parte prima - Dal rifugio all`inganno

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PARTE PRIMA
1. Gli Stati Uniti: dall’isolazionismo all’Emergency Refugee Shelter di Fort Ontario.
1.1. Immigrazione e restrizionismo negli U.S.A.
Sul finire della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti d’America decisero di aprire, seppur
parzialmente, le proprie porte ai rifugiati scampati alle persecuzioni naziste.
La decisione fu il frutto di un lungo e tormentato dibattito interno sui flussi immigratori e sulla
possibilità di accogliere un numero consistente di rifugiati dell’Europa, soprattutto quelli presenti
nelle zone libere tra cui il Sud Italia.
In realtà la discussione in atto negli USA, pur risentendo delle particolari condizioni degli anni della
guerra, era strettamente connessa a tutta una serie di controversie e polemiche sulla stampa e nella
società, nonché di decisioni politiche e di leggi che risalgono ad un periodo compreso tra la fine
dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento.
Non è questa la sede per una ricostruzione puntuale della storia dell’immigrazione negli USA e
delle politiche ad essa inerenti. Interessa qui analizzare il rapporto tra i diversi governi americani e
l’ingresso negli Stati Uniti degli ebrei provenienti dall’Europa ed in particolare mostrare l’effetto
delle politiche restrizioniste sulle speranze di salvezza degli ebrei stessi.
Come mostra la ricerca di Luconi e Petrelli 1 , gli ebrei che emigrarono negli Stati Uniti fra il 1880 e
il 1924 furono 4 milioni. Va sottolineato che, di questi, 3 milioni provenivano dall’Europa orientale.
“Le cause che li spinsero alla partenza furono molteplici: la forte crescita demografica della
popolazione ebraica; carestie (come quella polacca del 1869); il declino dell’economia rurale
nell’Impero russo con la correlata disgregazione dell’agricoltura tradizionale; un’estesa presenza del
latifondo e la nascita di un moderno sistema industriale. Tuttavia, ciò che caratterizzò in modo
peculiare l’esperienza degli ebrei fu la persecuzione etnica e religiosa cui essi furono soggetti
specialmente dopo l’assassinio nel 1881 dello zar Alessandro II. Tale evento, infatti, indusse le
autorità a cercare di indirizzare contro gli ebrei l’ostilità popolare nei confronti dell’autocrazia
zarista. Sia il governo russo che la Chiesa ortodossa iniziarono un vasto programma di
«liberazione» del paese dalla presenza ebraica tramite politiche di conversione forzata e di
sterminio. Dagli anni Ottanta dell’Ottocento scattarono ciclicamente pogrom antisemiti e vennero
promulgate leggi che limitarono agli ebrei la mobilità residenziale (come il divieto di insediamento
nei distretti rurali, di acquistare terre, di potersi trasferire da città a città), l’accesso all’istruzione e
posero vincoli allo svolgimento di attività commerciali. In particolare, vennero accentuate le
disposizioni — emanate in origine da Caterina II — che costringevano gli ebrei russi, a eccezione di
una élite di privilegiati, a vivere nel Pale, una regione di sostanziale internamento coatto situata al
confine occidentale dell’impero, corrispondente alle odierne Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania
e Ucraina. Vennero inoltre portate avanti campagne di «russificazione» dei dodicenni ebrei
attraverso la loro istruzione forzata nelle scuole ortodosse per sei anni, seguiti da venticinque anni
di servizio militare” 2 .
La complessa situazione appena illustrata spinse molti ebrei ad emigrare, in particolar modo negli
Stati Uniti, una destinazione che permise loro di costruirsi una nuova vita che li condusse, nella
maggior parte dei casi, a non fare più ritorno nei luoghi di origine.
Come si può facilmente immaginare, lo scoppio della prima guerra mondiale bloccò i flussi
emigratori dall’Europa, non solo per questioni logistiche e burocratiche, ma anche per il diffuso
sentimento di nazionalismo che portò, da un lato, a guardare con sospetto o a vedere come nemici
gli immigrati appartenenti a nazionalità con cui gli Stati Uniti erano in guerra, mentre, dall’altro,
1
2
Luconi, Stefano, Petrelli, Matteo, L’immigrazione negli Stati Uniti, Il Mulino, Bologna, 2008.
Ivi, pp. 83-85.
spinse le varie etnie a sostenere la propria madrepatria, cosa che non in tutti casi coincideva con le
posizioni politiche e militari statunitensi.
Gli anni della prima guerra mondiale portarono alla consapevolezza della difficoltà, se non
dell’impossibilità, di spezzare i legami con le “patrie” e, nel contempo, mostrarono i limti di un’idea
di integrazione sociale basata sul melting pot. La questione più importante, legata a questo contesto,
fu però un’altra.
“Il timore che gli stranieri non fossero fedeli alle istituzioni americane fu all’origine del movimento
dell’«americanismo al 100%», che promosse violentemente fra gli immigrati la totale conformità ai
valori americani. Tali spinte provennero sia dal mondo politico che dalla società civile. Migliaia di
scuole, sindacati, associazioni patriottiche dettero vita a corsi di inglese e educazione civica per gli
stranieri. Organizzazioni filantropiche femminili come la General Federation of Women’s Clubs
spingevano le madri immigrate alla frequenza di corsi di inglese, di assistenza dei figli e cura della
casa secondo standard americani. Agenzie federali organizzarono imponenti manifestazioni
patriottiche in occasione della festività del 4 luglio. Furono, però, soprattutto gli imprenditori a
cavalcare l’ondata nazionalista tramite il corporate welfare, un insieme di misure paternalistiche che
puntavano a cambiare i comportamenti sociali dei lavoratori immigrati. La Ford Motor Company di
Detroit fu la più attiva, inviando sociologi nelle case dei dipendenti per controllarne la pulizia, le
abitudini di spesa e il grado di coesione delle famiglie. L’obiettivo era individuare lavoratori
meritevoli di partecipare alla distribuzione degli utili della società e di rappresentare un esempio di
efficienza e di vita sana. (…) L’organizzazione scientifica del lavoro e le attività di corporate
welfare delle industrie furono alla base dell’American Plan, un vasto programma degli imprenditori
che intendeva condizionare fortemente la vita dei lavoratori, anche attraverso pratiche come lo
spionaggio e il licenziamento dei propri dipendenti, nonché l’utilizzo della polizia per reprimere gli
scioperi”. 3
L’analisi puntuale di Luconi e Petrelli porta a comprendere la catena di cause ed effetti derivante
dalla situazione del primo dopoguerra. Le iniziative culturali, sociali o imprenditoriali si legavano
indissolubilmente ad alcuni atti voluti a livello politico, primo fra tutti quello approvato dal
Congresso nel 1917: il Literacy Act.
La legge impedì l’ingresso negli Stati Uniti agli individui di almeno sedici anni che non sapevano
leggere e scrivere nella madrelingua, cercando di colpire soprattutto gli immigrati dell’Europa
meridionale e orientale, in prevalenza analfabeti.
La spinta a favore dell’approvazione del Literacy Act veniva anche da organizzazioni nativiste
come l’Immigration Restriction League, fondata a Boston nel 1894 sotto la guida del senatore
repubblicano Henry Cabot Lodge, che cavalcò la paura per l’arrivo dei nuovi immigrati
dall’Europa, sostenendo la loro pericolosità sociale e sottolineando i problemi economicooccupazionali che sarebbero derivati dalla loro presenza negli Stati Uniti.
Se, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, tali argomentazioni non trovarono larga
eco né nella società né tra gli imprenditori, pronti ad accogliere nuova manodopera non qualificata,
la situazione cambiò, come detto, con la prima guerra mondiale e con l’arrivo di un nuovo vento
nazionalista legato al conflitto appena concluso.
Sostenuto dalla nascente eugenetica e dalle idee di Cesare Lombroso, questo sentimento diventò il
cardine delle teorie dei nativisti che avevano così trovato un appiglio pseudo-scientifico alle loro
rivendicazioni, comprese quelle per la restrizione degli arrivi di immigrati confluite poi nella
legislazione di quegli anni.
Un caso emblematico è quello della pubblicazione, da parte di Madison Grant nel 1916, del libro
The Passing of the Great Race. Seguiamo ancora Luconi e Petrelli: “Nel corso degli anni Venti la
monografia fu un caposaldo del razzismo scientifico, sostenendo che gli Stati Uniti erano costituiti
3
Ivi, pp. 111-115.
dai discendenti di una razza «nordica» geneticamente «pura» e biologicamente «superiore». Grant
fomentava la paura che «alpini», «mediterranei» ed ebrei potessero inquinare la qualità del popolo
americano, che si distingueva anche somaticamente per la pelle bianca, gli occhi chiari e l’alta
statura. Tali considerazioni erano diffuse anche nella stampa popolare e in pubblicazioni influenti
come il «New York Times» e il «Saturday Evening Post». (…). All’inizio degli anni Venti il
sentimento nativista era presente anche in Congresso. Già nel 1902, quando ancora era rettore a
Princeton, il futuro presidente Woodrow Wilson nel suo A History of the American People aveva
etichettato gli italiani meridionali, i polacchi e gli ungheresi come soggetti privi di energia e
iniziativa, salvo mitigare opportunisticamente tali giudizi in occasione della sua candidatura nelle
elezioni presidenziali del 1912. Persino nel mondo degli affari si iniziò a richiedere politiche contro
l’immigrazione, in considerazione anche del fatto che il forte afflusso nel corso della guerra di
lavoratori afro-americani dagli stati del Sud verso il Nord del paese per lavorare nell’industria
bellica rendeva in buona parte superflui nuovi arrivi di immigrati europei non qualificati.” 4
Il contesto socio-politico-economico descritto può rendere più facile immaginare quale pressione ci
fosse affinchè si stringesse il cerchio attorno agli immigrati già presenti sul territorio statunitense e
ai futuri fenomeni migratori. Il Literacy Test non si era rivelato efficace, dato che intendeva
esercitare tutto il suo potere sull’analfabetismo dei migranti, in un periodo in cui in alcune zone
dell’Europa si registravano effettivi miglioramenti del tasso di alfabetizzazione. Per i convinti
nativisti e per gli ideologi della purezza razziale e morale degli Stati Uniti come gli eugenisti, ma
anche per le organizzazioni di reduci come l’American Legion e l’Imigration Restriction League
che facevano breccia nel cuore dell’America profonda che aveva espresso movimenti come il Ku
Klux Klan, non rimaneva che continuare a propagandare le loro idee e a creare lobby al fine
dell’approvazione di nuove leggi 5 .
Fu così che nel 1921 e nel 1924 il Congresso approvò due leggi che decretarono la riduzione degli
ingressi annuali di immigrati negli Stati Uniti prima a un massimo di 350 mila persone all’anno, poi
a 150 mila. Cifre molto lontane dai milioni di immigrati approdati tra le braccia della Statua della
Libertà nei decenni precedenti.
1.2 Le leggi del 1921 e del 1924.
Sia la legge del 1921 che quella del 1924 si basavano su un calcolo preciso che prendeva come
punto di riferimento un dato anno. Nel primo caso, l’Emergency Immigration Act del 19 maggio del
1921, anche conosciuto come Johnson Quota Act, limitava il numero degli stranieri ammesso
annualmente, e per nazionalità, al 3% del numero dei rispettivi connazionali stabilitisi negli Stati
Uniti nel 1910. Questa legge venne applicata fino al 1° luglio 1924, quando entrò in vigore
l’Immigration Act, o Johnson-Reed Act, approvato nel maggio 1924.
Tale politica favorì gli immigrati di origine anglosassone e del Nord Europa che, nel 1910, furono
più numerosi di quelli provenienti dall’Europa meridionale e orientale.
La quota massima annuale fu fissata, per l’esattezza, a 357.802. Di questi, circa il 56 per cento fu
assegnato agli immigrati dell’Europa del Nord e occidentale.
Nonostante ciò, molti americani non furono soddisfatti dagli esiti dell’Immigration Act del 1921
perché, a loro parere, veniva ammesso il tipo “sbagliato” di stranieri. In una certa misura, questo
atteggiamento era un prodotto dei tempi, la cui posizione più estrema era rappresentata dal Ku Klux
Klan. La stragrande maggioranza degli americani, pur non condivideno le idee del KKK, nutriva la
sensazione che l’impatto dei cattolici e degli ebrei sulla società americana e l’arrivo di immigrati da
alcune zone dell’Europa potessero portare al “degrado” della razza americana.
4
Ivi, pp. 111-115.
www.eugenicsarchive.org/html/eugenics/essay9text.html all’interno del sito www.eugenicsarchive.org/eugenics.
Si veda anche il sito http://library.uwb.edu/guides/USimmigration/1921_emergency_quota_law.html.
5
La risposta del Congresso americano fu l’approvazione di una legge più restrittiva: l’Immigration
Act del 1924. La legge, comprendente il National Origins Formula 6 , creò un sistema permanente di
quote (quello del 1921 era solo temporaneo), riducendo la quota annua dai circa 358.000 ingressi a
164.000. Inoltre, la legge rivide il sistema di calcolo per nazionalità, riducendo le quote di ciascuna
nazionalità al 2% dei rispettivi connazionali non naturalizzati censiti negli Stati Uniti nel 1890.
La data di riferimento del censimento, il 1890 7 , era stata scelta volutamente, considerato il fatto che
in quegli anni il numero degli immigrati provenienti dall’Europa meridionale e orientale era stato
piuttosto basso.
Accanto alle mere considerazioni matematiche, si stabiliva un nuovo principio, quello della
«desiderabilità» degli immigrati. La questione era respingere l’arrivo di alcune tipologie di
immigrati, favorendo l’ingresso delle persone provenienti dalle isole britanniche, dalla Scandinavia
e dalla Germania, nonostante, o forse sarebbe meglio dire proprio per questo, non andassero più a
costituitire flussi considerevoli negli anni Venti.
La nuova legge tagliò la quota per i paesi dell’Europa settentrionale e occidentale del 29%, ma
incise soprattutto sui flussi dall’Europa meridionale e orientale con un taglio dell’87%. Prendendo
ad esempio l’Italia, il numero di ingressi passò dai 42.057 del 1921 alle 3.845 persone del 1924, con
un taglio del 90%. 8
In continuità con l’Immigration Act del 1917, la legge del 1924 fu il cuore della politica americana
sul tema dell’immigrazione fino al passaggio all’Immigration and Nationality Act del 1965 9 .
