutto, che il sistema dell’elettroinica etneo si configura come una delle realtà
produttive italiane che meglio hanno tenuto il passo con i cambiamenti nella
distriubuizione geografica della catena globale del valore .
Fig. 3 - Esportazioni di componenti e schede elettroniche 1998-2011 (province, prezzi costanti, milioni
di euro 2011)
Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat-Coeweb
La valutazione sulla competitività del sistema appare più ottimistica se si prende in
considerazione anche l’andamento di altri settori tecnologicamente avanzati. Nei settori
caratterizzati da minori barriere all’ingresso, come l’IT e le Telecomunicazioni, si nota
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
201
una certa vivacità imprenditoriale meno dipendente dall’intervento esterno di grandi
multinazionali ma più legata all’impegno di giovani imprenditori altamente qualificati
formatisi nell’Università locale (Arcidiacono, Avola, in corso di stampa). Tra il 2007 e il
2009, gli addetti catanesi alle unità locali riconducibili all’ICT85 sono infatti cresciuti del
+24,8%, passando dal 2,1% al 2,6% del totale degli occupati del sistema locale del lavoro.
Si tratta di un balzo ragguardevole, che risalta ulteriormente se confrontato con
l’andamento nazionale degli addetti al settore che, nel triennio considerato, fa registrate un
aumentato del 6,4%.
Altri due settori dell’alta tecnologia che hanno manifestato una crescita consistente,
almeno per valore delle merci esportate, sono gli “articoli farmaceutici, chimicomedicinali e botanici” (Ateco C20 e C21) e gli “attrezzi e le apparecchiature per la
fotografia, l’ottica e gli orologi “ (CTCI 88). Nel primo settore la quota catanese di
esportazioni sul totale nazionale è passata dal 1,2% nel 2000 all’1,8% nel 2007, per poi
subire un drastica riduzione in seguito alla crisi economica (Fig. 4).
Fig. 4 – Esportazioni di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, 2000-2011 (Catania,
prezzi costanti, 2000=100)
Al contrario, il meno robusto settore degli strumenti di precisione – tra cui anche quelli
medicali tipicamente prodotti da un’importante impresa catanese, la Sifi – fa registrare una
crescita delle esportazioni perdurante. Tra il 2006 e il 2011 le esportazioni sono infatti
aumentate del 161%, a fronte di una crescita nazionale che si è attestata attorno al 5,3%86.
85
Ci riferiamo ai settori con i seguenti codici Ateco 2007: J61 “Telecomunicazioni”, J62 “Produzione software,
consulenza informatica e attività connesse”, e J63 “Attività dei servizi di informazione e altri servizi informatici”.
86
Tale crescita ha fatto sì che la quota nazionale di esportazioni di queste apparecchiature passasse dallo 0,3% del 2006
allo 0,8% del 2011.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
202
4. Le realtà imprenditoriali
Come ampiamente sottolineato in premessa e nel paragrafo 2 il SPT dell’elettronica
catanese non coinvolge esclusivamente realtà operanti in questo settore in senso stretto.
Allo stesso modo, moltissime delle piccole unità locali del SLL che secondo le codifiche
Istat operano nell’ambito della “fabbricazione di computer, apparecchi elettronici ed
ottici” non hanno nulla a che vedere con Etna Valley. Pur non essendo in grado in questa
sede di ricostruire esaustivamente le realtà produttive che da monte a valle possono essere
ricomprese nel SPT in questione, in questo paragrafo cercheremo di rappresentare
sinteticamente una tipologia di attori facendo riferimento altresì ad alcuni profili
esemplificativi dei diversi tipi che abbiamo incontrato nel corso delle interviste realizzate.
a) Il big player storico – STM
Sulla storia della localizzazione di STM a Catania si è già ampiamente trattato nel
paragrafo 2. Sul piano del profilo aziendale in senso più ampio, possiamo ricordare che la
multinazionale italo-francese è la più importante impresa europea di semiconduttori e con
quasi 10 milioni di dollari di fatturato nel 2011 si attesta al settimo posto mondiale87. Con i
suoi 12 siti produttivi, decine di centri di progettazione e uffici vendite è presente in tutto
il mondo occupando circa 50.000 addetti, 12.000 dei quali attivi in attività di R&S. La
presenza più consistente è in Asia (Cina e Singapore in particolare) con 24.000 dipendenti,
ma il quartier generale e siti più strategici sono certamente in Francia (Crolles, Rousset e
Tours) e in Italia (Agrate Brianza e Catania), che occupano rispettivamente 11.000 e 8.500
dipendenti (in totale in Europa la presenza ammonta a circa 22.000 addetti). Importante
anche la presenza a Malta e in Marocco (4.500 addetti) e negli Stati Uniti (1.500).
Nell’ambito della produzione di componenti microelettronici, STM è attiva su un’ampia
gamma di prodotti che si distribuiscono tra strumenti per la comunicazione (27%),
automotive (18%), computer e periferiche (14%), elettronica di consumo (10%),
strumentistica e apparecchiature per l’industria (9%) cui si aggiungono componenti vari
che rientrano nella categoria “distribution” (23%). Rispetto alla distribuzione del mercato
87
Per lungo tempo è rimasta tra le prime cinque (dopo Intel, Samsung, Toshiba e Texas Instruments), ma anche in
ragione delle fusioni, acquisizioni, cessioni di ramo d’azienda, ecc. che hanno coinvolto negli ultimi anni molte aziende
del settore (compresa la stessa STM con il passaggio Numonyx-Micron) è stata scavalcata di recente da Renesas e
Qualcomm.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
203
mondiale spicca certamente il ruolo di primo piano nei dispositivi dell’ambito degli
strumenti per la comunicazione (in cui di fatto STM occupa la terza posizione mondiale ed
è leader sui MEMS) e automotive (leader in Cina e terza al mondo).
Con i suoi 3.953 addetti, dei quali circa 1.000 attivi in attività di R&S, attività produttive
su piattaforme a 6 e 8 pollici, relazioni ramificate con i centri di ricerca locali, il sito
catanese riveste certamente un ruolo di primo piano nell’orbita STM.
b) Il nuovo “competitor” - Micron
Come ricordato in precedenza la statunitense Micron Technology Inc. arriva a Catania nel
2010 con la cessione di Numonyx. Nono produttore mondiale di semiconduttori, dopo
Samsung è leader mondiale nell’ambito delle memorie nel quale opera anche con le
controllate Crucial e Lexar. Con 20.000 dipendenti circa è presente in numerosi paesi e
giunge in Italia nel 1998 rilevando le attività di Texas Instruments ad Avezzano (oggi è
presente anche ad Agrate, Arzano e Padova). Come ricordato in precedenza a Catania
conta 350 dipendenti e un laboratorio di analisi e misura, ma ci arriva nell’ambito di uno
dei molteplici processi di merger che hanno interessato il settore delle memorie a livello
mondiale (la stessa cosa era avvenuta con Texas Instruments ad Avezzano, della quale
Micron aveva acquisito proprio il ramo memorie). Tuttavia, nonostante l’arrivo non sia
frutto di strategie di investimento dirette in senso stretto e inizialmente l’azienda trovi un
clima agitato soprattutto sul piano delle relazioni industriali, emerge chiaramente dalle
parole del site manager intervistato l’apprezzamento per il capitale umano (diplomati e
laureati in ingegneria informatica, elettronica, delle telecomunicazioni, in fisica, in
chimica, in scienze informatiche, gran parte dei quali provengono dall’università di
Catania o da altri atenei del Mezzogiorno), una di quelle risorse tipiche dei distretti hightech.
Il profilo dell’investimento di Micron a Catania è tuttavia completamente diverso rispetto
a quello di STM o a quello del sito di Avezzano della stessa multinazionale statunitense:
Padova, Arzano e Catania non hanno lavorazione diretta di silicio, ma se
volete, lavorano sulla produzione intellettuale o sul controllo, poi, dei
processi perché comunque qui ci sono dei gruppi che tra le altre cose
aiutano le fabbriche dove vengono prodotti i dispositivi di interesse delle
varie business unit; aiutano nel controllo di processo sia dal punto di vista
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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dell’analisi dei dati che dal punto di vista del controllo di qualità. Ci sono
altri gruppi che invece lavorano direttamente con la ricerca e sviluppo
tecnologico ma fanno sostanzialmente analisi sulle caratteristiche di alcune
cose particolari tipo caratteristiche degli ossidi di silicio che vengono
deposti e altro. Poi ci sono altri gruppi che lavorano invece più sul lato del
controllo della supply chain. Abbiamo poi un forte gruppo (circa 50
persone) che lavorano sulla parte di Information Tecnology e anche lì sono
divisi in due parti: persone che collaborano con progetti di tipo
“corporate” che non hanno necessariamente un’implementazione locale e
invece un’altra parte che dà supporto ai siti produttivi [Intervista Micron].
c) “L’esploratore” della riconversione – 3Sun
3Sun nasce originariamente nel 2009 come una società costituita da STM come unico
socio, anche se c’era già l’impegno di Sharp ed Enel Green Power di entrare
nell’azionariato. Tale impegno si concretizza nel luglio 2010 quando viene perfezionata la
joint-venture (paritaria al 33,3%) tra i tre soci. Inaugurata a luglio 2011, avvia la
produzione di pannelli fotovoltaici a film sottile alla fine dello stesso anno. In effetti, STM
si inserisce in un dialogo già avviato tra Enel e Sharp che erano alla ricerca di un sito in
Italia o comunque in Europa dove realizzare un investimento. Catania vince la
concorrenza di altri candidati, sia per la posizione geografica al centro del Mediterraneo,
sia per la presenza di uno stabilimento già pronto e per la possibilità di attivare un
finanziamento pubblico.
La storia di 3Sun, infatti, è strettamente connessa a quella del modulo M6 e del contratto
di programma del 2006. A seguito della complicazione dell’investimento STM/Numonyx,
STM propone al CIPE la suddivisione in due parti del contratto di programma: 3Sun con
STM, Enel e Sharp, manteneva l’impegno a portare avanti l’investimento manifatturiero
accompagnato da un programma di ricerche e sviluppo sempre nel settore del fotovoltaico;
Numonyx manteneva l’impegno di continuare a investire nell’ambito della ricerca e
sviluppo in Sicilia per lo sviluppo di nuovi dispositivi, di nuove memorie. In particolare il
progetto proposto da 3Sun prevedeva la realizzazione di un investimento produttivo per
1GW, da realizzarsi per 480MW in M6 e per il resto in un altro stabilimento da realizzare
sempre a Catania; l’altra parte della proposta riguardava la realizzazione, sempre a
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Catania, di una parte di ricerca e sviluppo che doveva supportare l’ottimizzazione delle
tecnologie fotovoltaiche per garantire ulteriori sviluppi (l’idea degli azionisti, infatti, era di
esplorare campi diversi dalle tecnologie usate da Sharp in modo da garantirsi una certa
autonomia). Tuttavia, dei 446 milioni originariamente destinati al contratto di programma
del 2006 ne furono “racimolati” 49 milioni che potevano finanziare solo una parte
dell’investimento previsto, vale a dire tre linee di produzione da 80MW (per un totale di
240) da realizzarsi in M6: salta metà del progetto di M6 (originariamente 480MW), l’altro
stabilimento da realizzare a Catania per arrivare ad 1 GW e tutta la parte di R&S.
Attualmente 3Sun ha attivato due terzi dell’investimento ovvero ha realizzato due delle tre
linee da 80MW previste. Secondo il contratto di programma la terza linea dovrebbe essere
completata entro il 2012, ma sarà complicato rispettare i tempi previsti perché il mercato è
in un momento difficile, aggredito dai produttori a basso costo cinesi.
Allo stato attuale, 3Sun occupa 285 addetti: 37 sono ex-dipendenti STM e 248 nuovi
occupati (di cui 99 interinali); 194 sono operai, 87 impiegati e 4 dirigenti88. Sul piano
dell’indotto, dall’azienda stimano un impatto più che doppio rispetto all’occupazione
diretta, anche se solo una parte ha un impatto sul piano locale (diversi fornitori di materiali
operano all’estero).
Si tratta di un’azienda giovane che sta ancora attraversando un processo di
“emancipazione” dalle controllanti. La sfida più importante si gioca sul versante della
tecnologia. L’azienda punterebbe molto sulle sinergie che STM e Sharp potrebbero
sviluppare sul piano tecnologico, ognuno per le proprie competenze. In STM è attiva
anche una linea di ricerca sul fotovoltaico e c’è know how soprattutto sull’elettronica di
conversione. Tuttavia, 3Sun non ha ancora la massa critica per poter investire
autonomamente su questi sviluppi e insiste molto sulla necessità di avere risorse dagli
azionisti e finanziamenti pubblici per sviluppare l’attività di ricerca89. Probabilmente
sarebbe l’unico modo per intraprendere un percorso di “autonomizzazione” dalla
dipendenza tecnologica da Sharp, forse il punto più debole della sostenibilità nel lungo
periodo di questo investimento:
88
Sul versante occupazione, il contratto di programma prevedeva un totale di 319 unità, di cui 76 nuove ULA e 243
addetti salvaguardati da STM.
89
Le potenzialità di sviluppo delle energie alternative, connesse anche all’insediamento di 3Sun nel territorio, hanno
probabilmente orientato l’azione del Distretto tecnologico i cui progetti presentati per il nuovo PON riguardano proprio
questo settore. Per approfondimenti si veda il paragrafo 6.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
206
La strategia è quella di sviluppare l’attività di ricerca e sviluppo per
raggiungere quelle economie di scala che ci permetterebbero di produrre a
prezzi competitivi in Sicilia e quindi in Italia. Quindi da un lato accrescere i
volumi di produzione e dall’altro accompagnarla con una road map
tecnologica importante che può essere sostenuta sia attraverso i progressi
che porta Sharp in quanto partner tecnologico, creando però una propria
strategia di ricerca e sviluppo da parte di 3Sun. […] Oggi quindi manca
quell’addizionalità di risorse finanziarie che potrebbe segnare una svolta in
questo processo e portare un’importante massa critica in termini di risorse
finanziarie sul territorio, perché se ci fosse un incentivo pubblico Sharp
sarebbe interessata a mettere anche la sua parte [Intervista 3Sun].
d) La grande azienda esterna dell’indotto
Come ampiamente già descritto da Schillaci, Di Gesù e Di Guardo (2001), per azienda
esterna si fa riferimento ad un’impresa multinazionale specializzata nelle forniture di
attrezzature, materiali, fluidi, realizzazione e manutenzione impianti, ecc. che hanno
stabilito rapporti “idiosincratici” con STM anche presso altri siti produttivi e che in virtù
degli investimenti realizzati negli anni novanta (e in parte per quelli avviati per M6) hanno
collocato le loro attività specifiche a Catania. Nonostante quanto riferito nel paragrafo 2
rispetto al ridimensionamento delle relazioni e in alcuni casi anche della presenza di questi
soggetti, il loro ruolo appare ancora importante sul piano degli effetti occupazionali e del
potenziale attrattivo del SPT catanese. Non è un caso che i due main contractor impegnati
nella realizzazione di 3Sun, Meissner e Air Liquide, fossero partner storici di STM
Catania, già “radicati” nel territorio, come riferisce il responsabile del contratto di
programma 3Sun:
3Sun utilizza due importantissimi fornitori. Uno M+W [ex Meissner] che si
è occupato di tutta la parte impiantistica e realizzativa di questo
stabilimento, quindi tutte le opere murarie e gli impianti per il fotovoltaico.
Loro hanno una sede a Catania e una sede a Milano e utilizzano per la
parte delle opere murarie manodopera locale subappaltandone la
realizzazione a maestranze locali. L’altro contratto importante è quello dei
gas che riguarda Air Liquide, un nostro partner già in STM. Per loro questo
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
207
progetto di investimento rappresenta una grande opportunità di crescita nel
territorio, perché non solo sono interessati dalla fase realizzativa
dell’impiantistica dello stabilimento, ma a seguito della realizzazione degli
impianti hanno ottenuto un contratto per la gestione degli stessi che
significa manodopera permanente. Loro lavorano anche per STM con una
fornitura di gas che arriva direttamente da Priolo e poi con una sede qui
alla zona industriale. Qui in 3Sun sono stati realizzati degli impianti per la
produzione di gas in stabilimento e poi c’è un contratto per la manutenzione
di questi impianti con personale di Air Liquide che sta qui stabilmente su tre
turni. In più c’è tutta la fase di approvvigionamento del gas che serve allo
stabilimento il che significa che per questo suo fornitore questo impianto ha
un grande impatto dal punto di vista occupazionale.
e) – Le realtà locali dell’indotto “emancipate” - Meridionale Impianti
Il processo di sviluppo che ha coinvolto STM a Catania a partire dagli anni novanta ha
rappresentato una grande opportunità di sviluppo anche per alcune realtà imprenditoriali
locali. Non tutte però hanno beneficiato allo stesso modo e/o sono state in grado di
intraprendere percorsi virtuosi di crescita. Un esempio “vincente” è senza dubbio quello di
Meridionale Impianti, nata negli anni ottanta a Catania ed attiva nell’hook up di impianti.
La storia di questa impresa, del suo rapporto con STM e del suo processo di espansione è
efficacemente sintetizzata da alcuni nostri testimoni privilegiati:
Prendiamo il caso di Meridionali Impianti che si occupa della facilitisation
degli impianti, cioè creare le facilities; se a casa per la lavatrice sono
l’acqua, l’energia elettrica e lo scarico, per un’industria di semiconduttori
sono gas, gas speciali, energia elettrica, acqua, ecc. Questo processo si
chiama hook up dell’attrezzatura. Quindi, il produttore ti manda il disegno
e tu devi realizzare tutti i collegamenti alle facilities. Meridionale Impianti
si è specializzata in questo e si è specializzata a Catania. A proposito di ciò
racconto una chicca: le saldature orbitali. I gas ultrapuri che si utilizzano
nella microelettronica e sono molto simili a quelli che si utilizzano nelle
industrie farmaceutiche, sono gas ultrapuri con 0,001 ppm (parti per
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
208
milioni) di impurità consentite. Questo significa che gli impianti devono
essere realizzati con saldature orbitali, cioè quando tu saldi dei tubi non lo
fai come siamo abituati convenzionalmente a fare ma attraverso delle
tecniche che ti permettono che nessuna impurità resti all’interno o possa
entrare. La Meridionale Impianti che iniziò la sua attività qui con M5, non
aveva questo know how, allora si rivolse alla KSI, un’azienda scozzese
leader in questo campo. I tecnici di Meridionale Impianti impararono da
loro e si sono specializzati in quest’ambito. STM commissionò a
Meridionale Impianti; Meridionale Impianti si fece carico dell’appalto e nel
frattempo contattò KSI, li fece arrivare qui, perché era logico che altri siti
gemelli o comunque con le stesse logiche di M5 c’erano oltralpe o oltre
oceano. Però, per fare copy and paste devi mettere in campo delle
competenze altamente qualificate. […] In questo modo Meridionale
Impianti si è fortemente rafforzata e consolidata in questo tipo di attività.
Da quell’esperienza di M5, Meridionale Impianti crea una sorta di galassia
di aziende sue infinite e qualsiasi attrezzatura, dalla macchinetta del caffè
all’impianto di non so cosa, era Meridionale Impianti che installava tutto, a
Catania, così come in Italia, così come in Francia, così come a Singapore.
[…] Nel frattempo Meridionale Impianti è stata brava a formare bene le
persone e ad utilizzarle come ha voluto, attraverso contratti, aziende
diverse. Sono sparsi dappertutto, ma non solo legati a STM, perché nel
frattempo Meridionali Impianti, avendo acquisito il know how, la capacità
di realizzare impianti, è stata contattata da Micron e lavora ad Avezzano
con loro, a Crolles [sede di un sito STM, anche se per la verità sono molti
altri i siti STM che si servono dei servizi di Meridionale Impianti], a Dresda
in Germania per AMD. Hanno lavorato dappertutto e continuano ancora a
lavorare dappertutto, pur se in questo contesto anche loro risentono un po’
della pressione del mercato e della pressione dei Fabless, perché
ovviamente i coreani o le foundries del Far East non si rivolgono a
Meridionale Impianti [Intervista Fiom-Cgil].
Una società come Meridionale Impianti grazie al nuovo investimento [M5]
ha cominciato a rapportarsi con una realtà industriale su scala
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
209
internazionale e ha fatto determinati investimenti per rispondere a quella
che in quel momento era l’esigenza dell’azienda. Se l’imprenditore ha colto
quest’occasione e non si è limitato a ciò che gli veniva chiesto in quel
momento e cercava di capire cosa poteva servire all’azienda, succede quello
che è successo a loro: dal servire il loro cliente a Catania, ora hanno una
loro sede in Francia, una sede in Marocco, una Singapore e non si sono
limitati qui. Ora fanno i pannelli, ora fanno le camere bianche. Loro
all’inizio facevano solo esclusivamente impiantistica: hook up e fit up delle
attrezzature, cioè agganciavano l’attrezzatura produttiva a quelle che erano
le reti di distribuzione delle facilities (acqua, gas, etc.). Hanno ragionato in
un’ottica di investimento. Quelle aziende invece che si sono occupate
soltanto di fare quello che dovevano fare in quel momento e non hanno
avuto una visione prospettica alla fine non aveva più senso che
continuassero il rapporto con la grande azienda una volta che
l’investimento era finito [Intervista STM].
f) Le realtà locali dell’indotto “in crisi” – SAT (Siciliana Articoli Tecnici)
Naturalmente quello di Meridionale Impianti è un caso abbastanza isolato, almeno nelle
proporzioni. Non tutti i numerosi partner locali entrati nell’orbita di STM Catania hanno
avuto la visione prospettica o la capacità di approfittare della presenza e del rapporto con
la grande impresa per avviare processi di specializzazione e allo stesso tempo di
diversificazione dei clienti (e dei rischi). La realtà è fatta di casi molto differenziati tra loro
a seconda del tipo e del grado di specificità dei beni e servizi oggetto della relazione, della
natura della relazione (legata alla realizzazione di nuovi investimenti o a forniture che
alimentano l’ordinario processo produttivo), della loro sostituibilità interna ed esterna. Un
caso particolarmente interessante ed esemplificativo delle realtà locali oggi in crisi che
abbiamo approfondito nel corso delle nostre interviste è quello di SAT (Siciliana Articoli
Tecnici). Avviata nel 1987 da un ex agente nella distribuzione di articoli tecnici
industriali, diventa distributrice nell’ambito dello stesso settore. Tra il 1992 e il 1994 ha la
possibilità di entrare in contatto con STM Catania per una fornitura di attrezzature
americane di cui era distributrice. Intravista l’opportunità l’azienda intraprende un
percorso di specializzazione nella fornitura di prodotti specifici per l’industria dei
semiconduttori. La specificità del servizio, se da un lato assicurava una relazione specifica
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
210
con STM, dall’altro creava una condizione di eccessiva dipendenza dal committente. A
questo punto, come ci racconta il titolare:
Ho fatto un’analisi di benchmarking e ho avuto modo di verificare che
esisteva la possibilità di fare produzione qui a Catania e ho presentato nel
1998 un progetto di finanziamento con la vecchia 488. Questo progetto
prevedeva la costruzione di un sito, quello dove ci troviamo adesso, per la
produzione di componenti meccanici ultra puri ricavati da lavorazione
meccanica per asportazione da truciolo ed estrusione di fluoro polimeri. Le
posso dire che l’idea fu decisamente vincente, perché in quel periodo storico
STM continuava ad investire, il periodo in cui si faceva ancora qualcosa
anche a M5 e gli altri impianti erano tutti in espansione. L’azienda nell’arco
di un anno si ritrovò con 12 dipendenti, mentre prima eravamo in due
persone, io e un collaboratore.
Il processo di crescita continua negli anni successivi ed è legato ad una progressiva
specializzazione nella produzione di componenti all’interno di clean room. L’azienda
continua a crescere incrementando negli anni il fatturato e arrivando nel 2007 ad avere 25
dipendenti, operai e tecnici e qualche laureato nell’area commerciale. I rapporti con STM
infatti si intensificano, ma diventano quasi esclusivi:
STM è stata la molla, ma questo ha avviato un processo di ricerca di altri
clienti all’interno di questo settore o in questo momento si è creato un
legame solo con il sito catanese di STM?
Lei ha toccato una nota dolente. Purtroppo, non si possono servire due
padroni. Lo sforzo che noi abbiamo dovuto fare per passare dal commerciale
alla produzione ha richiesto delle energie e delle risorse umane per cui non
abbiamo avuto più la possibilità di immaginare e abbiamo avuto la difficoltà
di continuare a gestire il contatto con i vecchi clienti. Nel momento in cui fai
una scelta e hai davanti un progetto, un finanziamento, a quel punto devi
raggiungere l’obiettivo. Questa cosa, quindi, ci ha un po’ allontanato da
quello che era il normale iter lavorativo dell’azienda [Intervista SAT].
