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RACCOLTA DELLA STRUMENTAZIONE DIDATTICA
DEL DIPARTIMENTO DI FISICA
Nel seguito sono descritti gli strumenti didattici impiegati nelle dimostrazioni in
aula e la strumentazione di laboratorio acquistata oppure realizzata dall’Istituto di
Fisica di Via Saldini (nel periodo 1920 -1963) e dal Dipartimento di Fisica di Via
Celoria (nel periodo 1963 - 2009). Tale strumentazione è stata recuperata da uno
stato di completo abbandono negli scaffali posti sul retro dell’aula A (ora
smantellati per far posto alla raccolta) e negli scaffali posti sul retro delle aule B e
C (ora in parte risistemati per accogliere la strumentazione più ingombrante).
La presentazione di ogni strumento contiene il nominativo della ditta costruttrice,
la data presumibile d’acquisto o di costruzione (se lo strumento è stato realizzato
dalle officine o dai laboratori del Dipartimento), lo stato di conservazione e la
descrizione dello strumento e delle sue caratteristiche. Non essendo a disposizione
la documentazione d’acquisto degli strumenti spesso l’assegnazione della data si
limita ad indicare se l’acquisto è avvenuto presumibilmente nel periodo
antecedente il trasferimento dell’Istituto di Fisica da Via Saldini a Via Celoria
(1963) o nel periodo successivo.
Di alcuni strumenti si mostra la struttura interna per consentire la descrizione del
principio di funzionamento, mentre di altri dispositivi è possibile soltanto fare
delle ipotesi sul loro impiego nelle sperimentazioni di laboratorio o nelle
dimostrazioni in aula. Ove è stato possibile alcuni strumenti sono stati riparati o
completati nelle parti mancanti per renderli funzionanti.
Alcuni dispositivi (costruiti dalla officina meccanica del Dipartimento e
dall’officina meccanica del LASA) , sono copie di strumentazione classica e sono
stati realizzati per dimostrazioni in aula (schiacciata di Volta, pila a bicchieri di
Volta, modello di macchina elettrostatica,
modello dell’elettroscopio di
Bohnenberger, mulinello elettrostatico, bicchieri di Faraday, ruota di Barlow,
spirale di Roget, polarimetro di Norrenberg).
Gli strumenti della raccolta sono stati suddivisi in sei sezioni in base al campo
della Fisica nel quale vengono di norma impiegati (Meccanica e Termodinamica –
Elettrostatica – Elettromagnetismo – Strumentazione elettrica – Ottica – Fisica
Moderna).
I
Indice della strumentazione
Pag.
1)
Sezione di Meccanica e Termodinamica
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
2)
Bilancia
Vacuometro (o manometro) di Mc Leod
Valvola da vuoto
Termoscopio di Galileo
Igrometro a condensazione di Chistoni
Diapason e diapason elettromagnetico
Flauti (canne sonore di König)
Sezione di Elettrostatica
2
3
7
9
11
13
14
16
2.1 Elettroscopi a foglie d’oro
2.2 Elettroscopio di Bohnenberger
2.3 Elettrometro a filo di Wulf
2.4 Voltmetro elettrostatico
2.5 Elettrometro a quadranti
2.6 Elettroforo di Volta (schiacciata di Volta)
2.7 Modello di macchina elettrostatica
2.8 Generatore di Van der Graaf
2.9 Spinterometri
2.10 Mulinello elettrostatico
3)
1
Sezione di Elettromagnetismo
3.1 Modello del dispositivo di Oersted
3.2 Moltiplicatore elettrodinamico
3.3 Galvanometro delle tangenti
3.4 Galvanometro a filo
3.5 Galvanometri di Deprez-D’Arsonval
3.6 Bicchieri di Faraday
3.7 Ruote di Barlow
3.8 Elica di Roget
3.9 Globo elettromagnetico
3.10 Apparato per la levitazione magnetica
II
19
20
21
22
23
24
25
26
27
29
30
33
35
37
39
40
43
45
47
48
50
4)
Sezione di Strumentazione elettrica
4.1 Strumentazione per dimostrazioni in aula
4.1 a) Amperometro
4.1 b) Voltmetro
4.1 c) Multimetro
4.2 Frequenzimetro
4.3 Componenti passivi dei circuiti elettrici
4.3 a) Resistori a resistenza variabile (reostati)
4.3 b) Resistenza campione
4.3 c) Condensatore a capacita variabile
4.3 d) Induttori ad induttanza fissa (solenoidi in aria)
4.3 e) Induttore ad induttanza variabile (in aria)
4.3 f) Induttori accoppiati (con nucleo in ferro)
4.3 g) Mutue induttanze
4.3 h) Trasformatore di corrente toroidale
5)
Sezione di Ottica
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
5.8
5.9
6)
53
54
54
54
54
56
58
58
60
61
62
63
65
66
66
67
Arco voltaico
Rifrattometro di Abbe
Fotometro di Lummer-Brodun
Spettrometro
Prismi di dispersione
Polarimetro di Brewster
Polarimetro di Norrenberg
Spato d’Islanda
Polarimetro per saccarometria
68
69
71
73
75
76
77
78
79
Sezione di Fisica Moderna
80
6.1 Tubo di Faraday (o tubo di Crookes o tubo di Geissler)
6.2 Tubo per raggi catodici
6.3 Tubo per raggi catodici con croce di Malta
6.4 Triodo di potenza
6.5 Tubo catodico di oscilloscopio
6.6 Spettrometro per raggi X (spettrometro di Röntgen)
6.7 Elettrometro capillare di Lippmann
6.8 Cella del Selenio
6.9 Generatore a termocoppie
6.10 Camere di Wilson
6.11 Misuratore della ionizzazione totale delle particelle α in aria
III
82
85
86
87
90
92
93
95
96
98
99
7)
7.1
7.2
7.3
7.4
7.5
7.6
8)
Armadio A (retro aula C)
101
Pila a bicchieri di Volta
Sonometro
Pompa di Geissler
Barometro di Fortin
Tubo per scarica a corona
Microfono elettrostatico sferico
102
103
105
107
109
110
Armadio B (retro aula B)
111
8.1 Strumentazione elettrica
8.2 Temporizzatore , trasmettitore e ricevitore a microonde
8.3 Campana pneumatica e misuratore di vuoto
IV
112
117
118
Sezione di Meccanica e Termodinamica
Sezione di Meccanica e Termodinamica
Diapason elettromagnetico
Diapason con cassa
di risonanza
Capsule
manometriche
Bilancia a braccia uguali
0.001
Psicrometro
70
0.01
60
50
0.05
40
30
0.1
20
10
25
0 .2
10
0 .3
20
0 .4
30
0.5
40
0 .6
20
50
0.7
0 .8
0 .9
1
60
70
15
R
10
5
Manometro di MacLeod
Termoscopio
di Galileo
Valvola da vuoto
Flauti
In questa Sezione sono esposti solo alcuni degli strumenti meno ingombranti (a parte
il vacuometro di Mac Leod). Altri strumenti appartenenti a questa sezione, quali il
sonometro, il barometro di Fortin e la pompa a vuoto di Geissler, il microfono sferico
elettrostatico, sono esposti nell’armadio A sul retro dell’aula C.
1
Bilancia
Costruttore:
Ditta Officine Galileo – Firenze
Data di acquisto:
Ignota (probabile prima del
1963)
Stato dello strumento:
Operativo
Descrizione dello strumento:
E’ una bilancia a due braccia
nella quale sono ben visibili gli
elementi essenziali quali:
• i perni a forma di cuneo per la
sospensione del giogo e dei
due piattelli;
• la massa (costituita da un
anello filettato) che consente
di variare la posizione del
baricentro del giogo rispetto
all’asse di sospensione del giogo e quindi di variare la sensibilità della bilancia;
• le masse (costituite da 2 dadi mobili lungo le viti poste alle due estremità del
giogo) che consentono di equilibrare il giogo con i due piattelli;
• i due fermi-corsa che impediscono rotazioni troppo ampie del giogo quando le
masse incognite non sono ancora bilanciate dai pesi campione.
La portata della bilancia è presumibilmente M = 500 g e la sensibilità della bilancia è
risultata σ = 0.04 g/div.
2
Vacuometro (o manometro) di Mc Leod
E
5
4
3
2
1
0
A
0
1
2
3
4
5
S2
0.0001
0.0005
0.001
0.005
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
D
B
a
a
C1
S1
1)
E
Ad una pompa
da vuoto
A
5
4
3
2
1
0
C2
0
1
2
3
4
5
S2
0.0001
0.0005
0.001
0.005
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
D
B
a
a
C1
S1
2)
3
Costruttore:
Leybold Vacuum - Germania
Data di acquisto:
Ignota (probabile prima del
1963)
Stato dello strumento:
Lo strumento originale, senza
mercurio, presentava la rottura
del manometro A e del tubo E.
Non essendo conveniente la
saldatura dei due pezzi (a causa
della
fragilità
del
vetro
impiegato
nella
sua
costruzione), l’apparato è stato
ricostruito in vetro pyrex.
Descrizione dello strumento:
Tale strumento proposto da Mc
Leod (1874) viene in genere
utilizzato per la misura assoluta
di basse pressioni ed il suo
funzionamento è basato sulla
legge di Boyle.
La sequenza di figure riportate a
lato consente di illustrare come
si predispone lo strumento per
la misura [Figure 1) – 4)] e
come viene eseguita la misura
della pressione residua [Figura
5)].
Il vacuometro [Fig. 1)] non
contiene
mercurio
e
la
tubazione si trova a pressione
atmosferica, in quanto il tubo E
ed il rubinetto B sono aperti. Il
mercurio (traccia rossa) nel
manometro A indica che la
pressione è superiore a 10 cm di
Hg. Questo manometro serve
all’operatore per seguire la
progressiva evacuazione della
tubazione
del
vacuometro
quando questo viene collegato
ad una pompa da vuoto.
Il serbatoio C1, nel quale verrà
E
versato in seguito il mercurio per
la misura della pressione
Ad una pompa
residua dell’impianto a vuoto, è
da vuoto
C2
alloggiato nella base S1 la cui
A
S2
quota è stata fissata dal
costruttore. La base superiore S2,
nella quale in seguito verrà
trasferito il serbatoio C1 è
D
regolabile in quota lungo la
B
scanalatura T (mediante una vite
di fissaggio posta sul retro del
a
a
C1
supporto).
S1
Viene chiuso [Fig. 2)] il rubinetto
B e si versa nel serbatoio
ausiliario C2 una quantità
prefissata di mercurio che,
3) quando questo verrà fatto
scendere nel serbatoio C1 (dopo
l’evacuazione
dell’aria),
la
colonna di mercurio arrivi sino
alla quota a-a (cioè al disotto della
E
biforcazione del tubo centrale).
L’estremità E del vacuometro
Ad una pompa
viene connessa all’impianto a
da vuoto
vuoto. Nella Fig. 2) è mostrata la
situazione in un particolare
S2
A
istante, cioè quando la pressione
residua nella tubazione del
vacuometro si è ridotta al valore p
D
= 2 cm Hg (come indicato dalla
B
colonna
di
mercurio
nel
manometro A).
a
a
C1
Una volta che è stato raggiunto il
S1
vuoto
limite
della
pompa
impiegata (il mercurio nel
manometro A si trova alla stessa
quota nei due rami del tubo U)
[Fig. 3)] si apre il rubinetto B,
facendo scendere il mercurio nel
4)
serbatoio C1, sino a quando il
livello
del
mercurio
nella
tubazione centrale non è arrivata
alla quota a-a. Nella Figura 3) è mostrata la situazione in cui il mercurio incomincia a
5
4
3
2
1
0
0
1
2
3
4
5
0.0001
0.0005
0.001
0.005
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
5
4
3
2
1
0
0
1
2
3
4
5
0.0001
0.0005
0.001
0.005
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
4
riempire il serbatoio C1. Al termine del trasferimento del mercurio nel serbatoio C1
[Fig. 4)], si chiude il rubinetto B e si recupera il serbatoio ausiliario C2. Conviene
inoltre abbassare il supporto S2, per potere in seguito regolarne l’altezza per far sì che
il mercurio riempia il bulbo D e salga nel capillare sovrastante.
Terminata la preparazione del vacuometro si può procedere alla misura della
pressione residua dell’impianto da vuoto.
La procedura per effettuare la
E
misura è la seguente:
a) Si pone lo strumento in
B
All’impianto
comunicazione con l’impianto a
a vuoto
C1
vuoto del quale si vuole misurare
A
S2
la pressione residua totale,
mentre il serbatoio C1 si trova
nella base S1. Si assume che a
regime, nel bulbo sferico D si
D
instauri lo stesso livello di vuoto
presente nell’impianto;
b) Si sposta il serbatoio C1 nella
a
a
base S2 [Fig. 5)] in maniera che il
S1
mercurio vada a riempire il bulbo
D e parte del capillare posto
sopra di esso. Quando il mercurio
supera la biforcazione tra i due
rami i gas residui contenuti nel
5)
bulbo rimangono intrappolati e
vengono via via compressi
(all’innalzarsi del livello del
mercurio) sino al volume finale
nella sezione cb del capillare. La pressione in questo ramo dello strumento passa dal
valore iniziale px al valore finale p1. La pressione nell’altro ramo dello strumento
rimane uguale al valore iniziale px in quanto il tubo è sempre in comunicazione con
l’impianto a vuoto.
c) la differenza di pressione nei due rami è sufficiente a produrre un dislivello
apprezzabile (10-20 mm) ed è facilmente misurabile tra i menischi delle colonne di
mercurio presenti nei due rami. Il secondo ramo dello strumento presenta una
diramazione di sezione uguale a quello del capillare del primo ramo. La ragione di
tale diramazione è quella di consentire una maggiore precisione nella misura del
dislivello h (uguali raggi di curvatura del menisco ed uguali variazioni di quota
dovute alle tensioni superficiali nei due capillari), mantenendo una buona
conduttanza nel tubo principale necessaria per evitare, nella fase iniziale, gradienti di
pressione tra il bulbo D e l’impianto a vuoto.
La misura può essere eseguita con due procedure leggermente differenti che portano
però a sensibilità notevolmente diverse.
5
4
3
2
1
0
0
1
2
3
4
5
0.0001
0.0005
0.001
0.005
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
5
Nel primo caso si fa innalzare la colonna di mercurio nel capillare del primo ramo
sino ad una quota B prefissata dal costruttore ed indicata da una tacca sul vetro del
capillare stesso [Fig. 6a)]. Con riferimento ai dati riportati nella Figura è facile
dimostrare che la pressione incognita varia linearmente con il dislivello h ed è data
da:
px = [Sd/(V1+LS)] h = ko h
essendo S la sezione del capillare e V1 il volume compreso nel bulbo compreso tra la
biforcazione e la base del capillare.
Nel secondo caso si fa innalzare la colonna di mercurio nel capillare del secondo
ramo sino a quando essa non raggiunge la quota N dell’estremità chiusa del capillare
del primo ramo (Fig. 6b). Il volume del gas compresso è proporzionale al disli8vello
h tra le due colonne di mercurio e pertanto la pressione incognita è data da:
px = [S /(V1 + LS)] h2 = k1 h2
che mostra un andamento quadratico in funzione di h, particolarmente adatto nella
misura delle basse pressioni.
6
Valvola da vuoto
0.001
70
0.01
60
50
0.05
40
30
0.1
20
10
0.2
10
0.3
20
0.4
30
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
40
50
60
70
R
Costruttore: Leybold Vacuum - Germania
Data di acquisto: Ignota (probabilmente prima del
1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
’ una valvola di misura del vuoto che riproduce in forma
relativamente compatta il manometro di Mc Leod,
descritto nelle precedenti pagine. Una immagine
ingrandita dello strumento corredata di alcune didascalie
consente di descrivere meglio questo strumento. Lo
strumento è costituito da una camera in acciaio C
(sostenuta dal treppiede T) che può essere facilmente
connessa all’impianto a vuoto
Recipiente in vetro V
attraverso un collo
dotato di una
flangia conica che
Manometro ad U (M1)
consente
una
Scala del
manometro M2
rapida esecuzione
Scala del
del collegamento
manometro M1
ed una buona
Manometro
tenuta di vuoto.
di Mc Leod
Le basi superiore
(M2)
ed inferiore della
R
camera in acciaio
Flangia superiore a
sono chiuse metenuta di vuoto
diante due flange
All’impianto
a tenuta stagna.
a vuoto
Alla flangia suCamera in
periore è fissato
acciaio C
Flangia inferiore a
un recipiente citenuta di vuoto
lindrico V in vetro
(in comunicazione
con la camera
d’acciaio) conteManovella H
Treppiede T
nente il manometro ad U (M1) e la
testa di misura di
Mc Leod (M2).
Alla flangia inferiore è applicata una manovella H che consente di spingere il
mercurio, alloggiato in un serbatoio deformabile (in genere realizzato con pelle di
daino) nella cameretta sferica R del manometro di Mc Leod.
Serbatoio aperto
di M2
0.001
0.01
0.05
70
60
50
40
30
0.1
20
10
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
10
20
30
40
50
60
70
7
La lettura della pressione residua viene effettuata su due scale distinte (una per il
manometro ad U, una per il manometro di Mc Leod) incise su una tavoletta solidale
con i due manometri. Il principio di funzionamento del manometro di Mc Leod è
ampiamente illustrato nelle pagine precedenti e pertanto si rinvia ad esse il lettore.
Il manometro ad U consente di misurare la pressione nell’ intervallo p < 70 mm Hg
con una risoluzione che può essere stimata in ± 2 mm Hg, mentre il manometro di Mc
Leod consente di misurare la pressione residua nell’intervallo 10-3 mm Hg < p < 1
mm Hg con discreta risoluzione nell’intervallo 10-2 mm Hg < p < 1 mm Hg e bassa
risoluzione per p < 10-2 mm Hg.
8
Termoscopio di Galileo
25
20
15
10
Δ h (cm)
5
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
0
Costruttore:
Ditta Colaver – Milano
Data di acquisto:
2008
Stato dello strumento:
Operativo. Adatto per dimostrazioni in aula.
Descrizione dello strumento:
E’ un modello del primo strumento indicatore dello stato
termico di un corpo che risale a Galileo. La descrizione di
tale strumento non compare nei suoi scritti ma in una lettera
del 1638 di un suo studente che così descrive l’esperimento:
“ Galilei prese un bulbo di vetro a forma d’uovo connesso
ad un tubo sottile lungo circa 2 palmi. Scaldò il bulbo di
vetro nelle sue mani, rivoltò il tubo e lo immerse nell’acqua
contenuta in un altro recipiente. Non appena il bulbo si
raffreddò l’acqua risalì nel tubo all’altezza di un palmo al
disopra del livello dell’acqua. Egli usò questo strumento per
investigare il grado di caldo e freddo.”
Lo strumento mostrato in bacheca ha una lunghezza
all’incirca uguale a quella indicata nella descrizione sopra
riportata (circa 50 cm) ed inoltre è stato dotato di una scala
centimetrica (su un intervallo di 25 cm) incisa sul collo del
recipiente in cui lo zero coincide con il livello del liquido
nella base e di una seconda scala centimetrica (su un
intervallo di 25 cm) incisa sul gambo del bulbo in cui lo
zero si trova alla base del bulbo.
Il liquido impiegato
è in questo caso l’olio
(ρ = 900 kg/m3) per
To = 283.15 K
ridurre al minimo i
To = 293.15 K
processi di evaporazione e di condensa ed
i conseguenti effetti
sulla pressione nel
Liquido: Olio
bulbo e nel recipiente.
Il recipiente contenente l’olio può essere
posto
in
comuni10
20
30
cazione con l’ambiente
(cioè
a
pressione
(T - T o) (K)
atmo-sferica) oppure
essere
9
isolato dall’ambiente per non risentire delle variazioni della pressione atmosferica.
Nel grafico sopra riportato è mostrato l’innalzamento Δh della colonna d’olio quando
l’aria contenuta nel bulbo e nel gambo viene dapprima riscaldata sino alla
temperatura T (superiore alla temperatura ambiente To) e quindi lasciata raffreddare
sino alla temperatura ambiente (nell’ipotesi che il recipiente sia in comunicazione con
l’ambiente e che la pressione atmosferica sia po = 760 mm Hg).
Si può notare che la curva caratteristica dipende in piccola misura dalla
temperatura To dell’ambiente e che la sensibilità (dh/dT) decresce da circa 1.41 cm/K
a circa 1.11 cm/K nell’intervallo di temperatura considerato (ΔT = 30 K).
Lo strumento è molto sensibile e pertanto con tale strumento è possibile
apprezzare variazioni di temperatura di ± 20 C ma non è adatto per essere impiegato
come termometro a causa del fatto che l’altezza della colonna d’acqua è fortemente
influenzata dalla pressione atmosferica, quando il recipiente è aperto.
L’altezza iniziale della colonna Δh = 20.5 cm è stata ottenuta con il recipiente in
comunicazione con l’ambiente e riscaldando il bulbo dalla temperatura ambiente
to = 19 C alla temperatura t = 35 C.
10
Igrometro a condensazione di Chistoni
Costruttore:
Officine Galileo – Firenze
Data di acquisto:
Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: In origine
mancante del termometro e della
pompetta per soffiare aria nel liquido
(etere solforico) contenuto nella
scatola.
