Enzimi epatici e biosintesi eme(prof. Caraglia)

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Lezione 11/04/2016 - Prof. Michele Caraglia
a cura di Luca Menzione, Paola Carpiniello, Federica Gallo.
Sul danno alcolico alcolico vi sono una serie di altri enzimi che vanno controllati, uno
di questi è la Gamma-Glutammil-Transpeptidasi (GGT):
- E’ un “enzima di transizione”, tra la citolisi, il danno alcolico e la colestasi, per cui
essa aumenta in tutte queste condizioni.
- E’ prodotta negli epatociti e nelle cellule dell’epitelio biliare: quindi ovviamente è
prodotta sia da una componente epatocitaria (quindi quando c’è un danno epatico
la gamma-GT esce alta!), sia da una componente epiteliale-biliare (quindi quando c’è
una colestasi viene rilasciata!).
- E’ un enzima microsomiale e quindi c’è un’induzione da farmaci che agiscono sul
citrocromo P450, ma anche da altri farmaci come ad esempio barbiturici o alcuni
anti-epilettici possono indurre la sintesi dell’enzima gamma-GT, proprio perché si
origina nei processi di detossificazione, quindi per detossificare l’organismo da
questi farmaci e da queste sostanze tossiche viene indotta la gamma-GT. Essa è
presente in altri organi come ad esempio: cuore, reni, polmoni, pancreas, vescicole
seminali. Nel plasma la forma predominante però è l’isoenzima epatico, quindi
quando andiamo a dosare la gamma-GT nel siero dei pazienti non è la gamma-GT
dei polmoni o del rene, ma la gamma-GT del fegato, perché è l’unico isoenzima che
è nella forma predominante di questo enzima che è presente nel siero; proprio
perché l’emivita di questo isoenzima epatico è più elevata rispetto alla emivita degli
altri isoenzimi. Questo è un enzima che si trova in alte concentrazioni nel fegato, nei
dotti biliari e nel rene.
- Entra a far parte del metabolismo degli amminoacidi.
- Un suo aumento è segno di danno e/o di proliferazione della membrana dei
canalicoli, oppure può essere riportato a un danno epatico o indotto dall’alcol
etilico.
Quali sono i farmaci che inducono un aumento della gamma-GT?
Quindi oltre all’alcol:
- Anti-epilettici
- Alcuni antibiotici possono indurre la gamma-GT
- Le statine. Sapete che cosa sono le statine? Come agiscono le statine? Come
inibiscono questo enzima (si riferisce all’HMG-CoA)? Attraverso un meccanismo di
inibizione competitiva nei confronti del substrato! Quindi, praticamente, le statine
hanno un meccanismo con cui mimano praticamente il colesterolo. La biosintesi del
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colesterolo è regolata da un feed-back negativo del colesterolo che si lega all’3idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA) e ne inibisce l’attività.
Questo ovviamente perché? Perché un eccesso di colesterolo ovviamente deve
inibire la produzione di sé stesso. Quindi quando il colesterolo è un po’ troppo
questo enzima è inibito, inibito con un meccanismo di inibizione allosterica
eterotropica, per cui il colesterolo si va a legare in un sito diverso rispetto al sito del
substrato dell’enzima. Lo stesso fanno le statine: cioè le statine mimano il
colesterolo e vanno ad inibire le 3-idrossimetilglutaril-CoA reduttasi. Quindi questo
è il meccanismo di inibizione delle statine ed il motivo per cui voi date le statine ai
pazienti ipercolesterolemici e una cosa fondamentale che dovete ricordare delle
statine è che esse inibiscono tutti il processo biosintetico del colesterolo, quindi
inibiscono anche la biosintesi dei radicali isoprenoidi. I radicali isoprenoidi sono
importanti per l’organizzazione a livello delle membrane plasmatiche degli enzimi
appartenenti alla famiglia di Ras e quindi le statine possono avere anche attività
anti-tumorale, ma in questo più delle statine occorre citare gli amino-bifosfonati,
che a differenza delle statine inibiscono un enzima che si trova a valle dell’3idrossimetilglutaril-CoA reduttasi, che è la farnesilpirofosfato sintetasi. Gli
aminobifosfonati vengono utilizzati nelle metastasi ossee e nei processi artritici
degeneranti.
- Oltre alle statine abbiamo i FANS, che tra le tante cose che fanno incrementano
anche la gamma-GT. Che cosa sono i FANS? Farmaci Anti-infiammatori Non
Steoridei. E quali sono esempi di FANS? L’acido acetilsalicilico, l’ibuprofene, il
ketoprofene, la nimesulide. Come funzionano questi FANS? Che cosa vanno a
inibire? La cicloossigenasi, attraverso cui inibiscono, chiaramente, i processi
infiammatori. Però va detto che sono abbastanza tossici per l’organismo, motivo per
cui hanno bisogno della prescrizione medica, il paziente non può andare in farmacia
e chiedere un FANS, ma deve essere il medico a prescriverglielo.
