Tema 8. L'associazione materna di Maria all'opera salvifica di Cristo. La vocazione di Maria è molto ricca. Essa fu manifestata principalmente al momento dell’Annunciazione quando ricevette la chiamata ad essere Madre del Salvatore. Questa chiamata però univa Maria con Cristo in modo indissociabile, e faceva sì che la sua vocazione si distendessi nel tempo come partecipazione alla missione del Figlio. Attraverso questa specialissima cooperazione con Cristo, Maria fu ornata da Dio con una seconda maternità, questa volta sui cristiani e sulla Chiesa intera. 1. Maria unita a Cristo nel disegno di Dio. La religione cristiana è una religione “storica”; vede la storia come luogo dell’agire salvifico di Dio e della sua manifestazione. La vita di Gesù, dalla nascita in Betlemme fino alla Pasqua gloriosa è la rivelazione del Dio Trino e del suo amore salvifico. I misteri della vita di Gesù sono così il centro della contemplazione cristiana e la fonte dalla quale la Chiesa si nutre continuamente. Questa storia delle meraviglie di Dio non comprende soltanto Cristo. Essa si allarga per grazia anche alla Chiesa, ai membri di Cristo, ai santi. Prima ancora essa comprende la persona più santa e vicina a Cristo che è sua Madre, Maria. La vita di Maria è opera di Dio; in certo senso essa è anche, come quella di Cristo, rivelazione e salvezza per noi. Se si guarda più da vicino la vita di Maria si rimane colpito del rapporto diretto e immediato che essa ha con quella del Cristo, suo Figlio. Maria è Madre di Gesù e ciò configura una perenne relazione tra i due. Gesù è – e sarà sempre – il Figlio di Maria. Basterebbe questo dato a farci intuire che così come la vita di Cristo ha un valore universale e un significato salvifico permanente, anche la vita di Maria deve in qualche modo averlo per il suo indissociabile legame con Cristo. Ma il rapporto tra entrambi è ancora più ricco, perché la funzione di Maria non è confinata al ruolo di essere madre di Gesù, non si limita ai primi momenti della esistenza umana di Cristo o alla vita nascosta di Lui. Maria accompagna con discrezione al Figlio suo durante il ministero pubblico di Gesù (è Lei all’origine del primo miracolo, ed è presente in altri momenti di questa vita pubblica); è presente negli avvenimenti pasquali, ed è inserita nella comunità postpasquale dei discepoli. Accompagna al Figlio suo lungo l’intero itinerario di Lui, con una presenza discreta ma significativa, carica di senso salvifico. Accompagna al Figlio fedelmente. Questo è quanto emerge dalla presentazione dei vangeli. Dal momento in cui ne venne a conoscenza, Maria cercò di servire la volontà del Signore: “Ecco io sono la Serva del Signore; si faccia in me la sua parola”, Ella disse all’angelo, e questa parola si rendeva concreta nel Figlio suo. Si mise al servizio di Cristo con un atteggiamento di ascolto, di disponibilità, di obbedienza docile. Intese la propria vita come un servizio a Dio, a Cristo. Il “sì” di Maria all’Annunciazione non fu mai deposto, perché Maria seppe conservare la donazione di se stessa nelle diverse vicissitudini – a volte molto dure – della vicenda storica del Figlio. Si seppe adeguare in ogni istante al volere del Figlio e al disegno di Dio che tale volere realizzava e traspariva. Evidentemente tutto ciò non è strano al disegno di Dio, al suo piano di salvezza. Quella partecipazione di Maria alla vita del Figlio dall’inizio alla fine deve essere qualcosa che Dio ha voluto nella sua provvidenza. Che Gesù non compisse da solo la sua opera ma con l’apporto di altri, e primo tra di loro, sua Madre. Questo apporto di Maria però ha qualcosa di molto speciale, perché lei non è una in più tra gli altri, ma è stata ornata con doni molto singolari come la Concezione Immacolata, la pienezza di grazie, e l’Assunzione in cielo. La sua cooperazione con Cristo