Antonín Dvořák Sinfonia n. 9 in mi minore, op. 95 “Dal Nuovo Mondo” (1893) Una manciata d'anni prima dell'epopea western al cinema, Dvořák esprime in suoni l'ormai secolare fascinazione “occidentale” (etichetta quantomai paradossale) per il mondo nativo americano con la sua Nona Sinfonia. Se il cinema – e prima di esso i vari circhi itineranti – ha mostrato i popoli che hanno popolato per millenni lo sterminato suolo nordamericano tra letture stereotipate e zuffe più o meno verosimili con i cow-boy, il compositore boemo sa elevare le impressioni dell'uomo europeo a contatto con questa cultura lontana con la forza della musica. Antonín Dvořák si trova da appena un anno negli Stati Uniti, ma il suo orecchio è già stato fecondato da una quantità di suggestioni sonore provenienti dalle comunità afro-americane e dai Nativi Americani; nelle negro melodies, principalmente nello spiritual, ravvisa con lungimiranza il futuro della musica americana. Dei Nativi Americani Dvořák non prende direttamente le melodie, ma ne reinventa partendo dai loro canoni, servendosi di scale pentatoniche – comuni a molte musiche popolari asiatiche ed europee – e di ritmi di danza autoctoni. Questi elementi innovativi uniti all'assoluta maestria compositiva del Boemo, creano un brano al contempo appassionante e strutturato, conferendo alla sinfonia l'enorme successo di cui gode sin dalla sua prima esecuzione. Dopo una grave introduzione, brumosa e delicata, il primo movimento inizia con un tema di solennità totemica che risuona nei corni, prima come accenno, poi nella sua fiera interezza. Tanto imponente da non poter abbandonare la memoria, esso si ripresenterà costantemente attraverso tutti e quattro i movimenti. A esso si affianca una melodia di danza dapprima di rassegnazione, successivamente più pacata e serena, che prelude al secondo tema, introdotto dal flauto solo. Nel corso dello sviluppo questi due temi si incontreranno e fonderanno con altri spunti melodici in un'orchestrazione sorprendentemente variopinta, che regala innegabili suggestioni visive: le pianure sterminate, le figure statuarie dei capi-tribù e degli stregoni, la dignità guerriera, spietatamente calpestata, degli ultimi nativi americani circondati dal paesaggio che era stato loro per millenni. Quest'atmosfera di malinconia atavica regna nel secondo movimento, che lo stesso Dvořák titola “leggenda” lasciandosi ispirare da una scena dal poema The Song of Hiawatha (1855) di Henry W. Longfellow. Viene messo in musica il tragico canto funebre dell'eroe irochese Hiawatha all'amata Minnehaha, cantato dalla voce struggente del corno inglese. Nella seconda parte di questo largo il protagonista sembra riaversi: una nuova melodia più risoluta si fa avanti, accompagnata dal tremolo degli archi, ma ritorna presto il tema del lamento funebre. Un trillo di flauti, quasi canto d'uccelli, vivacizza l'intera orchestra e ne fa gonfiare il suono sino a un ampio ritorno al tema-totem del movimento precedente, che si va a spegnere nella melodia iniziale del corno inglese che ora sembra rasserenata. Un'atmosfera di contemplazione chiude il movimento, in cui il vero protagonista sembra essere il suono: i timbri degli strumenti e la loro combinazione conferiscono sfaccettature sempre diverse al lamento di Hiawata. Il terzo movimento è uno scherzo incalzante e travolgente, che contiene un'altra di quelle melodie che è difficile scacciare dall'orecchio, una volta che vi si è insinuata. L'ispirazione è di nuovo epica: una danza indiana in occasione delle nozze di Hiawata. Il pennello musicale di Dvořák ci mette di fronte al fuoco attorno cui la danza sfrenata ha luogo. Pare di sentirlo ardere e di vederlo rosseggiare, raffigurato da un disegno marcato e spigoloso degli archi, dal persistente sfavillare del triangolo, dal vociare possente degli ottoni, dalla potenza dei timpani che “pestano” i passi dei danzatori. A questa danza dionisiaca si affianca una seconda melodia, spensierata e “diurna”, quasi una danza di bambini. Il tema iniziale di danza ritorna infuocato a piena orchestra e a sua volta scivola nell'inconfondibile spettro del tema-totem del primo movimento. Il poderoso tema dell'Allegro