Conosciamo e osserviamo stelle e pianeti – Primo incontro – 8/5/2013 Un posto in cui vivere # Titolo 46 Pianeti extrasolari 47 Pianeti extrasolari Appunti I pianeti extrasolari sono quelli che non orbitano attorno al Sole, ma attorno ad un’altra stella. A febbraio 2012 ne sono stati individuati 755. Il grafico mostra il numero di pianeti scoperti ogni anno, dal 1989: come si vede, è in crescita. Il fatto che i sistemi planetari siano comuni attorno alle stelle di tipo solare è ancora oggetto di dibattito, comunque se ne cominciano a conoscere alcuni. Vista la grande distanza e la dimensione relativamente piccola dei pianeti rispetto alle stelle, è impossibile osservare direttamente un pianeta extrasolare. La sua luminosità è di norma meno di un milione di volte quella della stella attorno alla quale orbita, che produce un alone che lo nasconde. Si devono usare quindi metodi indiretti. I metodi indiretti puntano a scoprire un pianeta grazie all’effetto che produce sulla stella: per effetto dell’attrazione gravitazionale del pianeta, infatti, la stella si sposta un po’, compiendo una piccola orbita. I principali metodi indiretti sono: • astrometria (misuro la posizione di una stella accuratamente ed i suoi spostamenti rivelano la presenza di un pianeta), • velocità radiali (è il metodo più produttivo e si basa sull’effetto Doppler; tutti conosciamo il suono di un clacson: quando l’auto è in moto, il clacson cambia tonalità, più acuto quando si avvicina, più grave quando si allontana. Lo stesso accade per la luce, che come il suono può essere descritta tramite le onde: la stella appare più rossa se si allontana e più blu se si avvicina. Misurando queste variazioni si scopre il moto della stella e quindi l’esistenza di un pianeta), • metodo del transito (si misura la curva di luce della stella, in cerca di piccoli occultamenti: il passaggio del pianeta davanti alla stella, infatti, ne oscura una piccola parte, rendendola meno luminosa; i pianeti si distinguono dalle binarie ad eclisse perché ho un solo calo di luce, non due; questa tecnica funziona solo nel caso di vista di taglio). Molti dei pianeti scoperti sono molto massicci (anche più di Giove) e orbitano vicino alla loro stella, a differenza di quanto accade nel Sistema Solare. Perché? Forse semplicemente conosciamo quelli perché sono più facili da scoprire, visto che l’effetto che producono sulla loro stella è maggiore. Immagini 48 Pianeti extrasolari 49 Pianeti interstellari Uno dei pianeti extrasolari più simili alla Terra finora scoperti orbita attorno alla stella Kepler 22, una nana gialla poco più piccola del Sole, distante 610 anni luce e situata nella costellazione del Cigno. È stato scoperto dal telescopio Kepler e annunciato il 5 dicembre 2011. Il telescopio Kepler ha permesso di misurare il raggio del pianeta, pari a circa 2,4 volte il raggio terrestre. Il pianeta ha un periodo di rivoluzione di circa 290 giorni terrestri, mentre la sua orbita presenta un semiasse maggiore di 0,89 unità astronomiche (UA). Altri parametri, quali massa, densità e composizione chimica, sono ancora sconosciuti. La distanza che separa Kepler-­‐22 b dalla sua stella, come si è visto, è circa del 15% inferiore rispetto a quella che separa la Terra dal Sole, anche se la luminosità della stella è inferiore a quella solare del 25%. La combinazione di simili parametri è coerente con l'ipotesi di una temperatura moderata alla superficie del pianeta; gli astronomi ritengono che, in assenza di un'atmosfera, la temperatura di equilibrio equivarrebbe a circa (−11°C), mentre qualora l'eventuale atmosfera avesse un effetto serra simile a quello terrestre il pianeta avrebbe una temperatura media in superficie di 295 kelvin (22 °C). Dal momento che il suo diametro è 2,4 volte quello terrestre, è possibile che possieda una composizione differente da quella del nostro