MICROELETTRONICA Prof. Mario Bertolaccini L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE A.A. 2006/07 I INDICE GENERALITA’ Cap. 1 RESISTENZA DI INGRESSO 1.1 STADIO CON FOLLOWER IN INGRESSO (DARLINGTON) RESISTENZA DI INGRESSO. OFFSET DI TENSIONE. RUMORE 1.2 STADIO CON TRANSISTORI SUPERBETA IN INGRESSO 1.3 STADIO CON COMPENSAZIONE DELLE CORRENTI DI BASE. Cap. 2 ERRORI IN CONTINUA 2.1 OFFSET DI TENSIONE E RELATIVO DRIFT STADIO BJT CON CARICO PASSIVO STADIO JFET CON CARICO PASSIVO STADIO MOSFET CON CARICO PASSIVO STADIO DIFFERENZIALE BJT CON CARICO ATTIVO STADIO DIFFERENZIALE MOS CON CARICO ATTIVO 2.2 OFFSET DI CORRENTE E RELATIVO DRIFT STADIO BJT CON CARICO PASSIVO STADIO CON INGRESSO JFET Cap. 3 SLEW RATE 3.1 CONSIDERAZIONI GENERALI 3.2 TECNICHE DI MIGLIORAMENTO DELLO SLEW RATE CON STADI DI INGRESSO IN CLASSE A 3.3 TECNICHE DI MIGLIORAMENTO DELLO SLEW RATE CON STADI DI INGRESSO IN CLASSE A-B Cap. 4 REIEZIONE DEL MODO COMUNE (CMR) 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 Cap. 5 CONSIDERAZIONI GENERALI SEMPLICE STADIO BJT CON CARICO PASSIVO SEMPLICE STADIO BJT CON CARICO A SPECCHIO STADIO BJT CON CARICO A SPECCHIO SIMMETRIZZATO STADIO CMOS CON CARICO RESISTIVO STADIO CMOS CON CARICO ATTIVO A SPECCHIO CMR IN FUNZIONE DELLA FREQUENZA RISPOSTA IN FREQUENZA E COMPENSAZIONE 5. 1 GENERALITA’ 5.2 COMPENSAZIONE “ALLA MILLER” 5.3 LO ZERO NEL SEMIPIANO DESTRO BIBLIOGRAFIA II GENERALITA’ GENERALITA’ Gli amplificatori operazionali moderni vengono progettati e realizzati sulla base di diversi approcci funzionali, in diverse tecnologie, utilizzando molteplici architetture circuitali più o meno fortemente condizionate dalla tecnologia impiegata, in versioni “general purpose”, dedicata, “custom”, “power”, “micropower”, larga banda, “stand alone” oppure “on chip”, completamente differenziali, ecc. ecc. Ci occuperemo nel seguito in primo luogo dell’amplificatore operazionale di tipo “classico”, cioè basato su un approccio progettuale ormai da lungo tempo consolidato, che spesso si designa (alquanto impropriamente, per certi aspetti) “voltage mode”. In altre parole, dato che l’amplificatore operazionale tipico viene visto in partenza come un amplificatore di tensione, l’approccio di fondo del progettista è basato sulla trasmissione del segnale dall’ingresso all’uscita in termini di tensione.0. 1 Discuteremo in seguito in maggior dettaglio questo approccio. Più avanti verranno trattati altri amplificatori, o derivati dalla struttura operazionale o di altro genere, come amplificatori operazionali current feedback mode (CFM), amplificatori a transconduttanza, amplificatori Norton, Instrumentation Amplifiers (amplificatori per strumentazione), amplificatori di corrente, amplificatori video, amplificatori a larga banda, ecc. Nella presente sezione limiteremo il campo della trattazione anche per quanto riguarda le tecnologie realizzative, occupandoci cioè solamente delle tecnologie bipolari e di quelle da essa direttamente derivate: in sostanza BJT e BiFET. La tecnologia CMOS, viste le sue particolari caratteristiche, verrà considerata più avanti. In una visione a blocchi della struttura dell’amplificatore lo si può in generale considerare costituito da uno stadio di ingresso, un secondo stadio o stadio intermedio e uno stadio di uscita. Ovviamente tali blocchi sono strettamente interagenti e non possono quindi essere considerati come elementi circuitali a sé stanti; d’altro canto la suddivisione citata risulta per certi aspetti assai utile anche perché alcuni parametri che caratterizzano l’amplificatore nel suo complesso sono in prima, e spesso buona approssimazione determinati dalle caratteristiche di uno soltanto di questi stadi. Ad esempio la resistenza di ingresso è, con ottima approssimazione, un parametro relativo al solo stadio di ingresso. La struttura a tre stadi discende dalla necessità di progettare un amplificatore che in presenza di retroazione puramente resistiva risulti stabile incondizionatamente (cioè indipendentemente dal guadagno ottenibile ad anello chiuso) o condizionatamente (per guadagni ad anello chiuso superiori a un valore minimo): un numero maggiore di stadi renderebbe la compensazione in frequenza on chip, cioè interna all’amplificatore, in genere assai difficoltosa e renderebbe assai spesso necessario ricorrere a una compensazione esterna affidata all’utente mettendo a sua disposizione opportuni terminali ausiliari della struttura. Peraltro si possono presentare anche strutture a più stadi (solitamente quattro) in genere utilizzate per ottenere guadagno sufficientemente o particolarmente elevato. Nel seguito quindi, nello spirito di fornire indicazioni utili a livello progettuale, analizzeremo dapprima i singoli stadi e di seguito i parametri che dipendono anche dalle reciproche interazioni dei blocchi circuitali. 0.1 E’ opportuno ricordare che l’applicazione di retroazione opportuna (l’amplificatore operazionale è destinato sempre ad un utilizzo in configurazione retroazionata) consente di approssimare le quattro categorie ideali di amplificazione: tensione – tensione (amplificatore di tensione) corrente – corrente (amplificatore di corrente) tensione – corrente (amplificatore a transconduttanza) corrente – tensione (amplificatore a transimpedenza) 1 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Ricordiamo con l’occasione che i principali parametri da considerare (cui si devono riferire le specifiche di progetto) sono Simbolo Ad0 Acm0 CMRR rid En In VOS IOS SR ST fGB ro iout max Unità di misura Denominazione M oppure G nV/√Hz pA/√Hz V oppure mV nA oppure pA oppure fA V/s ns oppure s MHz mA Guadagno differenziale in continua Guadagno di modo comune in continua Reiezione del modo comune Resistenza differenziale di ingresso Rumore serie Rumore parallelo Offset di tensione Offset di corrente Slew Rate Settling Time Prodotto guadagno banda Resistenza di uscita Corrente max erogata al carico Altri parametri sono ovviamente di interesse. In particolare tra quelli sopra non elencati: IB PSRR VSmin, VSmax Vid max Tmax – Tmin VCM Ci IS VOUT Corrente di polarizzazione in ingresso Reiezione dei disturbi di alimentazione Minima e massima tensione di alimentazione Massima tensione differenziale in ingresso Intervallo di temperature di funzionamento Dinamica del modo comune in ingresso Capacità di ingresso Corrente di alimentazione Dinamica di tensione in uscita e altri ancora. Va anche ricordato che tali parametri dipendono in genere dalle condizioni di lavoro, principalmente tensione di alimentazione e temperatura. 2 RESISTENZA DI INGRESSO Cap. 1 RESISTENZA DI INGRESSO 1.1 GENERALITA’ Nel caso dello stadio differenziale classico in tecnologia bipolare la resistenza differenziale di ingresso è determinata dalla transconduttanza gmQ dei transistori di ingresso e dal loro guadagno di corrente hfe h fe rid 2 g mQ e con gli usuali valori di tali parametri risulta dell’ordine di pochi M. Per ottenere una resistenza di ingresso significativamente più elevata è possibile anteporre alla coppia differenziale di ingresso una coppia di follower utilizzare come dispositivi di ingresso dei transistori “superbeta” cioè caratterizzati da guadagno di corrente assai più elevato di quello dei transistori che la tecnologia bipolare normalmente produce operare una compensazione dinamica delle correnti di ingresso (di base) utilizzare come dispositivi di ingresso dei transistori JFET (realizzabili nell’ambito della tecnologia bipolare E’ ovviamente possibile considerare anche l’introduzione di resistori in serie agli emettitori dello stadio differenziale. Tale soluzione risulta peraltro di scarsa utilità per quanto riguarda la resistenza di ingresso poichè un effetto significativo è ottenibile solo con valori della resistenza di degenerazione >>1/gm, valori che di fatto non sono praticabili. L’introduzione di questi resistori può invece avere interesse al fine di migliorare lo slew rate. Ci occupiamo di seguito delle prime tre soluzioni; la quarta soluzione risulta ovvia dal punto di vista di quanto viene qui discusso e viene comunque rimandata a più avanti in occasione della trattazione dei sistemi in tecnologia BiFet. 1.2 STADI CON FOLLOWER IN INGRESSO (DARLINGTON) Anteporre alla coppia differenziale di ingresso una coppia di follower è equivalente a sostituire i transistori “semplici” di ingresso con transistori “compositi”, in questo caso con strutture tipo Darlington. La figura 1.1 mostra la struttura che risulta di più immediata ideazione. Peraltro tale struttura è di fatto inutilizzabile, principalmente in quanto i transistori Q0 in configurazione follower risultano polarizzati dalla sola corrente di base dei transistori Q. Nel caso dello stadio di ingresso considerato la transconduttanza dei transistori Q deve essere compatibile con una compensazione in frequenza del tipo Miller e quindi sufficientemente piccola da consentire l’integrazione della capacità di compensazione 1.1 pur in presenza dei follower di ingresso, la transconduttanza dei transistori Q deve essere comunque sufficientemente piccola da garantire un elevato valore della resistenza di ingresso 1.1 Si veda più avanti il capitolo relativo alla risposta e alla compensazione in frequenza 3 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE La corrente di lavoro dei transistori Q deve quindi essere scelta in corrispondenza del limite inferiore che garantisce buon comportamento dal punto di vista del guadagno di corrente e della risposta in frequenza (tipicamente attorno alla decina di A). I transistori Q0 nella struttura riportata nella figura 1.1 sarebbero quindi polarizzati con correnti ben al di sotto di quelle che ne consentirebbero un buon funzionamento. (Tra l’altro il rumore serie di questi transistori sarebbe altissimo). +VCC I0 I0 OUT I IN I Q0 Q0 Q IN Q 2(I+I0) -VCC Figura 1.1 Stadio differenziale BJT con ingresso Darlington In ogni caso nella struttura considerata giocherebbe la dispersione degli hFE dei transistori Q nel dare un pesante contributo all’offset di tensione. Infatti fissate uguali tra loro quelle dei transistori Q, le correnti di lavoro dei transistori Q0 dipenderebbero direttamente dai guadagni di corrente dei transistori Q e risulterebbero disperse appunto come tali guadagni determinando addizionale dispersione di VBE0. E’ dunque necessario polarizzare Q0 in misura, almeno in parte, indipendente dalla corrente di base di Q. Una possibile soluzione è quella presentata nella figura 1.2 4 RESISTENZA DI INGRESSO +VCC I0 I0 OUT I IN I Q0 IN Q0 Q Q IR IR R R 2(I+IR) -VCC Figura 1.2 Polarizzazione di Q0 tramite resistori ausiliari R. RESISTENZA DI INGRESSO. La resistenza differenziale di ingresso della struttura considerata, posto I R I , si può scrivere 1 1 1 rid 2h fe 0 h fe R 2h fe 0 gm 1 gm0 gm hFE avendo posto 1 h fe R gm 1 h fe R gm hFE h fe 2h fe 0 h fe gm R 1 1 g m 1 h fe h fe g m R 1 gm La resistenza R è determinata dalla tensione di giunzione VBE dei transistori Q V V 1 1 VBE 1 1 I 1 1 R BE BE ln IR I gm VT gm I S gm ad esempio per un BJT a diffusione con area di emettitore di 20 2 IS=2∙10-10 A I ln 25 27 per correnti di lavoro da 10 a 100 A IS e quindi 1 1 rid 2h fe 0 h fe g m 1 h fe h fe perché rid risulti elevata dovrebbe essere <<1 R Consideriamo due casi. =0 (figura 1.1) 5 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 1 2 il fattore 2 deriva dal legame tra le transconduttanze gm e gm0 gm il valore di hfe0 è peraltro molto inferiore a quello di hfe se le correnti di lavoro I sono dell’ordine della 1 h fe . decina di A; tipicamente per I=10 A e si può avere circa h fe 0 3 Quindi per BJT a diffusione con area di emettitore di 20 2, IS=2∙10-10 A, corrente di lavoro 1 h fe I=10 A, hfe=250 , h fe 0 3 rid=208 M Si ottiene quindi una resistenza molto elevata, ma, come già detto, il rumore serie risulterebbe si ha rid 2h fe 0 h fe intollerabilmente elevato (in regione bianca, con i dati utilizzati, circa 104 nV Hz ! ) e la frequenza di taglio dei transistori Q0 bassa. =1 (figura 1.2), cioè corrente di lavoro dei transistori Q0 uguale a quella dei transistori Q (a meno della corrente di base). h fe 1 rid 2h fe R R si ha quindi h fe 0 h fe h fe gm R risulta infatti assai minore della resistenza di ingresso dei transistori Q e quindi determina la resistenza vista dagli emettitori di Q0. Risulta però anche grande rispetto a 1/gm per cui, per basse correnti I, assume valori elevati, di difficile integrazione. +VCC I0 I0 OUT I IN I Q0 IN Q0 Q Q IR IR R R Q1 2(I+IR) -VCC Figura 1.3 Configurazione della struttura Darlington che permette di integrare resistori di valore non troppo elevato 6 RESISTENZA DI INGRESSO Quindi per BJT a diffusione con area di emettitore di 20 2, IS=2∙10-10 A, corrente di lavoro I=10 A, hfe=250 h fe 0 h fe =25 R=62,5 k rid=28,4 M Per ottenere valori di R inferiori e quindi di più comoda integrazione si può, ad esempio, ricorrere alla configurazione riportata nella figura 1.3 I resistori R sono in questo caso polarizzati dalla differenza tra le tensioni di giunzione dei transistori Q e Q1, VBE-VBE1. Fissate le correnti di lavoro I e I0 tale differenza può essere controllata tramite le aree di emettitore dei transistori; a correnti uguali essa dipende direttamente dal logaritmo del rapporto delle aree AQ1 VBE VBE1 VT ln 2 AQ Volendo ad esempio ottenere una riduzione di un fattore pari a 10, sempre a pari corrente con i parametri precedentemente utilizzati, le aree di emettitore devono essere dimensionate in modo che risulti AQ1 24 AQ . Ovviamente la resistenza di ingresso risulta ridotta rispetto a quella della configurazione della figura 1.2 OFFSET DI TENSIONE. Si può valutare il contributo all’offset di tensione da parte dei soli transistori. Non si considera il contributo del carico che può essere stimato a parte e, in prima approssimazione, si può considerare trascurabile quello dei resistori R. Il contributo dei soli transistori è dovuto alle cadute ai capi delle rispettive giunzioni e quindi si può scrivere VBE tot VBE0 VBE Ponendo IR I I 1 I hFE hFE dove IBQ è la corrente di base dei transistori Q e hFE il loro guadagno di corrente. I 0 I R I BQ I R Dunque l’offset riceve un contributo anche dalla differenza tra gli hFE dei transistori Q. Ciò appare ovvio in quanto, come già osservato, a pari corrente di lavoro dei transistori Q, la corrente di base che essi richiedono dipende dal loro guadagno di corrente e quindi hFE determina diverse correnti e di conseguenza diverse VBE nei transistori Q0. Considerando uguali le correnti nei transistori Q e attribuendo quindi l’offset unicamente a differenza delle correnti di saturazione inversa (mismatch delle aree di emettitore e dei numeri di Gummel) I S 0 e I S , nonché a differenza degli hFE, si può scrivere VBE tot I I VT ln 1 S 0 ln 1 S IS 0 IS hFE 1 hFE hFE hFE ln 1 h h FE FE 7 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE espressione che va considerata priva di segno e che si basa sull’ipotesi, di fatto verificata, che le X variazioni relative siano molto piccole (nel campo dei % o meno) X Il contributo della differenza tra gli hFE dei transistori Q è evidenziato nel terzo termine tra parentesi. Tale termine può essere scritto h 1 VT ln 1 FE hFE 1 hFE hFE Possiamo considerare due casi particolari, di interesse per una valutazione del peso di hFE nel determinare l’offset di tensione. =0 cioè Q0 polarizzati dalla sola corrente di base di Q (figura 1.1) Il termine dipendente da hFE diviene hFE 7% hFE contributo all’offset h h VT ln 1 FE VT FE hFE hFE avendo sviluppato il logaritmo in serie al primo ordine Ad esempio 1,75 mV cioè molto elevato. 1.2 1 e quindi piccolo contributo della corrente di base di Q a determinare la hFE corrente in Q0) Il termine dipendente da hFE diviene ora h 1 VT ln 1 FE hFE hFE Rispetto al caso precedente il contributo viene ridotto di hFE e diviene spesso trascurabile. hFE 7% Ad esempio per (hFE=250 =0,1) hFE 25 hFE il contributo all’offset risulta pari a 0,15 mV che può essere significativamente inferiore al contributo delle correnti di saturazione inversa (transistori realizzati tramite diffusione) oppure dello stesso ordine (transistori realizzati tramite impiantazione ionica). hFE>>1 1.2 8 (cioè Si noti che, in tecnologia monolitica, planare, bipolare standard il parametro hFE è tra quelli meno strettamente controllabili (dipende dai drogaggi relativi di emettitore e base e, soprattutto, dallo spessore della base, dimensione geometrica quest’ultima non planare, ma ortogonale al piano del processo e quindi realizzabile con limitata precisione e riproducibilità); tipicamente la sua dispersione relativa è compresa tra 5% e 10%. Le correnti di saturazione inversa hanno tipicamente dispersione relativa dell’ordine del 5% in un processo a diffusione e circa un ordine di grandezza inferiore in un processo a impiantazione ionica. La tolleranza relativa di resistori diffusi è dell’ordine di 1-2% per resistori di base o di emettitore, maggiore per resistori epitassiali e ancora maggiore per resistori strozzati (pinch resistors); per resistori a impiantazione ionica o a film sottile può essere significativamente inferiore, sino a un ordine di grandezza. Dipende comunque, in misura non trascurabile, dalle dimensioni e caratteristiche geometriche del resistore. RESISTENZA DI INGRESSO Nel caso dello stadio di ingresso di un amplificatore operazionale in tecnologia bipolare standard le correnti di lavoro di tutti i transistori risultano di fatto sostanzialmente uguali. Infatti, come detto all’inizio del paragrafo, la corrente di lavoro dei transistori Q deve essere scelta in corrispondenza del limite inferiore che garantisce buon comportamento dal punto di vista del guadagno di corrente e della risposta in frequenza (tipicamente attorno alla decina di A). I transistori Q0 possono quindi essere polarizzati solamente a correnti più elevate, ma ciò, oltre a essere ingiustificato dal punto di vista del consumo di corrente, darebbe luogo a correnti di base e quindi di bias più elevate; di conseguenza le condizioni di polarizzazione usuali comportano I I 0 . In questo caso il termine che rappresenta il peso della dispersione del guadagno di corrente diviene h 1 hFE VT ln 1 FE VT 2 hFE hFE hFE e risulta del tutto trascurabile. Un’ovvia soluzione alternativa a quelle sopra considerate è riportata nella figura 1.4. In questo caso risulta semplicemente 1 rid 2h 2fe gm +VCC I0 I0 OUT I IN I Q0 IN Q0 Q Q I0 I0 2(I+IB ) -VCC Figura 1.4 Alimentazione di Q0 tramite appositi generatori di corrente e si ottiene quindi la più alta resistenza di ingresso: circa un fattore h fe rispetto a quella ottenibile con 1 h fe 2 h fe 0 rispetto a quella ottenibile con la configurazione della figura 1.1 (e senza le pesanti controindicazioni di tale soluzione). la configurazione della figura 1.2 (e senza dover implementare dei resistori) e circa un fattore 9 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Dal punto di vista dell’offset di tensione la situazione può un poco peggiorare perché interviene anche il matching tra i generatori di corrente che alimentano i transistori Q0. RUMORE Dal punto di vista del rumore le due soluzioni di fatto utilizzabili –figure 1.2 (oppure 1.3) e 1.4– si comportano come di seguito riportato. Consideriamo i soli generatori serie e consideriamo i transistori percorsi dalla stessa corrente. La prima soluzione (figura 1. 1), a parte altre controindicazioni, comporta rumore estremamente elevato. Transistori Q0 alimentati tramite resistori R (figura 1.2) La resistenza R è molto maggiore di 1/gm nelle usuali condizioni di polarizzazione e quindi non contribuisce apprezzabilmente al rumore. Il rumore serie totale riferito all’ingresso è quindi dato da 2 2 2 EnQ A cui va ovviamente aggiunto il rumore derivante dal carico che si riporta in ingresso attraverso la transconduttanza dello stadio. Tale transconduttanza coincide con buona approssimazione con quella dei transistori Q, come assunto sin dall’inizio; più esattamente gm0 R 1 g meff g m per R g meff gm hfe>>1 gm0 R 1 gm Transistori Q0 alimentati tramite generatori di corrente (figura 1.4) In questo caso i generatori di corrente aggiungono tutto il proprio rumore e si ha quindi 2 2 3EnQ La maggiore resistenza di ingresso comporta quindi rumore più elevato. Nel caso della soluzione riportata nella figura 1.3 si ottiene un risultato che, nelle usuali condizioni di lavoro, si avvicina a quello precedente. 