Giulio San Pietro di Negro, compositore a Milano

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"Pensieri amorosi" in Terra d'Otranto di un salentino misconosciuto:
Giulio San Pietro di Negro, compositore a Milano'.
Maria Giovanna Brindisino
Dalla lettura comparata delle fonti e dei documenti sull'attività e
sulla produzione editoriale dei polifonisti di Terra d'Otranto vissuti tra
la fine del Cinquecento e il primo trentennio del Seicento, sono emersi
interessanti elementi di novità che inducono a ridisegnare l'itinerario
musicale della città di Lecce in questo periodo. L'assenza di dati musicali che in qualche modo ricongiungessero organicamente la interessante testimonianza editoriale della fine del XVI° secolo dei tre caposcuola salentini Francesco Antonio Baseo, Agostino Scozzese e Benedetto Serafico di Nardò, con l'esperienza artistica di Diego Personè e
Francesco Renzo maturata negli anni venti del secolo successivo', è
stata in parte colmata da alcune fonti musicali salentine: le galatee canzonette a tre voci di Bonifacio Pastore, un domenicano vissuto nel convento di Galatone, dopo essere stato precettore di musica in casa Guarini, ed i mottetti composti dall'inqueto e girovago Girolamo Montesardo, dedicati al barone di Tricase Angelo Gallone, frutto dei contatti che
il musicista salentino manteneva con la sua terra d'origine'.
Ma la notizia che segna un percorso musicalmente più incisivo in
' La biblioteca del Conservatorio di Lecce da qualche anno porta avanti un progetto relativo alla raccolta su cd del patrimonio musicale dei compositori salentini le cui opere sono conservate nei vari archivi italiani ed europei. L'individuazione delle fonti musicali che ci interessano, presuppone una attenta indagine storica del territorio, finalizzata ad associare nomi e situazioni significativi degli eventi musicali di Terra d'Otranto. Il presente lavoro, sebbene suscettibile di ulteriore approfondimento, è da considerarsi ad integrazione del saggio della scrivente: Polifonisti di Terra d'Otranto nel repertorio a stampa tra Cinque e Seicento, in Autori
Vari, La musica, la poesia, la spada, Diego Personè virtuoso gentil'huomo del XVII secolo, a
cura di Luisa Cosi, Lecce, Conte, 1997, pp. 231-70. Ringrazio i proff. Mario Marti, Mario Spedicato, Alessandro Laporta, mons. Maci e Maria Rosaria Tamblè per la preziosa disponibilità.
Ringrazio inoltre don Pedro Aizpuria della cattedrale di Valladolid, il segretario dell'Opera della Metropolitana di Siena rag. Pietro Filpa ed il personale della biblioteca del Museo per la loro cortese e sollecita attenzione alle mie richieste.
2 Cfr. A. Pompilio - A. Vassalli, Madrigalisti e madrigali del tardo Cinquecento in Puglia, in
Autori Vari, Monopoli nell'età del Rinascimento, a cura di D. Cofano, Monopoli, 1988, p. 318.
M. G. Brindisino, art. cit., pp. 336-38.
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Terra d'Otranto e che ne avvalora ed arricchisce la tradizione, riguarda
un musicista leccese, misconosciuto come salentino, ed occasionalmente collegato a Lecce per aver celebrato in un suo pezzo la venuta
nel capoluogo di Giulio Acquaviva, duca di Noci, all'epoca governatore generale della provincia di Terra d'Otranto. Si tratta di Giulio Santo
Pietro di Negro, "uno dei più interessanti compositori minori della musica vocale da camera nell'Italia del primo diciassettesimo secolo". Così è definito l'artista nella scheda a lui dedicata nel Grove, e sulla quale
il dato biografico si ferma a registrare la sua residenza a Milano ed una
sua circostanziata permanenza a Lecce4.
Indubbiamente il compositore viene considerato milanese per aver
prodotto nell'alta Italia e vissuto una parte della sua vita tra la capitale
lombarda e Pavia. Il suo felice e rapido inserimento nel mondo musicale milanese e negli ambienti delle consorterie accademiche emerge dalle frequentazioni e le collaborazioni artistiche presenti nelle sue opere.