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
211
A quel punto, il calo di commesse all’inizio della crisi ha esiti disastrosi:
Fino al 2007 abbiamo fatto il massimo del fatturato. Il problema lo abbiamo
subito nel 2008, perché abbiamo avuto un portafoglio ordini fino a tutto il
2007, con qualche commessa rimasta per i primi tre mesi del 2008. Ci siamo
ritrovati nel 2008 con una marea di dipendenti e un portafoglio ordini ormai
quasi vicino allo zero. E lì è stato il dramma! [Intervista SAT].
Dopo pochi anni l’azienda si trova nuovamente con soli due dipendenti ed ha ricominciato
ad attivarsi con grande difficoltà alla ricerca di nuovi clienti. Il know how sviluppato
potrebbe consentire di ricominciare ma il percorso di specializzazione nell’ambito dei
semiconduttori esclude che in assenza di STM si possa operare nel contesto locale o
nazionale: le uniche proposte di collaborazione e le poche commesse recuperate arrivano
infatti dagli Stati Uniti e da Taiwan, ma per una piccola realtà, che tra l’altro sconta il
credit crunch, non è facile proiettarsi su mercati così lontani. Pur non arrendendosi, il
nostro interlocutore non nasconde di pensare in estrema ratio di spostare l’attività e gli
impianti proprio negli USA.
g) Le piccole e medie imprese locali attive
Seppure sia difficile, come si è già detto, ricostruire con precisione l’effettiva consistenza
del tessuto imprenditoriale che opera nel settore dell’elettronica o in stretta connessione
con esso, nel Comune di Catania hanno attualmente sede legale circa un centinaio di
imprese nel solo settore della “fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica,
apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi” (codice C26 Ateco
2007). A queste si aggiungono 24 unità locali di imprese esterne con sede a Catania, di cui
sei operano in modo prevalente in questo settore. Tra queste figurano due imprese nel
comparto di “fabbricazione di componenti elettronici e schede elettroniche” (codice Ateco
26.1), che sono Micron e STM.
Tra le imprese “locali”, ovvero quelle con sede legale nel Comune di Catania, circa un
quinto operano nello stesso comparto di Micron ed STM, mentre un terzo ha come attività
specifica la “fabbricazione di computer e unità periferiche” (codice 26.2 Ateco); un altro
20%
fabbrica
“strumenti
per
irradiazione,
apparecchiature
elettromedicali
ed
elettroterapeutiche” (codice 26.6). Le rimanenti si distribuiscono tra i comparti della
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
212
“fabbricazione di apparecchiature per le telecomunicazioni” (7 imprese); la “fabbricazione
di strumenti ottici e attrezzature fotografiche” (9 imprese); la “fabbricazione di strumenti e
apparecchi di misurazione” (8 imprese). Tra le unità locali di imprese esterne, ve ne sono
tre, oltre le due note già citate, che hanno dichiarato come settore prevalente quello della
“fabbricazione di computer”, e una che opera nella “fabbricazione di apparecchiature per
le telecomunicazioni”; le rimanenti 18 imprese indicano il settore dell’elettronica come
secondario (Fig. 5). Si noti che questi dati sottostimano la consistenza del SPT perché
considerano solo le imprese attive che operano nel territorio del Comune di Catania: un
insieme di altre imprese connesse con tale sistema potrebbe avere sede in comuni limitrofi
e non rientrare nelle statistiche presentate. In maniera approssimata, possiamo dire che per
ogni unità locale di impresa esterna vi sono a Catania quattro imprese locali nel settore
della fabbricazione dei computer e di prodotti dell’elettronica.
Fig. 5 - Imprese attive con sede nel comune di Catania per comparto - Settore della fabbricazione di
componenti elettronici e schede elettroniche (Ateco C26)
Fonte: Infocamere
Sarebbe, tuttavia, fuorviante circoscrivere il sistema produttivo dell’elettronica di Catania
unicamente a questo settore: un insieme di imprese che opera in settori diversi sia del
manifatturiero (come ad esempio alcune produzioni meccaniche o elettriche) che dei
servizi (come il settore delle telecomunicazioni e quello della produzione di software e
consulenza informatica) sono parte integrante di questo sistema produttivo. Per una
valutazione più esaustiva, seppure imprecisa, abbiamo considerato, relativamente alla
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
213
manifattura, anche il settore della “fabbricazione di apparecchiature elettriche ed
apparecchiature per uso domestico non elettriche” (codice C27 Ateco 2007), dove sono
attive nel comune di Catania 85 imprese “locali” e 16 unità locali di imprese esterne, di cui
7 che operano in questo settore come prevalente. Tra le imprese “locali” un numero più
consistente (30) si concentra nel comparto della “fabbricazione di motori, generatori e
trasformatori elettrici” (codice 27.1); 20 nella “fabbricazione di altre apparecchiature
elettriche” (codice 27.9); 19 imprese sono attive in quello della “fabbricazione di
apparecchiature per l’illuminazione” (codice 27.4) e 12 nel comparto di “fabbricazione di
cablaggi a apparecchiature di cablaggio” (codice 27.3), (Fig. 6).
Fig. 6 - Imprese attive nel comune di Catania per comparto - Settore fabbricazione di apparecchiature
elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche
Fonte: Infocamere
Tra le attività di servizio ve ne sono due che sono maggiormente affini al settore
dell’elettronica, ovvero le “telecomunicazioni” (codice Ateco 61) e, in misura maggiore, la
“produzione di software, consulenza informatica e attività connesse” (codice 62). Nel
primo settore operano 147 imprese locali, ma soltanto 6 nelle telecomunicazioni fisse e 1
in quelle mobili, mentre la grandissima parte (140 imprese) operano nelle “altre attività di
comunicazione”, di cui oltre la metà sono “posto telefonico pubblico ed internet point”
(codice 61902). A queste si aggiungono 22 imprese esterne.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
214
Nel settore della produzione di software, consulenza informatica e attività connesse
operano 347 imprese “locali” e 60 unità locali di imprese “esterne”. Tra le imprese locali,
36 sono attive nella classe della “consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica”
e 86 alla classe “altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell’informatica”; la gran
parte (265 imprese) appartiene, tuttavia, alla classe della “produzione di software non
connesso all’edizione”.
5. Le relazioni tra imprese, università e centri di ricerca e l’importanza del capitale
umano
Tra i principali vantaggi competitivi per l’elettronica catanese si deve sicuramente
annoverare la presenza nel sistema produttivo di un insieme di università e centri di ricerca
pubblici. Oltre ad ospitare l’Università, Catania è sede prestigiosa del Consiglio Nazionale
delle Ricerche e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il CNR è rappresentato
dall’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi (IMM), nonché da altre sei sue
sezioni, tra cui quella di Chimica e Tecnologia dei Polimeri, quella di Chimica
biomolecolare e quella di Biostrutture e Bioimmagini. L’INFN ha invece dislocato nella
città etnea i suoi Laboratori Nazionali del Sud.
Nel complesso, i ricercatori e i docenti incardinati nell’Università sono oggi 1433, di cui
oltre il 66% afferisce a discipline tecnico-scientifiche. Il CNR può invece contare su un
personale di 83 unità tra ricercatori e tecnologi. Questi numeri rendono Catania
l’undicesima città in Italia, e la quarta nel Mezzogiorno, per numero di ricercatori90.
Tale densità di istituzioni di ricerca genera esternalità positive per il sistema produttivo sia
in termini di risorse umane qualificate che di competenze scientifiche utili al processo
innovativo delle imprese.
Sul primo versante, i laureati dell’Università di Catania in materie ingegneristiche,
chimiche e fisiche sono stati per lunghi anni contesi dalle imprese locali e, in particolare,
da STM. Nella fase di maggiore sviluppo di Etna Valley, la domanda di lavoro qualificato
era tanto superiore all’offerta che STM fu costretta a stringere nuove relazioni con altre
90
Per un esercizio di benchmark sulla dotazione di conoscenze scientifiche nelle città italiane, in cui oltre alla quantità
dei ricercatori si stima anche la qualità della ricerca, si veda Casavola e Trigilia (in corso di stampa).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
215
università del Mezzogiorno (Palermo, Napoli e Lecce) pur di trovare laureati in ingegneria
elettronica:
Nella fase di massima espansione di STM ci furono delle difficoltà nel
reperire laureati in ingegneria elettronica e, per coprire il nostro
fabbisogno, per cogliere altri bacini di laureati in quel periodo nacquero
anche collaborazioni con le sedi Palermo e Napoli [Intervista 3Sun].
La consistente capacità di matching tra domanda e offerta di lavoro tra gli ingegneri è
segnalata anche dalle rilevazioni di Almalaurea: nel 1998 il 57,9% dei laureati in
ingegneria risultava occupato entro un anno dalla laurea, mentre il 90,2% riusciva a
trovare lavoro entro l’anno successivo. La loro occupabilità è cresciuta fino alla crisi
economica, dopo la quale il tempo di ricerca della prima occupazione si è allungato, basti
pensare che solo il 37,1% dei laureati del 2008 si era inserito nel mercato del lavoro l’anno
successivo. La domanda di lavoro per i laureati in discipline fisiche e chimiche è invece
più ridotta e dà vita ad una maggiore mobilità extraregionale.
La relazione tra il sistema produttivo e le risorse umane formate nell’Università locale è
tanto stretta da condizionare l’andamento delle immatricolazioni alla Facoltà di
Ingegneria. Al decollo del settore microelettronico negli anni Novanta è corrisposto un
aumento repentino delle immatricolazioni ai corsi di elettronica e di informatica della
Facoltà di Ingegneria (Azzolina De Luca 2005). Nel decennio successivo, invece, le
iscrizioni si sono stabilizzate e, al contempo, diversificate. Per quanto il numero degli
immatricolati sia oscillato in maniera piuttosto elastica rispetto al ciclo produttivo, esso
non è mai sceso al di sotto dei mille aspiranti ingegneri l’anno. D’altra parte, la
progressiva diversificazione della domanda ha ridotto il peso del percorso formativo in
“elettronica” a vantaggio di altri corsi di laurea formativi, come quello “informatico”91.
Recentemente si è invece assistito a una drastica riduzione del numero di iscritti alla
Facoltà di Ingegneria (-35,7%) perfino superiore alla più generale e preoccupante
contrazione degli iscritti all’Ateneo catanese (-25,9%) (Fig. 7).
91
Se nel 1998 la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania laureava prevalentemente ingegneri civili (45,1%) ed
elettronici (33,3%), nel 2009 la quota dei secondi è scesa all’11,6% del totale dei laureati ed è stata superata sia dai
laureati in ingegneria informatica (21,5%) che da quelli in ingegneria gestionale (18,7%). Ancora più significativo
appare il calo degli immatricolati e dei laureati al corso biennale di secondo livello in Ingegneria elettronica che
attualmente è sotto i limiti minimi e rischia di essere soppresso.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
216
Fig. 7 - Immatricolati alle Facoltà di Ingegneria e di Scienze Matematiche, Fisiche e Nucleari (asse
principale) e all’Università di Catania (asse secondario). Anni accademici 1998/1999 – 2011/2012.
Fonte: Miur
In ogni caso, dalle interviste effettuate risulta che il capitale umano continua a costituire
un punto di forza del sistema produttivo catanese e una risorsa per i suoi adattamenti
futuri. Tra le criticità, si è riscontrata una recente difficoltà da parte delle imprese nello
stabilire convenzioni per stage e tirocini con l’Università. Ciò non deve tuttavia far
pensare che l’Ateneo etneo non sia attivo su questo versante: infatti, anche se dal 2006 ad
oggi il numero degli stage e dei tirocini formativi di universitari catanesi sono diminuiti
del 26%, quasi un laureato su due svolge o ha svolto un tirocinio o uno stage presso
imprese o studi professionali locali.
Il secondo tipo di economie esterne connesse alla ricerca pubblica riguarda le
collaborazioni scientifiche tra enti di ricerca e industria. Già Di Guardo e Schillaci (2003)
hanno messo in evidenza la progressiva evoluzione e istituzionalizzazione di queste
collaborazioni che, a loro avviso, ha seguito quattro fasi: la fase di “avvio”, che si innesca
fin dagli anni Settanta, si caratterizzava per collaborazioni informali tra imprese e le
Facoltà di Matematica e di Fisica limitate a ricerche sulla fisica e sulla chimica dei
semiconduttori; nella fase della “crescita”, i rapporti si formalizzarono anche pur
rimanendo prevalentemente nella forma di relazioni dirette tra singoli gruppi di ricerca e
imprese. La terza fase, quella dello “sviluppo”, ha preso corso dalla fine degli anni
Ottanta, e si caratterizzò per la costituzione di organizzazioni intermediarie, composte da
Università, CNR e imprese (prevalentemente STM), che avevano l’obiettivo di svolgere
progetti di ricerca congiunti e di creare facilities di ricerca comuni. E’ in questo periodo
che è stato infatti fondato il Consorzio per la ricerca sulla microelettronica nel
Mezzogiorno (Co.Ri.M.Me.), il Consorzio Catania Ricerche e che, nell’ambito delle loto
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
217
attività, sono stati istituiti due laboratori di ricerca pubblici all’interno di STM (il Suberlab
e l’Imitem).
La quarta fase è quella del “consolidamento” delle relazioni: le collaborazioni si fanno via
via più strette e si moltiplicano, coinvolgendo anche altri centri di ricerca non siciliani.
Allo stesso tempo, sono avviati percorsi di alta formazione per studenti e si infittisce lo
scambio di ricercatori tra enti di ricerca pubblici e imprese92.
Un ruolo centrale in queste collaborazioni è giocato dall’Istituto per la microelettronica e i
micro-sistemi (IMM) del CNR93. La mission dell’IMM è al contempo quella di studiare le
proprietà dei materiali a livello atomico e quella di produrre avanzamenti tecnologici da
trasferire al sistema produttivo. L’effettiva saldatura tra ricerca di base e trasferimento
tecnologico operata all’interno dell’IMM è ben enfatizzata dal direttore dell’Istituto:
Quando organizziamo un’attività di ricerca per noi è fondamentale arrivare
a un prototipo […]. [A Catania] al momento siamo impegnati in un’attività
di ricerca che ha come obiettivo la dimostrazione in concreto delle
proprietà innovative di questo nanomateriale per cui hanno dato
recentemente il premio nobel per la fisica: il grafene. Tanti gruppi di
ricerca le potranno raccontare le proprietà […] di questo materiale, che è il
materiale del futuro. L’obiettivo dell’IMM di Catania è stato sin dall’inizio
quello di affrontare le problematiche della comprensione dei principi base
di funzionamento del materiale […], ma allo stesso tempo di cosa vogliamo
farne, di come possiamo utilizzarlo. Quindi siamo andati molto avanti
rispetto ad altri gruppi a livello europeo nella sintesi del materiale su
substrati di largo diametro. In poche parole, siamo passati da una ricerca
sul cosiddetto “pezzettino” di grafene […] al tentativo di sintetizzare,
peraltro riuscito con successo, film di grafene di ottima qualità e uniformità
di interi wafer che usano come substrato il carburo di silicio, che tra l’altro
è un altro materiale innovativo per la microelettronica. Nei fatti quando poi
siamo andati ad interloquire con ST […] abbiamo mostrato che, in fondo,
92
Il meccanismo di scambio personale assume particolare rilevanza nella misura in cui i ricercatori che rimangono nelle
imprese assumono spesso il ruolo di gatekeeper tra la ricerca pubblica e quella privata. Un esempio di questa figura è
quello di un ex-ricercatore dell’IMM-CNR, oggi influente manager di una delle divisioni di R&S di STM.
93
L’IMM ha le sue sedi principali a Catania, una all’interno di STM e una presso il Dipartimento di Fisica
dell’Università. Sezioni dell’IMM sono presenti anche ad Agrate Brianza, Bologna, Roma, Napoli e Lecce. IMM è uno
dei principali istituti del CNR, almeno per personale impiegato. Nel complesso dispone 241 unità di personale, di cui 61
attive nelle unità catanesi.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
218
presso l’IMM c’è già il materiale pronto per provarci dei dispositivi. Questo
è l’IMM [Intervista IMM].
Gli avanzamenti scientifici di IMM sul grafene succedono a quelli sul carburo di silicio.
Anche in questo caso, lo studio e la prototipizzazione di applicazioni del materiale hanno
preceduto di 5-6 anni la scelta di STM di industrializzare dei dispositivi basati su tale
materiale.
Solo dopo qualche anno siamo riusciti a convincere ST che si trattava di un
filone di ricerca che era maturo e vicino all’applicazione, proprio per il
principio nostro di lavorare con i dimostratori. La cosa coincise con l’avvio
di una forte competizione industriale a livello internazionale su questi
prodotti, in particolare Infine in Germania lanciò un’azione di questo
genere, per cui ST non fece altro che recepire … di saltare sulle nostre
spalle e acquisire posizioni competitive nei confronti di questi colossi di
livello europeo [Intervista IMM].
L’eccellenza dell’IMM e il suo contributo alla competitività del sistema produttivo
catanese è resa possibile da una commistione di finanziamenti pubblici e privati che
permette un continuo ammodernamento della strumentazione di ricerca. In 10 anni, IMM
ha ricevuto finanziamenti per circa 10 milioni di euro, distribuiti tra PON (3,2 milioni),
imprese private (2,7 milioni), progetti europei (2 milioni), Regione Sicilia (1,5 milioni) e
altri progetti Miur (0,5 milioni)94. A questi finanziamenti straordinari si deve poi
aggiungere lo stanziamento ordinario con cui STM sostiene i costi di gestione della clean
room “classe 10” di IMM, unica nel panorama nazionale e strategicamente compatibile
con quella presente in STM.
Se si volesse aggiornare la periodizzazione della collaborazione tra centri di ricerca e
industria proposta da Di Guardo e Schillaci rispetto a quanto avvenuto negli ultimi 10 anni
si dovrebbe probabilmente ricorrere al concetto di “scollamento” del sistema. Ciò non è
però soltanto dovuto alla contrazione delle attività di STM, alla mancata trasformazione
del proto-distretto Etna Valley in distretto vero e proprio e nemmeno alla sola abdicazione
94
A breve IMM riceverà un cospicuo finanziamento finanziato dal terzo asse del PON 2007-13 che servirà ad acquistare
un microscopio elettronico di scansione-trasmissione di ultima generazione in grado di fare imaging atomico con una
risoluzione di mezzo angstrom.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
219
da parte delle autorità locali di un ruolo pro-attivo sulla scena dello sviluppo economico,
quanto anche al progressivo disimpegno dell’Università di Catania dal sostegno
istituzionale alle relazioni università-industria. A differenza di quanto fatto prima del
2006, l’attuale governo dell’ateneo sembra infatti essersi ritirato su più fronti: su quello
del sostegno all’imprenditorialità accademica, sul contributo istituzionale al Consorzio
Catania Ricerche e sul supporto all’esperienza del Distretto Tecnologico Sicilia Micro e
Nano Sistemi. Si tratta di una scelta sicuramente in contro-tendenza rispetto agli
orientamenti delle principali università nazionali che è imputabile a precisi orientamenti
del governo dell’ateneo deciso a segnare una discontinuità con le gestioni precedenti95. La
ritirata degli organi di governo dalla cosiddetta “terza funzione” dell’università ha
sicuramente indebolito la governance del sistema dell’innovazione locale, specialmente
per quanto riguarda la collaborazione con imprese di minore dimensione, attivamente
sostenute sul piano tecnologico e dell’internazionalizzazione dal Consorzio Catania
Ricerche. Allo stesso tempo, l’Ateneo non ha assicurato continuità alle attività di
promozione dell’imprenditorialità accademica e di valorizzazione delle competenze
scientifiche prodotte nell’ateneo (Gherardini, 2010a).
Scollamento del sistema non significa tuttavia perdita di centralità della ricerca nel
supporto al distretto microelettronico, ma piuttosto un ritorno a una configurazione dei
rapporti con l’università simile a quella che caratterizzava la fase precedente al
“consolidamento”. A Catania, le collaborazioni tra gruppi di ricerca e imprese sono
consistenti e consolidate, anche se risultano più frammentate che in passato perché più
appartate, ovvero prevalentemente basate su relazioni personali tra singoli docenti e
imprese96.
95
I testimoni privilegiati ascoltati associano il grado di impegno (o disimpegno) dell’Università di Catania nelle attività
di trasferimento delle conoscenze a precisi orientamenti dei rettori che si sono alternati alla guida Ateneo:
“C’è una nuova visione dell’università da parte del nostro Rettore che è quella della torre burnea. […] Lui vuole fare
dell’università una torre burnea cercando di chiudere tutti i rapporti con fuori” [intervista CCR]. “Se, come dice lei,
abbiamo avuto il periodo d’oro dell’Etna Valley ora noi viviamo nel periodo bronzeo. Potrebbe tornare un periodo
buono, dopo le elezioni del nuovo Rettore, tra un anno e mezzo […]. Deve però considerare che anche quando venne il
Ministro Moratti per firmare il protocollo d’intesa per il Distretto [Tecnologico], nel 2003, l’Università di Catania non
aveva presentato nemmeno un finanziamento, ma a quell’epoca c’era Latteri, buonanima. Non è che era contro, ma
aveva altri pensieri. Rizzarelli aveva invece un’altra marcia, era un uomo estremamente attento a queste cose. Poi lui
aveva rappresentato una cesura rispetto al precedente rettore, Rodolico, che era stato in carica 21 anni, era un chirurgo
che però aveva fondato il Co.Ri.M.Me., il primo consorzio tra Università e STM in Sicilia” [intervista DT].
96
Nel 2009, la città di Catania era l’undicesima in Italia e la seconda nel Mezzogiorno (dopo Napoli), per valore dei
finanziamenti che Università e Cnr ricevevano da attori non pubblici. Diversamente da quanto ci si potrebbe attendere, il
Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Elettronica e dei Sistemi (DIEES) non risultava il primo dipartimento per
commesse ricevute; con i suoi circa 700mila euro seguiva infatti un dipartimento della Facoltà di Medicina e il
Dipartimenti di Ingegneria Civile e Ambientale. Sebbene la quantità di risorse che l’Ateneo riceve da commesse “contoterzi” sia ancora molto elevata, soprattutto se comparate con la media del Mezzogiorno, dal 2008 si assiste ad una
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
220
Si deve inoltre segnalare un indebolimento della base conoscitiva presente nell’Università
di Catania, il quale non è solo imputabile alla riduzione dell’organico di ricerca,
inevitabilmente prodottosi negli ultimi anni come conseguenza del taglio dei finanziamenti
pubblici, quanto piuttosto alla mancata capacità di rinnovare le specializzazioni
scientifiche dei gruppi di ricerca nonché alla incapacità di estendere creare collaborazioni
interdisciplinari. D’altra parte, un ente con una mission più focalizzata, come l’IMM-CNR,
è riuscito a non rimanere imprigionato nel meccanismo di lock-in sopra descritto,
riuscendo ad autoriformarsi:
Il periodo della crisi [di STM] è stato sfruttato per diversificare i campi
d’azione. […]. L’IMM
ha dovuto mettere in atto […] una notevole
trasformazione delle attività di ricerca in corso che ci hanno costretto a
pluri-disciplinarizzarci.
Mentre
negli
anni
‘90
eravamo
i
figli
dell’impiantazione ionica […] in questi anni il nostro linguaggio è molto
simile a quello di un ingegnerie elettronico, di un biologo, di un chimico,
di un fisico, perché per trovare nuove possibilità applicative, che hanno
impatto non soltanto sull’Ict, ma anche sul fotovoltaico o sulla
sensoristica delle applicazioni nel campo della salute, abbiamo dovuto
assolutamente acquisire competenze molto diversificate e prevedere anche
l’interazione con discipline che non sono strettamente nell’ambito della
fisica, che è la nostra disciplina di riferimento. La crisi da noi è stata
affrontata con questa spinta alla diversificazione, nell’attività di ricerca e
nelle competenze, non abbiamo mai smesso di investire e crescere
[Intervista IMM].
Infine, allo scollamento istituzionale del sistema produttivo ha sicuramente contribuito
l’eccessiva durata della gestazione del nuovo strumento di governance del settore microelettronico: il Distretto Tecnologico Sicilia Micro e Nano Sistemi, del quale ci
occuperemo nel prossimo paragrafo.
progressiva diminuzione dei finanziamenti privati che risulta più consistente a Catania rispetto ad altre università di
simile dimensione. Lo stesso DIEES è tra i dipartimenti che più hanno ridotto le loro commesse esterne.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
221
6. Le politiche industriali e dell’innovazione
Le politiche industriali e dell’innovazione hanno avuto un ruolo centrale nella genesi e
nella crescita del sistema produttivo dell’elettronica di Catania. Basti pensare che ai due
contratti di programma di cui ha tratto beneficio il sito siciliano di STM sono state
destinate il 12,1% delle risorse pubbliche impegnate per tutti i contratti di programma
deliberati dal CIPE fino al 200797 (DPS, 2007).