1.3 STADI CON TRANSISTORI SUPERBETA IN INGRESSO Il guadagno di corrente dei transistori bipolari è dato, con buona approssimazione, nelle usuali condizioni di lavoro, dal prodotto dell’efficienza di emettitore per il fattore di trasporto in base, cioè dall’efficienza con cui l’emettitore inietta portatori nella base rispetto all’iniezione dalla base nell’emettitore e dalla frazione di portatori iniettati che raggiunge il collettore. Ambedue questi parametri dipendono dalla larghezza di base e variano inversamente con questa. Quindi una riduzione di tale larghezza conduce ad un aumento del guadagno di corrente hfe; transistori così configurati prendono il nome di transistori “superbeta”. Peraltro la larghezza di base influenza anche la tensione di breakdown BVCEO (tensione di breakdown tra collettore ed emettitore definita con la base aperta) la quale si riduce circa in ragione di una potenza -1/n del guadagno di corrente 1 BVCEO BVCBO h fen (dove n dipende dalla tecnologia, dalla geometria del dispositivo, ecc. ed è tipicamente compreso tra 3 e6)) BVCBO è la tensione di breakdown tra collettore e base definita con l’emettitore aperto ed è fissata in tecnologia planare dalla resistività dello strato epitassiale (collettore). Guadagni molto elevati, un ordine di grandezza al di sopra di quelli dei transistori standard e cioè nel campo delle migliaia (tipicamente tra 2000 e 5000) si ottengono quindi a scapito della tensione 10 RESISTENZA DI INGRESSO di breakdown che scende a pochi V. In realtà nel caso di base ultrasottile il limite alla tensione applicabile ai capi del transistore non è solitamente più determinato dal breakdown di collettore (moltiplicazione dei portatori), ma dal cosìdetto “punchthrough”: le regioni di svuotamento (depletion layers) delle giunzioni collettore-base ed emettitore-base si incontrano (svuotamento totale della base) già a tensioni dell’ordine di 1 V o poco superiori, il che equivale sostanzialmente a un corto circuito tra emettitore e collettore. Pertanto le strutture circuitali che impiegano transistori superbeta devono essere configurate in modo che questi ultimi risultino protetti e cioè non possano essere ad essi applicate tensioni superiori a circa 1V. E’ quindi evidente che tali transistori possono essere impiegati solamente in determinate posizioni entro il sistema integrato: nel caso in esame come elementi di ingresso. Tutti gli altri transistori sono transistori standard e quindi il processo tecnologico deve essere in grado di produrre solo localmente transistori “speciali” e cioè sullo stesso chip due tipi diversi di transistori. Ciò comporta nel processo di fabbricazione un passo addizionale costituito da una seconda diffusione locale a livello dell’emettitore oppure della base per ridurre lo spessore della base da 0,5-1 di un transistore standard a 0,1-0,2 di un transistore superbeta (doppia diffusione). Una possibile configurazione circuitale che risponde ai requisiti sopra esposti è quella riportata nella figura 1.5. +VCC RL RL I0 OUT OUT IB IB Q3 Q5 I IN Q4 Q1 Q6 Q2 IN Q1 e Q2 superbeta 2I+I0-2I B -VCC Figura 1.5 Stadio di ingresso utilizzante transistori superbeta. I transistori superbeta sono ovviamente quelli di ingresso, rappresentati con il corpo vuoto. La struttura utilizzata è del tipo cascode e i transistori di polarizzazione Q5 e Q6, in configurazione a diodo, impongono ai capi di Q1 e Q2 una caduta pari a quella di una giunzione e 11 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE quindi proteggono tali transistori. La struttura cascode è utilizzata solamente a tale scopo e non per ottenere guadagno di tensione più elevato e/o per migliorare la risposta in frequenza. Si noti che nello stadio riportato nella figura 1.5 il carico è passivo; ciò per realizzare una struttura di ingresso “di precisione”, a basso rumore e basso offset di tensione, caratteristiche che bene si accoppiano con l’elevata resistenza di ingresso ottenuta. Un difetto di questa configurazione è costituito dal fatto che il generatore di coda dello stadio differenziale deve assorbire (a meno delle correnti di base di Q3 e Q4) la corrente del generatore di polarizzazione I0. Ciò, per effetto della sovrapposizione delle dispersioni dei valori delle correnti messe in gioco dai due generatori, ha come conseguenza una riduzione della precisione e della riproducibilità con cui viene definita la corrente di lavoro I dei transistori di ingresso. E’ possibile ovviare in buona misura a tale inconveniente modificando opportunamente la struttura esaminata facendo in modo che la corrente I0 non venga inviata nella coda dello stadio, ma direttamente all’alimentazione negativa. E’ questa la soluzione presentata nella figura 1.6 dove la coda della struttura differenziale deve fornire soltanto la corrente di base di Q6 che risulta piccola rispetto alla corrente 2I della struttura principale pur essendo Q6 un transistore pnp (pur di utilizzare una corrente I0 confrontabile con I). +VCC RL RL I0 OUT OUT IB Q5 IB Q3 Q4 Q1 Q2 I IN IN Q6 IB6 Q1 e Q2 superbeta 2I+IB6 -VCC Figura 1.6 Modifica della struttura riportata nella figura 1.5, che evita che la coda dello stadio sia interessata dalla corrente I0 Un’altra possibile soluzione è riportata nella figura 1.7 dove gli stessi transistori Q3 e Q4, in una configurazione “folded Darlington” vengono utilizzati per proteggere Q1 e Q2. Si noti peraltro che devono essere utilizzati dei transistori pnp. 12 RESISTENZA DI INGRESSO +VCC 2(I+I0-IB) Q1 e Q2 superbeta IN I Q1 IN Q2 IB B Q3 Q4 OUT OUT RL RL I0 I0 -VCC Figura 1.7 Altra struttura dello stadio di ingresso utilizzante transistori superbeta Va infine notato che uno spessore estremamente sottile (è questa una dimensione geometrica ortogonale al piano della tecnologia planare e quindi di più difficile controllo a livello tecnologico) produce un aumento della difettosità e quindi un conseguente incremento del rumore 1/f a bassa frequenza. Inoltre cresce la dispersione di alcuni parametri fisici (e tecnologici) quali il guadagno di corrente e la corrente di saturazione inversa IS con peggioramento di alcune caratteristiche quali l’offset di tensione. L’aumento della resistenza di ingresso si accompagna ovviamente a una riduzione della corrente di bias in ingresso; peraltro, per effetto della aumentata dispersione relativa del guadagno di corrente, l’offset della corrente di bias non si riduce corrispondentemente. 1.4 STADIO CON COMPENSAZIONE DELLE CORRENTI DI BASE. Una compensazione dinamica delle correnti di base degli elementi di ingresso consente di innalzare la resistenza di ingresso oltre che di ridurre l’entità delle correnti di bias richieste al mondo esterno: nel caso, ideale, di compensazione perfetta, cioè di “cancellazione” delle correnti di base si otterrebbe una resistenza differenziale di ingresso infinita. Questo approccio richiede ovviamente di determinare le correnti di base richieste onde produrre delle correnti uguali ed opposte da sommare ad esse con il verso richiesto. L’approccio usualmente seguito per ottenere quanto sopra è quello riportato nella figura 1.8. Ancora una volta si utilizza una struttura cascode in cui i transistori Q3 e Q4, bene accoppiati con Q1 e Q2 e quindi caratterizzati nominalmente dalla stessa corrente di base, vengono utilizzati semplicemente per leggere le correnti di base stesse onde poi riportarle sugli ingressi dello stadio. La funzione di lettura delle correnti e di iniezione delle stesse nelle basi di Q1 e Q2 è affidata agli specchi di corrente Q5,Q6 e Q7, Q8. La compensazione ovviamente non può essere perfetta, principalmente per i seguenti motivi: 13 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE la dispersione del guadagno di corrente hfe (hFE in continua) dei transistori introduce errore di lettura delle correnti di base; come più volte ricordato, il parametro hfe (hFE) è uno dei più dispersi nell’ambito della tecnologia planare, tipicamente 5-10% per dispositivi ottenuti per diffusione, alquanto meno per dispositivi ottenuti per impiantazione ionica con transistori di ingresso n-p-n, come nella figura 1.8 e come, salvo rare eccezioni, sempre si verifica nella tecnologia bipolare standard, gli specchi utilizzano transistori pnp, laterali nella tecnologia bipolare standard, e quindi a basso guadagno, alimentati inoltre da correnti molto basse; l’errore di specchio è quindi elevato (potrebbe essere ridotto utilizzando specchi tipo Wilson, ma con aumento della complessità circuitale e scarso vantaggio, considerato il punto precedente) Ne risulta una riduzione delle correnti di bias dell’ordine di un fattore 10 e un pari aumento della resistenza di ingresso. +VCC RL RL I OUT OUT Q6 Q5 Q7 IB Q3 I B I B - I B0 IN Q4 I IB0 Q9 Q8 IB I B0 IB B Q2 Q1 Q10 I B I B - I B0 IN B1 2(I+IB) -IB1 -VCC Figura 1.8 Stadio di ingresso con compensazione delle correnti di base Va notato che non si ha uguale riduzione dell’offset delle correnti di bias che anzi tende ad aumentare essendo il risultato la somma di due correnti disperse in maniera scorrelata. Anche il rumore parallelo aumenta per la stessa ragione. 14 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Cap. 2 ERRORI IN CONTINUA (OFFSET DI TENSIONE – CORRENTI DI BIAS – OFFSET DELLE CORRENTI DI BIAS) Si considerano di seguito strutture particolarmente semplici, da considerarsi di riferimento nella discussione dei fondamentali errori in continua. Verrà quindi considerata la struttura basilare dello stadio differenziale costituita essenzialmente da una coppia di transistori, un generatore di corrente di polarizzazione (“coda”), un carico passivo o attivo. Spesso vengono utilizzate strutture più complesse e quindi costituite da un numero maggiore di componenti; ciò per svariate ragioni, a volte anche strettamente dipendenti dalla tecnologia. Particolari categorie di amplificatori operazionali - si vedano più avanti gli amplificatori current feedback, gli amplificatori Norton, gli amplificatori di corrente (“current mode”), ecc. – utilizzano stadi differenziali di ingresso con struttura sostanzialmente diversa da quella più tradizionale. In ogni caso la trattazione seguente fornisce fondamentali indicazioni di base e può essere facilmente estesa ad altre architetture circuitali; si può notare comunque che, solitamente, nell’ambito di una stessa tecnologia, gli errori crescono al crescere della complessità della struttura. In ogni caso essi risultano fortemente dipendenti dalla tecnologia impiegata. 2.1 OFFSET DI TENSIONE E RELATIVO DRIFT STADIO BJT CON CARICO PASSIVO Lo stadio, il più semplice possibile, è mostrato nella figura 2.1. RC1 R C2 VOUT C1 IN Q1 IC2 IN Q2 2I = C1 + IC2 Figura 2.1 Offset di tensione: stadio differenziale con transistori bipolari e carico passivo 15 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Con riferimento alla definizione di offset di tensione imponiamo che in continua la tensione differenziale in uscita VOUT sia nulla 2.1. Nell’ipotesi, nel seguito utilizzata, che le correnti nei due rami dello stadio siano determinate soltanto dalla relazione RC1IC1 RC 2 I C 2 VOUT 0 ipotesi che risulta di fatto del tutto ragionevole considerati i piccoli errori di accoppiamento (“mismatch”) dei dispositivi in un sistema monolitico e il meccanismo di ripartizione della corrente della coda tra i due transistori che dipende in misura trascurabile dalla presenza dell’effetto Early e dal mismatch delle tensioni di Early stesse, risulta I I R I VOS VBE1 VBE 2 VT ln C1 S 2 VT ln C 2 S 2 IC 2 I S1 RC1 I S 1 relazione che mostra essere l’offset di tensione, come ovvio, proporzionale alla tensione termica VT e che mette in evidenza il ruolo della dispersione della corrente di saturazione inversa IS e dell’accoppiamento tra i resistori di carico. Si noti anche che è stato trascurato il contributo delle resistenze di spreading rbb’ e della loro dispersione in quanto esse risultano percorse dalle correnti di base, molto piccole rispetto a quelle di collettore. Ricordiamo che A I S qni2 D n (tipicamente I S 101 10 fA ) QB dove q = 1,6 10-19 Coulomb carica dell’elettrone 10 -3 ni= 1,45 10 cm concentrazione di portatori nel Si intrinseco a 300 K coefficiente di diffusione medio dei portatori nella base Dn A area effettiva di emettitore QB N BWB numero di Gummel (numero di atomi droganti nella base per unità di area di emettitore) N B drogaggio medio della base; WB larghezza (spessore) effettiva della base, funzione della tensione collettore-base VCB Si possono quindi mettere in evidenza i principali contributi a VOS R A Q VOS VT ln C 2 ln 2 ln 1 A1 Q2 RC1 avendo trascurato il contributo del coefficiente di diffusione che risulta di fatto caratterizzato da dispersione in questa sede trascurabile. Si noti che si può anche scrivere I C RC 2 A Q VOS ln 2 ln 1 ln gmQ RC1 A1 Q2 evidenziando il fattore moltiplicativo come il rapporto tra la corrente di lavoro IC e la transconduttanza del transistore bipolare gmQ. Tale rapporto (VT) è indipendente dalla corrente di lavoro e quindi l’offset è indipendente da quest’ultima. 2.1 Ricordiamo che l’offset di tensione è definito come quella tensione differenziale in continua che sarebbe necessario applicare tra gli ingressi per portare l’uscita a uno specifico livello. Nel caso degli amplificatori operazionali a doppia alimentazione simmetrica, ingresso e uscita vengono (tranne casi molto particolari) posizionati al centro delle alimentazioni, cioè a tensione nulla, per sfruttare appieno e simmetricamente la dinamica e per consentire accoppiamento con sorgenti di segnale e carichi riferiti a massa senza indurre polarizzazioni. 16 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Poiché i rapporti che costituiscono l’argomento dei logaritmi sono assai prossimi a 1, in quanto le dispersioni dei parametri in gioco (si deve qui considerare, ovviamente, la dispersione – o tolleranza – relativa, nei sistemi monolitici assai migliore di quella assoluta) sono al più dell’ordine di qualche %, l’espressione precedente può essere validamente approssimata da una relazione lineare ottenuta dallo sviluppo in serie di Taylor del logaritmo in cui si trascurino i termini di ordine superiore al primo. A questo proposito risulta utile introdurre esplicitamente le deviazioni dal perfetto accoppiamento dei vari parametri considerati. Per comodità di calcolo operiamo in termini di simmetria attribuendo /2 a ciascun elemento X di ciascuna coppia X X X X2 X1 X X2 X X 1 con X X1 X 2 <<X 2 2 2 Si può così scrivere R A Q VOS VT C R A Q C Ovviamente le differenze possono essere di segno qualsiasi e la situazione peggiore si presenta quando tutti i termini danno contributi nello stesso senso. Sino a questo punto si sono considerate le variazioni riferendole a un singolo (anche se qualsiasi) elemento della popolazione costituita dagli stadi rappresentati nella figura 1.9. La grandezza che stiamo esaminando va peraltro considerata riferita a una intera popolazione e cioè come un parametro che la caratterizza. Pertanto si deve procedere in termini statistici con riferimento a una popolazione statisticamente significativa come può essere quella risultante da un processo tecnologico di produzione in serie. In generale la grandezza in esame, in questo caso VOS, sarà caratterizzata da un valor medio e da una varianza. Il valor medio rappresenta un errore sistematico (dovuto ad esempio a gradiente di processo entro il chip o entro il wafer, oppure alla particolare architettura circuitale utilizzata), mentre la varianza descrive la distribuzione puramente statistica (dispersione) della grandezza in esame. Salvo casi molto particolari, di cui avremo esempi nel seguito, la componente sistematica dell’offset di tensione, risulta trascurabile. Di conseguenza VOS ha sostanzialmente in media valore nullo ed è quindi caratterizzato dalla sua varianza 2.2; in altre parole il valore che si indica per l’offset di tensione è in realtà una misura della sua varianza e ha significato statistico. Un’importante conseguenza di quanto appena detto è costituita dal fatto che, con buona approssimazione, i vari contributi alla varianza totale risultano indipendenti e si possono quindi sommare (quadraticamente). X Indicando con la varianza di X X si ottiene V VT R2 A2 Q2 OS Normalmente sono note, per una determinata tecnologia, le varianze R e I S per cui conviene scrivere la relazione precedente nella forma 2.2 La distribuzione risulta solitamente assai bene approssimata da quella di Gauss, salvo casi in cui interventi in sede di processo (ad esempio trimming) o ad esso successivi (ad esempio selezione) la modificano. Si noti che nella distribuzione gaussiana X 1 P (X ) = exp 2 ps 2s 2 2 (valor medio nullo) il 63 % della popolazione è compreso tra – e +, il 95,4 % tra -2 e +2. 17 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE V VT R2 I2 OS S Nel caso di dispositivi ottenuti per diffusione e di dimensioni relativamente piccole (area di emettitore di qualche decina di 2) e relativamente buon matching dei resistori si ha tipicamente I S 4 6% e R 1% I S R R IS e R IS e in cui i due termini contribuiscono con lo stesso segno, un offset di tensione, a 300 K, pari a I RC VOS ( ) VT S 1,3 1,8mV RC IS ciò significa che il 68,3 % degli esemplari (si veda la nota 1.3) è caratterizzato da offset di tensione in valore assoluto inferiore o al più uguale a quello sopra indicato. Nel caso l’offset (offset massimo garantito) venga specificato in termini di 2, cioè VOS (2 ) viene considerato il 95,4 % e si riduce la perdita di produzione (yield loss) al 4,6%. 2.3 Aumentando le dimensioni e utilizzando opportune tecniche di layout si possono ottenere riduzioni di VOS sino a diverse centinaia di V: ad esempio, già a suo tempo, l’OPA (operational amplifier) 725, utilizzando tale approccio, poteva vantare VOS= 500V. Il 725 può costituire un esempio di tecniche di questo tipo: i dispositivi di ingresso sono disposti secondo una geometria a “centroide comune” in cui ciascun transistore di ingresso viene spezzato, dal punto di vista della disposizione geometrica (layout), in due parti (figura 2.2) disposte come mostrato schematicamente nella figura 2.3; il centro della struttura geometrica viene appunto denominato “centroide”. Ciò comporta nel caso di un dispositivo che abbia Q1 Q2 IN IN Q11 Q12 Q22 Q21 Figura 2.2 Elementi di ingresso, Q1 e Q2, spezzati ciascuno in due per ridurre le disuniformità di processo Q11 Q22 Q21 Q12 Figura 2.3 Rappresentazione schematica della strutura geometrica a centroide comune: Q1 e Q2 sono divisi in due parti disposte secondo le diagonali 2.3 18 Il produttore nello specificare il valore massimo di VOS si basa sostanzialmente sullo yield di produzione accettabile e quindi ne risulta un valore dipendente da, ma usualmente non uguale a . Peraltro è il parametro cui deve far riferimento il progettista. TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Questa disposizione, anche altre volte adottata, o comunque opportune tecniche di layout, solitamente dipendenti dal processo tecnologico di produzione utilizzato, tendono a minimizzare l’effetto di disuniformità di determinati parametri di processo (profondità e gradienti di diffusione o impiantazione, resistenza di strato, ecc.) e minimizzano anche eventuali effetti sistematici. Un maggiore dettaglio della disposizione a centroide comune degli elementi di ingresso del 725 è mostrato nella figura 2.4 che rappresenta la struttura della metallizzazione (contatti di emettitore, base, collettore e piste ) adottata. Dispositivi di dimensioni relativamente grandi (quindi peso trascurabile del procedimento litografico 2.4 ed effetto di media sulle disuniformità di processo) e realizzati attraverso impiantazione ionica consentono di ottenere VOS ( ) 100V . Q22 Q11 C2 collettori C1 E emettitori Q21 Q12 B2 basi B1 Figura 2.4 Dettaglio della struttura geometrica a centroide comune Da quanto sopra esposto si deduce che i risultati ottenibili dipendono fortemente dalla tecnologia adottata, dal processo di fabbricazione, dalla struttura dello stadio (è stato qui considerato lo stadio più semplice cui è quindi associato l’offset più piccolo; al crescere della complessità circuitale cresce in genere anche l’errore, ovviamente in dipendenza dalla particolare configurazione utilizzata), dalla geometria dei componenti, dal layout. I valori numerici sopra riportati sono quindi puramente indicativi. Peraltro la precedente trattazione, pur basandosi, anche implicitamente, su alcune ipotesi semplificative (ad esempio base drogata uniformemente), pone in generale le basi per il progetto e l’analisi di una struttura circuitale dal punto di vista dell’offset di tensione. Compito del progettista, qualora debba ottenere valori il più possibile contenuti di VOS (necessari per realizzare un amplificatore “di precisione”, caratterizzato cioè da piccoli errori in continua, ma anche da basso rumore, elevato guadagno totale, elevata reiezione del modo comune, buon settling time, ecc.), è quindi quello di individuare, tra quelle disponibili, la tecnologia più adatta, di utilizzare strutture circuitali che minimizzino il numero dei componenti che danno apprezzabile contributo all’offset, di dimensionare al meglio i dispositivi curandone le caratteristiche geometriche e il layout, di prendere in considerazione l’effetto dei gradienti termici, di considerare l’introduzione di tecniche correttive (trimming – si veda più avanti). E’ a questo punto opportuna qualche considerazione relativa ai resistori. 