Marcellino Senarega, poeta e letterato di origini genovesi', fu il promotore dell'esordio editoriale dell'artista; incoraggiato dal successo
che riscuotevano le canzonette alla napolitana di di Negro, tra i cantanti e musicisti dell'epoca, egli ritenne opportuno di darle alle stampe e
ne curò l'uscita in due raccolte.
Il carmelitano Cherubino Ferrari, teologo del duca di Mantova, accademico degli Inquieti di Milano (il quale celebrò con i suoi versi il
genio musicale di Claudio Monteverdi)6, fu estimatore del nostro,
esaltò le sue doti canore, unanimemente apprezzate e lodate anche nei
madrigali di Pietro Petracchi e di Grimaldo Grimaldi, qui riportati nell'appendice delle fonti musicali.
N. Fortune, voce "Giulio Santo Pietro di Negro", in The New Grove Dictionary of Musica
and Musicians, London, 1980, vol. 13, pp. 95-96.
Senarega, famiglia genovese, originariamente (metà xv sec.) appartenne alla piccola borghesia bottegaia; in seguito alla costituzione di A. Doria del 1528, fu ascritta alla nobiltà e fece
parte dell'Albergo dei Gentile; nel 1595 conquistò il seggio dogale e si estinse nel secolo xviii.
Cfr. voce "Senarega" Enciclopedia italiana di scienza lettere ed arti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1950, vol. XXXI, pp. 360-61.
6 Cfr. C. Monteverdi, Il primo libro dei madrigali a 5 V.,
Venezia, Ricciardo Amadino,
1605, cit. da C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale italiana stampata in Italia fino
al 1700, Firenze, Olschki, 1952, vol. I, pp. 128-29.
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E' molto probabile che l'artista leccese abbia conosciuto direttamente Giovanni Ghizzolo7 durante gli anni milanesi del compositore bresciano (1610-13), così pure Francesco Rognoni Taegio, didatta eccellente, compositore, famoso virtuoso di violino e di viola bastarda, capo
musico d'instromenti del governatore di Milano'. Lo confermerebbero
le amicizie comuni del basso Ottavio Valera e di alcuni esponenti della
nobile famiglia Arese9, notoriamente, questi, adepti dell'accademia degli Inquieti, cenacolo del quale fece parte anche Benedetto Pieni'", altro
dedicatario delle musiche di di Negro. Tutto ciò indurrebbe a pensare
che il musicista, giunto nella capitale lombarda abbia trovato naturale
sostegno tra i gentiluomini della colonia genovese (Senarega, Grimaldi) e si sia bene inserito nell'entourage di alcuni signori accademici milanesi, cultori della musica come Ottavio Rossi", Giovanni Battista Niguarda' e talvolta anche capaci esecutori, come per esempio Marco
Maria Arese, musico per passione, animatore di convegni musicali e
dedicatario delle Canzoni francesi di Francesco Rognoni'. Nel primo
J. Roche, voce "Giovanni Ghizzolo", in The New Grove, cit., 1980, vol.VII, pp. 342.
"Franciscus Rognonus Taegius Eques Pontificius et Comes Palatinus haereditarius in eadem aule Regia Ducali Musicorum instrumentorum Coriphaeus":F/ores Praestantissimorum
Virorum a Philippo Lomatio Bibliopola delibati, Milano, Filippo Lomazzo, 1626. In C. Sartori,
Bibliografia, cit, vol. II, pp. 86-7. Sui Rognoni cfr. R. Zanetti, voce "Rognoni", in Dizionario
della musica e dei musicisti - Le biografie, Torino, Utet, 1988, vol. VI, pp. 400.