- Anche i chemioterapici possono indurre la gamma-GT.
- Oppure erbe o altri prodotti omeopatici, quindi probabilmente i prodotti
omeopatici non sono propriamente tali ma sarebbe meglio chiamarli “allopatici”,
perché se inducono la gamma-GT vuol dire che hanno un’attività farmacologica e
sono tossici e ovviamente non sono omeopatici ma sono allopatici!
- Altri motivi sono la Steatosi. La steatosi che cos’è? E’ la necrosi grassa del fegato.
Tutti un po’ in quest’aula, chi più chi meno, forse io un po’ più di voi, ha una necrosi
grassa del fegato, cioè ha la steatosi. Questo perché mangiamo male e mangiamo
troppo, mangiamo tutto in una volta e ovviamente questo induce necrosi grassa del
fegato, tant’è vero che le cosiddette Steatoepatiti Non Alcoliche sono in aumento.
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La NASH, come vedete là contrassegnato, Nonalcholic Steatohepatis sarebbe la
Steatoepatite Non Alcolica, quindi non in forma d’alcol e nella odierna popolazione,
soprattutto nel mondo occidentale, sta incrementando l’incidenza di questa
particolare affezione epatica che è un’infiammazione cronica del fegato dovuto
all’accumulo di grasso nel fegato che può evolvere in epatite cronica lunga e in
cirrosi epatica. Quindi nel futuro voi, quando sarete medici, osserverete uno shift:
dalla cirrosi epatica post-infettiva dovuta al virus B o C alla cirrosi epatica postNASH, quindi dovuta praticamente alla necrosi grassa del fegato.
La steatosi si associa ovviamente all’alcol ma si associa soprattutto all’obesità e al
diabete mellito, perché non-alcolico, non associato all’alcol.
- Inoltre bisogna pensare alla cirrosi e alla fibrosi che con accumulo di matrice
extracellulare e collagene possono indurre incremento di gamma-GT.
Come anche patologie congenite come l’emocromatosi, il deficit di alfa-1antitripsina, la malattia di Wilson (che causa invece accumulo di rame) sono malattie
congenite che possono causare ovviamente un incremento di gamma-GT.
- Non ultimi i Tumori, cioè Lesioni occupanti spazio che possono essere:
1)Neoplastiche, come le metastasi epatiche, ovviamente quelle più frequenti sono
da carcinoma del colon e da carcinoma mammario, e l’epatocarcinoma (il carcinoma
epatocellulare) che, come detto in precedenza, è un’infiammazione cronica del
fegato e viene proprio dalla cirrosi, che è dovuta non solamente a un’infezione di
tipo virale ma adesso si sa che stanno incrementando cirrosi post-NASH e quindi non
correlate ad infezioni virali.
2)Non neoplastiche, come la sarcoidosi o la tubercolosi, adesso di nuovo in ripresa
nelle nostre aree a causa dei continui flussi migratori, che possono anch’esse
causare un incremento di gamma-GT.
Di conseguenza abbiamo una pletora di cause che possono far aumentare la
gamma-GT, come ci orientiamo dal punto di vista diagnostico? Come facciamo ad
orientarci solo sulla base dell’incremento di gamma-GT?
Ci orientiamo in base all’entità dell’incremento di gamma-GT.
- Se la gamma-GT aumenta di 10 volte il valore massimo: ci troviamo di fronte o a
una colestasi o a una malattia epatica alcolica.
- Se l’incremento è tra 5-10 volte: ci troviamo di fronte a un’epatite probabilmente
virale o a una cirrosi o a una pancreatite
- Se è inferiore a 5 volte: è un’induzione da alcol o da barbiturico.
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Ma queste sono cose che si sanno già da 20-30 anni!
Cosa c’è di nuovo, invece, tra i marcatori biochimici di funzionalità epatica?
Nuove aree di interesse sono sicuramente:
- La Biologia Molecolare nelle malattie genetiche. Nel deficit di alfa-1-antitripsina e
nel morbo di Wilson, per esempio, si va a fare la Real Time su sangue periferico di
pazienti con mutazione non somatiche ma germinali per vedere i geni che sono
coinvolti in queste due patologie.
- Test di valutazione dell’assunzione di alcol etilico. Se io voglio sapere se un
paziente sta assumendo alcol etilico, che gli faccio? La gamma-GT? Posso anche
fargliela però sicuramente non ho un indice estremamente attendibile sulla
assunzione di alcol etilico cronica da parte del paziente. Infatti anche se ho bevuto
un po’ di più la sera prima, due bicchieri di vino o una birra la gamma-GT può uscire
aumentata! Ovviamente ho bisogno di test più sensibili della gamma-GT e uno di
questi è la Carbohydrate Deficent Transferrin (CTD).