pianeta. Una delle ipotesi più plausibili è che possa trattarsi di un pianeta oceano, costituito da un nucleo roccioso circondato da un esteso mantello di ghiacci e acqua su cui si estende un vasto oceano superficiale. Va però sottolineato che queste sono solamente ipotesi. Un pianeta interstellare è un corpo celeste avente una massa equivalente a quella di un pianeta, ma non legato gravitazionalmente a nessuna stella: questi corpi celesti si muovono dunque nello spazio interstellare come oggetti indipendenti da qualsiasi sistema planetario, il che giustifica l'appellativo di pianeta orfano attribuito a volte, in maniera alternativa, a questo tipo di oggetti. Molti sono gli astronomi che hanno annunciato di aver individuato alcuni di questi oggetti, ma nessuna scoperta è stata finora confermata. Alcuni astronomi nel riferirsi a questi oggetti li chiamano "pianeti", considerandoli come tali a tutti gli effetti: una delle teorie sulla formazione di questi oggetti, infatti, sarebbe proprio quella dell'origine planetaria. Si tratterebbe, dunque, di pianeti che un tempo orbitavano attorno a stelle, ma che poi (per motivi da definirsi) sarebbero stati espulsi dal proprio sistema. Contraria a questa tesi, vi è invece l'ipotesi delle sub-­‐nane brune: i pianeti interstellari potrebbero, se di massa sufficiente, trasformarsi in piccole stelle vaganti nello spazio, avviando le reazioni di fusione del deuterio. Dunque, in questo caso, i pianeti interstellari non sarebbero assolutamente pianeti. La serie televisiva Star Trek – Enterprise ha dedicato al tema un episodio (Pianeta interstellare). La nave stellare Enterprise capita su di un pianeta interstellare che presenta un'atmosfera simile a quella terrestre. Il pianeta è riscaldato da fenomeni 50 Equazione di Drake vulcanici, che sostengono l'ecosistema planetario. È possibile? Ipotesi sull'atmosfera. Nel 1998, David J. Stevenson ha pubblicato una serie di studi dal titolo C'è la possibilità di pianeti interstellari in grado di sostenere la vita? In questi studi, Stevenson teorizza che alcuni oggetti vaganti nello spazio interstellare, a cui ci si riferisce col nome di "pianeti", possano sostenere una densa atmosfera, in modo tale da non congelare e proteggere la propria superficie dalle radiazioni cosmiche. Si pensa che durante la formazione di un sistema planetario, numerosi piccoli protopianeti possano essere espulsi dal sistema in formazione. Con la riduzione delle radiazioni ultraviolette, proporzionale all'allontanamento del corpo dalla sua stella, un'atmosfera a predominanza di idrogeno ed elio potrebbe essere trattenuta agevolmente dalla forza di gravità di un corpo delle dimensioni della Terra. È stato calcolato che per un oggetto di dimensioni simili a quelle terrestri, con un'atmosfera ricca di idrogeno alla pressione di un kilobar, sottoposta a processi convettivi in condizioni adiabatiche, l'energia geotermica derivante dal decadimento residuo dei radioisotopi del suo nucleo sarebbe sufficiente a mantenere una temperatura superficiale al di sopra del punto di fusione dell'acqua. Di conseguenza, si ritiene che possano esistere pianeti interstellari con oceani di acqua allo stato liquido. Si pensa che oggetti di questo tipo possano rimanere geologicamente attivi per molto tempo, creando quindi una magnetosfera protettiva attorno al pianeta e fenomeni vulcanici sul fondo degli oceani, in grado di fornire l'energia necessaria allo sviluppo della vita. Stevenson ha ammesso che corpi di questo tipo sarebbero difficili da individuare, a causa dell'irraggiamento termico, nello spettro delle microonde, emesso dagli strati più bassi dell'atmosfera. Anche il pianeta d'origine dei Fondatori, alieni della serie televisiva Star Trek: Deep Space Nine, è un pianeta interstellare esistente all'interno di una nebulosa; oltre ai Fondatori stessi (che sono dei mutaforma