9Ghizzolo dedica al cantante Ottavio Valera il madrigale "O Mirtillo o Mirtillo, anima mia"
(Guarini) con questa didascalia:viene cantato dall'Istesso con li medesimi passaggi; a Filippo
Aresi lo scherzo "La Fioretta su l'herbetta": G. "Chizzolo, // terzo libro delli madrigali, scherzi
et arie, op. ix, Milano, Filippo Lomazzo, 1613. In E. Vogel - A. Einstein - F. Lesure - C. Sartori, Bibliografia della musica italiana vocale e profana dal 1500 al 1700, Pomezia - Genève,
Staderini Minkoff, 1977, 3 voll. (da ora in poi Nuovo Vogel = N V), vol.II, pp.758-59, 1188.
1° L'accademia degli Intenti di Milano, fondata da Muzio Sforza Colonna, inaugurata il 10
giugno 1594, ebbe tra i suoi soci fondatori Giulio Arese, magistrato, questore ed in fine presidente del senato milanese.. Successivamente, l'accademia annoverò tra suoi iscritti anche Benedetto Pieni. Cfr. M. Maylender, Storia delle accademie d'Italia, Bologna, Cappelli, 1929,
vol. III, pp. 302-3. Voce "Giulio Arese", in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
della Enciclopedia Italiana, 1962, vol. IV, p. 83.
" Nel 1620 ad Ottavio Rossi, Biagio Marini Maestro di Cappella in Santa Eufemia e Capo
della Musica de li Signori Accademici erranti in Brescia, dedica "Tu dormi ah crudo core-. In
C. Sartori, Bibliografia, cit. vol. I, p. 268.
12 La Niguarda, canzone, in Gio. Domenico Rognoni Taegio, Canzoni a 4 e 8 v., Milano, Simone Tini e Filippo Lomazzo, 1605, ivi, p. 127. Anche in Francesco Rognoni Taegio, Canzoni
francesi, Milano, Heredi di Agostino Tradate, 1608, ivi, vol. II, p. 50.
Francesco Rognoni Taegio nella dedica a Marco Maria Arese: "vengo a far dono a V.
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decennio del Seicento, tra le dimore milanesi consacrate alla musica, vi
era anche la casa di Ottavio Valera, personaggio di un certo rilievo nel
giro dei musicisti milanesi. Come è stato già accennato, in suo omaggio
Ghizzolo e di Negro si cimentarono con due pezzi per voce di basso
usciti rispettivamente nelle loro edizioni milanesi (di Filippo Lomazzo)
del 1613; Francesco Rognoni lo ospitò come compositore' di esempi
per viola bastarda nella sua Selva di varii pasaggi" ; Valera fu musicista completo, cantante ed esperto suonatore nonchè collezionista di
strumenti musicali e mecenate. L' editore Filippo Lomazzo 15 , promotore
di talenti ed efficace presenza di aggregazione dell'ambiente musicale
milanese, ne tratteggiò la figura in questo modo: "tanto affezionat(o)
alla Musica, e intendente di essa, che in casa sua riceve e accarezza tutti gli Virtuosi di questa professione, e ci tiene non solo ogni sorte d'Instromenti; ma de' migliori, che possino ritrovarsi; quali sa anche molto
bene adoperare, come hò inteso più volte da diversi'.
S.Ill. mercè che ella più volte s'è degnata sentirle, non sdegnata tal ora di sonarle e mostrando
di gradirle s'è compiaciuta di lodarle nel mezzo di quella Accademia, vero ricetto, anzi, seggio
et asilo de virtuosi.": F. Rognoni Taegio, Canzoni Francese, Milano, Heredi di Agostino Tradate,1608, ivi, pp. 49-50.