Alle risorse utilizzate con questo strumento, i cui effetti sono stati ampiamente descritti nei
paragrafi precedenti, se ne sono aggiunte altre stanziate direttamente alle imprese
dell’elettronica o a loro partenariati, più o meno formalizzati. In particolare, ci riferiamo ai
finanziamenti concessi per promuovere l’attività di ricerca e sviluppo nell’ambito del
Programma PON Ricerca, prima, e del PON Ricerca e Competitività, poi. In Sicilia, le
risorse del PON Ricerca 2000-2006 hanno avvantaggiato prevalentemente le imprese di
dimensione medio-grande98; tra queste, le uniche due presenti nel distretto della
microelettronica catanese sono state STM e la Epitaxial Technology Center (E.T.C. Srl).
La seconda ha ricevuto un unico finanziamento (3,6 milioni di euro) per realizzare
macchine per la crescita di strati semiconduttori, mentre, STM ha visto l’approvazione di
10 suoi progetti che, nel complesso, hanno attivato risorse per circa 48,5 milioni di euro
(Cutrona, 2010). Gli interventi finanziati hanno prevalentemente riguardato attività di
ricerca industriale intra-muros, anche se si annoverano alcuni progetti svolti in
partenariato tra STM e altri enti, tra cui enti pubblici di ricerca (INFN, ENEA), università
(Università di Catania e Politecnico di Torino), centri di ricerca privati (Centro Ricerche
Fiat) e imprese (come ad esempio la Temix, giovane azienda catanese attiva nel settore
delle infrastrutture di telecomunicazione satellitare).
Se
l’oggetto
dei
finanziamenti
PON
2000-2006
riguardava
prevalentemente
l’avanzamento tecnologico in ambito microelettronico e sensoristico, i pochi progetti di
97
Come è stato ampiamente descritto nel secondo paragrafo, allo sviluppo del sito siciliano di STM sono stati destinati
due contratti di programma. Con il primo (deliberato dal CIPE nel 1996) sono stati stanziati all’allora SGS Thomson
172,2 milioni di euro, mentre il finanziamento pubblico impegnato per il secondo, la cui firma risale al luglio 2007, è
stato di 446,3 milioni di euro. In entrambi i casi, si tratta degli interventi più finanziati entro i rispettivi cicli di regime di
aiuto (DPS, 2007).
98
Sul tema delle politiche di ricerca e innovazione, le PMI hanno potuto beneficiare di finanziamenti specifici promossi
dal POR Sicilia (misure 3.14 e 3.15). Il confronto tra le regioni del Mezzogiorno sull’impegno nel campo della Ricerca e
Innovazione mette in luce che la programmazione siciliana 2000-2006 ha destinato a questo ambito una quota di budget
più contenuta (1,9% del Por Sicilia) in confronto a quanto invece fatto da altre regioni del Mezzogiorno come, per
esempio, la Campania (5,1% del Por Campania). Il PO Sicilia 2007-2013 ha accresciuto l’impegno su queste misure
(5,5% del PO) anche se, come nella programmazione precedente, l’impegno previsto è inferiore a quello di altre regioni
dell’area convergenza.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
222
ricerca della nuova programmazione che sono stati già assegnati a STM sottolineano la
volontà della multinazionale italo-francese di diversificare la propria attività verso le
tecnologie fotovoltaiche e i dispositivi medici99.
A dispetto di quanto avvenuto per i finanziamenti PON 2000-2006, le esperienze dei
distretti tecnologici del Miur e gli interventi finanziati con il PO Sicilia 2007-2013, tra cui
quelli destinati ai distretti produttivi siciliani, si sono distinti per un approccio più
sistemico allo sviluppo e alla promozione dell’innovazione100.
La politica dei distretti tecnologici è stata promossa su iniziativa del MIUR e finanziata
con fondi FAS per il periodo 2000-2006 e con fondi PON nel settennato in corso.
Diversamente da quanto avvenuto in altre regioni italiane, in Sicilia il tentativo di costruire
concentrazioni territoriali in comparti ad alta tecnologia è stato lungo e farraginoso. Tutto
ha avuto inizio intorno al 2003, con la definizione da parte del MIUR dell’Accordo di
Programma Quadro (APQ) Ricerca e Innovazione, all’interno del quale erano previsti
fondi per la costituzione di alcuni distretti tecnologici. A questa mossa del regolatore
nazionale seguì una contromossa del regolatore regionale e degli attori locali: a distanza di
pochi mesi dalla discussione in sede di APQ, la Regione Sicilia emise un avviso pubblico
per manifestazione di interesse sul tema dei distretti tecnologi a cui, sul versante catanese,
rispose una compagine determinata a non perdere questa occasione, ma che fin da subito
apparse scarsamente omogenea. In primo luogo, all’interno del distretto erano infatti
rappresentate imprese che afferivano a settori produttivi diversi, come la microelettronica
(STM), l’informatica e telecomunicazione (Ibm, Italtel, Engineering, Infracom) e il
biomedicale (Sifi). In secondo luogo, nonostante la filosofia del distretto prevedesse la
concentrazione territoriale delle attività come base per la creazione di knowledge spillover,
il Distretto si strutturò attorno a due poli geograficamente delimitati. Al polo catanese,
connotato per una spiccata vocazione manifatturiera (sia microelettronica che
biomedicale) e per una cospicua dotazioni di conoscenze scientifiche, si contrappose il
99
In particolare, facciamo riferimento a due progetti in cui STM risulta capofila: a) al progetto “nuove tecnologie
fotovoltaiche per sistemi intelligenti integrati in edifici” che prevede attività di ricerca per circa 12,9 milioni di euro e
che è stato presentato da una partnership estesa (STM, ENEA, CNR, Università di Catania, Università di Messina,
Università di Palermo, High Technology Systems Hts S.R.L. (Rc), OPTO MATERIALS SRL (Og), Enel Ingegneria e
Innovazione S.p.A.); b) e al progetto “DNA-Microarray integrato su silicio per la determinazione attiva dell`espressione
genetica ad uso clinico diagnostico”, promosso insieme a CNR e al Consorzio Interuniversitario biotecnologie (costo
ammesso 6,5 milioni di euro).
100
Un terzo esempio è quello dei laboratori pubblico-privati volti alla costruzione di una filiera di eccellenza scientificotecnologica settoriale. Attualmente a Catania sono stati attivati due laboratori: quello per lo “sviluppo di tecnologie di
processo e dimostratori di circuiti elettronici” a cui partecipa STM, il CNR-IMM, il Consorzio Catania Ricerche, e
l’Università di Catania, e quello per la “produzione di wafer di carburo di silicio” promosso da Epitaxial Technology
Center, CNR-IMM e l’Università di Roma “La Sapienza”.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
223
polo baricentrato su
Palermo, legato maggiormente alle telecomunicazioni e
all’informatica.
Ma il motivo per cui si è creduto a lungo che l’esperienza del Distretto potesse
rappresentare l’ennesima scatola vuota, incapace di innescare effetti sistemici, è che,
diversamente da quanto prescritto dal MIUR, fino al 2008 non è stata costituita alcuna
struttura formale per la governance del Distretto. Nonostante ciò la Regione ottenne le
risorse che l’APQ aveva previsto per i distretti tecnologici, ma anziché promuovere
politiche sistemiche le distribuì ai soggetti che avevano partecipato al bando di un’altra
misura del POR Sicilia 2000-2006, riguardante il potenziamento di infrastrutture e
laboratori di ricerca già esistenti (Cutrona, 2011)101.
I soldi che in Veneto sono stati utilizzati per Veneto Nanotech in Sicilia sono
stati usati per finanziare circa 40 progetti, quindi dispersi sul territorio
[Intervista CCR].
Il processo costitutivo del Distretto, intramezzato da lunghe negoziazioni tra i partner del
distretto, e tra questi e la Regione Sicilia, è proseguito per cinque anni. “Nel 2008, siccome
si iniziò a ventilare l’ipotesi che iniziassero a uscire i bandi riservati ai distretti, e solo ai
distretti, il processo ha subito un’accelerazione”102 che ha portato alla costituzione della
Società consortile a responsabilità limitata “Distretto Sicilia Mirco e Nano Sistemi”103.
Tra il 2008 e oggi, il Distretto si è prevalentemente occupato della predisposizione dei
progetti da candidare al finanziamento PON R&C. La strategia che sottende la nuova
richiesta di soldi pubblici è il frutto di un piano condiviso dai quattro principali attori del
Distretto: STM, Sifi, IMM-CNR e Università di Catania. Contrariamente a quanto
richiesto dai soci di minoranza, dalle associazioni di piccola impresa e dalle grandi
imprese del software, prevalentemente palermitane, la strategia adottata prevede infatti
101
L’aggiramento dell’Accordo di Programma Quadro ha riguardato tutti i tre distretti tecnologici siciliani ed ha
interessato un paniere di risorse pari a 33,6 milioni di euro, che sono state destinate allo svolgimento di 23 progetti
promossi prevalentemente da università ed enti pubblici di ricerca.
102
Intervista DT.
103
La Scarl è costituita il 1° agosto 2008. Il capitale sociale è per il 61% pubblico (Università di Catania, Palermo,
Messina, Cnr, Inaf, Regione Sicilia), il 24% appartiene a 7 grandi imprese, mentre il restante 15% è diviso tra una
molteplicità di consorzi di piccole imprese (es. Consorzio Etna High-tech, Consorzio HBS network), organizzazioni
intermediarie (Consorzio Catania Ricerche, Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia) e associazioni di categoria
(come le federazione catanesi di Confindustria e Apindustria). Il CdA della società consortile è composto da 7 membri,
tre dei quali rappresentanti degli interessi privati e 4 di quelli pubblici. Il presidente è espressione della componente
pubblica, mentre l’amministratore delegato è indicato dai partner privati.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
224
l’individuazione di soli tre progetti focalizzati per la gran parte sulle imprese
manifatturiere catanesi.
I tre anni sono stati intensi. Siamo partiti dal discorso: quali progetti
finanziamo? Perché la logica a cui eravamo abituai era: c’è un contenitore,
fai il vagoncino e ci carichi i progetti dei tuoi iscritti e li presenti. […] Noi
abbiamo spiegato che non era così e abbiamo raccolto invece idee
progettuali. Sulle idee progettuali, predisposte dal consiglio tecnico
scientifico […] interdisciplinare […] abbiamo selezionato tre progetti. […]La
battaglia è stata questa: all’inizio sono arrivati questi informatici dicendo che
avevano la quota di capitale sociale e volevano finanziati i loro progetti di
telerilevamento e di trasmissione dati. Noi li abbiamo bocciati e abbiamo
spiegato che potevano intervenire nella misura in cui erano compatibili con i
temi intriseci alla strategia del progetto [Intervista DT].
I tre progetti selezionati da questo lungo e complesso processo decisionale, tutto interno al
Distretto, riguardano tre ambiti di ricerca distinti: quello energetico, quello biomedicale e
quello della micro-elettronica su materiali plastici104. Come si può notare, anche se nella
programmazione dei progetti è stato trovato lo spazio di azione per buona parte dei soci
del Distretto, si tratta di tre progetti estremamente focalizzati sulla strategia di
diversificazione di STM sia verso il comparto energetico che verso quello biomedicale.
Sembra dunque che il Distretto stia riuscendo sia a resistere a logiche spartitorie, sia a
sfruttare al meglio le diversità settoriali che caratterizzano la compagine consortile,
specialmente nella commistione tra micro-elettronica e i settori biomedicale e fotovoltaico.
104
Il costo complessivo previsto per i tre progetti presentati, ma ancora da approvare, è di circa 65 milioni di euro,
compreso il cofinanziamento PON. La ripartizione “è grossomodo paritaria, una ventina sul progetto Energetics sul
fotovoltaico, che è il progetto più grosso; Hippocrates, che è quello più numeroso, sta sui diciotto; per Plast_ICs le
risorse richieste sono invece inferiori. Poi si deve tener di conto che all’interno dei costi è compreso un 10% per le
formazioni” [Intervista DT]. Il progetto “Tecnologie per l’Energia e l’Efficienza Energetica (Energetic)” si focalizza su
quattro ambiti applicativi: tecnologie innovative per la generazione dell’energia per via fotovoltaica; nuovi processi ed
architetture per transistor di potenza; sistemi hardware per l’efficienza energetica; sistemi software per la gestione
dell’efficienza energetica in building e campus, e per la modellizzazione dell’operazione di reti locali in isola
energeticamente autosufficiente. Il progetto “Sviluppo di Micro e Nano-tecnologie e Sistemi Avanzati per la salute
dell’uomo (Hippocrates)” indirizza invece le seguenti linee di ricerca: sviluppo di biosensori di marker
diagnostici/prognostici basati su acidi nucleici e proteine, sviluppo di metodologie di drug delivery per rendere più
efficace e mirate le terapie farmacologiche riducendo la tossicità del farmaco; messa a punto di tecnologie integrate e
complete di soluzioni informatiche che rappresentano il primo passo nella direzione di cominciare a costruire l’approccio
di “paziente-centrico”. Il terzo progetto riguarda invece la costituzione di un laboratorio pubblico-privato per lo sviluppo
di tecnologie di processo e dimostratori di circuiti elettronici ad alte prestazioni e basso costo di fabbricazione realizzati
su substrati plastici (Plast_ICs).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
225
Posso dire che [grazie al Distretto] si creano delle sinergie che prima non
esistevano, nonostante noi siamo una grande impresa e abbiamo tante
relazioni sul territorio, grazie al distretto abbiamo sviluppato delle idee
progettuali con Sifi [azienda farmaceutica] piuttosto che con Ismet [centro
di cura e ricerca oncologica] che fuori dal distretto non avremmo realizzato
[Intervista 3Sun].
Inoltre, il Distretto rappresenta oggi uno dei pochi luoghi di coordinamento degli attori
individuali e collettivi del sistema produttivo catanese in cui è possibile discutere di
strategie di sviluppo per il futuro.
Dovendo il distretto fare delle scelte, guardando a quella che era
l’evoluzione del territorio, con i tassi di crescita presentati in alcuni
mercati, si è puntato proprio sul tema dell’energia oltre quello della salute e
dell’elettronica su plastica e su materiali flessibili e che possono avere
applicazioni sia in ambito salute che in ambito energia [Intervista 3Sun].
Una valutazione tanto ottimistica non può essere invece espressa per l’esperienza del
Distretto Produttivo “Etna Valley”. Come nel caso del Distretti Tecnologici, anche la
genesi del Distretto Produttivo scaturisce più dalla necessità di imprese e attori collettivi di
adattarsi al cambiamento degli schemi di finanziamento pubblici che non a un processo di
mobilitazione bottom-up teso ad innescare percorsi di sviluppo locale (Trigilia, 2005). Il
carattere adattivo nella costituzione dei distretti è sottolineato anche da un nostro
intervistato:
I distretti sono delle novità volute dalla legge. Non sono venute dal basso,
questo è il quadro della situazione. Lo Stato, da una parte, la Regione
dall’altra, sta dicendo scordati i contributi a pioggia, raggruppati e fai questa
cosa e io ti darò questi soldi. Ci sarà un imbuto verso questa direzione. Si è
dunque costretti a farlo [Intervista CCR].
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
226
L’innesco dell’esperienza può essere fatto risalire al dicembre 2004, quando la Regione
Sicilia iniziò a individuare i criteri per il riconoscimento di distretti produttivi e, al
contempo, a paventare la possibilità che tali cluster potessero divenire i referenti prioritari
delle politiche di programmazione e sviluppo dalla Regione105. Già nel 2005, 136 imprese
catanesi e 27 enti (tra cui università, enti di ricerca, consorzi privati, associazioni di
categoria, ecc.), mostrando una sorprendente reattività, risposero a questa iniziativa
sottoscrivendo il Patto per lo sviluppo per il Distretto Produttivo “Etna Valley”. Tra le
poche attività intraprese dopo il suo riconoscimento formale dalla Regione, nel 2007, il
Distretto ha presentato (e ottenuto) richiesta di finanziamento per due progetti nell’ambito
del primo bando che la Regione ha specificamente destinato ai distretti produttivi (le
risorse sono quelle del PO FESR 2007-2013). Il primo dei due è il progetto MyEnergy
(600 mila euro di costi ammessi di cui circa 222mila pubblici) che prevede la costruzione
di un centro servizi pilota che realizzi interventi mirati al risparmio energetico e
all’utilizzo di energia pulita nelle imprese del Distretto. Il secondo finanziamento (335
mila euro stanziati per un costo complessivo di 895 mila euro) ha invece premiato
un’iniziativa volta a costruire una piattaforma di collaborazione virtuale su base semantica
destinata specificamente a consorzi e imprese del distretto per supportarne la condivisione
di informazioni, la comunicazione e la cooperazione. L’ambizioso piano strategico del
Distretto “Etna Valley”, sottoscritto nel 2005 in occasione del Patto per lo Sviluppo, è
tuttavia sostanzialmente rimasto disatteso.
7. Il rapporto con le istituzioni locali e la Pubblica Amministrazione
Le imprese subiscono le ripercussioni negative di una scarsa attenzione delle istituzioni
locali alle esigenze dell’attività imprenditoriale e della lentezza della pubblica
amministrazione.
La scarsa attenzione dell’amministrazione locale riguarda innanzitutto un vistoso deficit
nella fornitura di servizi di base e nella manutenzione e potenziamento delle infrastrutture
per la produzione. Numerose sono le testimonianze di un’ imbarazzante ripercussione
negativa del basso livello qualitativo dei servizi pubblici nella duplice forma di erosione
delle potenzialità attrattive del territorio nei confronti di investitori esteri che di vero e
105
Per un approfondimento critico dell’esperienze dei distretti produttivi in Sicilia si veda Schilirò (2010).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
227
proprio ostacolo alla produzione e alla competitività. L’area industriale che ospita la gran
parte delle imprese del polo produttivo catanese è stata interessata di recente, in seguito a
precipitazioni piovose, da allagamenti riconducibili a una inappropriata manutenzione
delle vie di accesso ai capannoni industriali, e che hanno avuto come conseguenza
l’interruzione dell’attività produttiva. Non meno preoccupanti risultano essere i black-out
di energia elettrica che interessano talvolta l’area industriale:
C’è un certo disagio a pensare ad aziende che devono investire molti soldi a
Catania e poi ritrovarsi con pozzanghere in cui nuotano i pesci dopo una
settimana di pioggia, oppure un black out. Investimenti così grandi in un
posto dove i servizi essenziali non funzionano… E’ triste che un’azienda così
importante che ha attrezzature all’avanguardia e personale che sa quello che
fa, si trovi a non poter competere per cose elementari, per problemi di buche
nelle strade, o per mancanza di illuminazione, o per i cani randagi nei
parcheggi. Questo vuol dire che c’è una totale assenza delle istituzioni che
rimangono sorde alle segnalazioni del disagio. L’azienda svolge un ruolo
importante nel territorio, ma le istituzioni devono fare la propria parte
[Intervista Fim-Cisl].
Oggi è una bella giornata. Se voi foste venuti due o tre settimane fa era tutto
allagato, proprio qui, all’ingresso. L’ASI, l’ente che ha in gestione questa
zona, ha fatto grandi promesse, ormai da qualche anno, ma non si vede
granché. Quest’anno abbiamo già perso tre o quattro giornate di lavoro
perché le persone non sono riuscite ad entrare nello stabilimento. Dallo
stradone nuovo fino a tutta l’area dei parcheggi era letteralmente allagato.
Le altre imprese ubicate nella zona hanno avuto grosse difficoltà, ad esempio
3Sun che deve fare entrare grossi camion perché si deve approvvigionare di
materiale, mentre noi di Micron no perché non abbiamo lavorazione come
dicevamo [Intervista Micron].
La lentezza della pubblica amministrazione viene ravvisata in relazione alle lungaggini
burocratiche che caratterizzano le erogazioni di fondi a fronte di bandi pubblici espletati.
La preoccupazione di imprenditori e associazioni di categoria riguarda il mancato avvio di
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
228
iniziative che, ideate sulla base di buoni progetti e di situazioni di mercato favorevoli,
ritardando la partenza si ritrovano a raggiungere il mercato in condizioni di contesto
ampiamente mutate (cfr. intervista Apindustrie). L’insofferenza per le politiche regionali è
un atteggiamento comune a molti beneficiari delle politiche pubbliche siciliane, i quali
condannano diffusamente la sclerotizzazione dei processi decisionali chiedendo una
semplificazione delle procedure:
Se un’azienda decide di fare dell’attività di ricerca avanzata su un sito, deve
essere sempre accompagnata nella scelta da uno strumento [di policy] forte,
agile, di facile implementazione, con tempi di implementazione certi.
Altrimenti l’effetto si dissolve nel tempo. Uno strumento buono che arriva in
tempi lunghi, alla fine dell’investimento, è peggio di un cattivo strumento.
Piuttosto che una lungaggine dei processi di valutazione a monte, forse
bisogna demandare molto ai controlli in itinere o addirittura ex post, perché è
pesantissima tutta questa fase ex ante di procedura [Intervista STM].
La crisi attuale si accompagna dunque a iniziative istituzionali piuttosto deboli e sconta
l’assenza di una chiara ed effettiva programmazione, soprattutto su base locale/regionale.
Inoltre, gli attori ascoltati avanzano due tipi di critiche alle politiche industriali e per
l’innovazione: da un lato, lamentano la riduzione nel tempo della quantità dei
finanziamenti, dall’altro, biasimano la lentezza e l’incertezza del processo decisionale
pubblico periferico, che allunga a dismisura i tempi per l’attuazione dei progetti:
La dinamica di scollamento è stata legata all’inaridimento e al rallentamento
degli strumenti dal livello centrale. […] Poi si è incominciato a parlare di
cabina di regia regionale, di programmazione regionale coordinata con
quella nazionale, e c’è stato anche il braccio di ferro tra le regioni e il MIUR
sull’autonomia per la ricerca… è chiaro che in questa dinamica tutti gli
attori ne hanno risentito, e nel frattempo però i budget dedicati alla ricerca ci
sono sempre più inariditi [Intervista STM].
Esiste, in sintesi, una domanda diffusa di beni collettivi locali per la competitività che
spaziano dall’esigenza di investimenti in infrastrutture logistiche (interporto, migliore
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
229
collegamento tra porto e aeroporto), alla riqualificazione delle zone industriali, soggette ad
allagamenti e ad interruzioni di elettricità.
Desta stupore, inoltre, la disattenzione mostrata di recente da un’istituzione locale che ha
finora svolto un ruolo di assoluto protagonismo nell’accompagnare e favorire il decollo
del sistema produttivo catanese: l’Università. Anche in questo caso lungaggini e
appesantimenti burocratici sono all’origine di mancati adempimenti formali che
potrebbero tuttavia rinvigorire il rapporto di virtuosa collaborazione tra università e
imprese nella formazione di capitale umano specifico. Ritardi nella firma di convenzioni
tra imprese e università impediscono, di fatto, di avviare tesi di laurea all’interno di
laboratori di impresa con un evidente spreco di occasioni formative altamente
professionalizzanti:
Mi farebbe piacere se ci fosse un sistema formativo che in qualche maniera
tenesse in considerazione la presenza di determinate realtà. In verità
parzialmente c’è, ma mi hanno spiegato che negli ultimi anni è andata un
po’ calando la domanda di formazione in questi settori da parte degli
studenti, forse perché hanno visto un po’ la crisi di questo settore, anche qui
sul luogo. Tuttavia, c’è, ad esempio, una nostra proposta di convenzione con
l’Università di Catania per svolgere attività di tesi e di tirocinio che è ferma
da nove mesi. Noi abbiamo riattivato fin da subito le collaborazioni tra
questo sito, quando è subentrata Micron, e l’Università. Siamo andati noi a
fare dei workshop all’interno delle Università, soprattutto a Ingegneria e
qualcosa anche a Fisica. […] Noi saremmo interessati, abbiamo anche fatto
fare delle visite ai nostri laboratori. Lo step ulteriore sarebbe quello di dire
che possiamo ospitare degli studenti per fare dei progetti di tesi.
Naturalmente, venire a sviluppare una tesi da noi non significa avere poi un
posto di lavoro. Però, se la persona è interessata al settore,
indipendentemente dal fatto che qui poi possa avere un’opportunità o meno,
comunque ha l’opportunità di sviluppare un lavoro in un’azienda leader.