va molto oltre quella degli altri uomini o donne, quella degli apostoli o dei santi: Lei è stata veramente predisposta da Dio a dare qualcosa di se stessa a tutti gli altri, a tutti i redenti. Questo è ciò che Dio stesso ha deciso, di concedere a una donna un ruolo molto speciale nella salvezza, di farla Madre di tutti e nuova Eva, come avevano intravisto i Padri dei primissimi secoli. Il numero 61 della Lumen Gentium riassume molto bene questi aspetti. Parla della predestinazione di Maria in rapporto all’Incarnazione e della sua duplice funzione: di Madre del Cristo totale (di Gesù e dei cristiani) e di associata al suo mistero. Esso sottolinea anche il carattere del tutto speciale di questa associazione: “La beata Vergine, predestinata fino dall‟eternità all‟interno del disegno dell‟incarnazione del Verbo per essere Madre di Dio, per disposizione della divina provvidenza fu su questa terra l‟alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico, e l‟umile ancella del Signore. Concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente sulla croce, ella cooperò in modo tutto speciale all‟opera del Salvatore, con l‟obbedienza, la fede, la speranza e l‟ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è diventata per noi madre nell‟ordine della grazia”. 2. L'associazione di Maria ai principali misteri della vita di Gesù. Consideriamo più attentamente in questa sezione le tappe principali della cooperazione di Maria con Cristo. Lo studio biblico dei primi capitoli delineano abbastanza bene quali siano le fonti di essa e gli episodi o momenti principali. Qui ci interessa soprattutto una considerazione più teologica, volta a cogliere il significato teologico di questa collaborazione. a) Nell‟Annunciazione, Maria è da Dio interpellata a dare il suo assenso per essere la Madre del Salvatore di tutti. Nella sua disponibilità (“si compia in me”) risuona l‟anelito di salvezza di tutta l‟umanità insieme con la lunga attesa messianica d‟Israele: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Lc 2, 19–30), dice l‟anziano Simeone. Maria da voce qui a tutta l’umanità bisognosa di salvezza e di vita eterna. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Maria Vergine „cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza‟. Ha detto il suo „fiat‟ „loco totius humanae naturae - in nome di tutta l'umanità‟: per la sua obbedienza, è diventata la nuova Eva, madre dei viventi”250. L’assenso di Maria all’Incarnazione ha permesso dunque l’attuazione della salvezza definitiva per l’umanità251. b) I misteri dell’infanzia di Cristo ci presentano la Madonna come testimone, garante e materna educatrice di quel Bambino divino. Lei è la testimone e garante del fatto che Gesù è il Figlio di Dio, concepito senza seme di uomo per opera dello Spirito Santo e nato verginalmente; e lo è anche del fatto che davanti a Lui non si sono prosternati soltanto gli umili pastori della Galilea ma anche i Magi, gentili, dai quali Cristo è Luce, perché Egli è il Salvatore di tutti. Insieme a Giuseppe, Maria educa Gesù e lo introduce nei riti e nelle consuetudini di Israele. Entrambi sono anche testimoni della coscienza che Gesù aveva fin da bambino della sua filiazione al Padre e della sua missione, come mostra la scena di Gesù al Tempio all’età di dodici anni. Tutto il senso salvifico di questi misteri dell’infanzia e della vita nascosta di Cristo si coglie non soltanto da quanto Cristo assume e realizza, ma anche da quanto Maria e Giuseppe fanno, sia nell’ambito delle tradizioni religiose che nell’ambito del disegno di Dio sulla famiglia o sul lavoro. 