" Due esempi per viola bastarda "Sfogava con le stelle" e "Tempesta di dolcezza" sono
pubblicati (con questa didascalia: Musica del Moto (sic) Illustre Ottavio Valera e da lui cantate con gli Istessi Passaggi nella raccolta di: Francesco Rognoni, Selva de varii pasaggi (sic)
Parte seconda, ove si tratta dei passaggi difficili, per gli'instromenti del dar l'archata, portar
della lingua, diminuire di grado in grado, Cadentie finali; Essempi, Canti diminuiti,con la maniera di suonare la viola bastarda. Di Francesco Rognoni, Capo Musico de Instrumenti, della
Regia e ducal Corte, Maestro di Cappella di Santo Ambrosio Maggior di Milano, Milano, Filippo Lomazzo, 1620. In C. Sartori, Bibliografia, cit, vol. I, pp. 266, Quest'opera di Francesco
Rognoni è divisa in due parti, il primo volume si presenta con questo frontespizio: Selva de Varii Passaggi Secondo l'uso moderno per cantare e suonare e cantare con ogni sorte de Stromenti, Divisa in Due Parti: Nella Prima De Quali si Dimostra il Modo di Cantare Polito e con
gratia; e la maniera di portare la voce accentata, con tremoli, groppi e trilli, esclamationi, e
passeggiare di grado in grado, salti di terza, quarta, quinta sesta, ottava, cadenze finali con
tutte le parti, con diversi altri essempi, e motetti passeggiati: Cosa ancora utile à Suonatori per
imitare la voce humana. Nella seconda poi si tratta de passaggi difficili per gl' instromenti, del
dar d'arcata, ò lireggiare, portar della lingua, diminuire di grado in grado, cadenze finali , essempi con canti diminuiti, con la maniera di suonare alla bastarda. Nuovamente datta in luce
Di Francesco Rognoni Taegio, Capo Musico [...] Alla Sacra Maestà del Re di Polonia, In Milano, Appresso Filippo Lomazzo M.DC.XX. Rognoni dedica alla viola bastarda un capitolo e lo
correda di quatto pezzi (inclusi quelli di Valera).
'Cfr. C. Sartori, Dizionario degli editori musicali italiani, Firenze, Olschki, 1958, pp. 88-9.
16 Gio. Paolo Cima, Concerti ecclesiastici, Milano, Simone Tini e Filippo Lomazzo, 1610.
In C. Sartori, Bibliografia, cit., vol. I, pp. 174-75.
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Probabilmente Giulio di Negro, insieme a Ghizzolo, a Rognoni, avrà
fatto parte della schiera degli ospiti di casa Valera e qui avrà avuto modo di aprirsi ai nuovi orizzonti della monodia e di sperimentare con i
pochi mezzi della sua scuola le novità che nel 1605 Monteverdi aveva
esposto nella teorizzazione della seconda pratica. I risultati sono tutti
nelle sue opere successive al 1613.
Così come qualche anno prima, nel 1606 a Firenze, Girolamo Montesardo, altro polifonista salentino, fu conquistato dal canto monodico,
anche di Negro aderì alle nuove tendenze della musica "moderna" e tra
il 1613 ed il 1616 pubblicò libri (opp. V, VIII e IX ) ricchi di madrigali
monodici, arie in stile recitativo, dialoghi e trii. A questa fase artistica
risalirebbe Fiori amorosi a una sola voce, opera la cui unica traccia è
nella testimonianza di Ottavio Pitoni''.
Ciò conferma che la produzione del musicista leccese fu certamente
più vasta di quella giunta sino a noi. A ragione veduta Cesare Infantino
nel 1634 (a distanza di qualche decennio dall'ultima opera ritrovata)
conservava buona memoria della considerevole quantità di musica da
lui pubblicata quando scriveva: "le molte composizioni da lui mandate
in luce". Alle sei opere rimaste se ne dovrebbero aggiungere almeno
cinque, per arrivare al numero d'ordine più alto in esse registrato (che è
undici). La produzione conservata contiene cinque edizioni di musica
profana ed una di musica sacra, uscite tutte nel primo ventennio del
Seicento, tra Venezia (quattro per i tipi di Angelo Gardano e fratelli, di
Alessandro Raveri ed dei due Vincenti) e Milano (due per i tipi di Filippo Lomazzo) e custodite nelle biblioteche di Bruxelles, Londra, Siena e Bologna. Si tratta certamente del corpus più consistente tra le opere ritrovate dei polifonisti di Terra d'Otranto, individuati sinora.