2.4 Per dispositivi di dimensioni non troppo piccole e realizzati tramite diffusione la varianza di IS è determinata principalmente dalla dispersione del numero di Gummel; il procedimento litografico incide nel caso di dimensioni molto ridotte (transistori per alta frequenza: fT nel campo di molti GHz) e impiantazione ionica (si veda la figura 2.7) 19 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Come si vedrà il carico passivo comporta a parità di tecnologia solitamente un contributo all’offset significativamente inferiore a quello di un carico attivo (ad esempio a specchio). La dispersione (tolleranza) relativa dei resistori dipende fortemente in primo luogo dal tipo di resistore e dalle sue caratteristiche geometriche. In tecnologia monolitica planare un resistore può essere realizzato utilizzando la regione di base o quella di emettitore o lo strato epitassiale e quindi per diffusione o impiantazione ionica, oppure può essere realizzato a film sottile. I resistori di base ed epitassiali possono inoltre essere realizzati nella configurazione “strozzata” (pinch resistor) in cui un tratto della regione utilizzata, ad esempio la base, viene ridotta di spessore per aumentare la resistenza ottenibile. A titolo indicativo riportiamo alcuni dati caratteristici 2.5 Tipo di resistore Resistenza di strato / Tolleranza assoluta ±(%) Di base, diffusione Di emettitore, diffusione Impiantazione ionica Pinch di base Epitassiale Pinch epitassiale Film sottile 100 - 200 2 -10 100 - 1000 2.000 - 10.000 2.000 - 5.000 4.000 - 10.000 100 - 2.000 20 20 3 50 30 50 5 - 20 Tolleranza relativa (%) 2 (W=5) 0,2 (W=50) 2 1 (W=5) 0,1 (W=50) 10 5 7 0,2 - 2 W = larghezza del resistore Coefficiente di temperatura ppm/°C 1.500 – 2.000 600 riducibile a 100 2.500 3.000 3.000 10 - 200 Un aspetto, già menzionato più volte, che evide anche dalla precedente tabella è costituito dalla dipendenza dalle dimensioni geometriche. Nella figura 2.5 , a titolo di esempio, è riportata la struttura geometrica di un resistore di base; il resistore è ricavato dalla diffusione di base e viene circondato da un suo proprio isolamento a giunzione, ottenuto collegando, attraverso una opportuna connessione, il sottostante strato epitassiale con il terminale a potenziale più alto del resistore oppure a un punto a potenziale superiore a quello di qualsiasi punto del resistore stesso; le “teste” terminali sono necessarie per consentire i contatti ohmici (n+) con la diffusione di base e possono contribuire alla resistenza totale in misura non trascurabile nel caso di resistori corti. contatto con lo strato epitassiale (giunzione di isolamento) contatti terminali W L R= L R W Figura 2.5 2.5 20 Dati tratti da: Paul R. Gray/ Robert G. Meyer “Analysis and Design of Analog Integrated Circuits” John Wiley & Sons TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Struttura geometrica (vista dall’alto) di un resistore a diffusione di base; il corpo è costituito dalla diffusione p di base; la relazione riportata per il valore della resistenza vale nel caso L>>W Nel caso di resistori in cui il rapporto W/L è abbastanza piccolo la grandezza geometrica che entra in gioco nel determinare la varianza relativa dell’accoppiamento tra due resistori è ovviamente, per ragioni litografiche, W. Nella figura 2.6 è rappresentato un possibile andamento tipico della R deviazione standard R = in funzione di W per un resistore ad impiantazione ionica. R Come si vede per larghezze superiori a circa 15-20 la varianza è determinata sostanzialmente da contributi non geometrici. Va notato che il caso considerato – impiantazione ionica – mette in particolare evidenza la dipendenza dalle dimensioni geometriche. L’utilizzo di resistori relativamente larghi (e di transistori di grandi dimensioni) è peraltro in contrasto con l’esigenza di minimizzare l’occupazione di area onde evitare un aumento delle dimensioni del singolo die e quindi dei costi: esso deve essere pertanto limitato ai soli elementi che contribuiscono significativamente all’offset. R (%) 0,35 0,30 0,25 0,20 0,15 0,10 0,05 0,00 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 W () Figura 2.6 Tipico andamento della varianza della tolleranza relativa di resistori ad impiantazione ionica in funzione della larghezza W (L>>W) Come già detto, l’altro, e in genere più importante, contributo a VOS dovuto alla dispersione relativa dei valori di IS mostra anch’esso una dipendenza dalle dimensioni più o meno marcata a seconda della tecnologia. 21 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE La figura 2.7 mostra, a titolo di esempio, nel caso di impiantazione ionica, un possibile I andamento di I s S in funzione dell’area di emettitore A IS Anche in questo caso – impiantazione ionica – viene messa in particolare evidenza la dipendenza dalle dimensioni geometriche; l’area al di sotto della quale (20-25 2) diviene preponderante il contributo geometrico risulta comunque decisamente piccola e caratterizza tipicamente transistori per alta frequenza utilizzanti tecnologie al polisilicio. s (°/°°) 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 2 A ( ) Figura 2.7 Tipico andamento della varianza della tolleranza relativa della corrente di saturazione inversa IS in funzione dell’area di emettitore per transistori a impiantazione ionica Un approccio differente alla riduzione dell’offset di tensione è costituito dall’utilizzo di tecniche di correzione dell’offset prodotto intrinsecamente dalla struttura. Nel caso di carico resistivo risulta evidente che una correzione può essere introdotta tramite un intervento sul valore relativo dei resistori atto a introdurre una componente di VOS di segno opposto a quello di partenza. Anche nel caso di carico attivo tale approccio può essere seguito introducendo allo scopo nella struttura dei resistori in posizioni circuitali adatte; ad esempio nel caso di carico a specchio si possono introdurre dei resistori di degenerazione (in serie agli emettitori) che possono essere utilizzati per controllare il fattore di specchio. E’ evidente che tale correzione deve essere effettuata per ogni singolo esemplare. Questo approccio si può distinguere in due differenti modalità. Intervento esterno; si veda la figura 2.8. A sinistra nella figura viene mostrato lo stadio di ingresso di un amplificatore operazionale, il 725, immesso sul mercato in tempi ormai lontani (ma ancora in produzione) e progettato a suo tempo, per essere un amplificatore “di precisione”, utilizzando la tecnologia 22 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO bipolare standard allora disponibile. Il carico passivo è spezzato in due resistori in serie R1 e R2 e sono resi disponibili all’utente, nella piedinatura del dispositivo incapsulato, i terminali corrispondenti ai punti A tra i quali può essere inserito un potenziometro con il cursore connesso con la tensione di alimentazione. In tal modo ai resistori R2 vengono poste in parallelo frazioni complementari della resistenza totale del potenziometro che possono essere variate sino ad ottenere una compensazione dell’offset (entro i limiti della risoluzione del potenziometro). 741 725 +VCC potenziometro esterno Q8 100k +VCC 1k R2 2k R1 IN IN Q2 Q1 R 2 1k A A Q4 Q3 R 1 2k VOUT OUT Q7 IN Q1 Q2 IN Q5 2I -VCC 1k R Q6 R1 R 1k -VCC 100k potenziometro esterno Figura 2.8 Correzione dell’offset tramite potenziometro esterno: a sinistra con carico passivo (amplificatore 725), a destra con carico attivo a specchio (amplificatore 741) A destra viene mostrato lo stadio di ingresso dell’amplificatore operazionale 741, anch’esso immesso sul mercato in tempi ormai lontani e ancora in produzione, e anch’esso progettato utilizzando la tecnologia bipolare standard allora disponibile. Lo specchio di carico è degenerato tramite i resistori R, non allo scopo di ridurre il rumore (il loro valore è del tutto insufficiente a tale scopo), ma per consentire dall’esterno un controllo dell’offset: sono resi disponibili all’utente, nella piedinatura del dispositivo incapsulato, i terminali corrispondenti agli emettitori di Q5 e Q6 tra i quali può essere inserito un potenziometro con il cursore connesso con la tensione di alimentazione (si veda la figura). In tal modo ai resistori R vengono poste in parallelo frazioni complementari della resistenza totale del potenziometro che possono essere variate sino a ottenere una compensazione dell’offset (entro i limiti della risoluzione del potenziometro). Questa tecnica peraltro presenta un problema: il coefficiente di temperatura del potenziometro esterno non è in accordo con quello dei resistori integrati con cui esso interagisce e quindi la dipendenza dalla temperatura dell’offset (si veda la successiva trattazione in merito) ne viene 23 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE influenzata negativamente. In molte applicazioni questo parametro è particolarmente importante in quanto una cancellazione dell’offset con qualsiasi tecnica è riferita ad una determinata temperatura di lavoro e quindi, a meno di utilizzare tecniche di cancellazione e tracking termico assai complesse, risulta di scarsa utilità. Compensazione on chip. Resistori a film sottile possono essere controllati per quanto riguarda il valore della resistenza tramite un processo di “trimming”, cioè tramite una regolazione fine delle loro caratteristiche geometriche, ad esempio la larghezza. Tale regolazione può essere ottenuta utilizzando un fascio laser che effettua una “erosione” dello strato resistivo controllata da un sistema ad anello chiuso che misura il parametro da ottimizzare – nel nostro caso l’offset di tensione – e termina il processo quando il valore del parametro rientra in una fascia determinata di fatto dalla risoluzione del processo stesso. Facendo riferimento agli esempi utilizzati nel caso precedente, e immaginando che i resistori siano a film sottile (il che richiede una tecnologia assai più avanzata di quella disponibile al tempo del progetto e della produzione del 725 e del 741), uno dei due resistori della coppia viene ad esempio progettato con un valore lievemente differente da quello dell’altro e poi regolato mediante laser trimming sino ad ottenere il miglior risultato per il parametro da controllare, qui VOS. Il trimming viene effettuato per ogni singolo chip quando ancora i singoli dispositivi si trovano sul wafer di partenza e garantisce quindi una produzione assai uniforme. E’ questa una tecnica assai potente, di costo abbastanza modesto, che consente di ottenere offset di tensione nel campo delle decine di V, ad esempio 30-50 V. E’ di particolare utilità nel caso di tecnologie che comportano intrinsecamente offset elevati (dispositivi di ingresso a effetto di campo). Una tecnica alternativa, oggi meno utilizzata, è quella denominata “Zener-zap”. Il resistore di cui si vuole effettuare il “trimming” della resistenza è realizzato tramite un elemento R0, caratterizzato dalla parte principale della resistenza totale, con in serie una sequenza di resistori di valore R1, R2 … Rn in successione binaria e con valore complessivo della resistenza piccolo rispetto al totale. In parallelo a ciascun resistore Ri è posto un interruttore SWi (figura 2.9). Gli interruttori possono essere del tipo “normally on (n-on)”, cioè inizialmente chiusi, oppure “normally off (n-off)”, cioè inizialmente aperti. Nel primo caso si tratta di fusibili costituiti da collegament in Al che possono venire selettivamente aperti tramite elevati impulsi di corrente. Nel secondo caso si tratta di diodi Zener che possono venire permanentemente cortocircuitati tramite elevati impulsi di corrente inversa (a questo caso si riferisce il termine Zener-zap). R0 R1 SW1 R2 Rn SW2 SWn Figura 2.9 Correzione dell’offset tramite tecnica di “zapping” Essendo i resistori di regolazione disposti secondo una sequenza binaria la risoluzione ottenuta corrisponde a 2n, dove n è il numero di resistori. Il sistema richiede l’implementazione on-chip di una logica atta a controllare gli interruttori (memoria read-only), ma risulta comunque di costo piuttosto basso a fronte dei risultati ottenibili: offset di tensione nel campo delle decine di V. Si noti che, almeno in linea di principio, la tecnica dello zapping può essere utilizzata anche con resistori a diffusione o impiantazione ionica. 24 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Ovviamente con queste tecniche, sia laser trimming sia zapping, si evita il problema del deterioramento del coefficiente di temperatura in quanto i resistori utilizzati sono tutti integrati. Dipendenza di VOS dalla temperatura (offset drift). dVOS . Nel dT caso qui considerato di uno stadio utilizzante BJT e carico resistivo, è possibile, con adeguato layout, ottenere un buon tracking termico tra i resistori e le correnti IS di saturazione inversa. Di conseguenza il drift termico è dovuto sostanzialmente soltanto alla dipendenza dalla temperatura della tensione termica VT. dVOS V dVOS VOS dVT VOS V VOS e, a 300K cioè 3, 3 per ogni mV di offset 3,3 C C dT VT dT T dT mV Come già detto è di particolare importanza il coefficiente di temperatura dell’offset STADIO JFET CON CARICO PASSIVO Lo stadio è mostrato nella figura 2.10. Come nel caso dello stadio BJT, anche se in misura un poco minore, è ragionevole basarsi sull’ipotesi che le correnti nei due rami dello stadio siano determinate soltanto dalla relazione VOUT 0 RD1I D1 RD 2 I D 2 Si può quindi scrivere I D1 ID2 VOS VGS 1 VGS 2 VP1 1 VP 2 1 I DSS 1 I DSS 2 25 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 2I = D1 IN J1 D1+ I D2 I D2 J2 IN VOUT R D1 R D2 Figura 2.10 Offset di tensione: stadio differenziale con transistori a effetto di campo a giunzione e carico passivo dove VP è la tensione di pinch off e IDSS la corrente di drain in regione di saturazione con VGS=0 e si è utilizzata la rappresentazione analitica semplificata (trascurando l’effetto Early) della caratteristica di trasferimento di un JFET, cioè 2 V I 2 I D I DSS 1 GS DSS2 VP VGS VP VP æ V GS = V P ççç1 çè ö ID ÷ ÷ ÷ ÷ I DSS ø Ponendo come nel caso precedente per ogni grandezza X X X X X2 X1 X X2 X X 1 con X X1 X 2 2 2 2 l’espressione precedente può essere validamente approssimata da una relazione lineare ottenuta dallo sviluppo in serie di Taylor in cui si trascurino i termini di ordine superiore al primo. V 1 I D RD I DSS VP 1 I D RD I DSS V V VOS VP VP 2 P VP P 2 P 2.6 VP 2 I DSS RD I DSS VP 2 I DSS RD I DSS VP VP 2.6 La relazione è ovviamente riferita al singolo esemplare e rappresenta solamente il primo, pur significativo, passo per giungere alla caratterizzazione statistica della popolazione di interesse, la sola avente un significato. Il caso corrispondente a ID=IDSS, singolare in quanto, in una lettura acriticamente matematica, escluderebbe apparentemente la dipendenza di VOS dalla dispersione di VP , è di fatto sostanzialmente assurdo e privo di attinenza con un’analisi in termini di dispersione dei parametri e comunque, evidentemente, ha significato (anche se, in realtà, rappresenta comunque un caso con probabilità, a rigore, nulla) solo per singoli esemplari, individualmente considerati. 26 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Il primo termine mostra che la dispersione relativa dei valori di VP interviene direttamente e con peso proporzionale a VP stesso nel determinare l’offset. Il secondo termine, di struttura alquanto complessa se si esplicitano le dispersioni relative di IDSS e VP in funzione dei parametri fisici e tecnologici che li determinano, è anch’esso proporzionale a VP. Un confronto con il risultato ottenuto per lo stadio bipolare mostra quindi immediatamente come l’offset dovuto all’utilizzazione di transistori JFET stia a quello introdotto dai BJT, come ordine di grandezza, secondo il rapporto VP VT che, a 300 K, è dell’ordine di qualche decina. L’uso di dispositivi FET (come mostrato in seguito un risultato del tutto analogo si ottiene nel caso dei MOSFET) comporta quindi, a fronte di una resistenza di ingresso diversi (JFET) o anche molti (MOS) ordini di grandezza più elevata e di errori in continua relativi alle correnti di ingresso estremamente più piccoli, un notevole deterioramento dell’offset di tensione intrinseco rispetto al caso dei BJT. Introducendo le varianze onde descrivere la popolazione da un punto di vista statistico (trascurando anche qui gli errori sistematici, come è sostanzialmente lecito fare, anche se questi risultano in generale più elevati che non nel caso di dispositivi BJT), si ottiene 1 ID VOS VP V2P R2D I2DSS 4 V2P 4 I DSS Il secondo termine dipende direttamente dalla corrente di lavoro ID e, con gli usuali valori della dispersione di RD, IDSS e VP, potrebbe essere reso trascurabile utilizzando correnti molto piccole rispetto a IDSS: ciò peraltro, tranne in casi molto particolari, risulta di fatto non praticabile in quanto comporterebbe pregiudizio del rumore serie e della risposta in frequenza; inoltre negli stadi di ingresso utilizzanti JFET conviene progettare i dispositivi con una IDSS poco superiore alla corrente di lavoro ID onde minimizzare l’occupazione di area (Si) da parte degli elementi attivi: ciò è reso possibile dal fatto che la dinamica di corrente necessaria per gestire il segnale è assai piccola rispetto a IDSS. Tornando all’espressione di VOS in termini di , e cioè a quella applicabile al singolo dispositivo, si può osservare che il secondo termine, con opportuni interventi di trimming, può essere utilizzato per compensare, almeno parzialmente, il primo. Una compensazione dell’offset tramite trimming risulta spesso l’unico intervento risolutivo in quanto le strutture reali, per varie ragioni (guadagno, CMRR, Slew Rate, ecc.) sono di maggior complessità rispetto a quella di base qui considerata e utilizzano solitamente un carico attivo, introducendo così ulteriori contributi all’offset che possono anche risultare dominanti. Si noti che VOS può essere espresso anche nella forma R I I V I R V 1 VOS VP VP VGS D DSS 2 P VP D D DSS 2 P 2 I DSS VP gmJ RD I DSS VP RD dove il fattore moltiplicativo del secondo termine è stato ricondotto alla forma ID 1 VP VGS dove gmJ è la transconduttanza del JFET g mJ 2 Si evidenzia così che all’offset contribuiscono due termini, mentre nel caso della analoga struttura utilizzante transistori bipolari è presente solamente il secondo termine, e che il secondo termine è caratterizzato nel caso dei JFET da un fattore moltiplicativo Esso implica che la corrente di lavoro ID imposta dalla polarizzazione (da considerarsi quindi una grandezza “sistematica” nella presente trattazione) uguagli la corrente IDSS in ciascuno degli elementi della coppia e quindi che le due IDSS siano uguali: è quindi ovvio che in tale caso, del tutto singolare, V OS sia nullo. 