250 CCC 511. Il Catechismo cita qui l‟opinione di S. Tommaso. Non si deve tuttavia pensare che se Maria non avesse dato il suo consenso all‟Incarnazione la salvezza del genere umano non si sarebbe potuta realizzare. Noi sappiamo che si è realizzata grazie al suo consenso, ma questo non significa, almeno parlando con rigore teologico, che se Maria si fosse negata a realizzare la volontà divina, il Signore non avrebbe potuto trovare altre vie. Noi non sappiamo le cose che Dio avrebbe fatto o potuto fare. Basta che ringraziamo alla Madonna per la sua fedeltà a Dio. 251 Maria e Giuseppe qui collaborano in modo del tutto speciale a illuminare la strada all’umanità intera. Certamente quella luce viene del suo ruolo e della sua vicinanza con Cristo, ma loro comunque occupano un ruolo di primo piano in queste manifestazioni della volontà di Dio per tutti. c) La cooperazione di Maria nella salvezza continua durante la vita pubblica di Gesù. Qui la vediamo in particolare a Cana, dove Maria si fa voce dalle necessità degli uomini, che sono alla fin fine necessità di grazia, di perdono e di salvezza. Lei collabora col suo Figlio nell’ottenere il primo miracolo e nel suscitare la fede dei discepoli, e così contribuisce alla nascita della Chiesa. Le parole «Fate ciò che vi dirà», per quanto ricordano strettamente la formula dell’Alleanza, mostrano Maria intenzionata a condurre tutti verso il suo Figlio e verso la Nuova Alleanza in Cristo252. d) Nel sacrificio della Croce: la presenza di Maria è documentata da Giovanni 19, 25-27. La tradizione ha visto in quella serena presenza un prolungamento del “sì” di Maria sul disegno redentore. Ella soffre profondamente con la Passione e la Morte del suo Figlio ma sa scoprire in esse la volontà del Padre e la accetta con amore. Questa accettazione era già iniziata molto prima, al momento di ciò che Giovanni Paolo II ha chiamato “il secondo annunzio a Maria” 253. Maria ha probabilmente compresso molto prima della Passione di Gesù che la spada che Simeone aveva predetto per Lei aveva relazione con il suo Figlio, poiché Gesù era il suo grande amore. Preparata da questa profezia e dalla contemplazione degli eventi, dalle persecuzioni subite da Gesù sin dalla nascita, Maria era pronta all’evento della Croce, quantunque questo non significhi che non ne abbia profondamente sofferto. Lei era ai piedi della Croce, dolorante ma in atteggiamento sereno, come indica il vangelo di Giovanni. Secondo il Concilio Vaticano II, Maria: "serbò fedelmente l'unione col Figlio sino alla croce, dove non senza un disegno divino, se ne stette, soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata".254 2. Nella Resurrezione di Gesù, i vangeli non ci informano di una partecipazione attiva di Maria. Tuttavia la tradizione ha contemplato la Madonna come destinataria della prima apparizione di Cristo. Nella sua Catechesi mariana, Giovanni Paolo II ha fatto notare che il fatto che i vangeli non raccontino una apparizione a sua Madre può avere una sua plausibilità, se si pensa che le apparizione di Gesù sono presentate dal vangelo per testimoniare la credibilità della Risurrezione. Difficilmente la Madonna lo sarebbe stata, e perciò forse la primitiva catechesi non insistette su questo aspetto. Inoltre, e tenendo conto che i vangeli raccontano soltanto alcune delle apparizioni di Gesù (S. Paolo per esempio ci informa di altre che non sono state raccontate nei vangeli), non si può escludere una apparizione a sua madre: “E’ anzi legittimo pensare che verosimilmente la madre sia stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso. L’assenza di Maria del gruppo delle donne che all’alba si reca al sepolcro non potrebbe costituire un indizio del fatto che Ella aveva già incontrato Gesù? Questa deduzione troverebbe conferma nel fatto che le prime testimoni della risurrezione, per volere di Gesù, siano state le donne, le quali erano rimaste fedeli ai piedi della Croce” 255. Fra tutte le donne fu senz’altro Maria la più fedele nella prova. A Lei dovrebbe in giustizia corrispondere la prima apparizione di Cristo; quel gioioso incontro che aleggia nella preghiera del Regina Coeli: “Gaude et laetare Virgo Maria, alleluia, quia surrexit Dominus vere, alleluia”. 