La legge prevedeva anche che, a partire dal 1° luglio del 1927 (data poi spostata al 1° luglio 1929),
non sarebbe più stata utilizzata la percentuale per il calcolo degli ingressi. Il totale sarebbe stato
limitato a circa 150.000 ingressi, ammettendo per ogni stato un numero proporzionato alla
rappresentazione di un dato paese nella popolazione degli Stati Uniti con riferimento al censimento
del 1920. Il grafico sottostante mostra in modo efficace i risultati delle leggi del 1921 e del 1924,
6
http://en.wikipedia.org/wiki/National_Origins_Formula.
http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Census,_1890.
8
Lezione del corso di Sociologia del 2009 del prof. Dennis Hodgson della Fairfield University http://www.faculty.fairfield.edu/faculty/hodgson/courses/so11/race/quota_acts.htm. Si veda la legge del 1924 con la
tabella allegata nella sezione Documenti. Si vedano anche: http://www.emigrati.it/Emigrazione/Xenofobia.asp e
http://www.webalice.it/ilquintomoro/emigranti_noi/immigrati_3.html.
9
Lista delle leggi americane sull’immigrazione: http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_United_States_Immigration_Acts.
7
con un netto capovolgimento delle proporzioni tra i migranti provenienti dal Nord e dall’Ovest
dell’Europa rispetto a quelli dell’Est e del Sud.
Nei dieci anni seguenti il 1900,
circa 200.000 italiani entravano
annualamente negli Stati Uniti. Con
l’entrata in vigore della legge del
1924, i permessi furono limitati a
circa 4.000 persone. Nello stesso
tempo la quota per la Germania
prevedeva più di 57.000 ingressi. In
totale l’86% dei 155.000 permessi
concessi riguaradvano migranti
provenienti da paesi del Nord
Europa con Germania, Gran
Bretagna e Irlanda che si trovarono
ad avere le quote più alte.
Si può immaginare che in questo quadro politico e legislativo, oltre che ideologico, non si stesse
preparando un buon clima per gli anni seguenti soprattutto con l’avvento del fascismo in Italia e
successivamente del nazismo in Germania. Se negli anni Venti il freno posto agli ingressi di
migranti, pur essendo collegato con un razzismo strisciante e con un antisemitismo crescente, aveva
avuto comunque effetti sulle speranze degli ebrei presenti in Europa di raggiungere gli Stati Uniti
per fuggire dalle difficili situazioni presenti soprattutto ad Est, la chiusura imposta dai governi
americani ai flussi migratori ebbe conseguenze devastanti nei successivi anni Trenta e all’inizio
degli anni Quaranta, precludendo di fatto la possibilità a migliaia di ebrei di mettersi in salvo.
Nonostante il boom economico degli anni del primo dopoguerra e la necessità di manodopera più o
meno qualificata avessero migliorato le condizioni economiche e sociali di molti migranti, a fronte
di una riduzione consistente di arrivi (fra il 1920 e il 1945 giunsero negli Stati Uniti 3,25 milioni di
immigrati, di cui il 53,4% nel periodo fra il 1921 e il 1924, il 40,6% fra il 1925 e il 1930 e il 6% fra
il 1931 e il 1945) 10 , la crisi del 1929 peggiorò notevolemente la situazione che potè migliorare solo
negli anni Trenta grazie alle aperture della politica di Franklin D. Roosevelt, sostenuto da molti
gruppi etnici europei residenti negli Stati Uniti.
A dispetto degli sforzi dell’amministrazione Roosevelt, delle politiche economiche derivanti dal
New Deal e di un sentimento diverso nei confronti degli immigrati visti come persone “socialmente
utili”, le idee del nativismo non erano state cancellate dal sentire americano. Organizzazioni e forze
politiche conservatrici, coalizzate intorno al repubblicano texano Martin Dies, montarono la
protesta contro le scelte di Roosevelt.
“Dies attaccò l’amministrazione Roosevelt etichettando come «radicali» le sue agenzie, mentre non
risparmiò da accuse di presunti legami con i comunisti personalità di spicco come la titolare del
dicastero del Lavoro Frances Perkins, il segretario dell’Interno Harold Ickes e persino la moglie del
presidente, Eleanor. (…) Fortemente legato a movimenti di destra, Dies pensava che gli immigrati
dell’Europa meridionale e orientale avessero esportato negli Stati Uniti ideologie totalitarie quali il
marxismo e il fascismo. Oltre che su militanti comunisti, sui sindacati e, in generale, sulle forze di
sinistra, il comitato indagò a fondo anche i militanti filofascisti italo-americani e giapponesi, vari
movimenti americani protofascisti e, soprattutto, gruppi nazisti tedesco-americani con ideologie
antisemite come il German-American Bund di Fritz Kuhn. Proprio l’antisemitismo continuò a
10
Luconi, S., Petrelli, M., cit., pp. 125-127.
rimanere vivo negli anni della Depressione nonostante la consapevolezza delle politiche razziali del
nazismo in Germania. Tale sentimento, unito alla grave situazione economica e al timore di
infiltrazione nel paese di agenti nazisti, condizionò la decisione dell’amministrazione Roosevelt di
opporsi all’accoglienza di esuli ebrei in fuga dall’Europa, i quali furono ammessi su suolo
statunitense nella ridotta misura di 150 mila individui. Anche nel corso della guerra Roosevelt non
volle distogliere risorse economiche dallo sforzo bellico per aiutare gli ebrei perseguitati. Soltanto
con la scoperta dei campi di concentramento nazisti fu deciso di istituire un War Refugee Board che
offrì assistenza ai sopravvissuti dei lager”. 11
I timori per la presenza di infiltrati e militanti sul territorio americano si acuì ovviamente negli anni
precedenti il conflitto e ancor di più con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Ciò portò ad
alcuni provvedimenti ulteriormente restrittivi che prevedevano un maggior controllo dei lavori
svolti dagli stranieri per uno stato estero, come il Foreign Agents Registration Act del 1938, e delle
organizzazioni straniere con finalità politiche, come il Voorhis Act del 1940, fino a giungere alla
dichiarazione dei cttadini appartenenti ai paesi dell’Asse come “enemy aliens”, la qual cosa portò
sospetti, xenofobia, arresti e, come nel caso dei giapponesi, all’internamento in campi di
concentramento.
L’unica via d’uscita per molti stranieri fu la dimostrazione dell’attaccamento agli Stati Uniti
attraverso l’arruolamento per la guerra. Lo soluzione risiedeva tutta nell’americanizzazione e
nell’incontro tra gruppi etnici differenti che furono così favoriti in uno dei momenti più difficili per
gli stranieri e soprattutto per coloro che avrebbero voluto raggiungere gli Stati Uniti per mettersi in
salvo, ebrei in primis.
Questi ultimi avrebbero potuto lasciare i paesi europei che avevano politiche di esclusione e di
discriminazione nei loro confronti o che si preparavano, come nel caso della Germania, alla
soluzione finale. Solo pochi ebrei, però, riuscirono ad espatriare sia per le condizioni di vita
peggiorate con l’inizio del conflitto e con la chiusura dei confini, ma anche perché nessuno si
occupò seriamente di accoglierli, a partire da Stati Uniti e Gran Bretagna.
La finestra temporale tra il 1938 e il 1941, che avrebbe potuto offire un’ottima occasione per il
salvataggio degli ebrei, segnò, come visto, un rafforzamento delle barriere poste ai flussi migratori.
Quando il grido di aiuto si alzò a più riprese dall’Europa, veicolato da testimonianze e rapporti
drammatici, le possibilità di salvezza degli ebrei si erano notevolmente ristrette. In questo contesto
gli Stati Uniti non si adoperarono per azioni di salvataggio fino al gennaio del 1944.
Come è stato già evidenziato, la disoccupazione conseguente alla depressione del 1929, il
restrizionismo dei nativisti e l’antisemitismo furono alla base del dibattito interno agli Stati Uniti e
delle scelte politiche. Ciò induce a sottolineare che non fu lo scoppio del conflitto e l’entrata in
guerra degli USA dopo Pearl Harbor la causa prima delle decisioni prese in materia di
immigrazione.
“I restrizionisti asserivano persistentemente che i rifugiati che arrivavano negli Usa usurpavano il
lavoro che spettava di diritto agli americani disoccupati. Il loro punto di vista era largamente
condiviso. Le pressioni economiche contro l’immigrazione furono rinforzate dalle forti correnti dei
nativisti (…). Il nativismo americano continuò a essere forte durante la seconda guerra mondiale. La
prosperità del tempo di guerra non dissolse gli argomenti economici contro l’immigrazione. Era
piuttosto diffusa la paura che la depressione sarebbe tornata con la fine delle ostilità. Milioni di
persone credevano che la demobilizzazione delle forze armate e la riconversione ad un’economia di
pace avrebbe portato un esteso periodo di disoccupazione su larga scala. Le organizzazioni di
veterani insistevano sulla protezione dei diritti all’occupazione per gli uomini in servizio che
ritornavano. Dal loro punto di vista, ogni straniero a cui veniva consentito di entrare nel paese
significava competizione per un lavoro senza garanzie. Durante la guerra, l’American Legion chiese
11
Ivi, pp. 125-127.
una chiusura dell’immigrazione che sarebbe dovuta durare fino al dopoguerra. Anche i Veterans of
Foreign Wars chiesero restrizioni. Dall’agosto 1944, il VFW spinse per un blocco totale
dell’immigrazione per i dieci anni a venire. (…). Anche le forze politiche condividevano le idee
restrizioniste. Molti politici, come il senatore Robert Reynolds (Dem., N.C.), il senatore Rufus
Holman (Rep., Oreg), e William Elmer (Rep., Mo) della Camera dei Rappresentanti abbracciavano
le idee contro gli stranieri che spesso sconfinavano nell’antisemitismo. Holman, che introdusse nel
1942 una legge per mettere fine all’immigrazione (eccetto per visti temporanei), tenne
costantemente un occhio aperto per i tentativi di indebolire le barriere che tenevano fuori dagli Usa
gli immigrati. (…). Elmer mise in guardia il Senato nell’ottobre 1943 nei confronti di ‘un
determinato e ben finanziato movimento…la cui finalità è quella di ammettere negli Usa tutte le
persone della Germania e di altri paesi europei oppresse e perseguitate da Hitler.’
Altre personalità politiche, come il senatore Harold Burton (Rep., Ohio), si allinearono dalla parte
dei restrizionisti. Burton credeva che gli Usa dovessero incanalare i rifugiati ‘verso aree altre
rispetto alle nostre’. Sosteneva che ci fossero ‘molti altri luoghi nel mondo dove c’è molto più
spazio per la loro accoglienza di quanto ce ne sia qui.’ 12
Queste posizioni, lungi dall’essere punti di vista personali, rappresentavano un comune sentire e
furono seriamente prese in considerazione negli anni in cui si tentò, attraverso dibattiti interni o
conferenze internazionali, di prestare ascolto ai problemi dei rifugiati e degli ebrei in particolare.
Basti pensare che “nel 1938 4 distinti sondaggi indicarono che dal 75 all’85% del pubblico
americano si opponeva all’aumento delle quote per aiutare i rifugiati. Il 67% voleva che i rifugiati
fossero tenuti del tutto fuori. In un’indagine degli inizi del 1939, il 66% obiettò persino
sull’ingresso eccezionale di 10.000 bambini rifugiati al di fuori dei limiti delle quote. Cinque anni
più tardi le attitudini non erano differenti. Alla domanda, posta nel gennaio 1943, se «sarebbe una
buona o cattiva idea permettere a più immigrati di entrare in questo paese dopo la guerra di
liberazione» il 78% pensava che sarebbe stata una cattiva idea. Alla fine del 1945, quando le
terribili condizioni in cui si trovavano le cosiddette ‘displaced persons’ erano ampiamente
conosciute, solo il 5% di coloro che risposero pensavano che gli Usa dovevano «permettere alle
persone provenienti dall’Europa di entrare ogni anno in questo paese più di quanto abbiamo fatto
prima della guerra». (Il 32% pensava che fosse necessario mantenere lo stesso numero di prima, il
37% voleva che ne entrassero di meno e il 14% chiedeva che le frontiere fossero chiuse del
tutto).” 13
1.3 L’antisemitismo negli Stati Uniti.
L’altro aspetto segnalato è quello dell’antisemitismo diffuso, giunto tra gli anni Trenta e Quaranta a
un livello molto alto in tutti gli Stati Uniti ed in particolar modo nei centri urbani. Numerose
organizzazioni si impegnarono in una propaganda basata sull’odio, anche durante gli anni della
guerra, che portò ad una serie di atti vandalici nei cimiteri, danneggiamenti alle sinagoghe, scritte
antisemite, svastiche e altri segni antiebraici sui negozi ebrei, distribuzione di letteratura antisemita.
“Bande di adolescenti picchiavano scolari ebrei, a volte in modo grave come a Boston quando tre
ragazzi ebrei furono attaccati da 20 loro compagni di classe. Gli atti peggiori si ebbero a New York
e a Boston. A NY gli incidenti cominciarono nel 1941 e continuarono per tutto il 1944. (…). In tutta
la nazione, un pericoloso antisemitismo circolava in volantini, pamphlet, poster così come in giochi
e canzoncine. Uno dei pregiudizi più diffusi diceva che gli ebrei non andavano al servizio militare,
se ne stavano a casa e prosperavano, mentre i ragazzi cristiani venivano mandati a combattere e
morire. In realtà, la proporzione degli ebrei nelle forze armate era almeno grande quanto quella
nella popolazione americana.” 14
12
Wyman, David S., The abandonment of the Jews. America and the Holocaust 1941-1945, Pantheon Books, New
York, 1984, pp. 7-8. Si veda anche il sito http://www.american-buddha.com/lit.abandonjew.1.1.htm (edizione del 2007).
13
Idem, p. 8.
14
Idem, pp. 9-10.
Il problema era costituito dal fatto che l’antisemitismo e l’atteggiamento generalizzato nei confronti
dell’immigrazione, nel cuore del conflitto mondiale e negli anni cruciali che portarono alla
realizzazione della “soluzione finale”, costituirono un ostacolo importante alla politica, ma anche
semplicemente alla formazione di un’opinione equilibrata nella società americana che potesse
condurre ad iniziative di salvataggio degli ebrei. La situazione appare ancor più paradossale se si
pensa che le informazioni relative alla sorte degli ebrei filtravano già nel 1941.
1.4 Cosa sapevano gli alleati?
Sin dall’inizio, le notizie riguardanti i crimini compiuti dalle Einsatzgruppen raggiunsero la stampa
ebraica americana attraverso la Jewish Telegraphic Agency 15 . Nel luglio del 1941 il quotidiano
New York Yiddish rivelò che centinaia di civili ebrei erano stati massacrati dai soldati nazisti a
Minsk, Brest-Litovsk, Lvov e in altri luoghi. Lo stesso giornale diffuse, in agosto, un resoconto da
Mosca che riprendeva essenzialmente le stesse notizie. Diverse settimane dopo, i giornali
riportarono notizie provenienti dal governo polacco in esilio a Londra sulle fucilazioni di massa di
migliaia di ebrei nell’Est della Polonia e in Ucraina.