- Biomarcatori di Fibrosi. Come per esempio i telopeptidi N-terminali del collageno.
Nel caso di una malattia infiammatoria cronica, per sapere se è in fase attiva, posso
andare a prendere in considerazione un marcatore di fibrogenesi, perché se trovo
sintesi di fibre collagene nel fegato, sicuramente la mia malattia epatica è in una
fase attiva, poiché c’è grossa deposizione di fibre di collagene.
Veniamo ora alla sopra citata CTD: Carbohydrate Deficent Transferrin. Cos’è la
Transferrina? L’abbiamo già presa in considerazione quando abbiamo parlato delle
Anemie, cioè una molecola glicoproteica di 80mila Dalton che serve a trasportare il
Fe nel sangue. E perché il ferro deve essere legato alla transferrina nel sangue?
Perché non può essere libero? Perché altrimenti avverrebbe l’innesco della Reazione
di Fenton. (il prof rimanda alla lezione precedente.) . Ogni molecola di Transferrina
lega due atomi di Ferro, ha un’emivita di 6-12 giorni, emivita che è aumentata dalla
presenza dei residui di acido sialico.
Vi ricordate quando abbiamo parlato della Eritropoietina? L’eritropoietina è un
ormone che va a reagire sui precursori della serie rossa del sangue e quindi stimola
la crescita degli eritrociti.
Questa eritropoietina possiamo anche somministrarla ai pazienti? Quando?
- Nell’insufficienza renale cronica perché ovviamente nel rene viene prodotta
l’eritrogenina, cioè un enzima che induce la conversione dell’eritropoietinogeno in
eritropoietina. Quando manca come in questo caso, l’eritropoietina non c’è e quindi
la dobbiamo somministrare esogenamente.
- L’altra patologia in cui si somministra è l’Anemia Chemio-Indotta (CIA), quindi
l’anemia indotta da farmaci. Per esempio durante la chemioterapia scende
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l’emoglobina e noi per farla risalire diamo al paziente eritropoietina.
L’eritropoietina però ha una breve emivita, quindi dobbiamo fare una
somministrazione ogni 2 giorni sotto cute.
Le industrie farmaceutiche così hanno pensato di aggiungere sull’eritropoietina delle
molecole di acido sialico ottenendo un eritropoietina a lunga emivita perché l’acido
sialico protegge l’eritropoietina dalla degradazione delle proteasi. Quindi c’è questa
darbepoietina in cui praticamente c’è un’aggiunta di residui di asparagina, che sono
i residui che vengono glicosilati e dove viene aggiunto ovviamente il gruppo
carbonatico contenente l’acido sialico. Questa darbepoietina non viene sintetizzata
in Escherichia Coli perché i batteri non possono glicosilare, ma è sintetizza in un
lievito: il Saccharomyces Cerevisiae. In questo modo noi abbiamo modificato
l’eritropoietina e ne abbiamo allunga l’emivita aggiungendoci l’acido sialico.
Ma questo succede già per altre molecole proteiche nel nostro organismo come ad
esempio la Transferrina. Per aumentare la sua emivita (e quando è aumentata è di
12 giorni), il nostro organismo ha pensato bene di aggiungere su ogni molecola di
transferrina 3-4 residui di acido sialico e questi residui prevengono la transferrina
dalla degradazione. Questo poi è tornato utile da un punto di vista clinico e
diagnostico perché l’alcol etilico interferisce con l’enzima che aggiunge un residuo di
acido sialico sulla transferrina, quindi inibisce la sialil-transferasi. Quindi l’alcol
etilico inibendo la sialil-transferasi inibisce l’apposizione di residui di acido sialico
sulla transferrina. Per cui se noi andiamo a fare la transferrina in un paziente che ha
assunto alcol vedremo che c’è una riduzione di residui di acido sialico sulla
transferrina. Quindi su ogni molecola di transferrina anziché avere 3-4 residui di
acido sialico ne abbiamo 1 o 2 o addirittura nessuno! E questo si fa con la
Gascromatografia in cui consiste la CDT con cui si va a vedere il rapporto
stechiometrico tra la transferrina e l’acido sialico. Vedete come una cosa fisiologica
del nostro organismo un ritorno in chimica!