Descrizione dello strumento:
L’igrometro è costituito da una
scatola metallica con pareti speculari
sostenuta
da
un
supporto
termicamente isolante (bachelite)
ricoperto da lamine realizzate con lo
stesso metallo della scatola. Questa
ultima è dotata di un termometro
che consente di misurare la
temperatura del liquido (etere
solforico) presente al suo interno, di
una pompetta in gomma che consente di far gorgogliare l’aria nell’etere per
accelerarne il processo di evaporazione e di un tubicino che consente di allontanare i
vapori d’etere dalla superficie delle lamine esterne dell’igrometro.
Il principio di funzionamento dell’igrometro a condensazione è basato sul fatto che la
parete metallica, raffreddata per la rapida evaporazione dell’etere, evidenzia la
condensazione del vapore d’acqua contenuto nell’aria ambientale attraverso la
formazione di un velo di rugiada sulla parete stessa. La rilevazione dell’istante in cui
inizia a formarsi il velo di rugiada è facilitata dal confronto tra le superficie
(adiacenti) della scatola e delle lamine ricoprenti il supporto isolante.
La misura della temperatura t del bagno d’etere, nell’istante in cui si forma il velo di
rugiada, e la misura della temperatura dell’aria ambientale ta consente di determinare
la umidità relativa Ur:
Ur = m/mo = δ/δo = p/po
essendo m, δ, p la massa, la densità e la tensione di vapore dell’acqua presente
nell’aria a temperatura t e mo, δo, po la massa , la densità e la tensione di vapore a
saturazione alla temperatura ta. In tabella I sono riportati i valori della tensione di
vapore dell’acqua (espressi in mm Hg) in funzione della temperatura (nell’intervallo
-14 < t <+ 64 C).
11
t (C)
-14
-12
-10
-8
-6
-4
-2
0
2
4
p
1.560
1.834
2.149
2.514
2.931
3.410
3.956
4.579
5.294
6.101
t (C)
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
Tabella I
p
t (C)
7.013
26
8.045
28
9.209
30
10.52
32
11.99
34
13.63
36
15.48
38
17.53
40
19.83
42
22.38
44
12
p
25.21
28.35
31.82
35.66
39.90
44.56
49.69
55.32
61.50
68.26
t (C)
46
48
50
52
54
56
58
60
62
64
p
76.65
83.61
92.51
102.1
112.5
123.8
136.1
149.4
163.8
179.3
Diapason e diapason elettromagnetico
Vista
frontale
Al generatore
Diapason
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota
Stato dello strumento: La cassetta di risonanza risulta fessurata e parzialmente
riparata con una colla per legno.
Descrizione dello strumento:
Il diapason, che ha una frequenza di risonanza ν = 440 Hz, è montato su una cassetta
di risonanza (lunghezza dell’interno della cassetta L = λ/4 = 0.175 m) all’interno
della quale, quando i rebbi del diapason vengono percossi, si genera un’onda
stazionaria con un nodo all’estremità chiusa ed un ventre all’estremità aperta. La
frequenza del diapason può essere variata spostando lungo i rebbi un cavaliere di
piccola massa (mancante) .
Diapason elettromagnetico
Costruttore: Officine Galileo - Firenze
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Non operativo in quanto al dispositivo originario manca il
diapason originale. Per puri motivi di descrizione il dispositivo è stato corredato di un
dummy diapason e di una asticella metallica funzionante da interruttore.
Descrizione dello strumento:
Il diapason elettromagnetico è formato da un diapason e da una elettromagnete che
fanno parte di uno stesso circuito elettrico. All’estremità di un rebbo del diapason è
rigidamente fissata una asticella metallica che ha la funzione di chiudere ed aprire il
circuito dell’elettromagnete, ad ogni oscillazione dei rebbi. In tal modo un certo
impulso viene trasmesso ai rebbi che vibrano in relazione al loro coefficiente di
elasticità. In questo modo si ottengono oscillazioni permanenti che consentono di
impiegare tale dispositivo come interruttore acustico e come misuratore di tempo per
la costanza del suo periodo.
13
Flauti (Canne sonore di König)
Canne di
König
Capsule
manometriche
Costruttore: Ignoto
Data di costruzione: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato degli strumenti: Funzionanti
Descrizione degli strumenti: Sono 4 canne (due a due uguali) di sezione rettangolare
aperte ad una estremità e dotate di una valvola e di una ancia all’estremità opposta.
Le lunghezze interne delle due canne sono rispettivamente L1= 56.4 cm, L2 = 42.8
cm. I tubi portano superiormente una finestrella a chiusura scorrevole che consente
l’accordatura nei limiti di un semitono. Probabilmente venivano utilizzate nelle
esperienze in aula per evidenziare i nodi ed i ventri dell’onda sonora, il fenomeno di
interferenza sonora ed il fenomeno dei battimenti con il metodo delle fiamme
manometriche di König** e dello specchio rotante. Sono state ritrovate le due
capsule monometriche ma non lo specchio rotante che consentiva di evidenziare i
fenomeni di interferenza ed i battimenti e di misurare la frequenza dell’onda sonora
con il metodo stroboscopico.
________________
** König aveva realizzato una capsula
manometrica (presentata nel 1862 alla
Fiamma
Esposizione Universale di Londra)
Membrana
costituita da una cavità chiusa a metà da
una membrana. Quando l’aria vibra a causa
di un suono, la membrana entra, sotto
Onda
sonora
opportune condizioni in vibrazione forzata,
modulando il flusso del gas combustibile in
Gas in
essa affluente e convogliato ad un becco.
La fiammella prodotta in questo modo
subisce delle variazioni di lunghezza e
luminosità le quali, quando vengano osservate riflesse in uno specchio ruotante
rispetto ad un asse parallelo alla fiamma, originano una traccia variamente seghettata.
14
La traccia risulta inclinata in verso opposto alla rotazione dello specchio, a causa del
moto verticale dell’estremità libera della fiamma che si compone con quella
orizzontale provocato dalla rotazione dello specchio.
Se la frequenza di rotazione dello specchio (in genere costituito da 4 specchi per
ridurre la velocità angolare del motore) coincide con la frequenza dell’onda sonora si
ha una immagine fissa della fiammella.
15
Sezione di Elettrostatica
Sezione di Elettrostatica
Spinterometri
Elettroforo di Volta
Elettroscopi a foglie
Elettroscopio di Bohnenberger
Elettrometro di Wulf
Elettroforo
Mulinello elettrost.
(modello)
Elettroforo (modello)
2
1
0
10
8
6 4
20
Voltmetro elettrostatico
Spinterometro
Elettrometro a quadranti
Generatore di Van der Graaf
16
Nella vetrina della Sezione Elettrostatica sono esposti alcuni strumenti di misura
(elettroscopi, elettrometri, e voltmetri elettrostatici ) ed alcune macchine
elettrostatiche
(generatori elettrostatici e spinterometri), in parte acquistati
dall’industria ed in parte realizzati nel Dipartimento, a scopi didattici, per le
Esperimentazioni di laboratorio o per le dimostrazioni in aula.
Elettroscopi ed elettrometri
Tra i primi strumenti in grado di misurare lo stato di carica (e quindi il potenziale
elettrostatico) vi furono gli elettroscopi, il più semplice dei quali, descritto da John
Canton nel 1753 consisteva di due palline di sambuco sospesa ognuna ad un filo.
Quando venivano posti a contatto con un corpo elettricamente carico i due pendolini
divergevano dalla verticale, in direzione opposte, per effetto delle forze repulsive di
natura elettrostatica. Sullo stesso principio si basavano l’elettroscopio portatile di
Cavallo (1777) e quello a foglie d’oro di Bennet (1787).
La conversione da semplice strumento di osservazione dello stato di carica ad uno
strumento di misura del potenziale elettrostatico (elettrometro) è stata realizzata tra la
fine del XVIII secolo e la metà del XIX secolo e vide la partecipazione di molti
illustri fisici sperimentali. Senza pretesa di completezza nel seguito sono elencati i
nomi dei costruttori e le date di realizzazione degli strumenti.
1753
1777
1787
1787
1789
1793
1814
1829
1843
1844
1847
1850
1858
-
elettroscopio di John Canton (1718-1772)
elettroscopio portatile di Tiberio Cavallo (1749-1809)
elettroscopio a foglie d’oro di Abraham Bennet (1750-1790)
elettroscopio a pagliuzze di Alessandro Volta (1745-1824)
elettrometro di Jonathan Cuthberson (1744-1806)
elettrometro di William Nicholson (1753-1815)
elettroscopio di J.G.F. von Bohnenberger (1763-1831)
elettrometro di G.T. Fechner (1801-1887)
elettrometro di J.C.A. Peltier (1785-1845)
elettrometro bifilare di Palmieri (1807-1896)
elettrometro di R.H.A. Kohlrausch (1809-1858)
elettroscopio di Macedonio Melloni (1798-1854)
elettrometro a quadranti di Lord Kelvin (1824-1907)
Dall’elettrometro a quadranti di Lord Kelvin sono derivati gli elettrometri di E.
Mascart (1837-1908), di F. Dolezalek (1873-1920), di E. Branly (1844-1940), di M.
Edelmann (1845-1913) dei fratelli Compton, Karl (1887-1935) ed Arthur (18921962), di Theodore Wulf (1868-1946)
Sono ancora da ricordare l’elettrometro assoluto (o voltmetro elettrostatico) di Lord
Kelvin, gli elettrometri di Augusto Righi, di Lippmann e di Rutherford.
17
Macchine elettrostatiche
Nell’Ottocento sono state prodotte macchine di vario tipo per creare e trasportare
cariche elettrostatiche. Si può considerare come capostipite di queste macchine
l’elettroforo (o schiacciata) di Volta,del quale è stato realizzato un modello esposto
nella vetrina impiegando gli stessi componenti originali (trementina, pece greca e
cera d’api nelle dovute proporzioni) per ottenere il disco di resina da elettrizzare
manualmente per strofinio mediante un panno o una pelle (spesso code di gatto o di
coniglio). Ben presto per l’operazione di strofinio sono stati costruiti congegni dotati
di una ruota in vetro o materiale resinoso che veniva posta in rotazione e le cariche
prodotte per strofinio sulla superficie della ruota venivano raccolte ed inviate ad un
corpo metallico sferico che veniva quindi impiegato per eseguire le osservazioni di
natura elettrostatica.
L’efficacia con la quale le macchine elettrostatiche erano in grado di produrre cariche
elettriche (e quindi potenziali elettrostatici) veniva determinata mediante lo
spinterometro (dal greco spinthér = scintilla) con il quale si misurava la massima
distanza tra due elettrodi sferici isolati (uno dei quali connesso al generatore
elettrostatico), distanza alla quale si produceva la scarica elettrica disruptiva .
18
Elettroscopi a foglie d’oro
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato degli strumenti:
Funzionanti dopo aver sostituito i monconi
delle originarie foglioline d’oro con
foglioline di similoro di spessore 10 μm.
Descrizione degli strumenti:
L’ elettroscopio a foglie, il primo nella
figura a lato, è dotato di una gabbia di
Faraday (cilindro metallico) nella quale è
praticato un piccolo foro per introdurre il corpo elettrizzato. Le foglie si caricano per
induzione elettrostatica con la stessa carica del corpo di prova e divergono
raggiungendo la posizione di equilibrio determinata dalla condizione per cui la
risultante delle due forze (forza peso e forza elettrostatica) deve giacere nel piano di
ciascuna delle due foglie. Lo strumento, pur non essendo tarato consente un
confronto tra le quantità di carica presenti sul corpo di prova. Il secondo elettroscopio
è dotato di una sola foglia, che in condizioni di carica nulla, si appoggia ad una parete
metallica verticale. Lo strumento viene caricato per contatto oppure per induzione
(avvicinando un elettrodo piatto all’elettrodo dello strumento). Lo strumento è dotato
di un pistone mobile che portato a contatto con la parete metallica consente di
scaricare a terra le cariche presenti sulla fogliolina.
19
Elettroscopio di Bohnenberger (modello)
Costruttore:
Officina
meccanica
del
Dipartimento di Fisica.
Data di costruzione: 2009
Stato ello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Questo strumento è stato ideato nel 1815 da
J.G.F. von Bohnenberg. Una foglia d’oro
fissata ad un supporto metallico terminante in
una sferetta, è sospesa tra due piatti metallici
verticali, collegati ai terminali di una pila a
secco di Zamboni**, alloggiata nella parte
inferiore dell’elettroscopio. Se la foglia viene
caricata (per contatto tra la sferetta ed il corpo di prova elettricamente caricato), essa
viene attratta dal piatto eteronomo e respinta dal piatto carico dello stesso segno. Le
deviazioni della foglia indicano il segno della carica e l’intensità dei potenziali in
gioco. Lo strumento, modificato nel 1850 da W. Hankel, che lo trasformo in un
elettrometro rappresenta il primo esempio di elettrometro funzionante in modo
eterostatico, cioè con un campo elettrico ausiliario.
Nel modello costruito in Dipartimento la pila a secco di Zamboni è stata sostituita da
una batteria di pile al litio che forniscono una differenza di potenziale di circa 150
volt.
____________
**La pila a secco di Zamboni è costituita da dischi di carta igroscopica stagnati da
una parte e ricoperti di biossido di manganese dall’altra, sovrapposti con la medesima
orientazione e ben pressati. La parte stagnata costituisce il polo positivo, mentre la
parte ricoperta con il biossido di manganese costituisce il polo negativo.
Sovrapponendo un migliaio di dischi, a circuito aperto si ottiene una differenza di
potenziale rilevante, che si conserva per qualche anno, mentre la corrente che si può
ottenere è debolissima.
20
Elettrometro a filo di Wulf
Costruttore:
Günther & Tegetmeyer
Braunschweig - Germania
Data di acquisto: Ignota
Microscopio
Specchio
(probabile prima del
1963).
Stato dello strumento:
Vite di
Lastra
regolaz.
Non funzionante: manca
scorrevole
il filo di platino
Adduttore
Descrizione dello
d.d.p. ausiliaria
strumento:
Lo strumento (progettato
da Theodore Wulf nel 1906) rappresenta l’evoluzione moderna dell’elettrometro di
Bohnenberger. Un sottile filo di Wollaston di platino è fissato verticalmente e
mantenuto teso, dalla parte inferiore da un archetto di vetro isolante, la cui tensione
può essere regolata dal costruttore (Fig. 1).
Il filo si trova tra due barrette cilindriche tra le quali viene applicata una differenza di
potenziale che crea il campo elettrico ausiliario. Nella versione più elaborata dello
strumento le barrette cilindriche sono sostituite dalle armature di un condensatore
poste a distanza regolabile mediante due viti micrometriche presenti sui due lati dello
strumento. Le viti di regolazione consentono così di variare la sensibilità dello
strumento.
A seconda della differenza di potenziale tra il filo e la
custodia, il filo devia a destra o a sinistra rispetto alla
posizione di equilibrio e lo spostamento è osservabile
attraverso un microscopio micrometrico munito di scala
e fissato su una lastra scorrevole sulla parete frontale
dello strumento. Nella parete opposta si trova una
finestra per illuminare mediante uno specchio il campo
visivo del microscopio.
L’elettrometro di Wulf è pertanto adatto per eseguire
Fig. 1
misure di differenze di potenziale in valore e segno.
Valori tipici della sensibilità dello strumento sono compresi tra 1 ÷ 5 10-3 V/divisione
mentre la sua capacità è di alcuni pF .
Adduttore
filo di Pt
21
Voltmetro elettrostatico
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Il principio di funzionamento dello
strumento è sostanzialmente identico a
10
quello degli elettroscopi a foglie d’oro.
8
In questo caso la foglia d’oro è stata
6 42
0
sostituita da una asticciola imperniata
attorno ad un asse posto appena al
disopra del baricentro dell’asticciola
(allo scopo di
avere un piccolo
momento torcente della forza peso).
L’equipaggio, costituito dall’asticciola
e da un supporto metallico a forma di S
al quale è fissata la scala di misura, è
contenuto in una custodia metallica e sostenuto da un tappo isolante. L’asticciola
funge anche da indice per la scala di misura. La lettura della deviazione dell’indice
avviene attraverso una finestra di vetro (nella figura a lato la parete con la finestra è
stata tolta per mostrare l’interno dello strumento).
Come evidenziato dalla scala la deflessione angolare non risulta proporzionale al
potenziale elettrostatico applicato allo strumento. La ditta costruttrice fornisce una
sensibilità dello strumento di 500 V/div.
22
Elettrometro a quadranti
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
L’elettrometro a quadranti di Dolezalek è uno degli
strumenti più sensibili appartenenti a questa categoria (≈
105 divisioni/volt). L’equipaggio mobile è costituito da
una lamina metallica a forma di 8 sospesa ad un filo di
torsione vincolato alle due estremità e dotato di
specchietto per la misura ottica delle deflessioni angolari.
La lamina metallica è inserita in una scatola metallica di
forma cilindrica, divisa in quattro settori (quadranti)
mediante due tagli ortogonali. La lamina a forma di 8 e le
due coppie di quadranti contrapposti sono alimentate a
potenziali differenti (rispettivamente Vo, V1 e V2).
Sotto l’azione della coppia di forze elettrostatiche e della
coppia di richiamo esercitata dal filo elastico,
l’equipaggio mobile raggiunge una posizione di equilibrio
che è determinata dai tre potenziali (Ve, V1, V2) e dalla
costante elastica del filo (τr = -k θ).
Il momento meccanico delle forze elettrostatiche τe può essere determinato a partire
dall’energia potenziale elettrostatica W (τe = - dW/dθ) che è data da:
W = C1(θ)(Ve-V1)2/2 + C2(θ)(Ve-V2)2/2
dove C1(θ) e C2(θ) rappresentano le capacità della lamina rispetto alla prima ed alla
seconda coppia di quadranti.
Essendo la lamina realizzata in maniera che dC1/dθ = -dC2/dθ = cost = 2A, la
condizione di equilibrio diventa:
kθ = A[(Ve-V1)2 + (Ve-V2)2 ]
che può essere riscritta nella forma:
θ = (2A/k)(V2-V1)[ Ve – (V1+V2)/2]
Poiché il potenziale incognito può essere inviato sia alla lamina che ad una coppia di
quadranti e poiché i potenziali ausiliari possono essere scelti (in valore e segno) dallo
sperimentatore, l’elettrometro presenta diversi modi di funzionamento:
a) Connessione simmetrica Ve=Vx V1= -Vo V2=Vo Î θ = (4AVo/k) Vx
(legge lineare)
b) Connessione eterostatica V2=Vx V1= 0 Ve=Vo Î θ = (4A/k) Vx (Vo-Vx/2)
(legge di tipo quadratico)
c) Connessione idiostatica V1=Vx V2= Vo Ve=Vo Î θ = (A/k) (Vo-Vx)2
(legge quadratica – adatta per potenziali di tipo alternato se si pone Vo = 0)
23
Elettroforo di Volta (o schiacciata di Volta)
Costruttore: Officina meccanica
del Dipartimento di Fisica.
Data di costruzione: 2008
Stato del dispositivo:
Funzionante
Descrizione del dispositivo:
L’elettroforo di Volta è la più
semplice
delle
macchine
elettriche. Esso è costituito da un
piatto metallico nel quale è stata
praticata una sede per contenere
al suo interno la sostanza
resinosa
(schiacciata)
dello
spessore di qualche millimetro.
Originariamente la miscela resinosa era composta di trementina (50% in peso), di
pece greca (33.3% in peso) e di cera d’api (16.7% in peso) bollite insieme per
qualche ora, aggiungendovi insieme del minio, che contribuiva a colorare di un bel
colore vermiglio il composto finale. Il modello esposto è stato realizzato con questi
stessi componenti sostituendo il minio (ossido salino di piombo 2PbO-PbO2 ,
soprattutto impiegato come pigmento nelle vernici antiruggine) con un innocuo
pigmento rosso.
La schiacciata strofinata con una pelle (spesso code di gatto o di coniglio) si carica
negativamente. Appoggiando un disco metallico con manico isolante questo si carica
per induzione (positivamente la superficie a contatto con la resina e negativamente la
faccia superiore del disco). Collegando il disco metallico a terra (è sufficiente
toccarlo con un dito prima di staccarlo dalla schiacciata) si scaricano gli elettroni ed il
disco rimane carico positivamente. Allontanato il disco dalla schiacciata, usando il
manico isolante, si può ottenere l’accensione di una piccola lampada al neon o dare
una scossa percettibile se il disco carico viene avvicinato alla nocca di un dito. La
scintilla che accompagna la scarica elettrica può essere riottenuta numerose volte
appoggiando e sollevando il disco dalla schiacciata, dopo aver scaricato a terra e
cariche negative indotte. Il potenziale elettrostatico del disco risulta di alcune
migliaia di volt (pur essendo piccola la carica elettrica in gioco) e può essere misurato
con il voltmetro elettrostatico.
24
Modello di macchina elettrostatica
Costruttore:
Officina
Meccanica
del
Dipartimento di Fisica.