Vero la fine di ottobre del 1941, un simile resoconto apparve in un piccolo articolo a pagina 6 del
New York Times. Veniva riportata anche una stima degli ebrei uccisi in Galizia: dai dieci ai
quindicimila.
Durante la prima metà del 1942, le scoperte dei crimini sul fronte russo continuarono a raggiungere
gli USA, insieme a molti resoconti delle deportazioni degli ebrei verso la Polonia dalla Slovacchia,
dalla Germania e altri luoghi. Questi racconti, la maggior parte dei quali provenivano da giornali
svedesi o di paesi neutrali, ricevettero un’ampia copertura sulla stampa ebraica sia in lingua yiddish
sia in inglese ed occasionalmente apparvero sui più importanti giornali americani.
Una delle fonti di informazioni, usate dal New York Times e da molte pubblicazioni ebraiche, fu
una conferenza stampa tenuta a New York da S. Bertrand Jacobson verso la metà di marzo del
1942. Jacobson era tornato, dopo due anni, da Budapest, dove aveva lavorato come rappresentante
capo nell’Europa dell’Est per le attività dell’American Jewish Joint Distribution Committee. Lui
basava molte delle sue informazioni sui racconti dei testimoni. Non solo stimava che i nazisti
avessero già massacrato 240.000 ebrei nella sola Ucraina, ma disse che le uccisioni continuavano a
grande velocità. Tra i racconti più terribili mai apparsi negli USA fino a quel momento (ma omesso
dal resoconto del Times) c’era una descrizione di un soldato ungherese che aveva visto una grande
fossa nei pressi di Kiev. Settemila ebrei, alcuni colpiti a morte, altri feriti e ancora vivi, erano stati
gettati nella fossa e coperti con la terra.
Jacobson notò che gli ebrei della Slovacchia erano già stati ammassati in campi di concentramento
probabilmente per essere deportati in Polonia. Infatti due settimane dopo la conferenza, le
deportazioni cominciarono. Dal giugno 1942 queste evacuazioni forzate avrebbero portato via
52.000 dei 90.000 ebrei slovacchi. La maggior parte finì ad Auschwitz.
Il 18 maggio, il New York Times pubblicò un resoconto di Glen Stadler, un corrispondente della
United Press catturato in Germania quando gli USA entrarono in guerra. Stadler rivelò che i
tedeschi avevano ucciso più di 100.000 ebrei negli stati baltici, più o meno la stessa cifra in Polonia
e due volte la somma nell’Ovest della Russia.
Nello stesso mese di maggio, il Partito ebraico dei lavoratori in Polonia (BUND) compilò un
resoconto dei massacri verificati e riuscì a trasmetterlo al governo polacco a Londra. I due membri
ebrei del Consiglio nazionale polacco a Londra - Szmul Zygielbojm, del BUND, e il Dr. Ignacy
Schwarzbart, del gruppo sionista – fecero pressioni affinchè la notizia arrivasse e fosse presa in
considerazione sia dai governi inglese e americano sia dai media. Il resoconto del BUND divenne il
fattore decisivo nella prima diffusione delle notizie dello sterminio.
15
Si veda il sito http://archive.jta.org/topic/holocaust.
Nel loro messaggio, venivano mappati gli assassinii commessi in Polonia, città per città, regione per
regione, mese per mese. Essi descrissero il centro di sterminio di Chelmno e l’uso dei veicoli per il
gas: “Per la gassazione fu usato un veicolo speciale (una camera a gas) nel quale furono portate 90
persone alla volta… 1000 persone sono state gassate ogni giorno”.
Stimavano che il numero degli ebrei polacchi uccisi fosse già di 700.000. Arrivarono alla
conclusione che i tedeschi avessero
stabilito di “annientare tutti gli
ebrei d’Europa” e milioni di ebrei
polacchi
si
trovavano
a
fronteggiare la morte imminente.
Per salvare gli ebrei polacchi
rimanenti, chiesero al governo
polacco a Londra di pressare gli
Alleati per attivare una politica
contro i cittadini tedeschi nei loro
paesi.” 16
I successivi rapporti non fecero che
confermare, chiarire, approfondire
le notizie che i giornali avevano
cominciato a diffondere dal 1941.
Non si può dire che gli Alleati non
fossero venuti a conoscenza della
tragedia che stava colpendo gli
ebrei nell’Est Europa: dalla
testimonianza
dell’industriale
tedesco antinazista, Eduard Schulte
(luglio 1942) ai telegrammi
dell’agosto 1942 e del gennaio
1943 17 di Gerhart M. Riegner 18 19
(direttore dell’ufficio ginevrino del
Congresso ebraico mondiale), dalle
informazioni del tenente delle SS,
lo Obersturmfuhrer Kurt Gerstein,
ai messaggi di Jan Karski (uno dei
corrieri
tra
il
movimento
clandestino polacco e il governo
polacco in esilio, che diffuse
16
Wyman, D., cit., pp. 20-21. Si veda anche http://www.holocaust-trc.org/Whatdidtheyknow.htm.
Nell’immagine il telegramma del 29 agosto 1942 diretto a Wise in Archives of the Holocaust: An International
Collection of Selected Documents, Friedlander, Henry, Milton , Sybil, General Editors, Garland Publishing, New York,
1990-1995, vol. 8., p. 208. Si veda anche www.ushmm.org/wlc/en/media_da.php?ModuleId=10007309&MediaId=3508.
18
Le prime deportazioni degli ebrei tedeschi sono menzionate in un telegramma del 16 ottobre 1941. Il 23 marzo del
1942 Riegner mandò un cablogramma a Wise, al rabbino Maurice Perlzweig e al rabbino Irving Miller alla sede del
Congresso ebraico mondiale di New York in cui li informava:
NOTIZIE MASSIMA GRAVITÀ GIUNTE A LONDRA SCORSA SETTIMANA DIMOSTRANO MASSACRI
TOCCANO ORA CULMINE CATASTRORCO PARTICOLARMENTE POLONIA ANCHE DEPORTAZIONI
EBREI BULGARI ROMENI GIÀ INIZIATE STOP EBREI EUROPEI STANNO SCOMPARENDO MENTRE
NESSUNA SINGOLA MISURA SALVATAGGIO ORGANIZZATA È ANCORA PRESA STOP URGE TU
ENERGICAMENTE PRENDA VANTAGGIO NOSTRA PRESENZA (Archives of the Holocaust, cit., vol. 8., p. 193;
si veda anche Hilberg, Raul, Carnefici, vittime, spettatori. La persecuzione degli ebrei 1933-1945, A. Mondadori,
Milano, 1997, p. 227).
19
Si veda la sezione documenti (n° 2 e 3).
17
notizie in Gran Bretagna e negli Stati Uniti parlando con molte autorità tra cui l’ambasciatore
polacco Jan Ciechanowski e con il presidente americano Roosevelt) 20 , a Szmuel Zygielbojm che
ricevette rapporti a Londra dal nucleo socialista ebraico in Polonia, incontrò lo stesso Karski
nell’ottobre del 1942 e si suicidò circa sei mesi dopo 21 , fino ad arrivare ai cosiddetti “protocolli di
Auschwitz”, dell’aprile 1944, redatti da Rudolf Vrba. 22
Alcune di queste informazioni insieme ad altre provenienti da ulteriori fonti confluirono nella
pubblicazione più importante di quel periodo: The Black Book of Polish Jewry. An Account of the
Martyrdom of Polish Jewry Under the Nazi Occupation 23 . Il libro uscì nell’ottobre del 1943, edito24
dall’American Federation for Polish Jews 25 (AFPJ). Fu un’opera collettiva, fortemente voluta da
20
Si veda Karski, Jan, La mia testimonianza davanti al mondo, Adelphi, Milano 2013 ed in particolare i capitoli XXIX,
Il ghetto, e XXX, Morire “in un’agonia di dolore”. Karski rimase a Londra dal 25.11.1942 al 09.06.1943. Nell’estate
del 1943 si recò a Washington. Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema, commentò il racconto di Karski che
aveva visitato clandestinamente il ghetto di Varsavia e il campo di Bełzec (in realtà molto più probabilmente quello di
Izbica Lubelska): “Non dico che…lei stia mentendo. Dico solo che non posso credere a quello che mi ha detto”
(Bernardini, Luca, Messaggero, testimone, personaggio: l’uomo che cercò di fermare la Shoah, in Karski, J., cit., p.
500).
21
Szmuel Zygielbojm si suicidò il 12 maggio del 1943. Prima di uccidersi scrisse: “Non posso rimanere in silenzio… I
miei amici nel ghetto di Varsavia muoiono con le armi in mano nell’ultima eroica battaglia. Non è mio destino morire
insieme a loro ma io appartengo a loro e alle loro fosse comuni. Attraverso la mia morte voglio portare avanti la mia
protesta finale contro la passività con la quale il mondo resta a guardare e permette lo sterminio del popolo ebraico…
Forse con la mia morte contribuirò a spezzare l’indifferenza di coloro che potrebbero ora all’ultimo momento salvare i
pochi ebrei polacchi ancora vivi… Dico addio a tutti e a ogni cosa che mi è cara e che ho amato.” (Morse, A. D., While
six milion died, pp. 63-64 in
http://books.google.it/books?id=zl5DPSUMBYIC&pg=PA136&lpg=PA136&dq=stop+hitler+now+1943&source=bl&o
ts=kWYvJqIGke&sig=4MnOfYeSu5DLVrxo1lbMMzALgSo&hl=it&ei=9RUTsjTGImaOoy0hZoG&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBwQ6AEwAA#v=onepage&q=sto
%20hitler%20now%201943&f=false; trad. it. Morse, A. D., Mentre sei milioni morivano. La soluzione finale e l’inerzia
dell’Occidente, A. Mondadori, Milano 1968)
22
Vrba, Rudolf, I protocolli di Auschwitz, BUR saggi, Milano 2008. Si vedano anche Wyman, D., cit., capitolo 3
(http://www.american-buddha.com/lit.abandonjew.2.3.htm); Hilberg, R., cit. parte terza ed in particolare il capitolo 20;
l’articolo di Liliana Picciotto in www.lilianapicciotto.it/home2.asp?idtesto1=1026&idtesto=1009&son=1&level=2;
Bankier, David, La conoscenza dell’Olocausto e le reazioni in Europa, negli Stati Uniti e nelle comunità ebraiche, in
Cattaruzza, M., Flores, M., Sullam, S. L., Traverso, E. (a cura di), Storia della Shoah. La crisi dell’Europa, lo sterminio
degli ebrei e la memoria del XX secolo, Vol. II, La distruzione degli ebrei, UTET, Torino, 2005, pp. 795-831; Que
savait-on de la Shoah?, a cura del Service pédagogique du Mémorial de la Shoah di Parigi, 2009; Breitman, Richard, Il
silenzio degli alleati, A. Mondadori, Milano, 2009.
23
Per questo lavoro, oltre alla versione integrale del libro, nell’edizione Roy Publishers, presente su
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015005109460#view=2up;seq=6, è stata consultata l’edizione francese,
Le livre noir des Juif de Pologne, Calman-Lévy, Paris, 2013.
Il libro può essere messo in connessione con The Black book of Poland pubblicato, nel 1942, da G. P. Putnam’s sons,
New
York,
per
conto
del
Polish
Ministry
of
Information
(consultabile
su
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015005109452;q1=black%20book%20of%20poland#view=2up;seq=6). Si
veda in particolare la terza parte, The persecution of the Jews and the Ghettos, pp. 217-253.
Un’altra importante opera, The Black Book: The Ruthless Murder of Jews by German-Fascist Invaders Throughout the
Temporarily-Occupied Regions of the Soviet Union and in the Death Camps of Poland during the War 1941–1945,
curata da Ilya Ehrenburg e Vassili Grossman, uscirà negli Stati Uniti e in Romania solamente nel 1946.
alternatively The Black Book of the Holocaust, or simply The Black Book,
24
L’editore del libro fu Jacob Apenszlak coadiuvato da Jacob Kenner, Isaac Lewin e Moses Polakiewicz. Il libro fu
pubblicato dalla AFPJ in collaborazione con Association of Jewish Refugees and Immigrants from Poland.
25
L’AFPJ, fondata a New York nel 1908, operava come organismo di sostegno e di beneficenza nei confronti dei nuovi
immigrati e dei polacchi che già vivevano a New York. Inoltre, negli anni Trenta, aveva aiutato economicamente e
materialmente gli ebrei polacchi. Nel 1935, infatti, aveva fondato la World Federation of Polish Jews in modo da poter
intervenire direttamente in Polonia. Durante gli anni della guerra si impegnò nella raccolta di informazioni sugli ebrei
polacchi e sulla loro pubblicazione. Il Libro nero non fu l’unico ad essere editato in quelgi anni. Nello stesso 1943
pubblicò Armed resistance of the Jews in Poland, Adam Czerniakow, Burgomaster of the Warsaw Ghetto e poi, nel
1945, Peace for the Jews.
Jacob Apenszlak 26 , a cui parteciparono intellettuali e responsabili politici polacchi. Molti di questi
vivevano in esilio a Londra o a New York. Nelle note sulle fonti 27 , Jacob Robinson, direttore
dell’Institute of Jewish Affairs, mise in evidenza, per l’appunto, le fonti da cui provenivano le
notizie riportate nel libro. Furono utilizzate le informazioni contenute negli articoli della
pubblicazione settimanale tedesca ufficiale che usciva nel Governatorato Generale,
Verordnungsblatt des Generalgouverneurs fur die besetzten polnischen Gebiete, così come nei
quotidiani locali, sempre in tedesco, come il Krakauer Zeitung e il Warschauer Zeitung, ma anche
nell’unico periodico scritto in yiddish e comunque controllato dal Governatorato, la Gazeta
Zydowska. Accanto a queste fonti, il libro pubblicò dati, relazioni, notizie apparsi sulla stampa
clandestina e soprattutto i rapporti dei testimoni, degli osservatori dei paesi neutrali e del governo
polacco in esilio. Fu così che il Black Book riportò sia la dichiarazione di Schwarzbart del 15
novembre 1942 sul campo di Treblinka 28 , sia il rapporto di Emanuel Ringelblum del maggio 1942
sulle gassazioni effettuate a Chelmno, sia il telegramma di Riegner dell’8 agosto 1942, ma anche i
rapporti di Karski sulla liquidazione del ghetto di Varsavia e su Treblinka 29 e il resoconto sulla
rivolta del ghetto di Varsavia a cura di Ignacy Schwarzbart. Inoltre, non va dimenticata
l’importanza degli apparati iconografici: decine di fotografie mostravano gli eccidi e gli ebrei morti
nei ghetti.