Quali sono, a questo punto, i marcatori del
danno alcolico? Vedete la CDT? Ha una
sensibilità del 65-95% e una specificità del
93% contro altri marcatori che si possono
utilizzare come: l’AST mitocondriale (mAST)
con una sensibilità e specificità
rispettivamente del 79% e del 93% oppure la
Glutatione-S-transferasi (GST) che ha una
sensibilità del 60-90% e una specificità che
varia dal 55 al 100%, specificità molto
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variabile rispetto a quella di CDT che è sempre intorno al 100% e quindi sicuramente
molto più utile rispetto alla Glutatione-S-transferasi. E poi vi ricordate il rapporto tra
AST e ALT, spiegato nella scorsa lezione? Su ALT che è più dipendente dal
Piridossalfosfato rispetto ad AST e quindi ovviamente quando vai a fare il rapporto
AST/ALT questo diventa maggiore di 2 nel soggetto alcolizzato perché il soggetto
alcolizzato mangia male, mangia poco, non assume la vitamina B6, il precursore del
piridossalfosfato e quindi ovviamente l’attività dell’ALT sarà inferiore rispetto
all’attività dell’AST.
AST/ALT ha una sensibilità del 20-50% e una specificità solo del 10-30%, quindi
effettivamente è poco utile dal punto di vista diagnostico in questo caso.
Guardate invece qui la gamma-GT e la CDT.
In questo studio pubblicato qualche anno fa
la sensibilità mediana della CDT è del 68.5%,
contro il 61% della gamma-GT; la specificità,
invece, è molto elevata per la CDT 95.5%,
mentre la gamma-GT è del 77.5%. Se noi
combiniamo la gamma-GT alla CDT (per fare
la gamma-GT non ci vuole niente, è un
esame di laboratorio di routine, la CDT è più
complesso, perché bisogna fare una
gascromatografia!), raggiungiamo una
sensibilità del 92% e una specificità dell’83%. Quindi sicuramente la combinazione
dei due esami (GGT+CDT) è altamente diagnostica di un danno epatico di origine
alcolica.
Adesso andiamo, invece, ai Biomarcatori di fibrosi epatica.
Voi sapete che il collagene non è uguale in tutti i tessuti, ma dipende dagli organi e
dal tessuto. Esistono diverse isoforme di collagene e le forme predominanti a livello
del fegato normale sono per il 50% il collagene di tipo I e per l’altro 50% il collagene
di tipo III. Nel fegato cirrotico invece aumenta la quota di collageno corrispondente
al tipo I che raggiunge quasi il 70% e si riduce quella del tipo III che scende al 30%.
Quali sono gli altri biomarcatori di fibrosi epatica? Sono tutti i componenti che noi
troviamo in una membrana basale e in una matrice extracellulare: Fibronectina,
Vitronectina, Laminina, Acido Ialuronico. Allora perché noi guardiamo il collagene?
Perché il collagene ha una struttura a tripla elica che non è levogira, ma destrogira
(quindi non è un’alfa-elica!) in cui 3 eliche levogire si attorcigliano tra di loro per
formare la fibra di collagene, in maniera tale da essere resistente alla trazione ma
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anche flessibile. La caratteristica di queste fibre di collagene è quando sono
sintetizzate: all’interno delle cellule non si devono formare, la formazione delle fibre
deve essere inibita da regioni alfa-globulari (che quindi sono idrosolubili) presenti
alle estremità –NH2 e –COOH terminali e quindi all’interno della cellula queste fibre
non si possono appaiare e non si possono attorcigliare tra di loro. Una volta che la
fibra viene secreta, però, il dominio globulare N-term e C-term viene tagliato da
delle proteasi extracellulari, cioè che sono presenti nella matrice extracellulare.
Queste proteasi tagliano questi residui globulari e permettono quindi la formazione
delle fibre. Questi residui globulari sono dei piccoli peptidi che ovviamente possono
passare nel circolo ematico e se passano in circolo possono anche essere dosati:
quindi quale miglior modo per vedere qual è il tasso di fibrogenesi se non andare a
dosare i peptidi –NH2 e –COOH terminale del collagene? Perché io dosando questi
peptidi, quanto più elevati sono questi peptidi maggiore sarà la fibrogenesi, quindi
l’apposizione di fibre collagene nella matrice extracellulare! Quindi tutto il processo
di biosintesi del collagene studiato in Biochimica, che all’epoca vi potrà essere
sembrato noioso, ha una sua utilità clinica! Perché se so che ai fini della maturazione
del collagene è necessaria la rimozione dei suoi peptidi C-term ed N-term, so anche
se vado a dosare proprio questi ultimi nel siero del paziente, ho un buon modo per
valutare la fibrogenesi epatica o ossea.
NB. Questo vale sia per il fegato che per l’osso: infatti nelle patologie osteodegenerative (artriti degeneranti o metastasi ossee) per valutare il remodelling
osseo, ovvero la degradazione di tessuto osseo, si vanno a valutare i peptidi –NH2 e
–COOH terminale.