L'arte del musicista leccese è pregevole per il senso della tonalità,
l'uso delle dissonanze e delle contrapposizioni armoniche scaturite dalle parole, il declamato lirico. Ma l'inosservanza delle regole ed una ricerca ostentata e malferma delle progressioni ne costituiscono il limi-
" La notizia tratta dalla ricostruzione (sull'autografo pitoniano) del catalogo, andato perduto, della libreria di F. Franzini del 1676, è in 0. Mischiati, Indici cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze, Olschki, 1984, pp. 24, 260.
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te". Vi sopperisce una sensibilità musicale fortemente recettiva ed una
disposizione naturale dell'artista ad intuire in maniera personale mode
e novità conosciute in ambiente lombardo.
Quando indica Basso alla bastarda in due arie dell'opera quinta,
probabilmente intende basso realizzato con la viola bastarda, strumento, di cui sin dal 1608 è ritenuto esperto suonatore Francesco Rognoni e
che, come abbiamo visto, questi affronterà tecnicamente nella sua Selva di passaggi'.
Ma procediamo con ordine, dopo aver dato a Cesare quel che è di
Cesare riconoscendo l'appartenenza di Giulio Santo Pietro di Negro alla cultura musicale dell'alta Italia, è opportuno ora soffermarsi sulle
origini salentine del nostro e sulla provenienza genovese della sua casata, dal 1528 aggregata alla famiglia Negro in seguito alla costituzione
sancita a Genova da Andrea Doria, il quale per esercitare un maggiore
controllo politico, legittimò soltanto 28 gruppi di famiglie (o Alberghi,
24 nobili e 4 borghesi) a lui fedelissimi e capaci di accogliere le casate
prive dei requisiti richiesti per formare Albergo".
Nella prima metà del XVI secolo e certamente dopo la riforma donana, il ramo dei Sampier o San Piero o Santo Pietro di Negro si stabilì
a Lecce unitamente alle altre numerose famiglie che, da Genova, s'insediarono nelle provincie napoletane, sollecitate dall'acquisto di nuovi
feudi o da redditizi affari commerciali'.
"Cfr. N. Fortune, v. cit.
19 Cfr. n. 13. Dal frontespizio delle Canzoni Francesi di Francesco Rognoni: Canzoni Francese Per sonar con ogni sorte de intrumenti A Quattro, Cinque, et Otto di Francesco Rognoni
Taegio Suonator di Violino e di Viola Bastarda, in C. Sartori, Bibliografia, cit, voi II, p. 49. Sulla viola bastarda, cfr. voce "Viol", in The New Grove Dictionary of Musical Mstruments, London. 1984, vol. 3, pp. 743,.760. G. Tintori, Gli strumenti Musicali, Torino, Utet,1971, vol. II,
pp. 700-01.
20 Voce "Genova", in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, Roma, Istituto della
Enciclopedia Italiana., 1950, vol. XVI, p. 562. Voce "Andrea Doria", in Dizionario biogra,fico
degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1992, vol. 41, pp. 264 e passim.
21 Cfr. Amilcare Foscarini, Lequile pagine sparse di storia cittadina, a cura di M. Paone,
Galatina, Congedo, 1976, pp. 43-45. Id., Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e
feudatarie di Terra d'Otranto, Lecce, 1927, p. 265. Sui genovesi in Puglia: R. Colapietra, Genovesi in Puglia nel Cinque e Seicento, in "Archivio Storico Pugliese", xxxv (1982), pp. 22-71;
in Terra d'Otranto, circa "la privatizzazione dei fiscali nel 1585: emergono come monopolizzatori dell'imposizione ordinaria quegli stessi membri dell'internazionale genovese che a partire
dagli anni cinquanta hanno massicciamente acquistato signorie feudali ..." e nella tabella degli
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Alla ricerca di tracce monumentali nella città di Lecce che conservino memoria dei San Piero di Negro - tralasciamo i due palazzi leccesi
de Nigris, rispettivamente del XVII e XVIII sec., che non hanno attinenza alcuna, - significativo è parso il toponimo corte S. Pier di Negro
(sita all'inizio di via delle Bombarde ed alle spalle di via Principi di Savoia): piccolo slargo, dove tra posticci rifacimenti del prospetto sono
sopravvissute poche eleganti vestigia ed una edicola votiva, dove si intravedono i tratti di una icona che nella postura richiamerebbe l'immagine sacra di S. Irene 22 .
assegnatari fiscali del 1585 è presente il nome "de Negro (Negrone e E. Filiberto)" con ducati
1349: M. A. Visceglia, . Territorio, feudo e potere locale.Terra d'Otranto tra Medioevo ed Età
moderna, Giunti, Napoli, 1988, p. 268-69.