Dopodiché, magari non troverà occupazione qui, ma la trova in Germania o
in un altro posto, ma se è interessata al settore ha comunque questa
opportunità. Per fare tutto questo, però, serve una convenzione, come voi
sapete molto bene [Intervista Micron].
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
230
Non ultimo, tramontata la fase dell’animazione territoriale esercitata dalla leadership
locale di Pistorio e sfumato il ruolo di strumento di aggregazione e di relazioni
imprenditoriali del distretto produttivo, è avvertita l’esigenza di beni collettivi in grado di
stimolare confronti e capitale sociale tra le imprese del territorio, sulla scia di esperienze in
corso altrove:
Noi stiamo facendo un’esperienza in Abruzzo che stiamo vedendo comincia ad
essere interessante. Abbiamo costituito, tramite una società da noi
controllata, un polo di innovazione al quale oggi partecipano più di 50
piccole e medie imprese abruzzesi. Abbiamo visto che già solo il fatto di
riuscire a metterli attorno a un tavolo genera idee e possibilità di business tra
di loro. Noi come Micron ad oggi non ne abbiamo un soldo di guadagno: noi
siamo un gigante in mezzo a tanti topolini che, per quanto si sforzino, non
riescono a generare un progetto per noi interessante. Tuttavia, il fatto che
queste piccole e medie imprese comincino a dialogare tra di loro significa che
pian pianino c’è la possibilità di pensare che nel caso specifico il settore
dell’ICT in Abruzzo possa essere sviluppato in una certa maniera, che si
possa creare anche imprenditorialità. Questo noi pensiamo che a lungo
termine possa portare dei vantaggi anche a noi che siamo i giganti e non
abbiamo una necessità oggi impellente di sviluppare un progetto con la
piccola azienda locale. Tuttavia possiamo avere un beneficio dovuto al fatto
che il territorio locale diventa più attrattivo e si cominciano a sviluppare
certe cose e ad attivare l’interesse ad agire in questa zona qualcuno che oggi
non è presente e che magari un domani potrebbe essere interessante anche
per noi. Sono tutti benefici che possono derivare dal permettere e incentivare
forme di relazioni tra le imprese esistenti [Intervista Micron].
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
231
8. La domanda di politiche
La domanda di politiche che emerge dagli attori intervistati è indirizzata a vari livelli di
governo.
Su un piano sovranazionale, si richiama l’attenzione sul carattere globale dell’orizzonte
competitivo delle imprese che operano nel settore dell’elettronica, in particolare nel
comparto delle memorie e in quello dei semiconduttori. Si auspica una politica europea
più equilibrata tra la tensione a salvaguardare la concorrenza e la coesione sociale
all’interno dell’Unione Europea e la necessità di arginare l’erosione di competitività delle
produzioni europee, spiazzate da quelle provenienti dall’Asia. In particolare, è avvertita
l’esigenza di rendere più attrattivo il territorio con nuove politiche che incoraggino le
decisioni di investimento delle imprese, che oggi, invece, si sentono abbandonate al loro
destino:
Per la verità però, bisogna dire che sul territorio oggi c'è STM, ci sono
Micron e 3Sun che nascono da dinamiche interne ad STM, quello che è
mancato è stata quella capacità di attrazione del territorio per altre aziende
che non hanno trovato modo di insediarsi. Un dato è innegabile, lo sappiamo
e ce lo diciamo da tantissimi anni, STM c'era e c'è, Micron c’è, 3Sun è
operativa, l’indotto, pur con tutte le considerazioni del caso, c’è, mentre è
mancata la capacità di fare del territorio da catalizzatore per altri attori, e
questo non può essere imputato ad STM. L'elemento discriminante bisogna
andare a prenderlo su quel versante lì e non sempre fare lo spot illuminante
su STM, come se STM dovesse sostituirsi a dinamiche di politica industriale
sul territorio che non ci competono. Già per noi è difficile mantenere la sfida
a livello mondiale [Intervista STM].
In relazione alle politiche nazionali e locali viene sottolineata l’importanza di potenziare
l’investimento in capitale umano e l’adeguamento delle strutture entro cui l’attività di
ricerca è materialmente svolta. In particolare, le imprese avvertono l’esigenza di un
meccanismo istituzionale in grado di “catturare” i fabbisogni formativi delle aziende
presenti sul territorio e di indirizzare in maniera efficace le strutture preposte alla
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
232
formazione (scuole, università, centri di formazione). Dunque politiche mirate di
formazione del capitale umano (cfr. Intervista Micron).
Altrettanto forte è la domanda delle imprese di sostenere fortemente con strumenti di
politica pubblica (aiuti di Stato) i processi di ricerca, sviluppo e innovazione all’interno
delle aziende, un tipo di politica auspicata dalle grandi imprese per creare una leva
competitiva e indispensabile alle piccole e medie aziende, che spesso non hanno sufficienti
risorse finanziarie per sviluppare in maniera autonoma la ricerca e le innovazioni che
permettono loro di rimanere attive sul mercato (ibidem).
Accanto a queste, come si è già detto, la domanda di politiche è indirizzata sia al
potenziamento delle infrastrutture di trasporto che di quelle per la produzione. La
dipendenza da molti fornitori esteri, in particolare asiatici, rende indispensabile il
miglioramento dell’efficienza nella connessione con il porto e l’aeroporto. Di estrema
importanza è anche l’innalzamento qualitativo della fornitura di energia elettrica: le
imprese che operano nel settore sono energy intensive e richiedono una qualità di
erogazione in grado di eliminare completamente anche le microinterruzioni.
Meno rilevanti per le decisioni di investimento e per la competitività complessiva dei site
sono le questioni del costo del lavoro e dei differenziali salariali:
Le decisioni di investimento oggi dipendono sia dalla presenza di incentivi,
sia da quello che già offre il territorio di insediamento e in particolare le
infrastrutture esistenti per le imprese, meno dalla questione dei salari bassi.
Le infrastrutture sono importantissime per gli approvvigionamenti. […] La
questione del costo del lavoro è interessante. Innanzitutto dovete considerare
che il costo del lavoro è un costo “residuale”: all’inizio, quando c’è un forte
investimento, non ha molta incidenza. Se si deve investire un miliardo di
dollari per costruire uno stabilimento, finché lo stabilimento non sarà
ammortizzato, sicuramente il costo dell’ammortamento sarà molto più
incidente rispetto al costo del personale. Nel momento in cui il costo dello
stabilimento è ammortizzato, il costo del personale diventa molto più
importante. Fatta questa distinzione, bisogna considerare che rispetto ad altre
aree geografiche da noi un laureato costa poco. […] Ritengo, tuttavia, di
poter dire che non è il costo del lavoro la variabile principale che viene presa
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
233
in considerazione nel momento in cui si decide di fare un investimento delle
cifre che abbiamo menzionato poco fa [Intervista Micron].
9. Considerazioni conclusive e indicazioni di policy
I punti di forza del sistema produttivo dell’elettronica di Catania sono attualmente due: la
presenza della grande impresa multinazionale e la disponibilità di capitale umano
specifico.
La grande impresa continua a rappresentare per il territorio di Catania una realtà
caratterizzante dell’economia locale, un bacino di accumulazione e trasferimento di knowhow produttivo e organizzativo, e un elemento di positiva valutazione nelle decisioni di
localizzazione di attività da parte di altre imprese esterne. In un settore che ha dimostrato
nel corso degli anni di essere coinvolto in complesse dinamiche evolutive a livello globale,
il SPT di Catania ha ampiamente resistito sul piano delle realtà aziendali esistenti (STM
non ha smobilitato e sono arrivate due nuove realtà come Micron e 3Sun). Certo, le
imprese che sono nate come realtà di supporto alla produzione della grande impresa o per
decentramento di funzioni e fasi produttive e che oggi continuano a operare sul territorio e
ad espandersi all’esterno, non sono molte, ma non sono del tutto assenti (Meridionale
Impianti ne è un esempio). Le imprese locali fornitrici di prodotti o servizi per la grande
impresa sono state in alcuni casi schiacciate da relazioni specifiche che hanno determinato
effetti di lock-in talmente forti che una volta interrottasi la relazione con la grande impresa
è stato difficile riconvertire o riadattare processi produttivi e skills a imprese/settori
diversi. Le imprese risucchiate in una relazione altamente specifica hanno finito, nelle fasi
di calo della domanda, per soccombere alla crisi. Altre imprese, invece, hanno adottato
una strategia che sembra essere stata vincente: un mix di specializzazione che crea i
vantaggi di una relazione specifica insieme alla diversificazione in più settori o con più
committenti, in modo da evitare gli svantaggi della dipendenza eccessiva.
Il nucleo di grandi imprese che insistono sul territorio di Catania garantisce sull’esistenza
di un insieme di infrastrutture di base, di servizi essenziali, di relazioni e di capitale umano
per la fabbricazione di componenti elettronici che agli occhi di investitori esterni può
rappresentare un fattore di attrazione localizzativa non secondario. Questo è un patrimonio
attrattivo del territorio che non dovrebbe essere disperso.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
234
La grande impresa ha certamente ridotto nell’ultimo quinquennio la domanda di servizi e
l’esternalizzazione di attività verso il tessuto locale e ha interrotto l’assorbimento di forza
lavoro. Tuttavia, in un periodo di difficoltà e di turbolenza sui mercati internazionali, la
base occupazionale è stata salvaguardata e il ricorso alla cassa integrazione è stato
minimo. Sul piano dell’occupazione l’elettronica ha contenuto le perdite e settori affini
come IT e TLC registrano performance positive; l’indotto probabilmente ha pagato un
prezzo più elevato.
Il secondo punto di forza del SPT di Catania è un patrimonio in termini di risorse umane,
risorse relazionali tra mondo della formazione di base, altre strutture di ricerca e mondo
della produzione. L’alta percentuale di giovani laureati in discipline tecnico-scientifiche è
il punto di forza per eccellenza. Come è emerso dalle interviste agli imprenditori e ai
testimoni privilegiati, questa risorsa è il motivo più importante per il quale rimanere a
Catania “e rimanere in modo abbastanza soddisfacente” (cfr. Intervista Micron). Si tratta
di giovani con una buona formazione di base che hanno investito in istruzione specifica,
orientata, spinti dall’affermarsi del settore dell’elettronica ma anche dalle occasioni di
contatto diretto con i temi e le aree di ricerca finalizzata alla produzione: sono giovani che
“sanno fare il loro mestiere”. E non è tutto. Sono giovani vincenti in termini di vantaggi
comparati: sono bravi e, in termini relativi, costano poco. Il costo di un laureato italiano a
confronto con un laureato americano è molto più basso e questa considerazione, unita alla
qualità elevata del capitale umano, si traduce in un considerevole fattore di attrazione in un
settore dove l’innovazione e la ricerca rappresenta un elemento imprescindibile di tenuta
del mercato. Probabilmente in questi anni le relazioni istituzionali tra università/centri di
ricerca/impresa si sono andate allentando, non sono strutturate come nel passato, ma sono
richieste e possono essere rinsaldate. Questo è un patrimonio che non deve essere
deteriorato.
La politica e le politiche giocano un ruolo di primo piano nel tutelare questi due punti di
forza del SPT e nel rilanciare fiducia nella crescita del tessuto imprenditoriale in questo
settore.
La domanda di policy specifiche e di beni pubblici collettivi è forte ed è rivolta ai diversi
livelli di governo. Al livello locale si chiede di riprendere una politica strategica di
marketing territoriale e di intervenire sul piano della realizzazione e della gestione delle
infrastrutture “ordinarie” indispensabili al normale svolgimento delle attività produttive:
dalla percorribilità alla sicurezza della zona industriale, dai collegamenti con gli snodi
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
235
strategici (porto e aeroporto) all’accesso e al funzionamento delle facilities (energia su
tutte).
Al livello regionale è avvertita l’esigenza di riavviare una programmazione dei fondi negli
ultimi anni bloccata e di ridurre gli appesantimenti burocratici che accompagnano il
finanziamento delle iniziative produttive.
Al livello nazionale, invece, è emersa la necessità di ridisegnare una politica industriale in
grado di rafforzare gli strumenti di intervento basati sul collegamento tra ricerca,
innovazione e sistema produttivo, tenendo conto degli insegnamenti che derivano dalle
esperienze che hanno caratterizzato la stagione passata degli aiuti di Stato al SPT. Come è
stato ricostruito nel rapporto, l’intervento pubblico è stato determinante nel creare le
condizioni affinché il sito STM di Catania divenisse centro di produzione e di ricerca e si
evolvesse al punto da creare un vero e proprio polo dell’elettronica sia in termini di addetti
che di attività produttive coinvolte.
In particolare sono stati decisivi i Contratti di programma: il primo che determina il
rafforzamento della localizzazione a Catania di SGS Thomson, successivamente divenuta
STM, con cui viene siglato un nuovo importante contratto di programma nel 1996 e il
terzo che riguarda la costruzione del modulo M6 e che tuttavia ha subito continue
modifiche e ridimensionamenti. In particolare, è importante riflettere sulla sostanziale
inefficacia di quest’ultimo intervento in termini sia di creazione di nuova occupazione che
di nuova capacità produttiva in grado di rilanciare l’azienda. Nonostante gli addetti siano
stati salvaguardati, il modulo M6 progettato e finanziato per permettere un nuovo salto
qualitativo al sito STM di Catania con la produzione di memorie a 12 pollici, attualmente
ospita al suo interno delle aziende interessanti e dinamiche, ma che probabilmente non
avrebbero necessitato della creazione di un investimento così imponente per la
localizzazione di un loro sito a Catania: 3Sun produce pannelli fotovoltaici, un ambito ben
lontano da quello del progetto originario che giustificava la costruzione del modulo M6, e
Micron non ha la produzione di memorie in Sicilia ma solo Ricerca e Design, un’attività
per la quale l’ubicazione nello stabilimento che avrebbe dovuto ospitare anche la
produzione di memorie è sproporzionato. Seppure, dunque, l’occupazione è stata
salvaguardata, queste modifiche e ridimensionamenti hanno determinato inevitabilmente
sunk costs, anche pubblici, e, dunque, inefficienza e inefficacia. Le dinamiche di questa
esperienza probabilmente dovrebbero essere meglio esplorate per correggere i
malfunzionamenti dello strumento di intervento. Da un lato, infatti, va riconosciuta tutta
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
236
l’addizionalità dello strumento del contratto di programma, almeno fino all’ultima
occasione, e l’ideale impostazione della misura di intervento che obbligava a pensare
progetti integrati di investimento industriale, di ricerca e di formazione che è proprio
quello di cui il SPT sente ancora oggi il bisogno; dall’altro, va riconosciuto il completo
stravolgimento del progetto originario dell’ultimo contratto di programma al quale i
finanziamenti pubblici avrebbero dovuto essere destinati.
A livello europeo, infine, l’esigenza è quella di ripensare a politiche in grado di conciliare
la corretta salvaguardia della concorrenza e della coesione sociale all’interno della
Comunità Europea attraverso l’attuale sistema di vincoli ai regimi di aiuto, con la
necessità di esercitare una maggiore attenzione alle dinamiche e alle spinte competitive
che provengono dal resto del mondo. In particolare i Paesi asiatici, ma anche gli Stati
Uniti, secondo gli intervistati, stanno mostrando una maggiore competitività anche sul
piano della possibilità da parte delle aziende di ottenere finanziamenti con vincoli molto
meno stringenti dal punto di vista della localizzazione dei site e della dimensione
dell’investimento.
Non ultima è la questione della percezione diffusa della mancanza di una nuova
leadership, di un collante di esperienze e di relazioni tra imprese e attori dello sviluppo.
Tale ruolo di attivazione di capitale sociale non viene individuato tra le attività svolte dal
distretto produttivo, mentre sono assenti altri momenti istituzionali di confronto e/o di
costruzione di beni collettivi, quantunque alcuni intervistati ne abbiano sottolineato
l’importanza ai fini dello sviluppo del tessuto locale.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
237
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Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
240
Allegato – Prospetto riassuntivo interviste realizzate
Azienda
/
Organizzazione
STM
Descrizione sintetica
Micron
Unità locale della multinazionale
americana leader mondiale nel
settore memorie.
3Sun
Azienda di produzione di
pannelli fotovoltaici a film
sottile nata da una joint venture
tra STM, Enel G.P. e Sharp.
SAT
Azienda dell’indotto per anni
subfornitrice di STM Catania,
oggi attraversa una fase di grave
crisi.
Primo sindacato metalmeccanico
in STM. Ha recentemente
assunto una posizione di
contrasto sia sui piani industriali
dell’azienda che sulle dinamiche
contrattuali.
Fiom-Cgil
Fim-Cisl
Sindacato metalmeccanico che
maggiormente si è attestato su
posizioni più morbide, siglando
accordi separati sia in STM che
3Sun.
Associazione locale di PMI che
raccoglie
molte
imprese
dell’indotto
del
polo
dell’elettronica.
Apindustrie
Distretto
tecnologico
Sicilia micro
nano sistemi
Unità locale della multinazionale
italo-francese leader europeo
nella
produzione
di
semiconduttori.
e
Rientra nei 25 distretti promossi
dal Miur, ha tra i suoi soci:
Regione Siciliana, i tre atenei
pubblici siciliani, 5 enti pubblici
di ricerca, 4 consorzi pubblicoprivati e 8 grandi imprese
Intervistato/i e ruolo/i
ricoperti
- Cosimo Musca (Italy
R&D and Innovation
Programs Manager);
- Cristina Di Gesù (R&D
and Innovation Programs
Manager Catania).
- Fabrizio Famà (Genaral
Affairs Manager Italy e
site manager temporaneo
di Catania).
Anna
Leonardi
(Responsabile contratto
di programma 3Sun e
Cooperative
Programs
Manager Industrial &
Multisegment
Sector
Group R&D in STM).
Aldo
Di
Leo
(Fondatore e Titolare).
Data
intervista
02.04.12
Durata
intervista
2h03m
29.03.12
2h30
06.04.12
1h31m
03.04.12
1h29m
Stefano
Materia
(Segretario Provinciale);
- Boris Di Natale (RSU
STM);
- Francesco Furnari
(RSU Micron);
- Rosy Scollo (RSU
STM).
Pietro
Nicastro
(Componente segreteria
provinciale);
- Giuseppe Pappalardo
(RSU STM).
- Carlo Campisano (Vice
Presidente e delegato per
la ricerca);
Augusto
Bricola
(consigliere
ed
exdipendente di STM dove
è stato il responsabile del
Consorzio Co.Ri.M.Me –
Consorzio per la Ricerca
sulla
Microelettronica
nel Mezzogiorno).
- Giovanni Marletta
(Presidente).
26.03.12
2h07m
29.03.12
1h19m
29.03.12
1h51m
27.03.12
1h14m
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
241
Azienda
/
Organizzazione
CNR-IMM
CCR
Descrizione sintetica
localizzate in Sicilia, tra cui
STM, Engineering, IBM,Italtel, e
Ismett.
Istituto per la Microelettronica e
i Microsistemi del CNR, a
Catania ha la sua sede principale
con 41 ricercatori e collabora
con STM e con Micron.
Consorzio Catania Ricerche
nasce nel 1987 e vede tra le sue
fila l’Università di Catania, le
sezioni locali del CNR e
dell’INFN, la Camera di
Commercio, alcune imprese
(STM, Sifi, ecc.); è un punto
d’incontro
tra
ricerca
universitaria e industriale e si
occupa anche del trasferimento
della conoscenza, formazione
avanzata, ecc.
Intervistato/i e ruolo/i
ricoperti
Data
intervista
Durata
intervista
Corrado
(Direttore)
Spinella
27.03.12
1h12m
Orazio
(Presidente).
Puglisi
27.03.12
0h53m
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Capitolo 7
Il sistema dell’ICT a Cagliari
Dolores Deidda
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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Presentazione
Il presente studio di caso ha inteso dar conto della traiettoria evolutiva del SPL ICT di
Cagliari al fine di verificarne la capacità di tenuta in un mercato dove la competizione è
sempre più globale e in un periodo temporale segnato da una crisi economica che ha visto
imprese e sistemi produttivi reagire diversamente e differenziare le proprie strategie.
Il percorso intrapreso per compiere tale verifica è stato articolato nelle seguenti tappe:
1. Ricostruzione, attraverso la storia “locale” del settore ICT, delle condizioni che ne
hanno assicurato la nascita ed il successo a livello internazionale. Viene
evidenziato il circolo virtuoso creatosi tra un istituto di eccellenza quale il CRS4 e
un' impresa, Tiscali che si candida e riesce a tradurre il prodotto della ricerca in un
progetto imprenditoriale anticipatore dell'onda tecnologica creata dal web in
Europa. (Cap.1)
2. Analisi dell'attuale panorama imprenditoriale che vede ancora Tiscali come grande
impresa, insieme alla crescita di medie imprese con competenze specialistiche
(caso Akela), il consolidamento di piccole imprese innovative (caso Abbeynet), il
successo di nuove imprese (start up e spin off) di cui si forniscono brevi profili.
(Cap.2
3. Identificazione, attraverso dati quantitativi, delle continuità/discontinuità del
periodo più recente rispetto al periodo che ha registrato la più intensa ed accelerata
crescita dell' ICT nell'area considerata. (Cap.3)
4. Breve ricostruzione delle politiche pubbliche per la ricerca e l'innovazione messe
in campo dalla Regione Sardegna e dell'attenzione da esse riservata al settore ICT.
In questa parte vengono anche riportate le linee di riforma annunciate e identificate
le questioni aperte sul ruolo dei tre pilastri del sistema regionale per la ricerca e
l'innovazione: Parco Scientifico e Tecnologico, CSR4 e Università con particolare
riferimento alla formazione del capitale umano. (Cap.4)
5. Conclusioni e indicazioni di policy rivolte ad affrontare le criticità rilevate e a
valorizzare i potenziali esistenti.(Cap.5)
Lo studio è stato realizzato avvalendosi di informazioni e di dati quantitativi e attraverso
interviste (8) ad imprenditori, ricercatori, responsabili tecnici di Sardegna Ricerche e del
Centro di Programmazione della Regione Sardegna.(Allegato 1)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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1. Storia dell' ICT di Cagliari
1.2 Nasce il CSR4 e la Sardegna diventa high tech
Tutto nasce dall'idea di un Assessore regionale (F. Mannoni) di costituire a Cagliari un
grande centro di calcolo. Per questo si guarda al CERM, l'istituto di ricerca svizzero dove
è nato il web, e nel 1991 si costituisce il CSR4 di cui il premio Nobel Rubbia diventa
presidente. Con lui arrivano in Sardegna anche i ricercatori che daranno avvio alla fase
pionieristica, quella che porterà a costituire il primo sito web in Italia (www.crs4.it). Si
richiamano giovani sardi appena laureati a Pisa in informatica e selezionate risorse con
alte competenze per dirigerli. Un informatico olandese viene chiamato dall'imprenditore
Nicola Grauso per cambiare il sistema editoriale dell' Unione Sarda. Si sperimenta a
Cagliari il sistema per pubblicare il giornale sul web. L'Unione Sarda è uno dei primi
giornali al mondo on line. L'entusiasmo per il nuovo mezzo conquista l'editore che fonda
Video On Line - con una visione lungimirante dove TV, Radio e Internet possono essere
private - che diviene uno dei primi IP commerciali in Italia. Video On Line è il risultato di
un classico intervento di trasferimento tecnologico. Ma l'imprenditore non possiede tutte le
competenze e le risorse finanziarie per strutturare il prodotto innovativo in una vincente
strategia d'impresa. Video On Line confluisce in Telecom nel 1996 ma R. Soru ne eredita
il know how e fonda Czech On Line che diventa il primo internet provider nella
Repubblica Ceca.
1.2 Tiscali è leader in Europa
Nel frattempo (1998) si affaccia sul mercato Tiscali, un'impresa di telefonia che, volendo
esplorare nuovi orizzonti tecnologici, riesce ad attrarre i ricercatori del CRS4 transitati per
l'esperienza di Video On Line. Si viene così a costituire quella massa critica di competenze
eccellenti che assicurerà alla nuova impresa di diventare, in pochi anni, leader a livello
europeo nel settore delle telecomunicazioni. Il clima di quel periodo è caratterizzato da un
forte entusiasmo, dal senso di un'avventura collettiva che si trasforma in un progetto
industriale di successo capace di rimuove i condizionamenti dell'insularità grazie
all'innovazione tecnologica.
Il successo di Tiscali nasce da una “buona politica pubblica”. Contrariamente a quanto è
avvenuto in altre aree del Mezzogiorno (Napoli e Catania) l'ICT dell'area di Cagliari è nato
e si è affermato senza l'intervento di investitori esterni e senza interventi pubblici di tipo
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finanziario (Contratti di programma o altro tipo di incentivi finanziari). L'impresa che ha
avviato il processo e scommesso su un futuro tecnologico della regione è un'impresa
locale. Il suo successo è dovuto alla scelta che ha portato nell'isola un Centro di ricerca di
eccellenza ed è alla base del circuito virtuoso dell'ICT di Cagliari che generato un humus
favorevole alla creazione di piccole imprese locali.