27 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 1 VP VGS solitamente assai maggiore di VT=26mV che caratterizza i BJT 2 Inoltre, come già notato, tale fattore moltiplicativo dipende dalla corrente e varia proporzionalmente alla radice della stessa. La varianza di RD è in genere trascurabile rispetto a quella delle grandezze che caratterizzano il dispositivo attivo. I parametri caratteristici del dispositivo che determinano la varianza di VP sono il drogaggio N del canale (regione di base della tecnologia planare bipolare), lo spessore (o profondità) z del canale, il potenziale di barriera 0 della giunzione gate-source che dipende a sua volta dai drogaggi di gate e di canale. Un modello alquanto semplificato del dispositivo reale che considera il dispositivo simmetrico, con drogaggio uniforme del canale, canale poco drogato rispetto al gate (il che avviene solo con riferimento al top gate, si veda la nota 2.9), assenza di effetti di bordo … fornisce q z2 VP N A 0 2 4 N A ND 0 VT ln ni2 dove q = 1,6 10-19 Coulomb carica dell’elettrone 10 -3 ni= 1,45 10 cm concentrazione di portatori nel Si intrinseco a 300 K = 1,05 10-12 C2/N m costante dielettrica del Si -3 NA cm densità di droganti nel canale, avendo considerato un dispositivo a canale p che è il caso tipico essendo il canale derivato dalla regione di base del transistore bipolare standard n-p-n 2.7 z profondità (spessore) effettiva del canale Il parametro dominante risulta essere la profondità z del canale in quanto si tratta di una grandezza geometrica difficilmente controllabile dalla tecnologia essendo ortogonale e non parallela al piano della tecnologia planare stessa. In prima e alquanto grossolana approssimazione si può quindi scrivere VP z q z 2 z VOS VP 2 VP 0 NA VP z 4 z avendo considerato soltanto il primo termine di VOS e attribuito l’offset unicamente alla dispersione di z. Il fatto che nella precedente espressione, pur approssimata, la profondità del canale interviene quadraticamente mette in particolare evidenza come l’offset sia sostanzialmente determinato da questo parametro il cui controllo è possibile entro limiti modesti anche con le tecnologie più avanzate. Ciò rende ragione già di per sé del fatto che impiegando dispositivi JFET l’offset di tensione risulta nettamente più elevato di quello ottenibile con dispositivi BJT. In realtà non può in genere essere considerato trascurabile il contributo all’offset del secondo termine nella espressione più addietro scritta R I I D RD I DSS V 1 V 2 P VP VGS D DSS 2 P gmJ RD I DSS VP 2 I DSS VP RD e interviene quindi anche la dispersione di IDSS. 2.7 JFET a canale n sono disponibili nelle attuali tecnologie BiFet in quanto queste rendono spesso disponibili BJT p-n-p verticali (tecnologie “true complementary”) 28 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO I parametri caratteristici del dispositivo che determinano la varianza di IDSS sono il drogaggio N del canale (regione di base della tecnologia planare bipolare), il rapporto di forma W/L (W larghezza effettiva di gate, L lunghezza effettiva del canale), il potenziale di barriera 0 della giunzione gatesource che, come sopra ricordato, dipende a sua volta dai drogaggi di gate e di canale. Un modello, pur alquanto semplificato, del dispositivo reale fornisce una espressione piuttosto complessa di IDSS entro cui domina la presenza di VP e ne risulta che la profondità del canale z compare alla terza potenza, risultando così ancora una volta questo il parametro dominante dal punto di vista della dispersione.2.8 Va ricordato che i dispositivi JFET derivati dalla tecnologia bipolare standard possono essere realizzati per diffusione o tramite ion implantation. In ogni caso è necessario un raffinamento della tecnologia di base poiché questa non è in grado di produrre un canale di profondità sufficientemente piccola da dar luogo a tensione di pinch-off VP utilizzabili (cioè di valore non eccessivo): lo spessore di base di un normale transistore n-p-n ottenuto per diffusione (tipicamente da 0,5 a qualche ) darebbe luogo a valori di VP di molti volt, addirittura confrontabili con le tensioni di alimentazione e quindi inaccettabili. Nel caso di realizzazione per diffusione è necessario introdurre localmente, dove si vuole realizzare il dispositivo JFET, un’ulteriore passo di diffusione. Ad esempio dopo la diffusione di base si effettua localmente una predeposizione di gate seguita da diffusione n+ di gate (top gate 2.9) e quindi dalla normale diffusione di emettitore (JFET a doppia diffusione); si ottiene così uno “strozzamento” della regione di base di partenza e cioè una struttura del tutto simile a quella di un base pinch resistor. In tal modo la profondità del canale può essere ridotta sino ad ottenere valori accettabili di VP. Si può anche procedere tramite doppia diffusione di base anziché di emettitore. I dispositivi che così si ottengono presentano per VP valori nel campo di alcuni volt, cioè piuttosto elevati, forte dispersione a causa dello scarso controllo di z possibile per diffusione, bassa tensione di breakdown drain-gate in quanto questa eguaglia quella di una giunzione base-emettitore, cioè circa 6-7 V, scarso controllo del canale da parte del gate inferiore, costituito dalla poco drogata regione epitassiale (collettore). Oggigiorno il procedimento universalmente adottato è quello della impiantazione ionica che consente un controllo assai più preciso e riproducibile del processo. In particolare è assai migliore il controllo dello spessore di canale z con il risultato di ottenere VP dell’ordine del volt e con dispersione assai minore che nel caso di diffusione. Inoltre poiché il drogaggio del canale può essere contenuto con buona affidabilità entro1016 atomi/cm3 (come nella diffusione di collettore) la tensione di breakdown drain-gate risulta dell’ordine di alcune decine di volt. Ripetiamo qui che comunque l’offset di tensione per una coppia JFET è intrinsecamente (cioè in assenza di interventi correttivi) significativamente più elevato che nel caso della coppia bipolare, anche perché, come già detto, il secondo termine dell’espressione sopra riportata non è in genere trascurabile e quindi la dispersione di VP entra in gioco con peso ancor maggiore. Le tecniche di trimming sono pertanto di particolare interesse in tecnologia BiFET. Dipendenza di VOS dalla temperatura (offset drift). 2.8 Riportiamo qui tale espressione (per un JFET a canale p) che mostra come intervengano i drogaggi di canale e di gate, la conducibilità del canale, il rapporto di forma W/L, il potenziale di barriera 0 e la tensione di pinch–off VP 1/ 2 I DSS W 2 ND 2 L q N A N A N D 2 1/ 2 3/ 2 VP 0 VP 0 VP 0 3 2.9 Il JFET ottenuto a partire dalla tecnologia bipolare è caratterizzato da un canale compreso tra due regioni che, collegate tra di loro attraverso la metallizzazione, fungono da gate: la regione corrispondente all’emettitore (top gate) e quella corrispondente al collettore (bottom gate) del normale transistore bipolare verticale. 29 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Anche in questo caso, con adeguato layout, è possibile ottenere un buon tracking termico tra i resistori. Di conseguenza il drift termico è dovuto sostanzialmente alla dipendenza dalla temperatura della tensione di pinch-off VP e della corrente IDSS. Ambedue queste grandezze sono caratterizzate da un elevato coefficiente di temperatura, anche se di segno opposto. Il coefficiente di temperatura di IDSS deriva principalmente da quello della mobilità dei portatori ed è quindi negativo; quello di VP deriva da 0, che decresce al crescere della temperatura, e quindi, considerata la dipendenza di VP da 0, è positivo. In ogni caso la dipendenza dalla temperatura di VOS è piuttosto complessa è non risulta di fatto possibile collegare dVOS/dT in maniera semplice a VOS come invece avviene nel caso dei dispositivi bipolari. Concludendo, per ottenere buoni risultati con stadi differenziali utilizzanti JFET è necessario ricorrere a tecniche di impiantazione ionica, utilizzare, se possibile, correnti di lavoro relativamente basse rispetto a IDSS, eventuali resistori di alta qualità (a film sottile). Come già più volte menzionato la tecnica risolutiva risulta essere quella di trimming laser che consente di ottenere risultati confrontabili con quelli (intrinsecamente) ottenibili con transistori bipolari: VOS nel campo delle centinaia di V e dVOS/dT nel campo dei V/°C. STADIO MOSFET CON CARICO PASSIVO Lo stadio è mostrato nella figura 2.11. Anche in questo caso è ragionevole basarsi sull’ipotesi che le correnti nei due rami dello stadio siano determinate soltanto dalla relazione VOUT 0 Si può quindi scrivere 2 I D1 2 I D 2 VOS VGS 1 VGS 2 Vt1 Vt 2 ' W ' W k k 1 2 L 1 L 2 dove Vt è la tensione di soglia, W/L è il rapporto di forma, k’ = COX ( mobilità, Cox capacità specifica dell’ossido). 30 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO R D1 R D2 VOUT D1 IN M1 I D2 M2 2I = IN D1+ I D2 Figura 2.11 Offset di tensione: stadio differenziale con transistori a effetto di campo MOS e carico passivo Si è utilizzata la rappresentazione analitica semplificata (trascurando l’effetto Early) della caratteristica di trasferimento di un MOS, cioè 2I D 1 W 2 I D k ' VGS Vt VGS Vt W 2 L k' L Ponendo come nei casi precedenti per ogni grandezza X X X X X2 X1 X X2 X X 1 con X X1 X 2 2 2 2 l’espressione precedente può essere validamente approssimata da una relazione lineare ottenuta dallo sviluppo in serie di Taylor in cui si trascurino i termini di ordine superiore al primo. W W Vt 1 2 I D RD V 2 I R 1 D VOS Vt L Vt t D L W W W W Vt 2 2Vt Vt RD RD k' k' L L L L W W VGS Vt RD I R Vt L Vt D D L W W 2 g mM RD RD L L relazione del tutto simile a quella ottenuta nel caso dei JFET: la dispersione della tensione di soglia sostituisce quella della tensione di pinch-off, la dispersione del fattore di forma sostituisce la dispersione combinata della tensione di pinch-off e della corrente IDSS. Il primo termine mostra che la dispersione dei valori di Vt interviene direttamente nel determinare l’offset. Un confronto con il risultato ottenuto per lo stadio bipolare mostra quindi immediatamente come l’offset dovuto all’utilizzazione di transistori MOSFET stia a quello introdotto dai BJT, come ordine di grandezza, secondo il rapporto 31 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Vt VT che, a 300 K, è dell’ordine di parechie decine. L’uso di dispositivi MOSFET comporta quindi, a fronte di una resistenza di ingresso molti ordini di grandezza più elevata e di errori in continua relativi alle correnti di ingresso estremamente più piccoli, un notevole deterioramento dell’offset di tensione intrinseco rispetto al caso dei BJT. Con le moderne tecniche litografiche, dispositivi di dimensioni non piccole, accurato layout, grande attenzione alla “pulizia” del processo si può ottenere un accoppiamento delle tensioni di soglia entro qualche mV (1-3 mV) il che comporta pur sempre un offset circa un ordine di grandezza più elevato di quello caratterizzante i BJT. Introducendo le varianze onde descrivere la popolazione da un punto di vista statistico (trascurando anche qui gli errori sistematici, come è sostanzialmente lecito fare, anche se questi risultano in generale più elevati che non nel caso di dispositivi BJT), si ottiene 1 I 1 V V VOS Vt 2 D R2D W2 Vt Vt2 2 GS t R2D W2 Vt gmM Vt 4 L L Il secondo termine sotto radice dipende dalla corrente di lavoro ID e, con gli usuali valori della dispersione di RD, e W/L, potrebbe essere reso trascurabile utilizzando correnti molto piccole, cioè a pari W/L piccole tensioni VGS-Vt di overdrive: come nel caso del JFET ciò, tranne in casi molto particolari, risulta di fatto non praticabile in quanto comporterebbe pregiudizio del rumore serie e della risposta in frequenza. Va infine notato che, essendo il guadagno ottenibile con un semplice stadio differenziale MOS piuttosto modesto (significativamente inferiore a quello ottenibile utilizzando transistori bipolari), non è sempre trascurabile il contributo derivante dallo stadio successivo, contributo che può essere caratterizzato da una non trascurabile componente sistematica. 2 2 2 Vt Dipendenza di VOS dalla temperatura (offset drift). Come già detto, con adeguato layout, è possibile ottenere un buon tracking termico tra i resistori. Di conseguenza il drift termico è dovuto principalmente alla dipendenza dalla temperatura della tensione di soglia Vt, ma intervengono anche altri parametri (ad esempio la mobilità contenuta in k’) e la dipendenza dalla temperatura di VOS risulta piuttosto complessa e di fatto non è possibile collegare dVOS/dT in maniera semplice a VOS come invece avviene nel caso dei dispositivi bipolari. Conclusione A conclusione possiamo notare che un confronto tra i vari dispositivi considerati mostra che l’espressione dell’offset di tensione VOS può essere considerata costituita da due termini, di cui il primo non dipende dalla corrente di lavoro; è cioè del tipo (a parte i segni) I VOS V* gm Transistori utilizzati V* I/gm BJT JFET MOS Assente VP Vt VT (VP-VGS)/2 (VGS-Vt)/2 Dunque 32 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO nel caso del transistore bipolare è assente il primo termine e anche il coefficiente del secondo non dipende dalla corrente di lavoro nel caso dei transistori a effetto di campo, sia JFET che MOS, è invece presente un primo termine non controllabile tramite la corrente di lavoro (cioè “fisso” e quindi comunque presente) e il secondo termine dipende dalla corrente di lavoro tramite la radice della corrente stessa a pari corrente i dispositivi a effetto di campo presentano una transconduttanza tipicamente di un ordine di grandezza inferiore a quella dei BJT e quindi I/gm 26 mV (T=300K) per transistori bipolari 100 – 500 mV, tipicamente, per transistori a effetto di campo, con i valori più alti per i MOS STADIO DIFFERENZIALE BJT CON CARICO ATTIVO Consideriamo uno stadio in tecnologia BJT con carico a specchio semplice. Lo stadio è mostrato nella figura 2.12. Strutture dello stesso tipo in altre tecnologie possono essere trattate in modo analogo con risultati che differiscono quantitativamente in dipendenza dalla tecnologia adottata. Vogliamo qui mettere soprattutto in evidenza l’effetto del carico attivo, in particolare a specchio. Ricordiamo che il carico a specchio è per sua natura di per sé fortemente asimmetrico. Peraltro tale asimmetria è vista dal generatore di polarizzazione, coda dello stadio, attraverso le resistenze di Early dei transistori di ingresso e influenza quindi, in genere, in misura modesta lo stato di polarizzazione. Lo stesso dicasi delle altre asimmetrie di origine tecnologica. Di conseguenza, almeno in prima e sostanzialmente valida approssimazione, i vari contributi all’offset di tensione si possono considerare indipendenti e valutare separatamente. Nel caso in esame si possono distinguere, per quanto riguarda il carico, fondamentalmente due contributi all’offset di tensione dello stadio: un contributo statistico dovuto alla dispersione dei parametri caratterizzanti i transistori Q3 e Q4 ( la corrente di saturazione inversa e la tensione di Early) e un contributo sistematico dovuto principalmente all’errore associato al fattore di specchio per effetto delle correnti di base (guadagno di corrente hFE dei transistori finito). Q4 Q3 IN Q1 C3 C4 C1 C2 Q2 OUT IN 2I Figura 2.12 Offset di tensione: stadio differenziale BJT con carico a specchio semplice 33 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE In condizioni di perfetta simmetria e di assenza di effetti sistematici (hFE infinito) e quindi di offset nullo, con gli ingressi equipotenziali, oltre alla relazione di specchio VBE 3 VBE 4 deve valere la relazione VCE 3 VCE 4 Tale relazione nel caso reale è rispettata solamente quando viene applicata in ingresso una differenza di potenziale tale da produrla (offset di tensione) ed è quindi utilizzabile per determinare l’offset stesso. Trascurando, in prima approssimazione, l’effetto Early (approssimazione valida per VA>>VCE), la condizione di uguaglianza delle VBE dello specchio conduce evidentemente alla relazione IC 4 I S 4 IC 3 I S 3 Trascurando l’effetto Early anche nei transistori di ingresso ed applicando una tensione differenziale VOS si ha I I I I 2 VOS VT ln C1 S 2 VT ln S 2 S 3 1 I S1 I S 4 hFEp I S1 IC 2 dove si sono imposte le condizioni IC 2 IC 4 2 I C1 I C 3 1 hFEp guadagno medio di corrente dei transistori pnp dello specchio h FEp Procediamo come al solito ponendo X X X X2 X1 X X2 X X 1 con 2 2 2 X 1. Possiamo così scrivere e consideriamo gli scostamenti relativi X I I 2 VOS VT Sp Sn I I h Sp Sn FEp relazione lineare ottenuta dallo sviluppo in serie di Taylor del logaritmo in cui si trascurino i termini di ordine superiore al primo (i deponenti p e n indicano i transistori rispettivamente pnp e npn). In termini di varianza la componente statistica risulta data da V OS VT I2Sn I2Sp Come si vede l’offset statistico sostanzialmente aumenta di circa il 50% rispetto a quello dovuto ai soli elementi di ingresso. E’ poi presente un contributo sistematico spesso non trascurabile, rappresentato dal termine 2 VOS VT hFEp Ad esempio, nel caso dello stadio rappresentato nella figura 1.20 dove lo specchio è costituito da transistori pnp, per guadagno medio hFEp=20 tale contributo ammonta (in media) a 2, 6 mV a T=300K. Naturalmente, se lo specchio fosse costituito da transistori npn (ovviamente in uno stadio di struttura diversa), l’errore sistematico sarebbe assai inferiore, anche se non del tutto trascurabile: 210 V per guadagno medio hFEn=250. E’ presente in realtà un altro errore sistematico connesso con il fatto che tra il pozzo dello specchio e il generatore di corrente Q1 si ha partizione di corrente per cui la frazione specchiata della corrente prodotta dal segnale di ingresso è data da 34 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO g mQ 3 VT g mQ 3 g C1 VA1 Quest’ultimo contributo è solitamente di peso trascurabile negli stadi BJT, ma può avere effetto in stadi CMOS caratterizzati da transconduttanza significativamente inferiore e bassa tensione di Early (si veda più avanti la trattazione relativa alla reiezione del modo comune). Non si è tenuto conto del contributo statistico della dispersione di hFEp; in effetti tale contributo risulta trascurabile in quanto è dato da 1 hFEp 2VT hFEp hFEp 1 Il contributo statistico del carico può essere ridotto degenerando lo specchio tramite resistori di emettitore (si noti anche qui l’analogia con il caso del rumore), mentre quello sistematico può essere corretto utilizzando specchi caratterizzati da errore inferiore, ad esempio Wilson o a correzione di corrente di base. Si consideri il caso di carico a specchio Wilson con degenerazione di emettitore riportato nella figura 2.13. Purché il guadagno di corrente hFEp sia sufficientemente grande rispetto all’unità, si può scrivere VBE 3 IC 3 R3 VBE 4 IC 4 R4 e, utilizzando il solito procedimento, si ottiene I C I S g R R 1 m IC 1 gm R I S 1 gm R R R3 Q3 R4 Q4 Q5 OUT IN Q1 Q2 IN 2I Figura 2.13 Carico a specchio Wilson con degenerazione di emettitore 35 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Poiché in generale, come già visto, si può ottenere R I S R IS la degenerazione di emettitore risulta vantaggiosa solamente se g m R 1 condizione di fatto difficile da realizzare. In conclusione si può affermare che il carico attivo è di per sé svantaggioso rispetto a quello passivo (si noti l’analogia con il caso del rumore). Notiamo con l’occasione che l’introduzione di strutture cascode non comporta di per sé ulteriori apprezzabili contributi all’offset di tensione in quanto i transistori trasferitori di corrente intervengono attraverso la dispersione del loro hFB () hFB 1 hFE hFB hFE hFE che risulta in generale trascurabile rispetto ad altri contributi (ancora una volta si noti l’analogia con il caso del rumore). STADIO DIFFERENZIALE MOS CON CARICO ATTIVO Consideriamo ora uno stadio analogo al precedente, ma in tecnologia MOS. Lo stadio è rappresentato nella figura 2.14. La trattazione può essere svolta sulla falsariga di quella relativa allo stadio bipolare. Anche qui si possono scrivere le relazioni VGS 3 VGS 4 VDS 3 VDS 4 M3 M4 VOUT ID IN M1 ID M2 IN 2I D Figura 2.14 Stadio differenziale MOS con carico attivo a specchio 36 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Da queste, procedendo come nel caso precedente si giunge alla relazione approssimata W W VGS Vt n L p L n Vtp VOS Vtn W 2 W VGS Vt p L n L p 2 Si noti che il primo termine è quello già visto relativo al mismatch delle tensioni di soglia degli elementi di ingresso e che nel secondo termine compaiono le tensioni di overdrive VGS-Vt. L’espressione ottenuta è da confrontare con quella derivata nel caso di carico passivo: in particolare il carico è rappresentato dal primo termine tra parentesi tonde che sostituisce RD/RD e mostra che il carico attivo può giocare un ruolo importante nel contribuire all’offset. Non è presente un contributo sistematico funzionale connesso con il fattore di specchio essendo le correnti di gate del tutto trascurabili. Può però avere effetto, come già notato discutendo la struttura utilizzante transistori bipolari, la partizione di corrente tra M1 e M3, considerata la transconduttanza e la tensione di Early particolarmente basse che caratterizzano dispositivi MOS a canale relativamente corto. 37 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 2.2 OFFSET DI CORRENTE E RELATIVO DRIFT STADIO BJT CON CARICO PASSIVO Lo stadio, il più semplice possibile, è quello mostrato nella figura 1.9. L’offset di corrente è dato, per definizione, dalla differenza delle correnti di base I I I OS C1 C 2 hFE1 hFE 2 I C RC hFE hFE RC hFE Il termine prevalente è usualmente il secondo, anche con resistori diffusi, e quindi, in prima approssimazione h I OS I B FE hFE Nei sistemi che non utilizzano tecniche di compensazione della corrente di polarizzazione (corrente di bias) l’offset di corrente è perciò dell’ordine di IOS 0,05 0,1 I B Quando invece vengono utilizzate tali tecniche IB e IOS risultano sostanzialmente dello stesso ordine poiché gli errori nella compensazione, in generale incorrelati con la dispersione delle correnti di partenza, hanno come conseguenza una riduzione assai maggiore delle correnti di polarizzazione stesse che non del loro offset: ciò risulta particolarmente evidente se si considera il caso limite di una compensazione quasi perfetta. La dipendenza dalla temperatura discende principalmente dal contributo di hFE il cui coefficiente di temperatura è non lineare (dipende dalla temperatura oltre che dalla corrente di lavoro) e di andamento piuttosto complesso, non rappresentabile in forma analitica semplice, dell’ordine di 0,7%/°C nell’intorno della temperatura ambiente e per correnti nella regione di guadagno massimo. Il drift risulta quindi dell’ordine dell’1%/°C di IOS. e, utilizzando il solito procedimento, si giunge a scrivere I OS hFE/hFE T % 0,18 hFE 450 hFE 0,16 400 0,14 350 0,12 300 0,10 250 0,08 200 hFE /hFE T % 150 100 -75 0,06 0,04 -50 -25 0 25 50 75 100 125 0,02 150 T (°C) Figura 2.15 Tipico andamento del guadagno di corrente e del suo coefficiente di temperatura per un BJT npn di area di emettitore piccola (5-10 2) 38 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO In prima approssimazione, in un campo di alcune decine di gradi (K, °C) attorno alla temperatura ambiente, il guadagno di corrente cresce linearmente con la temperatura e il suo coefficiente di temperatura varia quindi inversamente con la temperatura stessa (figura 2.15). L’effettivo coefficiente di temperatura può essere influenzato anche dalla corrente di lavoro IC, se il riferimento di corrente che la controlla non è stabilizzato con sufficiente accuratezza nei riguardi delle escursioni termiche. Nel caso dei transistori BJT l’offset di corrente può essere ridotto solamente riducendo le correnti di base (e quindi riducendo la corrente di polarizzazione IC e/o utilizzando transistori a elevato guadagno) e minimizzando hFE/hFE tramite tecniche avanzate di realizzazione dei dispositivi, in particolare ion implantation. STADIO CON INGRESSO JFET L’offset di corrente risulta essere dello stesso ordine della corrente di polarizzazione di gate IG. Ciò poiché tale corrente, nei dispositivi realizzati con le attuali tecnologie, possiede una forte (spesso dominante) componente superficiale e non è soltanto una corrente “di volume” (bulk current), cioè la corrente inversa di una giunzione. Di conseguenza la dispersione del suo valore risulta molto grande anche se l’offset risultante risulta comunque molto piccolo rispetto a quello della tecnologia bipolare e può quindi spesso essere considerato trascurabile. 