Biosimilari: aspetti regolatori, medico-legali, di farmacovigilanza e di efficacia e sicurezza clinica Francesco Locatelli e Lucia Del Vecchio Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto di Rene, Ospedale Alessandro Manzoni, Lecco Via Dell'Eremo 9, 23900 Lecco Tel: +39 0341 48 98 50 Fax: +39 0341 48 98 60 Email: [email protected] Introduzione I farmaci biologici sono molecole proteiche, per lo più derivate dalla tecnica del DNA ricombinante e dalle recentissime tecniche di produzione ibrida. La loro disponibilità ha notevolmente migliorato il trattamento di molte malattie, compresa la malattia renale. L’uso dell’eritropoietina umana ricombinante ha rivoluzionato il trattamento dell’anemia da insufficienza renale cronica, riducendo tra l’altro drasticamente il rischio trasfusionale. Da qui l’importanza dell’argomento biosimilari per il nefrologo. La disponibilità dei biosimilari in seguito alla scadenza di numerosi brevetti ha stimolato notevoli discussioni negli ultimi anni, particolarmente per quanto riguarda gli aspetti regolatori e legali, i costi, la farmacovigilanza e l’immunogenicità. Secondo la definizione dell’agenzia europea del farmaco (“European Medicines Agency”, EMA), i biosimilari non sono assimilabili ai prodotti medicinali generici poiché, dato il loro complicato processo di sintesi e la complessità delle molecole, è impossibile farne una copia esatta. Mentre i generici chimici sono quindi equivalenti in termini di meccanismo d’ azione, efficacia, sicurezza, via di somministrazione e qualità, questo non è applicabile ai biosimilari. I farmaci a base di proteine, a differenza dei farmaci a base di piccole molecole, non sono prodotti per sintesi chimica, ma da cellule in coltura. Di conseguenza, per via della loro taglia e complessità, sono più variabili. Inoltre sono notevolmente influenzati dal processo di produzione; qualsiasi variazione di questo processo può alterare il prodotto finale. Ne consegue che ci sono sempre differenze, anche se spesso lievi, tra prodotti medicinali 1 biologici simili provenienti da diverse industrie produttrici o rispetto al biologico di riferimento (originator). Tali differenze possono anche non essere completamente evidenti, almeno fino a quando non vi sarà una larga esperienza nell’uso dei biosimilari (farmacovigilanza) (1). Il paradigma: “il processo è il prodotto” è al centro del dibattito sui biosimilari. E’ da sottolineare che, sebbene la composizione della molecola finale sia conosciuta, il processo di produzione rimane proprietà intellettuale del produttore. Risulta quindi impossibile riprodurre il protocollo di produzione e prevedere come variazioni del processo (clonazione, selezione di una linea cellulare utile, fermentazione, purificazione e formulazione) possano influire sul prodotto finale. Il biosimilare è quindi il prodotto di un diverso processo e come tale differirà sicuramente dal prodotto “originator”. La bioequivalenza é definita come “ assenza di una significativa differenza nella velocità ed entità alla quale l’ingrediente attivo diventa disponibile nel sito d’azione del farmaco, quando somministrato alla medesima dose molare, in condizioni simili e con un appropriato disegno dello studio” (2). Regolamentare la valutazione della “bioequivalenza” di una proteina prodotta da due produttori differenti, comporta quindi enormi difficoltà per l’autorità regolatoria. Aspetti regolatori Nel Dicembre 2004 il Parlamento Europeo è stato il primo ente legislativo ad adottare nuove regole per l’autorizzazione all’uso dei biosimilari. Esso ha chiaramente separato i biosimilari dai tradizionali generici, riconoscendo che anche piccole differenze nei componenti e nel processo di produzione 2 possono alterare le proprietà delle proteine (3). Di conseguenza, la procedura regolatoria per provare la sicurezza ed efficacia di un biosimilare é molto più rigorosa che per il convenzionale farmaco generico; tuttavia l’insieme del programma di sviluppo non è così lungo come quello dell’ originator (prodotto di riferimento). Questo al fine di evitare la replica di