Data di costruzione: 2008
Stato della macchina:
Funzionante
Descrizione della macchina:
Il
modello
di
macchina
elettrostatica a strofinio è
costituito da un disco in plexiglass sorretto al centro da un
albero metallico che può essere posto in rotazione mediante una manovella. Il disco
di dimensioni ridotte (Φ ≈ 16 cm) è strofinato nella regione periferica da due
cuscinetti ricoperti da pelle di daino e sostenuti da un asta isolante di plexiglass. Le
cariche prodotte per strofinio sono raccolte da due fogli di similoro (diametralmente
opposti ai due cuscinetti) sorretti da un’asta isolante ed elettricamente connessi ad
una sfera di ottone di circa 5 cm di diametro. Lungo la periferia del disco di
plexiglass sono incollati quattro settori in similoro che hanno la funzione di scaricare
a terra le cariche elettriche che rimangono depositate sulla pelle di daino. Il
dispositivo è in grado di caricare la sfera sino a potenziali di circa 10-12 kV e
produrre quindi con uno spinterometro (con elettrodi sferici) scintille di 3-4 mm.
25
Generatore di Van de Graaf
Costruttore: Leybold Didactic
GMHB – Germania
Data di acquisto: Ignota
(probabile dopo il 1963)
Stato della macchina:
Funzionante dopo un intervento
di meccanica per tendere la
cinghia di gomma.
Descrizione del generatore:
Il generatore di Van de Graaf
prodotto dalla Leybold è un
generatore di cariche elettrostatiche con tensioni molto
elevate (fino a 100 kV nelle
migliori condizioni sperimentali)
che però non presentano pericoli
grazie ad una corrente di corto
circuito estremamente piccola
(fino a 15 μA).
Il dispositivo è costituito da una
sfera cava di metallo (diametro:
19 cm) sostenuta da un isolatore in vetro acrilico alto circa 60 cm. Al suo interno
penetra una cinghia in gomma larga 5 cm che trasporta le cariche elettriche prodotte
per strofinio alla base del dispositivo. La cinghia di gomma viene posta in rotazione
da un motore elettrico di bassa potenza (13 VA).
26
Spinterometri
Costruttori: Ignoti
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dei dispositivi: Funzionanti
2
1
0
b)
a)
c)
Descrizione dei dispositivi:
Dispositivo costituito da due elettrodi opportunamente distanziati tra i quali si
manifesta una scarica disruptiva quando il campo elettrico nello spazio compreso tra
essi supera la rigidità elettrica del mezzo isolante interposto (in aria secca la rigidità
elettrica è di circa 30 kV/cm). Viene utilizzato per misurare tensioni molto elevate
(migliaia o decine di migliaia di volt). In tal caso [Figura a) e Figura c)] il dispositivo
è costituito da due elettrodi sferici (di diametro 1 cm) la cui distanza può essere
regolata con precisione mediante una vite micrometrica ed una scala millimetrica
solidale con il supporto. In date condizioni di temperatura, pressione ed umidità, la
tensione di scarica dipende soltanto dalla distanza tra gli elettrodi e può quindi essere
determinata in base alla conoscenza di questa. Nello spinterometro di Figura b) gli
elettrodi sono a punta (cioè con un raggio di curvatura molto piccolo), questa
configurazione consente di ottenere la scarica disruptiva anche con cariche
elettrostatiche di piccola entità depositate o indotte su uno dei due elettrodi, oppure
di ottenere distanza di scarica più elevate.
27
Nella Tabella I sono riportate le distanza di scarica per elettrodi sferici e per elettrodi
a punta in funzione della tensione applicata. I dati si riferiscono all’aria alla
pressione p = 760 mm Hg ed alla temperatura t = 25 C e sono basati sulle misure
effettuate dall’Istituto Americano di Elettrotecnica. Mentre in Tabella II sono riportati
i fattori correttivi delle distanze di scarica per temperature e pressioni diverse dai
valori standard sopra riportati.
Si noti come la distanza di scarica, a parità di tensione applicata, vada crescendo al
diminuire del diametro degli elettrodi sferici impiegati. Estrapolando i dati della
Tabella I si ricava che lo spinterometro a) è adatto per misurare tensioni non
superiori a 50 kV.
Tabella I
Tensione
(kV)
5
10
15
20
25
30
35
40
Elettrodi sferici
Elettrodi Tensione
diametro (in cm)
a punta
(kV)
2.5
5.0
10.0
Distanza di scarica (cm)
0.13 0.15 0.15
0.42
45
0.27 0.29 0.30
0.85
50
0.42 0.44 0.46
1.30
60
0.58 0.60 0.62
1.75
70
0.76 0.77 0.78
2.20
80
0.95 0.94 0.95
2.69
90
1.17 1.12 1.12
3.20
100
1.41 1.30 1.29
3.81
110
Elettrodi sferici
Elettrodi
diametro (in cm) a punta
2.5
5.0
10.0
Distanza di scarica (cm)
1.68 1.50 1.47
4.49
2.00 1.71 1.65
5.20
2.82 2.17 2.02
6.81
4.05 2.68 2.42
8.81
….
3.26 2.84 11.1
….
3.94 3.28 13.3
….
4.77 3.75 15.5
….
5.79 4.25 17.7
Tabella II
Temp. (C)
0
10
20
30
720
1.04
1.00
0.96
0.93
Pressione (mm Hg)
740
760
1.06
1.09
1.02
1.05
0.99
1.02
0.96
0.98
28
780
1.12
1.08
1.04
1.01
Mulinello elettrostatico
Costruttore:
Officina
Meccanica
del
Dipartimento di Fisica
Data di costruzione: 2009
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Il mulinello elettrostatico è un semplice
dispositivo che consente di illustrare il potere
dispersivo delle punte. Il modello esposto è
costituito da un supporto isolante, da un fulcro
in ottone che sostiene un cappuccio, anch’esso
metallico, al quale sono collegate tre barrette
cilindriche le cui estremità appuntite sono
ripiegate di 90° in senso orario (o antiorario).
Connettendo il dispositivo ad un generatore
elettrostatico caricato negativamente (ad
esempio ad un generatore di Van der Graaf) si
osserva che il mulinello entra in rotazione
quando il campo elettrico in prossimità delle
punte supera la rigidità elettrica dell’aria (circa 30 kV/cm per l’aria secca).
29
Sezione di Elettromagnetismo
Sezione di Elettromagnetismo
Apparato
di Oersted
Galvanometri delle tangenti
Galvanometri a filo
Levitazione
magnetica
Bicchieri di Faraday
Galvanometri di
Deprez d’Arsonval
Ruota di Barlow
(con elettromagnete)
Ruota di Barlow
(con magneti permanenti)
DR. E. LANGE
Multiflex Galvanometer
Galvanometro
Hartmann - Brown
0
1
Galvanometro
Allocchio - Bacchini
Scala
luminosa
X
X 10
-
+
Spirale di Roget
Galvanometro
del Dr. Lange
Dipolo magnetico
30
Questa sezione è dedicata prevalentemente agli strumenti di misura dell’intensità di
corrente ed alla loro evoluzione sino ai più recenti galvanometri ed ad alcuni modelli
con i quali nell’Ottocento i fisici hanno messo in evidenza le forze (non conservative)
tra le correnti elettriche ed i campi magnetici.
Viene esposto un modello per illustrare l’osservazione di Oersted sulla interazione tra
un ago magnetico e la corrente elettrica ed un modello del primo galvanometro
(realizzato nel 1820 da J. S.C. Schweigger e descritto in the “Journal fǖr Chemie und
Physik” ed indicato con il termine di “amplificatore elettromagnetico”). E’ quindi
esposta una serie di galvanometri: dal galvanometro (o bussola) delle tangenti al
galvanometro a filo, dal galvanometro di Deprez D’arsonval ai galvanometri di
produzione industriale.
Accanto ai galvanometri sono esposti alcuni modelli di strumentazione realizzata dai
fisici dell’Ottocento: i due bicchieri di Faraday, la spirale dei Roget e due modelli di
ruota di Barlow. Sono esposti anche un mappamondo la cui superficie è ricoperta da
un avvolgimento elettrico (probabilmente per simulare il dipolo magnetico che dà
origine al campo magnetico terrestre) ed un dispositivo moderno (ottenuto con
magneti permanenti molto potenti ed ottenuti con terre rare come il Nd FeCo) con il
quale si realizza la levitazione magnetica.
Galvanometri
E’ interessante seguire lo sviluppo degli strumenti di misura della intensità di
corrente che ha avuto inizio immediatamente dopo l’osservazione dell’azione
meccanica di una corrente elettrica su un ago magnetico compiuta da Oersted nel
1820.
Il primo strumento, realizzato nel 1820 ed indicato dal costruttore con il nome di “
moltiplicatore elettrodinamico” utilizza come elemento sensibile un ago magnetico
posto al centro di poche spire di forma pressoché rettangolare nelle quali viene fatta
circolare la corrente elettrica della quale si vuole determinare l’intensità. L’ago
magnetico in questo strumento è poggiato su un perno ed è praticamente libero di
ruotare in un piano orizzontale (disturbato dalle forze di attrito agenti nel punto di
sospensione). La posizione angolare raggiunta dall’ago magnetico quando è stata
raggiunta la condizione di equilibrio dipende dalla intensità della componente
orizzontale del campo magnetico terrestre (dell’ordine di 0.2-0.3 gauss) e dalla
intensità del campo magnetico generato dalla corrente elettrica inviata nelle spire
dello strumento. Un modello di questo strumento, di recente costruzione per scopi
didattici, è conservato nella vetrina dedicata alla strumentazione elettrica ed il
principio di funzionamento è descritto in queste note (si veda “Modello di
moltiplicatore elettrodinamico”).
Questo primo rudimentale strumento è stato perfezionato negli anni seguenti, ed un
esemplare è conservato nella stessa vetrina sotto il nome di galvanometro delle
tangenti. In questo strumento l’ago magnetico è sospeso ad un filo di seta molto
sottile e sufficientemente lungo (allo scopo di ridurre al minimo il momento torcente
del filo quando l’ago magnetico si sposta dalla posizione iniziale corrispondente alla
31
intensità di corrente nulla) ed è immerso in una bobina con un numero elevato di
spire (allo scopo di aumentare la sensibilità dello strumento). Anche in questo
strumento la posizione angolare dell’ago è determinata dalla intensità della
componente orizzontale del campo magnetico terrestre e dalla intensità del campo
magnetico generato dalla corrente elettrica inviata nelle spire dello strumento.
Per aumentare la sensibilità dello strumento si ribaltano le funzioni:
- il campo magnetico non viene più generato dalla corrente che si vuole misurare
ma è prodotto da un magnete permanente oppure da un elettromagnete le cui
estremità polari vengono opportunamente sagomate;
- l’elemento sensibile non è più un ago magnetico (in genere troppo
ingombrante) ma un filo (galvanometro a filo) oppure una bobina sospesa ad
un filo elastico (galvanometro a bobina mobile) nei quali viene inviata la
corrente da misurare.
Nel caso del galvanometro a filo si misura, mediante un microscopio, la
deformazione che questo, essendo vincolato alle due estremità, subisce sotto l’azione
della forza magnetica (Fm = I LxB) e della forza di richiamo elastica. Nel caso del
galvanometro a bobina mobile la posizione di equilibrio viene raggiunta dalla spira
quando il momento meccanico agente sulla bobina percorsa dalla intensità di corrente
viene equilibrato dal momento torcente del filo elastico di sospensione. Per
aumentare la sensibilità di questo strumento la deviazione angolare viene determinata
otticamente inviando un fascio di luce su uno specchietto solidale con la bobina (o
con il filo di sospensione) e ricevendo il fascio riflesso su una scala millimetrica
posta ad una distanza prefissata dallo strumento (tipicamente 0.5-1 m). Di strumenti
basati su queste due tecniche ne esistono alcuni esemplari descritti nelle note
seguenti.
32
Modello del dispositivo di Oersted
θ (°)
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato del dispositivo: Funzionante. E’ stata aggiunto un
supporto isolante con tre bussole dotate di graduazione
angolare e nelle quali gli aghi magnetici galleggiano in un
liquido.
Descrizione del dispositivo:
Su una base di legno è fissata una spira rettangolare
(270x105 mm2) di filo di rame (Φ ≈ 3 mm) che può essere
alimentata con intensità di corrente sino a 10 A.
Il dispositivo si presta per mostrare come l’azione
esercitata dalla corrente elettrica sull’ ago magnetico
corrisponda ad un momento meccanico. Si orienta la spira
(con corrente nulla) in maniera che l’ago magnetico, posto
al centro della spira e soggetto soltanto alla componente
orizzontale del campo magnetico terrestre (Bt ≈ 0.45 gauss), giaccia nel piano di
quest’ultima.
Alimentando poi la
90
spira
con
una
Ago magnetico al centro della spira
intensità di corrente
60
variabile da 0 a 10 A
30
si osserva che gli
Fig. 1
aghi magnetici, dopo
0
alcune oscillazioni
smorzate, si arresta-30
Ago magnetico all'esterno della spira
no formando un
-60
angolo θ con la
-90
direzione del campo
magnetico terrestre,
0
2
4
6
8
10
come mostrato nella
I (A)
Fig. 1. Gli aghi
magnetici
esterni
alla spira formano un angolo inferiore e sono ruotati in verso opposto (rispetto a
quello dell’ago centrale).
Il dispositivo consente di misurare con discreta precisione la componente orizzontale
del campo magnetico terrestre. Infatti orientando la spira di Oersted, quando è nulla
l’intensità di corrente in essa circolante, in maniera che gli aghi magnetici giacciano
nel piano della spira e misurando la deviazione angolare θ quando si invia l’intensità
di corrente I nella spira si ottiene la seguente relazione:
tg(θ) = B/Bo
33
essendo B il campo generato dalla corrente circolante nella spira al centro delle
bussole e Bo la componente orizzontale del campo magnetico terrestre.
Tenendo conto della geometria della spira di Oersted, l’intensità del campo di
induzione magnetica al centro della spira di Oersted è data da:
B (T) = 1.6 10-5 I (A)
mentre l’intensità del campo di induzione magnetica al centro delle bussole poste
all’esterno della spira è data con buona approssimazione da:
B (T) = 5.5 10-6 I(A)
34
Moltiplicatore elettrodinamico.
Costruttore: Officina meccanica del LASA
Data di costruzione: 1988
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Lo strumento è un modello del “moltiplicatore elettrodinamico” progettato nel 1820
(nello stesso anno in cui Oersted aveva osservato l’azione esercitata da una corrente
elettrica su un ago magnetico) da parte di J.S.C. Schweigger e del quale viene data
notizia nella rivista scientifica Journal für Chemie und Physik. Questo tipo di
strumento ha in seguito preso il nome di “galvanometro delle tangenti” in quanto
l’intensità di corrente risulta proporzionale alla tangente della deviazione angolare
subita dall’ago magnetico. Lo strumento viene orientato in maniera che l’ago
magnetico (quando I = 0) sotto l’azione del campo magnetico terrestre si posizioni
nel piano delle spire (individuato dallo zero della scala goniometrica). La condizione
di equilibrio dell’ago, per una prefissata intensità di corrente, è data infatti da:
B = Bo tg θ
5
I(A)
4
3
2
1
0
0
10
20
30
40
50
θ(deg)
35
60
dove B è l’intensità del campo
magnetico
generato
dalla
corrente elettrica che fluisce
nelle spire e Bo la componente
orizzontale del campo magnetico
terrestre. L’intensità del campo
magnetico B è proporzionale
all’intensità della corrente che si
vuol misurare ed al numero N di
spire (da cui è derivata la prima
denominazione dello strumento).
I(A)
Nei grafici è riportata la curva di taratura del modello (intensità di corrente in
funzione della deflessione angolare ed in funzione della tangente della deflessione
angolare). Tali grafici mostrano
5
la ridotta sensibilità dello
strumento
e
la
ridotta
4
risoluzione (a causa del ridotto
3
numero di spire) e mostrano
2
anche la non perfetta linearità
della curva di taratura per tang θ
1
< 0.5 (dovuta alla dimensione
0
non
trascurabile
dell’ago
0
0,5
1
1,5
magnetico
rispetto
alla
tang(θ)
dimensione lineare delle spire, in
particolare la presenza di una
non trascurabile componente del campo magnetico generato dalle spire che si somma
alla componente orizzontale del campo magnetico terrestre).
36
Galvanometro delle tangenti
Ditta costruttrice: Ruhmkorff – Parigi
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1940)
Stato dello strumento: Non è più operativo
in quanto il filo di sospensione (sostituito
dopo la sua rottura) è troppo spesso e
quindi introduce un momento di torsione
non trascurabile quando l’ago magnetico
viene posto in rotazione dal campo
magnetico generato dalla intensità di
corrente.
Descrizione dello strumento:
Questo strumento molto elegante è una
naturale evoluzione del moltiplicatore
elettrodinamico descritto nella precedente
scheda. Come mostrato nelle due sezioni in
piani ortogonali dello strumento, l’ago
magnetico è sospeso all’interno di una
bobina di sezione rettangolare mediante un
filo molto sottile (il cui momento torsionale è trascurabile rispetto al momento
meccanico generato dalla intensità di corrente sull’ago magnetico). L’ago magnetico
è solidale ad un indice la cui rotazione angolare θ ( θmax = ± 90° ) rispetto alla
Vite di
regolazione
Piastra
goniometrica
Indice
Bobina
Adduttori
di
corrente
Ago
magnetico
Ruota e vite
elicoidali
37
posizione iniziale determinata dal campo magnetico terrestre (quando I = 0) fornisce
la misura della intensità di corrente mediante la relazione:
I = Io tg θ
essendo Io il valore ottenuto mediante taratura locale (Io dipende dall’intensità del
della componente orizzontale del campo magnetico terrestre nel luogo di misura).
La piastra goniometrica solidale con la bobina e con gli adduttori di corrente può
essere ruotata mediante una ruota ed una vite elicoidali in maniera da posizionare
l’indice di misura sullo zero della scala (quando I = 0).
Da alcune caratteristiche geometriche e fisiche della bobina (spessore
dell’avvolgimento s ≈ 6 mm e resistenza elettrica R ≈ 260 Ω) e da alcune misure
effettuate con l’attuale filo di sospensione (θ = 60° per I = 200 μA) si può desumere
che lo strumento originale potesse consentire la misura di intensità di corrente in un
intervallo di valori compresi tra 1-100 μA.
38
Galvanometro a filo
Costruttore: Ditta Olandese
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato dello strumento:
Non funzionante: manca il filo
ed il microscopio.
Descrizione dello strumento:
I componenti essenziali dello
strumento sono:
- un elettromagnete;
- un sottile filo (in genere di
platino o di tungsteno) racchiuso
in una custodia e vincolato alle due estremità nel quale viene inviata la corrente da
misurare. Il filo si trova tra le espansioni polari dell’elettromagnete (ancora
funzionante);
- un microscopio (non più in dotazione allo strumento) per misurare la deflessione
subita del filo.
Nei normali galvanometri a filo (come quello di Einthoven) lo spostamento del filo
avviene in un piano parallelo alle facce dei poli pertanto questi ultimi sono forati (in
senso parallelo al campo magnetico) sia per illuminare il filo sia per osservare lo
spostamento del filo mediante il
microscopio.
Nell’esemplare esposto nella
mostra
la
direzione
di
osservazione giace nel piano
mediano delle espansioni polari
(quindi non adatto per misurare
lo
spostamento
del
filo,
nell’ipotesi di poli simmetrici).
Si deve supporre che il
costruttore abbia realizzato una
configurazione dissimmetrica dei
poli per ottenere una componente
del campo magnetico nella
direzione di osservazione, componente in grado di produrre uno spostamento del filo
in direzione ortogonale rispetto alla direzione di osservazione. Le espansioni polari
terminano con una sezione trapezoidale ed in una di queste è praticata una cava di
piccole dimensioni (come mostrato nella figura a lato) allo scopo di produrre la
dissimetria nel campo magnetico. Il sottile filo metallico è sospeso tra due molle
elicoidali che svolgono una triplice funzione: quella di adduttori di corrente, quella
di tenditori del filo e quella di equilibrare la forza magnetica quando viene inviata nel
filo la corrente da misurare.
39
Galvanometri di Deprez D’Arsonval
DR. E. LANGE
Multiflex Galvanometer
0
1
a)
Costruttori:
Data di
acquisto:
Stato dello
strumento :
b)
c)
d)
X
X 10
+
e)
a) Ing. Belotti - Italia
b) Allocchio-Bacchini - Italia
c) Allocchio Bacchini – Italia
d) Brown Boveri – Svizzera
e) Dr. Lange – Germania
Ignota per ogni esemplare (probabile prima del 1963)
a) Non funzionante(circuito interrotto) – Magnete permanente
b) Funzionante – Elettromagnete
c) Funzionante - Magnete permanente
d) Funzionante – Magnete permanente
e) Funzionante – Magnete permanente
Descrizione degli strumenti:
Questo tipo di galvanometro è stato inventato e perfezionato dai francesi Marcel
Deprez (1843-1918) ed Arsène D’Arsonval (1851-1940) ed è considerato il
capostipite di tutti gli strumenti a bobina mobile.
Un lungo tubo contiene il filo di sospensione della bilancia di torsione che sostiene
l’equipaggio mobile (costituito da una bobina) immerso nel campo magnetico
prodotta da un magnete permanente a ferro di cavallo oppure da un elettromagnete.
Uno specchietto, solidale al filo di torsione, consente mediante riflessione di un
sottile fascio luminoso di misurare l’angolo di deflessione su un apposito schermo
(normalmente posto alla distanza di 1 m).
Valori tipici della sensibilità di questo tipo di strumento sono compresi nell’intervallo
40
10-7 – 10-8 A/mm quando lo schermo è posto alla distanza di 1 metro. Data l’elevata
sensibilità esso viene utilizzato soprattutto come strumento di zero, ad esempio per il
bilanciamento del ponte di Wheatstone.