252 Le scene di Maria che va con i parenti di Cristo ad ascoltarlo mostrano che Lei ha conosciuto e seguito in qualche modo la predicazione di Gesù, e ha partecipato anche in qualche modo alle vicende a volte dolorose di essa, per via delle insidie che tendevano a Gesù i nemici. Permettono pure di intravedere un‟azione apostolica efficace della Madonna, forse nei confronti di quei parenti di Cristo che all‟inizio non credevano in Lui ma che dopo la sua Pasqua vediamo appartenere alla prima comunità dei discepoli. 253 Cf. RM 16. 254 LG 58. 255 Giovanni Paolo II, Catechesi mariana, 22-V-97. e) Nella nascita spirituale della Chiesa. Dopo l’Ascensione di Cristo gli Apostoli erano “perseveranti da un solo cuore nella preghiera con le donne e Maria la Madre di Gesù e i fratelli di Lui” (At 1, 14). Questa perseveranza nella preghiera può essere messa in rapporto con la venuta dello Spirito Santo che Gesù aveva promesso ai discepoli. Lo Spirito Santo che era già disceso su Maria nel momento dell’Incarnazione doveva adesso discendere sugli Apostoli e sui discepoli. Maria era pienamente cosciente dall’importanza di questo evento, perché sapeva per esperienza la potenza e l’amore che lo Spirito infondeva. Anche su di Lei doveva venire di nuovo lo Spirito per coprirla con la sua ombra, affinché Lei potessi svolgere la sua missione nel seno della Chiesa nascente. Perciò Maria desiderava ardentemente la venuta dello Spirito e pregava e intercedeva per questo. Dobbiamo perciò supporre che Maria sia stata riempita dallo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, e abbia così avuto inizio quella discreta maternità nei confronti dei discepoli che Gesù le aveva chiesto. Essa si prolunga nella Chiesa dopo la sua Assunzione in cielo. 3. Corredentrice e Madre spirituale Dopo aver considerato i vari eventi e modi di collaborazione di Maria con Cristo ci rendiamo conto che si tratta di qualcosa di molto particolare. Il Concilio Vaticano II parla, come abbiamo visto, “di associazione a un titolo assolutamente unico” e di “cooperazione in modo tutto speciale”256. Da quanto abbiamo anche visto adesso si può pensare a un associazione all’intero mistero della salvezza: Maria infatti ha partecipato centralmente in tutto l’evento di Cristo ed è stata la persona più vicina a Gesù nei momenti chiavi dell’opera salvifica. Sembra dedursi che, in qualche modo, in tutto ciò che Gesù ha realizzato Lei ha cooperato; e che se è vero che la salvezza la dobbiamo all’unico mediatore Cristo Gesù, essa non si dà senza la cooperazione di Maria. Entrambi agiscono in modo unitario e i loro atti formano parte di un solo stesso disegno257. Per quanto riguarda Maria la sua cooperazione con Cristo si snoda lungo due direzioni: a) Cooperazione femminile e materna: madre di grazia. Nel presentare Maria, i vangeli insistono sugli aspetti femminili di questa cooperazione. Maria è l’eccelsa Figlia di Sion che riceve l’annunzio di salvezza; è la madre di Gesù, che lo mostra ai pastori e ai magi, è la donna di Cana e del Calvario che ottiene per noi il vino della grazia; è la donna dell’Apocalisse fedele nelle prove. Tutto ciò indica che la sua collaborazione è femminile, complementare a quella di Cristo, ed è anzitutto materna. Viene infatti data da Gesù come madre dei discepoli. Questa maternità spirituale è ben inserita nella rivelazione: è già accennata quando Gesù afferma, essendo Lei presente, che esistono lacci materni e fraterni che non sono quelli del sangue (Lc 8, 20–21)258; è delineata quando Maria proprio in quanto madre di Gesù chiede a Lui di anticipare la sua ora, l‟ora della grazia, rivelando in questo modo un cuore sollecito per i bisogni e le necessità di salvezza dell‟umanità (Gv 2, 1–12)259; è precisata e stabilita al Calvario, quando l'amore che spinge Gesù alla donazione di se stesso riempie il cuore materno di Maria e la porta ad accettare il sacrificio per la redenzione del genere umano. I discepoli del Figlio passano ad essere allora la ragione della vita di Maria come sono stati la ragione della vita di Gesù donata in sacrificio260. Infine la sua maternità riceve il sigillo dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste 256 Cf. n. 61. 