studi e test, riducendo lo sforzo economico legato alle procedure di approvazione dei biosimilari, con il fine ultimo di aumentare le possibilità di ottenere un reale risparmio con la loro introduzione in commercio, pur salvaguardando la necessità di garantire la sicurezza e un’efficacia quantomeno paragonabile. La terminologia é di vitale importanza per evitare confusioni. Per quanto riguarda i biosimilari, i termini “comparabilità” e “similarità” sono spesso usati in modo intercambiabile. Tuttavia vi sono chiare differenze nel loro significato: la comparabilità si riferisce al livello di consistenza tra le fiale di un prodotto biosimilare prodotto da una stessa industria, mentre la similarità si riferisce al grado di somiglianza di un biosimilare rispetto al suo prodotto di riferimento. Queste differenze sono importanti quando si devono prendere in considerazione i test appropriati per dimostrare le rispettive caratteristiche. Le industrie produttrici devono dimostrare la consistenza e forza del loro processo di produzione (4,5). E’ quindi di fondamentale importanza che negli studi sui biosimilari essi siano paragonati al prodotto originator, considerando i parametri di farmacocinetica e farmacodinamica, la valutazione dell’impurità, gli studi di efficacia clinica e i test di immunogenicità, utilizzando strumenti validati. Inoltre, come per tutti i farmaci, i biosimilari debbono essere sottoposti ad un programma di farmacovigilanza ben tracciabile post autorizzazione alla commercializzazione. 3 Anche tra i diversi biosimilari esistono differenze. Alcuni biofarmaceutici sono relativamente ben caratterizzati e richiedono un processo di produzione poco problematico. Ad esempio l’insulina, ormone peptidico, non ha una struttura molecolare complicata, ed è relativamente facile da produrre, isolare e caratterizzare. Al contrarie le molecole più grandi e più complesse, come l’eritropoietina, richiedono sofisticati processi di produzione e sono difficili da isolare e caratterizzare. Le linee guida dell’EMA per l’approvazione dei biosimilari prevedono, per ogni via di somministrazione, almeno due studi di adeguata potenza, randomizzati, in doppio cieco, a gruppi paralleli e dati sulla sicurezza per un periodo minimo di 12 mesi su almeno 300 pazienti trattati con il biosimilare in studi di efficacia. Poiché gli studi per l’approvazione all’EMA dei primi biosimilari dell’epoetina alfa sono stati effettuati quando non era ammessa la somministrazione sottocutanea dell’epoetina alfa (l’originator di confronto), essi sono stati inizialmente approvati solo per l’utilizzo per via endovenosa, data l’assenza di studi di confronto utilizzando la via sottocutanea. In seguito l’epoetina zeta ha ottenuto l’approvazione anche per la via sottocutanea dopo l’esecuzione di uno studio di efficacia usando questa via di somministrazione (6). Farmacovigilanza Gli studi clinici e la farmacovigilanza post-autorizzazione sono essenziali per garantire la sicurezza ed efficacia di un prodotto nel tempo e cogliere, valutare, capire e possibilmente prevenire eventi avversi, dopo che il prodotto è prescrivibile. Pertanto è interesse di tutti, pazienti, medici, autorità sanitarie 4 ed industria, che i biosimilari siano attentamente monitorati riguardo alla sicurezza, efficacia e qualità, anche dopo l’autorizzazione alla distribuzione. Tuttavia la regolamentazione della farmacovigilanza rappresenta un possibile punto debole della regolamentazione dell’EMA sull’approvazione dei biosimilari, poiché tale programma non è chiarito sufficientemente nei dettagli, nonostante le procedure di registrazione siano abbreviate rispetto agli originators. La maggior preoccupazione relativa all’uso dei biosimilari é infatti la loro potenziale immunogenicità, cioè la potenziale capacità di provocare una risposta immune, che può avere anche conseguenze molto serie. Questo è particolarmente vero nel caso dei biosimilari dell’epoetina alfa. Alcuni anni fa,infatti le strategie di farmacovigilanza, allora in atto, non si sono dimostrate abbastanza rapide nel cogliere un numero