Nel seguito verrà fornita una breve descrizione di due di questi galvanometri e del
dispositivo che consente la misura ottica della deviazione angolare dell’equipaggio
mobile.
Galvanometro a)
In questo strumento, come nella maggior parte dei
galvanometri, il campo magnetico è generato da
un magnete permanente. Lo strumento è dotato di
una barretta in ferro (con una base ricoperta da
velluto per ridurre l’effetto di smagnetizzazione
che può derivare dagli urti della barretta durante
la fase di inserimento della stessa sul circuito
magnetico). Tale barretta ha la funzione di
cortocircuitare il flusso magnetico del magnete
permanente durante il periodo di inattività, allo
scopo di prolungarne la vita (ovviamente
durante la misura la barretta deve essere tolta).
Lo strumento è dotato anche di un prisma a
sezione retta, che può essere ruotato attorno ad un
asse orizzontale e spostato in direzione verticale,
la cui funzione è quella di riflettere il fascio
luminoso proveniente da una sorgente esterna
sullo specchietto. Alla sommità del tubo vi sono
due ghiere che consentono di tendere il filo e di
orientare lo specchietto.
Galvanometro c)
In questo galvanometro sia il filo di torsione e
l’equipaggio mobile, sia il magnete permanente sono
racchiusi in una custodia di ottone che presenta una
finestra in corrispondenza dello specchietto. Sulla
base, dotata di piedi di regolazione per mettere in
bolla lo strumento (non provvista però della classica
bolla circolare), sono presenti le due boccole per la
connessione elettrica.
Lo strumento non è dotato di un sistema di blocco
dell’equipaggio mobile (per evitare la rottura del filo
di sospensione durante le operazioni di trasporto) e
neppure di una resistenza di shunt (per la protezione
del filo di sospensione, che funge anche da adduttore,
da eccessive intensità di corrente durante le fasi
iniziali di misura).
41
La custodia può essere facilmente tolta (per eventuali riparazioni del filo di
sospensione) e nella figura che segue sono mostrate diverse viste dello strumento e
dei principali componenti dello strumento stesso.
Vista di fronte
Vista dal retro
Vista laterale
Vite di
regolazione
Barra di sostegno
e adduttore
Filo di torsione
e adduttore
Specchietto
Magnete
permanente
Bobina
Giogo
in ferro
Molla
antagonista
Connessione
elettrica
Questo strumento, come del resto gli altri ad esclusion fatta del galvanometro del Dr.
Lange, necessitano di un dispositivo esterno con il quale effettuare la misura
dell’angolo di devia25
20
15
10
5
0
5
10
15
20
25
zione dell’equipaggio
mobile.
Tale dispositivo è
costituito
essenzialA
M
mente da una lampada
P
S il cui filamento
puntiforme è posta nel
L
fuoco di una lente L. Il
fascio di luce viene
S
deviato dal prisma P a
sezione retta sullo
specchietto A del
galvanometro e da
questo riflesso sulla
scala M semitrasparente. Sulla faccia di uscita del prisma è tracciata, al centro una linea nera verticale
che proiettata sulla scala funge da indice per la misura.
42
Bicchieri di Faraday
Costruttore: Officina meccanica
del Dipartimento
Data di costruzione: 2008
Stato dello strumento:
Funzionante
Descrizione dello strumento:
Questo apparato è un modello
aggiornato
del
dispositivo
realizzato da Faraday e da lui
descritto nel “Quartely Journal of
Science” nel 1822. E’ costituito
da due bicchieri in ottone
riempiti di mercurio nei quali sono immersi due magneti permanenti (uno che
galleggia
nel
mercurio essendo
vincolato
all’estremità
inferiore mediante
un filo, il secondo
che invece è fisso
al
centro
del
bicchiere che lo
contiene) e due
barrette metalliche
(una fissa ed una
che puo ruotare
attormo al punto di
sospensione). I due
bicchieri
sono
connessi elettricamente attraverso i
bracci
metallici
che sostengono le due barrette.
Faraday mostrò che inviando corrente nel circuito, quando sono verificate op-portune
condizioni sperimentali, la forza magnetica (che agisce trasversalmente) produce una
rapida e costante rotazione sia del primo magnete attorno alla barretta fissa sia della
seconda barretta attorno al magnete fisso.
Questa esperienza dimostra la non conservatività delle forze elettromagnetiche ed il
dispositivo può essere considerato il primo protitipo di motore elettrico.
Una vista del dispositivo sezionato a livello dei due bicchieri consente di illustrare le
condizioni sperimentali necesssarie al funzionamento del dispositivo. La condizione
di galleggiamento del primo magnete (ottenuto mediante l’unione di due magneti,
43
ciascuno di lunghezza 5 cm e diametro 1 cm) in maniera che la sua inclinazione sia
compresa tra 6° (affinché non urti la barretta metallica) e circa 18 ° (affinché non
strisci contro il bordo del magnete) impone che il bicchiere sia riempito con mercurio
sino ad un ben determinato livello.
Imponendo le condizioni di equilibrio dei momenti delle forze (forza di gravità,
spinta archimedea) si trova,come mostrato dai grafici sotto riportati, che il livello del
mercurio deve essere compreso tra 8.8 ed 8.5 cm (se il magnete è nudo) e tra 8.5 ed
8.2 cm se al magnete sono fissate masse addizionali (20% del peso del magnete).
1)
2)
3)
4)
6000,0
4
h = 8.5 cm
h = 8.6 cm
h = 8.7 cm
h = 8.8 cm
1)
2)
3)
4)
3
2
M (dine cm)
M (dine cm)
6000,0
1
0,0
h = 8.2 cm
h = 8.3 cm
h = 8.4 cm
h = 8.5 cm
4
3
2
0,0
1
Magnete nudo
Magnete con 20% di masse addizionali
-6000,0
-6000,0
0
5
10
15
20
25
0
Theta(°)
5
10
15
20
25
Theta (°)
Il polo magnetico inferiore si trova esattamente sull’asse della corrente elettrica
(omogeneamente distribuita nella massa di mercurio) e quindi è sottoposto ad un
sistema di forze con momento meccanico nullo, mentre il polo superiore si trova
immerso in un campo magnetico diretto tangenzialmente alla circonferenza centrata
sulla barretta fissa e quindi è sottoposto ad un momento meccanico diverso da zero.
Il magnete raggiunge in breve una velocità angolare costante in quanto su di esso
agisce la forza di attrito dovuto alla viscosità del mercurio.
Le stesse considerazioni valgono per la barretta mobile ed il magnete fisso del
secondo bicchiere.
44
Ruote di Barlow
a)
b)
Costruttore:
a) Ignoto
b) Officina meccanica
del LASA
Data di acquisto o di
costruzione:
a) ignota (probabile
prima del 1963)
b) 1989
Stato del dispositivo:
a) Funzionante
b) Funzionante
Descrizione dello strumento:
Tale ruota ideata dal fisico ed ingegnere Petr Barlow (1776-1862) mette in evidenza
la non solenoidalità del campo magnetico. Infatti facendo passare corrente in
direzione radiale, questa interagisce con il campo magnetico generato da un
elettromagnete [ruota a)] o da un magnete permanente [ruota b)] producendo una
forza (in direzione ortogonale sia alla corrente che al campo) che provoca la rotazione
della ruota.
Nell’esemplare a) la ruota è costituita da una lamina molto sottile di rame il cui bordo
è inserito tra le espansioni polari di un elettromagnete. La lamina può ruotare attorno
al proprio asse e pesca inferiormente in un pozzetto di mercurio. Una coppia di
morsetti consente di alimentare l’elettromagnete mentre una seconda coppia di
morsetti permette di creare un circuito elettrico tra il centro della ruota ed il pozzetto
di mercurio. Inviando una corrente di intensità Io nel circuito della ruota questa è
sottoposta ad un momento torcente M1 = Io B R ΔR dove B è il campo di induzione
magnetica generato dall’elettromagnete, R il raggio della ruota e ΔR = R-R1 è
l’estensione radiale della estremità della ruota immersa nel campo magnetico. Nella
lamina di rame sono indotte delle correnti parassite che producono un momento
meccanico che tende a frenare il moto della ruota e la cui intensità è data da
M2 = - (α/3) B2 (R3-R13) dθ/dt
dove α è un coefficiente di proporzionalità che dipende dalla resistività ρ del
materiale con il quale è stato realizzato il disco della ruota e dθ/dt la velocità
angolare di rotazione del disco. Pertanto la ruota raggiunge in breve tempo una
velocità angolare limite ω data da:
ω ÷ (Io/B) R/(R2 +RR1+R12)
45
Nell’esemplare b) la ruota in ottone è stata intagliata a raggiera allo scopo di
addensare la corrente elettrica lungo il raggio che congiunge il centro al punto di
contatto con il mercurio e nello stesso tempo ridurre le correnti indotte dal moto di
rotazione. L’estremità della ruota è inserita tra due magneti permanenti di NdFeCo.
46
Elica di Roget
Costruttore: Officina meccanica del
Dipartimento
Data di costruzione: 2009
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione del dispositivo:
L’elica di Roget (medico inventore
del regolo calcolatore logaritmico) è
realizzata con un filo di rame avvolto
ad elica cilindrica e sostenuto da una
testa in ottone che può essere
regolata in altezza. L’estremità
inferiore dell’elica termina con una
sfera di ottone alla quale è applicata
una punta di ferro che pesca in un
pozzetto contenente del mercurio.
Sulla base isolante sono applicati due
morsetti che assicurano il contatto
elettrico rispettivamente con la
estremità superiore dell’elica e con il pozzetto di mercurio. All’interno dell’asta
isolante che sorregge la testa di ottone può essere inserito un cilindro di ferro che ha
la funzione di esaltare l’effetto di contrazione dell’elica quando questa è percorsa
dalla corrente elettrica. Quando l’elica viene alimentata ciascuna spira si comporta
come una lamina magnetizzata attraendo le spire adiacenti, sicché l’elica si contrae e
perde il contatto elettrico con il mercurio: per gravità si ristabilisce il contatto e si ha
una nuova contrazione. Questo apparato viene utilizzato per mostrare gli effetti
magnetici delle correnti elettriche, in particolare le forze assiali cui sono soggette le
spire di una bobina quando sono percorse da una corrente elettrica.
47
Globo elettromagnetico
z (m)
Costruttore: Ignoto
Data di costruzione: Probabile prima del 1940
Stato dell’apparato: Funzionante dopo l’ intervento di
riparazione dell’avvolgimento.
Descrizione dell’apparato:
Sfera in legno sulla cui superficie è avvolto a spirale un filo
di rame (di diametro 2 mm) le cui estremità si trovano ai due
poli. Le spire (in numero di 71) sono equidistanziate con
passo azimutale di 2.5°. La sfera cava presenta una apertura a
forma di spicchio che si estende da un polo all’altro. Quando
è stato recuperato molte spire nella regione equatoriale erano
fuoriuscite dalla sede ed avevano uno sviluppo nettamente
superiore allo sviluppo delle cave praticate nella sfera per
accoglierle. Per ripristinare la configurazione iniziale si è
proceduto ad accorciare, ad incollare nelle rispettive cave ed a risaldare le spire nella
regione equatoriale.
Non disponendo di
0,5
alcuna documentazione storica su tale
dispositivo si possono fare soltanto
0,4
ipotesi sul suo impiego.
Nell’ipotesi che sia
0,3
stata impiegata durante una conferenza o per una
0,2
dimostrazione
in
aula è probabile che
sia
servita
per
illustrare la possi0,1
bile origine del
campo
magnetico
terrestre.
0
La presenza della
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
apertura lungo un
r (m)
meridiano, con la
possibilità di inseFig. 1 Linee di forza del campo magnetico generato dalle
rire una sonda di mispire di corrente avvolte sulla superficie della sfera
sura, può far suppordi raggio R = 0.11 m.
re un suo impiego
48
Bz (gauss)
durante le esercitazioni di laboratorio, allo scopo di determinare, in via sperimentale,
l’andamento del campo
magnetico generato da
4
una simile distribuzione.
6
Nel grafico di Fig. 1 è
3
mostrato
l’andamento
delle linee di forza del
2
campo magnetico mentre
5
in Figura 2 è mostrato
N
z(cm)
4
1 1
0.0
l’andamento della com3
2
2.0
ponente Bz (componente
4.0
0 3
assiale del campo) lungo
4
6.0
un raggio (per diversi
5
8.0
1
-1 6
valori di z) quando le
2
10.0
spire sono alimentate con
-2
una intensità di corrente
0
2
4
6
8
10
12
14
16
I = 1 A.
Entrambe le figure mor (cm)
strano che la componente
Bz all’interno della sfera
aumenta passando dall’equatore ai poli, mantenendosi però approssimativamente
costante ad ogni parallelo. All’esterno della sfera la componente Bz tende ad
assumere l’andamento caratteristico di un dipolo magnetico.
49
Apparato per la levitazione diamagnetica
Magneti
ceramici
Lastre di
grafite pura
(diamagnetica)
Magnete cubico
di NdFeB
(placcato oro)
Costruttore:
Transparent Devices LLC USA
Data di acquisto: 2008
Stato dell’apparato:
Funzionante
Descrizione dell’apparato:
L’apparato è costituito da
un piccolo magnete cubico
di NdFeB placcato d’oro
inserito tra due lastre di
grafite pura (diamagnetica)
e da magneti ceramici
anulari (la cui quota rispetto
al piano mediano delle
lastre di grafite può essere
regolata in maniera fine)
che generano il campo
magnetico necessario a far
levitare il magnete di NdFeB.
La forza magnetica agente sul magnete cubico di NdFeB è data da:
Fm = M1L3dH/dz
(1)
dove M1 è l’intensità di magnetizzazione del NdFeB , L il lato del cubo e dH/dz il
gradiente assiale del campo magnetico generato dai magneti ceramici.
Indicata con M2 l’intensità di magnetizzazione dei magneti ceramici (altezza hm e
diametro Dm) e con h la distanza tra il centro degli anelli ceramici ed il piano
mediano delle due lastre di grafite pura (sostanza diamagnetica con suscettività χ =
1.32 10-5) il campo magnetico ed il suo gradiente assiale sono dati con buona
approssimazione da:
H(z=h) = m/(2πh3) = M2Dm2hm/8h3
(dH/dz) (z=h) = -(3/8) M2Dm2hm/h4
(2)
essendo m il momento di dipolo dei magneti ceramici.
La forza agente sul magnete cubico risulta pertanto data da:
Fm = (3/8) M1M2 L3Dm2hm/h4
(3)
Tale forza deve equilibrare la forza peso Fp = ρL3g del magnete cubico affinché
questo possa levitare:
50
ρg = (3/8) M1M2 Dm2hm/h4
(4)
ρ = 7 g/cm3
Assumendo Dm = 4 cm hm = 4 cm h = 10 cm
assumendo che M1 = M2 si ottiene:
g = 980 cm/s2 ed
M1 = M2 = [(8/3) ρ g/hm]1/2 h2/Dm = 1690 Oe
L’intensità di magnetizzazione delle
sostanze ceramiche e del NdFeB risulta
Grafite
-----ampiamente superiore al valore ottenuto e
++++++
quindi non c’è alcun problema per
soddisfare la condizione (4).
Δz
Tuttavia la condizione (4) rappresenta una
++++++
s
situazione di equilibrio instabile, in quanto
-----anche un piccolo spostamento Δz da tale
posizione è sufficiente a far prevalere la
forza peso (se Δz < 0) oppure la forza
-----magnetica (se Δz > 0).
Grafite
E’ necessario che sul magnete cubico si
++++++
produca una forza diretta in verso opposto
allo spostamento Δz. Questa forza
Fig. 1 Schema delle cariche magnetiche (anch’essa di tipo magnetico) è fornita dalle
immagine.
due lastre di grafite pura. Infatti il magnete
cubico, quando si sposta dal piano mediano
delle due lastre, viene assoggettato al risultante di due forze ( entrambe repulsive)
40
4
Fp + Fm +Fd
Ep + Em + Ed
Fp + Fm
3
E ( erg )
F ( dine )
20
0
2
-20
1
-40
-0,3
0
-0,3
Ep + Em
-0,2
-0,1
0,0
0,1
0,2
0,3
-0,2
-0,1
0
0,1
0,2
0,3
z ( cm )
z ( cm )
Fig. 2 Forze agenti sul magnete cubico.
Fig. 3 Energia potenziale delle forze
agenti sul magnete cubico.
può essere calcolato mediante il metodo delle cariche magnetiche –immagine
(come illustrato in Fig. 1). Nei grafici della Fig. 2 sono riportati i risultanti delle
forza peso (Fp), della forza magnetica agente sul magnete cubico e generata dai
51
magneti ceramici di forma anulare (Fm) e della forza dovuta alle cariche magneticheimmagine (Fd), mentre in Fig. 3 sono riportate le energie potenziali relative a tali
forze. Tali grafici mostrano come il magnete cubico, per la presenza delle lastre di
grafite, si viene a trovare in una situazione di equilibrio stabile (si trova cioè in una
buca di potenziale).
52
Sezione di Strumentazione Elettrica
VOLT
0
10
0
50
Ci effe Ci
4
.8
10
80
10
0
10
0
40
0
Frequenzimetro
80
10
0
Multimetro per
esperimenti in aula
Manganina
Allocchio Bacchini
Resistenza
campione (0.01 Ω)
40
Ci effe Ci
10
1
mVCic.c.
effe Ci
11
0
Voltmetro in a.c. per
esperimenti in aula
0 A c.c.
Ci effe Ci
0
.4
.4
.8
5
Ci effe Ci
55
45
3
2
01
0
8
Reostato
a cursore
9
Reostato
toroidale
9
0 1
0
9
1
9
8
2
8
2
8
2
8
7
3
7
3
7
3
7
6
Reostato
a cassetta
0 1
5
4
x 1000
6
6
4
5
x 100
5
4
2
3
6
5
4
Reostatox 1
a cassetta
x 10
50
10
±
Se
co
nd
100
0 1
y
40
50
6
4
2
A c.a.
30
A c.c.
Ci effe Ci
0
ar
35
15
0
40
0 V c.c.
Ci effe Ci
6
4
8
20
0
f
50
30
20
200
10 0
120
V c.c.
Ci effe Ci
0 mV c.c.
Ci effe Ci
60
40
8
+
+
45
90
150
110
2
Amperometro in c.c. per
esperimenti in aula
60
30
10
-
V a.c.
V c.c.
0 2 4 68
10
2
Sezione di Strumentazione Elettrica
20
We sto n Cu rr e nt T ra ns fo r m er
ttan za mu
tua
Indu
0 .0
2
0
0 10 2
Condensatore
var. (0 ÷200 pF)
Solenoidi in aria
(induttanza fissa)
Induttori accoppiati
Induttanza variabile
0.02
Henry
0 .0
Trasformatore
toroidale
2
Mutue induttanze
In questa sezione sono esposti alcuni strumenti elettrici di grandi dimensioni, adatti
per essere impiegati nelle dimostrazioni in aula, ed una serie di componenti elettrici
passivi, probabilmente impiegati in esperienze di laboratorio.
53
Strumentazione per dimostrazioni in aula
Amperometro
Costruttore: Leybold – Germania
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato dello strumento: Funzionamento
Descrizione dello strumento:
E’ un amperometro per corrente continua a
portata variabile (0.1 – 10 A) da impiegare
nelle dimostrazioni in aula.
2
10
4 68
0 2
10
-
+
Voltmetro
VOLT
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto : Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Voltmetro per tensioni alternate con
portata 150 V.
0
150
50
110
Multimetro
V a.c.
V c.c.
60
30
0
10
90
30
20
0 mV c.c.
Ci effe Ci
60
40
80
20
Ci effe Ci
0
40
2
A c.a.
50
0 V c.c.
Ci effe Ci
6
4
8
2
0
15
0
V c.c.
Ci effe Ci
200
100
120
2
3
4
01
Ci effe Ci
.8
10
10
0
0
10
Costruttore: Ci Effe Ci
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
54
6
8
1
mVCic.c.
effe Ci
11
80
4
0 A c.c.
Ci effe Ci
0
.4
.4
.8
5
40
0
Ci effe Ci
30
0
A c.c.
Ci effe Ci
40
80
10
0
10
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
E’ un interessante modello di multimetro per dimostrazioni in aula. L’elemento di
base è un milliamperometro a bobina mobile (ad asse orizzontale), perfettamente
visibile in quanto la custodia in legno ha le due pareti principali in vetro. E’ dotato di
un doppio indice per consentire la lettura sia da parte degli spettatori posti
frontalmente allo strumento sia da parte dell’oratore (normalmente operante sul retro
dello strumento). E’ inoltre dotato di una vite di regolazione che consente di
posizionare l’indice sullo zero della scala di misura (sia esso posto all’estremo
sinistro oppure al centro della scala di misura).
