ascite neoplastica: come, quando e perché

L'
LE GUIDE
ascite
neoplastica:
come, quando
e perché
Fondazione
Federico
Calabresi
Fondazione
Federico
Calabresi
L'
ascite
neoplastica:
come, quando
e perché
Giovanni Scambia
Domenica Lorusso
Maria Claudia Masi
Antonella Pietragalla
U.O. Ginecologia Oncologica
Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna
e della Vita Nascente
Università Cattolica del Sacro Cuore
Policlinico Agostino Gemelli - Roma
Cos’è l'ascite?
I
l liquido ascitico è un fluido normalmente contenuto in addome, in particolare nel cavo peritoneale, in quantità
di circa 100 ml; è un liquido chiaro, trasparente, alcalino, di colore citrino, che
umidifica e rende scorrevole la superficie
dei due foglietti del peritoneo, la membrana che riveste la cavità addominale.
In caso di eccessivo aumento di questo
liquido si parla di ascite, dal greco askos
= sacco, otre per l’abnorme distensione
dell’addome che ne deriva.
L’ascite è una frequente complicanza
della cirrosi epatica, che a sua volta rappresenta la principale causa di ascite,
circa l’85- 90% dei casi. Solo, infatti, il
10-15% di tutte le asciti riconosce una
causa diversa quali peritoniti, cardiopatie
scompensate, flebiti, nefriti, stati cachettici e in particolare le patologie tumorali
(ascite neoplastica).
L’ascite neoplastica (con un incidenza
che varia dal 5 al 50%) si riscontra più
3
frequentemente in alcuni tumori: in particolare, nel 30% dei tumori ovarici all'esordio e in
più del 60% nella fase avanzata di malattia, per
lo più in associazione alla carcinosi peritoneale. Non sono inoltre rari i casi di ascite in presenza di tumori del grosso intestino, della
mammella, della stomaco e del pancreas.
L’ascite neoplastica è rappresentata da un
eccesivo aumento del liquido endoperitoneale, fino a raggiungere quantità di 8-10 litri, nel
cui contesto è possibile evidenziare numerose
cellule tumorali. Questa enorme produzione
di liquido è sostenuta fondamentalmente da
due fattori:
- dalla produzione di siero e mucina da parte
delle cellule tumorali che fanno parte degli
impianti carcinomatosi
- dalla iperproduzione di liquido peritoneale
da parte delle cellule peritoneali stesse irritate
dalla presenza dalle cellule tumorali a livello
peritoneale.
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Come
si manifesta:
segni e sintomi
'
L
entità dei disturbi provocati
dall’ascite è variabile e dipende essenzialmente dalla quantità di
liquido accumulato.
Se l’ascite è di piccola entità, il paziente
può non accusare alcun disturbo, quando invece comincia ad essere una quantità cospicua può essere molto fastidiosa. Il primo sintomo è il graduale
aumento di volume dell’addome che
può divenire tale da rendere difficoltosi
i movimenti e la deambulazione.
I pazienti generalmente non si riescono
ad allacciare la cintura dei pantaloni o la
gonna. In seguito, con l’aumentare
dell’ascite, possono comparire altri
disturbi quali: senso di tensione addominale, difficoltà di respirazione a causa
del sollevamento del diaframma, facile
stancabilità, inappetenza, senso di precoce sazietà e difficoltà digestive.
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L’aumento della pressione all’interno
dell’addome, dovuta alla presenza di
noduli di carcinosi e all’ascite, determina la progressiva compressione dei
visceri endoaddominali e conseguente
rallentamento del normale transito intestinale, fino alla comparsa del quadro
clinico di occlusione intestinale.
Il mancato transito del contenuto intestinale, normalmente rappresentato da
gas e feci, provoca distensione addominale, vomito, dolori crampiformi, perdita progressiva di liquidi con successiva
comparsa di insufficienza renale, difficoltà respiratorie (respiro “corto”) sempre
più ingravescenti.
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Diagnosi
L
a presenza di ascite è sospettata in
primis sulla base della storia clinica
del paziente, della visita e viene confermata
mediante ecografia.