I propeptidi possono essere trattenuti nella matrice extracellulare (tipo I) o rilasciati
in circolo (III). Sono disponibili immunodosaggi di PICP (propeptide C-terminale di
tipo I), PINP (N-terminale), PIIINP (N-terminale di tipo III). PIIINP appare il migliore
nell’individuazione della fibrogenesi epatica e livelli elevati di PIIINP si riscontrano in
numerose malattie epatiche (cirrosi alcolica, carcinoma epatocellulare, cirrosi biliare
primitiva, epatite virale cronica da HCV). I livelli di PIIINP possono aumentare anche
in malattie non epatiche con alterazioni del metabolismo del collagene (mielofibrosi,
sclerosi sistemica, metastasi ossee da carcinoma mammario, ipertiroidismo). Per le
malattie di degenerazione ossea, oltre PIIINP si può usare anche PINP.
Pancreas: diagnostica di laboratorio del danno pancreatico
In condizioni fisiologiche, il succo pancreatico, secreto dalle cellule acinose, viene
rilasciato nel duodeno. Durante la fase gastrica, la digestione delle proteine avviene
ad opera della pepsina, quella dei trigliceridi ad opera delle lipasi. In condizioni
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patologiche, i due enzimi possono essere rilasciati a livello ematico (ad esempio il
dotto pancreatico è occluso) e la loro concentrazione può essere dosata.
Nel danno pancreatico vengono dosati due enzimi:
• L’amilasi: indicatore delle affezioni pancreatiche; un suo aumento depone a
favore di una pancreatite. Aumenti più modesti si possono avere anche in
corso di enteriti, epatiti e parotite.
• La lipasi: enzima prodotto dal pancreas, che viene normalmente attivato
nell’intestino durante la digestione. In alcuni stati patologici, l’enzima può
attivarsi nel contesto della ghiandola pancreatica, prima di arrivare
nell’intestino, causando, quindi, danni al pancreas. In questi casi si possono
apprezzare tassi elevati dell’enzima nel siero che rimangono alti per molti
giorni dopo l’inizio della patologia.
Anche l’insufficienza renale può causare un innalzamento dell’amilasi e della lipasi
nel sangue, per una diminuita escrezione renale.
Dosaggio della lipasi e dell’amilasi
La lipasi è un enzima che in presenza di ioni calcio catalizza l'idrolisi dei trigliceridi
con formazione di un monogliceride e due molecole di acidi grassi. Il suo dosaggio
può essere eseguito tramite il Metodo Titrimetrico. Una emulsione d'olio d'oliva
viene incubata per tempi veriabili con una aliquota di plasma, quindi i trigliceridi
vengono idrolizzati a monogliceridi ed acidi grassi. Questi ultimi possono poi essere
titolati con una soluzione di idrossido di sodio 0,05M utilizzando la timolftaleina
come indicatore. La quantità di idrossido di sodio usata per giungere al punto di
viraggio dell'indicatore è proporzionale all' attività lipasica.
Le amilasi sono enzimi implicati nella scissione di zuccheri complessi (polisaccaridi).
Si dosano le α-amilasi. Esistono due forme isoenzimatiche di cui una prodotta dalle
ghiandole salivari (ptialina nella saliva) e l'altra dal pancreas. Il metodo di ricerca è
colorimetrico e va effettuato sul siero oppure in presenza di eparina, un
anticoagulante che non inibisce l'attività degli ioni calcio. Le due forme
isoenzimatiche possono essere distinte mediante separazione elettroforetica in
quanto dotate di diversa carica netta, cioè diverse proprietà elettriche.
I dosaggi isoenzimatici sono oggi i più utilizzati nei laboratori, perché automatizzabili
e veloci.
Rene: diagnostica di laboratorio della funzionalità renale
Perchè valutare la funzionalità renale?
• Per identificare una disfunzione renale.
• Per diagnosticare una malattia renale.
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• Per monitorare la progressione della malattia.
• Per monitorare la risposta al trattamento.
• Per valutare alterazioni della funzionalità che possono influenzare alcune terapie
[per es.chemioterapia (cis-platino, dosato in base alla clearance della creatinina)].
Esempio: se ho una compromissione della funzionalità renale, il dosaggio di una
certa terapia sarà più basso rispetto alla norma, in caso contrario si rischierebbe di
mandare il paziente in blocco atrio-ventricolare.
La misurazione è basata sul concetto di clearance: “determinazione del volume di
plasma dal quale una sostanza viene rimossa attraverso la filtrazione glomerulare”.