Quando è impiegato come amperometro in corrente continua la sua portata viene
variata mediante inserzione in parallelo di una resistenza di opportuno valore
(resistenza di “shunt”) che è alloggiata in una scatola posta all’estremità superiore
del quadro che riporta incisa la nuova scala di misura. I dispositivi di shunt
disponibili consentono di avere le seguenti portate in corrente continua:
-1.0 A ÷ 1.0 A
0 ÷ 10 A
La funzione dello strumento può essere modificata (da amperometro in c.c. in
voltmetro in c.c.) mediante inserzione di una resistenza in serie ed i dispositivi
attualmente disponibili consentono di avere le seguenti portate:
0 ÷ 100 mV -100 mV ÷ + 100 mV 0 ÷ 10 V 0 ÷ 50 V
0 ÷ 150 V
La funzione del multimetro come amperometro per corrente alternata è ottenuta
inserendo una coppia termoelettrica e l’unico dispositivo a disposizione consente la
misura (su scala non lineare) della intensità di corrente alternata (valore efficace)
nell’intervallo:
0÷5A
Lo strumento può essere impiegato come voltmetro per corrente alternata
nell’intervallo
0 ÷ 300 V
55
Frequenzimetro
45
f
50
55
35
40
45
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Lo strumento è in grado di misurare la
frequenza di un segnale elettrico in un
ristretto intervallo di frequenze (35 ÷ 55
Hz) e per tensioni comprese tra 50 e 110 V.
Questo ristretto campo di impiego fa
ritenere che sia stato uno strumento
dedicato al controllo di impianti
elettrotecnici piuttosto che uno strumento
didattico.
Ciononostante esso presenta un principio di funzionamento molto interessante da un
punto di vista didattico.
Come mostrato nella
figura a lato gli elementi
sensibili dello strumento
sono rappresentati da
20+20 lamine sottili
(spessore ≈ 0.1 mm,
larghezza ≈ 2 mm e
lunghezza ≈ 70 mm) in
acciaio
magne-tico
vincolate
ad
una
estremità e ripiegate ad
L all’estremità che si
affaccia sul fronte dello
strumento. Le lamine
sono immerse nel campo
magnetico alternato di
un elettromagnete alimentato dalla corrente di
cui si intende misurare la
frequenza.
Le lamine immerse nel
campo magnetico si magnetizzano e soltanto quelle lamine che posseggono una
frequenza propria uguale alla frequenza del campo magnetico entrano in risonanza,
compiendo ampie oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio, segnalando quindi
sulla scala dello strumento la frequenza del segnale. La frequenza di oscillazione di
ciascuna lamina è data da:
56
ν = ω/2π = (k/I)1/2= (1/2π) [(3Ef/ρ)a2/L5]1/2
(1)
dove k è la costante elastica del processo di flessione della lamina (k = Ef a3b/L2 ), I il
momento d’inerzia della lamina rispetto all’estremo fisso (I =ρabL3/3) , Ef e ρ sono
il modulo di flessione (Ef = E/4 essendo E il modulo di Young) e la densità del
materiale, a, b ed L sono rispettivamente lo spessore, la larghezza e la lunghezza della
lamina.
Dalla relazione (1) si ricava, assumendo Ef = 5 1010 N/m2, ρ = 7900 kg/m3, a = 10-4 m,
b = 2 10-3 m, che è sufficiente una lamina di lunghezza L ≈ 69 mm per avere la
frequenza massima dello strumento (ν = 55 Hz). Le frequenze inferiori, a parità di
lunghezza delle lamine, possono essere ottenute incrementando il momento d’inerzia
delle lamine con una opportuna serie di masse poste alle estremità libere delle lamine.
57
Componenti passivi dei circuiti elettrici
Resistori a resistenza variabile (reostati).
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato del componente:
Funzionante
Descrizione del componente:
Il reostato a cursore costituito da
un filo conduttore non isolato
avvolto su un supporto isolante in ceramica nel quale è praticata una sede a spirale
che accoglie il filo. Un contatto scorrevole (cursore) consente di variare con
continuità il valore della resistenza tra il valore minimo (cursore a contatto della
parete sulla quale è posto il contatto fisso) ed il valore massimo (quando è inserito
tutto l’avvolgimento). Il reostato presenta una valore di resistenza variabile tra 0 e
700 Ω se opera in corrente continua, mentre presenta una impedenza variabile con la
frequenza se opera in corrente alternata. Si veda il grafico dell’impedenza in funzione
della frequenza quando il cursore si trova a fine corsa.
Tale impedenza risulta data da:
Z (Ohm)
1200
Z = (Rmax2 + ω2 Lmax2)1/2
L = 7 mH
1000
800
600
1
2
3
4
dove Rmax = 700 Ω ed Lmax= 7 mH.
L’impedenza del reostato per ogni
valore intermedio R della resistenza
risulta data da:
Z = R(1 + ω2 L2 /Rmax2)1/2
Log(ν)
Costruttore: ILCEA
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato del componente:
Funzionante
Descrizione del componente:
Il reostato mostrato nella figura a
lato (R = 50 kΩ P = 40 W)
presenta
un
avvolgimento
toroidale a sezione rettangolare
di area molto ridotta (basso
valore di induttanza). La
resistenza viene variata ruotando mediante la manopola (rotazione massima di circa
58
330°) il cursore che inserisce via via le spire dell’avvolgimento tra la presa centrale
ed una delle due prese laterali. Collegando la presa centrale con la presa laterale di
sinistra viene inserita nel circuito una resistenza crescente con l’angolo di rotazione
della manopola, collegando invece la presa centrale con l’altra presa laterale si
inserisce una resistenza che diminuisce dal valore massimo (50 kΩ) al valore minimo
all’aumentare dell’angolo di rotazione della manopola.
Costruttore: Elettromeccanica Lombarda
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato del componente: Scadente a causa del
cattivo contatto tra il cursore ed i vari
blocchetti (gioco tra i contatti ed ossidazione
delle superficie di contatto).
Descrizione del componente:
Il reostato a cassetta è costituito da 20
resistenze collegate in serie che possono
essere progressivamente inserite ruotando la
manopola. La resistenza può essere variata
da 0 a 101.5 Ω con passo costante di circa 5 Ω. Questo tipo di reostato ha da un lato
l’inconveniente di fornire valori di resistenza discreti ma in compenso molto precisi e
stabili.
Costruttore:
Allocchio-Bacchini
Data di acquisto: Ignota
Manganina
Allocchio Bacchini
(probabile prima del 1963)
0
0
0
0
1
1
9
1
1
9
9
9
2
8
2
8
2
2
8
8
Stato del componente:
7
3
7
3
7
7
3
3
Funzionante
6
4
6
4
6
6
4
4
5
5
5
5
x 10
x1
Descrizione del componente:
x 1000
x 100
Questo reostato di grandi
dimensioni presenta 4 decadi di resistenze (0-9 Ω – 10-90 Ω - 100-900 Ω - 1000 9000 Ω) realizzati con una lega (manganina: 85% Cu + Mn 12% + Ni 2% + Fe 1%)
a basso coefficiente di temperatura.
59
Resistenza campione.
Costruttore: Sigla della ditta non decifrabile
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del
1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
Resistenza campione da 0.01 Ω contenuta in una
custodia metallica forata. La resistenza è ottenuta
mediante un nastro di manganina [composizione:
Cu 85% - Mn 12% - Ni 2% - Fe 1% ] con le
seguenti dimensioni [lunghezza L ≈ 0.27 m altezza h = 40 mm – spessore s = 0.3 mm] e con le
seguenti caratteristiche elettriche [ρ = 4.4 10-7 Ω m
– coefficiente di temperatura ε = (1/ρ) dρ/dT = 1.0
-5
-1
10 C a 20 C]. Il nastro è saldato a due robusti supporti metallici, (Φ ≈ 1 cm)
adeguatamente isolati dalle pareti della custodia, e connesso alle due boccole
mediante due barrette di rame (Φ = 0.5 cm).
La scelta, per la costruzione di resistenze campione, della manganina o della
costantana [composizione Cu 55% - Ni 45% ρ = 4.9 10-7 Ωm – coefficiente di
temperatura ε = 3.1 10-6 C-1 a 20 C] è dovuta al fatto che il loro basso coefficiente di
temperatura consente di mantenere costante (entro qualche parte su diecimila) il
valore della resistenza anche in presenza di notevoli variazioni della temperatura
ambientale e di esercizio.
60
Condensatore a capacità variabile
Costruttore: Ducati - Italia
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del
1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
Condensatore di capacità variabile tra 0 e 200 pF,
ottenuto mediante 6 armature semicircolari che si
inseriscono progressivamente in una cavità
semicircolare suddivisa in 6 piani quando la
manopola viene ruotata da 0° a 180°. Nella figura
sottostante è mostrata la configurazione delle
armature
con
le
rispettive
70 mm
dimensioni. La cavità semiAl connettore
circolare (isolata rispetto a massa)
3 mm
centrale (isolato)
è connessa alla boccola centrale
posta sul fronte della cassa
1 mm
metallica del componente, mentre
le armature solidali con l’albero di
Ai connettori
rotazione sono connesse a massa.
laterali (a massa)
La variazione della capacità è
65 mm
lineare con l’angolo di rotazione θ
dell’albero e la risoluzione (grazie
alla presenza di un nonio decimale sul bordo della piastra goniometrica) risulta essere
dC/dθ = 1 pF.
61
Induttori ad induttanza fissa (solenoidi in aria).
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato dei componenti: Funzionanti
Descrizione dei componenti:
Le bobine di diversa lunghezza (L1 =
185 mm ed L2 = 89 mm) avvolte con
diversi strati (N1s = 6 ed N2s = 14) su
mandrini cilindrici cavi e sono
realizzate con filo di rame di diametro
diverso (Φ1 ≈1.5 mm e Φ2 ≈ 0.6 mm). I due solenoidi presentano pertanto valori di
densità lineare di spire molto differenti (n1 ≈ 4000 spire/m ed n2 ≈ 23300 spire/m).
I due solenoidi presentano i seguenti valori di induttanza e di resistenza elettrica:
R1 = 1.3 Ω
L2 = 16.5 mH
R2 = 21 Ω
L1 = 1.0 mH
Non è dato sapere per quale impiego siano state realizzate. Si può supporre che siano
state impiegate in laboratorio per misure di impedenza oppure per misure del campo
magnetico lungo l’asse dei solenoide (ad esempio alimentandolo in corrente alternata
e misurando la tensione indotta ai capi di una piccola bobina che veniva traslata
lungo l’asse del solenoide). Non si può escludere che siano state impiegate durante le
dimostrazioni in aula sui circuiti in corrente alternata.
62
Induttore ad induttanza variabile
Costruttore: Allocchio Bacchini & C - Milano
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
L’induttore variabile è
realizzato mediante sei
bobine collegate in serie.
Quattro bobine di uguale
sezione e con un ugual
numero di spire sono
0
0 1
avvolte in senso orario e
sono annegate nelle piastre
fisse e sono affacciate alla
piastra mobile. Le altre due
bobine con sezione uguale
alle precedenti ma con un numero di spire doppie sono avvolte in senso antiorario,
sono annegate nella piastra mobile centrale ed hanno lo stesso spessore della piastra.
La separazione tra la piastra
mobile e le piastre fisse è di
pochi decimi di mm.
La vista esplosa del
dispositivo (Fig. 1 ) mostra
il verso di avvolgimento
delle bobine ed il collegamento in serie delle sei
bobine.
L’induttanza del componente è praticamente nulla
se l’indice dello strumento è
posizionato a θ = 0). In
questo caso le bobine mobili
sono completamente accoppiate alle bobine fisse ma
presentano versi di avvolgimento opposti.
L’induttanza assume il
valore L ≈ 16 Lo (essendo
Lo l’induttanza di una
singola bobina fissa) quando la piastra mobile viene
Fig. 1 Vista esplosa dell’induttore.
ruotata di 90° rispetto alla
B
MOBILI
80
B
FISSE
70
60
0
10
20
30
40
50
63
posizione θ = 0. In questo caso le bobine mobili sono disaccoppiate da quelle fisse e
quindi l’induttanza totale è la somma algebrica dell’induttanza delle 2 coppie di
bobine fisse (Lf ≈ 8 Lo) e dell’induttanza delle due bobine mobili (Lm ≈ 8 Lo).
L’induttanza assume il valore massimo ( L ≈ 32 Lo ) quando la piastra mobile
viene ruotata di 180° rispetto alla posizione θ = 0. In questo caso infatti le bobine
sovrapposte in ciascun gruppo presentano lo stesso verso di avvolgimento e di conseguenza sono equivalenti ad una bobina con un numero di spire pari a 4 volte il
numero di spire di una singola bobina fissa.
Questo tipo di induttore, a fronte dell’inconveniente di essere parecchio ingombrante,
presenta due indiscutibili vantaggi:
a) la resistenza in serie dell’induttore rimane costante al variare dell’induttanza;
b) la differenza di potenziale ai capi dell’induttore non è influenzata da eventuali
disturbi elettromagnetici provenienti dall’ambiente (in quanto, qualsiasi sia la
posizione delle bobine mobili, le variazioni di flusso indotte dalla perturbazione
elettromagnetica hanno segno opposto).
64
Induttori accoppiati (con nucleo in ferro).
L (mH)
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
Il dispositivo è costituito da due bobine
coassiali (forte accoppiamento) inserite
in un giogo a forma di C realizzato con
lamierini di ferro. Il montante superiore del giogo non è fissato al resto della struttura
e può quindi essere facilmente rimosso quando le bobine non sono alimentate .
Con molta probabilità questo dispositivo di fattura artigianale veniva impiegato in
laboratorio per eseguire misure delle impedenze e delle induttanze (auto-induttanza di
ciascuna bobina e mutua induttanza) delle due bobine (primario e secondario) in
funzione della frequenza della tensione applicata nel caso del circuito magnetico
aperto (senza il montante) e nel
caso del circuito magnetico
400
chiuso.
Le resistenze elettriche del pri300
mario e del secondario sono presLp
200
soché uguali (Rp ≈ Rs = 0.9 Ω.).
L s x 10
Le auto-induttanze dei circuiti pri100
mario e secondario sono state
0
misurate in funzione della
1
2
3
4
frequenza della corrente di
alimentazione nel caso del
Log (ν)
circuito magnetico chiuso e per
basse correnti di alimentazione (I < 100 mA) I risultati delle misure sono riportati
nel grafico della figura a lato. Esso mostra che esiste un rapporto di trasformazione
ε = Lp/Ls che decresce da un valore ε ≈ 20 alle basse frequenze ad un valore ε ≈ 1312 alle frequenze più elevate.
La mutua induttanza è di circa 70 mH alle basse frequenze e si riduce
progressivamente con la frequenza raggiungendo un valore pressoché dimezzato alla
frequenza ν = 104 Hz.
65
Mutue induttanze
Costruttore: Allocchio-Bacchini & C - Milano
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del
1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
E’ costituito da bobine in aria suddivise in più
sezioni, mutuamente accoppiate in grado di fornire
valori di mutua-induttanza variabili da 20 mH a
60 mH.
u ttanza mutu
Ind
a
0.0
2
0.02
Henry
2
0.0
±
50
10
Se
co
nd
100
ar
y
Trasformatore di corrente toroidale.
20
Weston Current Transformer
Costruttore:
Weston
Elect.
Inst.
Company – U.S.A.
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
E’ un trasformatore di corrente di tipo
toroidale. Fornisce al secondario una
corrente proporzionale alla corrente
circolante nel primario. Viene spesso
usato nei sistemi di misura per correnti
elevate al fine di ridurle a valori più
facilmente misurabili. E’ costituito da un
nucleo toroidale di ferrite sul quale sono
avvolti sia le poche spore del primario che
le spire del secondario. Il rapporto di
trasformazione è di 1:20 e la portata
massima nel primario è di 100 A.
66
Sezione di Ottica
Sezione di Ottica
90
0
Rifrattometro
di Abbe
180
Fotometro di
Lummer –Brodun
270
AA
Apparato di Malus
Arco voltaico
Prismi
(vetro,quarzo,salgemma)
Spato di Islanda
Spettrometro
Polarimetro per
saccarometria
Polarimetro di
Norrenberg
In questa sezione sono esposti alcuni apparati di ottica utilizzati per le dimostrazioni
in aula ed alcuni strumenti impiegati nelle Esperimentazioni di laboratorio.
67
Arco voltaico
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
L’arco voltaico è una forma di conduzione
stabile nei gas e si verifica tra elettrodi di
carbone alimentati in corrente continua o
alternata. Il fenomeno fu osservato e
studiato nel 1808 dal chimico inglese H.
Davy che realizzò pure l’omonima
lampada ad arco. Nell’arco elettrico si
individuano tre regioni: due molto vicine
agli elettrodi con elevate cadute di
potenziale (per l’accumulo di elettroni ed ioni) ed una centrale che si estende per la
maggior parte dell’arco in cui si genera il plasma (mescolanza di elettroni, di ioni e
di particelle neutre). L’arco elettrico è caratterizzato da alta densità di corrente nel
plasma (centinaia di A/cm2) e sugli elettrodi decine di migliaia di A/cm2) ed una
elevata temperatura nel plasma (5000-6000 C). Per innescare l’arco gli elettrodi di
carbone devono essere portati inizialmente a contatto, in maniera da rendere
incandescente il catodo; una volta innescato l’arco gli elettrodi vengono distanziati di
2-3 mm e sono sufficienti poche decine di ampère per ottenere una intensa
luminosità. L’arco voltaico veniva utilizzato nei proiettori cinematografici (per
aumentarne la luminosità e la stabilità dell’arco le barrette di carbone presentano
un’anima di sali metallici) ed anche per produrre onde elettromagnetiche per
trasmissioni radio.
68
Rifrattometro di Abbe
Ditta costruttrice: Officine Galileo
Data di acquisto: Ignota (dopo il 1963 e prima del
1986)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Il rifrattometro di Abbe viene utilizzato per la
misura dell’indice di rifrazione dei liquidi mediante
il metodo dell’angolo limite. Esso è formato da un
sistema di due prismi di Abbe, racchiusi in una
scatola a cerniera (si veda schizzo di Fig. 1) che
permette di allontanarli ed avvicinarli lasciando tra
essi una sottile intercapedine di alcuni centesimi di
millimetro che viene occupata dal liquido in esame.
La scatola metallica che contiene i prismi permette
la circolazione di acqua proveniente da un
termostato per mantenere la temperatura costante.
Un termometro (mancante) situato sull’apparecchio
controlla che la temperatura sia stabile. Al disopra dei due prismi si trova un
cannocchiale comprendente un obiettivo,
un oculare e due prismi di Amici che
funzionano da comparatori. Nell’oculare
Prismi
compare un campo bipartito ed una scala
di Abbe
che permette la lettura diretta dell’indice di
rifrazione. La scatola dei prismi è dotata di
finestrella, verso la quale convogliare
mediante uno specchietto mobile, la luce di
una
lampada
al
sodio
esterna
all’apparecchio. Come corredo dello
H2O in
strumento ci sono: un cubetto di plexiglass
utile per la taratura iniziale, che porta
H2O out
inciso il valore del suo indice di rifrazione,
una bottiglietta contenente BromonaftaFig. 1 Camera con i prismi di Abbe.
lina (C10H7Br), un utensile con l’estremità
a forma di spatola (per distribuire il liquido
sulla superficie del prisma).
Si procede alla taratura ponendo sul prisma fisso una goccia di bromonaftalina ed il
solido ad indice di rifrazione noto (la bromonaftalina che ha un indice di rifrazione
elevato permette di evitare che il velo d’aria fra i due solidi influenzi la misura). Si
posiziona la scala in modo che coincida con il valore dell’indice di rifrazione
riportato sul campione di plexiglass. Se i due settori del campo bipartito che compare
nell’oculare non sono illuminati uniformemente si portano in tale condizione agendo
sull’apposita manopola. Per la misura che comunemente si fa sui liquidi si inserisce
tra i due prismi di Abbe una goccia del campione e si richiudono con la cerniera. Si
69
porta la temperatura a 20 C mediante il flusso d’acqua proveniente dal termostato e si
controlla con il termometro dell’apparecchio che sia stabile. I due settori del campo
bipartito appaiono in genere illuminati in maniera diversa. Con la manopola si
portano alla stessa luminosità e si legge sulla scala il valore dell’indice di rifrazione.
70
Fotometro di Lummer- Brodun
Costruttore: Galileo - Firenze
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante dopo
aver installato loschermo opaco all’interno
della camera oscura.
Descrizione dello strumento:
Questo strumento consente di effettuare
misure relative, con precisione dell’ordine
dell’1-2%, della intensità di illuminazione
L [definita come la potenza specifica areale
che cade in direzione normale alla
superficie S: L = (1/S) dW/dt] e della
intensità I di una sorgente [definita come
la potenza globalmente emessa dalla
sorgente: I = ∫S L . n dS essendo l’integrale
esteso ad una qualsiasi superficie che
racchiude
completamente la soro
gente] .
G
Il dispositivo,
del quale nella
S1
S2
a b
figura riportata a
D2
D1
lato è mostrata
Q
una sezione, è
V2
V1
costituito da una
testa prismatica
S
AB,
da
uno
A
B
C
schermo opaco Q
S’
e da due specchi
V1 e V2 da un
prisma a riflesrr’
sione totale e da
o’
un cannocchiale
C.
Questi componenti (ad esclusione del cannocchiale) sono racchiusi all’interno di
una camera le cui pareti interne sono annerite per evitare riflessi e nelle quali sono
praticate due finestre che consentono alla sorgente campione ed alla sorgente in
esame di illuminare lo schermo da parti opposte. La camera può essere ruotata
attorno ad un asse orizzontale oo’ e l’angolo di rotazione (compreso tra 0° e 180°)
può essere misurato mediante il goniometro G, solidale con la base dello strumento.