" Questa corte precedentemente si chiamava "Presidente Fina": G. Madaro, Guida pratica delle denominazioni delle vie della città di Lecce raffrontate le nuove alle antiche e viceversa, Lecce,
ed. Lazzaretti, 1885, p. 9. Mi riservo di fare una ulteriore verifica per accertare se la scelta di denominarla corte Sampier di Negro, nell'intenzione dell'autore dell'ultimo stradario leccese, sia stata
dettata da ragioni filologiche.
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Ma una testimonianza diretta delle origini salentine del nostro compositore e della residenza leccese della sua prestigiosa famiglia ci viene
da un passo della Lecce sacra di Cesare Infantino: "Giovanni Battista
San Piero di Negro (famiglia genovese) può senza dubbio annoverarsi
fra i guerrieri leccesi, per esser nato a Lecce, come anche tutti i suoi fratelli. Questi servì coragiosamente(sic) nelle guerre delle Fiandre e d'Italia per anni 11 si che meritò essere un de' Capitani del terzo di Carlo
Spinello con patente speditagli dal Conte di Lemos Vicerè del Regno
nel 1614 nella quale il detto Conte asserisce dargli tal carico per essersi nelle dette guerre portatosi honoratamente con molto valore in servigio di S. M. [...1. Il detto Giovanni Battista fu fratello di Pasquale San
Piero di Negro, che fu segnalato nell'armeggiare e nella musica, [...]. E
medesimamente di Giulio San Piero di Negro, musico eccellentissimo,
come ne fan fede le molte composizioni, da lui mandate in luce. Vive
oggi il quarto Agostino San Piero di Negro gentil'huomo di bellissime
lettere, che sin'hora ha mandato alle stampe il Giardino d'Armida, le
Vendette amorose, e l'Apologiche risposte in difesa del Tancredi, come
ben presto farà del Xaverio, e di altre opere, che sta preparando per dare alle stampe"". Nel 1631 lo stato delle anime della città di Lecce registrava vivente soltanto Agostino con dimora (insieme alla serva Maria Donata) nell'antica Isola dei Gesuiti"; il silenzio sui due musicisti
della famiglia potrebbe significare che essi, all'epoca, non avessero residenza a Lecce o che fossero morti, come lo stesso Infantino lascia intendere, sottolineando che il più giovane era ancora in vita, conosciuto
e nel pieno della sua attività letteraria. I quattro illustri fratelli di Negro,
che la preziosa testimonianza di Infantino ha consegnato alla storia di
Lecce, furono figli di Filippo, uno dei tanti gentiluomini genovesi che,
23Cesare
Infantino, Lecce sacra, Lecce, Micheli, 1634 (ed. anast. Bologna, Forni, 1973), p.
165. Anche Nicola Vacca dall'Infantino, a conforto della postilla da lui redatta sui Sampier di
Negro: Luigi De Simone, Lecce e i suoi monumenti, nuova ed. postillata da Nicola Vacca, Lecce, Centro Studi Salentini, 1964, p. 401.
24 Arch. Curia Arciv. Lecce, Stato delle anime della città di Lecce, 1631, n. 59. Sulla produzione edita di Agostino San Pietro di Negro, cfr. G. Scrimieri, Annali di Pietro Miche/i, Galatina, ed. Salentina, 1976, pp. 20, 29, 32, 42, 44-45. Su Agostino San Pietro di Negro apologista
del Tancredi di Ascanio Grandi, cfr. Antonio Mangione (a cura di), Il Tancredi (e La Vergine
Desponsata), Galatina, Congedo, 1998, pp. 630 e passim.
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