con Fuoco finale risuona negli ottoni dopo una breve introduzione degli archi, incalzante e terribile. In questo movimento l'accumulo di idee musicali raggiunge il suo apice, così come il loro intreccio, continuo e quasi ossessivo: compaiono e ricompaiono reminescenze di temi uditi nei movimenti precedenti, che vengono combinati, contrapposti e accostati a idee nuove, che non cessano di fluire dall'inesauribile penna di Dvořák e dalla sua ricchissima tavolozza sonora. Una sorta di diario di viaggio sonoro, dunque. Un lavoro già quasi cinematografico che documenta i panorami, le impressioni, le suggestioni di una permanenza in una terra tanto lontana, con i suoi ritmi neri e nativi frammisti agli echi delle origini europee. Non manca certamente la nostalgia verso il paese natio, presente sia in alcune comparse melodiche, sia nella grande forma europea per eccellenza: quella della Sinfonia. Mauro Masiero PROSSIMI CONCERTI: 3 novembre ore 20.30 FRANCESCA DEGO violino FRANCESCA LEONARDI pianoforte Integrale delle Sonate per violino e pianoforte di L. van Beethoven (I parte) progetto di rete interregionale L. van Beethoven Sonata op. 30 n. 3 Sonata op. 96 Sonata op. 47 Alberto Schiavo “e d’ego l’adorni” (opera commissionata - prima esecuzione assoluta) 24 novembre ore 20.30 JAN LISIECKI 23 OTTOBRE 2015 pianoforte ore 20.30 ORCHESTRA SENZASPINE W. A. Mozart F. Liszt F. Mendelssohn F. Chopin Sonata n. 11 in la maggiore K. 331 3 Etudes de Concert, op. 144 Variations sérieuses, op. 54 Studi op. 25 in collaborazione con FONDAZIONE TEATRO LA FENICE con il concorso Ministero per i beni e le attività culturali I filmati dei nostri artisti su www.youtube.com/user/AMICIMUSICAMESTRE JONATHAN ROOZEMAN violoncello Direttore TOMMASO USSARDI tipografiamiranese.com ne ricchissima di variazioni e giochi ritmici, anche il violoncello langue sul secondo tema, scritto appositamente per esaltarne l'estensione baritonale, capace di un perfetto legato e di un'espressività di voce umana potendo vibrare le note tenute. A momenti di ampio lirismo e di intensa cantabilità si susseguono passaggi di convulsa agitazione, gioco scatenato e virtuosismo trascendentale, nei quali al solista viene chiesto di portare il suo strumento ai limiti della tecnica, suonando passaggi complessi su note doppie, scale cromatiche, rapidissimi arpeggi staccato, accordi, passaggi di ottave e altro ancora, in cui il violoncello sa tener testa ora a una fanfara di trombe e fiati, ora all'intero ensemble degli archi, ora all'oboe tenue e acuto, ora ai timpani, ora a tutta l'orchestra. Il secondo movimento è un costante e raffinato dialogo del solista con gli altri strumenti, in particolar modo i fiati. La prima melodia ricorda quella del primo Lied op. 82, dedicato al suo amore impossibile: la cognata Josefina Cermàkovà, che era da poco scomparsa. All'intenso struggimento della prima sezione si contrappone una tormentosa seconda parte, in cui il violoncello spiega un ampio canto di nobile contrizione. Una oscura marcia dei corni accompagnati dagli archi gravi introduce il terzo movimento, in cui presto entra il solista con un tema che dà un'ulteriore prova della felicissima, apparentemente inestinguibile vena melodica di Dvořák, che può attingere dal folklore americano come da quello boemo, fondendo il tutto in passaggi indimenticabili. Grande varietà di momenti e idee musicali, coniugate alla padronanza assoluta del materiale musicale e dei mezzi tecnici di un compositore all'apice della sua maturità artistica. Nella parte centrale Dvořák cita uno dei brani preferiti dall'amata cognata, in un momento in cui il gioco cede il passo – per un frangente – alla malinconia della memoria. Il concerto per violoncello si chiude, ciclicamente, con il tema dell'incipit del primo movimento, apparentemente spegnendosi, per poi riaversi in un crescendo che conduce a una vertiginosa ascesa finale. IO SONO musica XXX STAGIONE DI MUSICA SINFONICA E DA CAMERA DI MESTRE TEATRO TONIOLO 2015.16 programma: A. Dvořák Concerto per violoncello in si minore, op. 104 1. Allegro 2. Adagio, ma non troppo 3. Finale: Allegro moderato – Andante – Allegro vivo A. Dvořák Sinfonia n. 9 in mi