2I 2I Q5 I IN J1 I J2 J3 IN IN J1 J2 Q6 J4 Q3 Q4 OUT J5 IN J6 OUT J5 J6 Figura 2.16 Utilizzo della struttura cascode, nel caso di ingresso con transistori JFET, onde minimizzare la dipendenza delle correnti di bias e del loro offset dall’entità del modo comune in ingresso Essendo la componente superficiale dipendente dalla tensione e cioè da VDS (a differenza della corrente inversa di bulk che satura), la corrente di gate e il relativo offset dipendono 39 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE dallo stato di polarizzazione in tensione degli elementi di ingresso e, in particolare, dalla tensione di modo comune applicata. L’andamento non è lineare e al di sopra di una soglia critica iniziano a manifestarsi fenomeni di moltiplicazione dei portatori che determinano un rapido aumento della corrente parassita. Pertanto quando si desidera limitare a valori molto bassi la corrente di gate, e in particolare l’offset, è necessario utilizzare strutture circuitali che consentano di limitare la tensione ai capi dei dispositivi di ingresso indipendentemente dal segnale di modo comune. La più semplice è la struttura cascode di cui sono mostrati due esempi di implementazione nella figura 2.16 Le correnti di perdita di gate dei dispositivi JFET di ingresso possono venire sensibilmente ridotte utilizzando particolari tecnologie di realizzazione quale la tecnologia Difet che utilizza un procedimento di isolamento dielettrico dei gate e impedendo così la formazione di cammini di corrente parassiti verso le strutture adiacenti: si possono così ottenere correnti di gate di alcune decine di fA. Nel caso di dispositivi realizzati con questo approccio le caratteristiche di ingresso (resistenza di ingresso, correnti di bias, offset delle correnti di bias) possono essere sfruttate appieno soltanto con montaggi e accoppiamenti al circuito esterno molto accurati e in condizioni di lavoro attentamente controllate: divengono infatti importanti effetti termoelettrici, fluttuazioni termiche, perdite dielettriche, ecc. 40 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Cap. 3 SLEW RATE 3.1 CONSIDERAZIONI GENERALI Consideriamo lo slew rate “interno”, cioè la limitazione della velocità di variazione della tensione di uscita dovuta esclusivamente a elementi interni all’amplificatore; non si considera cioè la limitazione dovuta a un eventuale capacità di carico esterna, limitazione importante nel caso di amplificatori che pilotano il carico attraverso la corrente di uscita (in particolare amplificatori CMOS on-chip del tipo OTA). Nel seguito si considerano esclusivamente amplificatori caratterizzati da architetture circuitali “voltage mode” e compensazione alla Miller per cui il limite di slew rate interno è fisicamente dovuto alla carica lineare della capacità di compensazione Cc , in transitorio, su grande segnale; amplificatori utilizzanti diverse tecniche di compensazione, quali la compensazione diretta sul principale nodo di guadagno o altri approcci (amplificatori current feedback mode, amplificatori per strumentazione, amplificatori video, ecc.) verranno considerati più avanti. E’ facile mostrare che la configurazione di maggior degrado dello slew rate è quella corrispondente a retroazione totale (buffer) in quanto la corrente disponibile deve essere utilizzata per caricare non soltanto la capacità di compensazione, ma anche la capacità associata al generatore di corrente di polarizzazione dello stadio di ingresso. In realtà nel caso di retroazione totale e per le strutture più comunemente usate (nella figura 3.1 è rappresentata una struttura bipolare, ma considerazioni del tutto analoghe valgono nel caso di Q4 Q3 Cc - + Q2 Q1 on off 2I A2 vi v0 + Ct Figura 3.1 Configurazione di principio per la determinazione dello slew rate (viene qui considerata una struttura bipolare) 41 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE impiego di dispositivi a effetto di campo) il comportamento del sistema risulta dipendente dalla polarità del segnale di ingresso: ad esempio per uno stadio di ingresso bipolare npn lo slew rate è peggiore (più basso) nel caso sia applicato un segnale di prova negativo (o sul fronte di discesa di un segnale di prova rettangolare) in quanto proprio in questo caso deve essere caricata anche la capacità Ct associata al generatore di coda dello stadio e quindi lo slew rate diviene 2I SR dove 2I è la corrente di polarizzazione dello stadio di ingresso Cc Ct e ricordando che il prodotto guadagno banda 0 è dato da g 0 m1 dove gm1 è la transconduttanza dello stadio di ingresso Cc 2I si può scrivere SR 0 Ct g m1 1 Cc Ad esempio nel caso del 741 Cc=30 pF (molto grande, a causa del modesto prodotto guadagno banda ottenibile in questo caso con la tecnologia bipolare standard), Ct=4pF e 0=13 Mc/s (circa); quindi SR=0,6 V/s (circa). Per ottenere lo slew rate migliore è quindi anzitutto necessario, nel caso della struttura considerata, minimizzare la capacità parassita Ct della coda rispetto alla capacità di compensazione. Ciò risulta particolarmente difficile in amplificatori dove la capacità di compensazione risulta piccola: sono questi gli amplificatori ad alta frequenza in cui la capacità di compensazione è piccola per via dell’elevato prodotto guadagno banda e in genere gli amplificatori utilizzanti in ingresso dispositivi a effetto di campo e cioè in tecnologia BiFet e CMOS in quanto la loro transconduttanza è piccola e piccola risulta quindi la capacità di compensazione. La relazione precedente mostra che lo slew rate è proporzionale al prodotto guadagno banda 0 I e al rapporto . La proporzionalità con 0 è di per sé da considerarsi un aspetto positivo in quanto g m1 significa che banda di (piccolo) segnale e banda di potenza vanno di pari passo. D’altro canto significa anche che per migliorare le prestazioni in termini di slew rate, a parità di prodotto guadagno banda e mantenendo strutture circuitali del tipo qui considerato, bisogna agire sul rapporto tra corrente di lavoro e transconduttanza del primo stadio, cioè ridurre la transconduttanza a parità di corrente. Nel caso di strutture in tecnologia bipolare, in particolare quello della figura 2.1, cioè nel caso più semplice, il rapporto in questione è determinato unicamente dai transistori bipolari ed è quindi una costante pari alla tensione termica VT. Di conseguenza in questo caso lo slew rate non dipende dalla corrente di lavoro il che, fisicamente, corrisponde al fatto che al variare della corrente di lavoro varia proporzionalmente la capacità di compensazione.3. 1 Va d’altro canto notato che la corrente di lavoro in uno stadio di ingresso bipolare è imposta comunque da altre considerazioni, in particolare dalla resistenza di ingresso. Nel caso di strutture a effetto di campo la situazione è alquanto diversa poiché il rapporto considerato tra corrente di lavoro e transconduttanza del primo stadio risulta proporzionale alla radice quadrata della corrente stessa: quindi lo slew rate può essere migliorato aumentando la corrente. Ciò peraltro non conduce a miglioramenti particolarmente significativi a causa della debole dipendenza del rapporto considerato dalla corrente. Inoltre aumentare eccessivamente la corrente di lavoro riduce il guadagno dello stadio e, in generale, influenza negativamente l’offset di tensione (che peraltro può essere corretto tramite tecniche di trimming). Il reale vantaggio nell’utilizzo di dispositivi a effetto di 3. 1 In realtà una certa dipendenza viene introdotta proprio dalla presenza della capacità Ct della coda. Infatti il suo peso varia al variare della capacità di compensazione. 42 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO campo, in particolare MOS, deriva dal fatto che, a pari corrente, la loro transconduttanza è significativamente inferiore a quella dei dispositivi bipolari: ciò combinato con il fatto che tali dispositivi, principalmente per ragioni di risposta in frequenza, nello stadio di ingresso, vengono normalmente fatti lavorare a correnti circa un ordine di grandezza più elevate di quelle impiegate nel caso dei BJT, consente, a parità di architettura circuitale, di ottenere SR 10-100 volte più elevati. Ricordiamo che il rapporto tra corrente di lavoro e transconduttanza, compare anche nell’espressione dell’offset e ciò non a caso. Sia per quanto riguarda l’offset, sia per quanto riguarda lo slew rate interviene la “sensibilità” in ingresso dello stadio cioè la tensione necessaria per produrre una certa corrente in uscita: quanto più alta tale tensione caratteristica tanto più alta è la tensione necessaria in ingresso per portare l’uscita a un certo livello (offset) e tanto più alta è la tensione necessaria in ingresso per portare il sistema totalmente fuori linearità (slew rate). Tale tensione è data da Transistori utilizzati I/gm BJT JFET MOS VT (VP-VGS)/2 (VGS-Vt)/2 Nel caso della tecnologia BiFet l’uso di dispositivi JFET, in genere a canale p, come elementi di ingresso, la disponibilità, nelle versioni più avanzate, di transistori pnp verticali (tecnologie “true complementary”), di isolamento dielettrico, di resistori a strato permette di ottenere prodotti guadagno banda nettamente più elevati di quelli ottenibili con la tecnologia bipolare standard (circa un ordine di grandezza) e conseguentemente uno slew rate più elevato in assoluto e non solo in termini relativi. Nel caso della tecnologia CMOS la transconduttanza può essere controllata anche attraverso il rapporto di forma W/L e il rapporto tra corrente di lavoro e transconduttanza si può anche scrivere I 1 1 I VGS Vt g m1 2 2 k' W L Va peraltro notato che gli amplificatori CMOS sono spesso amplificatori destinati a pilotare carichi capacitivi (ad esempio in sistemi a capacità commutate) e/o utilizzati in sistemi a bassa tensione di alimentazione. Nel primo caso diviene importante lo slew rate “esterno” cioè quello connesso con la capacità di carico; nel secondo caso, in cui solitamente è richiesta anche bassa dissipazione (sistemi “micropower”) è necessario, per ragioni di dinamica, lavorare con piccoli valori di VGS-Vt. In questo ultimo caso i MOS di ingresso vengono fatti lavorare a basse correnti con pregiudizio della risposta in frequenza e con conseguente prodotto guadagno banda spesso assai modesto; inoltre, come già ricordato, essendo la transconduttanza molto bassa, la capacità della coda acquista un peso non trascurabile. Di conseguenza in questi casi lo slew rate risulta molto basso anche parecchio più piccolo di quello ottenibile in tecnologia bipolare standard. 3.2 TECNICHE DI MIGLIORAMENTO DELLO SLEW RATE CON STADI DI INGRESSO IN CLASSE A E’ necessario ridurre la transconduttanza dello stadio di ingresso a pari corrente di lavoro. La struttura universalmente nota del tipo 741 presenta una transconduttanza che risulta dimezzata rispetto a quella dei singoli transistori e quindi, a parità di altre condizioni, uno slew rate più elevato (doppio) di quello che caratterizza lo stadio della figura 2.1. L’approccio più ovvio è quello di introdurre dei resistori di degenerazione in serie agli emettitori o ai source dei transistori di ingresso (figura 3.2). 43 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE I IN Q1 Q2 RE IN RE 2I Figura 3.2 Utilizzo di resistori di emettitore (nel caso BJT) per aumentare lo slew rate La transconduttanza viene così ridotta in ragione del prodotto gmQRE 1 g m g mQ 1 g mQ RE dove gmQ è la transconduttanza dei transistori (la stessa relazione vale ovviamente anche nel caso di dispositivi a effetto di campo) Per ottenere un significativo miglioramento dello slew rate deve essere gmQRE>>1, condizione di non facile realizzazione nel caso di bassi valori di gm (basse correnti di lavoro, dispositivi MOS …) e che comporta, per effetto della dispersione dei valori di RE, un contributo non trascurabile all’offset di tensione a meno di ricorrere a trimming di compensazione. Utilizzando resistori diffusi di grandi dimensioni (molto larghi) oppure a impiantazione ionica o a strato e quindi con scarti relativi di qualche 0/00, valori di gmQRE di 10÷20 producono, nel caso dei dispositivi bipolari, un contributo all’offset dell’ordine del mV. Infatti lo scarto delle cadute di tensione su RE si può scrivere RE RE VRE VRE g mQ RE VT RE RE per RE/RE pari a 2,5 0/00 e gmQRE = 20 si ha un contributo all’offset di 1,3 mV a 300K. Nel caso dei dispositivi a effetto di campo la situazione è più complessa; ad esempio nel caso di strutture MOS RS V Vt VRS g mM RS GS RS 2 e quindi il contributo delle resistenze di degenerazione di source RS non risulta esprimibile soltanto attraverso il prodotto gmMRS, ma interviene anche la tensione di overdrive utilizzata e quindi, a parità di corrente, il dimensionamento geometrico dei MOS. Va poi ricordato che, nel caso della tecnologia CMOS, i piccoli valori della transconduttanza comportano, per ottenere valori di gmMRS sufficientemente elevati, valori assai elevati delle resistenze RS. Ad esempio nel caso di uno stadio bipolare con corrente di lavoro di 10A gmQRE =10 si ottiene utilizzando resistori di 26 k; nel caso di uno stadio CMOS la transconduttanza a pari corrente può essere un ordine di grandezza inferiore a quella del BJT e quindi gmMRS =10 comporta resistenze nel campo delle centinaia di kche sono ottenibili tramite resistori di well strozzati oppure utilizzando MOS in regione ohmica, ma con elevata dispersione e quindi forte contributo all’offset. 44 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Va infine ricordato che l’introduzione dei resistori di degenerazione comporta anche un contributo al rumore serie in ingresso pari a quello dei resistori stessi. Nel caso dei BJT tale contributo, riferito a quello dei transistori di ingresso, è dato, in regione bianca, per ciascun resistore da 2 g mQ RE e risulta quindi quello dominante. A quanto appena detto va aggiunto che una riduzione della transconduttanza della struttura di ingresso comporta, sia per quanto riguarda il rumore che per quanto riguarda l’offset, contributi da parte del carico dello stadio amplificati che quindi possono risultare dominanti. Concludendo: un apprezzabile miglioramento delle caratteristiche di slew rate attraverso l’introduzione di resistori di degenerazione (di emettitore o source) si ottiene a costo di un aumento non trascurabile dell’offset di tensione (peraltro compensabile applicando tecniche di trimming) e un considerevole aumento del rumore. In realtà tutti gli approcci volti a ridurre la transconduttanza a pari corrente in stadi in classe A soffrono degli stessi inconvenienti: si pensi ad esempio al caso del 741. E’ dunque interessante considerare approcci diversi. 3.3 TECNICHE DI MIGLIORAMENTO DELLO SLEW RATE CON STADI DI INGRESSO IN CLASSE A-B Un approccio completamente diverso da quello considerato nel paragrafo precedente è costituito dall’utilizzazione di uno stadio di ingresso in classe A-B anziché in classe A, il che consente, almeno in linea di principio, di caricare la capacità di compensazione con tutta la corrente richiesta in transitorio, anche per grandi segnali. A riposo lo stadio è polarizzato con corrente relativamente bassa; in presenza di un grande segnale veloce (gradino di tensione di grande ampiezza) la corrente aumenta proporzionalmente per effetto della presenza di generatori ausiliari. Nella figura 3.3 è mostrato lo schema semplificato di uno stadio di questo tipo. La struttura base dello stadio è costituita dai transistori Q1, Q3 e Q2, Q4 con lo specchio a compensazione della corrente di base Q5, Q6, Q7 ed è identica a quella ben nota dell’amplificatore operazionale 741, a parte i resistori R1 e R2 e la tecnica di polarizzazione. In particolare le basi dei trasferitori di corrente pnp Q3 e Q4 sono alimentate tramite i transistori rispettivamente Q9 e Q8, alimentati, a riposo, dai generatori di corrente I4 e pilotati ciascuno dall’ingresso della sezione opposta dello stadio. I generatori I3 e i resistori R1 e R2 hanno la funzione di consentire una polarizzazione adeguata dei vari elementi dello stadio. Per piccoli segnali la struttura si comporta come un classico stadio in classe A, cioè nella sostanza come lo stadio di ingresso del 741. La transconduttanza di piccolo segnale peraltro è assai diversa ed è data da 1 1 2 gm 1 1 1 1 1 R1 R2 R1 R2 R1 R2 1 g mQ1 g mQ 3 g mQ 2 g mQ 4 g mQ1 g mQ 3 g mQ1 g mQ 2 g mQ 3 g mQ 4 avendo posto Infatti il segnale differenziale di ingresso pilota direttamente, sia la giunzione del transistore Q3, in serie a R1 e R2, tramite Q1 (resistenza di uscita 1/gmQ1) e Q2-Q9 (follower Darlington), sia, la giunzione del transistore Q4, in serie a R1 e R2, tramite Q2 (resistenza di uscita 1/gmQ2) e Q1-Q8 (follower Darlington). Nel caso del 741 invece le quattro giunzioni di ingresso sono pilotate in serie. 45 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE +V cc E1 E2 Q9 Q8 R1 I2 I 4 - I2 /hFEp R1 I 4 - I2 /hFEp R2 R2 /hFEp I3 2 /hFEp I2 Q3 IN Q2 Q1 IN I2 Q4 I4 4 3 OUT Q7 Q6 Q5 -V cc Figura 3.3 Esempio di stadio di ingresso in classe A-B che consente elevato slew rate Quindi per piccolo segnale la compensazione in frequenza può essere realizzata secondo l’usuale procedura utilizzante l’effetto Miller e vale la relazione g 0 m Cc Quando invece viene applicato in ingresso un grande segnale differenziale a fronte assai ripido, i transistori Q9, rispettivamente Q8, trasferiscono parte della corrente dei generatori I4 alla base dei transistori Q3, rispettivamente Q4, in dipendenza dal segno del segnale di ingresso. Se ad esempio il grande segnale di comando è positivo sull’ingresso del ramo Q1, Q3, la corrente aumenta in tale ramo e diminuisce in quello opposto così che il transistore Q9 perde corrente e quindi una parte di I4 viene deviata nella base di Q3 aumentando la corrente che questi può fornire in uscita sino al limite ideale hfe3I4. Dualmente in caso di ingresso di segno opposto. E’ così possibile, in presenza di grande segnale in ingresso, fornire alla capacità di compensazione corrente assai più elevata di quella I2 che percorre i dispositivi Q3, rispettivamente Q4, a riposo e quindi ottenere slew rate molto elevato. Si può, in prima approssimazione, definire una transconduttanza per grandi segnali 1 Gm R1 R2 applicabile nel caso limite di slewing in cui un ramo è spento e l’altro porta tutta la corrente richiesta, avendo in queste condizioni trascurato 1/gmQ rispetto a R1+R2. E’ opportuno imporre la condizione Gm gm 46 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO onde uguagliare (approssimativamente) i guadagni per piccolo e grande segnale. Tale condizione si ottiene approssimativamente ponendo 1 R1 R2 1 I3>>I2 e g mQ 3 g mQ 4 1 R1 R2 La polarizzazione dello stadio è ottenuta attraverso i generatori di corrente I3 e I4 e dimensionando opportunamente i resistori R1 e R2. I punti indicati con E1 ed E2 nella figura 3.3, nell’ipotesi di simmetria dello stadio, si trovano allo stesso potenziale e si può quindi scrivere I I I4 2 I4 2 hFEp hFEp I Sp I2 0 I 2 I3 R1 I 2 R2 VT ln VT ln I 2 I3 R1 I 2 R2 VT ln I Sp I Sn I2 I Sn Dove i deponenti n e p indicano i transistori npn e pnp rispettivamente La relazione sopra scritta in combinazione con la condizione di eguaglianza delle transconduttanze di piccolo e di grande segnale, fissata la corrente di lavoro I2 e le correnti I3 e I4 (quest’ultima, come già detto, molto maggiore di I2 e comunque piuttosto grande anche per tener conto del basso valore del guadagno dei transistori pnp) permette, in base ai parametri della tecnologia a disposizione di determinare i valori di R1 e R2. L’amplificatore a suo tempo realizzato 3.2 utilizzando lo stadio di ingresso sopra descritto ha consentito di ottenere uno slew rate di circa 30 V/s, approssimativamente 50 volte quello del 741, ma risulta di non facile implementazione, soprattutto a causa di problemi nell’ottenere una polarizzazione ragionevolmente precisa e riproducibile (le variabili in gioco sono numerose), e presenta caratteristiche poco soddisfacenti per quanto riguarda rumore e offset di tensione. e si ottiene così gm Gm Un altro esempio di stadio di ingresso in classe A-B è rappresentato nella figura 3.4 La struttura circuitale può essere vista come un “doppio stadio differenziale”, costituito da due strutture differenziali asimmetriche: la coppia Q1 e Q4 (area di emettitore di Q4 pari a m volte quella di Q1) alimentata dal generatore di