257 Questo però sarà meglio precisato nella prossima sezione. 258 Cf. RM 20. 259 Ibid. 21. 260 Perciò scrive Giovanni Paolo II: "Questa nuova maternità di parte di Maria e frutto del 'nuovo' amore che quando lo Spirito venendo su di lei riempie nuovamente il suo cuore con i Suoi doni per renderla idonea alla sua nuova missione di Madre dei credenti. La maternità di Maria è una maternità di grazia, perché si riferisce alla vita dei fedeli, al loro rapporto con Cristo. Secondo Giovanni Paolo II: “"La maternità spirituale è maternità nell'ordine della grazia perché implora il dono dello Spirito Santo che suscita i nuovi figli di Dio, redenti mediante il sacrificio di Cristo" 261. b) Cooperazione alla redenzione: corredentrice. Sebbene l‟apporto di Maria sia specificamente femminile e materno esso si colloca (si innesta) nell‟opera della redenzione compiuta da Cristo. Maria collabora moralmente, dando il suo consenso nella fede e nella carità. Il Concilio Vaticano II struttura questo consenso mariano in tre momenti principali: – Annunciazione: “Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù, e abbracciando con tutto l'animo, senza che alcun peccato la trattenesse, la volontà divina di salvezza, consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione in dipendenza da lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente” 262. – Vita di Maria fino al Calvario: “La beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrifico, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cfr. Gv 19,26-27)”263 –Dalla Pasqua in poi: “E questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti anche dopo la sua assunzione in cielo non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna”264. Consacrò totalmente se stessa nell‟annunciazione, avanzò nella peregrinazione della fede, se associò con animo materno al sacrificio del Figlio, continuò la sua funzione salvifica fino al perpetuo coronamento degli eletti. Qui appare che tutto ciò non è qualcosa di esterno all‟opera redentrice di Cristo, ma è qualcosa di costitutivo, di interno alla redenzione stessa. È come un complemento richiesto da Dio a Maria. Nella tradizione degli ultimi secoli ciò si è espresso indicando che Maria è “corredentrice” 265, e s‟intende che lei collabora con le sue azioni, a fianco del redentore Gesù, a ottenere la salvezza per tutti gli altri. Perciò, dicono alcuni, lei è stata redenta in un modo del tutto speciale; la privazione del peccato originale mira certamente a costituirla in degna madre del Figlio suo, ma anche in generosa compagna (socia) di Cristo nell‟adempimento dell‟opera redentrice. La cooperazione di Maria alla salvezza rappresenta senz‟altro un momento “interno”, costitutivo, dell‟opera redentrice, maturò in Lei definitivamente al piede della croce, mediante la sua partecipazione all'amore redentivo del Figlio". Ibid, n. 23. 261 RM 44. 262 LG 56. 263 Ibid. 58. 264 Ibid. 62. 265 Esiste comunque una certa opposizione a usare questo titolo, motivata dal fatto che esso può essere malinteso. E infatti, se con questo titolo s‟intendesse mettere Maria in un piano simile a quello di Gesù, ciò costituirebbe un errore teologico. Tuttavia usato con le debite precauzioni il titolo è ben significativo. e in ciò essa si distingue della collaborazione del resto dei membri della Chiesa: dei pastori, dei religiosi e delle religiose, dei fedeli. Costoro, attingendo dai benefici della redenzione, ne estendono i frutti ai luoghi e tempi. Maria invece attinge a questi stessi benefici (anche lei è redenta da Cristo) in un modo superiore, e ciò permette a lei di cooperare con Cristo e sotto Cristo all‟opera redentrice stessa266. 