di casi di aplasia midollare pura della serie rossa (pure red cell aplasia, PRCA) conseguenti a cambiamenti minimi nella formulazione dell’Eprex®, l’originator dei biosimilari dell’epoetina alfa. Questo perché la PRCA è un evento avverso raro e, ai tempi ,inatteso. L’attribuzione dell’evento avverso al singolo agente stimolante l’eritropoiesi (ESA) è stata ulteriormente complicata dal fatto che molti pazienti erano stati trattati nel tempo con diversi ESA. Da qui la raccomandazione emersa dopo l’esperienza dei casi di PRCA secondari all’Eprex® di evitare, per quanto possibile, il passaggio da una molecola all’altra di ESA nel singolo paziente (7). La farmacovigilanza è certamente un fattore chiave nella prevenzione che un serio effetto collaterale si possa sviluppare in modo significativo dopo la distribuzione post-autorizzativa, e richiede grande collaborazione tra medici e farmacisti, evidenziando e facendo conoscere agli utilizzatori i potenziali fattori 5 immunogenici. Di conseguenza è stata suggerita la necessità d’implementare un modello predittivo più accurato per prevenire l’insorgere di altri problemi di questo tipo (19). Problemi clinici L’epoetina alfa, disponibile nella pratica clinica ormai da 30 anni, è da considerarsi, dopo la dialisi ed il trapianto con i relativi farmaci antirigetto, il più grande progresso per il trattamento dei pazienti con insufficienza renale cronica. Questo farmaco ha rivoluzionato il trattamento dell’anemia, cambiando radicalmente la qualità della vita dei pazienti e forse la loro prognosi. Da allora i clinici sono stati abituati a guardare ad ogni nuovo prodotto disponibile per il trattamento dell’anemia, come ad un ulteriore possibile progresso, avvicinandosi al loro uso con la sana curiosità clinica di utilizzare qualcosa di innovativo, che potesse ulteriormente migliorare la situazione clinica dei propri pazienti. Con l’arrivo dei biosimilari, per la prima volta i nuovi farmaci messi a disposizione ci rimandano allo stato dell’arte del trattamento dell’anemia dell’insufficienza renale cronica di 30 anni fa. I biosimilari non ci offrono alcun vantaggio rispetto ai farmaci già disponibili a suo tempo, se non un possibile risparmio, e non dispongono dei potenziali vantaggi delle nuove molecole che sono state sviluppate in seguito. Intendiamoci, un grande merito va attribuito ai biosimilari: l’aver calmierato il prezzo degli ESA, creando una forte concorrenza, che ha prodotto l’abbattimento dei costi. Tuttavia anche questo aspetto ha i suoi lati negativi: in un paese come l’Italia, che non investe in aggiornamento ed investe pochissimo in ricerca, l’industria farmaceutica ha supplito a questi compiti, che 6 dovrebbero essere istituzionali. Un eccessivo taglio dei loro utili si accompagnerebbe inevitabilmente al taglio delle attività di supporto all’aggiornamento ed alla ricerca (difficilmente finanziate dal settore pubblico con i risparmi realizzati, come invece dovrebbe essere), con il rischio di creare medici ed infermieri demotivati, con conseguente inevitabile scadimento della qualità dell’assistenza stessa. Inoltre è necessario garantire che investire in innovazione sia sempre remunerativo. Va garantita un’ adeguata e sicura protezione dei brevetti dei farmaci, per tutta la loro durata legale, che deve essere congrua agli investimenti fatti. Questo è un aspetto molto delicato, che dobbiamo tener ben presente, se non vogliamo affossare la ricerca farmacologia innovativa. Tornando ad una valutazione strettamente clinica e medico-legale del problema, occorre ricordare che l’epoetina alfa è stata introdotta in clinica per uso endovenoso tre volte alla settimana. Questo nasceva non solo sulla base dell’emivita relativamente breve della molecola, ma anche perché la sua prima indicazione era solo per i pazienti in dialisi, che si recavano al centro per la seduta mediamente tre volte alla settimana. La somministrazione del farmaco endovena, attraverso le linee di dialisi, risultava quindi la modalità più semplice. Successivamente, soprattutto con l’idea di evitare i picchi ematici