IL SEICENTO
Il Seicento fu un secolo ricco di contrasti. In esso si accentuarono le differenze tra lo splendore
delle corti reali e la miseria delle plebi contadine e urbane. Accanto alla fioritura culturale c’era la
ferocia delle guerre e delle stragi.
Contro la democrazia della Gran Bretagna e l’indipendenza della Svizzera e dell’Olanda si
imposero rispettivamente l’assolutismo della Francia e della Spagna e la servitù delle regioni
italiane.
Il trionfo della ragione nelle scienze matematiche e filosofiche fu in contrasto con l’ignoranza dei
medici e la superstizione del popolo durante le epidemie di peste. La crisi demografica svoltasi in
Europa nella prima metà del Seicento non può essere considerata come una crisi generale perché le
sue manifestazioni ebbero differenti conseguenze: in Italia e in Germania si verificò un declino
economico causato dalla guerra dei Trent’anni, mentre in Olanda e in Inghilterra si vide uno
sviluppo di tipo capitalistico. La guerra dei Trent’anni, che interessò tutta l’Europa, può essere
divisa in quattro parti: la boemo palatina : scontro tra cattolici e protestanti; la danese: la
Danimarca entra in guerra a fianco dei protestanti; la svedese:intervento della Svezia contro
l’impero e i cattolici; la francese in cui si ebbe la divisione dei paesi cattolici:la Francia si schierò
contro l’impero e la Spagna invece fu sua alleata. La conclusione della guerra in Germania fu
segnata con la pace di Vestfalia che segnò la fine delle guerre di religione.
La Spagna, con a capo Filippo II, conquistò il Portogallo colonizzandolo e conquistò il dominio
del mondo e la supremazia in Europa; fu a capo dei Paesi Bassi e del ducato di Milano e importò dal
Perù oro e argento. Nel 1700 dopo la morte di Carlo II, re di Spagna, si aprì in Europa un periodo di
guerre di successione che coinvolse Polonia, Austria e altre dinastie europee.
L’Olanda era la più ricca delle Sette Province Unite; proclamò l’indipendenza dalla Spagna che gli
venne riconosciuta solo dopo la pace di Westfalia, per cui il 600 fu un secolo di progressi
Durante la guerra dei Trent’anni combattuta per il predominio sull’Europa, gli Asburgo di Spagna e
d’Austria si scontrarono con Francia, Province Unite e Stati tedeschi. Le conseguenze furono la
carestia e la peste; la pace di Westfalia, infatti, segnò il tramonto della supremazia spagnola.
In Francia alla fine del Cinquecento ci furono sanguinose guerre tra cattolici ed ugonotti. Enrico IV
emanò l’editto di Nantes ponendo così fine a queste perché sancì la libertà di culto e di coscienza.
Luigi XIII garantì lo splendore grazie ai ministri Richelieu e Mazzarino. Con Luigi XIV, chiamato
Re Sole, si affermò l’assolutismo Regio, si sviluppò l’economia e l’espansione coloniale.
Nella seconda metà del secolo l’Austria arrestò l’avanzata dell’impero Ottomano che toccò il limite
massimo della sua espansione in Europa.
In Russia invece si affermò il potere degli Zar; più tardi i russi parteciparono alla guerra di
successione, sostenendo Federico Augusto III di Sassonia, a conclusione della quale il trono di
Polonia andò proprio a Federico.
In Inghilterra i conflitti religiosi continuarono nella prima metà del 600. Nel 1618 ebbe inizio un
lungo conflitto tra i deputati e i sovrani che si concluse con la sconfitta di questi ultimi e la crescita
della repubblica che però ebbe vita breve. Infatti nel 1660 fu riportata la monarchia al potere. Poco
dopo in Inghilterra si affermò il regime parlamentare. Nel parlamento si fronteggiavano due partiti.
Per impedire che la monarchia Inglese si trasformasse in monarchia cattolica i due partiti
invocarono l’intervento dell’olandese Guglielmo d’Orange. Egli a conclusione della rivoluzione salì
al trono; cosi tra Olanda e Inghilterra furono risanati i rapporti. Sui progressi economici
dell’Inghilterra e dell’Olanda ebbe una grande influenza il capitalismo commerciale, mentre minore
fu lo sviluppo del capitalismo agricolo.