Esame clinico
Un attento esame clinico permette la diagnosi
di versamento libero addominale quando la
quantità di ascite supera i 1500 cc. In questo
caso si può evidenziare la presenza della cicatrice ombelicale appianata o estroflessa e reticoli venosi superficiali. L’addome del paziente
appare uniformemente disteso con aree ottuse (presenza di liquido) e aree timpaniche
(anse intestinali meteoriche) che cambiano
sede in relazione alla posizione assunta dal
paziente. Tuttavia, in soggetti obesi o in caso
di versamento modesto possono essere
necessarie indagini più sofisticate del semplice esame clinico.
Ecografia addominale-TAC
Nel caso di versamento di modesta entità, e
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quando il risultato dell’esame clinico risulti
incerto, il mezzo diagnostico migliore è
l’ecografia che è in grado di identificare
anche minime quantità di liquido libero in
peritoneo (100 ml). Quantità di fluido in
peritoneo inferiori a 2 L sono di difficile
evidenza clinica, ma di agevole diagnosi
ecografica.
Il versamento evidenziato dall’ecografia
può essere libero (mobile, è comprimibile
con la sonda ecografica e si sposta con il
cambiamento di decubito della paziente),
oppure saccato (raccolte circoscritte con
setti interni e contorni del liquido ben definiti).
L’esame ecografico può inoltre essere utile
per la diagnosi di una peritonite batterica
spontanea, una seria complicazione
dell'ascite.
Paracentesi
La paracentesi diagnostica rappresenta il
metodo più rapido e vantaggioso per determinare la causa dell’ascite; permette di analizzare il liquido prelevato consentendo
l’esecuzione di esami diagnostici importanti per definirne la causa, quali l’esame citologico e colturale.
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TERAPIA
T
erapia medica
La gravità dell’ascite può essere
espressa in termini semplicemente quantitativi (ascite lieve, moderata e tesa o
di primo, secondo e terzo grado), che
tuttavia hanno scarso significato in termini
prognostici in quanto spesso non correlati
alla risposta alla terapia. Al contrario, una
classificazione più utile è quella secondo
cui la gravità dell’ascite è direttamente
proporzionale alle dosi di diuretico da
impiegare. Se la quantità di liquido è
modesta può essere sufficiente l’applicazione di alcune norme di vita come la
dieta senza sale (è consentita una quantità
di sale non superiore ad 1 grammo al giorno), la restrizione idrica (è consentita una
quantità di acqua non superiore a 0,75 l. al
giorno) ed il riposo a letto in posizione
supina (per quante più ore possibile).
Se la quantità di liquido è invece abbondante, è necessaria l’aggiunta di farmaci
diuretici, che saranno prescritti dal pro9
prio medico. Se il versamento ascitico viene
controllato dalla terapia medica, l’ascite si
definisce responsiva.
Paracentesi evacuativa
E’molto frequente che l’ascite non sia controllata con la sola terapia diuretica e che
sia necessario quindi rimuoverla meccanicamente.
La definizione di ascite refrattaria indica
una condizione nella quale il riposo, una
dieta opportuna ed il trattamento medico
non sono più in grado di risolvere il versamento peritoneale.
In questi casi, è possibile infatti rimuovere
il liquido contenuto nella cavità addominale, mediante una semplice procedura che
può essere eseguita in day-hospital o addirittura a domicilio da personale esperto
(paracentesi).
La tecnica della paracentesi evacuativa
dell’ascite, da eseguire preferibilmente
sotto guida ecografica, prevede la seguente
sequenza d’azione:
• Il paziente viene posizionato supino in
decubito semi-laterale sinistro vicino al
bordo del letto, posizionandogli un cuscino
d’appoggio a livello lombare.
• il medico, individua o con l’esame clinico
o sotto guida ecografica il punto migliore
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per drenaggio del versamento.
• Il medico, una volta disinfettata la cute e
praticata un’anestesia locale, introduce
un’ago cannula nella cavità peritoneale
attraverso il punto contrassegnato in
modo da favorire il deflusso per caduta del
liquido ascitico.
• L’ago cannula viene fissato con un cerotto alla cute addominale.
• Il paziente viene monitorato durante la
procedura di svuotamento del versamento
ascitico, viene regolata la velocità del
deflusso e osservato il riempimento della
sacca.