In tutta questa mole di documenti e testimonianze nelle mani degli inglesi e degli americani, non
possono non essere citate, seppur velocemente, le intercettazioni e le decriptazioni di messaggi,
ordini e rapporti della polizia e delle SS tedesche. Alcune dati relativi alle intercettazioni sono
riportati nella tabella 2. Per una ricostruzione puntuale di questi aspetti si rimanda a studi più
specifici, come quelli di Richard Breitman 30 .
1.5 Le pressioni pubbliche davanati al vuoto decisionale.
In alcuni casi non fu dato ascolto ai messaggi e alle testimonianze o molto semplicemente non
furono ritenute attendibili. Quando fu prestata seriamente attenzione ai contenuti dei rapporti, ormai
era troppo tardi, nonostante si fosse formato, negli Stati Uniti, un articolato movimento di pressione
su Roosevelt e sul Congresso affinchè fossero prese delle decisioni per la salvezza degli ebrei.
Non è questa la sede per indagare l’interessante dibattito interno agli Stati Uniti e i numerosi
intrecci tra decisioni governative e pressioni della comunità ebraica. Val la pena sottolineare che
l’impatto del telegramma di Riegner del 21 gennaio 1943 fu notevole e tra i suoi effetti ci fu anche
la manifestazione “Stop Hitler Now”, tenuta il 1° marzo del 1943 al Madison Square Garden e
capeggiata dal rabbino Stephen Wise, presidente del Congresso ebraico mondiale dal 1936 al 1949.
Fu in quell’occasione che Chaim Weizmann, leader dell’Agenzia ebraica e futuro presidente di
Israele, dichiarò:
“Il mondo non può più credere che i terribili eventi siano sconosciuti o non confermati. In queso
momento le espressioni di simpatia non acompagnate da tentativi per lanciare azioni di soccorso
diventano una vana beffa alle orecchie dei morenti. Le democrazie hanno un chiaro dovere nei loro
confronti. Negoziamo con la Germania attraverso i paesi neutrali la possibilità di rilasciare gli ebrei che
26
Jacob Apenszlak, militante sionista, giornalista, critico letterario e teatrale, traduttore e redattore, prima della guerra,
della rivista “Nasz Przeglad” (“La nostra rivista”), il prestigioso quotidiano ebreo-polacco di Varsavia, che, con una
tiratura di circa 25.000 copie, raggiungeva i lettori ebrei di lingua polacca nella Polinia degli anni Venti e Trenta.
Raggiunse new York nel 1939. Nel novembre del 1940 fondò, insieme al sociologo Aryeh Tartakower, il giornale di
lingua polacca “Nasza Trybuna” (La nostra tribuna). Nato a Varsavia nel 1894, si spense a New York nel 1950.
27
The Black Book, cit., pp. XI-XII. Le livre noir, cit., pp. 25-26.
28
The Black Book, cit., pp. 131-132. Le livre noir, cit., pp. 171-172.
29
The Black Book, cit., cap IX, pp. 141-147. Le livre noir, pp. 182-188.
30
Breitman, Richard, Il silenzio degli Alleati, Mondadori, Milano, 2000. Sulle decriptazioni si vedano i capitoli III, Gli
ordini speciali, IV, Rapporti sulla pulizia etnica e V, La situazione si evolve. Sulle posizioni della Gran Bretagna si
veda il capitolo VI, Il riserbo britannico, mentre sugli Stati Uniti il capitolo VIII, Le analisi americane.
si trovano nei paesi occupati. Facciamo sì che siano designati dei rifugi nei vasti territori delle Nazioni
Unite, che darebbero asilo a coloro che sono in fuga da imminenti assassinii.” 31
Weizmann, importante membro del sionismo internazionale, puntava la sua attenzione sull’apertura
delle frontiere della Palestina, ma il problema veniva posto direttamente anche agli Stati Uniti.
In realtà, quella di New York non era stata la prima manifestazione. Già il 21 luglio 1942, sempre al
Medison Square Garden di New York, si tenne un incontro di protesta organizzato dall’American
Jewsih Congress, dal B’nai B’rith e dal Jewish Labor Committee. Il sucesso dell’iniziativa fu
enorme con una notevole risonanza mediatica. 20.000 persone riempirono la sala e molte altre si
assieparono all’esterno, ma soprattutto la notizia arrivò in tutti gli Stati Uniti, tanto che altre
manifestazioni furono organizzate a Chicago, a Los Angeles, a Cincinnati e in altre città. I
partecipanti, tra cui vanno ricordati il rabbino Stephen Wise, il sindaco Fiorello La Guardia, il
governatore Herbert Lehman, espressero tutta la loro indignazione per i massacri e tentarono di
sensibilizzare l’opinione pubblica e di fare pressione sul governo 32 .
In quell’occasione sia il presidente Roosevelt e sia il primo ministro Churchill inviarono dei
messaggi. Il primo inviò un messaggio a Wise, affermando:
“I nazisti non riusciranno a sterminare le loro vittime più di quanto non riescano a schiavizzare
l'umanità. Non solamente il popolo americano prova compassione per tutte le vittime dei cirmini nazisti,
ma farà in modo che la responsabilità degli autori di questi crimini sia strettamente soppesata nel giorno
della resa dei conti che sicuramente arriverà.” 33
Churchill si soffermò soprattutto sulla situazione in Palestina e sull’apporto dato dagli ebrei sia nel
Regno Unito sia nell’esercito. Rese omaggio alla determinazione dei manifestanti e accennò solo
brevemente a ciò che stava accadendo:
“Noi abbiamo deciso di porre la punizione di questi crimini tra i principali obiettivi di questa guerra. Gli
ebrei sono stati le prime vittime di Hitler e da allora sono al primo posto della resistenza all’aggressione
nazista”. 34
31
Gruber, Ruth, Haven the dramatic story of 1000 World War II refugees and how they came to America, Three rivers
press, New York, 2000, pag 19-20.
32
Si vedano, tra gli altri, Breitman, Richard, Lichtman, Allan J, FDR and the Jewish, Belknap Press, Harvard
University Press, 2013, p.198; Rosen, Robert N., Saving the Jews: Franklin D. Roosevelt and the Holocaust, Thunder’s
Mouth Press, New York, 2006, pp. 229-230.
33
The Black Book, cit., p. 237. Le livre noir, cit., p. 286.
“Dear Dr. Wise:
Americans who love justice and hate oppression will hail the solemn commemoration in Madison Square Garden as an
expression of the determination of the Jewish people to make every sacrifice for victory over the Axis powers. Citizens,
regardless of religious allegiance, will share in the sorrow of our Jewish fellow citizens over the savagery of the Nazis
against their helpless victims. The Nazis will not succeed in exterminating their victims any more than they will succeed
in enslaving mankind. The American people not only sympathize with all victims of Nazi crimes but will hold the
perpetrators of these crimes to strict accountability in a day of reckoning which will surely come. I express the
confident hope that the Atlantic Charter and the just world order to be made possible by the triumph of the United
Nations will bring the Jews and oppressed people in all lands the four freedoms which Christian and Jewish teachings
have largely inspired. Very sincerely yours, FRANKLIN D. ROOSEVELT”
34
The Black Book, cit., pp. 237-238. Le livre noir, cit., pp. 286-287.
“You are meeting this evening to condemn Hitler' s atrocities in Europe and to offer all assistance to the United Nations
in the war on the Axis. You will recall that on October 25th last both President Roosevelt and I expressed the horror felt
by all civilized peoples at Nazi butcheries and terrorism and our resolve to place retribution for these crimes among
major purposes of this war. The Jews were Hitler's first victims and ever since they have been in the forefront of
resistance to Nazi aggression. All over the world Jewish communities have made their contribution to United Nations
cause and on behalf of His Majesty's Government in the United Kingdom I welcome your determination to help as
gladly as I acknowledge the eager support which the Jews of Palestine above all are already giving. Over 10,000 are
now serving with British forces in Middle East; more than 20,000 are enrolled in various police formations in Palestine
and as in this country great numbers are employed in that front line constituted by pursuits and industries essential for
Se è vero che per la prima volta dall’inizio della guerra Roosevelt parlò espressamente di sterminio
e che sia il presidente americano sia Churchill rinviarono chiaramente alla punizione dei crimini
nazisti, è altrettanto visibile nei loro messaggio la mancanza di qualsiasi riferimento ad azioni
concrete. Entrambi parlano del futuro, del giorno del trionfio, del momento in cui arriverà la libertà,
ma ancora una volta, le porte degli Stati alleati rimanevano chiuse seguendo la tradizione degli
ultimi decenni in materia di flussi migratori.
Pochi giorni dopo la seconda manifestazione di New York, il 9 marzo 1943, il Madison Square
Garden fu testimone di un ennesimo tentativo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e del
mondo politico. Davanti ad un pubblico di 40.000 persone, fu portato in scena We will never die,
uno spettacolo organizzato e scritto dallo sceneggiatore e autore Ben Hecht e prodotto da Billy Rose
e Ernst Lubitsch 35 .
Da lì a due settimane l’ambasciatore polacco Ciechanowski scrisse a Tartakower (24 marzo 1943),
allegando alla lettera una nota di un «Comitato nazionale ebraico» della Polonia indirizzata a Wise
e Goldmann e al Comitato ebraico unitario americano:
“Ciò che rimane delle comunità ebraiche della Polonia vive nella convinzione che durante i più terribili
giorni della nostra storia voi non ci abbiate soccorso. Rispondete almeno adesso, negli ultimi nostri
giorni di vita. Questo è il nostro ultimo appello.” 36
Lo stesso Ben Hecht sei mesi dopo pubblicò sul New York Times (14 settembre 1943) 37 la Ballad of
the Doomed Jew of Europe. La ballata suscitò scalpore e polemiche, anche per le critiche
all’amministrazione Roosevelt, e può rendere l’idea del livello del dibattito e della pressione
esercitata per influenzare l’opinione pubblica su quanto stava accadendo in Europa.
Four Million Jews waiting for death
Oh hang and burn but - quiet, Jews!
Don’t be bothersome; save you breath The world is busy with other news.
Four million murders are quite a smear
Even our State Department views
The slaughter with much disfavor here
But then – it’s busy with other news.
You’ll hang like a forest of broken trees
You’ll burn in a thousand Nazi stews
And tell your G-d to forgive us please
the prosecution of war industries and in various services for civil defense. The first defenses of Palestine are the armies
fighting in the Western desert in which Palestinians are playing their full part. Our efforts must primarily be
concentrated on ensuring success of these armies. His Majesty's Government in the United Kingdom took risks in the
dark days in 1940 to discharge their obligations in the Middle East and they have throughout been animated by the
determination that the Jewish population in Palestine should in all practicable ways play its part in resistance of the
United Nations to oppression and brutalities of Nazi Germany which it is the purpose of your meeting this evening
to condemn. Winston Churchill”.
35
Si veda l’articolo http://www.timesofisrael.com/the-first-time-hollywood-exposed-the-holocaust/.
36
Hilberg, R., cit. p. 236.
37
La ballata di Hecht fu pubblicata come messaggio pubblicitario a nome del “Committee for a Jewish Army of
Stateless and Palestinian Jews”. Su Hecht, sulla ballada e sulla sua opera si vedano http://www.jewishtheatre.com/VISITOR/resource_articleDisplay.aspx?articleID=763&refPage=http%3A%2F%2Fwww.jewishtheatre.com%2FVISITOR%2Fresource_list.aspx%3FresourceType%3D6 e
http://www.wymaninstitute.org/articles/2003-12-christmas.php.
For we were busy with other news.
Tell Him we hadn’t quite the time
To stop the killing of all the Jews;
Tell Him we looked askance at the crime But we were busy with other news.
Oh World be patient - it will take
Some time before the murder crews
Are done. By Christmas you can make
Your Peace on Earth without the Jews.
Tabella 1. Cronologia delle informazioni sulla Shoah rese note dai mezzi di informazione
Luogo
Quotidiano/Fonte
Dati riportati
24/08/1941
Radio Mosca
27/08/1941
Parigi - Undzer Vort
(La nostra parola)
giornale della resistenza clandestina
ebraica
G.B.
24/08/1941
Discorso radiofonico di
Winston Churchill
U.S.A.
14/09/1941
New York Times
U.S.A.
26/10/1941
New York Times
David Bergelson: “Per tutte le persone dei paesi occupati, l’Hitlerismo significa schiavitù, persecuzione e tortura; per noi ebrei,
tuttavia, significa lo sterminio totale e la fine. La questione della sopravvivenza diventa assolutamente chiara. Essa riguarda la vita o
la morte per il nostro popolo. Nel momento in cui udite queste parole, donne, bambini e uomini vengono sepolti vivi dai banditi bruni.
In Polonia e in Romania intere comunità ebraiche vengono annientate, gli uomini assassinati, le donne violentate dai barbari. (…). Il
fascismo vandalico ancora infuria. Esso distrugge tutto e noi ebrei saremo i primi ad essere buttati nel fuoco.”
Sherman, J., Estraikh, G., a cura di, David Bergelson: From Modernism to Socialist Realism, Legenda, Oxford, 2007, pp. 57-58.
“L’aggressore è sopreso, stupefatto, sconcertato. Per la prima volta nella sua esperienza deve constatare che l’assassinio di massa non
paga più. Compie rappresaglie abbandonandosi alle più atroci crudeltà. Mano a mano che i suoi eserciti avanzano, interi distretti
vengono rasi al suolo. Decine e decine di migliaia, letteralmente decine e decine di migliaia – di patrioti russi che difendono il suolo
natale vengono fucilati a sangue freddo dagli uomini della polizia tedesca. Dall’epoca delle invasioni mongoliche d'Europa, nel XVI
secolo, non si erano mai viste stragi così sistematiche e spietate, condotte su scala così vasta o anche solo vicina a tali immani
proporzioni. E questo è solo l'inizio. (…). Ci troviamo di fronte a un crimine senza nome.”
Statistiche sulle condizioni degli ebrei polacchi e dati relativi al tasso di mortalità, dovuto alla sottoalimentazione che nel ghetto di
Varsavia era da 3 a 15 volte superiore rispetto alle normali statistiche.
Viene resa nota l’esecuzione di massa del 27-28/08/1941 in cui gli ebrei vennero uccisi a colpi di mitragliatore vicino alla città di
Kamenec-Podolsky (rifugiati ebrei polacchi e russi residenti in Ungheria ammassati sui camion e condotti sulla linea del confine
polacco).