La testa è costituita da due prismi retti ed isosceli, realizzati con un vetro di indice di
71
rifrazione n > 1.414, in maniera che sulla faccia di base possa prodursi la riflessione
totale quando l’angolo di incidenza è di π/4. Il prisma A è limitato da facce tutte
piane, il prisma B da due facce piane e da una faccia semisferica alla quale è stata
asportata la calotta centrale secondo la sezione ss’. I due prismi combacioano
perfettamente lungo la sezione ss’.
Se i raggi di luce diffusi dalla faccia a dello schermo e riflessi dallo specchio V1
cadono internamente alla sezione ss’ vengono trasmessi attraverso il prisma B ed
assorbiti dalle pareti annerite della camera, se invece cadono esternamente alla
sezione ss’ subiscono una riflessione totale e vengono inviati verso il cannocchiale.
Di conseguenza l’osservatore (in assenza della sorgente S2) vede attraverso il
cannocchiale un cerchio oscuro (corrispondente alla sezione ss’ ) che si staglia su un
fondo illuminato.
I raggi luminosi provenienti per diffusione dall’altra faccia dello schermo (ed
emessi dalla seconda sorgente) hanno un comportamento complementare rispetto a
quelli della prima sorgente: cioè quelli che incidono all’interno della sezione ss’
giunge al cannocchiale mentre quelli che cadono esternamente vengono riflessi
totalmente e non giungono all’occhio dell’osservatore.
Pertanto la sezione ss’ viene illuminata soltanto dai raggi provenienti dalla faccia a
dello schermo, mentre la regione esterna alla sezione ss’ viene illuminata soltanto dai
raggi provenienti dalla faccia b dello schermo. I raggi prima di arrivare nel
cannocchiale attraversano un prisma dove subiscono due riflessioni: la prima sulla
faccia rr’ argentata (la cui normale forma un angolo di 22.5° con il raggio luminoso
centrale), la seconda è una riflessione totale. Inoltre tutti i raggi che giungono al
cannocchiale hanno subito riflessioni identiche sugli specchi, uguali assorbimenti
nell’attraversamento dei prismi e compiono tragitti di uguale lunghezza. Ne consegue
che se le due zone appaiono all’osservazione ugualmente illuminate (l’uguaglianza
di illuminazione è raggiunta quando scompare la linea di demarcazione tra le due
zone) devono essere ugualmente illuminate le due facce dello schermo.
L’intensità luminosa I2 della sorgente in esame e l’intensità di illuminazione L2 dello
schermo, quando si è giunti alla condizione di contrasto nullo, sono date da:
I2 = (D22/D12) I1
L2 = I1/D12
essendo I1 l’intensità luminosa della sorgente campione, D2 e D1 rispettivamente le
distanze della sorgente in esame e della sorgente campione dallo schermo.
72
Spettrometro
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Lo strumento è costituito da una base che sostiene un
collimatore, un cannocchiale, una piattaforma girevole ed un supporto nel quale
inserire il reticolo di diffrazione (si veda il disegno schematico sotto riportatto con i
principali elementi dello spettrometro).
Lente acromatica
(f ˜ 350 mm)
Fenditura
Nonio
Collimatore
Obbiettivo
(f ˜ 350 mm)
Cannocchiale
Oculare
Regolazione
angolare del
reticolo
Supporto
del reticolo
Nonio
Scala
goniometrica
Il collimatore è solidale con la base, il cannocchiale è solidale con la piattaforma
girevole mentre il supporto del reticolo è solidale con la base e può essere ruotato di
± 3° per disporre il reticolo in direzione ortogonale all’asse del collimatore. Sul
bordo superiore della base è incisa una scala graduata mentre alla piattaforma
girevole sono applicati due nonii (decimali) contrapposti che consentono la
73
determinazione della posizione angolare del cannocchiale rispetto all’asse del
collimatore.
Il collimatore è costituito da un tubo in ottone (di lunghezza 33 cm) che porta ad una
estremità una fenditura verticale, scorrevole lungo l’asse del collimatore e regolabile
sia in ampiezza sia in altezza, ed all’altra estremità una lente convergente acromatica
con una distanza focale all’incirca uguale alla lunghezza del tubo. Olluminando con
una sorgente di luce la fenditura e regolando la posizione della fenditura lungo l’asse
del collimatore si ottiene un fascio di luce parallela.
Il cannocchiale, dotato di un obiettivo con distanza focale di circa 350 mm e di un
oculare con reticolo, fornisce una immagine della fenditura con ingrandimento poco
discosto dall’unità. La base fissa con il reticolo è dotata di un coperchio (con le
pareti annerite per evitare fastidiosi riflessi sulla superficie del reticolo) nel quale
sono praticate due aperture per il raggio incidente e per i raggi diffratti dal reticolo.
74
Prismi di dispersione
Costruttore: Officina meccanica del
Dipartimento;
Data di costruzione: 2008
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione del dispositivo:
In un contenitore a tenuta sono conservati
tre prismi di dispersione impiegati negli
spettrometri che presentano bande di
assorbimento in regioni diverse dello
Flint
spettro elettromagnetico.
Il prisma di vetro flint (tipo di vetro ad
elevato indice di rifrazione ed elevato
potere dispersivo) è adatto per misure
spettroscopiche nello spettro visibile
(tipicamente nell’intervallo di lunghezze
Quarzo
d’onda 400 nm < λ < 800 nm). Un prisma
di vetro flint pesante [n (λ = 589 nm) =
1.65] con un angolo al vertice A = 60°
possiede un potere dispersivo D = 2 105
rad/m.
NaCl
Il prisma in quarzo (o in vetro con basso
assorbimento nell’ultravioletto)) consente
di estendere le misure spettroscopiche
nella regione dell’ultravioletto (tipicamente nell’intervallo di lunghezze d’onda
180 nm < λ < 660 nm). Un prisma di
quarzo [n(λ=589 nm) = 1.458] con un
angolo al vertice A = 60° possiede un potere dispersivo D = 5 104 rad/m.
Il prisma di salgemma (cristallo di NaCl n (λ = 589 nm) = 1.544) viene impiegato
nelle misure spettroscopiche nella regione dell’infrarosso (tipicamente nell’intervallo
di lunghezze d’onda 700 < λ < 1000 nm). Per la sua elevata igroscopicità deve essere
conservato in un recipiente a tenuta ed in presenza di sali igroscopici.
75
Polarizzatore di Brewster
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
90
Stato dello strumento: Funzionante
mediante una sorgente di luce laser
ottenuta con un puntatore di tipo
commerciale.
0
180
Descrizione dello strumento:
E’ un apparato adatto per la
dimostrazione in aula del fenomeno
della polarizzazione della luce
270
quando questa viene riflessa sotto
l’angolo di Brewster [tang(i) = n].
Esso è costituito da un prisma di
vetro nero detto polarizzatore) sul
quale viene fatto incidere un fascio
laser di luce rossa sotto l’angolo di Brewster in maniera che il fascio riflesso risulti
polarizzato linear-mente e pressoché orizzontale. Si impiega un vetro nero allo scopo
di assorbire il fascio rifratto ed evitare la formazione di immagini multiple dovute alla
riflessione sulle altre pareti del prisma. Il fascio polarizzato così ottenuto viene
inviato su un secondo vetro nero (detto analizzatore) fissato su un albero rotante
posto al centro di un disco graduato (0° - 90° - 180° - 270°). Il fascio riflesso dal
secondo vetro intercetta la superficie del disco in prossimità della periferia di
quest’ultimo, ruotando il vetro si osservano due massimi di intensità luminosa
(rispettivamente a 90° e 270°) e due minimi di intensità luminosa (rispettivamente a
0° e 180°).
76
Polarizzatore di Norrenberg
Costruttore: Officina meccanica del
LASA
Data di costruzione: 1993
Stato dello strumento: Funzionante con
una sorgente di luce laser fornita da un
puntatorre commerciale.
Descrizione dello strumento:
Il polarizzatore di Norrenberg consente di
produrre ed analizzare la luce polarizzata
linearmente ottenuta mediante riflessione
di luce naturale sotto l’angolo di Brewster.
Esso è costituito da una lastra di vetro
(polarizzatore) che può ruotare attorno ad
un asse orizzontale e da una lastra di vetro
nero (analizzatore) che può ruotare sia
attorno ad un asse orizzontale che attorno
ad un asse verticale. Entrambe le lastre
sono realizzate in vetro nero per assorbire
completamente
il
raggio
rifratto.
L’apparato è dotato di una sorgente laser
(in luce rossa) e di un piano porta oggetti,
adatto per studiare le proprietà polari-
metriche delle varie sostanze.
Il fascio di luce laser viene fatto incidere sulla prima lastra sotto l’angolo di Brewster
in maniera che il raggio riflesso sia diretto secondo l’asse del dispositivo. Il raggio di
luce polarizzato linearmente viene riflesso dalla seconda lastra su uno schermo
traslucido (per consentirne la visione sia in riflessione che in trasmissione).
L’intensità della macchia luminosa dipende dsall’orientamento reciproco delle due
lastre, orientamento che può essere variato ruotando il collare che sostiene la lastra
analizzatrice. Quando i piani di incidenza delle due lastre sono paralleli l’intensità
della luce riflessa sullo schermo è massima, quando essi sono normali tra loro
l’intensità è nulla. Per orientazioni reciproche intermedie (misurate dai goniometri di
cui è dotato il dispositivo) l’intensità del raggio riflesso varia con la legge di Malus:
I(φ) = Io cos2 φ
dove Io rappresenta l'intensità luminosa del massimo e φ l’angolo formato tra i piani
di incidenza delle due lastre.
77
Spato di Islanda
Costruttore: Officina meccanica del
Dipartimento
Data di costruzione: 2009
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione del dispositivo:
Lo spato d’Islanda è un cristallo birifrangente
AA
di carbonato di calcio (CaCO3) che
cristallizza nel sistema romboedrico. I due
raggi rifratti sono caratterizzati da proprietà di
rifrazione differenti: il raggio ordinario segue
le leggi di rifrazione normale, qualunque sia il
piano e l’angolo di incidenza, il raggio
straordinario, il cui piano di rifrazione non
coincide con quello di incidenza, è
caratterizzato da un indice di rifrazione variabile con l’angolo di incidenza. Esso
viene utilizzato per la costruzione di polarizzatori.
Il dispositivo esposto, realizzato per scopi puramente didattici, è costituito da un
disco girevole sul quale è fissato il cristallo di spato d’Islanda. Esso consente di
individuare quale delle due immagini della lettera A è dovuta ai raggi straordinari.
Infatti ruotando il disco l’immagine della lettera A dovuta ai raggi ordinari rimane
fissa, mentre l’immagine dovuta ai raggi straordinari ruota nello stesso verso del
disco.
78
Polarimetro per saccarometria
Costruttore: Officine Galileo.
Data di acquisto: Ignota (dopo il
1963 e prima del 1986)
Stato dello strumento:
Funzionante
Descrizione dello strumento:
Gli elementi essenziali di questo
strumento sono una lampada al
sodio, due nicol uno dei quali
(polarizzatore) è solidale con il
tubo di collimazione mentre il
secondo (analizzatore) può ruotare attorno all’asse ottico dello
strumento,
una
lamina
mezz’onda ed una provetta in
Nicol
vetro riempita con la soluzione
Lamina
analizzatore
Nicol
saccarometrica della quale si
mezz’onda
polarizzatore
vuole misurare la concentrazione.
Un indice solidale con il tubo del
cannochiale permette di misurare
Lampada
sul goniometro fisso l’angolo di
al sodio
rotazione
del
piano
di
polarizzazione prodotta dalla
soluzione. La presenza di un
oculare (ingrandimento ≈ 10) e di
un nonio (decimale) solidale con
l’indice consente una misura angolare con una sensibilità dell’ordine di 5-10 primi.
79
Sezione di Fisica Moderna
Sezione di Fisica Moderna
Tubo di Faraday
Tubo a raggi catodici
G
Tubo a raggi catodici
(con croce di Malta)
Camera a nebbia
Camera ad
ionizzazione
G
Generatore a
termocoppie
Tubo catodico
Strumento per misure
di elettrocapillarità
Cella al Selenio
Spettrometro
Röngten
Camera di Wilson
80
Triodo di potenza
In questa sezione sono esposti:
- tre dispositivi (due tubi di Crookes ed un tubo a raggi catodici con croce di Malta)
connessi alle prime esperienze sulle scariche nei gas rarefatti;
- due componenti (triodo di potenza, tubo catodico) il cui funzionamento è basato
sulle proprietà dei fasci elettronici;
- una camera di ionizzazione;
- uno spettrometro Roengten per raggi X;
- uno strumento per misure di elettrocapillarità;
- una cella al Selenio ed un generatore a termocoppie;
- due modelli di camera a nebbia (camera di Wilson) per la rivelazione delle
particelle ionizzanti dei raggi cosmici.
81
Tubo di Faraday (o tubo di Crookes o tubo di Geissler)
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato del dispositivo: Funzionante se connesso ad una pompa a vuoto e se si dispone
di un rocchetto di Ruhmkorff.
Descrizione del dispositivo:
E’ un tubo in vetro per alto vuoto di lunghezza circa un metro alle cui estremità sono
applicati due elettrodi ai quali può essere applicata una differenza di potenziale di
alcune migliaia di volt (ad esempio mediante un rocchetto di Ruhmkorff). Esso
consente di studiare le scariche gassose in corrente continua. Al variare della tensione
applicata la scarica attraversa una serie di regimi successivi:
a) la scarica oscura
b) la scarica a bagliore
c) l’arco (o scintilla)
L’interpretazione delle caratteristiche della scarica elettrica al variare della pressione
residua del gas nel tubo è riportata in parecchi testi ed è basata sull’analisi della
dinamica del fascio di elettroni (raggi catodici) che si muove dal catodo verso l’anodo
e del fascio di ioni che si muove in verso opposto.
In questa sede ci limitiamo a presentare:
i) la legge che consente di determinare la tensione di innesco della scarica
ii) la descrizione delle scariche luminose persistenti (scariche a bagliore) che
assumono diverse configurazioni (a bande oscure e/o colorate) in dipendenza del
livello di vuoto praticato nel tubo.
i) Tensione di innesco.
La differenza di potenziale Vb che causa la perdita di isolamento (detta tensione di
innesco) tra due elettrodi piani in un gas, in funzione della loro distanza d e della
pressione p del gas è data da:
Vb = Bpd /{ln(Apd) – ln[ln(1+1/γ)]}
82
(1)
dove A, B e γ sono coefficienti che dipendono soltanto dal tipo di gas presente nel
tubo ( in realtà γ dipende anche, se pur molto debolmente, dal materiale con cui sono
realizzati gli elettrodi).
In Tabella sono riportati i valori di questi coefficienti per alcuni gas ed in Fig. 1 sono
riportate le curve della tensione di innesco (note come curve di Paschen) in funzione
del prodotto (pd) nel caso dell’azoto e del neon.
Tabella dei coefficienti A,B,γ (con elettrodi in molibdeno)
Gas
A
(cm torr-1)
4.8
2.8
11.8
4.4
11.5
-1
Idrogeno
Elio
Azoto
Neon
Argon
B
γ
-1
-1
(V cm torr ) (adimensionale)
136
0.015
77
0.16
325
9.3 10-4
111
0.14
176
0.07
Tali curve mostrano l’esistenza di
una tensione di innesco minima
(Vb)min il cui valore è dato da:
2000
Azoto
Vb(V)
1500
(Vb)min = B (pd)min
1000
500
essendo:
Neon
0
-1
-0,5
0
0,5
(pd)min = (1/A) exp(1+α)
1
Log(pd)
dove
Fig. 1. Curve di Paschen per l’azoto ed il
neon ricavate dalla legge (1).
α = ln[ln(1+1/γ)]
Si noti che la tensione minima di innesco della scarica a bagliore nell’azoto,
per il tubo in dotazione (d = 100 cm) risulta :
Vb = 522 V
per una pressione p = 1.61 10-2 torr
mentre a pressione atmosferica (p = 760 torr) il campo elettrico d’innesco (Eb =
Vb/d) risulta essere 34 kV/cm (approssimativamente uguale al valore della rigidità
elettrica dell’aria).
83
Anodo
Catodo
ii) Scarica a bagliore.
A pressione atmosferica non si manifesta alcuna scarica, ma quando la pressione è
ridotta a 70-80 mm Hg il
tubo si illumina per tutta la
Generatore
+
lunghezza di luce violetta.
di tensione
Riducendo ulteriormente la
pressione sino a 1-2 mm Hg
760 mm Hg
la scarica nel gas assume una
configurazione
a
bande
luminose separate da zone
70- 80 mm Hg
oscure. Il catodo appare
ricoperto da una fascia
1 – 2 mm Hg
luminosa
vellutata
A
(indicata con il nome di strato
A D N
F
P
catodico) a cui segue una
˜ 10-1 mm Hg
regione di spazio oscuro D
(indicato con il nome di
A
D
N
F
P
spazio di Crookes). Subito dopo
˜ 10-3 mm Hg
lo spazio di Crookes si
osserva
una
macchia
luminosa N (indicata con il
nome di scarica a bagliore
negativa) seguita da un altro
Alla pompa a vuoto
spazio oscuro F (indicato con
il nome di spazio oscuro di Faraday ). La restante parte del tubo è riempita da una serie
di bande luminose P con intensità diverse (indicate con il nome di colonna positiva).
La lunghezza dello spazio oscuro di Crookes è indipendente dalla distanza tra catodo
ed anodo ma è funzione della pressione. Diminuendo progressivamente la pressione
residua del gas lo spazio oscuro di Crookes si allunga mentre la colonna positiva si
accorcia e perde di intensità. Approssimativamente ad una pressione di 10-3 mm Hg la
colonna positiva scompare e lo spazio di Crookes sembra riempire tutto il tubo; nello
stesso tempo la parete di vetro del tubo nella regione circostante l’anodo si illumina
di una intensa luce fluorescente verde.
84
Tubo per raggi catodici
Costruttore: Ignoto
Schermo di
Data di acquisto: Ignota
Anodo
allumina
(probabile prima del 1963)
Stato del dispositivo:
Probabilmente non funzionante
Catodo
per una perdita di vuoto
Collimatore
Descrizione del dispositivo:
Il tubo di vetro è suddiviso in
due sezioni. La prima sezione,
lunga circa 32 cm e di diametro
ridotto ( ≈ 25 mm), contiene il
catodo, l’anodo ed un cilindro metallico forato (diametro del foro ≈ 1 mm) che funge
da collimatore del fascio di raggi catodici (elettroni). La sexonda sezione lunga circa
21 cm e di diametro piu grande (≈ 100 mm) contiene uno schermo di allumina che
diventa fluorescente quando è colpito dal fascio di elettroni. La seconda sezione del
tubo è di diametro maggiore della prima per consentire la deflessione del fascio di
elettroni da parte di un campo magnetico esterno (ad esempio un magnete
permanente avvicinato al tubo subito dopo il collimatore.
85
Tubo per raggi catodici con croce di Malta
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignoto (probabile prima
del 1963)
Stato del dispositivo: Funzionante se si
dispone di una pompa ad alto vuoto e di un
generatore di tensioni elevate (ad esempio
un rocchetto di Rumhkorff ).
Descrizione del dispositivo:
Il tubo in vetro ad alto vuoto è montato su
una base di legno. Il catodo presenta una
Catodo
+
Alla pompa
a vuoto
a)
Catodo
+
superficie concava ed in prossimità
dell’anodo vi è una croce di Malta
Alla pompa
metallica e ribaltabile che può intercettare i
a vuoto
raggi catodici. Nella figura a lato [Figura
a)] è mostrato il funzionamento del tubo,
quando si applica una differenza di
potenziale di alcune migliaia di volt e la
croce di Malta non intercetta i raggi
b)
catodici. Si osserva una fluorescenza
diffusa sull’estremità del tubo posta di
fronte al catodo. Inserendo la croce sul cammino dei raggi catodici (Figura b)], questa
proietta un’ombra nitida sul vetro mostrando che i raggi catodici camminano in linea
retta. Quando i raggi hanno agito per alcuni secondi e la croce viene abbassata, l’area
che era occupata dall’ombra brilla maggiormente rispetto alla regione circostante
mostrando che la fluorescenza del vetro diminuisce con il tempo di esposizione ai
raggi catodici.
Mediante una calamità si può produrre la deviazione del cammino dei raggi catodici e
pertanto essi non possono essere dei fotoni. Inoltre dalla entità della deviazione è
possibile risalire alla natura dei raggi stessi. Infatti è relativamente facile dimostrare
che i raggi catodici sono costituiti da un fascio di elettroni (ed in minima parte di ioni
negativi che si formano per cattura elettronica in prossimità del catodo).
