SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole PATOLOGIA IN PILLOLE Nr. 52 S. Crippa, G. Brancatelli, I. Andreoli-Roth, L. Bronz Storia clinica Donna di 46 anni, alla nona gravidanza con 7 +2 sett. d’amenorrea. In anamnesi sei parti spontanei e due aborti spontanei. All’ecografia transvaginale non si evidenzia il sacco gestazionale mentre l’utero appare di dimensioni molto aumentate con abbondante materiale disomogeneo di aspetto vescicoloso in cavità (Figura 1). I valori sierici di ß-HCG si attestano a 225 000 UI/l. Nel sospetto di mola vescicolare si procede ad aspirazione e raschiamento della cavità uterina sotto controllo ecografico; il materiale viene inviato all’esame istologico che mostra villi coriali diffusamente idropici con marcata iperplasia del trofoblasto in assenza di residui embrionali (Figura 2A e 2B). Fig. 1 Fig. 2A Fig. 2B Indica la diagnosi corretta: a b c d e 75 SETTEMBRE 2010 mola parziale mola completa Trisomia 21 corioncarcinoma aborto con idrope dei villi TRIBUNA MEDICA TICINESE 309 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Diagnosi Mola completa Commento La mola vescicolare comprende due entità, la mola parziale e la mola completa, che sono distinguibili sulla base dell’aspetto macroscopico, dell’esame istologico e del profilo cromosomico. La mola completa non presenta tessuti embrionali o fetali ed è caratterizzata da villi diffusamente idropici, con diffusa iperplasia del trofoblasto e marcate atipie del trofoblasto intermedio; usualmente presenta cariotipo 46,XX. La mola parziale può presentare residui embrionali o fetali ed è caratterizzata da villi di varie dimensioni, focalmente idropici, con focale iperplasia del trofoblasto, solo lievi atipie del trofoblasto intermedio e frequenti inclusioni trofoblastiche; inoltre è usualmente associata a un cariotipo triploide a seguito della fecondazione di un uovo normale da parte di due spermatozoi e ciò giustifica la co-presenza, nei feti associati a mola parziale, di malformazioni congenite da trisomia come sindattilia e “labbro leporino”. Un tempo i casi di mola completa venivano diagnosticati nel secondo trimestre di gravidanza sulla base di tipici sintomi e segni clinici come: eccessiva dimensione dell’utero, anemia, tossiemia, iperemesi, ipertiroidismo ed insufficienza respiratoria. Oggi la diagnosi viene effettuata quasi sempre nel primo trimestre grazie a dosaggi accurati di hCG e all’esame ecografico precoce; ciò ha modificato radicalmente la presentazione clinica e gli aspetti patologici di questa entità. In particolare l’eccessiva dimensione dell’utero viene riscontrata solo nel 28% dei casi contro il 51% del passato, l’anemia nel 5% contro il 54%, la tossiemia nell’1% contro il 27%, e l’iperemesi nell’8% contro il 26% mentre eccezionali sono i casi di ipertiroidismo o insufficienza respiratoria. I pazienti con mola parziale si presentano usualmente con segni e sintomi 310 TRIBUNA MEDICA TICINESE clinici di aborto ritenuto o misconosciuto, quali sanguinamenti vaginali con utero di normali dimensioni; questi sintomi non si sono modificati nelle casistiche studiate negli ultimi anni. Esame ecografico L’alterazione ecografica più suggestiva di mola completa è l’aspetto vescicoloso dei villi, dovuto all’edema marcato, il quale è più manifesto nel secondo che nel primo trimestre. Questo quadro può essere integrato con i valori di hCG che, quando elevati al momento dell’ecografia, permettono di sospettare fortemente una mola completa piuttosto che semplicemente un aborto ritenuto. La conferma diagnostica è sempre e comunque istologica. Anche la mola parziale può essere sospettata all’ecografia quando si osservano focali alterazioni cistiche nella placenta e un rapporto dimensionale alterato del sacco uterino, verosimilmente correlato ad una trisomia. Dosaggio di hCG L’hCG è prodotto dalle cellule trofoblastiche ed i suoi livelli aumentano di fronte a significativa iperplasia trofoblastica. Livelli sierici di hCG maggiori di 100.000 mIU/ml prima dell’evacuazione sono presenti in circa il 40-45% dei casi di mola completa e solo in rari casi di mola parziale. Diagnosi anatomo-patologica La valutazione istologica di materiale abortivo sempre più precoce ha aumentato la difficoltà per il patologo nel distinguere una mola completa iniziale da una mola parziale o anche da un aborto idropico non-molare. Per questo il referto istologico è spesso di compatibilità ma il patologo può aiutarsi con indagini di citometria di flusso per determinare la ploidia o con immunoistochimica per p57 o PHLDA2 (Pleckstrin homology-like domain, family A, member 2). L’associazione della ploidia e dell’espressione immunoistochimica di questi due marcatori è in 75 SETTEMBRE 2010 grado di distinguere con accuratezza la maggior parte dei casi di mola completa, mola parziale e aborto non-molare. Le pazienti che ricevono una diagnosi di mola dovrebbero essere seguite per le possibili complicanze come anemia, tossiemia e ipertiroidismo. In ogni caso dovranno essere sottoposte ad evacuazione; il metodo ottimale è