protoplasmatici) il pianeta appare in grado di sostenere forme di vita umanoidi. Drake condusse la prima ricerca di segnali radio provenienti da intelligenze extraterrestri (1960). In quell’occasione formulò un’equazione, che si proponeva di calcolare quante civiltà intelligenti in grado di comunicare a distanza fossero presenti nella nostra galassia. Si tratta della moltiplicazione dei seguenti fattori: • R* è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle nella Via Lattea (questo è il dato più sicuro: 7 stelle all’anno, secondo NASA ed ESA) • Fp è la frazione di stelle che possiedono pianeti: lo possiamo stimare in 0,5 (oggi la percentuale di stelle in cui sono osservati pianeti è minore, ma non siamo in grado di scoprire quelli di dimensioni terrestri) • Ne è il numero medio di pianeti per sistema solare in condizione di ospitare forme di vita: molto difficile da stimare perché non siamo in grado di osservare con sicurezza i pianeti di tipo terrestre; potrebbero comunque essere pianeti 51 Equazione di Drake abitabili anche su stelle di tipo diverso dal Sole. Possiamo azzardare un valore 2, basandoci sul Sistema Solare, ma è molto incerto (la Terra potrebbe anche essere abbastanza unica). Ad esempio se fasi evolutive successive sono molto improbabili e richiedono tempi lunghi, noi possiamo essere qui solo perché per caso la nascita della vita è avvenuta presto. • fl è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita. L’unica stima può essere basata sul tempo (abbastanza breve) impiegato dalla vita a nascere sulla Terra da momento in cui c’erano le condizioni per essa: >0,13. Prendiamo 0,33, ma in realtà questi calcoli non possono escludere che il nascere della vita sia molto raro. • fi è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti: fattore particolarmente controverso: per alcuni è bassissimo perché sulla Terra solo una specie su miliardi è diventata intelligente; per altri è alto perché l’evoluzione procede sempre verso forme di vita a complessità crescente. Prendiamo 0,01 • fc è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare: molte speculazioni, ma nessun dato per valutare questo parametro. Tanto per fare i conti, prendiamo 0,1 • L è la stima della durata di queste civiltà evolute: anche questo parametro è incertissimo; teoricamente una civiltà abbastanza evoluta dovrebbe riuscire a superare le varie difficoltà e vivere anche per sempre. Prendiamo 10000 anni come stima. Questo in realtà è un modello semplificato: ad esempio non tiene presente i possibili effetti dei contatti tra 2 civiltà, o la colonizzazione da parte di una di più pianeti. Non tiene neppure conto del fattore di ricomparsa, che indica quante volte una civiltà intelligente si può sviluppare su un pianeta in tempi successivi, o del fatto che una civiltà in grado di comunicare come la nostra non comunica abitualmente con lo spazio (non mandiamo trasmissioni apposite per gli alieni, l’abbiamo fatto solo occasionalmente). Facendo i conti con i valori detti, otteniamo 23: non è un numero molto alto, considerata la vastità della nostra Galassia. Bisogna poi ricordare che di certi parametri in fondo non abbiamo neppure un’idea! Principio antropico: noi ci troviamo su un pianeta con determinate caratteristiche non perché sia il caso più tipico dell’universo, ma perché da un’altra parte semplicemente non potremmo esistere. Su questa base, la Terra potrebbe anche essere l’unico pianeta abitabile. Per rispondere a queste domande bisognerebbe avere la capacità di osservare con maggior dettaglio altri pianeti ed altri sistemi planetari. La nostra presenza sulla Terra è in accordo sia con l’ipotesi che la vita sia estremamente frequente sia con quella che sia estremamente rara (Brewer). 