Nella visione imprenditoriale di R. Soru, il fondatore di Tiscali , la nuova impresa ha
l'ambizione di trinare un nuovo modello di sviluppo. Per questo si caratterizza subito come
impresa “politica”, con obiettivi sociali e non solo aziendali, vuole creare ricchezza e
occupazione nel territorio.
A seguito della liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, nel 1988, è il primo
operatore a promuovere il free Internet in Italia. La fase ascendente dura fino al 2002 e
viene ricordata dai protagonisti come un'esperienza entusiasmante ed appassionante,
condotta con risorse umane altamente qualificate e motivate, meno di 100 ingegneri, il cui
successo è rilevato anche dal valore crescente del fatturato.
Con la crisi della new economy agli inizi degli anni duemila il successo iniziale di Tiscali
sembra non più riproducibile. Lo spirito emulativo che alla fine degli anni '90 ha portato
nuovi imprenditori locali sul mercato ICT, vede un arretramento. Da qui la decisione della
Regione Sardegna di adottare un strategia per attrarre nuove imprese dall'esterno, con
elevata competenza tecnologica, e nuovi centri di ricerca, candidando il Parco scientifico e
tecnologico Polaris a sostenere i processi innovativi, interfacciando il mondo della ricerca
e quello delle imprese per accrescere l'impatto dell'innovazione sul sistema produttivo
regionale.
1.3 Il settore ICT cresce e si qualifica
Gli studi dei primi anni 2000 osservano gli effetti indotti dalla presenza di una impresa
locale capace di competere a livello internazionale e di conquistare il vantaggio di first
mover 106.
La crescita impetuosa del settore avviene tra il 1996 e il 2000, le imprese ICT dell'area
crescono complessivamente del 64%; la loro consistenza sul totale delle imprese aumenta
da 1,71 a 1,90. Nel 2001 si stima che su circa 1000 imprese ICT siano 280 quelle con
competenze specialistiche e con capacità di individuare opportunità di mercato innovative.
Numeri questi che pongono la provincia di Cagliari al 3° posto in una classifica delle 32
106
Banco di Sardegna (2001); Ferrucci e Porcheddu (2004)
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province meridionali per presenza di imprese con competenze specialistiche ICT e
contribuiscono alla positiva posizione (11° posto) che la Sardegna occupa nella
graduatoria nazionale per quanto riguarda le imprese che offrono prestazioni ad alto
valore aggiunto. Il peso relativo del settore ICT Sardegna sul totale dell'Italia rimane assai
modesto (2% per le unità locali e 1,3% degli addetti) ma acquista importanza
nell'economia regionale. Nel 2002 l'Istat stima che in Sardegna circa il 3% del prodotto del
comparto Industria e Servizi sia attribuibile all' ICT.
La tabella che segue (tab.1) fotografa la situazione esistente nel 2001 per imprese e addetti
ICT in Sardegna e nella provincia di Cagliari.
TAB.1. Imprese e addetti ICT in Sardegna e nella provincia di Cagliari - valori assoluti e percentuali anno 2001
Totale imprese Sardegna
2477
100
Totale imprese provincia CA
1584
53,3
Totale addetti Sardegna
9942
100
Totale addetti provincia CA
5381
59,1
Fonte Osservatorio economico regionale
Le attività sono concentrate (53,3%) nella provincia di Cagliari con 1584 imprese su 2477
e così pure gli addetti (59,1%) con 5381 unità su 9942.
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2. La nuova realtà imprenditoriale delI'ICT di Cagliari
2.1 Nascono e si affermano nuove imprese
A distanza di oltre un decennio (avendo preso a riferimento il 2001) l' ICT di Cagliari
continua ad essere, in un contesto completamente mutato, una realtà imprenditoriale
importante, concentrata territorialmente, con una componente altamente innovativa
specializzata nello sviluppo di software, oltre 2200 imprese107, molte delle quali giovani
(per età degli imprenditori e per anno di costituzione delle aziende), addensate nei Servizi
di informazione e comunicazione (rappresentano il 13,79% delle imprese attive nei servizi
della provincia) e un'occupazione stimata di oltre 10 mila unità.
Il SPL ICT, con una popolazione di 377.0063 abitanti (2010), è quasi per intero racchiuso
nel perimetro che comprende il comune capoluogo, 9 comuni della sua area metropolitana
e l'Università. Fuori da questa area, nel comune di Pula, sono insediati l'Ente regionale
Sardegna Ricerche che gestisce il Parco Scientifico e Tecnologico Polaris, il Centro di
ricerca CSR4, il Distretto ICT con 9 Laboratori e 21 imprese.
Oggi si presenta con le caratteristiche ed i vantaggi di un “cluster tecnologico urbano”:
•
la dimensione urbana/metropolitana che assicura il vantaggio competitivo
costituito dalla vicinanza ai clienti in un mercato locale che, per quanto piccolo,
genera un' apprezzabile domanda di beni e servizi tecnologici in un contesto
fortemente terziarizzato e con una forte presenza di realtà produttive importanti;
•
la disponibilità di capitale umano altamente formato (non tutti i casi di successo
sono comunque attribuibili all'alta formazione) nelle discipline tecnico-scientifiche
più prossime alle professioni ICT;
•
il costo relativamente basso delle figure professionali più richiesta dal mercato ICT
e la loro scarsa mobilità;
•
la reputazione delle imprese che operano nel luogo dove ha preso avvio l'ICT;
•
la presenza di infrastrutture informatiche, telematiche e di trasporto (in particolare
l'aeroporto internazionale) che assicurano il networking tecnologico e la mobilità
di lungo raggio.
L'impresa che ha fatto nascere il settore, Tiscali, è ancora la sola grande impresa, sia pure
ridimensionata e nazionalizzata. Altre imprese sono nel frattempo cresciute. Akhela, ex
107
Ufficio studi Camera di Commercio di Cagliari (2011)
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Gruppo Saras Moratti oggi Solgenia, è sicuramente quella che spicca tra le imprese
innovative di medie dimensioni. Akhela non ha relazioni con Tiscali ma ha rapporti di
collaborazione con l'Università e con piccole imprese altamente specializzate. Il suo
amministratore delegato, P. Ravasio, ne ha assicurato lo sviluppo in ambiti tecnologici del
futuro (sviluppo di software, embedded processes, high performance computing)
investendo in R&S e in progettazione europea.
Anche un certo numero di piccole imprese nate agli inizi degli anni 2000 si mostra capace
di produrre innovazione e di competere sui mercati extraregionali. Tra queste, Abbeynet
vanta una specializzazione nelle TLC che le ha fatto guadagnare importanti riconoscimenti
internazionali. Ma il dato che si impone all'attenzione è la numerosità delle giovani
imprese, la fabbrica delle App, delle multinazionali tascabili, di start up e di spin off, che
costituiscono la Cagliari Valley e che hanno tanta voglia di farcela scommettendo sulla
propria capacità di produrre, prima e meglio di altri, ciò che il mercato chiede.
Nell'insieme prevale la piccola dimensione, il settore è altamente segmentato e non si
intravvedono soggetti e consistenti processi di aggregazione, i percorsi imprenditoriali
sono raramente incrociati ma le eccellenze ci sono e sono numerose.
Nei paragrafi che seguono si approfondiscono i casi di Tiscali, Akhela e Abbeynet grazie
alle informazioni direttamente fornite dagli intervistati e si riportano alcuni esempi di start
up di successo il cui profilo è stato anch'esso tratteggiato nel corso delle interviste.
2.2 Tiscali è più italiana
Contrariamente ad altre grandi imprese di Telecomunicazioni che sono state cancellate
dalla crisi della new economy, Tiscali riesce a riorganizzarsi per affrontare, nei primi anni
2000, il passaggio alla net economy ma il percorso si presenta assai travagliato e
complesso. La strategia che aveva portato l'impresa ad estendersi in Europa e nel mondo
non è più sostenibile. L'accesso alla rete si rivela non adeguato, disponendo di poche forze
in troppi Paesi come viene rappresentato nella fig. 1.
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Figura 1 Il network di Tiscali
Nel 2004 si avvia la fase delle dismissioni delle controllate estere ma R. Soru non è più
alla guida dell'impresa. Dal 2004 al 2009 sarà Presidente della Regione Sardegna. In
questo periodo si avvicendano diversi AD ma problemi di natura interna contribuiscono
ad accrescere le difficoltà dell'azienda: La tempesta in cui l'impresa viene a trovarsi porta,
nel 2008, a considerare l'ipotesi della vendita ma, quando ormai sembra cosa fatta, la firma
del contratto con Telecom, viene bloccata. Prosegue la fase delle dismissioni di quasi tutte
le società costituite o acquisite dopo la quotazione in borsa. Nel 2009 intraprende una
severa ristrutturazione per superare la grave crisi finanziaria che l'ha portata ad una
situazione di defoult.
Vende Tiscali Uk (che produceva il 69% dei ricavi del gruppo) a Carphone House Group,
e Tiscali International Network (che assicurava la rete di interconnessione europea) a SB
Private Equity, cede i suoi 380 mila clienti consumer alla tedesca Freenet. Operazioni
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queste che si rivelano un ottimo investimento per gli acquirenti108. Tale operazione,
insieme ad un piano di riduzione dei costi, consentirà in ogni caso di riportare l'azienda a
condizioni di sostenibilità finanziaria, riportando il debito ad un rapporto equilibrato con
gli utili. Nel 2011 il fatturato consolidato è di oltre 267 milioni di euro e i dipendenti a
tempo indeterminato sono 950 compresi i 200 dipendenti di Omnia la società che operava
in outsourcing. Per i lavoratori di altri outsourcer, su sollecitazione dei sindacati, l'azienda
assicura la disponibilità a creare un bacino preferenziale per le future assunzioni.
Difendere il lavoro e le competenze interne, facendo ricorso anche ai contratti di
solidarietà, diventa obiettivo primario così come salvare l'indipendenza ed il tratto
identitario dell'azienda.
A fine 2010 i clienti di Tiscali sono oltre 722 mila di cui 572 mila ADSL, questi ultimi si
riducono a 494 mila nel 2011. Gli investimenti nel biennio 2009-2010 ammontano a 76,5
milioni di euro.
Pur ridimensionata e nazionalizzata, Tiscali è ancora una grande impresa che scommette
su nuovi mercati e nuovi modelli di business. Per le imprese locali rimane un esempio da
imitare perché ha cambiato il clima culturale della regione, ha trainato la propensione ad
intraprendere in un settore d'avanguardia, ha dimostrato che si possono fare imprese
vincenti nel mercato globale partendo da un contesto locale arretrato.
L'idea originaria di fare un'industria che fosse un nuovo modello di sviluppo, viene
confermata. Il mercato ICT è molto cambiato negli ultimi anni, è diventato molto più duro,
ma si deve ancora scommettere sulla possibilità che in Sardegna non si produca solo per i
mercati locali, peraltro troppo piccoli. Il mondo digitale si svolge in rete e la rete è
ubiquitaria anche se non totalmente indifferente al contesto in cui l'attività si svolge.
L'obiettivo perseguito è quello di spostarsi su “mercati più piccoli, più snelli, più puliti,
più economici, più parsimoniosi” (quota del 5% del mercato digitale). L'avventura della
ADSL è finita. Le telecomunicazioni mobili sono chiuse. L'accesso alla rete è prerogativa
di grosse società di capitali. Non si può scommettere su questo. La rete c'è, è di buona
qualità, bisogna solo investire per potenziare la capacità di connessione.
La scommessa va fatta sui servizi. Nei servizi è ancora tutto da fare, ci sono grandi
opportunità. Il mondo del social network è esploso ma non c'è un solo servizio italiano o
europeo che sia entrato in questo mercato. Il futuro di Tiscali si gioca su questo terreno.
108
Nell'intervista rilasciata il presidente Renato Soru più che di vendita ha parlato di svendita per entrambe le
operazioni che avrebbero triplicato il loro valore a distanza di pochi mesi a tutto vantaggio degli acquirenti. Le notizie
riportate dalla stampa quantificano in 45 milioni di euro il fatturato ricavato dalle attività cedute
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Per il prossimo futuro l'azienda di Renato Soru ha in cantiere un nuovo motore di ricerca
sulla lingua italiana che si annuncia come un fatto nazionale importante. Del resto il
fondatore di Tiscali guarda con soddisfazione a Volunia, un progetto visionario, che attirò
anche l'attenzione di Nicholas Negroponte, direttore del MediaLab al Mit di Boston, e che
oggi è diventato il motore di ricerca italiano di terza generazione, frutto dell'omonima start
up fondata nel 2008 da Massimo Marchiori (inventore italiano dell'algoritmo di Google) e
da Mariano Pireddu, imprenditore sardo che fu AD dell'internet provider Czech On Line
Oggi Tiscali punta a posizionarsi sulla nuova onda tecnologica provocata dalla rivoluzione
dei social media e dalla pervasività delle ICT. Rivoluzione che si traduce in soluzioni
tecnologiche avanzate per sviluppare interazione, offrire servizi personalizzati, servizi
over the top109. Il modello di business dell'azienda si sposta verso prodotti innovativi e
competitivi (INDOONA e Streamago
110
) ad alto valore aggiunto nel mercato del social
networking.
2.2.1. Diversifica ed amplia i servizi offerti
Senza ridimensionare i servizi di connessione a banda larga (ADSL) parte fondamentale
del core business aziendale, di telefonia mobile (Tiscali Mobile) e di telefonia su internet
(VOIP), Tiscali fornisce oggi servizi per la comunicazione digitale integrata. La strategia
dell' azienda continua a puntare sul mercato consumer ma è anche rivolta ad una maggiore
penetrazione nel mercato dei servizi per le PP.AA. ed al rafforzamento del segmento
business dove ha acquisito importanti clienti nel settore della grande distribuzione
energetica e delle banche, immettendo sul mercato nuovi prodotti ad alto valore aggiunto,
a costi competitivi, differenziandosi dai concorrenti di telefonia fissa e mobile,
espandendo e potenziando la propria rete (unbundling), che conta oltre 700 punti di
presenza in Italia.
A questo fine ha investito sull'offerta di soluzioni create con le tecnologie Cloud attraverso
cui è possibile accedere ad infrastrutture e ad applicazioni IT non più sostenendone i costi
dell'acquisto e della manutenzione ma pagando solo i servizi effettivamente utilizzati
109
I servizi over the top nascono negli Usa ma tendono ad espandersi anche in Europa. Si tratta di nuovi service
provider non associati a nessun operatore di rete mobile. Sotto la sigla NUVO forniscono servizi di voce, sms, mms, Tv
110
Indoona è un social network, con servizio di microbloggin, chat, pubblicazione video life, condivisione di
contenuti, è l'evoluzione in chiave social dei nuovi servizi di telecomunicazione. Consente, utilizzando la connessione
internet, sia in mobilità (wi-fi e 3G) che da casa, di chiamare, videochiamare, inviare messaggi di testo e multimediali,
tramite smartphone, tablet e PC. Compete con Skype nel mercato Voip. Attivo da. pochi mesi in nove lingue ha già
raggiunto oltre 700 mila utenti.
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(offerta di seconda generazione).
I principali servizi e prodotti innovativi sono indicati nel sottostante riquadro.
TISCALI - Tipologia di servizi e prodotti
Tipologia di servizi
Prodotti
Servizi Multimediali,
Tiscali.it, portale web ricchissimo di attualità, intrattenimento,
servizi, prodotti e assistenza
Tiscali Social news per integrare i contenuti prodotti dagli
utenti con il mondo dei Social Media
Videomaker.tiscali.it destinato alla raccolta di contenuti
audiovisivi all'interno del portale
Servizi business
Virtual Private Networks (VNP) per migliorare
comunicazione tra le diverse sedi di un'azienda
Servizi di Cloud Computing per imprese
Tiscali Cloud, gamma completa di servizi e soluzioni per le
imprese: Claud storage, Virtual server, Managed Mail, Billing
as a Service e Disaster Recovery
Servizi di Cloud Computing per PA
Net-Cloud che consente di usufruire delle più avanzate
infrastrutture offrendo la rete “as a service”
la
Servizi a valore aggiunto (VAS) e per la Streamago, nuovo servizio di live streaming sul web per
comunicazione digitale integrata (telefono, video trasmettere video in diretta anche da smartphone
chiamate, messaggi)
INDOONA, social media con servizio di microbloggin, chat,
pubblicazione video life, condivisione di contenuti
2.2.2. Tiscali preferisce le reti lunghe
Tiscali ha ricevuto critiche - e le riceve tuttora - per la sua presunta assenza di volontà a
“fare sistema” locale. Di fatto in passato il mercato locale non disponeva delle competenze
necessarie per un'impresa che poneva le basi in 15 paesi del mondo e che potevano essere
acquisite solo da fornitori esterni. Il recente riorientamento di Tiscali verso l'offerta di
servizi ha creato un nuovo interesse per il know how di imprese locali che nel corso di
questi anni si sono specializzate nello sviluppo di software e nella produzione di contenuti
per il web. I rapporti commerciali con alcune di esse sono ancora limitati a poche
esperienze (Softfobia, AXIS, Abbeynet)111 per limitati contratti di fornitura. I fornitori di
web applications rimangono grandi società come Accenture e Engeneering, mentre per le
forniture di hardware l'accordo è con un il Gruppo ZTE, leader cinese di
telecomunicazioni e servizi di rete, coinvolto anche per il progetto della banda ultra larga
nell'area di Cagliari, progetto bloccato dalla decisione della Regione Sardegna di
realizzare direttamente l'intervento.
111
Un breve profilo di queste società è riportato più avanti (Cap.2, paragrafi 2.4 e 2.5)
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253
Tiscali intrattiene rapporti privilegiati con l'Istituto Italiano di Informatica e l'Università di
Pisa per la parte R&S e con l'Università di Cagliari, Dipartimento di Ingegneria Elettrica
ed Elettronica, per collaborazioni nell'ambito delle attività didattiche.
2.2.3. Nuove sfide, nuovi concorrenti
I principali competitors di Tiscali rimangono i gestori nazionali di telefonia fissa e mobile
per l'accesso ad internet a banda larga (Telecom, Wind, Infostrada, Fastweb, Vodafone),
per la telefonia mobile si aggiungono Coop e Poste Mobile. La sfida si alza rispetto ai
servizi over the top con cui l'azienda intende riqualificare la propria offerta. La prevista
attivazione di un nuovo motore di ricerca si prevede aprirà la competizione con Google ed
altri grandi operatori internazionali. Sui servizi per la comunicazione digitale integrata la
competizione è aperta con Skype.
2.3 Ackhela passa da Saras a Solgenia
2.3.1 Le performance a seguito della ristrutturazione
La fondazione di Akhela da parte del Gruppo Saras Moratti, risale al 2004. L'obiettivo è
quello di disporre di una qualificata struttura per la sicurezza dello stabilimento
petrolchimico di Sarroch ma sopratutto di diversificare le proprie attività per creare nuove
opportunità di occupazione ed accedere alle agevolazioni dei CdP
112
. In questo quadro
nasce “Città dell’Innovazione”, una sorta di distretto attivo in comparti ad alto contenuto
tecnologico che contempla la costituzione di otto nuove società, una delle quali (Atlantis)
in posizione di holding. Saras controlla l’intero pacchetto azionario della holding ed è
socio di maggioranza di tutte le altre società coinvolte “Città dell’innovazione” prevede un
costo complessivo di 57,5 milioni di Euro, il 64% dei quali di agevolazione pubblica. Ma
il progetto non decolla. In poco tempo si rende necessaria la rivisitazione dell’intero CdP.
Atlantis cede a Saras il ramo di impresa relativo all'ICT e diventa titolare di un CdP
112
Dal 1995 al 2004, Saras ha beneficiato di ben tre CCdPP consecutivi, unico caso nella “storia” dello strumento.
cfr. Silvestri F. (2008).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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autonomo (Atlantis-Sviluppo del territorio)113. Saras avvia la ristrutturazione interna
portando a confluire in Akhela, la good company, le società costituite da Atlantis.
A seguito della ristrutturazione Akhela registra tassi di crescita elevati ed un aumento
significativo del numero degli occupati. Nel 2011 occupa circa 200 addetti (erano 170 nel
2007) nella sede legale e operativa di Cagliari, di cui il 50% ingegneri, quasi tutti
provenienti dall'Università di Cagliari (altri 120 nelle sedi di Milano, Torino, Roma,
Maranello) con un fatturato di circa 26 milioni di euro (raddoppiato nell'ultimo
quadriennio).
Il mercato di sbocco dei servizi della società è nazionale. Sul mercato regionale realizza
solo un intervento per la sicurezza della rete del Comune di Cagliari (meno dell' 1%
fatturato). I suoi principali clienti sono grandi e prestigiose imprese: Ferrari, Maserati,
Magneti Marelli, Enel, Eldor, Telecom, Poste Italiane, Finmeccanica, Heineken, BNL,
Bticino, Honeywell, Alitalia, Banca del Libano.
Al Dipartimento di Ricerca e Sviluppo, creato nel 2009, presso cui opera il laboratorio
(Akhela Lab), lavorano 20 persone, con l'obiettivo di intravvedere le opportunità esistenti
a livello europeo e di costruire i partenariati adeguati per concorrere. Il progetto europeo
più consistente (23 milioni di euro) è in fase di conclusione e vede il coinvolgimento del
DIEE (Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica) con cui da tempo l'azienda
collabora. Altri partner sono: Thales, Volvo, Philips olandese, Vitrociset, multinazionale
già presente in Sardegna, Comune di Roma.
2.3.2. Il passaggio da Saras a Solgenia
Recentemente, marzo 2012, Saras cede Akhela a Solgenia (ex Olivetti). Solgenia è
presente in diversi ambiti nazionali e possiede delle controllate anche in USA, Canada e
Messico. Il suo fatturato è di 50 mila euro, i dipendenti sono 500 e 3000 i clienti. Oltre agli
azionisti di maggioranza, i Solgenia Founders, gli azionisti sono Zernike Meta Ventures
Spa, B Group Spa e Tamburi Investment Spa.
L'impresa nasce come start up a Spoleto nel 1994. A partire dal 2002 avvia una strategia di
acquisizioni di società con competenze specialistiche per diventare Gruppo leader nel
mercato delle soluzioni e servizi applicativi nell'area della gestione aziendale. Costruisce
113
Il CdP intestato ad Atlantis si basa sulla realizzazione di un laboratorio avanzato che avrebbe dovuto
sviluppare soluzioni, tecnologie e servizi per il territorio; attraverso una rete di Centri Servizi Territoriali. Atlantis Spa,
fallisce dopo aver beneficiato di finanziamenti pubblici rilevanti (Contratto di Programma, MIUR, POR FERS e POR
FSE), e i suoi amministratori finiscono sotto accusa per truffa aggravata a carico della PA.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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alleanze strategiche con primarie società (Microsoft, IBM, Telecom, Oracle, SAP, hp). I
suoi prodotti vanno su diversi mercati (aziende manifatturiere, PA, Services, Utilities,
banche, TLC). Tra i suoi clienti i Ministeri dell'Interno, della Difesa, della Giustizia,
INPS, INAIL, ENEL, Telecom, Wind, Automobili Lamborghini, Panaria Group, Dolce e
Gabbana.
L'AD di Solgenia, R. Bonifazi, spiega che la decisione di puntare su soluzioni software ad
alto valore aggiunto “è basata sulla convinzione, supportata da numerose ricerche e analisi
di settore, che sia proprio il software il principale elemento che permetterà alle aziende che
operano nell’ Information Technology di ottenere margini significativi”. Per questo
Solgenia punta a sviluppare una offerta altamente differenziata e competitiva negli ambiti
di cloud computing, software applicativo e piattaforme per soluzioni in mobilità.
Solgenia S.p.A. persegue l'obiettivo di diventare una delle prime 25 aziende italiane di
ICT passando attraverso la realizzazione di significative sinergie industriali per l'offerta di
prodotti, per la copertura di mercato e per le competenze. I vertici di Akhela considerano
molto positivo il passaggio a questa società e ritengono di portare in dote assets di grande
importanza, quali un portafogli di contratti consolidati pluriennali di circa 90 milioni di
euro e tra questi un contratto pluriennale di servizi ICT per Saras; un Centro di
competenza per lo sviluppo di software embedded e per dispositivi mobili; un Data Center
di proprietà. In più Akhela è già ben posizionata, ricoprendo l'82° posto nella classifica
nazionale delle società ICT.