Soldati e poliziotti rumeni con i tedeschi e l’Einsetzgruppe D uccisero sistematicamente decine di migliaia di ebrei. Il progrom più noto
fu quello di Iasi, capitale della Moldavia, dove furono uccisi 13.000 ebrei.
32.000 ebrei massacrati in Romania dall’inizio della guerra.
In Ucraina migliaia di ebrei erano morti durante i pogrom.
Uccisione di 18.000 ebrei a Kamenec-Podolsky e fucilazioni di ebrei da parte delle forze tedesche e rumene in URSS.
URSS
Data
U.S.A.
e G.B.
BRA
G.B.
G.B.
Ottobre 1941
Stampa U.S.A. e G.B.
07/10/1941
Ottobre 1941
Novembre 1941
G.B.
17/12/1941
O Estado de Sao Paulo
Jewish Chronicle
London Institute of Jewish Affairs
Comunicato stampa del
Joint Foreign Committee of the Board
of Deputies of British Jews
e dell’Anglo-Jewish Association
U.S.A.
U.S.A.
Svizzera
Dicembre 1941
Gennaio 1942
18/05/1942
01/06/1942
21/06/1942
New York Times
Seattle Daily Times
Neue Zurcher Zeitung
U.S.A.
26/06/1942
Yiddisher Kemfer
U.S.A
U.S.A
10/08/1942
10/09/1942
G.B.
Autunno 1942
Newsweek
Jewish Telegraphic Agency
Sezione britannica del
World Jewish Congress
U.S.A
25/11/1942
U.S.A.
BBC
New York Times
52.000 tra ebrei e non ebrei (pazienti gassati dell’ospedale psichiatrico Pavlov; zingari; priginieri di guerra sovietici) erano stati uccisi
dai nazisti a Kiev (con riferimento all’eccidio di Babi Yar del 29-30/09/1941).
Lo scrittore Thomas Mann denunciò alla radio i massacri subiti dagli ebrei (http://andreacarancini.blogspot.it/2010/09/i-discorsiradiofonici-di-guerra-di.html).
I nazisti avevano ucciso più di 100.000 ebrei nei paesi baltici, 100.000 in Polonia e un numero pari al doppio nella Russia occidentale.
Eccidio di almeno 200.000 ebrei in Russia, Polonia e nei paesi baltici.
“Parti indesiderate della popolazione, specialmente gli ebrei, sono state sterminate senza pietà”.
“Non crediamo ai rapporti trasmessi dal corrispondente del ‘The Times’ secondo il quale solo in Romania sarebbero stati uccisi
40.000 ebrei. Non crediamo neppure che siano stati uccisi 125.000 ebrei, come ha affermato un altro corrispondente dello stesso
giornale. Ma siamo convinti che complessivamente nei progrom il numero degli ebrei morti non sia inferiore a un quarto di milione.”
Il quotidiano annunciava che erano scomparsi treni interi su cui erano stati ammassati gli ebrei di Varsavia.
L’agenzia annunciava la deportazione di 300.000 ebrei da Varsavia.
Rapporto per il governo britannico riguardante il piano generale di persecuzione degli ebrei europei.
A pagina 10, il quotidiano riportava un articolo sui campi di Belzec, Sobibor e Treblinka, facendo menzione delle camere a gas e dei
forni crematori di Auschwitz e riportando la cifra di 2 milioni di ebrei sterminati.
Tabella 2. Cronologia delle informazioni sulla Shoah diffuse da altre fonti: servizi di spionaggio, agenti, ambasciate nei paesi neutrali,
lettere censurate, ecc.
Luogo
Data
Fonte
Agosto 1941
Comint
(Comunications intelligence)
U.R.S.S.
Agosto 1941
Rifugiati scampati ai nazisti e partigiani
Æ comunicano con Panteleimon
Ponomarenko (capo dello staff centrale
del movimento partigiano dell’URSS) nel
rapporto a Stalin Æ Ufficio di
informazione sovietico
(Sovinformbureau) Æ le notizie giungono
al mondo intero
G.B.
11/09/1941
Capo dei servizi segreti
G.B.
12/09/1941
Comunicato dei servizi segreti britannici
G.B.
U.S.A.
U.S.A.
U.S.A.
Dal 1941
Inizi di
ottobre 1941
Novembre
1941
Esercito – Marina –COI (Comitato di
coordinamento tra i servizi segreti) –
OSS (Ufficio dei servizi strategici)
guidato da Allen Dulles
Diplomatici americani in Turchia, Svezia,
Svizzera
Addetto militare all’ambasciata
americana a Berlino
IV divisione del NKVD – Pavel
Sudoplatov
Dipartimenti politici dell’Armata Rossa e
controspionaggio militare
Diplomatici presenti in Germania e in
Romania
Vjaceslav Molotov (Commissariato del
popolo per gli Affari esteri) Æ ai governi
con cui avevano relazioni diplomatiche
U.R.S.S.
1941
U.R.S.S.
Fine 1941
Alleati
Fine 1941
U.R.S.S.
07/01/1942
U.R.S.S.
Fine aprile
1942
Idem
U.R.S.S.
Dicembre
1942
IV divisione del NKVD –
Rapporto a Constantin Oumanski
(Commissariato degli Affari esteri)
Alleati
17/12/1942
Dichiarazione congiunta degli Alleati
Dati riportati
Æ Intercettazione e decriptazione dei segnali tedeschi (decifrato il codice utilizzato dalla Polizia d’Ordine delle SS).
Æ Decifrati i comunicati dei rappresentanti di Himmler (rapporti PRIT).
Alto numero di messaggi in cui si menzionavano fucilazioni in massa degli ebrei (non condivisi con i servizi statunitensi).
Gli ebrei venivano indiscrimatamente sterminati dalle truppe tedesche.
Nota di accompagnamento al fascicolo di messaggi decrittati inviati quotidianamente a Churchill: “Il fatto che la polizia stia uccidendo
tutti gli ebrei che cadono nelle sue mani dovrebbe essere ormai abbastanza chiaro. Si propone quindi di non continuare a riportare
esplicita notizia di questi massacri, a meno che non vi sia la specifica richiesta di farlo.”
“La fucilazine di ‘ebrei’ ricorre così spesso in questi messaggi, che le cifre sono state tolte dai rapporti sulla situazione e trasferite in
una sezione a parte (…). Che tutti quelli giustiziati come ‘ebrei’ siano davvero ebrei è ovviamente dubbio: tuttavia le cifre dimostrano
in maniera inequivocabile che è in atto una politica di intimidazione selvaggia, se non addirittura di vero e proprio sterminio.”
Rapporti.
Condizioni nella Polonia orientale: “liquidazione” e “sterminio” di ebrei.
Massacri su vasta scala degli ebrei nella Russia occupata dai tedeschi.
Ascolto trasmissioni dei rumeni da Odessa a Bucarest.
Informazioni sulle uccisioni di massa a seguito del contrattacco sferrato da Mosca alla fine del 1941.
Informazioni sulle uccisioni, anche tranite testimonianze oculari.
Riferimenti espliciti ai massacri compiuti in Ucraina e in Crimea, ma l’appartenenza etnica delle vittime fu passata sotto silenzio o
sminuita
Documenti tedeschi intercettati. Eccidio di 14.000 “persone” a Kharkiv, 3.000 a Taganrog, 6.000 “residenti pacifici” a Vicebsk, 10.000
a Pinsk e oltre 12.000 a Minsk.
“Dichiarazione del governo sovietico sulla realizzazione, ad opera dei criminali hitleriani, del piano di sterminio totale degli ebrei nei
territori occupati d’Europa”.
Pubblicazione non approvata.
- Sumner Welles di fronte ad una speciale riunione congiunta del Congresso e del Senato; Anthony Eden alla Camera deli Comuni
inglese; Vjaceslav Molotov dai microfoni di Radio Mosca.
“L’attenzione dei governi di Belgio, Cecoslovacchia, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia occupata dai sovietici,
Regno Unito, Stati Uniti e Jugoslavia, nonché del Comitato nazionale francese, è rivolta ai numerosi rapporti provenienti dall’Europa
in cui si riferisce che le autorità tedesche, non paghe di aver negato a persone di razza ebraica i più elementari diritti umani in tutti i
territori sui quali si è esteso il loro barbaro dominio, stanno ora mettendo in atto le intenzioni di Hitler, spesso ribadite, di sterminare
il popolo ebraico in Europa.”
Tabella 3. Governi in esilio
Luogo
Roma
Data
Estate 1940
Fonte
Vaticano
Estate 1941
Luglio 1942
Londra, nel 1940
POI
Aston Abbots, nel
Buckinghamshire
(Inghilterra), nel
1941
Metà
settembre
1942
Ulteriore rapporto all’attenzione del presidente ceco Edvard Benes.
Governo cecoslovacco
in esilio
Dispaccio del 27/10/1941 da
parte di monsignor Giuseppe
Burzio, nunzio apostolico in
Slovacchia.
Visita di Noah Barou e Alexander Eastermann della sezione londinese del World Jewish Congress al presidente Benes che viene
informato sul piano di sterminio di tutti gli ebrei d’Europa. Benes rimase scettico e pregò di non diffondere le informazioni fino alla loro
verifica.
Benes scrive: “Sembra che non ci sia nessuna prova in grado di dimostrare che i tedeschi stiano preparando un piano per lo sterminio
di massa di tutti gli ebrei.”
Conferma da parte degli U.S.A. a Benes. Il Consiglio di Stato cecoslovacco si riunì in sessione straordinaria e rilasciò una dichiarazione
sullo sterminio.
Il Vaticano ricevette la prima informazione sull’uccisione sistematica di numerosissimi ebrei da parte dei tedeschi. Burzio riferì che un
vescovo slovacco lo aveva informato dell’eccidio di numerosi ebrei residenti nel territorio slovacco conquistato dalla Germania,
compiuto dalla polizia e dall’esercito tedeschi. A sua volta, l’informatore di Burzio era stato informato da alcuni cappellani cattolici in
servizio nelle unità dell’esercito slovacco di stanza nel fronte orientale.
Ulteriore rapporto di Burzio
Le forze di sicurezza tedesche stavano massacrando gli ebrei in Russia; 80.000 ebrei slovacchi stavano per essere deportati.
29/09/1942
06/11/1942
22/11/1942
Autunno
1941
Vari Stati/Roma
Governo belga
a Londra
Marzo
1942
Marzo
1942
Aprile
1942
Maggio
1942
Luglio
1942
Luglio
1942
Settembre
1942
Natale 1942
Fine del
1942
Nunzi apostolici in Ungheria e
Svizzera
Monsignor Burzio
Padre Scavizzi
Arcivescovo
Andrzei Szeptycky di Leopoli
Rappresentanti del Vaticano
in Corazia
Monsignor Montini
Papa Pio XII
Leon Kubowitzki e
Max Gottschalk
Aprile 1943
31/08/1942
Francia
3/08/1944
Dati riportati
Dettagli delle atroctà commesse dai tedeschi sui cattolici polacchi. I capi della Chiesa polacca esercitarono una forte pressione su Pio
XII affinchè denunciasse, cosa che non avvenne.
Un agente in servizio presso il ministero tedesco dell’aeronautica trasmise le notizie sui massacri in Ucraina.
Informazioni sulla deportazione verso la Polonia di 48.000 ebrei. Invia una delegazione al vescovo di Londra con la richiesta di
informare l’arcivescovo di Westminster, il cardinale Arthur Hinsley.
Diplomatici presenti in
Ungheria, Bulgaria, Romania
Il Bureau Central de
renseignement et d’action
(BCRA) a Londra
Deportato evaso
Il nunzio di Berna ricevette un memorandum dalla Jewish Agency e dai rappresentanti del World Jewish Congress in Svizzera che
conteneva le stesse informazioni rivelate da Burzio.
Riferì che era iniziata la deportazione degli ebrei slovacchi. Informazioni confermate dall’ambasciatore slovacco alla Santa Sede
interpellato dal segretario di Stato del Papa, Luigi Maglione.
Cappellano in servizio su un treno-ospedale sovvenzionato dai Cavalieri di Malta, ritornò in Italia dal fronte orientale e informò il papa
che i tedeschi stavano massacrando gli ebrei in tutto l’Est europeo.
Il capo della Chiesa greca cattolica (uniate) nella Polonia sudorientale scrisse a Maglione e stimò che oltre 200.000 ebrei erano stati
uccisi solo nella sua arcidiocesi.
Riferirono che il capo della polizia croata aveva confermato che due milioni di ebrei erano già morti.
Dopo una conversazione con un uomo d’affari italiano giunto dalla Polonia, scrisse in una nota: “I massacri degli ebrei hanno raggiunto
forme e proporzioni terribili ed esecrabili. Ogni giorno hanno luogo incredibili carneficine.”
Si limitò ad una velata allusione all’eccidio degli ebrei.
I due ebrei di nazionalità belga, attivisti del World Jewish Congress, rifugiati negli U.S.A., informarono l’ambasciatore belga a New
York, George Theunis, sulla deportazione degli ebrei e sulla loro sorte in Polonia. Il governo belga non fece nulla e si giustificò
adducendo la scusa della nazionalità straniera degli ebrei presenti in Belgio.
Rifiuto di rilasciare una dichiarazione radiofonica sulla condizione degli ebrei belgi già deportati (motivazione: vedi sopra).
Inviarono rapporti molto chiari e precisi al Deuxieme Bureau di Vichy. Es°: invio rapporti del colonnello André Hallier, addetto militare
in Ungheria Æ 31/08/1942: “La sequenza del martirio è nota: trasporto in vagoni, campi di concentramento, camere a gas”.
Ricevette alcuni rapporti. Es°: prigioniero di guerra francese che aveva lavorato in una località vicina al campo di Mauthausen e riferiva
dell’esistenza delle camere a gas e dei forni crematori.
Arrestato e imprigionato a Drancy il 26/02/1943 e infine trasferito in Polonia il 18 luglio. Arrivato a Birkenau fu subito informato della
gassazione da altri prigionieri.
Tabella 4. Informazioni sullo sterminio e sull’utilizzo del gas trasmesse attraverso specifici rapporti
Luogo
G.B.
Data
Gennaio 1942
Fonte
Jewish Chronicle
Argentina
04/04/1942
Mundo Israelita
G.B.
“Rapporto del Bund”
Buenos Aires
U.S.A.
GB
U.S.A.
2,10 e 26
Giugno 1942
10/06/1942
12/06/1942
19/06/1942
26/06/1942
La Nación
Congress Weekly
Jewish Chronicle
Boston Daily Globe
U.S.A.