minore, op. 95 “Dal Nuovo Mondo” 1. Adagio, Allegro molto 2. Largo 3. Scherzo, Molto vivace, Poco sostenuto 4. Allegro con fuoco Social Concert, programma scelto dagli allievi della Rete delle Scuole Medie ad indirizzo musicale della Provincia di Venezia nell’ambito del progetto IoSuonoMusica ORCHESTRA SENZASPINE L'Orchestra Senzaspine nasce a Bologna nel giugno del 2013, fondata da Tommaso Ussardi, direttore e presidente dell'associazione, affiancato dal direttore e vicepresidente Matteo Parmeggiani. L'Orchestra riunisce fin da subito un gran numero di giovani professionisti da tutta Italia e non solo, usciti dalle accademie e dai conservatori, diplomati, laureati, specializzati che hanno il forte desiderio di suonare insieme, confrontandosi con il repertorio sinfonico più impegnativo. L'attività concertistica è affiancata e avvalorata fin dai primi passi da un manifesto Senzaspine, un dichiarato intento comune che aggrega e motiva i giovani musicisti. L'obiettivo programmatico dell'associazione è quello di riavvicinare la musica classica e la cultura " alta" in senso lato al grande pubblico, per rendere i concerti sinfonici fruibili dalle persone di ogni età e provenienza, abbattendo quel senso di pesantezza e noia che ormai troppo spesso si associa alla musica classica nell'immaginario comune. I teatri sono sempre più vuoti e la classicità sempre più sinonimo di vecchio. I ragazzi Senzaspine, tutti under 35 e moltissimi under 25, hanno la voglia e la determinazione di cambiare lo stato dei fatti con la loro energia e passione. Il risultato, in questi due anni, è stata una vera e propria caccia alle streghe: niente più concerti vecchio stile, ma spettacoli a 360 gradi in cui si mescolano danza, recitazione,poesia e musica. I repertori sono scelti con accuratezza, travolgenti e dinamici, tanto che l'energia dei musicisti colpisce e trascina anche il pubblico. Ormai sono numerosi i sold out registrati ai concerti, molti durante la stagione liricosinfonica firmata Senzaspine, tenutasi al Teatro Duse di Bologna e riconfermata per l'anno 2015/2016 dopo il grande successo passato. Oltre ai concerti, per raggiungere il suo obiettivo artistico, l'Orchestra ha anche escogitato performance estemporanee da proporre alle città, nelle piazze e in luoghi di aggregazione comune come giardini pubblici e centri commerciali. Si tratta di flash mob in cui l'orchestra "compare" e inizia a suonare estratti di sinfonie e brani classici lasciando sorpresi e pieni di curiosità i passanti, i quali di lì a poco vengono invitati a dirigere. Si creano dunque situazioni di frattura nel grande immaginario collettivo: la barriera di direttore e orchestra si infrange, il cittadino comune impugna la bacchetta e nasce una magia: molti "direttori" improvvisati non hanno mai assistito ad un concerto sinfonico dal vivo, molti non sanno distinguere gli strumenti, ma in quel momento si lasciano andare e finalmente toccano con mano il suono di un'orchestra. Bambini di ogni età, uomini, donne, anziani, ragazzi e ragazze, dopo un'esperienza del genere accorrono ai concerti, per partecipare a questa forma d'arte popolare e classica insieme, teatrale e pubblica al contempo. Il potere dei Senzaspine è quello di parlare al grande pubblico senza filtri o intermediari. I ragazzi che eseguono i grandi repertori nei maggiori teatri nazionali sono gli stessi che il pubblcio ha diretto in piazza. Lo stesso pubblico che ha scelto a volte il repertorio da suonare: come è accaduto al Social Concert di aprile 2015, in cui il programma della serata è stato votato sui grandi social network con qualche mese di anticipo proprio dai fan dell'Orchestra. In un modo o nell'altro i Senzaspine interagiscono col proprio pubblico, e questa chiave genera una grande passione sia per chi ascolta che per chi suona. Il teatro non è più un luogo noioso che spaventa, ma un'occasione di arricchirsi e divertirsi, concedendosi alla bellezza della musica. Ad oggi Senzaspine è un’associazione che conta quasi 200 strumentisti under 35, che collaborano per portare avanti il progetto. L’organo direttivo dell’associazione è composto da alcuni membri dell’orchestra e da giovani professionisti