del farmaco e potenzialmente ridurre il rischio di crisi ipertensive (allora molto frequenti, considerando che si partiva da livelli di emoglobina molto bassi e si saliva abbastanza rapidamente), si è passati alla via sottocutanea, che ha anche consentito un risparmio nell’uso del farmaco, allora quantificato nell’ordine del 30% (8), e ha aperto la strada ad un più agevole trattamento dell’anemia in fase conservativa e in dialisi peritoneale e, a seguire, del 7 paziente trapiantato. Tuttavia è ben noto che la via sottocutanea è più immunogenica rispetto a quella endovenosa. In seguito alle modifiche dello stabilizzante dell’epoetina alfa prodotta al di fuori degli Stati Uniti (Eprex®), richiesto dall’allora EMEA (sostituzione dell’albumina con il polisorbato 80), per evitare il rischio di trasmissione dell’encefalopatia bovina spongiforme, si è avuto un aumento dell’incidenza di casi PRCA che ha interessato prevalentemente l’epoetina alfa ed apparentemente, solo quando vi era una somministrazione sottocutanea, o se questa era associata alla somministrazione endovena (9). Ciò ha portato in un primo momento alla sospensione della possibilità di somministrare l’epoetina alfa per via sottocutanea. In seguito a una serie di provvedimenti messi in atto dalla casa produttrice (rinforzo della catena del freddo, eliminazione delle siringhe preriempite con tappo di silicone) e al quasi azzeramento dei casi di PRCA, la somministrazione endovena dell’Eprex® è stata successivamente riammessa, qualora non vi fosse la possibilità di un accesso vascolare per la somministrazione endovena e con la raccomandazione (come peraltro per tutti gli ESA attualmente disponibili) di usare preferibilmente la via di somministrazione endovena. Dato che per definizione la produzione dei biosimilari comporta una variazione del processo produttivo rispetto all’originator (vedi sopra), l’utilizzo dei biosimilari può comportare l’esposizione ad un aumentato rischio immunogeno, quantificabile solo dopo adeguata esperienza clinica e farmacovigilanza. A testimonianza di questo, uno studio clinico di confronto tra HX575 e l’originator epoetina alfa somministrati per via sottocutanea è stato interrotto anticipatamente in seguito all’insorgenza di un caso di PRCA e 8 uno di positività agli anticorpi neutralizzanti anti eritropoietina nel gruppo di trattamento con il biosimilare (10). Considerando che, come sopra riportato, la via sottocutanea dell’epoetina alfa comporta un risparmio in termini di necessità di dose, quantificabile intorno al 30% (8), si deve dedurre che l’Autorità Regolatoria ha privilegiato e privilegia la sicurezza rispetto al risparmio economico, dandone, con queste indicazioni, una chiara dimostrazione. Questo è un messaggio forte e chiaro, di cui dobbiamo tener conto, soprattutto tenendo presente che, in caso di complicanze, saremmo chiamati a rispondere personalmente del nostro operato. Il medico infatti è il solo responsabile della prescrizione terapeutica: nessun Direttore Generale, Direttore Sanitario o Farmacista ci può dare ordine di prescrivere un determinato farmaco e anche qualora lo facesse, la responsabilità finale sarebbe sempre nostra. E’ ben noto che l’Autorità Giudiziaria non è propensa ad accettare giustificazioni economiche per un eventuale nostro comportamento che abbia causato un danno ad un paziente, anzi lo ha considerato un comportamento colpevole, eventualmente dettato dal desiderio di compiacere la struttura ed il Direttore Generale, ai fini di possibili riconoscimenti personali ed avanzamenti professionali. L’Autorità Giudiziaria potrebbe proprio portare ad esempio il fatto che la stessa Autorità Regolatoria, con il provvedimento di cui sopra, ha dettato i canoni di comportamento. Ne consegue che è decisamente sconsigliabile cambiare una terapia ad un paziente che risponde bene a quel trattamento, soprattutto se ben tollerato. Ciò a maggior ragione se dal cambio di terapia non è nemmeno previsto un potenziale miglioramento per il paziente, ma tale cambio viene fatto esclusivamente per motivi di risparmio economico. 