corrente Q8, R1 e la coppia Q2 e Q3 (area di emettitore di Q3 pari a m volte quella di Q2) alimentata dal generatore di corrente Q7, R1 (figura 3.5). L’accoppiamento tra le due strutture avviene ponendo gli ingressi in comune alle coppie di area diversa, di modo che la corrente totale disponibile risulti I per ciascun ramo, ma alimentando il carico solamente attraverso i transistori con area di emettitore minore (m>1). In tal modo, attorno alla condizione di equilibrio, per piccoli segnali differenziali, la corrente (di corto circuito) di uscita, per m>>1, è dovuta, in virtù del carico a specchio Q5, Q6, alla somma delle correnti prodotte dai transistori “interni” Q1 e Q2 che operano sostanzialmente nella configurazione emettitore comune. Infatti in queste condizioni, in prima approssimazione, gli emettitori di tali transistori, e cioè i punti indicati con E nella figura 3.4, si spostano assai poco. La transconduttanza per piccoli segnali gm corrisponde quindi circa al doppio della transconduttanza dei transistori Q1 e Q2 ed essendo la corrente disponibile in ciascun ramo pari all’incirca a I/m, essa vale approssimativamente 2 I m VT 3.2 W. E. Hearn “Fast Slewing Monolithic Operational Amplifier”, IEEE J. Solid-State Circuits,SC-6, 20-24, 2/71 47 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE +V cc Q6 Q5 Out Q4 Q3 In Q1 m In Q2 1 R0 1 E m E Q9 Q8 Q7 I R1 I R1 -V cc Figura 3.4 Stadio di ingresso che consente elevato slew rate +Vcc I3 Q5 In Q2 1 m R1 Out I2 Q3 m+1 Q6 In Q7 I -Vcc Figura 3.5 Evidenziazione di uno degli elementi differenziali che compongono lo stadio della figura 3.4 Più esattamente un semplice calcolo mostra che: m I gm 2 2 (m 1) VT 48 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO In condizioni di grande segnale l’uno o l’altro dei transistori Q3 e Q4 tende a interdirsi (a seconda del segno del segnale applicato in ingresso) e quindi il corrispondente generatore di corrente Q7 o Q8 tende a inviare tutta la corrente I al transistore Q2 o Q1. In condizioni di slew rate quindi viene utilizzata tutta la corrente I, mentre per piccoli segnali viene “utilizzata” solamente la corrente I/(m+1). Lo slew rate è dato da I SR CC 3.3 essendo Cc la capacità di compensazione . La capacità di compensazione è determinata in relazione al prodotto guadagno-banda dell’amplificatore dalla transconduttanza per piccoli segnali del primo stadio, secondo la ben nota relazione gm 0 Cc e quindi m 1 I SR 0 VT 0 gm 2m con un miglioramento, rispetto allo stadio differenziale semplice, pari a 2 m 1 2 4m (si tenga presente che il confronto va effettuato a pari corrente disponibile , e cioè I, e quindi la corrente a riposo nello stadio differenziale convenzionale è pari a I/2) Ad esempio, nel caso di m=10, si ha un aumento dello slew rate, a pari 0, di un fattore circa pari a 3. Ovviamente il risultato sopra riportato è valido nell’ipotesi che la struttura proposta non modifichi apprezzabilmente 0, il che è ammissibile soltanto in prima approssimazione. La transconduttanza del primo stadio può essere ridotta ulteriormente a pari corrente di lavoro introducendo degenerazione di emettitore per i transistori Q1 e Q2. Ciò peraltro con i ben noti conseguenti problemi: aumento del rumore serie riferito all’ingresso e peggioramento dell’offset di tensione (a meno che non si utilizzino tecniche di trimming). A seguito di quanto sopra discusso si può affermare che un apprezzabile miglioramento dello slew rate, sia in relazione al prodotto guadagno banda, sia in assoluto, è difficile da ottenere, senza influenzare negativamente in misura poco accettabile altri parametri (in particolare rumore e offset di tensione), nel caso della tecnologia bipolare standard. Tecnologie bipolari più avanzate consentono 0 anche assai più elevati e SR corrispondentemente più alti; la tecnologia BiFet, soprattutto nelle versioni più evolute, consente 0 di circa un ordine di grandezza più elevati che non la tecnologia standard e SR più elevati anche in assoluto essendo i dispositivi di ingresso intrinsecamente caratterizzati da più elevato I/gm. Anche in questo ultimo caso peraltro peggiorano le prestazioni di rumore e offset di tensione. Con l’occasione conviene richiamare ancora una volta l’attenzione sul fatto che dal punto di vista dello slew rate conta il rapporto tra la corrente utilizzata (per caricare la capacità di compensazione e quelle ad essa associate) e la transconduttanza effettiva, cioè quella dello stadio (che in risposta al segnale di ingresso produce la corrente di segnale in uscita): non conta il rapporto tra la 3.3 Trascuriamo, per semplicità, la capacità dei generatori di polarizzazione 49 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE corrente di polarizzazione e la transconduttanza dei dispositivi di ingresso. Si consideri a questo proposito la struttura rappresentata nella figura 3.6. Il collettore dei transistori pnp di ingresso Q1 e Q2 è diviso in due parti 3.4 di cui una viene utilizzata per trasferire il segnale in uscita attraverso il carico a specchio Q3, Q4, mentre l’altra, con area di collezione n volte maggiore, manda la corrente direttamente all’alimentazione; quindi della corrente totale prodotta attraverso la giunzione base emettitore dei transistori in risposta al segnale di ingresso solo la frazione 1/(n+1) viene utilizzata, mentre la frazione n/(n+1) viene gettata. +V cc I R1 Q5 Q9 Q1 In n Q2 1 1 Q3 Q4 In R0 n Out -V cc Figura 3.6 Stadio con dispositivi di ingresso pnp multicollettore La transconduttanza effettiva dello stadio è quindi data da 1 I g meff n 1 VT ed è perciò (n+1) volte inferiore alla transconduttanza che si otterrebbe se tutta la corrente di polarizzazione venisse utilizzata. La transconduttanza è dunque stata ridotta, ma in ugual misura è ridotta la corrente utilizzabile in uscita per caricare la capacità di compensazione a valle dello stadio e quindi, a parità di prodotto guadagno 0, lo slew rate risulta essere lo stesso che avremmo avuto se non avessimo frazionato il collettore g 0 m Cc Lo scopo della soluzione adottata nella figura 3.6 non è dunque quello di modificare (migliorare) lo slew rate, ma quello di ridurre il valore, e quindi le dimensioni fisiche, della capacità di compensazione in base alla solita relazione 3.4 Solo i transistori pnp laterali della tecnologia bipolare di base possono essere utilizzati per produrre strutture multicollettore. In questo caso in fatti il collettore è una struttura ad “anello” che circonda l’emettitore che può quindi essere facilmente suddivisa i sezioni separate che raccolgono ciascuna una frazione della corrente totale proporzionale alla porzione di emettitore a cui si affaccia. 50 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO gm Cc La riduzione della transconduttanza effettiva attraverso l’eliminazione di una frazione della corrente prodotta non comporta la riduzione della corrente I che attraversa le giunzioni base emettitore dei transistori di ingresso e quindi tali transistori funzionano in condizioni di lavoro adeguate (livello di iniezione di emettitore sufficientemente alto). 0 51 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Cap. 4 REIEZIONE DEL MODO COMUNE (CMR) 4.1 CONSIDERAZIONI GENERALI Ricordiamo che la reiezione del modo comune è definita come il rapporto tra il guadagno di modo differenziale e quello di modo comune A CMR d Acm E’ quindi importante sia realizzare guadagno (di modo) differenziale elevato, sia minimizzare il guadagno di modo comune. La tecnologia utilizzata interviene solitamente in misura determinante nel consentire tale risultato: la tecnologia BJT consente, tranne casi particolari, di ottenere guadagno differenziale più elevato e guadagno di modo comune più basso di quelli ottenibili con altre tecnologie, in particolare CMOS. Peraltro l’utilizzo di opportune soluzioni nell’architettura generale del sistema (segnatamente l’introduzione di reiezione locale sul modo comune), di adeguate soluzioni circuitali, di buon dimensionamento dei dispositivi (in particolare nel caso dei MOS), di accurato layout, di soddisfacente accoppiamento termico, tecniche di trimming, ecc. possono migliorare, a volte considerevolmente, le prestazioni ottenibili. La risposta al modo comune è determinata sostanzialmente da errori di simmetria dello stadio. Per comodità consideriamo nel seguito lo stadio differenziale “classico” nella sua forma più semplice, cioè costituito da una coppia di transistori di ingresso e un carico passivo o attivo (in genere a specchio); strutture della stessa natura, ma più complesse, sono solitamente facilmente riconducibili alla presente trattazione. Architetture differenziali, ma intrinsecamente (circuitalmente) asimmetriche, come quelle impiegate negli amplificatori Current Feedback Mode (CFM), verranno trattate nel seguito. Gli errori vanno distinti, come nel caso dell’offset di tensione, in errori sistematici ed errori di natura statistica I primi sono essenzialmente connessi con l’architettura circuitale utilizzata (asimmetria intrinseca) e con il mismatch sistematico di parametri degli elementi attivi (ad esempio il valore “tipico” della tensione di Early di BJT npn e pnp o MOS a canale n o p, il differente numero di Gummel di transistori npn e pnp, nell’ambito della stessa tecnologia, ecc.), il livello in continua del modo comune in ingresso. Gli errori di natura statistica derivano da “mismatch”, cioè non perfetto accoppiamento, dei parametri caratteristici rilevanti dei dispositivi utilizzati, cioè dalla intrinseca varianza associata ai valori tipici di tali parametri: principalmente resistenza dei resistori, corrente di saturazione inversa dei BJT, tensione di pinch-off Vp e IDSS dei JFET, tensione di soglia Vt, fattore di guadagno K e fattore di effetto body nei MOS, posizione nel layout. Gli elementi di cui sopra interessano contemporaneamente grandezze caratteristiche dell’amplificatore quali offset di tensione e guadagno di modo comune (quindi CMR) e dunque deve esistere una relazione tra di esse. VOS e CMR sono quindi strettamente legati tra loro anche se la relazione è resa piuttosto complessa dalla contemporanea presenza di effetti sistematici e statistici, nonché dal fatto che l’offset di tensione è definito come grandezza “in continua”, mentre la reiezione del modo comune ha interesse anche in funzione della frequenza. 52 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO E’ infine opportuno ricordare che, solitamente, la reiezione del modo comune può essere considerata un parametro associato di fatto al solo stadio di ingresso: come per altri parametri (rumore, offset di tensione) gli stadi successivi intervengono solamente in certe condizioni, ad esempio sistemi low voltage e/o micropower, tecnologie particolari (NMOS), o in un certo campo di frequenze. 4.2 SEMPLICE STADIO BJT CON CARICO PASSIVO La semplice struttura considerata (figura 4.1) gode intrinsecamente di elevata simmetria e minimizza quindi gli errori sistematici che risultano associati unicamente a gradienti di processo. Tali errori sono solitamente minimizzabili utilizzando adeguate tecniche di dimensionamento e layout (anche termico): è quindi dominante la CMR di origine statistica. RC1 R C2 VOUT C1 IN Q1 IC2 IN Q2 2I = C1 + IC2 Figura 4.1 CMR: stadio differenziale con transistori bipolari e carico passivo Consideriamo lo stadio in assenza di carico esterno, cioè a vuoto. Il guadagno differenziale è ovviamente dato da dove RC è il valor medio della resistenza di carico Ad g mi RC Il guadagno di modo comune deriva principalmente dal mismatch delle IS e di RC (trascuriamo l’effetto Early nell’ipotesi, usualmente abbastanza bene verificata, che le resistenze di Early siano grandi rispetto alle resistenze di carico)4.1. Possiamo poi al solito considerare indipendenti gli effetti della dispersione dei vari parametri. Un segnale vcm di modo comune in ingresso produce nella “coda” una corrente vcm dove Rt è la resistenza equivalente della “coda” (Rt>>1/gmi) icm Rt 4.1 Vengono qui considerati gli scostamenti dai valori nominali; tali scostamenti andrebbero poi tradotti in varianze. 53 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE vcm 2 Rt Nell’ipotesi, valida in prima approssimazione, che si possa trascurare l’interazione tra IS e RC, consideriamo separatamente la risposta al modo comune prodotta dalla dispersione dei due parametri. Per effetto della sola IS le correnti nei due rami dello stadio risultano diverse e la differenza corrisponde a una corrente icm/2 circolante nella maglia Q1-Q2-RC1-RC2. Vale ovviamente (in prima approssimazione e cioè trascurando l’interazione tra RC e IS) la proporzione icm I S icm 1 I S icm icm IS 2 2 IS In uscita tale corrente produce una tensione icm I R I S 2RC icm S RC C vcm 2 IS 2Rt I S Per effetto della sola RC, in prima approssimazione, nei due rami circola la stessa corrente icm/2 e si produce in uscita una tensione icm R RC RC C vcm 2 2 Rt RC Il guadagno di modo comune, dovuto ai due contributi considerati indipendenti, è quindi R I R Acm C S C 2 Rt I S RC I S Il termine rappresenta la deviazione relativa della partizione della corrente di risposta al modo IS RC comune tra i due rami, mentre il termine rappresenta la deviazione relativa nella conversione RC corrente tensione dovuta al carico. La reiezione del modo comune risulta dunque A 1 CMR d 2 g mi Rt Acm I S RC RC IS Ricordando l’espressione dell’offset di tensione per lo stadio in esame I R VOS VT S C RC IS sussiste la relazione CMR VOS 2VT gmi Rt 2IRt e nel caso, assai frequente, che il generatore di corrente sia costituito da un semplice transistore V Rt At dove VAt è la tensione di Early di tale transistore 2I CMR VOS VAt Consideriamo un esempio quantitativo (transistori npn) nel caso di dispositivi attivi ottenuti per diffusione e di dimensioni relativamente piccole (qualche decina di 2 di area di emettitore) e resistori diffusi I S 4 6% VAt=80 V R 1% e in ciascun ramo una corrente media 54 icm TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO VOS 1, 07 1,58mV si ottiene CMRR 97 94dB nel caso di dispositivi attivi low voltage ottenuti per impiantazione ionica e di dimensioni piccole (qualche 2 di area di emettitore) e resistori a film I S 0, 4 0, 6% VAt=30 V R 0,5% VOS 0,17 0, 2mV si ottiene CMRR 105 104dB Come si vede anche con carico passivo si possono ottenere CMRR ragguardevoli pur utilizzando come generatore di corrente la configurazione più semplice, cioè un transistore nella configurazione emettitore comune. 4.3 SEMPLICE STADIO BJT CON CARICO A SPECCHIO L’utilizzo di un carico a specchio (figura 4.2) comporta simmetria intrinseca non completa e quindi limitata rispetto al caso di carico passivo con conseguenti contributi sistematici all’offset di tensione (come già visto) e alla reiezione del modo comune. Q4 Q3 IN Q1 C3 C4 C1 C2 Q2 OUT IN 2I Figura 4.2 CMR: stadio differenziale BJT con carico a specchio semplice Il carico infatti risulta intrinsecamente asimmetrico: sul ramo di uscita è rappresentato dal generatore di corrente Q4 mentre sull’altro ramo è costituito dal pozzo dello specchio. Le resistenze equivalenti si trovano quindi, con buona approssimazione, nel rapporto VA4/VT. Si noti che tale asimmetria è fondamentalmente desiderabile: al limite un buon carico a specchio dovrebbe avere resistenza di pozzo nulla (assorbimento di tutta la corrente fornita da Q1) e resistenza di uscita infinita (massimo guadagno a vuoto dello stadio). Intervengono le tensioni di Early dei transistori Q2 (npn) e Q4 (pnp) che, pur ipotizzando transistori Q3 e Q4 identici, portano, anche a vuoto, il nodo di uscita a un livello di tensione diverso da quello del nodo tra Q1 e Q3 e determinano quindi correnti diverse nei due rami: si tratta di una asimmetria di polarizzazione dello stadio, cioè in continua. Più in generale la polarizzazione in tensione del nodo di uscita è determinata anche, e spesso prevalentemente, dal carico applicato allo stadio (in un tradizionale amplificatore operazionale, ad esempio, il secondo stadio) e quindi il dislivello tra le 55 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE polarizzazioni dei nodi di collettore dei transistori Q1 e Q2 che ne risulta determina le correnti nei due rami e di conseguenza un contributo sistematico all’offset di tensione e al CMR in continua. Inoltre, nel caso di componenti attivi bipolari, sono presenti (si veda la trattazione relativa all’offset di tensione): un errore sistematico connesso con il fattore di specchio non perfettamente unitario, per effetto della presenza delle correnti di base (guadagno di corrente finito dei BJT). un errore sistematico connesso con il fatto che tra il pozzo dello specchio e il generatore di corrente Q1 si ha partizione di corrente per cui la frazione specchiata della corrente prodotta dal segnale di ingresso è data da g mQ 3 V 1 T gC1 conduttanza di uscita di Q1 g mQ 3 g C1 VA1 Come già notato, quest’ultimo contributo è solitamente di peso trascurabile negli stadi BJT, ma può avere effetto in stadi CMOS caratterizzati da transconduttanza significativamente inferiore e bassa tensione di Early. La reiezione del modo comune è quindi determinata sia dalla dispersione statistica dei parametri rilevanti, sia dagli effetti sistematici e, trascurando in prima approssimazione l’interazione tra tali fonti di errore (risposta al modo comune), si possono determinare separatamente una reiezione di origine statistica CMRr e una reiezione di origine sistematica CMRs. Procedendo in sostanza come nel caso precedente la reiezione di origine statistica, considerando solamente i parametri di maggiore rilevanza e trascurando l’effetto Early, si può esprimere come 2 g mQ Rt 2 IRt CMR I Si I Sl I I VT Si Sl I Si I Sl I Sl I Si Infatti il guadagno di modo comune prodotto dalla dispersione delle correnti di saturazione inversa IS degli elementi di ingresso Q1 e Q2 e del carico Q3 e Q4 è dato da I R I dove RL è la resistenza equivalente di carico Acm L Si Sl 2 Rt I Si I Sl ISi è la corrente di saturazione inversa dei dispositivi di ingresso ISl è la corrente di saturazione inversa dei dispositivi di carico mentre il guadagno differenziale è Ad g mQ RL Ricordando l’espressione dell’offset di tensione (a parte i segni, non rilevanti in quanto si tratta di variazioni random) si può ancora una volta scrivere CMR VOS 2VT g mQ Rt 2 IRt ancora, nel caso che il generatore di corrente sia costituito da un semplice transistore CMR VOS VAt La reiezione di origine sistematica è data da 2 g mQ Rt CMR 1 FS 2 g mQ Rt VT 2 VAi h feL dove 56 g mQ g mQ gCi 1 VT VAi è il fattore di partizione della corrente nel nodo di pozzo TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO 2 è il fattore di specchio 1 2 h feL 1 h feL Ancora una volta si può scrivere CMR VOS 2VT g mQ Rt 2 IRt e nel caso che il generatore di corrente sia costituito da un semplice transistore CMR VOS VAt Come già osservato il contributo della partizione è di peso trascurabile nel caso di dispositivi bipolari e specchio semplice di corrente; nel caso di specchio con errore ridotto (Wilson o a correzione delle correnti di base) può assumere, in termini relativi, un ruolo non trascurabile. In ogni caso tale termine risulta assai maggiore nel caso di dispositivi MOS. FS 1 Le due reiezioni considerate si possono combinare per ottenere la reiezione complessiva dovuta sia ai contributi statistici che a quelli sistematici. Dalle relazioni precedenti considerando l’offset totale, in prima approssimazione, come la somma dei due contributi considerati (worst case) si ottiene 1 1 1 CMR CMRr CMRs congruente col fatto ovvio che prevale la reiezione più bassa. La distinzione tra contributi di origine statistica e contributi di origine sistematica è importante per il progettista onde decidere quali interventi effettuare al fine di migliorare, se necessario, le prestazioni del sistema. Nel caso della semplice struttura qui considerata con transistori pnp laterali i due contributi alla reiezione risultano confrontabili. Utilizzando uno specchio a compensazione delle correnti di base o uno specchio Wilson si riduce considerevolmente il contributo sistematico e viene a prevalere il contributo statistico. 4.4 STADIO BJT CON CARICO A SPECCHIO SIMMETRIZZATO L’utilizzo di un carico a specchio (figura 4.2) comporta simmetria intrinseca non completa ed è quindi giustificato in determinati casi il ricorso a strutture utilizzanti un carico attivo intrinsecamente simmetrico. La soluzione più semplice consiste nell’utilizzare come carico due transistori separati come nella figura 4.3. Tale soluzione peraltro presenta problemi di polarizzazione assai maggiori di quelli della struttura a specchio e anche maggiori problemi di accoppiamento tra i dispositivi. Inoltre risulta topologicamente double ended e comporta pertanto l’utilizzo di uno stadio successivo con ingresso differenziale. Una possibile soluzione, vantaggiosa dal punto di vista della simmetria, è quella presentata nella figura 4.4 4.2. Ciascun ramo della struttura di ingresso è caricato dal pozzo di uno specchio. Tali specchi, con l’aggiunta di un ulteriore specchio Q7-Q8, riportano in uscita la corrente di risposta al segnale di ingresso, eventualmente moltiplicata per un opportuno fattore di specchio. L’architettura qui considerata è utilizzata più frequentemente in tecnologia CMOS dove presenta ulteriori vantaggi in termini di guadagno differenziale ottenibile e prodotto guadagno-banda: ciò in virtù delle maggiori possibilità offerte al progettista dalla tecnologia riguardo il dimensionamento dei dispositivi. 