4. La dipendenza cristologica e pneumatologica della cooperazione mariana. Maria coopera nella redenzione cum Christo, sub Christo, per Spiritum Christi. – Cum Christo e sub Christo nel senso che è Gesù a ricevere dal Padre la direzione dell’opera redentrice, a metterla in pratica e comunicarla agli altri. Maria la conosce guardando il suo Figlio e la asseconda. – Per Spiritum Christi perché se Maria può consacrare se stessa all’opera del Figlio e unirsi ad essa di cuore ciò è dovuto senz’altro all’azione possente dello Spirito nel suo cuore, azione alla quale Lei corrisponde in modo egregio. E lo Spirito donato a Maria, Colui che la ha resa kecharitomene, è lo Spirito del suo Figlio, che produce in Lei anticipatamente frutti nati dalla croce di Cristo. Sebbene Maria sia diventata la madre dei viventi e la “socia generosa” del nuovo Adamo (e sia dunque perciò pienamente conveniente chiamarla “nuova Eva”), tuttavia tale paragone [tra la coppia Adamo/Eva e la coppia Cristo/Maria] ha bisogno in questo secondo caso di una notevole correzione: la prima coppia è tra due creature di pari dignità, la seconda è formata dal Creatore e della creatura, e perciò non può mai avere pari dignità. C’è lo ricorda il Concilio Vaticano II: "Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo Incarnato e Redentore”267. Per questo motivo confessiamo che Gesù è l’unico mediatore o l’unico salvatore, perché infatti l’Unico che può salvare è Dio. Certamente Gesù può mediare perché ha preso la nostra natura, perché è uomo come noi, ma se soltanto fosse uomo e non fosse Egli stesso il Figlio eterno, non potrebbe compiere la sua opera di mediazione. Soltanto Lui conosce il cuore del Padre e vede pienamente la volontà del Padre, alla quale poi Maria acconsente nella fede. Soltanto Lui può, tra tutti, essere fonte della salvezza, avere efficacia salvifica per l’umanità. È appunto per la infinita ricchezza della sua capacità che egli può liberamente, gratuitamente, associare una creatura nell’adempimento di questa opera di salvezza, come ha fatto con Maria. Perciò il Concilio, nel riconoscere la possibilità di altre forme di mediazione salvifica, le riconduce a quella unica di Cristo, attraverso l’uso della “partecipazione”: “Ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri, quanto dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione col Redentore non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata di un unica fonte"268. La partecipazione di Maria alla salvezza è qui introdotta nell’ambito della cooperazione creaturale, della partecipazione della fonte che è Cristo. In questo senso, la nostra salvezza non è semplicemente “concausata”, causata da una coppia, da due che agiscono allo stesso livello. Essa è tutta opera di Cristo e subordinatamente tutta opera di Maria “cum Christo et sub Christo per Spiritum”. Perché Maria partecipa e viene associata a questa unica fonte. Continua il Concilio: 266 Come per liberarci del peccato Cristo doveva essere santo, così anche per cooperare internamente nella redenzione, Maria doveva essere senza macchia. 267 LG 62. 