26/06/1942
Chigago Daily News
Buenos Aires
G.B.
30/06/1942
03/07/1942
G.B.
08/07/1942
Svizzera
Argentina
12/07/1942
18/07/1942
Fine luglio
1942
La Prensa
Jewish Chronicle
Conferenza stampa del governo
polacco in esilio e del governo
inglese
Aufbau e Toggeburger Tagblatt
Mundo Israelita
G.B.
08/08/1942
Svizzera/
U.S.A.
28/08/1942
BBC
Dati riportati
Esperimenti con il gas condotti a Mauthausen.
1200 ebrei olandesi, inviati nelle miniere di Mauthausen, erano stati uccisi in quel luogo dopo essere stati sottoposti ad
esperimenti con il gas.
Inviato dalla resistenza ebraica di Varsavia a due membri ebrei del Consiglio nazionale polacco in esilio a Londra:
Szmul Zygelbojm (Bund) e Ignacy Schwarzbart (gruppo sionista).
Menzionava i luoghi specifici in cui gli ebrei erano stati uccisi e forniva il numero degli ebrei già annientati stimandolo
a 700.000. Si metteva in evidenza l’uso di gas tossici come uno degli strumenti di morte.
Vennero riportati i passaggi salienti del rapporto del Bund.
Diede notizia del comunicato fornito dal governo polacco in esilio.
Uso dei furgoni per la gassazione nella Polonia orientale.
Vennero riportate le informazioni del rapporto del Bund.
Riferimento alle notizie del rapporto del Bund. Si parla dello sterminio di 700.000 ebrei come frutto di un piano.
Riferì delle camere a gas mobili di Chelmno. Fornì informazioni sulle condizioni disumane nei ghetti e nei campi di
lavoro, sull’eccidio di bambini e sulla deportazione verso est. Gli eccidi rientravano in un piano politico preparato dai
nazisti.
Rivelò l’eccidio di almeno 1 milione di ebrei nell’Europa dell’Est.
Informava sull’uccisione di 700.000 ebrei.
Comunicarono in modo ufficiale le notizie riportate nel rapporto del Bund.
Accennarono al massacro di 700.000 ebrei, richiamando il rapporto del Bund.
Informò dell’uso delle camere a gas mobili a Chelmno e dell’uccisione di 700.000 ebrei polacchi.
- Schulte comunicò al suo socio in affari a Zurigo, Isidor Koppelmann, di aver saputo che i nazisti pianificavano lo
sterminio di tutti gli ebrei d’Europa, facendo ricorso all’acido prussico.
- Koppelmann contattò Benjamin Sagalowitz, addetto stampa della comunità ebraica di Zurigo.
- Sagalowitz informò Riegner.
- Riegner informò Washington tramite la legazione americana a Berna, Londra tramite la legazione britannica a Berna e
il rappresentante cecoslovacco a Ginevra.
- L’8 agosto Riegner inviò lo stesso telegramma a Howard Elting, viceconsole americano a Ginevra, a H. B.
Livingstone, console inglese a Ginevra, e chiese che il dispaccio fosse inviato a Stephen Wise a New York.
- L’ambasciatore americano a Berna, Leland Harrison, dichiarò che il rapporto di Riegner era basato su voci
inattendibili. Lo inviò comunque a Washington.
- Negli U.S.A. il rapporto non venne preso in seria considerazione: “Voci non controllate ispirate da timori ebraici”.
- 28/08: Il Dipartimento di Stato disse che il cablogramma non doveva raggiungere Wise, ma Riegner aveva inviato lo
stesso messaggio a Sidney Silverman che lo inviò a Wise, il quale voleva renderlo immediatamente pubblico. Il
sottosegretario di Stato, Sumner Welles, decise di non divulgare la notizia fino a quando non ne fosse stata accertata la
veridicità.
- Wise contattò il giudice Felix Frankfurter e gli chiese di trasmettere l’informazione al presidente Roosevelt.
- I dirigenti inglesi del WJC informarono tutti i governi in esilio.
- Riegner spedì ulteriori rapporti alle alte cariche del WJC: Nahum Goldmann, Arje Tartakower, il rabbino Irving
Miller, Leon Kubowitzki e Jacob Robinson.
- Di conseguenza, il contenuto del telegramma di Riegner fu diffuso alla stampa ebraica prima dell’assenso del governo
americano.
- Leland Harrison aveva ricevuto l’ordine dal sottosegretario Welles di controllare le fonti di Riegner.
- 22/10: Riegner e Richard Lichtheim incontrarono Harrison e gli consegnarono tutto il materiale in loro possesso.
- Memorandum di circa 30 pagine inviato al governo americano.
- Carl Burckhardt, vicepresidente della Croce Rossa, fornì ulteriori informazioni al dipartimento di Stato americano.
- Welles permise a Wise di pubblicizzare il contenuto del cablogramma di Riegner.
- 24/11: Conferenza stampa di Wise che fornì dettagli sul processo di sterminio affermando che nei campi di Treblinka,
Belzec e Sobibor era in atto il massacro di quattro milioni di ebrei d’Europa.
- I funzionari del dipartimento di Stato erano restii a concludere che la Germania nazista stesse effettuando una politica
di sterminio di massa degli ebrei. Robert Borden Reams (esperto della questione profughi presso il dipartimento di
Stato) scrisse: “Il nostro obiettivo primario è vincere la guerra e tutte le altre considerazioni vanno poste in secondo
piano”.
- Anche negli ambienti ebraici si registrò un certo immobilismo (si vedano i casi di A. G. Brotman e Selig Brodetsky).
22/10/1942
24/11/1942
Tra l’estate e
l’autunno del
1942
U.S.A.
U.S.A.
02/10/1942
Ottobre 1942
G.B.
Ottobre 1942
Svezia
Istanbul
Ottobre 1942
15/10/1942
Novembre
1942
25/11/1942
27/11/1942
Svizzera
U.S.A.
U.S.A.
- World Jewish Congress
(Gerhart Riegner)
- Jewish Agency
(Robert Lichtheim)
- Zionist Organization (Samuel
Schoeps e Haim Posener)
- Joint Distribution Committee
(Saly Mayer)
- Hachalutz (Nathan Schwalb)
Jewish Chronicle
Jewish Telegraphic Agency
Board of Deputies
of British Jews
Judisk Kronica
La Boz de Turkyie
Servizi segreti in Svizzera
New York Times
Jewish Chronicle
G.B.
Novembre
1942
Rapporto di Jan Karski
Ufficiale di collegamento della
resistenza polacca
G.B.
27/11/1942
Polish National Counsil
G.B.
Dicembre
1942
10/12/1942
Governo polacco in esilio
G.B.
11/05/1943
Szmul Zygielbojm
U.S.A.
Luglio 1943
Jan Karski
U.S.A.
Roosevelt
I dirigenti indicati tra parentesi entrarono in possesso, tramite diversi canali, di singoli rapporti sulla politica nazista
dello sterminio di massa.
Diffuse una nota contenente le informazioni diffuse da Riegner.
Pubblicazione del cablogramma di Riegner.
Manifestazione alla Albert Hall di Londra.
Riferimento ai massacri con il gas.
Informava sullo sterminio degli ebrei polacchi.
Vengono rese note le informazioni provenienti da Eduard Schulte, un importante industriale tedesco che ebbe il ruolo di
informatore dei servizi segreti svizzeri e alleati.
Scrisse che convogli carichi di ebrei stavano per giungere al “forno crematorio nella cittadina di Oswiecim”.
Idem
Due leader del movimento ebraico clandestino riferirono che più di 1,8 milioni di ebrei erano stati già uccisi dai
tedeschi e che 500.000 ebrei, ammassati nel ghetto di Varsavia, stavano per essere deportati nei campi della morte.
- Nel novembre del 1942 Karski arrivò in Inghilterra e consegnò il suo rapporto al governo polacco in esilio e alle
autorità inglesi.
Si riunì per discutere del rapporto di Karski. Votò all’unanimità per chiedere al governo polacco in esilio di fare
pressioni sugli Alleati affinchè preparassero un piano di rappresaglia contro i tedeschi.
Roosevelt riferì a una delegazione ebraica che il governo era informato sugli eventi trasmessi dai delegati che, a loro
volta, avevano avuto delle conferme.
Nota inviata agli Alleati (informazioni sullo sterminio; richiesta di misure efficaci per aiutare gli ebrei d’Europa).
Fuggito dalla Polonia nel gennaio del 1940, fu rappresentante del Bund presso il governo polacco in esilio a Londra.
Si suicidò in segno di protesta contro l’indifferenza degli Alleati.
Parlò a Roosevelt di Auschwitz. John Pehle affermò che Roosevelt aveva deciso di creare il WRB dopo il colloquio con
Karski.
Tabella 5. Informazioni sul campo di Auschwitz
Luogo
Data
Fonte
G.B.
U.S.A.
Inverno 1940
15/07/1942
Primavera 1942
Febbraio 1943
16/05/1943
Bletcheley Park
Daily Express
G.B.
Argentina
Inglesi
La Nación
“Relazione del maggiore polacco”
Estate 1944
Resoconto di Alfred Wetzler e
Walter Rosenberg (Rudolf Vrba)
Resoconto di Czeslaw Mordowicz e
Arnost Rosin
Alleati
Estate/Autunno
1944
Versione finale del rapporto
su Auschwitz
Dati riportati
Informazioni sul ruolo di Auschwitz nella rete dei campi dell’Alta Slesia.
Deportazione di 2000 ebrei dall’Olanda ad Auschwitz.
Intercettarono e decifrarono rapporti statistici quotidiani provenienti da diversi campi, compreso Auschwitz.
Es°: agosto 1942: mortalità ad Auschwitz: 6889 uomini e 1525 donne.
Il tasso di mortalità mensile medio ad Auschwitz era di 300 persone.
Scritta da Jerzy Tabeau, ex prigioniero politico polacco, che riuscì a fuggire da Auschwitz il 19/11/1943.
La relazione fu fatta circolare dal governo polacco in esilio a Londra.
Evasi il 07/04/1944. Il 27 aprile raggiunsero Zilina, nella Slovacchia settentrionale.
Evasi il 27/05/1944 e giunti in Slovacchia il 6 giugno.
Il documento conteneva le tre relazioni sopra riportate e fu inviato agli Alleati, al governo ceco in esilio, ai rappresentanti sionisti a
Istanbul, Ginevra e Budapest, al nunzio apostolico a Bratislava, al governo svedese e ad altri enti.
- 16/05/1944: Isaac Sternbuch (Comitato ortodosso di soccorso in Svizzera) aveva ricevuto una sintesi del rapporto in cui si
chiedeva con urgenza agli Alleati di bombardare il campo di sterminio e le linee ferroviarie.
- Ampi stralci del rapporto furono pubblicati dalla stampa svizzera.
- Il 16 giugno il rapporto arrivò al dipartimento di Stato americano.
- Riegner telegrafò un riassunto di sei pagine ai governi di G.B., U.S.A. e Cecoslovacchia, nel quale sollecitava un intervento
militare per fermare lo sterminio e invocava la massima diffusione della notizia. Chiese anche di far intervenire la Santa Sede
affinchè pronunciasse la condanna delle atrocità naziste.
- Il 18 giugno la BBC trasmise alcuni passi del documento.
- Nel novembre del 1944 il rapporto, intitolato “I campi di sterminio tedeschi: Auschwitz e Birkenau” fu pubblicato dal WRB.
- Il 26/11/1944 il New York Times ne riportò diversi passi.
- il 25/06/1944 il papa inviò un telegramma a Horthy “affinchè facesse tutto ciò che era in suo potere per risparmiare ulteriori
sofferenze a tanti sventurati”.
- Il Consiglio mondiale delle Chiese fece un appello a tutte le Chiese associate affinchè denunciassero la deportazione e l’assassinio
degli ebrei ungheresi.
- Gli Alleati minacciarono di bombardare Budapest.
- Il 06/07/1944 Horthy ordinò di fermare le deportazioni ad Auschwitz.
- Tra il 4 aprile e il 13 settembre del 1944 (4 aprile, 31 maggio, 25 giugno, 23 e 25 agosto, 13 settembre) gli aerei dell’US Air Force
e della Royal Air Force scattarono diverse foto aeree, tra cui la celebre foto che mostrava le colonne di fumo dei crematori (23
agosto 1944).
- Il 20 agosto e il 13 settembre gli americani colpirono l’area industriale di Auschwitz. Il 14 agosto il dipartimento di Guerra
affermò che l’intervento aereo su Auschwitz non era possibile. Tutte le altre richieste di intervento furono rigettate.
- Nel luglio del 1944 Churchill e Eden appoggiarono le richieste di intervento aereo, ma in realtà non si arrivò mai alla fase
operativa.
L’11 luglio 1944, Churchill scrisse due lettere identiche all’arcivescovo di Canterbury e all’industriale ebreo Lord Melchett:
“Non v’è dubbio che si tratti probabilmnete del maggiore e più orrendo crimine mai commesso nell’intera storia del mondo, perpetrato da una macchina di sterminio scientificamente creata da
uomini apparentemente civilizzati nel nome di un grande Stato e di una delle razze più importanti d’Europa… Non è necessario che io le assicuri che la situazione ha ricevuto e riceverà la massima
e più urgente considerazione da parte dei miei colleghi e mia, ma come ha dichiarato il ministro degli Esteri nel suo discorso alla Camera dei Comuni il 5 luglio 1944, la speranza principale di
porre fine a tutto questo deve rimanere la rapida vittoria delle Nazioni Alleate.”
Tutte le tabelle sono state ricostruite a partire dallo studio di David Bankier e delle altre pubblicazioni citate nella nota 22.
2. La Conferenza delle Bermuda
Nel frattempo, la diffusione delle notizie provenienti dall’Europa e i movimenti di pressione
organizzati sul territorio americano così come su quello inglese 38 portarono Gran Bretagna e Stati
Uniti, un mese dopo, tra il 19 e il 29 aprile del 1943, ad organizzare la Conferenza delle Bermuda.
La discussione ruotò principalmente attorno alla possibilità che alcuni dei rifugiati già liberati
raggiungessero paesi neutrali per essere evacuati in rifugi sicuri. Fu evidente che la Conferenza
serviva più ad acquietare le proteste interne per il vuoto decisionale relativamente alle azioni di
salvataggio degli ebrei che a cercare ed attuare forme di aiuto concreto.
La stessa scelta della sede della Conferenza indicava la volontà di rendere inaccessibile il luogo
(ufficialmente a causa delle misure di scurezza dovute al conflitto mondiale) affinchè non si creasse
attorno all’evento troppa attenzione e si potesse controllare il numero dei giornalisti e di
rappresentanti ammessi alla Conferenza stessa. 39 Ad esempio non fu consentita la partecipazione di
membri del Joint Distribution Committee e del Congresso ebraico mondiale con il cui presidente
Roosevelt aveva avuto contatti sin dal 1942 40 .