52 Paradosso di Fermi Quindi l’unica certezza è che N>=1 … e quell’uno siamo noi! Paradosso di Fermi: se la vita è comune nell’universo, perché non troviamo chiari segni di essa? Perché gli extraterrestri non sono qui? Secondo Frank Tipler la sopravvivenza di una specie di viaggiatori nella galassia richiede la continua (e sempre a ritmo crescente) conversione di materia in energia; quindi dovremmo osservare galassie in controllata disintegrazione, se esistessero popoli capaci di tali tecnologie. La barriera della velocità della luce impone un limite alla velocità di consumo della materia: il tempo impiegato a raggiungerla, se non altro. Con l’universo in espansione noi non potremmo mai raggiungerlo tutto, ma solo una regione entro 10 miliardi di anni luce. Secondo questa logica, più numerose sono le civiltà intelligenti, più rapidamente le risorse verrebbero consumate ed esse si estinguerebbero. Perché gli alieni non sono qui? [Robin Hanson, 1998] L’evoluzione suggerisce che una popolazione, se solo può, riempie tutte le nicchie ecologiche possibili: una popolazione intelligente dovrebbe mirare a colonizzare la galassia per trovare nuove risorse ed energia. Se è vero, un solo disastro naturale non potrebbe più spazzare via una razza di questo tipo. Ci si aspetta che, consumando risorse, una civiltà colonizzatrice dovrebbe provocare alterazioni visibili nei pianeti, forse anche nelle stelle e nelle galassie, cosa che non osserviamo (nel nostro sistema solare e fuori). Quindi sembra che non ci siano civiltà giunte a quel punto. L’alternativa è che non conosciamo abbastanza l’astrofisica per accorgercene. Il “grande filtro” sarebbe ciò che impedisce lo sviluppo di civiltà con le quali dovremmo essere già venuti a contatto. Una successione di passaggi che porterebbero dalla nascita della vita alla colonizzazione dello spazio: il giusto sistema stellare; un codice riproduttivo (ad es. RNA); vita unicellulare; riproduzione sessuata; vita multicellulare; esseri con grandi cervelli capaci di usare strumenti; la nostra situazione attuale; colonizzazione dello spazio. Poiché non si osservano civiltà che abbiano raggiunto questo ultimo stadio, dovrebbe esistere un “grande filtro” che impedisca uno dei passaggi prima elencati. Potrebbe essere temporalmente alle nostre spalle: difficile trovare il pianeta con le condizioni giuste per la vita; difficile che la vita si sviluppi anche nelle condizioni giuste; difficile che la vita diventi intelligente. Oppure potrebbe essere davanti a noi: difficile che una civiltà intelligente viva abbastanza (si autodistrugge ed estingue); impossibile viaggiare nello spazio. In questo secondo caso, costituirebbe un limite alla nostra possibilità di vita e di sviluppo. Trovare vita su Marte potrebbe favorire l’idea che il grande filtro sia davanti a noi. Il grande filtro potrebbe anche essere sociale: forse solo le persone meno desiderose di andare, di colonizzare anche distruggendo la natura sarebbero le uniche capaci di sopravvivere. Però non sembrano esserci al momento vere giustificazioni per tale scenario. Il futuro dell’umanità sarà colonizzare lo spazio? La verità è che (almeno per il momento) non c’è risposta 53 Fonti ed Ecco un elenco delle principali fonti delle immagini, video e notizie che compongono questa presentazione: approfondimenti Sito sonda messenger per Mercurio: messenger.jhuapl.edu/index.php Siti NASA: www.nasa.gov/; Jet Propulsion Laboratory: http://www.jpl.nasa.gov/spaceimages/ Immagini sonde Venera: http://www.mentallandscape.com/C_CatalogVenus.htm Hubble Space Telescope: http://hubblesite.org/ Missione Phoenix su Marte: http://phoenix.lpl.arizona.edu/index.php Rotating Jupiter movie: http://www.solarviews.com/cap/jup/vjupitr5.htm ESA: http://www.esa.int/ Wikipedia: http://it.wikipedia.org/ Methan ice worms: http://science.psu.edu/news-­‐and-­‐events/1997-­‐news/iceworms.htm Planetary Habitability Laboratory: http://phl.upr.edu Uno strano silenzio – autore: Paul Davies