• Il medico toglie l’ago cannula e effettua
una medicazione sterile compressiva.
• Il paziente rimane a riposo a letto,
monitorando per almeno un’ora le sue
condizioni generali, i parametri vitali e in
particolare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca; infatti durante la paracentesi può verificarsi una perdita anche
importante di proteine ed elettroliti con
conseguente rischio di shock ipovolemico;
per questo motivo in caso di paracentesi
di volume superiore a 5 litri, è utile infondere per via endovenosa albumina o in via
alternativa si possono somministrare coolloidi, sostanze in grado di mantenere il circolo quali la poligelina (emagel, circa 17511
200 ml per litro sottratto).
Complicazioni severe (infezioni, perforazioni, emorragie ) sono eventi rari
(1/1000).
Shunt peritoneo-venoso
La maggior parte delle asciti non risponde
alla restrizione idrica e alla terapia medica.
L'alternativa chirurgica è rappresentata
dalla derivazione (shunt) peritoneo-giugulare con le valvole di LeVeen o di Denver.
Le due tecniche, eseguite in anestesia
locale o generale, prevedono l'inserimento
di un catetere con multipli fori le cui
estremità sono posizionate una nel peritoneo e l'altra nella vena cava superiore vicino al cuore. Poiché la pressione del liquido ascitico è più alta rispetto a quella della
vena cava, l'ascite scarica, attraverso la
vena cava, nella circolazione generale.
Malgrado entrambi gli shunt siano efficaci
nel ridurre l'ascite, il loro uso è gravato da
un'alta percentuale di complicanze con
una mortalità perioperatoria che varia dal
10 al 26%. Frequenti sono inoltre le complicanze precoci (infezioni batteriche,
edema polmonare, sanguinamento
gastrointestinale) e tardive (chiusura dello
shunt, trombosi vascolare, occlusione intestinale). Allo stato attuale delle conoscen-
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ze lo shunt peritoneo-giugulare non sembra avere vantaggi consistenti rispetto alla
paracentesi, né garantire una sopravvivenza più lunga.
Nuovi farmaci
E’ oggi disponibile il catumaxomab un
nuovo anticorpo monoclonale, utilizzato
in caso di insuccesso del trattamento
standard (medico e /o chirurgico). Il catumaxomab può essere utilizzato solo in
pazienti con carcinomi EpCAM-positivi,
cioè per quei tumori epiteliali (neoplasie
di ovaio, mammella, endometrio) caratterizzati dalla espressione della molecola
EpCAM. Questo anticorpo va somministrato per infusione nella cavità peritoneale,
dopo il drenaggio del liquido ascitico e
tramite un sistema di pompa con quattro
infusioni a dosi crescenti da 10 a 150
microgrammi nell’arco di 11 giorni.
Il catumaxomab ha un meccanismo d'azione trifunzionale, è infatti realizzato in
modo da legarsi a due molecole: l’EpCAM,
presente sulle cellule tumorali, e il CD3,
presente sulle cellule T (sistema immunitario). Legandosi a questi due antigeni, il
catumaxomab forma un ponte tra le cellule cancerose e le cellule T, in modo tale
che queste ultime possano neutralizzare le
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cellule tumorali. Il catumaxomab si lega
inoltre ad una terza sostanza, denominata
recettore Fc-gamma, che aiuta il sistema
immunitario dell’organismo a neutralizzare
le cellule cancerose. Gli effetti indesiderati
più comuni associati alla terapia con catumaxomab sono linfocitopenia (basso livello
di linfociti), dolori addominali, nausea,
vomito, diarrea, febbre, affaticamento, brividi e dolori. L'efficacia del farmaco è stata
dimostrata in uno studio clinico condotto
su circa 300 pazienti con ascite refrattaria.
In media, i pazienti trattati con catumaxomab hanno vissuto per 46 giorni senza
necessità di un ulteriore paracentesi rispetto agli 11 giorni dei pazienti trattati con il
solo drenaggio. Il catumaxomab può essere
quindi considerato un importante opportunità terapeutica nei pazienti con ascite non
responsiva ai trattamenti standard.
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