La clearance sarà uguale a:
Clearance = (U xV)/P
U è la concentrazione urinaria della sostanza x
V è la velocità di formazione delle urine (mL/min)
P è la concentrazione plasmatica della sostanza x
L’unità di misura è volume/unità di tempo (mL/min)
Creatinina
La creatinina è sicuramente vantaggiosa da dosare perché la sua concentrazione
dipende fondamentalmente dalla funzionalità renale. Essa, infatti, non viene né
secreta nè assorbita dal tubulo renale, ma è una sostanza che viene quasi
completamente filtrata dal glomerulo renale. Ma, in realtà, la determinazione della
clearance non è così semplice. Una delle difficoltà riguardante il dosaggio della
concentrazione plasmatica della creatinina deriva dal fatto che essa rappresenta un
prodotto del metabolismo muscolare. Essa deriva dalla creatina muscolare. L’enzima
creatina chinasi fosforila una molecola di creatina con formazione di fosfocreatina;
la fosfocreatina perde spontaneamente un gruppo fosfato (Pi) e va incontro a
ciclizzazione spontanea con formazione di creatinina. Da ciò si deduce che la
quantità di creatinina prodotta, non dipende solo dalla funzionalità renale, ma
anche dalla massa muscolare, che varierà, a sua volta, a seconda del peso,
dell’altezza e del sesso del paziente.
Cistatina-C
• Inibitore della cisteina-proteinasi C (PM 13000)
• Liberamente filtrato dal glomerulo
• Produzione costante da parte di tutte le cellule nucleate
• Non note vie di escrezione extra-renali
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• Non influenzata dalla massa muscolare, dalla dieta o dal sesso
• La concentrazione sierica ha una forte correlazione negativa con il GFR
La Cistatina-C è un marcatore endogeno ideale: 1) il tasso di produzione è costante,
2) è rimosso dal circolo solo per filtrazione glomerulare, 3) è liberamente filtrato a
livello glomerulare, 4) non è riassorbito né secreto dai tubuli renali. La Cistatina-C
soddisfa, quindi, tutti i 4 criteri, ma è un test più costoso ed ancora poco conosciuto.
Patofisiologia della sintesi dell’eme
Quali sono le PROTEINE CONTENENTI L’EME?
- Emoglobina-> Respirazione
- Mioglobina-> Respirazione
- Citocromi-> Proteine vettori di elettroni che permettono l'utilizzo dell'ossigeno a
livello cellulare (catena respiratoria); coinvolti nella sintesi degli ormoni steroidei,
nella detossificazione (citocromo p450) e nell’induzione di apoptosi (citocromo c
citoplasmatico).
- Catalasi-> scavanger functions
- Alcune Perossidasi
L’anello protoporfirinico dell’EME è costituito da una componente organica e una
inorganica. La componente organica è rappresentata dalla Protoporfirina IX formata
da 4 anelli pirrolici tenuti insieme da legami metenilici (caratterizzati dalla presenza
di un doppio legame) e da una serie di sostituenti: 4 metilici, 2 sostituenti
vinilici (CH2=CH-) e due propionici (-CH2-CH2-COO-).
Al centro di questa struttura vi è l’atomo di ferro nella sua forma bivalente (ferroso)
che è la sua forma attiva. Esso è legato ai quattro azoti degli anelli pirrolici formando
quattro legami di coordinazione.
Quindi abbiamo 4 legami di coordinazione e 2 legami perpendicolari (il ferro ha
numero di coordinazione +6) che servono uno per legare l ‘azoto di un residuo di
istidina della molecola proteica in cui si trova e uno per legare l ossigeno.
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Attenzione il ferro deve essere di forma ferrosa, se fosse in forma ferrica non
legherebbe l’ossigeno ma l’acqua.
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L’eme è formato da una componente inorganica (ferro) e una componente organica
(protoporfirina IX)
A differenza degli altri coenzimi che quasi tutti derivano dalle vitamine che
assumiamo con la dieta, per la protoporfirina IX, ovvero per la componente organica
dell’eme, il nostro organismo possiede gli enzimi necessari alla sua sintesi. Quindi
abbiamo una via metabolica che è deputata alla biosintesi dell’eme.
Ogni molecola di eme viene formata da 8 molecole di succinil coA, 8 molecole di
glicina e un atomo di ferro.
Il succinil coenzima A deriva dal ciclo di krebs che avviene nei mitocondri. Quindi la
prima tappa enzimatica avviene nel mitocondrio dove vi è la formazione dell’acido
delta-amminolevulinico (ALA) a partire da una molecola di succinil coA e una
molecola di glicina. Questa reazione enzimatica è catalizzata dall’ALA sintetasi. L’ALA
sintetasi ha bisogno di un coenzima che è il piridossal fosfato. Esso deriva dalla
vitamina B6. Questa tappa enzimatica è fondamentale perché è la tappa limitante di
tutta la biosintesi dell’eme. Ovvero la velocità max di formazione dell’eme dipende
dalla velocità con cui lavora questo enzima. Quindi la velocità dell’enzima di questa
tappa metabolica determina la velocità con cui viene formato l’eme. L’eme (che è il
prodotto finale) agisce sull’ALA sintetasi andandolo ad inibire con un meccanismo a
feedback negativo. Quindi con un eccesso di Eme, l’ALA sintetasi non produrrà più.