38
Il 23 marzo del 1943 l’arcivescovo di Canterbury, William Temple, parlò alla Camera dei Lords a Londra e supplicò
il governo inglese affinchè si attivasse per un aiuto concreto nei confronti degli ebrei d’Europa: “Noi in questo
momento abbiamo una responsabilità enorme. Ci troviamo davanti al giudizio della storia, dell’umanità e di Dio”. Fin
da quando la notizia sul piano di Hitler di sterminare gli ebrei d’Europa raggiunse gli inglesi alla fine del 1942, i leader
della Chiesa inglese e i membri del Parlamento avviarono discussioni e riflessioni per attivarsi. L’appello di Temple
segnò il culmine della richieste.
39
http://yad-vashem.org.il/odot_pdf/Microsoft%20Word%20-%206001.pdf.
40
Va ricordato brevemente che i contatti tra Stephen S. Wise, presidente del Congresso ebraico mondiale, e F. D.
Roosevelt furono frequenti. L’8 dicembre del 1942 Wise e altri importanti membri di varie organizzazioni ebraiche (il
Memorandum sotto riportato fu firmato anche da Maurice Wertheim, presidente dell’American Jewish Commitee,
Henry Monsky, presidente del B'nai B'rith, Adolph Held, presidente del Jewish Labor Committee, Israel Goldstein,
presidente del Synagogue Council of America, Rabbi Israel Rosenberg, Presidente della Union of Orthodox Rabbis)
incontrarono Roosevelt per discutere delle notizie che giungevano dall’Europa tramite Riegner. Nonostante
l’accoglienza e l’ascolto dato da Roosevelt ai problemi posti, non venne presa nessuna decisione pratica. In una lettera
del 15/12/1943 Wise scrisse a Tartakower che il presidente e il Dipartimento di Stato “si rendono conto dell’enormità
del crimine commesso contro i nostri fratelli ebrei nelle terre occupate da Hitler, e che il nostro governo è deciso a
impedire con ogni mezzo che si continui a nuocere al popolo ebriaco come è avvenuto e sta avvenendo.” (Hilberg, R.,
cit, pp. 235-236).
Da The Black Book, cit. pp. 241-242:
“MEMORANDUM TO THE PRESIDENT OF THE UNITED STATES SUBMITTED AT THE WHITE HOUSE ON
TUESDAY, DECEMBER 8, 1942 BY A DELEGATION OF REPRESENTATIVES OF JEWISH ORGANIZATIONS
COMPRISING THE AMERICAN JEWISH COMMITTEE, THE AMERICAN JEWISH CONGRESS, B'NAI B'RITH,
THE JEWISH LABOR COMMITTEE, THE SYNAGOGUE COUNCIL OF AMERICA, UNION OF ORTHODOX
RABBIS
Mr. President:
We come to you as representatives of all sections of the Jewish community of the United States. Within recent months
all Americans have been horrified by the verification of reports concerning the barbarities against the inhabitants
of countries overrun by Hitler's forces. To these horrors has now been added the news of Hitler’s edict calling for the
extermination of all Jews in the subjugated lands. Already almost two million Jews, men, women and children, have
been cruelly done to death, and five million more Jews live under the threat of a similar doom. The record of these
heinous crimes against the Jews in Nazi Europe is detailed in the attached memorandum. Every device of a perverted
and malignant ingenuity is being employed to hasten the process of their destruction. The result is a crime so monstrous
as to be without para11el in history. The victims of this brutality are guilty of no crime save that they are the children of
the people through whose divine law and through whose prophets the world was given the ideas which constitute a
basic part of the civilization that the Nazis seek to destroy. Through the bodies of these innocent and defenseless
victims the Nazis strike at civilization itself. Death and destruction follow everywhere in the wake of the Nazi armies.
Lands have been laid waste and their peoples destroyed or enslaved. In the midst of their suffering, however, the
peoples of Europe are sustained by a hope that the victory of the Democracies will destroy the Nazi scourge and restore
freedom to the world. European Jews share that hope. But will they live to see the dawn of this day of freedom?
Unless action is taken immediately, the Jews of Hitler Europe are doomed. In this hour of deepest anguish and despair
we turn to you, Mr. President. You are the symbol of humanity's will to fight for freedom. Your choice awakened the
conscience of the world to the great crime of Lidice. When hundreds of innocent French hostages were led to execution,
yours was the prophetic word of democracy and human decency. We ask you now once again to raise your voice-in
behalf of the Jews of Europe. We ask you once again to warn the Nazis that they will be held to strict accountability for
Un commentatore scriveva sul New Republic: “Nessuna organizzazione ebraica è rappresentata e la
conferenza è puramente esplorativa, non può prendere alcuna decisione e qualunque
raccomandazione prenda deve essere presentata al comitato esecutivo del Comitato
Intergovernativo per i Rifugiati. Nel frattempo la macellazione degli ebrei va avanti ora dopo
ora.” 41
Anche le questioni all’ordine del giorno furono piuttosto limitate, dato che non era nemmeno in
discussione la possibilità di consentire un certo numero di ingressi in Palestina o di allargare i
cordoni dei flussi migratori negli Stati Uniti.
Inoltre, buona parte del tempo fu impiegata per discutere di un possibile rinnovamento del Comitato
Intergovernativo sui Rifugiati creato nel 1938 alla Conferenza di Evian (6-15 luglio 1938) al fine di
poter negoziare sui rifugiati con la Germania, anche se nessuno era disposto a finanziare un
possibile intervento in tal senso.
Il Foreign Office era attanagliato dalla paura che il piano di salvataggio avesse troppo successo. In
una nota il Ministero degli Esteri sottolineò la presenza di alcuni “fattori di complicazione”: “C’è la
possibilità che i tedeschi o i loro paesi satelliti possano passare da una politica di sterminio ad una
di estrusione, e mirino come hanno fatto prima della guerra a mettere in difficoltà gli altri paesi
inondandoli con immigrati stranieri.” 42
La Conferenza fu un fallimento perché non c’era nessuna reale intenzione di prestare soccorso agli
ebrei, anzi gli Stati Uniti incaricarono i propri rappresentanti di non assumere impegni su trasporti,
fondi o nuove agenzie di soccorso e non furono tenuti in debita considerazione idee e suggerimenti
come quella del Vicesegretario di Stato, Adolf Berle, che propose di istituire un rifugio temporaneo
sicuro per un massimo di 100.000 ebrei in una zona della Cirenaica (Libia orientale) o quelle del
Comitato consultivo del Presidente per i Rifugiati Politici, tra cui la proposta di creare un rifugio
nell’Honduras britannico.
Alla fine si giunse solamente a stilare pochi suggerimenti per permettere ad alcuni profughi di
lasciare la Spagna e ad una dichiarazione sul rimpatrio dei rifugiati nel dopoguerra. Gli inglesi
fecero in modo che tra le raccomandazioni entrasse anche la possibilità che gli americani
ammettessero dai 1.000 ai 1.500 rifugiati presenti in Spagna. In realtà, nulla di tutto ciò fu fatto, ma
i conferenzieri, desiderosi di risultati, almeno sulla carta, lasciarono passare questa proposta 43 .
La reazione alla Conferenza fu improntata a indignazione e rabbia. Sul New York Times del 4
maggio 1943, l’American Zionist Committee for a Jewish Army fece publicare un articolo il cui
titolo era: “Per i 5.000.000 di ebrei nella trappola mortale del nazismo la Conferenza delle Bermuda
è stata una beffa crudele.” 44
Come disse Rabbi Israel Goldstein: “Il lavoro della Conferenza delle Bermuda apparentemente non
era quello di salvare delle vittime del terrore nazista, ma di salvare il nostro Dipartimento di Stato e
il Ministero degli Esteri britannico”. 45
Alla luce dei documenti e dei risultati delle ricerche degli storici, le analisi di Wyman così come
quelle di Feingold 46 e di Hilberg confermano il quadro relativo a quelli che lo stesso Hilberg ha
definito gli “spettatori”.
their crimes. We ask you to employ every available means to bring solemn protest and warning to the peoples of the
Axis countries so that they may be deterred from acting as the instruments of the monstrous designs of their mad
leaders. We urge that an American Commission be appointed at once to receive and examine all evidence of Nazi
barbarities against civilian populations, and to submit that evidence to the bar of public opinion and to the conscience of
the world. It is our earnest hope that such action as you may initiate will be joined with similar action by all the United
Nations. We are of the belief that you can speak the word and take such action as will strike fear into the hearts of the
enemies of civilization and at the same time bring hope and faith to their victims. In this spirit, we appeal to you, Mr.
President. Speak the word! Institute the action!”
41
http://www.pbs.org/wgbh/amex/holocaust/peopleevents/pandeAMEX89.html.
42
Wyman, D., cit., p. 105; http://www.american-buddha.com/lit.abandonjew.3.6.htm.
43
Wyman, D., cit., p. 114.
44
http://en.wikipedia.org/wiki/Bermuda_Conference.
45
http://www.answers.com/topic/bermuda-conference.
L’ambasciatore polacco negli Stati Uniti, Jan Ciechanowski, in un incontro del 25 giugno del 1943,
spiegò ad Arie Tartakower 47 : “L’unico modo efficace per salvare gli ebrei polacchi sarebbe una
dichiarazione da parte degli Stati Uniti e del governo britannico che per ogni ebreo ucciso verrà
ucciso un tedesco. Sfortunatamente, finora tale dichiarazione non è stata fatta, nonostante i
numerosi sforzi del governo polacco di convincere in questo senso i due governi.” 48
Era chiaro che “per l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti la salvezza degli ebrei non
era prioritaria. Dal 1941 al 1945 tutte e tre le nazioni furono assorbite dalla guerra, dalle perdite e
dalle vittorie in battaglia e dal problema delle rispettive sfere d’influenza dopo la guerra.” 49
Né potè avere effetti significativi immediati la Dichiarazione sulle atrocità50 rilasciata dalle tre
potenze (in realtà quattro dato che era presente anche la Cina) al termine della Conferenza di Mosca
del 30 ottobre 1943, al di là della presa di coscienza dei crimini commessi dai nazisti e
dell’importante riconoscimento della necessità di istituire tribunali per giudicare i crimini di guerra
e i crimini contro l’umanità. Tra le altre cose in quel documento non compare mai la parola ebreo 51 .
Dopo quasi un anno dalla dichiarazione congiunta dei membri delle Nazioni Unite 52 , risalente al 17
dicembre 1942 e frutto della necessità di dare una risposta al moltiplicarsi delle manifestazioni, al
46
Feingold, Henry L., The politics of rescue. The Roosevelt administration and the holocaust 1938-1945, Rutgers
University Press, New Brunswick, New Jersey, 1970.
47
Responsabile della Sezione assistenza del Congresso ebraico mondiale e vicedirettore dell’Istituto degli affari ebraici.
48
Hilberg, R., cit, pp. 201-202. Si veda anche Karski, J, cit., pp. 406-409.
49
Hilberg, R., cit., p. 240.
50
La Dichiarazione fu firmata dal Presidente Roosevelt, dal Primo Ministro Churchill e dal Premier Stalin.
“Il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica hanno ricevuto da molte parti prove inconfutabili di
atrocità, massacri ed esecuzioni di massa spietate, perpetrate dai Nazisti di Hitler in molti dei paesi invasi e dai quali
vengono ora costantemente scacciati. Le brutalità commesse durante l’occupazione Nazista sono note e i popoli dei
Paesi caduti sotto quegli artigli hanno sofferto la peggiore forma di terrore e di sofferenza. Quello che sta accadendo ora
è che in molti di quei territori, in seguito all’avanzata delle forze di liberazione Alleate, le truppe Naziste in preda alla
disperazione stanno intensificando la loro spietata crudeltà. Ciò è dimostrato con particolare chiarezza dai reati
mostruosi che vengono commessi in Unione Sovietica, in Francia e in Italia.
In seguito a questi recenti avvenimenti, le tre potenze Alleate, nell’interesse di trentadue Nazioni Unite, dichiarano
solennemente quanto segue:
Al momento di concedere qualsiasi armistizio a qualsiasi governo che sarà costituito in Germania, quegli ufficiali
tedeschi e quei membri del partito Nazista che si siano resi responsabili, direttamente o indirettamente, delle sopra citate
atrocità, verranno trasferiti nei Paesi nei quali i loro atti abominevoli sono stati commessi, affinché possano essere
giudicati e puniti secondo le leggi di quegli stessi Paesi. Liste dettagliate dei colpevoli saranno redatte da tutte le
Nazioni coinvolte, in special modo da quelle che sono state invase come l’Unione Sovietica, la Polonia, la
Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Grecia inclusa Creta e le altre isole, la Norvegia, la Danimarca, l’Olanda, il Belgio, il
Lussemburgo, la Francia e l’Italia.
I Tedeschi che hanno preso parte alla fucilazione in massa di ufficiali Polacchi o all’esecuzione capitale di ostaggi
Francesi, Olandesi, Belgi, Norvegesi e di contadini Cretesi, o che hanno partecipato ai massacri inflitti ai popoli della
Polonia e dell’Unione Sovietica, devono sapere che saranno ricondotti sulla scena dei loro crimini e giudicati sul posto
dalla stessa gente che hanno oltraggiato.
Stiano attenti coloro che non hanno finora macchiato le loro mani con sangue innocente ad unirsi ai criminali poiché in
tal caso le tre Potenze Alleate li cercheranno fin nei più remoti angoli della terra per catturarli e consegnarli ai loro
accusatori affinché sia fatta giustizia.
Questa dichiarazione riguarda anche criminali tedeschi le cui violazioni non sono state commesse in una particolare
localizzazione geografica e che saranno perseguiti secondo modalità da concordare tra i Governi Alleati.”
Fonte: http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/conferenze_inter/conferenza_mosca.htm; anche
http://en.wikisource.org/wiki/Moscow_Declaration.
51
Wyman ricorda che il WRB era convinto che fosse necessaria una campagna di pressione mediatica e psicologica nei
confronti della Germania, attraverso il riconoscimento esplicito dei crimini di guerra compiuti dai nazisti. Purtroppo dei
richiami e delle condanne americane solo due si riferirono in modo specifico agli ebrei, l’ultimo nel dicembre 1942.
Così il WRB, nel marzo del 1944, preparò un nuovo documento che metteva in risalto i crimini contro gli ebrei. I
contenuti del documento furono notevolmente annacquati, ma ci si accontentò, soprattutto perché c’era il riferimento,
piuttosto vago, alla possibilità di trovare luoghi di riparo per le vittime delle oppressioni. Wyman, D., cit., p. 256.