9 Nell’ iniziare una terapia con ESA, in un paziente non precedentemente trattato, va, a nostro avviso, chiaramente differenziata la situazione del paziente in terapia conservativa, in dialisi peritoneale o trapiantato dal paziente in emodialisi. Mentre per i primi, essendo pressoché obbligatoria la via di somministrazione sottocutanea, sarà quanto mai opportuno scegliere gli ESA meno immunogenici e possibilmente a ridotta frequenza di somministrazione, per ridurre ulteriormente lo stimolo immunogenico, nei pazienti in emodialisi si può scegliere la via endovenosa (anche se comporta un maggior dosaggio del farmaco per l’epoetina alfa, i suoi biosimilari e l’epoetina beta). Essa infatti riduce drasticamente o addirittura azzera il rischio immunogenico, rendendo quindi meno pressante la scelta degli ESA meno immunogenici. Di recente segnalazione comunque un caso di PRCA in Giappone in un paziente emodializzato trattato con epoetina ricombinante umana per via endovenosa (11). Conclusioni L’ introduzione dei biosimilari in Europa ha indotto le Autorità Regolatorie ad assumere nuovi approcci riguardo la qualità, l’efficacia e la sicurezza. In considerazione della loro complessità molecolare, i biosimilari richiedono una più rigorosa valutazione e farmacovigilanza rispetto ai generici chimici. Persino piccole differenze nel loro processo di produzione, possono avere un significativo impatto nella loro sicurezza ed efficacia. Va loro riconosciuto il grande merito di aver calmierato il prezzo degli originators. Bibliografia 10 1 Committee for Medicinal Products for Human Use. Guideline on similar biological medicinal products. CHMP/437/04, 2005 2 Chen M-L, Shah V, Patnaik R et al: Bioavailability and bioequivalence: An FDA regulatory overview. Pharm Res 18(12):1645–1650, 2001 3 The European Parliament and the Council of the European Union. Directives 2004/27/EC of the European Parliament and of the Council of 31 March 2004 amending Directive 2001/83/EC on the Community code relating to medicinal products for human use. Official Journal of the European Union:23-57, 2004 4 Committee for Medicinal Products for Human Use. Annex guideline on similar biological medicinal products containing biotechnology-derived proteins as active substance: non-clinical and clinical issues. Guidance on similar medicinal products containing recombinant human insulin. EMEA/CHMP/32775/2005, 2005 5 Committee for Medicinal Products for Human Use. Concept Paper, similar biological medicinal products containing recombinant human insulin. Annex to the guideline for the development of similar biological medicinal products containing biotechnology derived proteins as active substance: (Non) clinical issues. CHMP/Comparability Working Party/146710/2004, 2004 6 Krivoshiev S, Wizemann V, Czekalski S, Schiller A, Pljesa S, Wolf- Pflugmann M, Siebert-Weigel M, Koytchev R, Bronn A; Epoetin Zeta Study Group. Therapeutic equivalence of epoetin zeta and alfa, administered subcutaneously, for maintenance treatment of renal anemia. Adv Ther 2010;27(2):105-17. 7 Locatelli F, Aljama P, Bárány P, Canaud B, Carrera F, Eckardt KU, Hörl WH, Macdougal IC, Macleod A, Wiecek A, Cameron S; European Best Practice 11 Guidelines Working Group. Revised European best practice guidelines for the management of anaemia in patients with chronic renal failure. Nephrol Dial Transplant. 2004 May;19 Suppl 2:ii1-47. 8 Besarab A, Reyes CM, Hornberger J. Meta-analysis of subcutaneous versus intravenous epoetin in maintenance treatment of anemia in hemodialysis patients. Am J Kidney Dis. 2002 Sep;40(3):439-46. 9 Gershon SK, Luksenburg H, Cote TR, Braun MM. Pure red-cell aplasia and recombinant erythropoietin. N Engl J Med 2002; 346:1584-1586. 10 Schellekens H. Biosimilars: The long and winding road to clinical equivalence. Hosp Pharm Eur Issue 47 November/December 2009 11 Shimizu H, Saitoh T, Ota F, Jimbo T, Tsukada Y, Murakami H, Nojima Y. Pure red cell aplasia induced only by intravenous administration of recombinant human erythropoietin. Acta Haematol. 2011;126(2):114-8. Epub 2011 Jun 7. 12