rappresentato dall’aspirazione/raschiamento poiché, rispetto al trattamento medico con ossitocina e/o prostaglandine, garantisce maggiori risultati in riferimento a potenziali sanguinamenti, infezioni o ritenzione di tessuto molare. Se la paziente non desidera altre gravidanze può essere sottoposta ad isterectomia al fine di eliminare il rischio di mola invasiva benché ciò non elimini la possibilità di malattia metastatica. Monitoraggi periodici di hCG sono indispensabili al fine di verificare che non si sviluppi una cosiddetta neoplasia trofoblastica persistente. Quest’ultima può svilupparsi sia in una mola completa che in una mola parziale e può essere legata o meno alla presenza di metastasi. Si parla di neoplasia non metastatica quando il tessuto molare o corioncarcinoma infiltra la parete uterina in assenza di evidenza di malattia oltre l’utero; al contrario si parla di neoplasia metastatica quando sono presenti localizzazioni extrauterine. I criteri di definizione di una neoplasia persistente dopo mola, recentemente definiti da International Federation of Gynecology and Obstetrics, includono uno dei seguenti: - livelli di hCG che non rientrano nei limiti dopo evacuazione; - evidenza di metastasi; - diagnosi istologica di corioncarcinoma Negli Stati Uniti l’incidenza di neoplasia persistente riportate dopo mola completa varia da 18% a 29% e non appare influenzata dalla precocità di diagnosi e trattamento della mola. Secondo dati riportati da alcuni centri SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole americani di riferimento, dopo evacuazione della mola completa, il 15% delle pazienti mostrerà segni di invasione uterina locale mentre il 4% delle pazienti mostrerà metastasi. La chemioterapia per queste pazienti rimane il trattamento curativo, il quale potrà portare a guarigione tra l’80% e il 100% delle pazienti a seconda dell’estensione della malattia. Nel casi di mola completa è possibile stabilire gruppi di pazienti ad alto rischio di neoplasia persistente sulla base di elevati livelli di hCG prima dell’evacuazione (>100.000 mIU/ml) e di dimensioni uterine significativamente aumentate. I casi riportati di neoplasia persistente dopo mola parziale sono ovviamente molto meno numerosi corrispondendo a circa l’1-5% delle pazienti, le quali non hanno mostrato segni o sintomi clinici particolari per poter essere classificate ad alto rischio. Ma come e per quanto tempo devono essere dosati i livelli di hCG? Non esiste una risposta univoca a questa domanda tuttavia appare ragionevole, dopo evacuazione per mola parziale o completa, il dosaggio settimanale di hCG fino all’indosabilità (<5 mIU/ml) per tre settimane, e seguenti dosaggi mensili che attestino l’indosabilità per sei mesi. A tal fine è importante comunicare alla paziente la necessità di evitare nuove gravidanze in questo periodo che potrebbero interferire con i livelli di hCG impedendone un monitoraggio attendibile. Dopo l’evacuazione, sono inoltre raccomandati metodi contraccettivi, di barriera meccanica oppure ad assunzione orale. Si ricordi inoltre che le pazienti potranno avere in futuro nuove e normali gravidanze benché il rischio assoluto di mola sarà di circa 1% dopo una mola e di circa 15-18% dopo due mole. Decorso della paziente dopo il raschiamento Nel periodo post-operatorio i valori sierici delle ß-HCG, dopo un’iniziale decisa diminuzione fino a 1053 UI/l, sono risaliti lievemente per poi stabilizzarsi intorno a 1500 UI/l. Si è proceduto pertanto a somministrazione di Methotrexate in seguito alla quale i valori sierici sono scesi ulteriormente fino a 544 UI/l, benché le ß-HCG non siano mai state indosabili. Dopo discussione con la paziente, nel sospetto clinico di persistenza di tessuto molare a livello uterino, benché questo non fosse visibile all’ecografia transvaginale, si è deciso di procedere ad isterectomia. Non si effettua stadiazione sistemica. L’esame istologico dell’utero ha mostrato gli esiti del raschiamento in corrispondenza della cavità uterina senza evidenziare residui di tessuto trofoblastico in cavità. I campioni multipli seriati del miometrio hanno evidenziato un focolaio di 0,4 cm di tessuto trofoblastico all’interno di un vaso di piccolo-medio calibro (Figure 3A e B). Il reperto corrisponde pertanto ad una mola invasiva. S. Crippa Istituto Cantonale di Patologia, Locarno G. Brancatelli Servizio Ginecologia e Ostetricia Ospedale S. Giovanni, Bellinzona I. Andreoli-Roth FMH Ginecologia e Ostetricia, Bellinzona L. Bronz Servizio Ginecologia e Ostetricia, Ospedale S Giovanni, Bellinzona Bibliografia Berkowitz RS, Goldstein DP. Clinical practice. Molar pregnancy. N Engl J Med. 2009 Apr 16; 360(16):1639-45. Review Dopo l’isterectomia si è assistito a rapida negativizzazione dei valori sierici di ß-HCG nell’arco di circa tre settimane dall’intervento. Sono previsti regolari dosaggi ormonali sino a raggiungere 6 mesi di indosabilità delle ß-HCG. A Fig. 3: B A: tessuto trofoblastico nel lume di un vaso della parte uterina. B: debole espressione di ß-HCG 75 SETTEMBRE 2010 TRIBUNA MEDICA TICINESE 311