52
Da The Black Book, cit. p. 236: “The attention of the Belgian, Czechoslovak, Greek, Jugoslav, Luxembourg,
Netherlands, Norwegian, Polish, Soviet, United Kingdom and United States Governments and also of the French
memorandum consegnato da Wise l’8 dicembre (n. 39), ma anche alla risoluzione dle Consiglio
nazionale polacco del 27 novembre 53 e alle dieci pagine inviate dal governo polacco in esilio il 10
dicembre (The Mass Extermination of Jews in German Occupied Poland 54 ), gli Alleati erano ancora
fermi alla presa d’atto delle atrocità e alle minacce relative a future punizioni.
3. Il War Refugee Board.
Fu necessario aspettare il 22 gennaio del 1944 affinchè il presidente Roosevelt, sulla spinta della
cosiddetta Rescue Resolution presentata in Parlamento da Will Rogers Jr. e Joseph C. Baldwin, ma
anche sotto la pressione esercitata da Morgenthau che aveva letto il rapporto di Joe DuBoi Jr 55 ,
creasse il War Refugee Board (WRB), composto dal Segretario di Stato, Cordell Hull, dal
Segretario del Tesoro, Henry Morgenthau, e dal Segretario di Stato per la Guerra, Henry Lewis
Stimson, e diretto da John W. Pehle, già assistente del Segretario del Tesoro, a cui successe il
generale di brigata William O’Dwyer.
Erano passati circa 2 anni e mezzo da quando le prime informazioni sullo sterminio erano filtrate e
14 mesi da quando erano stati resi pubblici i rapporti di Riegner, nell’autunno del 1942.
Il WRB era rappresentato a livello internazionale in Turchia, Svizzera, Svezia, Portogallo, Gran
Bretagna, Italia e Nord Africa. Le sue funzioni prevedevano “lo sviluppo di piani e programmi e
l’inaugurazione di misure efficaci per (a) il salvataggio, il trasporto, il sostentamento e il soccorso
delle vittime dell’oppressione nemica, e (b) l’istituzione di luoghi di rifugio temporaneo per le
vittime di questo tipo.” 56
Nell’Ordine Esecutivo 9417 con cui Roosevelt creò il WRB, il presidente scrisse: “La politica di
questo governo è quella di prendere tutte le misure in suo potere per salvare le vittime
dell’oppressione nemica che si trovano in imminente pericolo di morte e di offrire a queste vittime
tutto l’aiuto e l’assistenza possibile coerentemente con il successo nel proseguimento della
guerra.” 57
Come afferma Wyman, “questo ordine, che aveva forza di legge, avrebbe dovuto aprire la
strada ad una poderosa campagna di soccorso. Ma il WRB non ebbe la cooperazione che le era stata
promessa. Di conseguenza, la sua capacità di salvataggio è sempre stata sostanzialmente inferiore a
quello che avrebbe dovuto essere.” 58
National Committee has been drawn to numerous reports from Europe that the German authorities, not content with
denying to persons of Jewish race in all the territories over which their barbarous rule has been extended, the most
elementary human rights, are now carrying into effect Hitler's oft-repeated intention to exterminate the Jewish people in
Europe. From all the occupied countries Jews are being transported in conditions of appalling horror and brutality to
Eastern Europe. In Poland, which has been made the principal Nazi slaughterhouse, the ghettos established by the
German invader are being systematically emptied of all Jews except a few highly skilled workers required for war
industries. None of those taken away are ever heard of again. The able-bodied are slowly worked to death in labor
camps. The infirm are left to die of exposure and starvation or are deliberately massacred in mass executions. The
number of victims of these bloody cruelties is reckoned in many hundreds of thousands of entirely innocent men,
women and children. The above-mentioned governments and the French National Committee condemn in the strongest
possible terms this bestial policy of cold-blooded extermination. They declare that such events can only strengthen the
resolve of all freedom-loving peoples to overthrow the barbarous Hitlerite tyranny. They reaffirm their solemn
resolution to insure that those responsible for these crimes shall not escape retribution, and to press on with the
necessary practical measures to this end.”
53
The Black Book, cit. pp. 289-290.
54
Il testo è consultabile su http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015027233504#view=2up;seq=2.
55
Si tratta di un rapporto sulla reale situazione degli ebrei e su tutte le informazioni giunte dall’Europa e spesso
nascoste dallo stesso Dipartimento di Stato a causa del lavoro ostruzionistico portato avanti da Breckinridge Long. Si
veda Gruber, R., cit., pp. 22-26; Wyman, D., cit., pp. 193-206 o www.american-buddha.com/lit.abandonjew.3.11.htm.
56
Si veda www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Holocaust/wrb1.html e, inoltre, Papers of the War Refugee Board, p.
VII-VIII in www.lexisnexis.com/documents/academic/upa_cis/11129_%20WarRefugeeBoardPt1.pdf.
Sul WRB si veda Wyman, D., cit., cap. 12.
57
www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Holocaust/wrb1.html. Si veda l’intero documento nella sezione documenti (4).
58
Wyman, D., cit., p. 210.
Gli sforzi maggiori arrivarono da Morgenthau, seppur nei limiti di un’azione che prevedeva
l’evacuazione solamente nei luoghi che lo consentivano, ovvero in Turchia, Spagna, Svezia,
Svizzera e nei territori dell’Italia meridionale già liberati dagli Alleati.
Dato che l’interesse di questa ricerca è rivolto principalmente all’Italia, si rimanda agli studi di
Wyman e Hilberg per un resoconto sulla ricerca di luoghi di rifugio negli altri paesi europei. 59
4. La situazione nell’Italia meridionale e l’accoglienza dei profughi negli Stati Uniti.
Negli stessi giorni che portarono alla firma di Roosevelt per la creazione del WRB, la guerra in
Italia era caratterizzata dalla Battaglia di Monte Cassino e dallo sbarco ad Anzio (operazione
Shingle). Le forze militari angloamericane avanzavano e la situazione nell’Italia meridionale e,
seppur in parte, in quella centrale, si andava stabilizzando.
Nel frattempo, già dal novembre del 1943, molti rifugiati, per la maggior parte provenienti dalla
Jugoslavia, raggiunsero il Sud Italia, grazie al movimento di resistenza di Tito e alla cooperazione
degli Alleati, come nel caso dell’aiuto fornito dalla marina britannica.
L’esercito britannico mise al riparo e si prese cura dei fuggitivi arrivati in Italia e, utilizzando due
truppe, li trasferì nei campi di El Shatt e Khatatba, in Egitto. Quasi tutti i rifugiati erano civili
jugoslavi. Pochi erano ebrei, circa 500 sui primi 15.000 arrivati, e rimasero in Italia perché
l’amministrazione del campo inglese in Egitto si oppose alla loro presenza. 60
Qualche mese dopo, nella primavera del 1944, El Shatt e Khatatba erano pieni per tre quarti. Il
problema era costituito dal fatto che i rifugiati continuavano ad entrare in Italia al ritmo di 1.800
persone a settimana, la qual cosa significava che i campi nel Nord Africa si sarebbero presto
riempiti e tutti gli altri sarebbero rimasti in Italia con un notevole sovraccarico delle strutture
militari presenti nel Sud. La decisione, allora, fu quella di scoraggiare l’ulteriore arrivo di rifugiati
in tutto l’Adriatico, facendo mancare l’assitenza nell’attraversamento dell’Adriatico che aveva
caratterizzato i mesi precedenti.
Lo stesso WRB cominciò ad occuparsi della situazione italiana. A marzo del 1944 un agente del
Dipartimento del Tesoro con sede in Africa e poi Leonard E. Ackermann, rappresentante del WRB
nel Nord Africa, nominato successivamente rappresentante del WRB in Italia, presero atto della
situazione di crisi venutasi a creare in Italia. Si rendeva necessario cercare nuovi campi di
accoglienza per evacuare i rifugiati presenti nelle regioni meridionali e permettere a nuovi profughi
provenienti dalla Jugoslavia e dall’Ungheria di raggiungere l’Italia.
Roosevelt, informato della situazione da Morgenthau, riconobbe che non era possibile interrompere
il flusso di rifugiati che attraversavano l’Adriatico, anche se per il momento non restava che
rallentare il loro arrivo.
Nello stesso periodo, per l’esattezza il 6 marzo, Joe DuBois aveva presentato un memorandum al
presidente raccomandando l’apertura di luoghi di rifugio temporanei in cui i profughi avrebbero
potuto essere trattati come “prigionieri di guerra”. L’invito fu portato avanti anche da Peter H.
Bergson 61 , un emissario negli Stati Uniti del Revisionist Zionist, che chiese la creazione di 25
miglia quadrate di campi in 5 luoghi temporanei in Palestina, Turchia, Nord Africa e in alcuni
campi militari abbandonati presenti sul suolo americano.62
Era necessario trovare una soluzione che ovviasse al blocco politico posto dalle leggi
sull’immigrazione e dagli isolazionisti presenti in Congresso.
Samuel Grafton, editorialista del New York Post, offrì una soluzione brillante. Nella sua rubrica del
5 aprile 1944 si chiese: “Perché non dotarsi di un sistema di porti franchi per i rifugiati in fuga dal
terrore di Hitler? Ovviamente abbiamo bisogno di un luogo, nel quale possiamo sistemare i
rifugiati, senza prendere una decisione definitiva su di loro, un luogo, nel quale possono essere
depositati e registrati, per così dire, senza creare problemi legali e politici.... Naturalmente, io provo
59
Wyman, D., cit., pp. 215-234 e capitolo 14; Hilberg, R., cit., cap. 23.
Wyman, D., cit., p. 227 o http://www.american-buddha.com/lit.abandonjew.4.12.htm.
61
http://www.ushmm.org/wlc/en/article.php?ModuleId=10007041.
62
Gruber, R., cit. p. 27.
60
un po’ di vergogna nel vedermi assecondare i pregiudizi anti-profughi fino al punto di dire sì,
accumulate su di loro le incapacità legali, non dategli alcun diritto, immagazzinateli come se fossero
mais, custoditeli come se fossero bestiame - ma la necessità è così forte, il tempo è così breve, il
nostro attuale esempio dato al mondo è così negativo, che bisogna accontentarsi di ciò che può
essere fatto.” 63
Il presidente preferì che si parlasse di “emergency refugees shelters” e non di “free ports” come li
aveva definiti Grafton nel suo articolo. Fatto sta che ormai l’idea era stata recepita e con il lavoro di
Pehle e Morgenthau la risoluzione per l’apertura di un luogo in cui accogliere i rifugiati sul suolo
americano era in dirittura d’arrivo.
La spinta politica interna e le necessità evidenziate nell’Italia meridionale spinsero Roosevelt a
prendere la decisione tanto attesa. Nel corso di una riunione di Gabinetto del 24 maggio 1944,
Morgenthau introdusse la risoluzione, redatta dal WRB, proponendo di portare 1.000 profughi
dall’Italia negli Stati Uniti. Roosevelt sottolineò comunque che non avrebbe approvato l’apertura di
un solo rifugio negli Stati Uniti se non avesse potuto assicurare al Congresso che altri luoghi
sarebbero stati aperti nell’area del Mediterraneo in modo tale che la sua scelta, caduta su Oswego,
non diventasse un precedente che potesse portare ad un programma americano più vasto. 64 Non a
caso i campi del MERRA 65 accettarono 15.000 persone in più, per lo più jugoslavi tra cui c’erano
pochi ebrei. Il campo francese di Philippeville, così come quello di Fedhela, accettarono ebrei
provenienti solo dalla Spagna. Nell’ottobre del 1944 l’American Jewish Committee annunciò che si
aspettava l’apertura di rifugi simili a quello di Oswego in Ecuador, Venezuela, Paraguay e Messico.
Quest’ultimo si adoperò per l’accoglienza di diverse migliaia di rifugiati polacchi non ebrei.
Comunque sia, la scelta di Oswego, su cui ci si soffermerà nel resto della trattazione, rimase l’unico
atto concreto di accoglienza di profughi sul suolo americano e, come si è visto, non servì da
modello per la creazione di altri luoghi per i rifugiati né negli Stati Uniti né altrove. 66
63
Ivi, pp. 27-28.
Lowenstein, Sharon R., Token refugee. The story of the jewish refugee shelter at Oswego, 1944-1946, Indiana
University Press Bloomington, 1986, p. 37. Per la ricerca di altri rifugi si veda Wyman, cit., cap. 14, paragrafo The
search for Havens, pp. 260-268. o http://www.american-buddha.com/lit.abandonjew.4.14.htm.
65
MERRA sta per Middle East Relief and Refugee Administration. Fu istituito per affrontare i vari problemi creati dal
grande afflusso di profughi provenienti dalla Polonia, dalla Grecia e dal Dodecanneso verso il Sud Europa dall’inizio
del 1941. Questi rifugiati furono collocati in campi nei paesi ad Est del Mediterraneo e in Egitto. Il Merra nacque dalla
fusione dell’Ufficio rimpatri con la Sezione di soccorso dell’Ufficio del Ministero di Stato, entrambi inglesi. Il MERRA
cominciò ad operare nel 1942 e fu attivo nella gestione dei campi profughi per tre anni. Nel maggio 1944 fu assorbito
dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration – Ente delle Nazioni Unite per il soccorso e la
riabilitazione). Quest’ultima fu costituita a Washington il 9 novembre 1943 ed entrò a far parte delle Nazioni Unite nel
1945. Si trattava di un’organizzazione umanitaria internazionale, fondata con l’accordo di quarantaquattro Paesi allo
scopo di fornire aiuto e assistenza immediati ai paesi più colpiti dalla guerra. L’UNRRA cominciò a operare in Europa
nel 1944, non appena le forze alleate iniziarono la liberazione dei paesi mediterranei e balcanici, e si trovò impegnata in
un’immensa e complessa opera di soccorso. L’azione dell’UNRRA si concentrò soprattutto nei Paesi europei (Polonia,
Grecia, Albania, Italia e poi anche in Gemrania) e in Cina.
Fonti: Byler, J. N. (1957), Middle East Relief and Refugee Administration. Global Anabaptist Mennonite Encyclopedia
Online. Retrieved 25 August 2011, tratto da http://www.gameo.org/encyclopedia/contents/M5340.html;
http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/profili-istituzionali/MIDL000233/ e
http://en.wikipedia.org/wiki/United_Nations_Relief_and_Rehabilitation_Administration.
66
Lowenstein, S. R., cit., p. 38. Si veda anche Wyman, D., cit.
64
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