268 Ibid. “E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente...” 269 Maria non potrebbe salvare se stessa: nessuna creatura lo può fare. Lei è salvata da Cristo e, in quanto salvata, è in grado di cooperare nella salvezza degli altri. Perciò continua il Concilio: "Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga della sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita" 270. Maria ha dunque un ruolo attivo, un influsso nella salvezza di tutti noi, ma questo ruolo sgorga dall’abbondanza della grazia di Cristo. Come è noto, proprio questo aspetto – la cooperazione di Maria nella salvezza – costituisce un punto di difficoltà per le confessioni protestanti. La posizione protestante271 parte dalla diversità fra evangelo e legge. Per la legge l'uomo ha preso coscienza del suo essere radicalmente peccatore. Nessuno può mai compiere la legge; nessuno tranne che Cristo. Cristo nell'adempiere la legge ha soddisfatto pienamente Dio. Lui, il giusto, ci dona la sua giustizia, che è sempre una giustizia aliena, non nostra. Noi ce la appropriamo quando riconosciamo pienamente il nostro essere peccatori e confidiamo in lui e nella salvezza che lui ci ottenne. Non possiamo cercare la salvezza nelle nostre opere, sarebbe un grande peccato. Questo è forse il cardine attorno al quale gira tutto per Lutero: l'autogiustificazione è impossibile e inoltre è una bestemmia. Noi siamo sempre inclini a noi stessi, per il peccato originale tutto il nostro essere è radicalmente chiusura a Dio e dedizione al orgoglio: consegna a se stessi. Dio ci attribuisce la salvezza quando noi ci fidiamo di Cristo. Non per i nostri meriti ma per pura grazia: solus Christus, sola fide, sola gratia, l'uomo è sempre peccatore ma per la fede è salvo perché gli si imputa la giustizia di Cristo. È simul iustus et peccator: natura corrotta ma giustificato. Da questa prospettiva si capisce bene il problema di Lutero con Maria: essa è pure redenta. Non si può concepire una collaborazione alla salvezza, neanche in Maria. Non si può parlare di nessun merito dell'uomo, niente che si possa presentare davanti a Dio quasi che la salvezza fosse opera nostra. Maria nella visione protestante è il modello di fede, di fiducia in Dio e in Cristo; ma neanche essa si può vantare di nulla, perché è tutto dono di grazia. Perciò i riformatori non vanno più avanti di una presentazione di Maria che sia modello di credente. La dottrina mariana del Concilio ha tuttavia sottolineato con forza quei punti di verità che i protestanti affermano, e che consistono sinteticamente nell’indicare in Gesù Cristo l’unico e universale salvatore. Tuttavia non ha dato ragione alle dottrine dei riformatori laddove esse non potevano averla, cioè nell’impedire ogni forma di partecipazione nell’azione salvifica. Secondo il Concilio, Maria con i suoi atti pieni di fede e di carità ha collaborato alla nostra salvezza; anzi è divenuta per noi "causa di salvezza", dice citando un testo di Ireneo 272. Ma queste espressioni si devono intendere nel senso della partecipazione, come causa dipendente e subordinata, partecipata di quella unica causa di salvezza che è Cristo (Cristo nello Spirito Santo). 5. La mediazione celeste di Maria. La missione materna che il Signore affidò a sua madre ai piedi della Croce, fu data in vista della Chiesa di tutti i tempi: è una missione universale. Con le parole del Concilio: 269 Ibid. 270 Facciamo un breve commento: 1. Nasce da una disposizione puramente gratuita di Dio: l'iniziativa è divina. 2. sgorga della sovrabbondanza dei meriti di Cristo: da essi riceve Maria la sua fede e carità; il suo merito nell'agire. 3. pertanto si fonda sulla mediazione di Cristo: è la mediazione di Gesù a fare possibile l'agire soprannaturale di Maria. 4. Da essa assolutamente dipende: Si Cristo non fosse morto nessuna azione umana avrebbe avuto rapporto con la salvezza. 5. non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita: Maria ci unisce a Cristo e non ci separa perché la sua azione è di formare Cristo in noi. 271 Un'esposizione sintetica e chiara (anche se non mariologica) che permette di andare alle radici del problema protestante si trova in F. L. Ladaria, Antropologia teologica, PUG, Roma 1983, pp. 329-337. 