Dopo il passaggio a Solgenia la società manterrà la propria identità ed il posizionamento
acquisito sul mercato. Il nuovo azionista conferma l'attuale AD, Piercarlo Ravasio, per
assicurare il consolidamento della crescita degli ultimi anni e puntare al massimo livello di
qualità i servizi offerti.
2.3.3. Le reti di Akhela sono lunghe ma anche corte
La visione dell'azienda coerentemente con il suo nome africano (che significa “costruire
un nido per se stessi e per qualche altro”) è molto orientata al fare rete quale condizione
per lavorare commesse importanti che richiedono competenze specialistiche di cui le
imprese locali sono dotate.
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Per questo ha intrapreso una serie di collaborazioni con svariate imprese locali(quali
Xorovo, Agilteck, Prossima Isola)114 con elevata competenza in ambiti tecnologici di
primaria importanza e condivide la logistica con Stream, l'impresa che fornisce servizi di
call center a DELL e Amazon che occupano complessivamente 248 persone, laureati e
diplomati.
Con Tiscali invece le relazioni sono limitate a qualche contatto per ricerca e sviluppo e ad
acquisti di banda, collaborazioni più intense tra le due aziende sono ritenute possibili per
le complementarità esistenti che, se sviluppate, potrebbero rivelarsi proficue per entrambe
e per il territorio.
Più in generale Akhela punta su collaborazioni con Università e centri di ricerca a livello
regionale, nazionale e internazionale e con diverse realtà istituzionali:
•
condivide progetti di ricerca importanti con l'Università di Cagliari (DIEE) con cui
ha frequenti scambi di docenza, stage e tirocini, partecipa al Laboratorio
fotovoltaico - che lavora su progetti di mobilità elettrica d'interesse per il
Mediterraneo (smart grid integrato con mobilità) di Sardegna Ricerche, intrattiene
collaborazioni informali con il CRS4;
•
ha attivato scambi e collaborazioni importanti con il Politecnico di Torino, la
Regione Piemonte, l'Università dell'Aquila, l'Università Bicocca di Milano;
•
ha stabilito uno stretto rapporto di partnership con TNO, corrispettivo olandese di
CNR, rafforzando l' apertura internazionale;
•
partecipa a 9 importanti progetti europei nell'ambito della piattaforma ARTEMIS
che sviluppa tecnologie per i sistemi embedded.
2.3.4. I concorrenti di Akhela
Considerati gli standard di qualità, le competenze e le infrastrutture di cui dispone Akhela
non si intravvedono competitors a livello regionale. Dopo il passaggio a Solgenia che ha
reso pubblici i suoi obiettivi di crescita nel settore ICT c'è da aspettarsi che la
competizione si rafforzi sul mercato nazionale nei segmenti dove l'impresa è attualmente
presente (Enterprise e Large Account).
114
Un breve profilo di tali imprese viene delineato nel paragrafo 3.5
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
257
2.3.5. Aree di attività, servizi e prodotti
Akhela è focalizzata su due aree di attività:
1. Sviluppo e gestione di servizi ICT che comprende servizi di sicurezza (fisica e
logica) e gestione ottimizzata di infrastrutture complesse;
2. Sistemi Embedded, i cui servizi sono focalizzati sul mondo automotive e
principalmente dedicati ai fornitori delle case automobilistiche
La scheda sottostante ricostruisce i principali servizi e i prodotti offerti.
AKHELA – Aree di attività, tipologia di servizi e prodotti
Area di attività
Sistemi embedded
Servizi
Consulenza
Progettazione
di
architetture
hardware e software (Linux, Open
Source)
Design e sviluppo del prodotto finale
Soluzioni rivolte ai settori
automotivee transportation, Telco
e automazione industriale
Proprietà intellettuale
Soluzioni industriali accessibili
Multimedia e infotainment
Sviluppo e gestione di servizi ICT
Prodotti
Servizi per la sicurezza
Sistemi per l'utilizzo integato di
dispositivi multimediali sia nel
settore automotive che nella
domotica
Sistemi di sicurezza fisica
(sopratutto di impianti industriali)
Servizi di progettazione e gestione di Sistemi di sicurezza logica
infrastrutture IT complesse
(Sistemi per la protezione di reti
informatiche e securizzazione
delle applicazioni)
Datacenter Automation
Servizi di supporto a sistemi di Soluzioni di Business intelligence
CRM/call center
e application management
Servizi per cluster e sistemi di calcolo Servizi on site, sviluppo e
HPC (High Performance Computing) integrazione di soluzioni, HPC
infrastructure as a service
Servizi di integrazione e sviluppo di Soluzioni
personalizzate
di
software, gestione e aggiornamento di applicazioni basate su Open
applicazioni
Source
Servizi di mobile applications
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
Soluzioni per
piattaforme
la
gestione
258
di
2.4 Abbeynet si riorganizza
Abbeynet115 nasce a Cagliari nel 2000 come impresa di telecomunicazioni con 15
dipendenti, per iniziativa di G. Dettori che resterà socio unico. Nel 2001 viene trattata la
sua incorporazione in Tiscali ma la decisione finale la porta a restare indipendente. Il
fatturato è andato crescendo fino a 3 milioni di euro negli anni in cui l'azienda opera in
gran parte su commesse Telecom e così pure i dipendenti che nel 2006 sono circa 70.
Attualmente gli occupati sono 30 a tempo indeterminato, l' amministrazione è gestita con
consulenti, R&S, marketing e business development sono presidiati da risorse strategiche
interne.
Dopo la crisi nel settore delle Telecomunicazioni ed il blocco delle commesse Telecom,
l'azienda si focalizza su prodotti tecnologici sviluppati all'interno dei suoi laboratori di
Ricerca.
Abbeynet è oggi tra i più importanti operatori nazionali di telefonia VoIP (Voice-overInternet Protocol), tecnologia su cui l'azienda ha costruito la propria specializzazione,
offrendo sul mercato nazionale prodotti all'avanguardia (Chocophone, Abbeyfone e
Sitofono) prima che Skipe costruisse il suo successo su di essa. La sua offerta si
caratterizza per le soluzioni avanzate, rivolte ad integrare la comunicazione in rete. La
piattaforma “Click to call” (che attraverso l'attivazione di un bottone all'interno di un sito
web consente di parlare gratis con l'azienda, supportando le attività commerciali via web)
rappresenta la base su cui Abbeynet ha sviluppato soluzioni altamente personalizzabili,
rivolte ad operatori di telecomunicazioni, system integrator, directory, pubbliche
amministrazioni, catene alberghiere, gruppi editoriali, piccole medie imprese e banche.
L'azienda ha rapporti di collaborazione con l'Università di Cagliari e con il Politecnico di
Milano. Ha marginali rapporti con Tiscali cui fornisce tecnologia (1% del fatturato). Dopo
sette anni di presenza sul mercato per 2 anni consecutivi (2006-2007) ottiene il prestigioso
riconoscimento Pulver 100 assegnato alle 100 aziende ICT più innovative al mondo.
Le tappe fondamentali del percorso aziendale sono: 2000 lancio di Chocophone uno dei
primi servizi di telefonia Voip al mondo, interamente gratuito, si finanzia con la
pubblicità; 2001 rilascio di EVT (Enterprise Video Telephony), piattaforma/softphone
115
Il caso Abbeynet è stato selezionato come esempio di piccola impresa consolidata del SPL ICT che ha saputo
qualificarsi in tecnologie d'avanguardia.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
259
VoIP pensata per le imprese; 2002 rilascio della piattaforma VoIP EPM (operatore
telefonico colombiano), offerta triple play integrata con softswitch Italtel e gateways
Cisco; 2003 rilascio di WTS – Web Telephony Platform, una piattaforma/softphone Voip,
distribuita, attraverso Italtel, a svariati operatori di telecomunicazioni in tutto il mondo;
2004 lancio di Abbeyphone, il primo portale europeo di telefonia VoIP in modalità
prepagata, dedicato al mercato consumer; 2005 primi rilasci della piattaforma VoIP basata
su tecnologia Abbeyphone, Repubblica, Telecom Italia e Wind sono tra i primi clienti;
2006 lancio di Sitòfono, il click to call dedicato alle PMI; 2007 lancio di Hictu!, strumento
innovativo, primo al mondo, per comunicare in rete e rilascio di “Chiama gratis”,
piattaforma click to call basata su Sitòfono, sviluppata per il gruppo Seat-Pagine Gialle.
Il prodotto più recente (2011) sviluppato dall'AD di Abbeynet è Twimbow un'applicazione
nata per risolvere problemi nell'utilizzo di Twitter, uno strumento innovativo che consente
di integrare tutte le funzionalità necessarie per l'utilizzo di questo social media, facilitando
il consumo di contenuti116 .
116
Twimbow anticipa inoltre quello che si potrà fare con l' “internet delle cose”, consentendo agli utenti di
inviare tweet che possono cambiare i colori. La sperimentazione è stata fatta in un albergo di Cagliari, il THotel, dove
sono stati fissati dei pannelli il cui colore può essere cambiato semplicemente inviando un messaggio a Twimbow. che
oggi è anche una start up americana con sede a San Francisco.. Dal luglio 2011 a febbraio 2012 ha acquisito 25.000
utenti in tutto il mondo.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
260
2.4.1 Servizi e prodotti offerti
Il riquadro sottostante richiama in sintesi i principali servizi e prodotti offerti da Abbeynet.
ABBEYNET - TIPOLOGIA DI SERVIZI E PRODOTTI
Servizi
Servizi di nuova generazione per utenza consumer
Prodotti
Abbeyphone primo portale europeo di telefonia VoIP
in modalità prepagata, dedicato al mercato consumer.
Hictu! Nuovo modo di comunicare (video, audio,
microblogging)
Servizi di nuova generazione per piccole e medie Sitofono sistema che permette di ottimizzare il
imprese
business on line delle aziende basato su click to call
arricchito di nuove funzionalità
Servizi di nuova generazione per grandi imprese
Chiama gratis, sviluppato su piattaforma click to call
per Seat Pagine gialle
2.5 Le start up avanzano
2.5.1 Le imprese di cui si parla e le loro strategie
L'humus digitale creato nell'area di Cagliari dall' ICT storico (CRS4, Video on line,
Tiscali) ha continuato ad alimentare la creazione di imprese che trova sostegno nella
strategia della Regione Sardegna rivolta ad incrementare il numero e la qualità di spin off
e imprese innovative117. L'area è diventata un'officina di sperimentazione di idee dove
giovani sardi si esercitano ed inventano nuovi prodotti, talvolta dopo aver fatto studi ed
esperienza all'estero.
L'indagine di campo ha consentito di rilevare un fermento crescente intorno al fenomeno
delle start up innovative che si sono imposte all'attenzione grazie anche al successo che
alcune di esse stanno avendo a livello internazionale per lo sviluppo di prodotti
competitivi ed appetibili anche per grandi players mondiali. I dati e le osservazioni dei
testimoni privilegiati portano ad affermare che una nuova generazione imprenditoriale,
“cresciuta a pane ed Internet”, nativa digitale, sembra essere capace di inserirsi con
successo nella nuova ondata tecnologica, creando in loco nuove opportunità di
occupazione altamente qualificata, in grado di produrre cultura innovativa in
117
POR FERS 2007-2013
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
261
controtendenza rispetto ad un contesto arretrato come ancora si presenta il sistema
produttivo regionale e locale.
Più volte nel corso delle interviste sono state richiamate le caratteristiche delle seguenti
esperienze (molto più alto è il numero di quelle citate), alcune delle quali localizzate nel
Parco Polaris:
•
Karalit, un' impresa di successo, nata da uno spin off del CSR4, che sviluppa e
produce
un
software
“rivoluzionario”
nel
settore
della
fluidodinamica
computazionale (CFD) destinato alla comunità aerospaziale. Il successo di Karalit
è confermato dall'invito a presentare il proprio prodotto all'Aerospace Science
Meeting nel gennaio 2012.
•
Paperlit, start up che sta avendo grande successo grazie al software che consente
di portare in formato digitale per iPad, smartphones e tablets quotidiani e periodici.
Ha già conquistato numerose e prestigiose testate in Italia e all'estero.
•
Xorovo, spin off universitario, recentemente incorporato in Applix, sviluppa e
industrializza tecnologie e servizi web innovativi orientati al mercato del social
networking online e dei servizi web di gestione dei rapporti con l'utenza per le
piccole e micro imprese. Sviluppa anche tecnologie software per sistemi embedded
e system integration ad alto contenuto tecnologico. Cagliari Cult è un esempio di
coproduzione tra Xorovo e il Consorzio Camù di Cagliari
specializzato in
contenuti culturali,
•
Applix, Apps Enabler Company, impresa che sta avendo un'espansione
rapidissima e che dalla Lombardia è arrivata a Cagliari, potendo investire solo nel
Sud in quanto finanziata dal fondo Principia, perché ricerca competenze elevate per
lo sviluppo di applicazioni in cui è specializzata.
•
Agiletec progetta e sviluppa soluzioni software per aziende e PA basate su
componenti Open Source e Metodologie Agili. Opera anche nello sviluppo di
soluzioni software accessibili che consentono di abbattere le barriere informatiche
sulla Rete. Offre, inoltre, soluzioni su misura in ambiti specifici come portali
internet e intranet, GIS, mobile, cooperazione applicativa per PA.
•
Entando è un'impresa, costituita da Agiletec, per la realizzazione di Portali
Internet e Intranet di tipo informativo, collaborativo e di servizi, progettata e
realizzata per soddisfare le esigenze di aziende pubbliche e private, su piattaforma
Open Source. Ha aperto una sede in Irlanda e prossimamente varcherà l'oceano.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
262
•
Apps Builder, attraverso una piattaforma avanzata, dà la possibilità, in modo
facile ed intuitivo, di creare e condividere un numero illimitato di applicazioni per
dispositivi mobile di ultima generazione. In meno di un anno ha prodotto 20 mila
applicazioni che sono state scaricate oltre un milione di volte.
•
ReiLabs è una spin-off della società milanese Reitek spa, attiva nei settori delle
TIC e delle TLC, ricerca e sviluppa piattaforme tecnologiche all’avanguardia nel
settore delle video-telecomunicazioni. Opera principalmente nel settore delle
tecnologie software per le telecomunicazioni multimediali.
•
Prossima Isola, impresa nata a Sassari con un finanziamento di Sardegna
Ricerche, attiva a Cagliari, fornisce servizi Internet ad alto contenuto innovativo
con l'ambizione di diventare il primo partner tecnologico in Sardegna. Con il
progetto Were is Now è arrivata finalista nella competizione del 2009 organizzata
da Mind the Bridge (vedi paragrafo 3.5.1).
•
Sardegna.com, partecipata da Axis Strategic Vision, è un portale multilingue
progettato per la vendita online della destinazione Sardegna. Si distingue per la
ricchezza dei contenuti unitamente ad un sistema tecnologicamente avanzato di
ricerca e booking on line. Nel 2011 Sardegna.com ha realizzato un fatturato di 2
mln di €, con una crescita del 441% rispetto al 2008.
•
Porcovino, start up che, selezionando i migliori prodotti dell'agroalimentare
italiano, produce una bottega virtuale del Wine&Food Made in Italy, offrendo una
dimensione sociale e narrativa dell'e-commerce. I suoi principali mercati di sbocco
sono Giappone e USA. Anch'essa finalista nella competizione organizzata da Mind
the Bridge.
•
Sardex, nata dall'idea di creare una rete di imprese che si finanziano
reciprocamente a tasso zero e che utilizzano negli scambi una moneta
complementare (Sardex) fondata sulla fiducia, una moneta che non viene stampata
ma che consente contrattazioni e pagamenti attraverso operazioni contabili su
internet. In pochi mesi al circuito di credito reciproco hanno già aderito più 500
imprese.
Imprese giovani ma più consolidate anche a seguito di recenti riorganizzazioni interne
sono:
•
Softfobia, una Internet Business Solution che vanta competenze specialistiche,
offre prodotti destinati al web 2.0 e sistemi per la creazione di social network,
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
263
community, blog, CMS. Tra i suoi clienti: Tiscali e Aruba, Mondadori e Condè
Nast, Radio 105 e Virgin Radio, SKY e il gruppo Finelco
•
Axis Strategic Vision, da web agency specializzata nello sviluppo di interfacce
web usabili, è evoluta in una knowledge company focalizzata in applicazioni
avanzate per il web. La società è insediata presso il Parco Scientifico e
Tecnologico Polaris, ha collaborazioni con l'Università ed i centri di ricerca locali,
i suoi clienti, piccole e medie imprese ed enti pubblici, sono distribuiti sul territorio
nazionale.
La strategia di tali imprese sembra essere orientata, in alcuni casi, ad assicurare che i nuovi
prodotti conquistino una certa quota di mercato in tempi molto rapidi affinché le imprese
possano essere comprate da grandi gruppi nazionali o internazionali, senza rinunciare al
radicamento territoriale.
2.5.2 I soggetti che le accompagnano
Sardegna Ricerche, l'Ente che gestisce il Parco Polaris, negli ultimi anni ha
accompagnato circa 50 di queste esperienze di cui un terzo sono ICT, utilizzando uno
specifico Programma di aiuti118 . L'intervento é articolato in tre fasi:
• selezione delle migliori idee ed accompagnamento alla predisposizione del
business plan;
• selezione dei migliori business plan e assegnazione del contributo finanziario alla
realizzazione del piano di sviluppo aziendale;
• accompagnamento allo start up.
IL Programma intende “forzare” la costituzione di imprese innovative che possono
nascere dai prodotti della ricerca o da percorsi di auto imprenditorialità. L'incentivo per la
prima fase di vita dell'impresa è di 100 mila euro. Il tasso di cofinanziamento è dell' 85%
considerato il livello di rischio e l'innovazione richiesta. Nel 2011 sono state ammesse
all'accompagnamento 25 proponenti di nuove idee d'impresa. Molte delle start up
finanziate negli anni scorsi stanno ora affrontando la difficile fase di consolidamento. E'
interessante notare che l'alto tasso di fallimento (in media 7 su 10) non sembra scoraggiare
la nascita di nuove esperienze.
118
Programma “Aiuti alle start up innovative” (POR 2007-2013)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
264
Questa politica pubblica è giustificata dall'assenza di operatori privati disponibili a
sostenere un rischio così elevato.
Ma la domanda di sostegno è cresciuta tanto da attivare un business angel privato che è
anche venture capitalist, The Net Value, che ha cominciato ad operare nel 2009. Il suo
fondatore, Mario Mariani, possiede competenze maturate in 15 anni di esperienza come
manager aziendale prima in Video On Line e successivamente in Tiscali. The Net Value
seleziona imprese con idee innovative e acquista quote di partecipazione di quelle più
promettenti. Al suo attivo segna l'accompagnamento di decine di start up di cui due stanno
avendo uno sviluppo interessante, Paperlit e App Builder. (vedi paragrafo 3.5.1)
Un ruolo importante nell'azione di stimolo alle start up cagliaritane viene giocato dalla
fondazione non-profit Mind the Bridge. L’idea è venuta a M. Marinucci, manager di
Google, nel 2007, per supportare la creazione e lo sviluppo di idee innovative ed originali,
mettendo in contatto imprenditori italiani meritevoli con la Silicon Valley ed il suo tessuto
imprenditoriale
Ogni anno Mind the Bridge organizza un evento, la “Business Plan Competition” che
permette di identificare i progetti di business più innovativi, offrendo così agli
imprenditori più talentuosi la possibilità di partecipare al “MtB Venture Camp” di Milano
da cui poi, le start up selezionate, partiranno per il “Mind the Bridge Gym”, un programma
di formazione, coaching e mentoring, in Silicon Valley.
I casi di successo non oscurano le fragilità di queste nuove esperienze (vulnerabilità dei
prodotti, difficile protezione della proprietà, carenze manageriali, organizzative,
finanziarie), né la loro eccessiva segmentazione, ma la febbre è alta e contagiosa. Cagliari
Valley esprime l'orgoglio di produrre una “tecnologia made in Sardinia” interessante per il
resto del mondo.
2.5.3 La specializzazione delle nuove imprese
Nell'ambito dei servizi ICT lo sviluppo del software propriamente detto119 è individuato
come quello più promettente per il futuro, rispetto al quale le imprese locali innovative,
ritengono di disporre di (o di saper produrre) capacità tecnologica adeguata per competere
sui diversi mercati.
119
Lo sviluppo del software propriamente detto è ricompreso nella componente “Software e Servizi” relativo al
comparto IT così come definito dall'Istat.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
265
Questa informazione è confermata da una recente indagine campionaria dove il segmento
più rappresentativo del campione120 è costituito da imprese che operano nello “sviluppo del
software” (45%), seguito dal segmento “realizzazione di siti, applicazioni e grafica”
(31%). Il totale dei due segmenti (86%) indica l'assoluta prevalenza di “Servizi e sviluppo
di software” in coerenza con le tendenze generali del settore ICT.
Lo sviluppo del software, nell'area di Cagliari come altrove, è trainato da due processi in
piena espansione:
•
il primo è quello della “rivoluzione del mobile”, che ha comportato la
moltiplicazione ed il continuo evolvere dei dispositivi (cellulari, smartphone,
tablet, smart device) per accedere alla rete Internet;
•
il secondo è quello dei sistemi di software che caratterizzano il nuovo web (web
2.0) interattivo, alimentano i social media, aggiornano di continuo le applicazioni,
sviluppano nuove metodologie.
Il software applicativo risulta nettamente prevalente nell'offerta delle piccole e medie
imprese innovative del SPL.121 La stampa specializzata122 parla di una vera e propria APP
economy che a Cagliari sorprende per la sua vivacità e consistenza, per la sua capacità di
inventare nuovi prodotti di nicchia ad alto potenziale.
3. Il SPL raccontato dai dati
3.1 Unità Locali e addetti sono concentrati nell'area di Cagliari
Le informazioni reperite tramite interviste - sulla consistenza dell' ICT di Cagliari e la sua
attuale composizione - con molta difficoltà possono essere incrociate con informazioni
quantitative, acquisite attraverso diverse fonti di dati. La discontinuità, segmentazione,
scarsa confrontabilità dei dati (anche per le modifiche introdotte nella definizione del
perimetro dell'ICT), non consentono di realizzare confronti approfonditi tra la realtà
odierna e l'ICT storico. Qualche comparazione, con molta cautela, può essere, tuttavia,
proposta.
120
121
122
METAGroup (2011)
Il mercato del software si articola in tre componenti Applicativo, Middlware e Software di sistema
Il Sole 24 ore, La fabbrica italiana delle “app”, 12 febbraio 2012
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
266
L'effetto di concentrazione di imprese e addetti nell'area del SPL123, rilevato agli inizi del
decennio 2000, risulta confermato da diverse fonti.
Dati di fonte Istat (tabb.2 e 3) consentono di ricavare il valore percentuale delle UL
(43,39%) e degli addetti del SLL Cagliari (57,66%) sul totale Sardegna. Questi dati non
sono molto dissimili da quelli rappresentati (vedi Cap. 1, tab.1) per l'anno 2001 (53,3%
delle imprese e 59,1% degli addetti in provincia di Cagliari)
Il peso relativo dell' ICT del SLL sul totale Italia rimane assai modesto (0,92% per le UL e
0,81% per gli addetti) ma il peso relativo della Sardegna cresce anche se di poco rispetto al
2001 (2,12% per le UL e 1,41% per gli addetti, rispetto al 2% e all'1,3%).
TAB.2. Unità Locali ICT – Italia, Sardegna, SLL Cagliari – valori assoluti e percentuali - anni 20102011
Ambiti territoriali
Comparti ICT
Numero Unità Locali
Italia
Sardegna
SLL Cagliari
ICT manifatturiero
5419
ICT servizi
112679
Totale UL
118095
ICT manifatturiero
62
ICT servizi
2445
Totale UL
2507
ICT manifatturiero
34
ICT servizi
1054
Totale UL
1088
UL SLL Cagliari/ Italia
0,92
UL SLL Cagliari/ Sardegna
43,39
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
123
Il SPL ICT comprende solo 10 comuni del SLL del lavoro di Cagliari ma l'indagine ha confermato che le
attività ICT sono quasi per intero svolte nel perimetro del SPL e pertanto i dati riportati per il SLL sono da considerare
coincidenti con quelli riferibili al SPL.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
267
TAB.3. Gli addetti ICT – Italia, Sardegna, SLL Cagliari e % SLL Cagliari su Italia e Sardegna – anno
2009
Ambiti territoriali
Comparti ICT
Numero Addetti
Italia
ICT manifatturiero
ICT servizi
79473
Totale UL
Sardegna
SLL Cagliari
541.285
620.758
ICT manifatturiero
250
ICT servizi
8540
Totale UL
8790
ICT manifatturiero
175
ICT servizi
4894
Totale UL
5069
Addetti SLL Cagliari/ Italia
0,81
Addetti SLL Cagliari/ Sardegna
57,66
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
3.2 I Servizi prevalgono nettamente
Passando alla lettura dell' attuale composizione del settore ICT dell'area di Cagliari, il dato
che sorprende maggiormente è quello relativo al peso degli addetti e delle UL nel
comparto dei Servizi ICT (96,54%) rispetto agli addetti e alle UL totali del settore ICT nel
SLL. Queste percentuali non lasciano dubbi sul valore residuale della componente
manifatturiera dell' ICT di Cagliari a fronte di una nettissima caratterizzazione nell'ambito
dei Servizi.
