Storia della Scoperta del DNA

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Storia della Scoperta del DNA
Il 28 febbraio 1953 James Watson, biologo americano ventitreenne, si recò nel suo laboratorio e lì
ebbe l’illuminazione della vita: aveva intuito, dopo lunghe ricerche, la struttura del DNA, la
sostanza chimica che funge da messaggero della trasmissione genetica. Poco dopo lo raggiunse il
suo collega e amico Francis Crick, fisico di 35 anni (dedicatosi alla ricerca biomolecolare dopo
aver progettato mine magnetiche durante la guerra), comprendendo immediatamente l’importanza
della scoperta. Insieme costituiscono il modello definitivo della molecola: il DNA ha una struttura
a doppia elica, dove la 4 basi combaciano a coppie ben precise: A-T e C-G.
Entrando per il pranzo nel loro solito pub, l’Eagle Pub di Cambridge, fu proprio Crick ad
annunciare che, modestamente, avevano appena scoperto il “segreto della vita”.
Il DNA era stato scoperto quasi un secolo prima, nel 1869 da Friedrich Miecher, ma solo negli anni
’50 si cominciò a studiarne meglio la struttura: Rosalind Franklin e Maurice Wilkins negli stessi
anni dei due giovani ricercatori stavano infatti studiando il DNA attraverso analisi ai raggi X.
Crick, Watson e Wilkins vinsero il premio Nobel nel 1962, mentre la Franklin non ebbe questa
riconoscenza (il 16 Aprile del 1958 all’età di 37 anni muore di cancro alle ovaie a causa della sua
esposizione prolungata ai raggi X).
Le scoperte e lo studio del genoma di molti organismi si moltiplicarono negli anni a venire. Nel
1959 venne identificata la prima anormalità cromosomica umana: la sindrome di Down, o trisomia
del cromosoma 21. Nel 1967 Allan Wilson e Vincent Sarich dichiarano che la specie umana e i
primati hanno iniziato a divergere evolutivamente intorno a 5 milioni di anni fa e non 25 come
molti antropologi credevano. Nel 1973, nel primo esperimento di successo di manipolazione
genetica, Stanley Cohen e Herbert Boyer inseriscono un gene di rospo in un DNA batterico, e nel
1980 Martin Cline e i suoi collaboratori creano il primo topo transgenico. Nel 1984 Alec Jeffreys e i
suoi colleghi elaborano la “prova DNA”, un metodo di identificazione inconfutabile, tuttora
ampiamente utilizzato nelle indagini legali.
Fino ad arrivare al 1990, quando ha inizio il “Progetto Genoma”, un impegno internazionale per
sequenziare e mappare il genoma dell’uomo, dapprima diretto dallo stesso Watson.
È Bill Clinton il 26 giugno 2000 ad annunciare il completamento della prima bozza del genoma
umano: abbiamo circa 30.000 geni, non molti più del piccolo verme C.Elegans che, seppur non più
grande di una virgola, ne ha ben 19.000!
L’aver codificato ed in parte compreso il nostro genoma e quello di molti animali ha ovviamente
portato la mentalità scientifica a spingersi oltre, cercando di risolvere le sue disfunzioni o studiarne
le modifiche.
Il naturale susseguirsi degli eventi ha perciò portato alla creazione dei primi mutanti, come i
moscerini con 4 ali o le zampe al posto delle antenne create da Ed Lewis (Nobel nel 1995), che
hanno così tanto scandalizzato i benpensanti tradizionalisti. Potendo togliere geni da un organismo
ed inserirli in un altro, negli anni ’70 si iniziò seriamente a pensare alla terapia genica: inserire in un
virus capace di infettare un organismo un gene funzionale che ne sostituisca uno difettoso. I primi
esperimenti su animali effettuati da Paul Berger nel 1971 scatenarono un putiferio, così da vietare
successive sperimentazioni. Fortunatamente le scelte scientifiche e politiche furono rimesse in
discussione negli anni a seguire e la terapia genica è oggi stata sperimentata anche sull’uomo.
Di questi tempi, invece, le polemiche più focose sono rivolte agli OGM, gli organismi
geneticamente modificati che fanno così tanta paura. Si sente sempre più parlare di coltivazioni
biologiche, OGM-free, senza ricordare che proprio grazie agli OGM l’uso dei pesticidi per le piante
è significativamente diminuito. Inoltre, probabilmente molti non sanno che farmaci oggi
ampiamente utilizzati, come l’insulina (fino al 1982 si usava quella bovina, che non è esattamente
uguale all’umana, così da provocare spesso reazioni allergiche) o l’ormone della crescita, derivano
da batteri OGM.
Un altro motivo per cui il DNA guadagna spesso le prime pagine dei giornali riguarda la clonazione
e l’uso di embrioni a scopi scientifici. Tutti ricorderanno gli scandali provocati dalla nascita di
Dolly, la pecora clonata nel 1997 da Ian Wilmut. È dell’8 febbraio la notizia che, in Gran Bretagna,
il professor Wilmut ha avuto la licenza di clonare embrioni umani a scopo terapeutico.
Ma il DNA è andato oltre, permettendoci di assemblare con esattezza alcuni tasselli che riguardano
la storia della nostra specie. Che gli Ebrei sono indistinguibili dal resto delle popolazioni del Medio
Oriente, compresi i palestinesi, in quanto tutti comuni discendenti di Abramo. O la scoperta dei
nostri antenati comuni, una donna da cui derivano tutti i nostri mitocondri e un uomo, portatore del
primo cromosoma Y: entrambi erano originari dell’Africa e di carnagione nera. Un’unica razza,
come sostenne Einstein: la razza umana. Nello stesso modo si è scoperto che uomo e scimpanzè
hanno il 98% dei geni in comune, qualcosa di impensabile fino a non molto tempo fa, ammesso che
non ci sia ancora qualche dubbioso in merito.
La storia del DNA, di cui ancora molto deve essere scritto, è quindi servita non solo a far luce nel
mondo scientifico, ma anche in altri importanti ambiti, come sono quello della religione, della
filosofia e dell’evoluzionismo.
Marco Cambiaghi
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