" Quei vescovi intimiditi in ginocchio da Allah "

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Il suicidio collettivo della società europea
" Quei vescovi intimiditi in ginocchio da Allah "- Magdi Cristiano Allam - Libero - 13-09-09
Mentre i politici, esponenti della società civile e i mass-media nel mondo hanno voluto commemorare
solennemente l’ottavo anniversario della tragedia dell’11 settembre 2001 che ha segnato il culmine del
successo del terrorismo islamico dei tagliagola con i sanguinosi attentati alle Torri gemelle e al Pentagono, è
trascorso del tutto in sordina il terzo anniversario della lectio magistralis di papa Benedetto XVI all’università
di Ratisbona il 12 settembre 2006 che ha segnato il culmine del successo del terrorismo islamico dei
taglialingua con una guerra a suon di condanne a morte e minacce al Santo Padre colpevole di aver
menzionato la verità storica della diffusione dell’islam tramite la spada. Questo fatto è di per sé emblematico
della realtà di sottomissione all’ideologia dell’islamicamente corretto che da subito si è imposta con la
reazione remissiva adottata dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo
interreligioso, che all’epoca costrinse il pontefice a giustificarsi per tre volte rassicurando che non intendeva
offendere i musulmani e arrivò al punto da indurlo a pregare nella moschea Blu di Istanbul rivolto verso La
Mecca alla presenza del gran mufti turco. Ebbene oggi l’islamicamente corretto trionfa ovunque in Europa e
trova i suoi fervidi paladini all’interno stesso della Chiesa cattolica. Proprio alla vigilia dell’anniversario di
Ratisbona, la Conferenza dei vescovi svizzeri si è espressa ufficialmente a favore della costruzione delle
moschee con i minareti, invitando i connazionali a votare "no", il prossimo 29 novembre, al referendum che
chiede il divieto di costruire i minareti, lanciato dall’Unione democratica di centro (Udc) svizzera.
I vescovi svizzeri hanno precisato che "i minareti, come i campanili delle chiese, siano il segno della presenza
pubblica di una religione". Per l’Udc svizzera, che ha promosso la consultazione popolare avvallata dal
Parlamento, i minareti sono "il simbolo di una rivendicazione politico-religiosa del potere, che rimette in
causa i diritti fondamentali". In Svizzera i musulmani sono 310 mila su una popolazione di 7,5 milioni di
abitanti, dispongono di migliaia di luoghi di culto tra cui quattro moschee con minareti. Nel documento
emanato dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, pur prendendo atto che i cristiani sono discriminati nei paesi
islamici, tacendo sul fatto che vengono in realtà perseguitati e massacrati, si invitano i cittadini svizzeri a
sostenere la costruzione di moschee con minareti nel nome del cristianesimo e della democrazia: “Siamo
coscienti che i diritti relativi alla libertà di religione e di culto non vengono rispettati in certi Paesi di religione
islamica. I cristiani in particolare subiscono delle restrizioni nella loro pratica religiosa e delle limitazioni nella
costruzione di edifici sacri. Riaffermiamo la nostra vicinanza e solidarietà ai cristiani che subiscono angherie e
persecuzioni. Come vescovi e come cittadini svizzeri ci rallegriamo che la nostra Costituzione federale non
contenga più articoli d’eccezione e ci auguriamo che non se ne introducano di nuovi.
La proibizione generalizzata di costruire minareti indebolirebbe gli sforzi che mirano a stabilire un
atteggiamento di accoglienza reciproca nel dialogo e nel mutuo rispetto. La paura, anche a questo proposito,
è cattiva consigliera. L’edificazione e l’utilizzazione dei minareti sono sottoposte d’altronde alle norme
generali previste per qualsiasi costruzione. Pur riconoscendo le reali difficoltà nella convivenza di religioni
diverse tra loro, per coerenza con i valori cristiani e i principi democratici del nostro Paese, invitiamo a
respingere l’iniziativa”. L’islamicamente corretto lo ritroviamo nell’opuscolo “Cristiani-Musulmani: che fare?”,
pubblicato il primo marzo 2009 dal Gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza dei vescovi svizzeri, in cui da
un lato come cristiani legittimiamo e attribuiamo pari dignità all’islam, al Corano e a Maometto mentre,
dall’altro, prendiamo atto che l’islam condanna il cristianesimo come dottrina politeista. Nell’opuscolo
leggiamo: “Assieme all’ebraismo e al cristianesimo l’Islam fa parte delle religioni monoteistiche. In questo
contesto anche i musulmani vedono nella figura d’Abramo il prototipo dell’uomo veramente credente che fa
fronte a tutte le prove. Il testo sacro e la più importante fonte spirituale dell’Islam è il Corano (letteralmente:
recita), che i musulmani considerano rivelazione immediata e diretta di Dio, Parola increata di Dio divenuta
Libro. Tale visione del Libro si distingue dalla nostra comprensione della Bibbia.