272 LG 56. “Difatti, anche dopo la sua Assunzione in cielo, non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna”273. Si tratta dunque di una maternità che perdura in cielo, e che si attua per varie vie. Il Concilio parla di una “molteplice intercessione” per ottenerci i doni della salvezza. La funzione di Maria è materna: mira a donare la vita soprannaturale. Assunta in cielo e pienamente configurata con Cristo Maria conosce ad ognuno dei suoi figli. Possiamo dire, con termini classici, che “li vede in Dio”. Sa ciò di cui ciascuno ha bisogno. E può implorare [ecco “l'intercessione”] al Figlio e insieme col Figlio, al Padre per ognuno di noi274. Potremmo chiamare a questo aspetto della mediazione celeste di Maria “ascendente”. Essa presenta al Figlio le nostre orazioni e i nostri bisogni dalla sua peculiare posizione di Madre, per favorire in noi quell'unione soprannaturale con Gesù in cui consiste la vita di grazia. -La sua intercessione è “molteplice”, cioè, può prendere molti modi e forme diverse: non si reduce soltanto a chiedere cose per noi, ma anche a presentare davanti al Padre i nostri meriti, a appoggiare le petizioni dei suoi devoti, ecc275. Quest'intercessione non si limita alla vita di grazia, come se questa fosse qualcosa d'isolato della vita comune, ma comprende ogni necessità dell'uomo, materiale ed spirituale; così come ogni necessità degli uomini: degli stati, dei popoli, delle singole società. La mediazione materna di Maria ha pure un aspetto “discendente”, che riguarda i credenti in Cristo e l’umanità in genere. Il Magistero ecclesiastico ha diverse volte usato l'espressione "dispensatrice di grazia"276 applicata a Maria277. Il senso di questa espressione è indicare che attraverso Maria riceviamo i benefici della salvezza. Poiché Lei è la nuova Eva, tutti i doni di Dio vengono da Lei, come vengono da Gesù. Vengono da Lei cum Christo, sub Christo, per Spiritum. Ma, come ha ben compresso la tradizione della Chiesa, l’intervento di Maria è quello di una madre: esso rende le lotte e gli impegni del vangelo più dolce e amabili. Maria rende più semplice la vita cristiana. Non permette al diavolo di seminare la zizzania nel cuore di chi la invoca. Questo è un frutto essenziale della sua partecipazione alla Croce di Cristo; è un frutto della grazia di Cristo in Maria, che arriva a noi perché siamo figli suoi. Riassumendo, possiamo dire che l’azione di salvezza che lo Spirito santo esercita nell’anima porta sempre con sé l’influsso salvifico e personale del cuore materno di Maria. In questo senso, Lei è “mediatrice di ogni grazia”. 273 LG 62. 274 La mediazione di Maria in realtà e sempre in sintonia con quella di Cristo. Maria è stata definitivamente configurata col Figlio, anche corporalmente, e perciò la sua unione è già definitiva, piena. Il suo cuore materno vuole sempre quello che vuole il cuore di Gesù, espressione dell'amore del Padre, e tuttavia la realtà personale non scompare è la possibilità d'intercedere per noi è vera e reale. Il cuore di Maria, anche se configurato con quello del Figlio non è il cuore del Figlio e la tenerezza, dolcezza e cura che Essa stessa ha prodigato al Figlio suo è la stessa con cui adesso si occupa di ogni figlio. 275 Cf. per il senso della espressione "molteplice intercessione" al Concilio, D. Bertetto, Maria la Serva, p.519. 276 A volte si parla di “mediatrice di tutte le grazie”, ma l‟espressione “tutte” è problematica in quanto Maria non è mediatrice della grazia che la ha redenta. Diverso è il caso di Gesù: la grazia personale di Gesù deriva in modo naturale dal fatto che Egli è il figlio eterno. Gesù non ebbe bisogno di redenzione, Maria invece sì. 277 Questo titolo è usato da Leone XIII, Enc. Superiori anno; da Pio X, Enc. Ad diem illum; e altri testi. Ma è appena stata usata dal Magistero recente.