4.2 57 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Q4 Q3 OUT C C IN Q1 Q2 IN 2I Figura 4.3 CMR: stadio differenziale BJT con carichi attivi separati Q5 Q3 Q4 Q6 OUT C IN Q1 C Q2 IN 2I Q7 Q8 Figura 4.4 CMR: stadio differenziale BJT con carico a specchio simmetrizzato 58 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO La transconduttanza è data da g m g mQi FS dove gmQi è la transconduttanza dei transistori di ingresso e FS il fattore di specchio degli specchi Q3-Q5 e Q4-Q6; il fattore di specchio di Q7-Q8 è, ovviamente, unitario. Il guadagno differenziale di tensione a vuoto (guadagno disponibile) è dato da VAeq dove VAeq è la tensione di Early equivalente dei transistori Q6 e Q8. Ad VT Tale guadagno, nel caso di dispositivi bipolari, non dipende quindi da FS in quanto la transconduttanza risulta moltiplicata per FS mentre la resistenza equivalente di carico (resistenze di Early dei transistori Q6 e Q8) ne risulta divisa. Il fattore di specchio può quindi essere utilizzato per aumentare la transconduttanza dello stadio pur polarizzando i transistori di ingresso a bassa corrente per garantire elevata resistenza di ingresso. 4.5 STADIO CMOS CON CARICO RESISTIVO Lo stadio è mostrato nella figura 4.5. R D1 R D2 VOUT D1 IN M1 I D2 M2 2I = IN D1+ I D2 Figura 4.5 CMR: stadio differenziale C MOS con carico resistivo La trattazione segue ovviamente le linee utilizzate nel caso del corrispondente stadio BJT. Possiamo al solito considerare indipendenti gli effetti della dispersione dei vari parametri: 4.3 4.3 Trascuriamo l’effetto body (e quindi la dispersione del relativo parametro) in quanto le strutture qui considerate non ne risentono qualora venga utilizzata la tecnologia opportuna (p-well nel caso delle figure 4.5 e 4.6). Ovviamente nel caso di altre architetture circuitali sarebbe necessario considerarlo, ma solitamente il suo effetto è modesto per quanto riguarda le grandezze qui discusse. I parametri Vt e K sono in realtà un poco interdipendenti in quanto in ambedue intervengono il drogaggio del substrato e lo spessore dell’ossido. 59 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Vt RD K 1 'W 1 W Cox K k K RD Vt 2 L 2 L Vt deriva dalla dispersione dello spessore dell’ossido e da disuniformità statistiche nel drogaggio del substrato; oggigiorno queste ultime sono solitamente dominanti (negli attuali sistemi VLSI l’uniformità dello spessore dell’ossido risulta ben riproducibile) e, per un effetto di media, la dispersione relativa di Vt risulta in prima approssimazione inversamente proporzionale all’area del dispositivo: V * 4.3 t WL K deriva dalla dispersione dello spessore dell’ossido, della mobilità, dal rapporto di forma; oggigiorno risulta solitamente dominante W/L e cioè il processo fotolitografico. Il guadagno differenziale è dato da Ad g mi RD Il contributo di RD al guadagno di modo comune è dato semplicemente da 1 RD 2 Rt Vt genera una differenza icm tra le correnti che fluiscono nei due rami in risposta al segnale di modo comune; icm gmi Vt Va quindi considerata una corrente icm /2 che fluisce nella maglia M1-M2-RD1-RD2 e produce quindi un contributo al guadagno di modo comune g mi Vt RD RD 2Vt vcm 2 Rt VGS Vt Infine K genera anch’esso una differenza tra le correnti che fluiscono nei due rami in risposta al segnale di modo comune, data da K icm K e quindi un contributo al guadagno di modo comune 1 K RD 2 Rt K La reiezione del modo comune risultante è data da 2 g mi Rt CMR 2Vt RD K RD VGS Vt K Ricordando l’espressione dell’offset di tensione ottenuta più addietro (tale espressione era stata ottenuta considerando la dipendenza di K dal solo rapporto di forma W/L) si vede che anche in questo caso risulta un legame tra la reiezione del modo comune e l’offset di tensione V Vt CMR VOS GS 2 g mi Rt 2 IRt 2 * è un parametro caratteristico della tecnologia (dell’ordine dei centesimi di V/) ; per effetto del più elevato numero di passi di processo (impiantazione ionica) necessari nel caso di transistori a canale p per determinarne la soglia, * risulta tipicamente maggiore di circa il 50% per i transistori a canale p rispetto a quelli a canale n. Anche la dispersione di K risulta maggiore (solitamente di circa il 50%) per i dispositivi a canale p. 4.3 60 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO 4.6 STADIO CMOS CON CARICO ATTIVO A SPECCHIO Lo stadio è mostrato nella figura 4.6. Possiamo sostanzialmente procedere come nell’analogo caso bipolare e, per quanto riguarda i contributi statistici, come nel caso precedente. Sono ovviamente definibili una reiezione di origine statistica e una di origine sistematica, ma quest’ultima è associata soltanto alla partizione di corrente nel nodo di specchio e non al fattore di specchio. Nella maggior parte dei casi prevale il contributo statistico e in ogni caso si può in prima approssimazione scrivere 1 1 1 CMR CMRr CMRs La reiezione del modo comune di origine statistica risulta data da 2 g mi Rt CMRr W W 2Vtn L p L n Vtp W VGS Vt p VGS Vt n W L L p n 2 M3 M4 VOUT ID IN M1 ID M2 IN 2I D Figura 4.6 Stadio differenziale MOS con carico attivo a specchio e vale la solita relazione CMR VOS 2 IRt Il guadagno di modo comune (transconduttanza di modo comune) dovuto agli effetti sistematici (partizione della corrente nel nodo di pozzo dello specchio) è 1 1 (ro1 resistenza di Early dei transistori di ingresso) 2 Rt 1 g m3ro1 61 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE La reiezione del modo comune di origine sistematica risulta quindi data da CMRs 2 gmi Rt 1 gm3ro1 2gmi Rt gm3ro1 e vale ancora la solita relazione CMR VOS 2 IRt 4.7 CMR IN FUNZIONE DELLA FREQUENZA Nelle semplici strutture considerate, per quanto riguarda la risposta al modo comune in funzione della frequenza gioca un ruolo fondamentale la capacità Ct associata al generatore di corrente della coda. E’ infatti evidente che esso determina uno zero alla frequenza 1 f Zt 2 Rt Ct e quindi, qualora sia presente un polo dominante (come in un amplificatore completo e compensato) l’andamento della reiezione del modo comune può essere del tipo rappresentato nella figura 4.7: la reiezione scende a 20dB/decade a partire da fZt. E’ quindi importante curare il generatore di coda non solamente per quanto riguarda la resistenza equivalente, ma anche per quel che riguarda la capacità ad esso associata. Ad esempio un semplice generatore di corrente a singolo transistore in tecnologia bipolare a diffusione, con isolamento a giunzione può presentare capacità di collettore elevate (pF). A 10 6 CMRR 10 5 Ad 10 10 10 4 3 2 10 1 GBW 10 10 10 -1 Acm -2 f -3 10 100 1k 10 k 100 k 1M 10 M 100 M Figura 4.7 Andamento con la frequenza di Ad, Acm, CMR 62 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO 4.8 RETROAZIONE SUL MODO COMUNE Una tecnica, spesso adottata quando un insufficiente guadagno differenziale e/o un eccessivo guadagno di modo comune condurrebbero a un CMR insoddisfacente, è quella di introdurre una retroazione che agisce solo sul modo comune. Consideriamo a titolo di esempio la struttura riportata nella figura 4.8 in cui sono mostrati (con qualche semplificazione inessenziale ai fini della presente discussione) il primo e il secondo stadio di un possibile amplificatore operazionale in tecnologia BiFet. +VCC Q8 Q10 Q9 F3 F4 IN+ F1 F2 Q3 Q4 F5 Q6 Q5 R1 Q1 allo stadio di uscita Cc IN- R1 Q2 Q7 R2 Q11 R2 -VCC Figura 4.8 Primo e secondo stadio di un OPA in tecnologia BiFet con retroazione sul modo comune Il primo stadio presenta guadagno differenziale inferiore a quello di una struttura bipolare per effetto della minor transconduttanza dei JFET e della loro inferiore tensione di Early; il guadagno di modo comune risulta invece alquanto più elevato malgrado sia stata utilizzata una “coda” degenerata. Ne risulta una CMR non del tutto soddisfacente. Va poi anche notato che il carico del primo stadio è costituito da due elementi attivi separati il che determina forte dispersione del livello di tensione di polarizzazione in uscita. Il secondo stadio è necessariamente uno stadio differenziale, considerato il prelievo del segnale dal primo stadio ed è quindi, tra l’altro, un buon lettore del modo comune: infatti il segnale presente sulla sua “coda” Q7 uguaglia con ottima approssimazione la componente di modo comune del segnale presente al suo ingresso (cioè proveniente dal primo stadio). Tale segnale viene quindi applicato alle basi dei transistori di carico del primo stadio Q1 e Q2 chiudendo così un anello di retroazione che interviene sul modo comune riducendone il guadagno nella misura del guadagno di anello. E’ immediato verificare che la retroazione è del segno corretto e quindi correttiva della risposta al modo comune e che il livello di polarizzazione in tensione dei collettori di Q1 e Q2 è determinato 63 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE dalle cadute ai capi delle giunzioni di Q3 (Q4), Q5(Q6), Q11 (pozzo dello specchio di polarizzazione che, in prima approssimazione, impone ai capi di Q7 la propria VBE); le cadute ai capi dei resistori R1 si possono trascurare. Soluzioni analoghe a quella qui presentata sono assai diffuse nel progetto di strutture analogiche differenziali per cui sia richiesta una CMR elevata. 64 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Cap. 5 RISPOSTA IN FREQUENZA E COMPENSAZIONE 5.1 GENERALITA’ Richiamiamo qui alcune nozioni fondamentali relative al comportamento in frequenza e alla compensazione degli amplificatori. Ci riferiamo alle classiche strutture utilizzate in particolare per realizzare amplificatori operazionali (OPA) o amplificatori a transconduttanza (OTA). Categorie diverse – amplificatori per strumentazione (instrumentation amplifiers), amplificatori operazionali “voltage mode” a larghissima banda, amplificatori current feedback mode, amplificatori video, amplificatori completamente differenziali, ecc. – verranno esaminate più in dettaglio nel seguito. Ci riferiamo poi in particolare alle strutture realizzate in tecnologia bipolare, pur considerando brevemente anche i problemi della tecnologia CMOS (in particolare per quanto riguarda gli OTA “on chip”, cioè implementati nell’ambito di un sistema digitale VLSI e che quindi, salvo casi particolari, non comunicano con sistemi esterni ed hanno carichi di ingresso e di uscita definiti e noti) che peraltro verranno anch’essi affrontati in maggiore dettaglio più avanti. Consideriamo, per iniziare, l’architettura generale più consueta di un OPA. Essa può essere rappresentata come costituita da più stadi in cascata (ovviamente strettamente interagenti tra loro) ed è solitamente analizzata e progettata da un punto di vista “voltage mode”, cioè considerando il trasferimento del segnale attraverso la struttura in termini di tensione 5.1. Quindi i blocchi circuitali sono pensati in termini di amplificazione di tensione e sono identificabili alcuni nodi ad elevata resistenza cui sono attribuibili il guadagno in tensione (“in continua”, cioè a frequenze sufficientemente basse rispetto a quella del primo polo) e i poli principali. Si tratta quindi di amplificatori con resistenza di ingresso possibilmente elevata (rispetto a quella delle usuali sorgenti di segnale) e resistenza di uscita piccola (rispetto a quella dei carichi più frequentemente utilizzati).5.2 Molto spesso l’amplificatore è costituito da tre blocchi: stadio di ingresso, secondo stadio o stadio intermedio e stadio di uscita (o “di potenza”). In alcuni casi, assai meno frequenti, viene aggiunto, per ragioni di guadagno, un ulteriore stadio intermedio (come, ad esempio, nel caso del vecchio amplificatore 725). Una categoria importante, soprattutto in tecnologia CMOS (in particolare per quanto riguarda le strutture analogiche “on chip”), è costituita dagli amplificatori a transconduttanza destinati a pilotare carichi essenzialmente capacitivi. In questo caso le architetture più semplici possono essere costituite da un singolo stadio e l’architettura più frequentemente utilizzata da due stadi; in questo caso l’uscita è ad elevata resistenza, cioè di corrente, in quanto si tratta di caricare una capacità.5.3 L’approccio “voltage mode” (terminologia peraltro alquanto impropria, ma di fatto entrata nell’uso) conduce, tra l’altro, a considerare che il guadagno complessivo in tensione sia massimizzabile massimizzando le resistenze equivalenti dei nodi tra i diversi stadi, in particolare tra il primo e il secondo, il che in linea di principio non è accettabile anche se in pratica risulta un percorso utilizzabile (si veda la discussione di questo punto presentata nel seguito). 5.2 Ricordiamo ancora che gli amplificatori operazionali sono dotati di guadagno elevato utilizzato nelle applicazioni fondamentalmente come guadagno di anello del sistema retroazionato: Pertanto, a seconda della tipologia della retroazione si possonono ottenere, a partire dell’amplificatore “di tensione” ad anello aperto, soddisfacenti amplificatori di tensione (retroazione tensione-tensione), di corrente (retroazione corrente-corrente), a transimpedenza (retroazione tensione-corrente), a transammettenza (retroazione corrente-tensione). 5.3 I normali amplificatori operazionali di tensione non sono in grado di pilotare carichi capacitivi se non di entità molto modesta (pF); attualmente esistono amplificatori progettati per pilotare carichi non resistivi, in particolare con componente capacitiva del carico non trascurabile. 5.1 65 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Nel caso della tecnologia bipolare standard, cioè della tecnologia di più basso livello, i principali contributi alla limitazione dellz risposta in frequenza sono: l’inevitabile presenza di transistori pnp che sono caratterizzati da una frequenza di taglio dell’ordine dei MHz (tempi di transito attraverso la base di decine di ns) e quindi molto minore di quella dei transistori npn (parecchie centinaia di MHz) la presenza di un elevato numero di capacità “parassite” associate ai depletion layers delle giunzioni, dipendenti dalle tensioni di polarizzazione, che introducono singolarità (non solo reali, ma anche complesse coniugate) ad alta frequenza, distanti dai poli principali, ma numerose; giocano da questo punto di vista un ruolo fondamentale le giunzioni di isolamento le capacità parassite associate ai resistori I prodotti guadagno-banda così ottenibili risultano limitati, salvo poche eccezioni, al campo dei MHz. Aumentando le correnti di polarizzazione, a parità di tensioni, si riducono i livelli di resistenza nei vari nodi: il caso limite è costituito da un progetto “current mode” in cui il segnale viene trasferito come corrente e quindi minimizzando le costanti di tempo associate ai vari nodi. Tecnologie più avanzate utilizzano dispositivi di piccole dimensioni (riduzione delle capacità parassite) caratterizzati da fT elevate (GHz), isolamento dielettrico (forte riduzione delle capacità parassite associate all’isolamento), resistori a film sottile (forte riduzione delle capacità parassite associate), pnp verticali (tecnologie “true complementary”). Si ottengono così prodotti guadagno-banda che possono superare il GHz. 5.2 COMPENSAZIONE “ALLA MILLER” Esaminiamo dapprima il caso degli amplificatori “stand alone”, cioè destinati a essere utilizzati come tali, non inglobati in strutture più complesse e non dedicati o “custom”; in questo caso non risultano definiti i carichi di ingresso e di uscita (amplificatori “general purpose”). In particolare esaminiamo gli OPA voltage mode, di gran lunga i più diffusi. La rappresentazione a blocchi è quindi, tranne casi particolari, quella riportata nella figura 5.1 dove sono evidenziati i due “nodi di guadagno” NG1 e NG2. In una prima approssimazione, di fatto solitamente abbastanza bene utilizzabile, i poli principali si possono considerare reali e definiti dalle costanti di tempo determinate dalle resistenze equivalenti e dalle capacità equivalenti caratterizzanti i nodi stessi in quanto a tali nodi è associata una resistenza assai più elevata rispetto a quella di tutti gli altri nodi del sistema. Ovviamente la situazione reale è assai più complessa: i due nodi considerati non si possono considerare separatamente come se non interagissero e altri nodi, interni ai singoli blocchi e anch’essi interagenti, introducono singolarità: ad esempio in un primo stadio differenziale con carico a specchio il nodo corrispondente al pozzo dello specchio introduce una coppia polo-zero distanziati di una ottava. Tali singolarità, in genere numerose, si trovano peraltro a frequenze assai più alte di quelle caratterizzanti i poli principali generati dai nodi di guadagno, ma agli effetti della compensazione in frequenza danno un contributo non del tutto trascurabile allo sfasamento in corrispondenza del prodotto guadagno banda. 66 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO IN I STADIO (INGRESSO) NG1 C1 II STADIO III STADIO (USCITA) NG2 OUT C2 Figura 5.1 Schema a blocchi di OPA voltage mode a tre stadi Le due singolarità principali si trovano in generale a frequenze poco discoste: ad esempio in tecnologia bipolare standard il primo polo (afferente solitamente al nodo NG1) a poche decine di kHz, il secondo a poche centinaia di kHz 5.4 e, considerato l’elevato guadagno in continua dell’amplificatore, ne risulta un sistema che, retroazionato, pur se tramite una rete che alle frequenze di lavoro si possa considerare puramente resistiva, è caratterizzato da margine di fase insufficiente o anche da instabilità già per piccoli guadagni di anello. La compensazione in frequenza, nella quasi totalità dei casi, viene effettuata a polo dominante. Ciò in quanto risulta la tecnica di implementazione più semplice (soprattutto in tecnologia monolitica) e poiché produce una funzione di trasferimento caratterizzata da un determinato prodotto guadagnobanda e consente quindi nel sistema retroazionato di scambiare appunto guadagno con banda. Esistono ovviamente eccezioni, anche notevoli, a questa regola, specialmente nelle strutture dedicate o addirittura custom. Spesso la compensazione principale a polo dominante è poi accompagnata da compensazioni locali o ausiliarie. Va poi notato che la compensazione, a livello monolitico, è attuabile in forma semplice internamente al sistema integrato soltanto quando la struttura è quella della figura 5.1, cioè al più costituita da tre stadi; nel caso di un numero maggiore di stadi (ad esempio 4 come nel caso del già citato 725) la rotazione di fase nel sistema di partenza risulta di entità tale la compensazione deve essere attuata esternamente, cioè dall’utente che, guidato dalle indicazioni del produttore, utilizza allo scopo opportuni terminali del dispositivo. Nel caso degli amplificatori operazionali “general purpose”, cioè destinati all’uso corrente, non dedicati, si richiede di norma margine di fase adeguato, cioè tale da garantire una risposta nel dominio del tempo soddisfacente, in caso di retroazione puramente resistiva 5.5. Non deve cioè, in questo caso, risultare necessaria una compensazione esterna. Si danno due possibili soluzioni: stabilità incondizionata, stabilità condizionata. Nel primo caso si richiede, e quindi il progettista deve garantire, margine di fase sufficiente qualsiasi sia il guadagno, cioè sino a guadagno unitario. Nel secondo caso viene garantito un adeguato margine di fase solo per guadagni ad anello chiuso superiori ad un certo valore minimo (tipicamente 5). Nel primo caso il sistema è caratterizzato da un prodotto guadagno-banda effettivo (o reale); nel secondo caso si definisce un prodotto guadagno-banda estrapolato (figura 5.2) Ad esempio nell’amplificatore operazionale 741, in tecnologia bipolare standard, in assenza di compensazione i poli principali si trovano rispettivamente a circa 20 kHz e 300 kHz, mentre le singolarità (zeri e poli, anche complessi coniugati) a più alta frequenza compaiono a partire da alcuni MHz. La compensazione alla Miller (vedi nel seguito) produce pole splitting dei poli principali e sposta anche le altre singolarità per cui i primi poli ad alta frequenza (complessi coniugati) appaiono a circa 10 MHz. 5.5 Si considera la risposta ad un segnale di prova a gradino. Tale risposta non deve presentare eccessiva sovraelongazione anche onde garantire accettabile settling time. 5.4 67 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE Ad 10 6 10 5 10 4 10 3 10 2 10 f GBestr. f GB 1 1 10 10 2 10 3 10 4 10 5 10 6 10 7 10 8 Hz Figura 5.2 Compensazione a polo dominante nei due casi di compensazione incondizionata GB e condizionata GBestr. La compensazione condizionata sposta il polo dominante a frequenze più alte e consente di ottenere un prodotto guadagno-banda (estrapolato) superiore, ma utilizzabile solamente al di sopra di un guadagno minimo. Tranne casi, peraltro notevoli e di cui si discuterà nel seguito, la compensazione a polo dominante non si può ottenere semplicemente introducendo una capacità addizionale nel nodo NG1. In una struttura in cui i poli principali di partenza (cioè prima della compensazione) si trovano nel campo delle frequenze sopra menzionato, o poco più in alto (da qualche kHz a qualche MHz) e con gli elevati guadagni in gioco, è immediato verificare che per ottenere un polo effettivamente dominante, cioè un prodotto guadagno-banda effettivo, e un margine di fase accettabile 5.6 si dovrebbe utilizzare una capacità di centinaia di nF, cioè impensabile in un sistema monolitico (si pensi che la capacità di compensazione utilizzata nel 741, pari a 30 pF, occupa poco meno di un terzo dell’area dell’intero chip e cioè risulta più di 10 volte superiore a quella occupata da un normale transistore dell’amplificatore). Inoltre un approccio di questo tipo condurrebbe a un prodotto guadagno-banda nel campo delle decine di kHz, estremamente basso, assai inferiore a quello ottenibile attraverso l’utilizzazione di una capacità amplificata cioè sfruttando il così detto “effetto Miller” (compensazione alla Miller); nel caso dell’esempio precedente la compensazione alla Miller produrrebbe un prodotto guadagno-banda dell’ordine del MHz. Ricordiamo che in base al teorema di Miller una qualsiasi impedenza Zki posta tra due nodi i e k di una rete elettrica può essere sostituita, senza alterare il bilancio delle correnti ai nodi stessi, con due impedenze Zi e Zk applicate tra ciascuno dei nodi interessati e un terzo nodo di riferimento. G ( s) 1 Z k ( s) Z ki ( s) ki Z i ( s) Z ki ( s) 1 Gki ( s) Gki ( s) 1 dove Gki(s) può essere definito come il guadagno di tensione tra i nodi i e k 5.6 Solitamente si considera adeguato un margine di fase compreso tra 60° e 90°. 