I dati Movimprese 2009-2010 sulle imprese attive nei Servizi di Informazione e
Comunicazione124 confermano la tendenza ad una concentrazione nella provincia di
Cagliari delle attività connesse ai Servizi ICT.
Essi evidenziano, inoltre, un incremento (tab. 4) nel 2009-2010 (gli anni in cui la crisi ha
fatto registrare pesanti contrazioni in quasi tutti i settori di attività) del numero delle
imprese attive ( +3,5%) nell'area di Cagliari, più consistente di quello registrato in
Sardegna (+2.4%) e in Italia (+2,2%).
124
Le componenti principali dei Servizi di Informazione e Comunicazione sono le attività di editoria, inclusa
l’edizione di software (divisione 58), le attività di produzione cinematografica e registrazioni musicali e sonore
(divisione 59), le attività di programmazione e trasmissione radiofonica e televisiva (divisione 60), le telecomunicazioni
(divisione 61), le attività delle tecnologie di informazione (divisione 62) e altre attività dei servizi di informazione
(divisione 63). Ateco 2007
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
268
Il numero delle imprese attive nei Servizi nel 2010 (1547) risulta di poco inferiore a quello
registrato nel 2001 per l'intero settore ICT (1584).
TAB.4. Imprese attive nei Servizi di informazione e comunicazione Valori assoluti e percentuali - anni
2009-2010 Ateco 2007
Cagliari
Sardegna
Italia
Imprese Attive
Valori assoluti
2009
2010
2009
2010
2009
2010
1495
1547
2732
2798
106341
10869
Variazione %
Fonte: Movimprese
3,5
2,4
2,2
I dati più recenti della Camera di Commercio, disponibili solo per la provincia di Cagliari,
(tab.5) oltre che confermare la tendenza alla ulteriore crescita delle imprese nei Servizi, sia
pur modesta in termini numerici (+ 4 imprese attive in un anno), confermano che l' ICT di
Cagliari è in questo ambito di attività che continua a prevalere nettamente con quasi il
70% delle imprese attive. Nel 2001 i Servizi ICT erano presenti nell'area con il 72% delle
imprese e il 75%.degli addetti125.
TAB.5. Imprese ICT provincia di Cagliari - anno 2011
Imprese ICT
Registrate
Attive
Servizi inf.ormazione e comunicazione
1654
1551
Attività manifatturiere
887
678
Totale imprese ICT
2541
2229
% Servizi su Totale imprese
Font:. Camera di Commercio di Cagliari
65,09
69,58
3.3 La piccola impresa è meno piccola
I dati Istat su UL e addetti consentono di ricavare il dato medio degli occupati per UL ICT
nel SLL di Cagliari.
Questo risulta risulta pari a 4,65 unità ed evidenzia sia una più contenuta segmentazione
del tessuto imprenditoriale rispetto agli inizi del passato decennio (il dato medio del 2001
è 2,9), sia un rafforzamento rispetto alla regione Sardegna in cui le UL occupano
mediamente 3,59 unità.
Rispetto al dato medio dell'Italia (5,25 addetti per UL) l' ICT di Cagliari presenta, invece,
una dimensione più ridotta.
125
Murroni C. (2004)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
269
3.4 Aumentano le società di capitali
La ripartizione delle imprese ICT attive per forma giuridica elaborata su dati
Movimprese126 (tab.6) per la provincia di Cagliari nel 2010 vede ancora la prevalenza delle
imprese individuali (47,27%).
Seguono le società di capitali (29,67%) e le società di persone (22,60%).
Le società di capitali insieme alle società di persone costituiscono oltre il 52% del totale
delle imprese ICT.
Il confronto con il dato medio (17,6%) delle imprese cagliaritane aventi la forma giuridica
di società di capitali evidenzia i maggiori progressi realizzati dalle imprese ICT nella
strutturazione della forma societaria.
TAB. 6. – Imprese ICT per forma giuridica Provincia di Cagliari – anno 2010
Società
Registrate
Attive
Iscritte
Cancellate
Società di capitali
428
378
9
12
Società di persone
183
288
6
10
Società individuali
611
608
94
80
Totale imprese ICT
1347
Fonte: Elaborazioni su dati Movimprese
1274
3.5 Crescono i mercati di sbocco extraregionali
I risultati di una recente indagine127 consentono di cogliere le variazioni intervenute nei
mercati di sbocco delle imprese ICT di Cagliari: 43% degli intervistati realizza prodotti
rivolti principalmente ad un mercato nazionale, il 31% affronta il mercato internazionale,
il 26% opera sul mercato regionale. Questi dati vedono ancora consistente il mercato
regionale ma in un quadro dove si accentua il peso dei mercati nazionale ed ester0 (74%),
anche se una parte consistente delle imprese tende a posizionarsi su più mercati.
La stessa indagine consente di rilevare i mercati di sbocco in relazione agli utilizzatori dei
prodotti e servizi offerti. Le imprese e le strutture pubbliche sono i principali clienti delle
126
Il numero delle imprese ICT per forma giuridica è inferiore a quello che la stessa fonte (Movimprese) fornisce
per le imprese attive nei Servizi di informazione e comunicazione. Ciò si spiega con l'alto numero di imprese non
classificate (6230) nella ripartizione per forma giuridica.
127
METAGroup (2011) Del campione di 202 imprese ICT invitate a compilare il questionario on-line10 hanno
risposto autonomamente. Per avere dati significativi ai fini statistici si è deciso di procedere attraverso interviste
telefoniche, chiamando tutte le 202 imprese in elenco, per arrivare a collezionare 62 questionari con una risposta pari al
31%.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
270
imprese ICT ( rispettivamente 39% e 38%) mentre l'utente privato costituisce un segmento
più limitato (8%).
Il confronto con lo scorso decennio è reso possibile una indagine campionaria del 2004128
da cui si ricava che quasi il 50% delle imprese del campione (6 su 11) operano quasi
esclusivamente sul mercato regionale, mentre la maggioranza (7 su 11) si rivolgono al
mercato nazionale per almeno il 35% della loro produzione, ed in numero inferiore (4 su
11) si rivolgono per una quota del 15% al mercato estero.
Se ne ricava una notevole crescita della capacità delle imprese del SPL ICT di accedere
negli anni più recenti ai mercati extraregionali.
3.6 Crescono fatturato e Valore Aggiunto (2007-2008)
Il fatturato del SPL ICT129 raggiunge nel 2008 oltre 548 milioni euro, pari all'1,91% del
fatturato totale delle imprese Sardegna e superiore al 3% del fatturato totale delle imprese
provincia di Cagliari. Il dato da evidenziare è quello relativo all'incremento di fatturato
2007-2008 (tab.7) delle imprese del SPL più che doppio rispetto all' incremento del totale
imprese della provincia di Cagliari e quasi il triplo rispetto a quello conseguito dal totale
imprese della Sardegna.
TAB.7. Fatturato ICT SPL, provincia di Cagliari e Sardegna - Incrementi 2007-2008 Valori assoluti
(migliaia di euro) e percentuali
Imprese
Fatturato 2008
Fatturato 2007
Incremento 2007-2008
% Incremento 2007-2008
Totale imprese SPL
548790
418751
130039
23,69
Totale
imprese
Provincia CA
17523650
15576864
1946786
11,1
Totale
imprese
2574151
Sardegna
28583400
26009294
Fonte: Elaborazioni su dati Osservatorio economico regionale 2008
9
Le imprese dei Gruppi Tiscali e Saras (tab.8) contribuiscono per il 70% nel 2008 e per il
58,68% nel 2007 al totale del fatturato del SPL.
128
Ferrucci e Porcheddu (2004), cit.
La fonte utilizzata è il NAB (Archivio dei bilanci della Direzione Generale della Programmazione Unitaria e
della Statistica Regionale) – Osservatorio Economico su dati AIDA-Bureau VAN DUK. La copertura delle informazioni
tratte dai bilanci delle imprese attive è intorno al 65%.
129
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
271
TAB. 8. Fatturato Imprese Gruppi Tiscali e Saras su fatturato totale SPL 2007-2008 Valori assoluti in
migliaia di euro
Imprese
Fatturato 2008
Fatturato 2007
Tiscali Italia
316248
275363
Sartec (Saras)
27045
23898
Akhela srl
18789
15912
Tiscali Spa
17425
Non disponibile
Tiscali International Net.
7505
6880
387012
322053
70,52
58,68
Totale Gruppi
% Gruppi su fatturato SPL
Fonte: Elaborazioni su dati Osservatorio economico regionale 2008
Come si può osservare dalla tabella che segue (tab.9) la produzione di VA delle imprese
del SPL rappresenta nel 2008 poco meno del 70% del VA aggiunto del totale delle imprese
ICT Sardegna.
TAB. 9. Valore Aggiunto - Totale imprese ICT Sardegna e % SPL - Valori assoluti (in migliaia di euro)
e percentuali - anno 2008
Totale imprese ICT Sardegna
231880
Totale imprese ICT SPL
160311
% SPL su totale imprese Sardegna
69,13
Fonte:Elaborazioni su dati Osservatorio economico regionale 2008
Analogo esercizio condotto per ricavare il VA del SPL rispetto al totale imprese ICT della
provincia conferma che le attività del settore ICT sono racchiuse quasi per intero nel
perimetro dell'area distrettuale (99,84%) .
Passando all'analisi del contributo apportato dai singoli comparti ICT (tab.10) non si può
non rilevare che il valore aggiunto delle attività di Telecomunicazioni è interamente
prodotto dal SPL, che le Attività di Informatica si portano oltre il 50% mentre quelle
dell'Elettronica rimangono di poco inferiori a tale valore. La media settoriale è di circa il
69%.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
272
TAB. 10 Valore Aggiunto ICT per comparti - Totale SPL e totale imprese Sardegna Valori assoluti e
percentuali - anno 2008
Attività Informatica e
Valore Aggiunto
Telecomunicaz.
Elettronica
Totale ICT
R&S
Totale Distretto
73559
60453
26299
160311
Totale Sardegna
73675
104298
53907
231880
% SPL
99,94
57,96
48,78
68,89
Fonte: Elaborazioni su dati Osservatorio economico regionale 2008
In sintesi: i dati analizzati confermano ed accentuano l'importanza del SPL ICT di Cagliari
nel contesto regionale, sopratutto per il peso dei due gruppi - Tiscali e Saras che incidono
per oltre il 70% sul fatturato e per oltre il 60% del VA prodotto dalle imprese del SPL. Le
altre imprese concorrono per il 30% al fatturato e per il 40% alla produzione di VA.
3.7 Fatturato e VA: non solo segno meno nell'anno della crisi (2009)
I dati su fatturato e VA nel 2009 consentono di verificare se e quanto la crisi ha modificato
le performance delle imprese del SPL ICT di Cagliari.
Considerando l'aggregato delle imprese guida,130 quelle del SPL registrano un calo
complessivo di fatturato del 5,89% di molto inferiore al calo (-18%) registrato dal totale
delle imprese guida nella regione. Se si osservano le variazioni per singola impresa si
vede, però, che la perdita è in gran parte attribuibile a Tiscali (-12,23%), a Sartec-Saras (12,77%) e ad un'impresa di call center Kistio (-13,63%). Tutte le altre registrano
incrementi e tra queste anche Akhela (+9,10%).
Sul VA sono interessanti i dati riferiti alla gran parte delle imprese indagate dal presente
studio: Tiscali ha un incremento di oltre il 25%; Akhela del 4%, Abbeynet di oltre il 37%;
Softfobia del 16%; Reilabs di quasi il 37%; Axis Strategic Vision di oltre il 30%. Solo
Agiletec registra un decremento del 47%. Xorovo entra nella classifica 2009 con 157 mila
euro di VA (non era presente nella classifica settoriale del 2008).
130
Le imprese guida sono le realtà del tessuto produttivo regionale che si collocano ai vertici delle classifiche
regionali per fatturato e valore aggiunto prodotto in base alla classifica stilata dalla Regione Autonoma della Sardegna
(2011
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
273
4. Il sistema pubblico di sostegno alla ricerca e all'innovazione: l'investimento nelle
ICT
4.1 Risultati della strategia della Regione Sardegna
La Regione Sardegna ha intrapreso fin dalla metà degli anni 80 una politica di sostegno
all'innovazione e alla società dell'informazione. Parco ST Polaris, Consorzio 21,131 CSR4,
sono gli strumenti adottati prima che le tecnologie dell'informazione e comunicazione
diventassero la base di un nuovo settore di attività economica.
Successivamente ha proseguito gli investimenti in tali infrastrutture di supporto con
l'obiettivo di assicurare l'eccellenza dei prodotti della ricerca e la formazione di un capitale
umano altamente qualificato.
Nel 2005 ha sottoscritto con il MIUR un APQ per il cofinanziamento del Distretto
tecnologico inserito in una più ampia strategia regionale per l'innovazione e con l'obiettivo
di rendere la Sardegna un modello di eccellenza nell'utilizzo delle ICT. Nel 2007 si è
dotata di un quadro normativo (Legge Regionale 7/2007) finalizzato ad inquadrare
unitariamente le attività di ricerca, a selezionare le priorità, ad indicare i criteri per
assicurare la selettività delle iniziative da finanziare e gli indicatori per valutare i risultati
delle politiche poste in essere. Il Piano Regionale per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico
(PRRST), predisposto in accordo con il MIUR, ha istituito la “Rete regionale per
l'innovazione” con l'obiettivo di favorire forme stabili di potenziamento degli strumenti di
interfaccia, il trasferimento tecnologico, la creazione di Piattaforme innovative, la
formazione di agglomerazioni e di interconnessioni produttive di filiera, l'attrazione di
eccellenze esterne, lo sviluppo di partnerschip strategiche a livello internazionale.
Il bilancio complessivo di questa politica, nella visione dei diversi operatori intervistati
non è soddisfacente, pur con la raccomandazione a non ignorare l'esistenza di specifici
risultati positivi. Un recente studio del Nucleo Regionale di Valutazione132 valida la loro
percezione.
In estrema sintesi lo studio arriva alle seguenti conclusioni:
•
è mancato il monitoraggio degli obiettivi fissati in termini di realizzazione e di
impatto;
131
Ente pubblico fondato con la Legge 21 del 1985 per gestire il Parco Polaris e assistere le PMI nei processi di
innovazione.
132
Piano di valutazione della Politica Regionale Unitaria 2007-2013 (2011)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
274
•
sono mancati gli indicatori di realizzazione e di impatto delle singole misure;
•
le procedure per l'attuazione dei singoli interventi non sono state trasparenti,
efficienti ed efficaci;
•
è mancato il monitoraggio degli interventi delegati alle società/agenzie regionali;
•
non è stata indagata la domanda di innovazione delle imprese locali;
•
è mancata una comunicazione chiara rivolta ai beneficiari sulle opportunità offerte
dalla politica;
•
sono state insufficienti le risorse destinate alla crescita delle competenze, al
trasferimento tecnologico alle imprese, ad azioni di scouting rispetto agli incentivi
finanziari all'investimento.
4.2 Le proposte per una politica pubblica più efficace
Ristabilire l'unitarietà delle competenze in materia di ricerca scientifica e di innovazione
tecnologica in capo all'Assessorato alla Programmazione e al CRP (Centro regionale di
Programmazione), prevedendo l'istituzione di un Fondo Unico regionale (FUR), è l'
obiettivo posto in premessa nei documenti di lavoro della Regione, ritenuto fondamentale
per assicurare il coordinamento delle politiche e delle fonti di finanziamento.
Altri sostanziali cambiamenti sono annunciati dal CRP che propone la condivisione, con il
sistema delle università e con altri attori, del nuovo Piano regionale per la ricerca
scientifica e l'innovazione tecnologica (PRRSIT):
•
Differenziare il ruolo della ricerca che si realizza nelle sedi scientifiche, in
particolare nelle Università, da quella che si realizza in ambito aziendale o su
commessa delle aziende. La prima dovrà essere svincolata da obiettivi direttamente
produttivi per essere orientata alla qualità e potrà essere attivata sia con approccio
bottom up (su iniziativa dei ricercatori), sia top down (nei settori strategici indicati
dalla Regione), puntando sulle potenziali eccellenze e sulle possibili ricadute sul
tessuto produttivo locale, utilizzando criteri selettivi definiti a livello
internazionale.
•
Puntare al rafforzamento ed alla qualificazione della domanda delle imprese. Gli
strumenti sono di due tipi: aiuti finanziari alle imprese per ricerca e innovazione;
servizi riqualificati a sostegno delle imprese perché investano in R&S.
Le linee su cui sviluppare i due tipi di ricerca sono trasversali e non si prevedono
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
275
modifiche rispetto a quanto indicato dal POR 2000-2006.
“Informatica e Telecomunicazioni” si conferma, quindi, come linea prioritaria, da
sostenere, sia mediante la messa a sistema delle infrastrutture di ricerca e la loro fruibilità,
con procedure chiare e trasparenti, da parte di tutti i potenziali utenti, sia con progetti
strategici condivisi dal mondo imprenditoriale e da quello della ricerca. L'approccio
bottom up sarà sostenuto con iniziative di scouting e auditing tecnologico delle imprese
nonché con la creazione di spin off o comunque di applicazioni produttive della ricerca.
Gli strumenti di cui la regione intende avvalersi per realizzare tale Piano sono: il progetto
INNOVA.RE, in fase di attuazione, e il Sistema regionale di valutazione della ricerca
universitaria, in fase di definizione.
Progetto INNOVA.RE. É gestito da un Gruppo di pilotaggio e coordinamento, cheaperto
ad altri soggetti economici ed istituzionali (Camere di Commercio, Organizzazioni
imprenditoriali, Enti Locali) ma non al sindacato. Il progetto è proposto come modello di
cooperazione in rete tra soggetti impegnati nel favorire l'incontro tra offerta e domanda di
innovazione, tra mondo della ricerca e imprese. Dal lato della domanda agisce
coinvolgendo le imprese, individuandone le esigenze e le potenzialità innovative per
indirizzarle alle competenze esistenti e tradurle in progetti di ricerca e innovazione. Dal
lato dell' offerta supporta il mondo della ricerca a “porsi sul mercato” anche attraverso la
creazione di nuove imprese innovative, come gli spin off, degli organismi di ricerca dei
quali promuove l'aggregazione per ottimizzare competenze, risorse umane e strumentali
qualificate.
La riuscita di questo intervento vede come premessa il potenziamento del capitale umano
coinvolto, l'inserimento di INNOVA.RE nei più importanti network nazionali ed
internazionali per la ricerca e l'innovazione.
Sistema regionale di valutazione della ricerca universitaria. É ancora da costruire (ma è già
attiva l'Anagrafe della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica) e ne vengono
indicati solo i riferimenti (Decisioni comunitarie per la realizzazione dello Spazio europeo
della ricerca) e le attività da sottoporre a valutazione:
•
progetti di ricerca (fondamentale, applicata, di sviluppo precompetitivo), presentati
da imprese e università, enti e centri di ricerca pubblica e privati e da loro consorzi
o altre forme associative;
•
progetti di start up di giovani ricercatori;
•
programmi per il distacco temporaneo di ricercatori dalle università e dai centri
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
276
pubblici di ricerca presso le PA e le imprese e viceversa;
•
progetti di trasferimento tecnologico;
•
attività di ricerca dei Dipartimenti e centri di ricerca interdipartimentali;
•
attività di ricerca dei singoli ricercatori.
Gli orientamenti della Regione rispetto ai pilastri del suo sistema d'intervento Parco ST
Polaris, Distretto ICT (DistrICT) e CRS4 sembrano meno nettamente orientati. Nella
deliberazione che approva e finanzia il programma di attività 2011 di Sardegna Ricerche,
riconosce il “ruolo strategico di Sardegna Ricerche” e del Parco Scientifico e Tecnologico
“che si è rivelato lo strumento essenziale per le iniziative della ricerca e dell'innovazione
nell'isola” ma riconosce che si deve fare di più a sostegno dei programmi di sviluppo delle
imprese e delle attività a valle della ricerca.
Circa il ruolo dei Distretti Tecnologici regionali la Regione riconferma l'importanza nella
sua strategia per l'innovazione sia del Distretto Biomedicina, sia di DistriICT.
Di
quest'ultimo, tuttavia, non coglie la sua dimensione territoriale, preoccupandosi di
evidenziarne la “intelaiatura diffusa” in tutta la Regione.
4.3 Il Parco Scientifico e Tecnologico Polaris: in attesa di rilancio
La presentazione ufficiale del Parco133 descrive una realtà senza ombre e criticità:
•
uno dei più importanti Parchi S&T in Italia;
•
20 Laboratori tecnologici (ICT /Biomedicina /Fonti energetiche rinnovabili);
•
uno dei più potenti centri di calcolo in Italia: 47mila TFlops (miliardi di
operazioni al secondo) e 1,5 PetaByte di spazio disco;
•
66 imprese insediate (sedi di Pula e Alghero) e una comunità di 500
ricercatori/imprenditori;
•
uno dei sei Distretti Tecnologici italiani ufficialmente riconosciuti dal Ministero
dell’Università e della Ricerca;
•
un distretto ICT (DistrICT) con 21 imprese insediate e 9 Laboratori Tecnologici
(Medicina, Telemicroscopia, TV collaborativa, Open media center, Geo web,
Modelli 3D, Open source, Contenuti digitali, Contenuti dell'ambiente) attivati.
133
M.P. Corona (2011)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
277
In particolare DistrICT è presentato come un sistema integrato e competitivo dove Centri
di ricerca, università e imprese lavorano insieme per realizzare applicazioni, prodotti
innovativi e progetti di R&ST sulla frontiera delle ICT e sulla loro applicazione in settori
economici cruciali per la regione, quali turismo, beni culturali e ambientali, prodotti tipici
e trasporti.
Di fatto i testimoni privilegiati e gli imprenditori intervistati esprimono valutazioni assai
critiche sul funzionamento di DistrICT e più in generale su come funziona (o non
funziona) il sistema di intermediazione tra ricerca e imprese, sui temi e sulle tecnologie
che caratterizzano le attività del Parco, percepiti come distanti dagli interessi delle imprese
più avanzate.
Le critiche ricorrenti riguardano:
a) La location del Parco che si è dimostrata non idonea in quanto decentrata rispetto
all'area urbana e suburbana in cui sono localizzate le imprese ICT e l'Università. La
distanza geografica, che supera quella di prossimità, tra le imprese e le strutture preposte a
sostenere la ricerca e l'innovazione, si palesa come una criticità che condiziona sia le
relazioni interne all'area che quelle esterne (distanza dall'aeroporto, viabilità inadeguata,
costi e tempi di trasferimento).
b) La struttura di gestione, Sardegna Ricerche, che ha perso la carica propulsiva, dove
hanno finito con il prevalere comportamenti routinari e una logica da Ente Pubblico in
quadro offuscato delle responsabilità del management.
c) La capacità attrattiva di imprese esterne all'area che è rimasta debolissima non
assicurando la presenza di soggetti che avrebbero dovuto aprire verso la costituzione di
partenariati internazionali; supportare la valorizzazione economica della ricerca prodotta
localmente; veicolare nuove conoscenze scientifiche.
d) La mancanza di progetti strategici e la carenza di quelli a titolo sperimentale intorno ai
quali aggregare le migliori competenze e capacità.
e) I tempi per l'assegnazione e l'erogazione degli aiuti, incompatibili con le esigenze di chi
produce innovazione. Questo peggioramento è dovuto al fatto che Sardegna Ricerche è
diventato Organismo Intermedio per gli aiuti alle imprese e deve sottostare a iter,
procedure e controlli che sono quelli dei Fondi Strutturali.
f) Il trasferimento tecnologico che non ha funzionato. Le iniziative di interfacciamento tra
ricerca ed imprese hanno avuto scarsi esiti. I ricercatori sono rimasti troppo spesso
invisibili per le imprese e la stessa figura (conoscenze e competenze) di esperto in
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
278
trasferimento tecnologico non è stata ben identificata.
g) Lo stimolo della domanda di innovazione da parte delle imprese, che è stato assai
debole perché è mancata un'analisi dei fabbisogni, non c'è stata attività di scouting per
focalizzare su priorità effettive i servizi reali da erogare.
h) Lo scarso interesse delle imprese a partecipare alle attività di Laboratorio per i temi
trattati e per l'approccio, spesso accademico, dei ricercatori universitari.
i) Il ruolo di indirizzo, monitoraggio e controllo da parte Regione che non è stato esercitato
a garanzia della coerente attuazione della strategia adottata.