86
Triodo di potenza
Costruttore: Philips - Olanda
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del
1963)
Stato del componente: Incognito
Descrizione del componente:
La valvola esposta è un triodo di potenza,
probabilmente impiegato per azionare circuiti
elettromeccanici oppure nel campo delle
trasmissioni radio. Gli elementi essenziali del
triodo hanno una struttura cilindrica, come
mostrato nella figura a lato e nella sezione sotto
riportata. Il filamento (catodo) è semplicemente
un cappio posto in trazione da una molla ed è
riscaldato direttamente per effetto Joule
Alimentazione
dell’anodo
Molla di
tensionamento
del filamento
Anodo
Griglia
Filamento
(catodo)
mediante un generatore di
corrente alternata a bassa
Alimentazione
tensione. L’anodo è il cilindro della griglia
metallico centrale e la griglia,
coassiale all’anodo e costituita
da un filo conduttore avvolto a
spirale attorno a 4 barrette, risulta
Alimentazione
trasparente al flusso di elettroni
del filamento
proveniente dal filamento. La
griglia governa
la corrente
anodica in maniera molto più
efficace
dell’anodo:
infatti
piccole variazione di potenziale della griglia producono gli stessi incrementi della
corrente anodica per i quali sarebbero richieste ampie variazioni del potenziale
anodico.
Per comprendere meglio il principio di funzionamento di questo tipo di valvola
termoelettronica e le modalità di impiego nei circuiti nel seguito vengono richiamate
le principali caratteristiche del triodo.
87
La corrente anodica Ia (principale caratteristica del triodo), quando si è lontani dalla
zona di interdizione (potenziali di griglia molto negativi) e dalla zona di saturazione
(elevati potenziali anodici), ha un andamento lineare sia in funzione del potenziale di
griglia Vg sia in funzione del potenziale anodico Va:
Ia = S Vg + Va/ρ + Io
dove S [ S = (∂Ia/∂Vg) Va = cost] e ρ [ρ = (∂Va/∂Ia)Vg=cost] sono dei coefficienti che
prendono il nome di conduttanza mutua e di resistenza anodica ed Io è l’intensità
anodica quando Vg = Va = Vc (essendo Vc = 0 il potenziale del catodo).
Valori tipici di questi coefficienti sono:
S = 1÷ 5 10-3 Ω-1
ρ = 5000 ÷ 10000 Ω
Accanto a questi due coefficienti che permettono di descrivere completamente il
comportamento del triodo (nella zona lineare) si introduce anche un terzo coefficiente
μ, indicato normalmente come fattore di amplificazione:
μ = - ( ∂Va/∂Vg) Ia = cost = ρ S
Tale coefficiente che tipicamente assume valori compresi tra 10 e 50 rende conto
della capacità del triodo ad
amplificare segnali di tensione
Vu
applicati alla griglia.
Nella figura a lato è mostrato lo
schema di principio di un circuito di
R
amplificazione in cui un segnale
d’ingresso Vi , applicato alla griglia,
+
viene trasformato in un segnale in
uscita Vu , ai capi di una resistenza R,
Vi
G2
che risulta amplificato del fattore A
(A < μ):
Vu = A Vi = [μ R/(R+ρ)] Vi
G1
Il triodo, oltre che come amplificatore
di segnali, viene utilizzato come
+
amplificatore di potenza (quando il
circuito deve azionare dispositivi
elettromeccanici) e come generatore di oscillazioni persistenti. Nel primo caso si
rinuncia ad avere fattori di amplificazione elevati a vantaggio di una bassa resistenza
88
anodica che consente di ottenere elevate correnti anodiche, necessarie per azionare i
servomeccanismi.
Nel secondo caso il triodo
C
L
viene inserito in un circuito
risonante LC (si veda la figura
riportata a lato) con la funzione
di fornire al circuito oscillante
+ G1
l’energia in esso dissipata ad
+
ogni periodo.
Tali
circuiti,
utilizzati
G2
prevalentemente nel campo delle
trasmissioni radio e televisive,
costituiscono delle sorgenti di
onde elettromagnetiche in grado
di operare sino a frequenze di alcune centinaia di MHz.
Per ottenere frequenze elevate [ν = 1/T = (LC)-1/2/2π] è necessario alimentare il triodo
a potenziali anodici elevati (Va = 500 ÷ 1000 V) affinché il tempo di transito degli
elettroni dal catodo all’anodo sia piccolo rispetto al periodo T del circuito risonante.
89
Tubo catodico di oscilloscopio
Costruttore: Tektronix – U.S.A.
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato del dispositivo: Incognito
Descrizione del dispositivo:
Molto probabilmente il tubo è stato
tolto da un oscilloscopio non più
funzionante per mostrare agli studenti la configurazione e la disposizione dei vari elettrodi per la
produzione, focalizzazione e deflessione del fascio elettronico. Una vista della
sezione verticale del tubo catodico, corredata di alcune didascalie esplicative, è
mostrata nella figura sotto riportata.
Schermo
Elettrodi di
deflessione
Anodo (Va = 0)
Elettrodi di
focalizzazione
(Vg < Ve < Va)
Filamento
(catodo Vc = -Vo)
Griglia (Vg < Vo )
Macchia
prodotta da e-
Il cannone elettronico è costituito dai seguenti elementi:
- il catodo, riscaldato indirettamente da un filamento, emette elettroni per effetto
termoelettronico ed è posto ad un potenziale negativo (tipicamente | Vo | >
1000 V);
- la griglia di controllo (posta ad un potenziale leggermente negativo rispetto a
quello del catodo) mediante la quale si regola l’intensità del pennello di
elettroni e quindi la luminosità della macchia luminosa sullo schermo;
- l’anodo cilindrico suddiviso in due sezioni poste allo stesso potenziale (Va = 0)
della parete interna del tubo catodico. Due placche metalliche, fissate sulla
superficie interna del tubo di vetro e poste allo stesso potenziale dell’anodo,
raccolgono la maggior parte degli elettroni dispersi (la loro posizione è
90
evideniata da due vistose macchie annerite prodottesi sul vetro in seguito
all’uso prolungato dell’oscilloscopio);
- una coppia di elettrodi cilindrici, interposta tra le due sezioni dell’anodo, che
funge da lente elettrostatica per focalizzare il pennello di elettroni. Tali
elettrodi operano a potenziali intermedi tra quello catodico e quello anodico.
Il fascio di elettroni attraversa una regione opportunamente schermata dai campi
elettrostatici prodotti dagli elettroni depositati sul tubo di vetro e viene deflesso dagli
elettrodi a facce verticali (base dei tempi) e dagli elettrodi a facce orizzontali (segnale
elettrico in esame).
Il tempo di transito τ tra gli elettrodi di deflessione (parametro fondamentale per una
rappresentaszione fedele della forma d’onda del segnale in esame) è dato da:
τ = L/(2eVo/m)1/2
essendo L la lunghezza dell’elettrodo nella direzione di propagazione del fascio di
elettroni, Vo il potenziale catodico ed e/m il rapporto carica/massa dell’elettrone.
La sensibilità σ dell’oscilloscopio è data da:
σ = ys/Vd = LD/(2Vod) ÷ τ α D/(2d)
dove le varie quantità sono:
- ys quota della macchia luminosa sullo schermo (rispetto all’asse);
- Vd ampiezza del segnale elettrico in esame;
- L lunghezza degli elettrodi di deflessione verticale;
- D distanza dello schermo dal centro degli elettrodi deflettori;
- d distanza tra le armature degli elettrodi deflettori;
- τ tempo di transito;
α apertura angolare del fascio di elettroni all’uscita dall’anodo
[α = 2 arctang(kT/eVo)1/2].
91
Spettrometro per raggi X (spettrometro Röntgen)
Costruttore: Miller - Austria
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato dello strumento: Incognito
Descrizione dello strumento:
Di tale strumento, indicato da una
targhetta del costruttore come
“Röntgen Specktrometer” , non esiste
alcun libretto con la descrizione del
principio di funzionamento e delle
modalità di impiego. Alcuni tentativi
di aprire lo strumento non hanno avuto successo per timore di danneggiare lo
strumento stesso ed una ricerca bibliografica non ha avuto maggior successo. Il fatto
che lo strumento non presenti alcun cavo di alimentazione porta ad escludere la
presenza di qualsiasi camera di ionizzazione o tubo di Geiger e porta a ritenere che la
rivelazione dei raggi X avvenga eventualmente mediante la loro diffrazione su
cristalli e la registrazione su carta fotografica.
92
Elettrometro capillare di Lippmann
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato dello strumento:
Funzionante
Descrizione dello strumento:
Si tratta di uno strumento il cui
funzionamento
è
basato
sull’elettrocapillarità, fenomeno
per cui una variazione di
potenziale applicata a due liquidi
non miscibili posti a contatto,
determina una variazione della
tensione
superficiale
alla
superficie di contatto tra i liquidi
stessi. Nello strumento tale
variazione
della
tensione
superficiale provoca fenomeni di
capillarità
misurabili,
che
consentono quindi di determinare come varia la tensione
superficiale in funzione della
differenza di potenziale ap-
plicata.
L’apparato è costituito da due tubi (uno contenente mercurio e l’altro una soluzione
di H2SO4) connessi da un capillare in cui i due
liquidi si interfacciano (si veda schema a lato).
Due elettrodi, collegati ad un generatore di
tensione variabile, sono posti in contatto con i
due liquidi. Un microscopio consente di leggere
H2O +
H2SO4
il livello z dell’interfaccia tra i due liquidi.
z
La variazione della tensione superficiale in
funzione della tensione applicata è misurata
Hg
dallo spostamento del punto di interfaccia nel
tubo capillare: la legge di Borelli-Jurin
determina
infatti
una
relazione
di
+
proporzionalità diretta tra altezza z di un liquido
in un capillare e la tensione superficiale τ (z =
2τ cosφ/δgr essendo δ la densità del liquido, g l’accelerazione di gravità, r il raggio
del capillare e φ l’angolo di contatto tra il liquido e la parete). Variando la differenza
di potenziale ΔV tra gli elettrodi si osserva che la tensione superficiale dapprima
cresce passando per un massimo (per ΔV ≈ 1 V) ed in seguito decresce. Tale
93
andamento si spiega qualitativamente nel modo seguente: quando la superficie del
mercurio porta cariche dello stesso segno la repulsione elettrostatica agisce nel senso
opposto alla tensione superficiale, che tende a ridurre la superficie. La tensione
superficiale apparente è quindi diminuita e passa per un massimo quando la d.d.p.
mercurio-soluzione si annulla prima di invertirsi.
Sulla base di queste osservazioni Lippmann ha costruito l’ elettrometro capillare
sopra descritto. Il dispositivo si presta come strumento di zero in quanto consente di
constatare, con una precisione del decimillesimo di volt, l’uguaglianza di due f.e.m.
opposte nel circuito dello strumento. Per polarizzare il menisco occorre, d’altronde,
una quantità di elettricità relativamente grande e ciò limita talvolta il suo impiego.
94
Cella al Selenio
Costruttore: Dr. Lange – Germania
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del
1963)
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente:
E’ una cella fotovoltaica ottenuta con un
deposito superficiale di Selenio su una base
metallica. La cella genera una f.e.m. ai capi
della giunzione quando questa viene investita
da un fascio di luce. Tale fenomeno era stato
osservato da Edmond Becquerel durante
alcuni esperimenti con celle elettrolitiche costituite da due elttrodi identici di platino,
uno illuminato e l’altro al buio. La fotoconducibilità del Selenio è stata scoperta da
Willoughby Smith nel 1873 e nel 1876 due scienziati inglesi (Adams e Day) trovano
che il Selenio è in grado di convertire la luce del sole direttamente in elettricità. La
cella al Selenio che ha un rendimento molto basso (circa 1%) nella conversione
dell’energia luminosa in energia elettrica, è stata sostituita in campo applicativo dalle
celle fotovoltaiche basate sul Silicio. Ciononostante le giunzioni al selenio e suoi
ossidi metallici vengono utilizzati ancora oggi per la produzione di luxmetri.
95
Generatore a termocoppie
Costruttore: Kipp – Delft - Olanda
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato del componente: Non funzionante
poiché il circuito di alimentazione in
corrente alternata è interrotto.
G
G
Descrizione del componente:
E’ un generatore di f.e.m. continua basato
sull’effetto
Seebcck.
Tale
effetto
termoelettrico, scoperto da Seebeck nel
1821, consiste nella generazione di una differenza di potenziale ai capi di una barra
conduttrice quando tra le due estremità viene mantenuta una differenza di
temperatura. Egli osservò anche che l’ago di una bussola subiva una deflessione in
prossimità di un anello costituito da due metalli differenti con le due zone di
giunzione poste a differenti temperature. Ciò è dovuto al fatto che i due metalli
generano potenziali elettrici differenti nelle due regioni a differente temperatura
dando origine ad un flusso di corrente, il quale produce il campo magnetico che
agisce sull’ago magnetico. Nella Figura a lato è mostrato lo
T2
schema elettrico del circuito. La tensione risultante è data da:
T2
B
ΔV = ∫ [SB(T) – SA(T) ] dT
+
T1
dove SA ed SB sono i coefficienti di Seebeck (o potere
A
termoelettrico) relativi ai due metalli A e B, T1 e T2 sono le
ΔV
temperature delle due giunzioni.
I coefficienti di Seebeck sono non lineari e dipendono dai
B
materiali, dalla loro temperatura assoluta e dalla loro
struttura molecolare. L’effetto Seebeck può essere sfruttato
per misurare differenze di temperatura attraverso la
T1
differenza di potenziale generata in un circuito costituito da
fili di materiale diverso (termocoppia).
Il valore della differenza di potenziale generata per effetto Seebeck è dell’ordine di
alcuni μV per una differenza di temperatura di 1 K.
L’effetto, oltre che per la misura di
ΔV1
ΔV2
ΔV3
differenze di temperatura,
è
sfruttato
nei
generatori T2 Î
termoelettrici, ponendo in serie
A
B
A
B
A
B
A
parecchie
giunzioni
(come
illustrato nella figura a lato).
Questi generatori hanno una
efficienza abbastanza bassa, con- T1 Î
vertono circa il 7% della potenza
96
termica in potenza elettrica. L’elevato costo delle materie prime necessarie per
realizzare i generatori termoelettrici rende questa appli-cazione conveniente solo in
contesti particolari come le applicazioni spaziali (in questo caso la potenza termica è
fornita da una sorgente radioattiva).
Il dispositivo esposto
in questa sezione e
mostrato in una vista
esplosa nella figura a
Giunzioni a T2
lato è costituito da
Alimentazione
Base isolante
in c.a.
un supporto isolante
Massa termica a T1
in bachelite con 4
morsetti ai vertici
(due morsetti per
alimentare in corrente alternata la resistenza che riscalda
G
G
le giunzioni e due
morsetti per prelevare la tensione
generata per effetto
Seebeck.
Le giunzioni sono
32 e sono disposte su
una base isolante.
Quelle a temperatura più elevata sono
riscaldate da un
filamento alimentato in c.a., mentre le giunzioni a temperatura più bassa sono in
contatto termico con un cilindro di ottone che funge da termostato. Il dispositivo non
è funzionante poiché il circuito di alimentazione del filamento è interrotto
(probabilmente si è fusa la saldatura tra gli adduttori di corrente ed il filamento).
97
Camera di Wilson
Costruttore: Ignoto per l’apparato a) –
Probabilmente
l’Officina
meccanica
dell’Istituto di Via Saldini per l’apparato b).
Data di acquisto e/o costruzione:
Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dei dispositivi: Funzionante il
modello a) – Non funzionante il modello b).
Descrizione dei modelli:
Modelli di camera di Wilson (o camera a
nebbia), rivelatore di particelle basato sulla
visualizzazione della traccia lasciata dal
a)
passaggio di una particella ionizzante in un
vapore sovrassaturo.
Tale camera fu ideata nel 1911 dal fisico britannico Charles T.R. Wilson (premio
Nobel nel 1927). Con la camera a nebbia furono condotte ricerche fondamentali sui
raggi cosmici (1931), venne fornita la prima evidenza sperimentale dell’esistenza del
positrone (1933) e fu scoperto il pione (1947).
Il modello a) é costituito da un contenitore in cui è presente un vapore saturo (vapore
d’acqua) che mediante una rapida espansione (ottenuta facendo scorrere il pistone
mediante la manovella) si raffredda divenendo soprassaturo. Il passaggio di una
particella elettricamente carica produce una ionizzazione delle particelle di vapore
favorendone la condensa sotto forma
di piccole gocce d’acqua. La traccia
così
creata,
opportunamente
illuminata dalla lampada retrostante,
rende visibile la traiettoria della
particella ionizzante. Nelle camere a
nebbia impiegate nella ricerca
l’espansione viene comandata dai un
sistema di rivelatori a scintillazione
posti al di sopra della camera e la
traccia viene fotografata consentendo il riconoscimento delle
particelle rilevate in base alla
densità delle goccioline che sono
b)
state prodotte lungo la traccia.
Per ottenere maggiori informazioni sulla natura della particella ionizzante la camera
a nebbia viene spesso dotata di assorbitori [come nel caso del modello b)] che
consentono di variare l’energia ed il potere ionizzante della particella ed in alcuni casi
essa viene dotata di un elettromagnete in grado di produrre un campo magnetico
intenso per cui dalla curvatura della traccia si risale al segno della carica elettrica ed
alla quantità di moto della particella.
98
Misuratore della ionizzazione totale delle particelle α in aria.
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione del dispositivo:
Questo dispositivo, che in una
catalogazione precedente era stato
indicato come “Sorgente di particelle α”,
non contiene attualmente alcuna sorgente
radioattiva (come è risultato da una
analisi con rivelatori di α). Da una
analisi della struttura interna risulta
essere, molto probabilmente, uno
strumento per la misura della ionizzazione totale delle particelle α in aria.
Una vista dello spaccato esploso del dispositivo (Fig. 1), mostra alcuni componenti
caratteristici che inducono ad attribuire ad esso la funzione sopra citata. La camera
metallica su una base isolante contiene un supporto (molto aperto) per la sorgente α,
circondato da un anello che può essere polarizzato allo scopo di raccogliere gli
elettroni prodotti
dal passaggio delElettrodo polarizzato
le particelle α.
Tappo
Mediante
lo
isolante
schermo retrattile
è possibile isolare
Supporto
Schermo
sorgente
la sorgente dalretrattile
l’anello di raccolta; in questo caso
lo schermo e la
camera fungono
Anello di
raccolta
da
pozzo
di
Faraday, il che
consente la misuSupporto isolante
ra della carica raccolta in un intervallo di tempo
Fig. 1 Vista della sezione esplosa dello strumento
prefissato e quindi
una misura della
attività della sorgente α.
In assenza dello schermo la misura della carica elettrica (flusso degli e prodotti
dalle collisioni delle particelle α con le molecole dell’aria) raccolta dall’anello
(polarizzato con una tensione positiva), assieme al dato relativo alla attività della
99
sorgente, consente di determinare la ionizzazione totale [intesa come numero di
coppie di ione-elettrone prodotte da una particelle α lungo il cammino da essa
percorso prima di arrestarsi (“range”)] .
Non essendoci guarnizioni di tenuta si deve ritenere che lo strumento venisse
impiegato per misure in aria a pressione atmosferica. Date le dimensioni del
dispositivo è probabile che le particelle α della sorgente impiegata dovessero avere
un “range” inferiore ai 5 cm (ad esempio il Polonio 206, che emette particelle α di
energia Eα = 5.298 MeV ed il cui range in aria è di circa 3.8 cm, può essere stata la
sorgente impiegata in questo dispositivo).
100
Armadio A (retro dell’aula C)
Sonometro
con archetto
Microfono
elettrostatico
Pila a bicchieri
di Volta
Barometro
di Fortin
Tubo per la scarica
nei gas rarefatti
Pompa di
Geissler
101
Pila a bicchieri di Volta
Costruttore: Officina meccanica del LASA
Data di costruzione: 1990
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione dello strumento: Esemplare costruito per scopi didattici del Laboratorio
di Fisica II e costituito da 20 bicchieri in vetro in ciascuno dei quali sono inseriti due
elettrodi (uno di rame ed uno di zinco) connessi in serie.
Con una soluzione di NaCl (peso molecolare 58.44 g) la pila presenta una f.e.m di
circa 1.2 V. Per la misura della f.e.m. della pila, onde evitare il processo di
polarizzazione degli elettrodi ed il conseguente errore, è necessario ricorrere ad un
metodo che non richieda il passaggio di corrente nel circuito di misura.(ad esempio il
metodo elettrometrico oppure il metodo di opposizione di Poggendorf).
La resistenza interna dipende ovviamente dalla concentrazione della soluzione e dal
livello della soluzione all’interno dei singoli bicchieri. Per la sua misura si ricorre al
metodo del ponte di Kohlrausch (corrente alternata con frequenza compresa tra 3000
e 4000 Hz dove è massima la sensibilità dell’orecchio umano).
102
Sonometro
Costruttore: Officine Galileo – Firenze (da verificare)
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante dopo aver riparato l’archetto, aver installato una
nuova corda armonica e costruito un nuovo cavalletto.
Descrizione dello strumento:
Cassa armonica in legno di grandi dimensioni sulla quale può essere montata una
corda di acciaio armonico tesa mediante un peso che scorre in una carrucola. Il peso
può essere cambiato per variare così la tensione della corda stessa. La corda armonica
originaria, resasi inutilizzabile, è stata sostituita con una corda di violoncello. Sulla
faccia superiore (si veda figura sotto riportata) ci sono tre inserti (apparentemente in
avorio) che riportano la scala metrica (al centro), la scala naturale e la scala
Scala temperata
Do Si
La
Si La
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Scala naturale
1/81/7 1/6 1/5
1/4
1/3
Do
55
DoSi
La Sol
60
Si
Dob
Sol
La#
70
Sol
Lab
Sol#
Mi
Sol Fa
65
La
Sib
Fa
Solb
Fa#
Re
Mi Re
75
80
Fa
Mi
Fab
Mi#
85
Do
Re Do
90
95
Re
Mib
Re#
Do
Reb
Do#
temperata (ai due lati). Un cavalletto in legno (andato perso e ricostruito) permette di
sezionare la corda in due segmenti noti. Lo strumento è corredato da un archetto di
violino (riparato).