In Italia la seconda metà del 600 vide il rafforzamento del ducato di Savoia e la permanenza del
dominio spagnolo. Le conseguenze della crisi economica di metà 600 colpirono sia l’Italia
Meridionale che la Lombardia.
LA CRISI GENERALE DEL XVII SECOLO
Durante il XVII secolo, l’economia attraversò un brutto periodo, cioè una crisi generale che segnava
l’ultima fase del passaggio dal sistema feudale all’economia capitalista.
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La crisi si distingue da tutte le altre perché, anche se con molti ostacoli, portò al pieno sviluppo del
capitalismo.
Per la prima volta il Mediterraneo cessò di essere il centro più importante della vita economica,
politica e culturale. Le potenze Iberiche, la Germania, la Polonia e l’Hansa erano in declino, mentre
le potenze marittime erano in ascesa.
La Francia si trovava in una posizione intermedia, infatti il trionfo politico non era stato
accompagnato da un grosso sviluppo economico che giunse solo alla fine del secolo ed anche allora
era instabile.
Per quando riguarda la produzione invece non si sa molto; molti paesi furono completamente
deindustrializzati, come ad esempio l’Italia che era la più sviluppata e invece ora era diventata
un’aerea sottosviluppata. Ma anche la Francia, la Polonia e la Germania furono deindustrializzate.
Le due aree principali del commercio: il Mediterraneo e il Baltico subirono profonde modifiche ed
ebbero un temporaneo declino.
Quindi si può considerare il XVII secolo, un’epoca di rivolte sociali in tutta l’Europa. Sia in Francia
che in Inghilterra si verificarono varie rivolte e movimenti sociali, invece l’espansione economica
non si trasformava in una rivoluzione industriale e non si conoscevano i motivi per cui non
avveniva l’espansione capitalista.
Per il trionfo del capitalismo era necessaria una rivoluzione nelle strutture feudali e agrarie. Quindi
l’espansione capitalista è limitata dalla presenza di una struttura feudale nella società.
L’EUROPA DELLO SVILUPPO
Nel Seicento ci furono la nascita della chimica e dei progressi della medicina. Nel corso del basso
Medioevo furono scoperte nuove sostanze. Nella prima metà del Cinquecento il medico Parocelso si
era servito di queste nuove sostanze per preparare dei farmaci. La chimica diventò una vera e
propria scienza nel 600 distinguendosi dall’alchimia.
Robert Boyle può essere considerato il fondatore della chimica; le scoperte della chimica fecero
progredire anche la medicina e migliorarono cosi le conoscenze del corpo umano.
Questi grandi progressi in medicina non furono però di grande aiuto nella prevenzione delle
epidemie. Nel Seicento, infatti, si ebbe una nuova ondata di peste.
Nell’ambito culturale un ruolo molto importante fu svolto dalle accademie. La prima più
importante d’Italia fu l’accademia dei Lincei, dove tra i suoi soci vi fu anche Galileo Galilei da cui
ebbe una forte impronta. La morte del fondatore Cesi e la persecuzione di Galileo Galilei resero
difficile il proseguimento della sua attività che si interruppe nel 1657. Nello stesso anno Leopoldo
de’ Medici fondò l’accademia del Cimento dove si effettuarono numerosi esperimenti scientifici.
In Francia la più importante associazione di ricerche scientifiche fu quella a Parigi di Mersenne. In
seguito il governo francese aiutò l’attività degli scienziati permettendo la nascita dell’ Accademie
des sciences. Un accademia uguale a questa fu la Royal Society. Gli scienziati che facevano parte
delle accademie istaurarono contatti con gli scienziati degli altri paesi.