Di recente il nuovo management di Sardegna Ricerche ha dato incarico ad una società
esterna (METAGroup) di analizzare lo stato dell'arte e di progettare un piano d'azione per
il rilancio di DistrICT, per invertire le tendenze in atto e riportare il sistema alle linee cui
la Regione sta già lavorando anche in vista delle scadenze della riprogrammazione dei
Fondi Strutturali 2007-2013 ed in preparazione del nuovo ciclo di programmazione 20142020
4.4 Il CRS4 (Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna): l'eccellenza
da riformare
Il CSR4 è il centro di Ricerca e Sviluppo del Parco Tecnologico Polaris. Istituito nel 1990
come centro di ricerca interdisciplinare di eccellenza, competitivo su scala internazionale,
per promuovere lo studio, lo sviluppo e l'applicazione di soluzioni innovative a problemi
di natura ambientale, sociale e industriale, attraverso soluzioni applicative basate su un
impiego intensivo delle Scienze e delle Tecnologie dell'Informazione e sul Calcolo
Digitale ad alte prestazioni. Ha portato il web in Italia. Il suo paradigma originario
“Ricerca Sviluppo Tecnologia Innovazione Impresa” è stato adottato da un numero
crescente di Paesi. É dotato di uno dei più potenti centri di calcolo italiani, è impegnato
nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative nei settori della Biomedicina, delle
Scienze della Vita, dell'ICT, dell' Energia e dell' Ambiente, con infrastrutture tecnologiche
di prim’ordine.
Il sistema delle collaborazioni è assai vasto: Università (Cagliari, Sassari, Oxford,
Cambridge, Harvard, Michigan), Centri di Ricerca Europei (CERN, EMBL-EBI), Progetti
UE (Elixir-Bioinformatica e FP7) Enti di Ricerca Nazionali (CNR, ENEA), Imprese hightech ( ENI, inPeco/TIH), PMI (Distretto ICT con Sardegna Ricerche).•
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
279
Come pure i progetti in corso: Sfruttamento dell’Energia Solare (termodinamico), Imaging
geofisico (esplorazione di giacimenti petroliferi), Combustione pulita, Inquinamento
(idrologico e ambientale), Bioinformatica, Cheminformatica, Genotyping + Large scale
genomics (ricerche su Sclerosi Multipla e analisi di migliaia di genomi sardi per studiare
le cause di malattie presenti in Sardegna).
Al CRS4 lavorano 180 persone di cui 160 fra ricercatori e ingegneri per oltre il 70% sardi,
risorse umane competenti e multidisciplinari che costituiscono senz'altro un suo punto di
forza.
Il ruolo fondamentale che il Centro ha svolto fungendo da volano scientifico e tecnologico
per la nascita di una grande impresa come Tiscali (e prima ancora dell'iniziativa
pionieristica di Video On Line) e lo sviluppo di un tessuto di piccole imprese ad alta
tecnologia, è unanimemente riconosciuto.
Numerosi ricercatori altamente qualificati hanno avuto un'esperienza diretta nel Centro e
nelle sue attività ma gli spin off del Centro sono rari.
I risultati complessivi, pur in presenza di competenze eccellenti, prodotti dal Centro non
sembrano più giustificare ingenti investimenti pubblici e gli intervistati, a cominciare dal
primo beneficiario (R. Soru) del sostegno del CRS4, ritengono che sia giunto il momento
di prendere decisioni atte a risolvere problemi non più rinviabili:
•
l'insoddisfacente bilancio in termini di valorizzazione della ricerca. A fronte
dell'eccellenza dei prodotti della ricerca, assai ridotta è stata la capacità di tradurli
in prototipi trasformabili in progetti industriali sostenibili da imprese locali.
Diverse sono state le opportunità perse per la mancata connessione con i soggetti
dell'innovazione e modeste le ricadute dirette ed indirette sul territorio. A questo si
aggiunge anche la difficile trasferibilità di prodotti di ricerca del Centro
oggettivamente fuori dalla portata delle imprese locali.
•
il mancato coordinamento delle competenze interne che, in assenza di indirizzi e
obiettivi definiti, hanno continuato ad operare nelle proprie nicchie rendendo
invisibili alle imprese i loro prodotti. Processo questo accentuato dall'assenza per
un anno e mezzo della figura del Direttore.
L'opinione degli intervistati sul futuro del Centro è differenziata: alcuni ritengono che un
circuito virtuoso, quale quello sperimentato alle origini, non sia più riattivabile. Le
competenze interne, alcune delle quali di assoluta qualità, non sarebbero sufficienti
in
assenza di una “terapia d'urto”, terapia che, per alcuni, deve riguardare l'intero sistema
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
280
pubblico ed il suo modo di operare verso le imprese, stabilendo nuove regole e nuovi modi
di operare.
4.5 L'Università: non bastano le buone pratiche per l'innovazione e la formazione del
capitale umano
4.5.1 Sostegno all'innovazione
Quasi tutti gli intervistati esprimono valutazioni critiche, sul ruolo svolto dall'Università
“in quanto tale” pur apprezzando fatti e comportamenti che alcuni settori dell'Università
hanno messo in essere (regolamento per gli spin off, istituzione di un ufficio di
trasferimento tecnologico, costituzione del Liason Office, Centro di competenza costituito
nell'ambito della rete MIUR). Ma sull'effettivo funzionamento di questi strumenti i giudizi
rimangono sostanzialmente non positivi.
Le ragioni dell'inefficienza sono da ricercare nel fatto che l'Università non possiede risorse
adeguate. Gli sportelli per le imprese sono affidati a personale non formato alla mission ed
al rapporto con chi opera nell'economia reale. Prevale una gestione di tipo burocraticoamministrativo e non c'è una effettiva responsabilizzazione dell'istituzione sui risultati da
produrre in termini di innovazione e trasferimento tecnologico. Circa gli spin off
universitari vengono segnalate criticità dovute alla loro permanenza presso gli uffici dei
professori ed anche un certo uso improprio dello strumento per continuare ad assicurare ai
laureati gli assegni di ricerca.
Sollecitati ad indicare le esperienze che possano essere identificate come best practices
dell'Università i nostri interlocutori tendono ad indicare come caso positivo il
Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica (DIEE). Il DIEE è particolarmente
attivo sia sul fronte dell'interazione con le aziende nella definizione dell'offerta
informativa, sia sul fronte della ricerca congiunta con le imprese. In fase di completamento
viene segnalato un grande progetto da 23 milioni di euro che insieme al DIEE e ad Ackela
coinvolge la Philips olandese, la multinazionale Vitrociset già operante in Sardegna e il
Comune di Roma.
Non è un caso che alcuni imprenditori o figure chiave di imprese di successo provengano
da questo ambiente universitario. L'AD di Abbeynet, L. Filigheddu, riconosce che il
prodotto più innovativo cui ha lavorato, Sitofono (si veda Cap.2 paragrafo 2.4) è nato dal
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
281
confronto interno al DIEE e dal sostegno che il Dipartimento ha assicurato nella fase della
sperimentazione del prodotto.
Il DIEE si distingue anche sul fronte dell'innovazione didattica, sempre più orientata a
percorsi professionalizzanti realizzati con il coinvolgimento delle più significative realtà
imprenditoriali del SPL e con la recente apertura alle PA.
Relativamente alla promozione di attività imprenditoriali, due sono le innovazioni
maggiori (oltre alla pratica diffusa di stage in azienda per studenti, laureandi e laureati): la
prima consiste nell'organizzazione di visite d'istruzione nei luoghi dove si trovano i grandi
player ICT: in California dove gli studenti visitano aziende come Apple, Google, Cisco,
HP e vengono a conoscenza della realtà accademica locale (Stanford, Berkeley, UCLA,
Caltech), a New York (IBM e AT&T) e a Seattle (Microsoft). Per il futuro sono previste
visite in Cina, il luogo emergente per l'innovazione ICT.
L'obiettivo di queste visite è consentire agli studenti di toccare con mano il funzionamento
e l'organizzazione di imprese di successo, fare vita nei campus, imparare cos'è una startup
e visitare organizzazioni come Mind the Bridge che fanno incubazione d'impresa in
California.
La seconda iniziativa consiste nel portare le imprese nelle aule; vari corsi sono professati
da professionisti aziendali e quasi settimanalmente le imprese locali sono invitate ad
intervenire in aula per presentarsi, raccontare le proprie esperienze e discutere dei futuri
sviluppi.
Con il nuovo ordinamento il voto dei laureati è intorno a 105/110. L'occupabilità dei neo
ingegneri è decisamente alta. I tempi di attesa d'impiego sono di qualche mese, ma spesso
trovano lavoro anche prima di laurearsi; non sempre trovano impiego in Sardegna.
4.5.2 Formazione del capitale umano
Relativamente alla formazione del capitale umano nelle discipline connesse con le ICT, il
dato statistico non è confortante. Nelle università della Sardegna, nel 2007, i laureati in
discipline tecnico-scientifiche sono solo 7,7 su mille abitanti.
Ma la situazione più recente mostra segnali di cambiamento.
Il trend degli iscritti ad Ingegneria, nel periodo 2006-2009 supera quello degli iscritti a
Scienze della formazione sia pur in leggero calo nell'ultimo biennio considerato (20082009).
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
282
Fonte: Direzione Generale della Pubblica Istruzione
I dati del MIUR sui laureati, disponibili per serie storica consentono un'analisi più
approfondita circa l'adeguamento dell'offerta formativa universitaria alle opportunità
offerte dal settore ICT nell'area di Cagliari.(tab.11)
A questo fine sono stati selezionati i corsi di laurea di Ingegneria (Informazione,
Elettronica, Telecomunicazioni) ed il corso di Informatica della Facoltà di Scienze
MM.FF.NN. da cui provengono le figure professionali altamente qualificate più richieste
sul mercato del lavoro ICT.
Ingegneria si conferma la facoltà con l'output universitario quantitativamente più rilevante
rispetto agli sbocchi sul mercato del lavoro ICT e notevolmente in crescita nell'ultimo
quinquennio. Nel periodo 2002-2005 i laureati nelle discipline del gruppo selezionato sono
mediamente 111 all'anno. Nel periodo 2006-2010 sono 128 e presentano un incremento
annuale di 17 laureati. Ma gli incrementi sono differenziati all'interno del gruppo. Più
consistente è quello registrato da Ing. Elettronica (+30) e da Ing. delle Telecomunicazioni
(+ 16,5) i cui corsi di laurea sono stati istituiti più recentemente, mentre è molto più
contenuto quello di Ing. dell'Informazione (+3). Trend di segno opposto si osserva per i
laureati in informatica che nel 2006-2010 sono solo poco più di 14, mentre nel periodo
precedente la media annua è di 37 laureati.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
283
La possibile spiegazione di questa differenza sta probabilmente nel maggiore
apprezzamento dell'offerta formativa della facoltà di Ingegneria ed in particolare del DIEE
che, come si è visto, gode di buona reputazione sia per la preparazione tecnica degli
studenti, sia per le facilitazioni offerte per trovare impiego o creare impresa.
Tab. 11. Laureati in discipline scientifiche attinenti alle professioni ICT - Ateneo di Cagliari - anni
2002-2010
Ingegneria
Ingegneria
Ingegneria delle
Anni
Informatica
Totale
dell'informazione
Elettronica Telecomunicazioni
2002
22
7
29
2003
63
31
94
2004
101
3
60
164
2005
83
24
50
157
269
27
148
444
2006
93
28
10
131
2007
91
50
6
147
2008
97
30
7
134
2009
88
34
13
26
161
2010
74
42
20
23
159
350
184
33
72
639
Totale
2005
Totale
2010
2002-
2006-
Fonte Elaborazioni su dati MIUR
Un confronto utile, per meglio comprendere la spendibilità delle lauree sul mercato del
lavoro, può essere quello che consentono i dati di Almalaurea sulla condizione
occupazionale dei laureati.
Il confronto viene effettuato (tab.12) con riferimento al 2010 tra i laureati provenienti dal
corso di laurea in Ingegneria Elettronica (flusso di laureati in crescita nell'ultimo
quinquennio) e quelli provenienti da Informatica (flusso di laureati in regressione nello
stesso periodo) a tre anni dalla laurea.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
284
Tab. 12. Condizione occupazionale dei laureati a 3 anni dalla laurea - Ingegneria Elettronica e
Tecnologie Informatiche - Ateneo di Cagliari -anno d'indagine 2010
Condizione occupazionale
Ingegneria Elettronica
Tecnologie informatiche
50
6
Lavora
66,7
80
Non lavora ma è impegnato in corso univ. o
17,7
20
Tasso di occupazione
91,1
100
Tasso di disoccupazione
6,8
-
Tempo dall'inizio della ricerca al reperimento del
2,9
7
Lavoro stabile (%)
60
50
Lavoro atipico (%)
33,3
50
Lavoro in settore pubblico
13,3
50
Lavoro in settore privato
86,7
50
Lavoro in ramo industria
30
25
Lavoro nei Servizi
70
75
1384
1375
Collettivo indagato
praticantato
1° lavoro (mesi)
Guadagno
Fonte Elaborazioni su dati Almalaurea
La condizione degli informatici, rispetto a quella degli ingegneri elettronici risulta più
equamente distribuita tra settore pubblico e settore privato e più soddisfacente per il tasso
di occupazione (100%), ma meno positiva per i tempi di attesa del reperimento del primo
lavoro e per la più bassa percentuale di lavoro stabile cui si unisce anche un guadagno
leggermente più basso.
L'assorbimento totale nel mercato del lavoro di queste figure - ma il collettivo indagato è
di ridotte dimensioni - potrebbe segnalare una situazione di skill shortage e, quindi,
un'esigenza di rafforzamento dell'offerta formativa.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
285
5. Conclusioni e indicazioni di Policy
5.1 Possibili sviluppi positivi e rischi per il futuro
Il concetto di bilico sembra quello più appropriato per la fase attuale del SPL ICT di
Cagliari. Sviluppi positivi sono prevedibili in quanto:
•
Tiscali, l'impresa madre, ha tenuto; è stata risanata e scommette sul rilancio basato
sull'offerta di servizi ad alto valore aggiunto e su un nuovo motore di ricerca;
•
una nuova impresa esterna, Solgenia, in fase espansiva e con obiettivi di ulteriore
crescita, acquisisce un'impresa regionalizzata, Akhela, con competenze pregiate e
caratterizzata da elevati tassi di crescita;
•
il tessuto delle piccole imprese locale vede crescere la componente innovativa e la
sua capacità di networking internazionale;
•
le piccole imprese innovative consolidate sono generalmente sane, pagano gli
stipendi e i fornitori; non licenziano;
•
una nuova generazione di sardi high tech si sta affacciando sul mercato con
prodotti innovativi che anche i mercati internazionali cominciano a guardare con
interesse.
•
Imprese esterne (USA) del settore ICT guardano con interesse al contesto
cagliaritano per progetti di delocalizzazione.
Per tutti questi motivi il potenziale di sviluppo appare elevato ma il circuito virtuoso delle
origini non sembra trovare le condizioni per riattivarsi.
•
Il lavoro sul campo restituisce la mancata valorizzazione territoriale delle diverse
componenti del SPL, organizzate su percorsi indipendenti e separati piuttosto che
interconnesse da una strategia condivisa;
•
la capacità attrattiva del contesto locale e regionale appare molto debole ed è indice
di bassi vantaggi competitivi;
•
l'ente di eccellenza, il CRS4, conosce difficoltà crescenti nella valorizzazione dei
risultati della ricerca, nella capacità di collegarsi con le esigenze del territorio e di
veicolare nuovi investimenti esterni;
•
l'offerta delle piccole imprese si presenta troppo frammentata, non strutturata
secondo una logica di filiera e priva della massa critica necessaria per rendere
durevoli ed accrescere i vantaggi acquisiti.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
286
5.2 Indicazioni di policy
5.2.1 Le indicazioni di policy degli intervistati
Manca un'idea di futuro, questo è il punto sottolineato dal fondatore di Tiscali, a cui
agganciare gli interventi della Regione, le strategie d'impresa e la mobilitazione delle
collettività locali.
“Riuscire a farcela da soli” è il messaggio ricorrente che denota scetticismo diffuso tra gli
operatori sulla possibilità che la politica pubblica possa essere riformata.
Il funzionamento della PA, i suoi tempi, le sue procedure, i suoi meccanismi di selezione
hanno finito per stravolgere anche azioni e interventi ben disegnati.
Per sostenere imprese che corrono occorre un' amministrazione pubblica che corra di più,
che veda prima di tutti i problemi e anticipi le soluzioni necessarie, altrimenti non solo non
aiuta ma produce danni e fa perdere opportunità. La politica pubblica serve solo se
accelera le decisioni d' investimento, se riesce a dare una mano per fare prima e meglio.
La domanda delle imprese locali, ad avviso degli intervistati, non è centrata sulle risorse
finanziarie, che pure servono e sono assai scarse laddove servirebbero di più (capitali di
rischio) ma è una domanda complessa che richiede interventi coerenti a più livelli negli
ambiti dove la componente innovativa del sistema presenta maggiori carenze o fragilità: lo
sviluppo di competenze non solo tecnologiche ma organizzative, manageriali e
commerciali senza le quali le idee eccellenti non diventano progetti sostenibili e
falliscono.
In ogni caso la variabile tempo, se si tratta di aiuti, è cruciale, i ritardi possono decidere le
sorti di un'azienda.
Altra questione è quella della distinzione tra beneficiari che hanno esigenze ed orizzonti
diversi. Questo vuol dire che bisogna tenere conto della composizione del settore ICT.
Non tutto ciò che c'è dentro è high tech. Le politiche non possono essere indifferenziate e
trattare allo stesso modo chi offre servizi obsoleti, standardizzati, senza investire in ricerca
e sviluppo, rivolgendosi ad un mercato regionale e locale che non domanda innovazione e
chi sta sulla frontiera tecnologica, sviluppa prodotti science based, e si confronta con
l'innovazione non solo come una condizione per crescere e diventare più competitivi ma
come la base stessa della sopravvivenza.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
287
La Regione dovrebbe fare scelte più coraggiose e decidere quali componenti dell'ICT
sono veramente strategiche puntando su di esse e non disperdendo le risorse in mille rivoli.
Altro intervento che si chiede alla Regione è di aiutare le imprese e il sistema della ricerca
ad una maggiore protezione e sfruttamento della proprietà intellettuale, per la creazione di
assets immateriali che possono essere sfruttati e utilizzati come dei veri e propri
investimenti.
Infine, prendendo atto che le imprese innovative dell' ICT hanno problemi non diversi da
quelli delle altre imprese (capacità manageriali, organizzative, commerciali, capacità di
internazionalizzazione), si richiedono incentivi diretti alla formazione imprenditoriale e
percorsi universitari più professionalizzanti.
Ciò che cambia veramente nelle imprese high tech è il rapporto tra ricerca e innovazione,
come pure l'accelerazione con cui si svolge il loro ciclo di vita.
Per accompagnare queste imprese le competenze ci sono, ma il sistema funziona
lentamente e rigidamente per cui gli strumenti a disposizione, benché essenziali e di
elevato contenuto tecnologico, rischiano di non essere pienamente sfruttati a causa della
rigidità delle regole di accesso. “É come avere una Ferrari che va a quaranta all'ora quando
potrebbe andare a 200”.
Circa gli strumenti gli intervistati segnalano l'urgenza di adeguati servizi finanziari (quali i
capitali di rischio), di servizi specializzati e organizzati in rete per l' accompagnamento
alle start up innovative (business angel e incubatori), di“esperti di trasferimento
tecnologico”, figure che devono essere ridefinite in termini di saperi e competenze.
Altre indicazioni strutturate sono già nell'Agenda della Regione Sardegna e riguardano la
riforma, in tempi rapidi, dell'intero sistema pubblico regionale (da rafforzare con un nuovo
protocollo con il MIUR e da finanziare con risorse POR) avendo l'obiettivo di
ricongiungere ricerca e innovazione per la promozione ed il sostegno alla qualificazione
del sistema produttivo locale. Ciò dovrà comportare:
•
il superamento dell'autoreferenzialità delle istituzioni della ricerca (Università e
CRS4), la riconduzione della ricerca applicata e precompetitiva alle priorità
d'interesse regionale in un quadro di indirizzi e regole definiti e di piani di
valutazione dei risultati tempestivamente predisposti;
•
la riorganizzazione dell'attività di trasferimento tecnologico (dell'Università, di
Sardegna Ricerche, del BIC e di altri enti), partendo da una ricognizione capillare,
porta a porta, della domanda delle imprese, assicurando la disponibilità di risorse
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
288
adeguatamente formate sotto il profilo di “esperto di trasferimento tecnologico”;
•
la predisposizione di nuovi strumenti integrati per le start up che investano in R&S,
per sostenerle non solo nella fase iniziale ma anche in quella di sviluppo del
prodotto e del salto produttivo e commerciale.
5.2.2 Proposte del ricercatore
La prima proposta va a rafforzare e ad estendere alcune delle indicazioni contenute nel
progetto INNOVA.RE della Regione Sardegna.
Costituzione di un Sistema informativo sui settori ad alta tecnologia con focus su ICT, con
il coinvolgimento pieno degli attori interessati, che risponda a due esigenze fondamentali:
1) conoscere e mappare le risorse presenti sul territorio, analizzarne le traiettorie
tecnologiche, leggerne i fabbisogni, il potenziale di sviluppo e di capacità competitiva; 2)
fornire agli operatori locali informazioni sui trend più generali del settore, sull' ICT del
futuro, sui mercati emergenti, sulle innovazioni che si prospettano a scala europea e
globale anche attraverso strumenti di foresight tecnologico.
Il Sistema informativo potrebbe essere sperimentato in Sardegna ma disegnato come un
sistema a rete tra le Regioni del Mezzogiorno avendo come obiettivo prioritario il supporto
all'attuazione del processo di smart specialisation, definito in sede europea come
prerequisito per l'accesso ai fondi europei 2014-2020.
Esso costituirebbe anche un ambito di lavoro comune, idoneo a far nascere una comunità
di innovatori (imprenditori e ricercatori e loro istituzioni), con risorse selezionate e
rappresentative delle diverse realtà d'impresa, orientate alla costruzione di piattaforme
territoriali
disegnate
sui
vantaggi
competitivi
esistenti,
ricercando
sinergie
e
complementarità da porre a base di una rinnovata politica a sostegno dell'innovazione che
privilegi progetti strategici e integrati con impatti misurabili sull'economia del territorio.
Disegno e attivazione di un Programma integrato d'intervento a sostegno di start up
innovative
Il territorio del Sistema Produttivo Locale di Cagliari è stato identificato come un
laboratorio in cui stanno crescendo diverse esperienze di giovani imprese dotate di
competenze e di talenti, cui guardano con attenzione anche realtà esterne alla regione. Ma
gli strumenti di sostegno sono ancora inadeguati, frammentati, non gestiti secondo una
visione strategica. Un programma integrato e dimostrativo (supporto a R&S, venture
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
289
capital, servizi reali, formazione, sviluppo competenze, ecc.) gestito da attuatori
competenti, svincolati dalle consuete procedure, potrebbe generare una best practice
replicabile in altre realtà del Mezzogiorno. In questo disegno un ruolo importante potrebbe
essere svolto dall' ICE nel supporto alle attività (ricerca di partenariati, penetrazione in
nuovi mercati, presentazione di prodotti) volte a rendere più visibile il sistema tecnologico
locale agli investitori esterni.
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
290
Bibliografia
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Murroni C. (2004) ICT local development: a case study of the metropolitan area of
Cagliari in Crenos, Working Papers, 204/12
Silvestri F. (2008) Interesse privato e (scarsa) produzione di beni pubblici in Rivista di
Economia e Statistica del Territorio, n. 3,
Agenzia governativa Osservatorio Economico (2010) Imprese guida in Sardegna
Graduatoria delle imprese guida nel 2008
Regione Autonoma della Sardegna (2011) Le imprese guida in Sardegna
Corona M.P. (2011) Dove la ricerca diventa tecnologia, in II Conferenza sull'innovazione,
Cagliari 12-13 settembre
METAGroup (2012) Piano di sviluppo Sardegna District, Documento interno
Piano di valutazione della Politica Regionale Unitaria 2007-2013 (2011) Gruppo di lavoro
ricerca scientifica e innovazione tecnologica Gli indicatori dell’attività innovativa in
Sardegna (1995-2008)
Il Mezzogiorno tecnologico. Una ricognizione in sei distretti produttivi - Draft
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