103
Con questo strumento si possono effettuare alcuni esperimenti di acustica sulle onde
stazionarie e verificare le relazioni che intercorrono tra frequenza, lunghezza d’onda
e lunghezza della corda.
Indicata con T la tensione alla quale è soggetta la corda e con k la densità lineare
della corda valgono le seguenti relazioni:
v = (T/k)1/2
νn = nv/2L
essendo v la velocità con cui si propaga una perturbazione lungo la corda, νn la
frequenza dell’ennesima armonica per una corda di lunghezza L fissata agli estremi.
Agendo sulla tensione si riesce ad ottenere dalla corda, messa in vibrazione
dall’archetto di violino, un suono di altezza musicale conosciuta. Per mezzo del
cavalletto si seziona la corda in due frazioni: il rapporto tra le due lunghezze è uguale
all’inverso del rapporto musicale tra i due suoni. Utilizzando la corda tesa dal peso si
può mostrare la dipendenza fra frequenza del suono e tensione. Tendendo la corda in
modo opportuno si possono ottenere onde stazionarie e si possono mettere in
evidenza i nodi ed i ventri di oscillazione utilizzando leggerissimi cavalieri di carta
che verranno lanciati via in corrispondenza dei ventri mentre rimarranno al loro posto
nei nodi.
104
Pompa di Geissler
Costruttore: Officina meccanica del
Dipartimento e Colaver
Data di costruzione : 2009
Stato del dispositivo: Funzionante
Descrizione del dispositivo:
E’ un dispositivo che riproduce in sostanza
la pompa da vuoto inventata nel 1855 da
Heinrich Geissler, un abile soffiatore di
vetro di Bonn. Il dispositivo è costituito
essenzialmente da due bulbi sferici di ugual
diametro (uno fisso ed uno mobile
connessi da un tubo flessibile trasparente)
riempiti in parte con mercurio. Il bulbo
fisso (di volume Vb ≈ 0.5 litri) può essere
connesso sia all’impianto a vuoto attraverso
una valvola a tenuta sia all’ambiente
esterno attraverso una seconda valvola a
tenuta; il bulbo mobile o serbatoio è
costantemente in comunicazione con
l’ambiente esterno e può essere spostato
mediante un semplice sistema di carrucole
da ≈ +20 cm a ≈ - 80 cm rispetto alla quota
del bulbo fisso. Il dispositivo è corredato
anche con un manometro differenziale
inserito dopo la valvola di separazione tra
la pompa e l’impianto da evacuare e con
una doppia scala millimetrica che consente
di misurare il dislivello tra le superficie
libere del mercurio nei due rami.
Il principio di funzionamento della pompa è schematicamente illustrato nella figura di
pagina seguente. La camera da evacuare C è inizialmente isolata dalla pompa a vuoto
(la valvola V2 è chiusa), il bulbo fisso B è in comunicazione con l’ambiente esterno
(la valvola V1 è aperta), il serbatoio S si trova ad una quota inferiore rispetto al bulbo
B in maniera che in quest’ultimo sia in aria (la differenza di quota è circa uguale al
diametro dei due bulbi) [fase a) nella Figura].
Nella fase b) il serbatoio viene innalzato in maniera da far uscire attraverso la valvola
V1 aperta l’aria presente nel bulbo B. Chiusa la valvola V1 [fase c)] si fa discendere il
serbatoio S di circa 76 cm in maniera che la pressione dei gas residui nel bulbo S si
riduca ad un frazione (v/Vb) della pressione atmosferica, essendo v il volume morto
compreso tra le due valvole V1 e V2 che non è possibile evacuare (tipicamente v è
dell’ordine di qualche decina di mm3).
105
V1 aperta
V1 aperta
V1 chiusa
V1 chiusa
V2 chiusa
V2 chiusa
V2 chiusa
V2 aperta
V2
C
V2
V1
C
V2
V1
C
V2
V1
C
V1
S
M
M
M
B
M
B
B
B
S
S
760 mm
S
a)
b)
c)
d)
Nella fase d) si apre la valvola V2 in maniera graduale e nello stesso tempo si fa
risalire il serbatoio S man mano che la pressione nel bulbo B aumenta. Questa
operazione deve essere condotta con cautela per evitare che l’improvviso incremento
di pressione nel bulbo B faccia traboccare il mercurio dal serbatoio S. Una volta
raggiunta la situazione illustrata nella Figura si chiude la valvola V2 e si innalza il
serbatoio S sino a quando non raggiunge lo stesso livello nei due rami. A questo
punto si può aprire la valvola V1 ed evacuare il bulbo B ripetendo la sequenza delle
operazioni sopra descritte.
L’evacuazione della camera C richiede un numero elevato di cicli in quanto
l’efficienza del processo decresce man mano che la pressione residua nella pompa si
riduce. In linea di principio (in assenza cioè di perdite nell’impianto) la pressione
limite che può essere ottenuta con questa pompa è rappresentata dalla tensione di
vapore del mercurio ( 10-3 torr a t = 18 C).
106
Barometro di Fortin
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Al momento del suo recupero era completamente privo del mercurio.
Descrizione dello strumento: Il barometro di Fortin, che rappresenta
la forma più evoluta del barometro a mercurio, consente di effettuare
mediante opportuni accorgimenti la
misura della pressione atmosferica
con precisioni molto elevate
(tipicamente l’errore percentuale è
Nella
contenuto entro ± 10-4).
Nonio
Figura a lato sono stati messi in
evidenza
i
componenti
più
significativi. Esso, come nel caso del
Vite con
barometro di Torricelli, è costituito
cremagliera
da un tubo di vetro (lungo circa 0.9
per il nonio
m) chiuso all’estremità superiore e
parzialmente riempito di mercurio.
L’estremità inferiore del tubo
termina su una vaschetta contenente
Custodia
mercurio ed il cui fondo è realizzato
in acciaio
in
materiale
deformabile
ed
impermeabile al mercurio (in genere
cuoio o pelle di daino).
Termometro
La capacità della vaschetta può
essere modificata per mezzo di una
vite in modo da riportare il pelo
Punta a
libero del mercurio nella vaschetta
cono
in corrispondenza dello zero della
scala, qualunque sia il valore della
Sacca di Hg
pressione atmosferica. Per facilitare e rendere più
deformabile
precisa questa operazione, la superficie libera del
mercurio nella vaschetta viene innalzata sino a
sfiorare la punta di un piccolo cono che il
Vite di
costruttore del barometro ha regolato in modo che il
regolazione
suo vertice coincida con lo zero della scala incisa
sulla custodia.
La custodia in acciaio, oltre ad avere una funzione protettiva, consente di vedere,
lungo una feritoia verticale, la colonna di mercurio e di misurarne l’altezza mediante
un nonio ventesimale che scorre lungo le scale incise sui due lati della custodia. (sul
lato sinistro la scala della pressione è espressa in torr mentre sul lato destro la scala
della pressione è espressa in millibar). Mediante una cremagliera il nonio viene
107
posizionato lungo la scala in modo che l’estremità inferiore (coincidente con lo zero
del nonio) sia tangente al menisco della colonna di mercurio.
Per confrontare le misure di pressione provenienti da più luoghi è necessario
normalizzare l’altezza h letta sul barometro riferendola alla accelerazione di gravità
standard (go = 9.80665 m/s2) ed alla temperatura t = 0 C. A questo scopo è
necessario effettuare delle correzioni che tengano conto della latitudine e della quota
sul livello del mare, delle variazioni di densità del mercurio con la temperatura, della
dilatazione della scala millimetrica sulla custodia ed infine della depressione
capillare. L’altezza hn normalizzata e corretta risulta pertanto data da:
hn = h εg εd εl + Δhd
dove:
εg = g/go = 1 – 2.644 10-3 cos 2φ – 3.15 10-7 a
è il fattore correttivo che tiene conto della variazione dell’accelerazione di gravità
con la latitudine φ e con l’altitudine a (espressa in metri);
εd = 1 – γt
è il fattore correttivo che tiene conto della dilatazione termica del mercurio (γ = 1.8
10-4 C-1);
εl = 1 + λt
è il fattore di normalizzazione che tiene conto della dilatazione termica della custodia
(λ = 1.8 10-5 C-1 per l’ottone).
Il fattore correttivo Δhd dovuto alla depressione capillare dipende dal diametro del
tubo e dall’altezza del menisco. In Tabella sono riportati i fattori correttivi per valori
del diametro D compresi tra 7 e 13 mm e per un altezza del menisco che varia da 0.2
ed 1.6 mm.
D(mm)
7.0
8.0
9.0
10.0
11.0
12.0
13.0
0.2
0.17
0.13
0.10
0.08
0.06
0.04
0.03
Tabella
Altezza del menisco (mm)
0.4 0.6 0.8 1.0 1.2
0.34 0.49 0.62 0.74 0.85
0.27 0.39 0.49 0.59 0.68
0.21 0.30 0.38 0.46 0.54
0.16 0.23 0.30 0.36 0.42
0.11 0.17 0.22 0.27 0.32
0.08 0.12 0.15 0.19 0.23
0.06 0.09 0.11 0.14 0.17
108
1.4
0.96
0.76
0.60
0.47
037
0.27
0.20
1.6
1.04
0.82
0.65
0.52
0.41
0.31
0.22
Tubo per la scarica a corona
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato dello strumento:
Funzionante.
Catodo
Descrizione dello strumento:
E’ un tubo di Crookes (o tubo di
Geissler) di forma sferica nel quale,
Alla pompa
a vuoto
anziché elettrodi piani, è presente
un elettrodo a punta (catodo) che
consente di ottenere una scarica
Anodo
cosiddetta a corona. La scarica è
confinata in un volume limitato
(volume attivo) intorno alla punta,
dove il campo elettrico locale (per
il noto effetto punta) viene a superare il campo elettrico d’innesco** (Eloc > Eb =
Vb/R essendo R il raggio del volume attivo). La scarica non coinvolge tutto il
volume del tubo ed assume l’aspetto di un fulmine che ha origine dall’elettrodo a
punta.
____________
** Per le caratteristiche della tensione d’innesco Vb della scarica si veda il tubo di
Crookes a pag. 80.
109
Microfono elettrostatico sferico
Costruttore:
Allocchio-Bacchini & C
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato dello strumento:
Funzionante.
Descrizione dello strumento:
Il microfono di forma sferica è
realizzato interamente in metallo
e presenta una griglia a maglie
larghe nella calotta superiore. Il microfono viene innestato su un’asta che funge da
supporto e da connessione elettrica per l’alimentazione del condensatore posto
all’interno della testa sferica. Le armature del condensatore sono realizzate mediante
due sottili lamine metalliche, delle quali una è fissa mentre l’altra funge da membrana
vibrante. Le onde sonore mettono in vibrazione la membrana facendo variare la
distanza tra le due lamine, da cui dipende la capacità elettrica del condensatore: tali
variazioni vengono usate per produrre un segnale elettrico, che opportunamente
amplificato viene inviato ad un altoparlante o ad un trasmettitore.
La scatola contiene anche due componenti, di cui si ignora la funzione, e due chiavi
speciali per svitare (o avvitare) componenti del microfono.
L’ottimo stato di conservazione di tutti i componenti induce a ritenere che questo
sistema non sia mai stato impiegato per qualche esperienza di laboratorio o per
dimostrazioni in aula. Si è portasti quindi a ritenere che esso non sia stato acquistato
dall’ Istituto di Fisica ma sia stato piuttosto un dono da parte della ditta AllocchioBacchini, fornitore di molta strumentazione elettrica utilizzata nei laboratori di Fisica.
110
Armadio B (retro dell’aula B)
“AMPLIVOX”
(R / MICROONDE)
ALIMENTATORE- MODULATORE
(T / MICROONDE)
USCITE
Alta Imped.
REPULSORE
VOLUME
KLYSTRON
0.01 – 1
μicron
Hg
Altoparlante
TONO
Bassa Imped.
(5 Ω)
1 – 1000
μicron
Hg
μicron
Hg
ENTRATE
0
4
6
12 V
(2 AMP)
IO
N.
0 I II III
Taratura
1.5 A
3A
7.5 A
0
+
30
5.0
2.0
2.5
1.0
1.0
0.5
.001
7
3.0.5
0
.002
.002
.005
.01
.02
.02
.05
.1
.2
.2
.5
1.5
0
150
300
0
600 V
60
Si
360 V
No
0
1
3
2
5
4
6
7
8
1
5
1
300
5
300
A
10
0 5
20
10
30
40
15
20
VOLT
5
50
25
0
10
15
20
AMP
20
0
5
1
0
V
0
2
5
10
10
1 0 1 2
3
.4 .6 .8
50
1.5
0
30 40
3
3
3
20
0
μA
A
6
30
300 6
=V
6 ˜V
30
5
1.5
10
15
60
80
0
10
V
.5 1
A
40
0
200 250
150
100 125
30
75
100
1500
VOLT
0 50
μA
20
25
30
.3
A= .03
A˜ .03
.3
300 6 1.5
+
0
10
1
20
2
5
3
AMP
10
20
25
VOLT
2.
2.
5
0
25
1
2
0
VOLT
AMP
150
0
25
50
75
100
125
0
5
1
2
111
3
4
AMP
5
VOLT
4
2
1
5
0
1
3
4
2
Strumentazione elettrica
Costruttore: Istrumenti di
misura – CGS - Milano
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del 1963)
Stato degli strumenti:
Funzionanti
Descrizione degli strumenti:
Sono quattro strumenti di
dimensioni molto grandi
(diametro del quadrante: 340
mm) e quindi adatti per
dimostrazioni in aula.
Due strumenti sono voltmetri
per la misura di basse tensioni
in c.c. (-2.5 V< Vm< +2.5 V
– scala lineare) e di tensioni
in c.a. (0 < Vm < 5 V - scala
quadratica).
Gli altri due strumenti sono
amperometri per la misura di
intensità di correnti continue
(-25 A < Im < +25 A) e di intensità di correnti alternate (0 < Im < 5 A).
0
1
3
1
1
0
VOLT
5
5
2.
VOLT
2.
5
4
2
2
2
0
20
25
0
15
50
75
100
125
1
AMP
5
25
VOLT
0
4
2
20
AMP
25
3
10
0
10
Costruttore: Ditta AEG
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Voltmetro di grande
dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la
misura di tensioni in c.c. (portata 150 V - scala lineare).
Costruttore: Ditta Sifan
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Amperometro di grande
dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la
misura di intensità di correnti continue (portata 5 A - scala
lineare).
112
AMP
0
5
1
2
3
4
0
1
2
3
4
5
6
Costruttore: Soc. An. Balzarini - Italia
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Amperometro di grande
dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la
misura di intensità di correnti alternate (portata 8 A –
scala quadratica).
7
8
A
20
40
60
0
0
10
μA
V
0
5
10
15
80
20
25
30
Costruttore: CGS- Milano
Data di acquisto: Ignota (probabile prima
del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento:
Microamperometro di grande dimensione
(diametro del quadrante: 200 mm) per la
misura di intensità di corrente continua
(portata 100 μA – scala lineare).
Costruttore: Officine Galileo - Firenze
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Voltmetro di media
dimensione (dimensione del quadrante: ≈150 x150 mm2)
dotato di specchio per evitare l’errore di parallasse tra
l’indice e la scala. Portata : 0-30 V – scala lineare.
113
Costruttore: SGS Milano
Data di acquisto:
Ignota (probabile
prima del 1963)
Stato degli strumenti: Funzionanti
Descrizione degli
strumenti:
I primi due strumenti sono voltmetri con la possibilità di variare la portata (sul
quadrante sono riportate due scale: 0-300 V e 0-150 V nel primo strumento 0-50 V e
0-25 V nel secondo strumento). Il terzo strumento è un amperometro con una portata
di 20 A.
1
100
0 50
5
200 25
100 1250 30
15 0
VOLT
0
150
75
20
1
300
30 40
300
30
40
15 20
VOLT
V
AMP
0
5
1
0
10
5
5
250
.4 .6 .8
50
0
20
10
10
0 5
5
0
10
μA
A
5
10
15
20
Costruttore: Allocchio –
Bacchini & C - Milano
Data di acquisto: Ignota
(probabile prima del
1963)
.5 1
A
5
1.
0
Stato degli strumenti: Funzionanti
Descrizione degli strumenti: Strumenti impiegati in laboratorio: Voltmetro con
portata 0-50 V (scala quadratica) – Amperometro con portata 0-1 A (scala
quadratica) – Microamperometro con zero centrale (-10 mA – 0 - +10 mA) dotato di
specchio per evitare errori di parallasse (probabile strumento di zero impiegato per il
bilanciamento del ponte di Wheatstone).
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Amperometro da laboratorio
con una portata 0 – 1.5 A con scala lineare.
114
1.5 A
3A
+
5.0
2.0
2.5
1.0
0
7.5 A
0.5
1.0
0
1.5
0
1
0 1
2
3
3
3
3
2
6
6
30
300 6
=V
˜V
30
1.5
Costruttore: Precision Italiana –
Milano
Data di acquisto: 1966
Stato dello strumento:
Funzionante
Descrizione dello strumento:
Amperometro di precisione con tre
portate (1.5 A – 3.0 A – 7.5 A)
racchiuso in una elegante cassetta di
legno.
7
3.0 .5
Costruttore: Ditta A.S. - Germania
Data di acquisto: Ignota
Stato dello strumento: Funzionante
Descrizione dello strumento: Tester per
misure di tensioni ed intensità di corrente sia
in continua che in alternata con le seguenti
portate:
Tensioni (c.c. – a.c.) : 3 - 6 – 30 – 300 V
Intensità di corrente (c.c. – c.a): 0.03 – 0.3 –
1.5 – 6.0 A .
.3
A= .03
A˜ .03
.3
300 6 1.5
+
Costruttore:
Allocchio Bacchini & C –
Milano
Data di acquisto: Ignota
Stato del componente:
Funzionante
Descrizione del componente: Cassetta di resistenze
di precisione (realizzate con
manganina) che possono essere poste in serie mediante chiavette metalliche per
ottenere resistenze variabili da 1 mΩ a 1.11 Ω con un passo di 1 mΩ.
.001
.002
.002
.005
.01
.02
.02
.05
.1
.2
.2
.5
115
Costruttore: Allocchio Bacchini & C
Milano
Data di acquisto: Ignota
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente: Cassetta
di resistenze di precisione il cui valore
può essere variato con passo 0.1 Ω da
0.1 Ω a 11111 Ω.
Costruttore: Allocchio Bacchini & C – Milano
Data di acquisto: Ignota
Stato del componente: Funzionante
Descrizione del componente: Cassetta di
resistenze il cui valore può essere variato
mediante inserzione di chiavette metalliche.
150
300
600 V
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota
Stato del componente: Funzionante
Descrizione dello strumento: Resistenze da 1000 e
2000 Ω da impiegare in un circuito di misura delle
intensità di corrente (amperometro o galvanometro).
Costruttore: Elettromeccanica Lombarda
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato del componente: Scadente
Descrizione del componente:
Reostato a cassetta
la cui resistenza può essere
variata da 0 a 101.5 Ω con passo costante di circa 5 Ω.
116
Temporizzatore
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota
Stato del strumento: Non funzionante
Descrizione dello strumento: Temporizzatore,
probabilmente regolato sulla frequenza della rete
elettrica
30
0
60
Si
360 V
No
Trasmettitore e ricevitore a microonde
ALIMENTATORE- MODULATORE
(T / MICROONDE)
“AMPLIVOX”
(R / MICROONDE)
USCITE
Alta Imped.
KLYSTRON
REPULSORE
VOLUME
TONO
Altoparlante
Bassa Imped.
(5 Ω)
ENTRATE
0
4
6
12 V
(2 AMP)
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)
Stato della strumentazione: Ignota
Descrizione della strumentazione: Trasmettitore e ricevitore di segnali a
microonde.
117
Campana pneumatica
Costruttore: Ignoto
Data di acquisto: Ignota (probabile
prima del 1963
Stato dell’apparato: Ricostruita la
campana di vetro.
Descrizione dell’apparato: Campana
pneumatica in vetro (diametro interno
di circa 320 mm e spessore delle
pareti di 5 mm per sostenere la
pressione atmosferica). La campana è
in comunicazione con un manometro
a mercurio che consente di misurare la
pressione residua .
La campana è adatta per eseguire vari
tipi di esperienze in assenza d’aria
(quale ad esempio la verifica che il
suono non si propaga nel vuoto).
0.01 – 1
μicron
Hg
1 – 1000
μicron
Hg
μicron
Hg
I II
III
IO
N
.
0
Taratura
Costruttore: Galileo – Firenze
Data di acquisto: Ignota
Stato dello strumento: Incognito
Descrizione dello strumento: Strumento di misura della pressione residua in una
camera a vuoto mediante una valvola a conducibilità termica (nel campo di pressione
10-3 – 1 torr) e mediante una valvola ad ionizzazione (valvola Penning nel campo di
pressione inferiore a 10-3 torr).
118