68 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Ovviamente Zi e Zk sono impedenze in generale di ”natura” diversa da Zki; in altre parole sono diverse sia la parte reale che la parte complessa in quanto Gki è funzione della pulsazione complessa. In particolare una capacità Cki non si trasforma in due capacità Ci e Ck, ma in impedenze complesse. Peraltro è spesso utilizzabile una prima approssimazione che considera G indipendente da s, cioè, nel campo delle frequenze di interesse, un guadagno costante. Se tale guadagno è >>1, nel caso di una semplice capacità C si può considerare in prima, piuttosto grossolana, ma utile e significativa approssimazione che essa risulti equivalentemente suddivisa in una capacità GC posta tra i e (“ingresso”) e una capacità C posta tra k e (“uscita”)5.7. Si parla in questo caso, per quanto riguarda Ci, di capacità amplificata per “effetto Miller”. Cc IN I STADIO (INGRESSO) NG1 II STADIO C1 NG2 III STADIO (USCITA) OUT C2 Figura 5.3 Compensazione a polo dominante “alla Miller” Dunque per realizzare una compensazione in frequenza a polo dominante pur introducendo una capacità di valore sufficientemente piccola per poter essere abbastanza agevolmente integrata in un sistema monolitico, si può ricorrere all’effetto Miller che ne consente l’amplificazione. Con riferimento alla figura 5.1 la capacità di compensazione Cc può essere posta a cavallo del II stadio realizzando così una compensazione “alla Miller” (figura 5.3). L’amplificazione del secondo stadio è sufficientemente grande da produrre una capacità amplificata equivalente nel nodo NG1 molto maggiore di C1 e da introdurre così un polo sufficientemente dominante. Questo tipo di compensazione è universalmente usato salvo in alcune categorie di amplificatore dove non risulta né applicabile né necessario ( come già menzionato: amplificatori per strumentazione, amplificatori operazionali a larghissima banda, amplificatori current feedback mode, amplificatori video, ecc.). L’approccio sopra utilizzato costituisce, come già detto, una prima e piuttosto grossolana approssimazione e può essere sostituito da un’analisi alquanto più attenta, peraltro anch’essa di prima approssimazione soprattutto in strutture non particolarmente semplici. Si tratta della ben nota trattazione che conduce ad interpretare l’effetto della compensazione alla Miller in termini di “pole splitting”: il collegamento dei due nodi di guadagno tramite la capacità Cc produce una migrazione dei poli principali di partenza in direzioni opposte. Se il valore di Cc è sufficientemente elevato il secondo polo si porta a frequenze sufficientemente elevate per realizzare una compensazione a polo dominante 5.7 L’approssimazione è passibile, per quanto riguarda la capacità equivalente in ingresso C i, di una semplice interpretazione fisica: un segnale di ingresso vi, per quanto riguarda la sola capacità Cik posta tra i e k, deve fornire una carica che corrisponde alla tensione che di fatto si sviluppa, in risposta al segnale stesso, tra k e i e cioè (G-1) Cik vi. ciò equivale a dire che in ingresso la capacità Cik è vista come (G-1) Cik. Si tratta naturalmente di una approssimazione che considera il trasferimento tra i e k descrivibile semplicemente attraverso un guadagno fisso di tensione (il guadagno in continua o a centro banda) 69 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE (incondizionata o condizionata) mentre il primo polo si porta a frequenze corrispondentemente basse. Ovviamente in una compensazione a polo dominante la distanza tra i due poli discende dal rapporto tra i guadagni che ad essi corrispondono e risulta quindi in generale molto grande, considerato l’elevato guadagno in continua degli OPA. E’ comunque opportuno ripetere che tale trattazione costituisce comunque una approssimazione, pur se comoda e significativa. Inoltre non fornisce in forma sufficientemente semplice e immediata un modo per determinare in fase di progetto il valore da attribuire alla capacità di compensazione; malgrado mostri che la compensazione alla Miller introduce uno zero nel semipiano destro del piano complesso, spesso tale aspetto non viene messo in sufficiente evidenza e non vengono forniti direttamente gli strumenti per ridurne adeguatamente il peso dal punto di vista dello sfasamento. In altre parole è importante mettere in chiaro che il semplice pole splitting della compensazione alla Miller deve essere accompagnato da provvedimenti in sede di progetto atti ad allontanare sufficientemente lo zero dal prodotto guadagno-banda. Un approccio assai utile sul piano progettuale, anche se pur sempre di prima approssimazione, è quello che si basa su una analisi della trasmissione del segnale attraverso la struttura schematizzata nella figura 5.3 condotta come segue. Lo stadio di ingresso può essere visto con buona approssimazione come uno stadio a transconduttanza che converte il segnale di tensione in ingresso in una corrente che alimenta il primo nodo di guadagno; a frequenze sufficientemente grandi rispetto a quella caratterizzante il polo dominante il secondo stadio si comporta come un integratore attivo (si consideri a titolo di esempio la figura 5.4) e la funzione di trasferimento può essere considerata essere semplicemente 1 1 g m1 s s Cc g dove GB m1 è la pulsazione corrispondente all’attraversamento dell’asse a 0 dB e cioè quella Cc che misura il prodotto guadagno-banda (reale o estrapolato) Q4 Q3 - I stadio Q2 Q1 gm1 Cc + + C1 III stadio (uscita) II stadio gm2 C2 2I Figura 5.4 Determinazione del prodotto guadagno-banda” 70 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO L’espressione del prodotto guadagno-banda è assai significativa, anche dal punto di vista operativo, cioè progettuale. In primo luogo essa mostra che il valore della capacità di compensazione è direttamente proporzionale a GB e, da questo punto di vista, è dunque necessario operare con transconduttanze dello stadio di ingresso tali da non determinare valori eccessivamente elevati di Cc che risulterebbero non integrabili. Nel caso della tecnologia bipolare ciò introduce quindi un vincolo per la corrente di lavoro del primo stadio, coerente con quello derivante dalla necessità di ottenere la resistenza di ingresso più alta possibile: la corrente di polarizzazione, a cui la transconduttanza risulta proporzionale, deve essere la più piccola possibile compatibilmente con buone caratteristiche di guadagno e risposta in frequenza dei transistori. Nel caso della tecnologia BiFet e della tecnologia CMOS la corrente di lavoro non influenza di fatto la resistenza di ingresso e rimane solamente la condizione relativa alla capacità di compensazione, ma la transconduttanza è intrinsecamente inferiore (tranne per dispositivi JFET particolari) e dipendente attraverso la radice, cioè piuttosto debolmente, dalla corrente: è quindi possibile lavorare con correnti di polarizzazione nettamente più elevate che non nel caso bipolare (decine di A), tipicamente circa un ordine di grandezza superiori (centinaia di A), il che consente di migliorare, anche se non di molto, le prestazioni di rumore serie e di risposta in frequenza. In secondo luogo può, in un’ampia categoria di amplificatori, essere utilizzata per determinare, in prima approssimazione, il valore della capacità di compensazione da utilizzare. In tecnologia bipolare e BiFet il prodotto guadagno-banda ottenibile a seguito della compensazione può essere considerato approssimativamente noto a priori in quanto dipendente dalla tecnologia, dalle architetture circuitali che si prevede di adottare (numerosi vincoli, soprattutto nelle tecnologie meno avanzate, riducono fortemente le soluzioni utilizzabili), dalle condizioni di polarizzazione dei dispositivi (anch’esse solitamente molto vincolate). Dalla relazione precedente discende quindi g Cc m1 GB L’approssimazione risulta ovviamente un poco grossolana, ma è di fatto sufficiente per un primo progetto che deve ovviamente essere seguito da approssimazioni successive guidate da procedimenti di simulazione e dall’esperienza. Va ricordato poi che parametri quali il prodotto guadagno-banda, il margine di fase, ecc. risultano comunque notevolmente dispersi. Il procedimento sopra indicato risulta di assai minore validità nel caso della tecnologia CMOS (peraltro in dipendenza dalla particolare tecnologia adottata, in relazione alle dimensioni geometriche dei dispositivi). Ciò è sostanzialmente dovuto ancora una volta al fatto che i dispositivi MOS sono progettabili molto più liberamente in termini geometrici il che comporta anche una forte dipendenza dalla geometria delle capacità in gioco (le capacità C1 e C2 nel semplice modello sopra considerato) e quindi delle singolarità che caratterizzano il sistema prima della compensazione. Ne risulta maggiore elasticità nel progetto e, in particolare il prodotto guadagno-banda non risulta predeterminato ma gestibile, entro determinati limiti, da parte del progettista. Questi sistemi verranno più dettagliatamente considerati nel seguito. 5.3 LO ZERO NEL SEMIPIANO DESTRO Come detto la compensazione alla Miller introduce uno zero nel semipiano destro, conseguenza della trasmissione bidirezionale del segnale attraverso la capacità di compensazione Cc posta a cavallo del secondo stadio, il che rende a sfasamento non minimo la rete equivalente (non è applicabile il teorema di Bode). Nel semplice modello adottato la pulsazione di tale zero è data da g Z m 2 Cc 71 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE e quindi la posizione dello zero è legata a quella del prodotto guadagno-banda attraverso il rapporto delle transconduttanze del secondo e del primo stadio. La posizione del secondo polo infine si può determinare notando che, nel caso di forte separazione dei poli (sistema a polo dominante) sul secondo nodo di guadagno insiste una capacità equivalente rappresentabile come la serie delle capacità Cc e C1 in parallelo con la capacità C2 e cioè, nell’ipotesi, solitamente in sostanza verificata, che Cc >> C1 5.8 CC C2* C1 1 2 C2 Cc e quindi la pulsazione del secondo polo risulta approssimativamente gm2 p2 C2* ed è anch’essa direttamente proporzionale alla transconduttanza del secondo stadio. In prima approssimazione, si può considerare questo il risultato del già menzionato “pole splitting”. Il primo polo è 1 dove R1 e R2 rappresentano le resistenze dei due nodi della figura 5.3 wp 1 ; gm 2R 1R 2CC La transconduttanza del secondo stadio compare quindi al denominatore nell’espressione del primo polo e al numeratore in quella del secondo e dunque funge da parametro di splitting dei poli stessi. Infatti variare gm2 significa variare il guadagno in continua e quindi, a parità di altre condizioni (R1, R2, gm1 e capacità) e quindi di prodotto guadagno-banda, variare in senso opposto la posizione dei due poli principali. E’ necessario ora distinguere il caso in cui l’amplificatore è dotato di uno stadio di uscita che separa (entro certi limiti) il secondo nodo di guadagno dal carico esterno (amplificatori “stand alone”) dal caso in cui tale stadio non è presente e il nodo in questione è quello di uscita e vede direttamente applicato il carico (in genere amplificatori OTA “on chip”). Nel primo caso C2 è una capacità interna al sistema, in prima approssimazione poco influenzata dal carico esterno (è però, tranne casi particolari, anche il caso in cui l’amplificatore non è destinato a pilotare capacità, se non assai piccole) e risulta quindi piccola rispetto a Cc. La capacità equivalente del secondo nodo risulta allora semplicemente data da C2* C1 C2 e risulta perciò piccola rispetto alla capacità di compensazione: il secondo polo è quindi agganciato allo zero (tramite la transconduttanza del secondo stadio), ma a frequenze significativamente più alte. Va poi preso in considerazione il fatto che, in strutture non particolarmente semplici e soprattutto in tecnologie non avanzate, spesso tale polo è preceduto da altre singolarità di origine diversa, anch’esse peraltro solitamente a frequenze notevolmente più alte di quella corrispondente al prodotto guadagnobanda: ad esempio nel 741 la capacità base-emettitore dei transistori trasferitori di corrente nello stadio di ingresso è elevata essendo tali transistori dei pnp laterali e quindi introduce un polo reale a circa 15 MHz (il prodotto guadagno-banda è di poco superiore al MHz) e comunque è presente una costellazione di poli (anche complessi coniugati) con parte reale compresa tra 10 e 15 MHz circa. Quindi la singolarità di interesse dominante dal punto di vista del margine di fase è lo zero nel semipiano destro e di questa si deve preoccupare in primo luogo il progettista. 5.8 Nel 741 Cc=30pF e C1 qualche pF e quindi il rapporto è solamente di circa una decade. Peraltro si tratta di una tecnologia assai poco avanzata e comunque nel 741 a determinare la risposta a frequenze superiori a GB intervengono singolarità dovute ad altre parti della struttura circuitale: in particolare i transistori pnp laterali trasferitori di corrente nello stadio di ingresso. 72 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO Nel secondo caso l’amplificatore è solitamente destinato a pilotare un carico capacitivo tramite uno stadio configurato come generatore di corrente. Ciò è particolarmente vero nelle strutture analogiche on chip che sono implementate all’interno di un sistema VLSI CMOS in quanto destinate a pilotare altre strutture CMOS o a operare con capacità commutate. In questo caso si richiede il pilotaggio di capacità non troppo piccole, tipicamente dello stesso ordine di grandezza della capacità di compensazione: è anzi pratica comune progettare l’amplificatore perché possa pilotare, con sufficiente margine di fase, una capacità di valore massimo proprio uguale a quello di Cc. In questa situazione il secondo polo sopra considerato si trova a gm2 p2 CL dove CL è la capacità di carico; per CL prossimo a Cc il secondo polo e lo zero destro risultano praticamente sovrapposti e sono quindi ambedue da considerare per quanto riguarda l’ottenimento di un adeguato margine di fase. Nel primo caso considerato è necessario controllare la posizione dello zero portandolo a frequenze sufficientemente alte e lontane dal prodotto guadagno-banda. In generale la frequenza a cui portarlo per ottenere un prefissato margine di fase deve essere determinata sulla base della posizione delle singolarità, anche ad alta frequenza, presenti nel sistema compensato; tale posizione può essere stimata, ma di fatto è ottenibile attraverso un processo di simulazione a calcolatore. In ogni caso, di larga massima e a titolo di guida, si può affermare che, per ottenere stabilità incondizionata con adeguato margine di fase, lo zero deve essere posizionato solitamente tra una e due decadi al di sopra del prodotto guadagno-banda. Considerate le espressioni di Z e GB la posizione dello zero può essere controllata agendo sul rapporto tra la transconduttanza del secondo stadio e quella del primo e cioè rendendo la transconduttanza del secondo stadio sufficientemente grande rispetto a quella del primo. Nel caso della tecnologia bipolare, e con le architetture circuitali più comunemente usate, ciò risulta semplice. Il secondo stadio è solitamente riconducibile a una configurazione del tipo emettitore comune in quanto si tratta di una semplice architettura atta a caricare adeguatamente il primo stadio e produrre sufficiente guadagno: la sua transconduttanza è quindi controllabile direttamente attraverso la corrente di lavoro a cui risulta proporzionale. E’ quindi sufficiente polarizzare il secondo stadio a corrente sufficientemente elevata rispetto al primo, cosa facilmente realizzabile in considerazione anche del fatto, già più volte menzionato, che, per ragioni connesse con la resistenza di ingresso e con l’integrabilità della capacità di compensazione alla Miller, la corrente di lavoro del primo stadio deve essere mantenuta la più bassa possibile, compatibilmente con il buon funzionamento in termini di guadagno e risposta in frequenza dei dispositivi attivi. Si noti che lo zero destro “si trascina dietro” il secondo polo, da esso normalmente assai distanziato [CC/(C1+C2)], e quindi non è normalmente necessario intervenire separatamente su quest’ultimo. Ovviamente, come già detto, vi sono anche eccezioni a questa situazione: in particolare gli amplificatori operazionali a larghissima banda, gli amplificatori current feedback mode, gli amplificatori per strumentazione, gli amplificatori video. Nell’ambito di queste ultime categorie la compensazione non è neppure effettuata alla Miller. 73 L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE +VCC Q13 Q12 Q8 Q9 IN IN Q4 Q3 R0 12 550 Q2 Q1 12 A A Cc A Q14 Q7 Q15 Q11 Q5 Q10 R5 Q6 R2 R1 R2 R3 R4 -VCC offset adjust Figura 5.5 Primo e secondo stadio dell’amplificatore operazionale 741” Nella figura 5.5 sono rappresentati il primo e il secondo stadio dell’amplificatore operazionale 741. La corrente di lavoro dei transistori del primo stadio è di circa 12 A e quella del secondo stadio di 550 A. Considerata l’architettura degli stadi, il rapporto tra le transconduttanze risulta quindi pari a 110, valore molto elevato giustificato dal fatto, già citato, che la presenza di poli di ordine superiore a poco più di una decade di distanza da GB rende necessario un ulteriore allontanamento dello zero. In tecnologia CMOS si verifica usualmente il secondo caso sopra descritto, cioè il caso in cui secondo polo e zero a destra risultano molto vicini. E’ allora necessario spostarli molto lontano da GB e non è possibile ottenere tale risultato semplicemente giocando sul rapporto delle transconduttanze tra secondo e primo stadio. Qualora si adotti la compensazione alla Miller questa deve venire modificata utilizzando al posto del semplice condensatore a cavallo del secondo stadio una rete un poco più complessa. Due sono gli approcci normalmente utilizzati. Il primo consiste nel porre in serie alla capacità Cc un resistore (figura 5.6) il cui effetto è quello di traslare lo zero verso frequenze più alte: un modello di prima approssimazione mostra che quando la resistenza introdotta approssima l’inverso della transconduttanza dello stadio utilizzato per la compensazione, lo zero si porta all’infinito; per valori più alti della resistenza lo zero passa nel semipiano sinistro ed è possibile portarlo in prossimità di GB a contrastare il secondo polo, con benefico effetto per quanto riguarda il margine di fase. Il secondo consiste nel rendere unidirezionale, dall’uscita verso l’ingresso, il percorso del segnale di retroazione capacitiva a cavallo dello stadio utilizzato. Ciò può essere ad esempio, realizzato, almeno in prima approssimazione, pilotando Cc tramite un follower (figura 5.7). L’argomento verrà discusso più approfonditamente nella trattazione relativa agli amplificatori in tecnologia CMOS. 74 TECNOLOGIA BIPOLARE STANDARD: LO STADIO DI INGRESSO M3 M4 M5 ID ID M1 IN M7 Cc IN M2 CL Rc VG M0 M6 Figura 5.6 Compensazione con capacità e resistenza di un OTA in tecnologia CMOS; la resistenza è realizzata tramite il transistore M7 polarizzato in regione ohmica (nell’origine delle caratteristiche) M3 M4 M5 ID ID M1 Cc M7 M2 CL VG M0 M8 M6 Figura 5.7 Compensazione con retroazione capacitiva unidirezionale di un OTA in tecnologia CMOS 75