che si sono affiancati al progetto perché vi scorgevano grandi potenzialità. Le sezioni dell’orchestra sono guidate da prime parti di altissimo livello, scelte tramite audizione; la qualità dell’orchestra cresce ad ogni concerto, grazie all’impegno dei musicisti e all’aiuto di professionisti esterni che offrono volontariamente il proprio contributo artistico in prove a sezione. L’attività Senzaspine offre concerti sinfonici, concerti cameristici, spettacoli per la cittadinanza, flash mob nelle piazze e molto di più. È un bacino in espansione che sembra non volersi fermare, è un’ondata che sta travolgendo tutti col suo nome un po’ particolare e i suoi giovani musicisti pieni di euforia. Violini Primi: Alessandro Di Marco*, Marco Domenichelli, Varvara Shatokhina, Caterina Danielli, Daniele Negrini, Rebecca Dallolio, Agnese Amico, Beatrice Abbate, Gabriele Palumbo, Giulia Abbondanza, Lorenzo Nanni, Lucia Gazzano, Giovanni Pedrazzoli, Simone Benatti Violini Secondi: Pietro Fabris*, Natalia Bracci, Eleonora Auletta, Marianna Rava, Fabrizio Albano, Margherita Pelanda, Lucia Guerrieri, Francesca Sicolo, Ilaria Coratti, Vienna Camerota Viole: Stella Degli Esposti*, Giuseppe Giugliano, Irene Gentilini, Giulia Guardenti, Filippo Benvenuti, Giuseppe Donnici, Matteo Galassi, Alberto Magon, Enrico Gramigna Violoncelli: Basak Canseli Cifci*, Giacomo Serra, Francesca Neri, Tiziano Guerzoni, Sara Merlini, Chiara Piazza, Matteo Polizzi, Cecilia Lo Chiano Contrabbassi: Lucio Corenzi*, Salvatore La Mantia, Daniele Bonacini, Alessandro Musio, Andrea Lamacchia, Paolo Molinari Flauti: Annamaria Di Lauro*, Federica Mandaliti Oboi: Francesco Ciarmatori*, Enrico Paolucci Clarinetti: Mariella Francia*, Annalisa Meloni Fagotti: Alessandro Ancarani, Fabio Valente Corni: Giulio Montanari*, Giulia Montorsi, Tea Pagliarini, Federico Fantozzi Trombe: Marco Vita*, Eric Musarra Tromboni: Michele Sciolla*, Giuseppe Lastella, Luca Bianconcini, Herman Curaz Percussioni: Lorenzo Amoroso*, Eugenioprimo Saragoni TOMMASO USSARDI direttore Compositore e direttore d’orchestra, Tommaso Ussardi nasce a Venezia nel 1984. Inizia gli studi musicali sotto la guida del padre, compositore e docente di Conservatorio. Per i primi anni approfondisce lo studio della chitarra classica, del clarinetto e del contrabbasso presso il Conservatorio B. Marcello di Venezia, successivamente si iscrive al Conservatorio G. B. Martini di Bologna, dove completa gli studi di composizione, direzione di coro e direzione d’orchestra diplomandosi con il massimo dei voti. Si perfeziona con maestri di chiara fama come C. A.Grandi, C. Landuzzi, L. Acocella, D. Pavlov e P. Borgonovo. È vincitore del premio Galletti, del premio Zucchelli e della menzione d’onore al “Premio Nazionale delle Arti 2013”. Sue composizioni sono state eseguite presso la Regia Accademia Filarmonica di Bologna, il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Pitigliano e presso il Conservatoire National Supèrieur Musicque et danse de Lyon dove è stato invitato in qualità sia di direttore che di compositore per la rassegna internazionale “Suona Italiano”. Come direttore debutta nel 2012 durante la “Schoenberg Experience” del Teatro Comunale di Bologna con l’esecuzione del Pierrot Lunaire di Schoenberg per i 100 anni dalla prima esecuzione assoluta. Ha collaborato con diverse orchestre ed ensemble internazionali tra cui l’Orchestra Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, la Vidin Phylarmonie Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, l’Orchestra dei Mosaici Sonori, l’Orchestra dei giovanissimi G. B. Martini, l’Ensemble contemporain de Lyon, l’Ensemble Res Humana spaziando così dal repertorio sinfonico al repertorio operistico, dal barocco al contemporaneo. Nel 2013 fonda l’Orchestra Senzaspine, di cui è presidente e direttore e con la quale si esibisce in numerosi teatri del territorio nazionale collaborando con artisti di fama internazionale come Enrico Dindo, Sofya Gulyak, Dejan Bogdanovich, Alessandro Fossi, Laura Marzadori e giovani talenti come Anastasiya Petryshak, Matteo Rubini e Francesca Fierro. Dal 2014 è direttore artistico e musicale della stagione sinfonica del Teatro