71° anniversario della liberazione di Auschwitz

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a cura dello Spi nazionale in collaborazione con Spi Marche
26 gennaio 2016
tutti i numeri del mese corrente
i due lampi di oggi
1 - 71° anniversario della liberazione di Auschwitz/“La memoria rende liberi”
2 - Terzi su Monti: «Il suo governo fece male i calcoli»
www.libereta.it
71° anniversario della liberazione di Auschwitz/“La
memoria rende liberi”
Era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono nel campo di
sterminio nazista di Auschwitz.E’ una data storica che il mondo celebra ogni anno con il “giorno della
memoria “ istituito ufficialmente dall’ONU nel 2005, dove viene ricordato l’olocausto. Non dimenticare
perché non possa accadere di nuovo.
di Gabriele Cioncolini
Abbiamo l’obbligo morale di fare vivere la memoria di questa data , in ricordo delle vittime innocenti, 6
milioni di ebrei , oltre a zingari, slavi , omossessuali, oppositori politici, con la capacità di
contestualizzarla nell’epoca che stiamo vivendo, una stagione
così tormentata e ben lungi dall’essere pacificata, che impone
Il giorno della memoria a
una grande attenzione e sensibilità nei confronti delle stragi
Sant’Anna di Stazzema
dei tanti genocidi della storia, autentiche officine di morte.
La celebrazione del “Giorno della memoria” non può essere
vissuto come un semplice atto dovuto, con il rischio di una
banalizzazione o di una stanca ritualizzazione, ma deve
trovare in ciascuno di noi il valore di una autentica
partecipazione individuale e collettiva, un sentimento di
profonda umanità e solidarietà, in uno straordinario abbraccio
con tutte le vittime innocenti, donne, uomini, giovani, anziani
e tragicamente bambini, non di meno occorre rendere
omaggio a coloro che sono sopravvissuti all’abisso dello
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sterminio dei campi di concentramento, mettendo per sempre
nei nostri pensieri e nei nostri cuori la consapevolezza che
stiamo testimoniando per non dimenticare mai la più grande
tragedia della storia umana del Novecento.
Non si tratta quindi di ricordare la scadenza di una data, ma qualcosa di più, che dà molto valore alla vita.
Una società che non è in grado di prendersi cura della memoria storica non è degna di definirsi civile e
umana. Pericolosi sono ancora oggi coloro che professano il “negazionismo”, manipolando la verità della
storia.
Per noi, militanti, dirigenti dello Spi-Cgil, con l’orgoglio della nostra storia, che rappresentiamo un
sindacato generale di lotta e di memoria, e che costruiamo quotidianamente quel patto generazionale fra
giovani e anziani, questa giornata di ricordo, confortata da tantissime iniziative realizzate dalle nostre
strutture territoriali assieme all’ANPI, alle associazioni democratiche, alle istituzioni, alle rappresentanze
sindacali degli studenti dell’UDU e della Rete, rappresenta una comune riflessione per riappropriarsi in
modo costante e duraturo nel tempo dello spirito di pace, di amicizia, di solidarietà, di tolleranza e di
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Terzi su Monti: «Il suo governo fece male i calcoli»
Il ministro Terzi a L43 ammette: «Le capacità di crescita furono sovrastimate». Sulla bad bank: «Non
potevamo chiederla, rischiavamo il commissariamento».
di Francesco Pacifico
L'Unione europea è pronta a dare il via libera alla bad bank italiana.
Una questione su cui, nei giorni scorsi, il premier Matteo Renzi e il suo ministro dell'Economia Pier
Carlo Padoan hanno accusato il governo Monti, reo a loro dire di non aver spinto a Bruxelles per ottenere
quello che fu invece concesso alla Spagna.
E che avrebbe evitato di far salire le sofferenze bancarie dell'Italia sopra i 200 miliardi.
MEA CULPA SULLE STIME DI CRESCITA. Di quel governo Giulio Terzi di Sant’Agata, già
ambasciatore all’Onu e in Israele, era ministro degli Esteri.
Con lui Lettera43.it ha provato a fare chiarezza su quello che successe in quei giorni: «Il governo stimò
una crescita che non si realizzò», ammette Terzi.
Che però difende le scelte fatte dall'esecutivo Monti: «Non potevamo chiedere la bad bank, eravamo
convinti di non poterci accollare ulteriore debito. Ci avremmo rimesso sulla strada della credibilità e non
potevamo supportare un commissariamento».
DOMANDA. Ricorda il dibattito sulla bad bank?
RISPOSTA. Onestamente non ricordo un grande dibattito in Consiglio dei ministri. Dovrei ricostruire
tutte le riunioni. Ne parlammo, ma sicuramente non fummo coinvolti a un livello decisionale del tipo: la
bad bank si fa oppure no.
D. Chi gestì la cosa?
R. Il dossier era in mano al ministro dell'Economia Vittorio Grilli e al premier Mario Monti. E non ci fu
sicuramente il dibattito che seguì la ratifica del Fiscal compact, le clausole di salvaguardia sull’Iva o la
riforma delle pensioni.
D. Fiscal compact sì, bad bank no?
R. Con il Fiscal compact il governo, nel suo insieme, fu consapevole di sottoscrivere un accordo che
portava il Paese in un percorso di contenimento del deficit e, soprattutto per i mercati finanziari, di
aggressione al debito. Si ricorda la pressione sulla spending review? Ci credevamo davvero, anche se
queste politiche furono rallentate dalla centinaia di atti amministrativi che non avevamo messo in conto.
D. Sceglieste comunque il rigore.
R. Era una strada obbligata in quella fase. Con tutta la tensione sui mercati l’obiettivo primario era ridare
credibilità al Paese. Dimostrare - come facemmo con il Fiscal compact – che il Paese aveva le capacità
finanziaria per rispondere agli impegni presi a livello internazonale.
D. Altri Paesi salvarono le loro banche.
R. Noi legammo al Fiscal compact il varo di una serie di misure destinate alla crescita, che favorissero il
rilancio del Paese e il consolidamento del sistema creditizio. Forse nessuno oggi ricorda che l’Unione
bancaria fu una proposta di Monti.
D. Il dossier, però, è ancora aperto.
R. Monti prese in contropiede gli ambienti europei. Il suo era un piano complesso, che seguiva una
discussione complicata: comprendeva la mutualizzazione delle responsabilità sulla tenuta bancaria, un
controllo sulle banche sistemiche e una rete di sostegno a livello europeo accanto al veicolo d’intervento,
l’Esm.
D. Monti aveva avuto garanzie?
R. La cancelliera Merkel accettò di discutere della cosa in questi termini. Poi le trattative presero tempi
molto più lunghi del previsto e i tedeschi, in queste circostanze, sono bravissimi a portare il tavolo nella
direzione che a loro conviene di più.
D. A noi conveniva la bad bank. Perché il governo non si mosse in questa direzione?
R. Diversamente dalla Spagna e dal Portogallo, che avevano richiesto l’intervento dell’Esfm per la
gestione delle sofferenze bancarie, non potevamo chiedere la bad bank: eravamo convinti di non poterci
accollare ulteriore debito, ci avremmo rimesso sulla strada della credibilità e non potevamo supportare un
trasferimento di decisioni politiche altrove.
D. Non volevate essere commissariati?
R. Certo. La cosa avrebbe avuto un impatto molto forte sull’economia italiana. Dopo la Grecia eravamo, e
siamo, il Paese con il maggiore debito. E un intervento sulla bad bank, ripeto, l’avrebbe soltanto
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