Nella sua autoconsapevolezza l’Islam si considera come la forma originaria, definitiva e pura della fede nel
Dio unico; Maometto è come l’ultimo profeta (“sigillo della profezia”) nella lunga lista dei Profeti. Dal punto di
vista dell’Islam la missione di Maometto come profeta contiene un doppio significato, sia come conferma sia
come correttivo rispetto alla rivelazione ebraica e cristiana: riasserire la verità della missione di Gesù, come
costui riasserì la verità della missione di Mosè con la Torah tramite il Vangelo; e rimuovere o rettificare le
modifiche e falsificazioni del testo della Rivelazione originariamente puro. L’asserto prende spunto
particolarmente dalla devozione cristiana in Gesù Cristo come Figlio di Dio, che il Corano rifiuta in quanto
negazione dell’unicità di Dio; o ancora dalla dottrina cristiana della Trinità, che dal profilo islamico costituisce
un politeismo”. Mi domando se nessuno dei vescovi svizzeri sa che l’Abramo islamico non ha nulla a che fare
con l’Abramo biblico, che il Dio del Corano non ha nulla a che fare con il Dio che si è fatto uomo e che
s’incarna in Gesù, che pertanto l’islam non può in alcun modo essere considerato una religione monoteista
alla pari con l’ebraismo e il cristianesimo. Non sorprende che il presidente del Gruppo di lavoro “Islam”,
monsignor Pierre Bürcher, il 15 settembre 2006 si fece portavoce dei “musulmani feriti” per il discorso di
Benedetto XVI a Ratisbona, sostenendo che “i musulmani in Svizzera chiedono un chiarimento”, precisando
che “il rispetto e la tolleranza non sono a senso unico. Ciascuna religione deve rispettare l’altra. Solo la
regola d’oro ‘Fai all’altro ciò che vorresti che venga fatto a te ’ è un percorso risolutivo”.
Ed anche venerdì scorso, l’ultimo del mese di digiuno islamico del Ramadan, il Pontificio Consiglio per il
dialogo interreligioso ha emesso un messaggio augurale dal titolo “Cristiani e musulmani: insieme per la
vincere la povertà”. In esso si ripropone la tesi della interdipendenza tra la povertà e il terrorismo,
clamorosamente smentita dalla lunga serie di attentati terroristici che hanno insanguinato il mondo a partire
dall’11 settembre 2001: “Respingere i fenomeni di estremismo e di violenza esige necessariamente la lotta
contro la povertà attraverso la promozione di uno sviluppo integrale”. L’islamicamente corretto si rileva nel
fatto che la Chiesa non ha il coraggio di dire che il terrorismo è islamico e che il terrorismo islamico non è
affatto figlio della povertà, bensì la corretta trasposizione dei numerosi versetti coranici che istigano all’odio,
alla violenza e alla morte, nonché la corretta emulazione delle gesta di Maometto che ha personalmente
partecipato a stragi come quella del 627 in cui ha sgozzato oltre 700 ebrei della tribù dei Banu Quraisha alle
porte di Medina. L’islamicamente corretto l’ho toccato con mano nel foglio domenicale distribuito in occasione
della messa il 6 settembre in tutte le chiese d’Italia, con un riquadro dal titolo “Per un dialogo interreligioso,
Chiesa cattolica e Islam”, con una foto del papa che stringe la mano ad una esponente della delegazione
islamica dei cosiddetti “138 saggi dell’islam”, affiancata da Tariq Ramadan.
Ebbene proprio questo personaggio, il più celebre ideologo dei Fratelli Musulmani in Europa, di nazionalità
svizzera, è il principale promotore della strategia che mira sia a legittimare su un piede di parità l’islam,
Allah, il Corano, Maometto e la sharia, sia a far riconoscere che l’islam è parte integrante delle radici storiche
della civiltà europea al pari dell’ebraismo e del cristianesimo. Questa strategia è oggi patrocinata dalla
Conferenza dell’Organizzazione Islamica, la cornice unitaria dei circa 50 paesi a maggioranza islamica. Bat
Ye’or, nel suo libro “Verso il Califfato universale, Come l’Europa è diventata complice dell’espansionismo
musulmano” (Lindau, 2009), ricorda che nell’ottobre del 2008 a Copenaghen si svolse la seconda Conferenza
internazionale per l’educazione e il dialogo interculturale. Nel suo intervento il segretario generale dell’Oci, il
turco Ihsanoglu, ha detto: “Sono particolarmente interessato ai progetti che porteranno a una descrizione
corretta del nostro passato comune in modo da chiarire che l’islam non è estraneo bensì parte integrante del
passato, del presente e del futuro dell’Europa in tutti i settori dell’impegno umano e che dimostreranno come
la civiltà e la cultura islamica hanno contribuito alla creazione dell’Europa moderna”. Ebbene cara Chiesa
cattolica riflettiamo.
In quest’Europa laicista, relativista e scristianizzata, i musulmani si fanno avanti con determinazione per
accreditare una loro paternità della nostra civiltà. Nel momento in cui noi ci vergogniamo di affermare la
verità storica delle radici giudaico-cristiane, loro si candidano per colmare il vuoto identitario con una
presunta radice islamica della civiltà europea. E se permetteremo che alle radici giudaico-cristiane si
sostituiscano quelle islamiche, di noi non resterà sostanzialmente nulla: senza un’anima, senza valori e senza
identità scompariremo. Allora dico alla Chiesa: basta con l’islamicamente corretto! Basta complicità nel
suicidio collettivo della civiltà europea.
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