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Nel corso del Seicento, ci fu la rivoluzione scientifica, punto di avvio fu la rivoluzione
astronomica effettuata da Copernico, il quale mise in discussione l’edificio cosmologico risalente
ad Aristotele e Tolomeo, ponendo il Sole, e non la Terra, al centro dell’universo; su tali basi,
Keplero individuò il movimento ellittico dei pianeti, mentre Galileo abbandonava la distinzione tra
fisica terrestre e fisica celeste, elaborando un metodo unitario che consentiva lo studio di tutti i
fenomeni relativi al movimento; infine Newton con la sua teoria gravitazionale unificò la fisica di
Galileo con le leggi di Keplero del movimento dei pianeti. Occorre aggiungere, tuttavia, che la
rivoluzione scientifica fu già preparata, nel corso del Rinascimento, da una serie di fattori, quali ad
esempio la nuova collaborazione che si stabilì fra artigiani e scienziati, il ruolo preminente via via
assegnato all’osservazione della natura, in particolare venne abbandonata, con la rivoluzione
scientifica, l’antica concezione della scienza come contemplazione pura della verità, a favore di un
approccio, di cui si fece interprete soprattutto Francesco Bacone, che sottolineava l’importanza
pratica e operativa del sapere scientifico. Esso appariva come un sapere che cresce su se stesso nel
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tempo e che si arricchisce dell’apporto congiunto di molti ricercatori, costituendo pertanto una
costruzione progressiva e sempre perfettibile. Copernico, iniziatore della rivoluzione astronomica,
intendeva fornire una spiegazione dei movimenti degli astri che fosse più coerente e meno
macchinosa di quella che era alla base del sistema astronomico tolemaico. Affermando che la Terra
ruota intorno al Sole, egli riteneva di pervenire a una spiegazione più semplice e unitaria
dell’universo. Nonostante l’ostilità della Chiesa cattolica (ma anche di quella luterana) nei confronti
del sistema copernicano, la teoria eliocentrica venne sviluppata da Keplero e da Galileo, i quali
sostennero che essa non costituiva affatto una semplice ipotesi atta a spiegare i movimenti apparenti
dei pianeti ma una descrizione vera della configurazione reale dell’universo.
Con la rivoluzione scientifica cambia anzitutto, rispetto all’antichità e allo stesso Rinascimento,
l’immagine della conoscenza. In primo luogo essa diventa scienza sperimentale, che si fonda
sull’esperienza intesa come esperimento da condurre secondo precise regole metodiche. Decisive,
sotto questo profilo, furono le riflessioni di Francesco Bacone e di Galileo Galilei, il quale
soprattutto contribuì all’elaborazione di un metodo che congiungeva l'osservazione dei fenomeni
naturali, il ricorso alla matematica per la formulazione delle leggi scientifiche e la verifica
sperimentale.
Con la rivoluzione scientifica, inoltre, si fa strada l’idea che la scienza consiste in un sapere
pubblicamente controllabile: essa da un lato costituisce l’antitesi del sapere oscuro e iniziatico del
mago, tipico di un filone della cultura rinascimentale, dall’altro non è neppure un sapere che può
essere coltivato in maniera libresca, come avveniva nelle università. La scienza sperimentale
richiede infatti la collaborazione dello scienziato e dell’artigiano nella misura in cui fa ricorso a una
complessa strumentazione scientifica. Lo strumento, dal semplice cannocchiale di Galileo fino alle
sofisticate apparecchiature dei laboratori moderni di fisica, diventa essenziale sia per l’osservazione
dei dati sia per il controllo sperimentale delle ipotesi scientifiche.
Galileo Galilei, il più illustre scienziato italiano del XVII secolo, inventore del metodo
sperimentale, fu il primo a dimostrare la validità delle tesi copernicane attraverso l’uso del
telescopio. Egli annunciò le sue scoperte in un testo del 1610 che gli diede fama europea e il
riconoscimento da parte di alcuni scienziati illustri come Klepero. All’università di Pisa le sue
aperte posizioni copernicane lo resero malvisto alla comunità di studiosi, e nel 1616 egli fu
ammonito dal cardinale Bellarmino. Galileo proseguì i suoi studi e nel 1623 pubblicò il Saggiatore,
in cui espose le sue idee basate sull’osservazione matematica, la formulazione di leggi e la verifica
sperimentale. Il cardinale Barberini fu protettore delle sue tesi, tanto che Galilei gli dedicò
un’opera, ma fu chiamato dinanzi all’Inquisizione. Egli venne accusato di eresia e sottoposto ad un
processo, così Galilei fu costretto ad rinnegare le sue tesi. Galileo morì nel 1642. L’Italia,
politicamente sottomessa agli spagnoli, soggetta al clima repressivo organizzato dalla Chiesa
cattolica, piombava in un lungo periodo di oscurità.
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