L’eme inibisce l’attività dell’enzima con un effetto allosterico.
Dopo, la biosintesi dell’eme si sposta nel citoplasma. Percui l’acido deltaamminolevulinico viene condensato con un altro acido delta-amminolevulinico per
formare il porfobilinogeno. Questa reazione è catalizzata dall’enzima
porfobilinogeno sintetasi.
Di questo enzima dovete ricordare che contiene Zinco. Esistono dei contaminanti
che possono allontanare lo zinco dalla porfobilinogeno sintasi e quindi inibire
l’enzima. Uno di questi contaminanti è il Piombo, percui un intossicazione da
piombo causa inibizione della porfobilinogeno sintasi e accumulo dell’acido deltaamminolevulinico.
Difetti congenici degli enzimi possono causare, inoltre, l’accumulo dei precursori che
possono causare la sintomatologia propria delle porfirie ovvero disturbi del sistema
nervoso e della cute.
Nel citoplasma i porfobilinogeni vengono condensati tra loro a formare prima un
tetrapirrolo lineare dopodiché verranno chiusi a formare un anello tetrapirrolico.
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Successivamente questo anello prende il nome di uroporfirinogeno.
Allora: prima c’è la fusione di 4 molecole di porfobilinogeno a formare il tetra pirrolo
lineare. Quest ultimo, dopo, ciclizza sommariamente e va a formare l
uroporfirinogeno I. Ciò viene catalizzato dall’ uroporfobirinogeno III sintetasi.
Esiste un uroporfobirinogeno cosintasi che trasforma il tipo I in tipo III formando
l’uroporfirinogeno III. Quest’ultimo verrà decarbossilato dall’ uroporfirinogeno
decarbossilasi a formare il coproporfirinogeno III.
Il coproporfirinogeno III passa dal citosol ai mitocondri utilizzando dei pori di
membrana PSTO(?) che sono utilizzati dai mitocondri anche per trasportare delle
proteine che hanno un’azione inibitoria sugli inibitori delle caspasi.
Una volta che il coproporfirinogeno entra all’interno del mitocondrio agisce il
coproporfirinogeno ossidasi che lo trasforma in protoporfirina IX.
Ovviamente perché c’è la necessità che questi metaboliti entrino nel mitocondrio?
Non potevano rimanere nel citoplasma? Semplicemente perché è a livello
mitocondriale che avvengono reazioni di ossidazione (enzima ossidasi).
Per terminare la biosintesi dell’eme, alla protoporfirina IX viene aggiunto un atomo
di ferro grazie alla ferrochelatasi (o eme sintetasi) e così si forma l’eme.
(Da adesso in poi inizia a leggere le slides):
• Da dove proviene l’eme? L’85% della sintesi dell’eme avviene nei precursori
delle emazie.
• La biosintesi dell’eme cessa quando le emazie sono mature.
• L’ALA sintetasi specifica eritroide è regolata da un IRE nel legame dell’mRNA
all’IRBP che inibisce la traduzione dell’mRNA.
• L’altro 15% dell’eme viene prodotto nel fegato, che è la principale fonte di
sintesi di eme NON eritrocitaria.
• L’eme prodotta nel fegato è usata principalmente per la sintesi di citocromo
P450 coinvolto nella detossificazione (glucuroconiugazione).
• La sintesi dell’eme nel fegato è regolata a livello di ALA sintetasi: la
formazione di 5-ALA è lo step limitante della sintesi dell’eme nel fegato.
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• L’enzima ALA sintetasi viene sintetizzato nel citosol, nonostante la sua
funzione venga esplicitata nel mitocondrio.
La sintesi di questo enzima, così come il suo trasporto a livello dei mitocondri, è
inibito dagli alti livelli di eme ed emina, il prodotto Fe3+ di ossidazione dell’eme.
La sua sintesi, invece, è incrementata da un elevato numero di farmaci tra cui
barbiturici, steroidi e alcuni contraccettivi orali. Da notare, quindi, che alcuni farmaci
inducono un incremento di sintesi dell’ALA sintasi (come abbiamo visto anche per la
gamma-GT). Ciò perché? Perché questi farmaci sono metabolizzati dal citocromo
p450 mono-ossigenasi microsomiale. Questo citocromo deve essere stimolato in
quanto è una proteina contenente eme.
La sintesi viene incrementata non solo da farmaci, ma anche da ormoni sessuali
femminili.