Duse di Bologna e della stagione Grandi Interpreti Senzaspine presso il Teatro Auditorium Manzoni di Bologna. JONATHAN ROOZEMAN violoncello Jonathan Roozeman (1997) si avvicina allo studio del violoncello nel 2003. Dal 2009 studia alla sezione giovanile dellAccademia Sibelius – di cui è membro dellorchestra – e consegue diversi primi premi in concorsi dedicati ai giovani musicisti. Ha suonato con diverse orchestre (tra cui la Tapiola Sinfonietta e l’orchestra della radio finlandese). Nel 2010 gli è stato conferito un premio speciale alla Finnish National Cello Competition e nello stesso anno partecipa all’International String Festival in Armenia, dove è protagonista di un recital con l’orchestra. Nonostante la giovane età, possiede una notevole esperienza di musica da camera grazie alla collaborazione con i musicisti professionisti o gli studenti dei corsi avanzati della Savonlinna Music Academy, nell’esecuzione di composizioni di Haydn, Schumann, Mozart, Mendelssohn e Dvořák. Nel 2015 vince il sesto premio al concorso internazionale Tchaikovsky di Mosca, risultando il più giovane finalista nella storia di questo prestigioso premio. Dopo il concorso, Valery Gergiev lo invita al suo festival a Mikkeli per eseguire le Variazioni Rococò di Tchaikovsky con l’orchestra del teatro Mariinsky. Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali Antonín Dvořák (Nelahovezes, Boemia 1841 - Praga 1904) Concerto per violoncello in si minore, op. 104 (1894-'96) All'infuori di un concerto giovanile non pervenutoci nella sua interezza, Dvořák non concesse altro al violoncello sino alla fine della sua carriera, con questo concerto in Si minore. Considerava infatti lo strumento poco adatto al ruolo di solista, con un bel timbro nel registro medio, ma acuti stridenti e bassi poco chiari. Non ci è dato sapere in che misura si fosse ricreduto, ma rimane il fatto che con la sua op. 104 ha regalato alla letteratura per violoncello una delle pagine più celebri e intense, in cui lo strumento è portato a esprimere al massimo le sue enormi potenzialità timbriche, tecniche ed espressive. Nel 1894 Dvořak si trova a New York come direttore del National Conservatory, ed è qui che scrive il concerto. L'anno successivo farà ritorno a Praga e lo rimaneggerà, ottenendo la prima, travagliata esecuzione l'anno successivo (1896) a Londra, su uno dei 63 violoncelli Stradivari pervenutici. Il Concerto per violoncello si apre con un'energica cellula tematica che ritroveremo nel corso di tutto il primo movimento e anche in chiusura del terzo; ricorda da vicino certi profili melodici nel primo movimento della Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” ed è caratterizzata, ritmicamente, da due note brevi tra da due note più lunghe. Mentre queste ultime sono sempre uguali, le note brevi centrali sono alternatamente ascendenti e discendenti, in guisa di domanda e risposta. Questo elemento viene presentato nell'immediato inizio dai clarinetti, quindi dai violini primi e dalle viole e segnerà anche l'esordio del violoncello solo. Questo non entra subito, ma dopo un'ampia presentazione orchestrale del materiale musicale. Il concerto è per violoncello, ma esso non è il protagonista assoluto, com'era prassi nel concerto romantico: il solista è perfettamente integrato nell'orchestra, dialoga con l'intera compagine, ma anche con sezioni e con singoli strumenti. Dvořák ci consegna un lavoro di altissima maestria strumentale, in cui l'orchestra non è mai mero accompagnamento, ma sempre portatrice di significato musicale, supporto e dialogo alla pari con il solista. Dopo un'elaborazione grandiosa (così in partitura) del primo tema a piena orchestra, questo scivola delicatamente – dopo una breve transizione in cui i suoi echi continuano a risuonare – in un secondo tema lirico ed espressivo introdotto dal suono lontano del corno accompagnato da una filigrana delicatissima degli archi. L'incanto non dura molto: l'orchestra torna ad animarsi con un'idea giocosa e movimentata che, diminuendo al pianissimo, prepara l'ingresso del solista, che entra risoluto (così in partitura) con l'affermazione del primo tema nella tonalità d'impianto. Dopo un'elaborazio-