Infine, l’enzima ALA sintetasi, come abbiamo già detto, richiede il piridossal fosfato
come coenzima. Una riduzione del piridossal fosfato (attraverso una riduzione
dell’introito alimentare) ridurrà l’attività dell’ALA sintetasi.
Le sostanze tossiche prodotte dalla biosintesi dell’eme sono le porfirine. Perché gli
intermedi delle reazioni di sintesi dell’eme sono tossici? Perché contengono Ferro e
il ferro induce reazioni di ossidazione che producono molecole ossidanti e
fotosensibilizzanti definite porfirine.
Le porfirine si accumulano soprattutto nella cute e nel sistema nervoso sia centrale
che periferico causando delle malattie definite porfirie. Esse prendono il nome dal
colore rosso porpora delle urine, dovuto ad un accumulo di questi intermedi nel
sangue.
(ricomincia a leggere le slides):
• Gli uroporfirinogeni sono escreti nelle urine in quanto idrofili.
• La protoporfirina è escreta nella bile e nelle feci in quanto idrofobica.
• La coproporfirina ha caratteri intermedi ed è escreta sia nelle feci che nelle
urine.
• L’eme è metabolizzato a bilirubina e biliverdina.
Quindi abbiamo detto che l’eme viene sintetizzato direttamente dal nostro
organismo e assolve a delle funzioni molto importanti. D’altra parte sia gli intermedi
che l’eme stessa possono essere tossici nel nostro organismo, quindi dobbiamo
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saper eliminare gli intermedi e degradare l’eme per evitare che questi possano
accumularsi e diventare tossici.
Degradazione dell’eme
La maggior parte dell’eme deriva dalle emazie (85%). Le emazie vivono 120 giorni
dopodiché perdono l’ acido sialico dalla loro membrana plasmatica e questo è il
segnale fondamentale che le indirizza alla degradazione. L’organo emocateretico per
eccellenza è la milza. Il fegato è collegato alla milza attraverso dei capillari fenestrati
definiti sinusoidi splenici. I globuli rossi passano attraverso questi capillari fenestrati.
Quando il globulo rosso è giovane presenta cariche negative sulla superficie di
membrana e viene respinto dalla parete endoteliale. Così rimane in circolo. Quando
il globulo rosso è vecchio, perde le cariche negative e riesce a passare attraverso la
parete endoteliale dei sinusoidi, penetrando nel tessuto splenico. Il globulo rosso, in
particolare, raggiunge la polpa splenica dove sono localizzate le cellule formanti il
cosiddetto sistema del reticolo endoteliale (SRE). Queste cellule sono macrofagi e
sono localizzate non solo nella milza, ma in tutti i distretti linfonodali del nostro
organismi (linfonodi toracici, addominali, superficiali).
Una volta fagocitate da questi macrofagi, le emazie vengono degradate. Innanzitutto
viene separata la componente proteica dal gruppo prostetico ad opera di alcuni
enzimi.
Il gruppo eme in particolare viene idrossilato dall’enzima eme ossigenasi.
Attenzione: perché si chiama ossigenasi? Perché richiede ossigeno molecolare (O2)
attraverso una reazione NAPDH-dipendente.
L’enzima si lega ai ponti metenilici dell’eme e li idrossila. Di conseguenza la molecola
dell’eme, da ciclica, diventa lineare. Ciò comporta, ovviamente, il distacco del ferro
dall’eme, che verrà ossidato. Percui da bivalente (Fe2+) diventa trivalente (Fe3+).
In seguito a questa reazione, viene rilasciato monossido di carbonio CO. Quindi se
andiamo a rilevare CO elevata nei pazienti, questo può essere indotto dalla reazione
di degradazione dell’eme.
La seconda reazione taglia l’anello lineare attraverso una reazione di riduzione
catalizzata dalla biliverdina riduttasi (da biliverdina, pigmento verde, si produce
bilirubina, rosso-arancio). Questi ultimi sono dei pigmenti biliari.
A questo punto la bilirubina prodotta viene escreta dalla milza, ma essendo essa
idrofobica, non può circolare in forma solubile nel plasma. Verrà trasportata al
fegato dall’albumina. Il fegato presenta recettori specifici dell’albumina (di cui
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abbiamo parlato nella scorsa lezione) che lo renderanno in grado di captare
l’albumina legante la bilirubina.
La presenza di spark (?) nel tessuto epatico permette all’albumina di essere
riconosciuta dal proprio recettore e di essere internalizzata. Questo meccanismo
viene utilizzato anche a scopo terapeutico perché l’albumina oltre la bilirubina, può
legare qualsiasi altra molecola del corpo, anche farmaci non solubili come ad
esempio alcuni utilizzati per il carcinoma del pancreas e il tumore della mammella.
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