IL BUDDHISMO La nascita del Buddhismo Il

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IL BUDDHISMO
La nascita del Buddhismo
Il Buddhismo è sorto in India, nel VI secolo a.C., ed è una delle religioni più
diffuse e tra le più antiche al mondo. Nei secoli VI e V a.C., il pensiero
dell'uomo è rivolto ad un forte impegno nella ricerca sul mistero e il
significato della vita; l'uomo riprende fiducia e si interroga sul perché del
dolore, della morte, del bene e del male; non si accontenta più di ripetere
forme religiose magiche di secoli precedenti, ma vuole cercare risposte più
valide alle domande di sempre. Sono i tempi della filosofia di Socrate e
Platone in Grecia e di Confucio in Cina; su queste basi, questo rinnovamento è
portato in India dal Buddha.
Il Buddha
Le testimonianze storiche circa la vita del fondatore del buddhismo sono scarse e i numerosi racconti a riguardo
rendono ardua la separazione tra leggenda e realtà.
Alcune scoperte archeologiche fanno pensare che sia nato nel Nepal meridionale, a Lumbini, attorno all'anno 565 a.C.
e sembra che visse per circa ottant'anni.
Prima di essere chiamato Buddha, che significa "il risvegliato", o "l'Illuminato", il suo nome era Siddhartha Gautama:
Siddhartha ("quegli che ha raggiunto lo scopo"), Gautama ("l'appartenente al ramo Gotra degli Sakya").
La vita del Buddha, tra leggenda e realtà
Sulla nascita del Buddha esistono numerosi racconti e leggende che hanno
l'obiettivo di evidenziare la straordinarietà dell'avvenimento: miracoli che ne
annunciano il concepimento, chiari segnali che il bimbo che stava per venire al
mondo sarebbe stato un "illuminato".
Si racconta, ad esempio, che il Buddha, prima di nascere, si trovava in uno dei
numerosi cieli della mitologia indiana. Quando giunge il momento di venire sulla
terra, la sua futura madre (Maya) è avvertita con uno strano sogno di quanto
sta per capitare a lei e al mondo: le appare un elefante bianco che viene
accolto nel suo grembo. La donna racconta il sogno al marito che convoca otto
sacerdoti per interpretarlo: sta per venire al mondo il re dell'universo, che
abbandonerà regno e gloria per farsi monaco e salvare tutte le creature.
La nascita avvenne mentre i genitori, che la leggenda presenta come sovrani
del Sakya, erano in viaggio verso Koli per visitare i genitori della regina.
Nella realtà storica, Siddhartha era effettivamente di famiglia nobile: il padre, il raja Suddhodana, regnava su uno
dei numerosi stati in cui era politicamente divisa l'India del nord.
Si narra poi che il bimbo venne alla luce mentre Maya coglieva un ramoscello sotto un albero, nella foresta presso il
villaggio di Lumbini e che Maya morì poco dopo il parto.
Si racconta inoltre che un santo eremita, mentre era raccolto nella meditazione, venne a conoscere che a Lumbini era
nato un bambino, che sarebbe diventato il Buddha; lasciò quindi l'eremitaggio, per andare a visitare il bimbo, ed
annunciare che sarebbe diventato il più grande tra tutti gli esseri viventi. L'eremita accompagnò queste parole con il
pianto, perché sapeva di dove morire prima che la sua profezia si avverasse.
Anche gli otto sacerdoti che avevano interpretato il sogno di Maya confermarono la profezia, aggiungendo che il
destino di Siddhartha era legato al verificarsi di quattro segni: avrebbe lasciato il palazzo reale per farsi monaco,
dopo aver incontrato un vecchio, un ammalato, un cadavere e un monaco.
Il padre, turbato dalla possibilità che il figlio lo abbandonasse privandolo del legittimo erede al trono, si impegnò a
tener lontani dal bambino tutti coloro che potevano presentare i quattro segni, e a fargli conoscere ed apprezzare le
cose terrene: la bellezza e il potere. Molto giovane gli venne presentata la sposa, che solo dopo anni gli diede un figlio,
Rahula. La leggenda segue con la spiegazione del modo in cui, nonostante le attenzioni del padre, i quattro segni
profetici raggiungono il principe.
La vecchiaia, il dolore e la morte ebbero un grande impatto su un giovane che aveva sempre visto attorno a sé solo
salute e pienezza di vita. Così a 29 anni (536 a.C.), quando tutto sembrava andare per il meglio, il principe cominciò a
meditare sul significato del dolore e della morte; comprese improvvisamente che la sofferenza accomuna tutta
l'umanità, e che le ricchezze, la cultura, l'eroismo e tutto quanto gli avevano insegnato a corte erano valori effimeri e
privi di senso. Capì che la sua era una prigione dorata e cominciò interiormente a rifiutare agi e ricchezze. In
particolare, l'incontro con un monaco, anziano, debole, ma sorridente, segnò una grande svolta della sua vita:
Siddhartha comprese che solo nella vita ascetica e nella contemplazione avrebbe trovato risposta ai suoi interrogativi
e stabilì di rinunciare alla famiglia, alla ricchezza, alla gloria ed al potere, per cercare la liberazione. Così una notte,
senza salutare nessuno (dopo aver dato un ultimo sguardo alla moglie addormentata e al figlio), sellò il suo cavallo ed
abbandonò la reggia. Liberatosi delle vesti principesche, si rase il capo e si coprì con un semplice mantello: inizia così
la vera vita eremitica.
Divenuto monaco, si ritirò sui monti dove, al riparo delle grotte naturali e nel silenzio della foresta, vivevano già degli
eremiti. Cercò tra questi dei maestri, che potessero insegnargli la meditazione e diventò subito esperto delle più
difficili tecniche dello yoga, tanto che i maestri non ebbero più niente da insegnargli.
Si mise quindi in cammino, in compagnia di cinque amici. Per alcuni anni, il gruppo si sottopose ad estenuanti penitenze:
tanta era la convinzione che la liberazione dello spirito si potesse raggiungere mediante l'annientamento del corpo,
che Siddhartha fece il voto di non mangiare e non smettere di pregare finché non avesse trovato le risposte che
cercava. Ma quando il corpo, ormai privo di forze, stava cedendo, con la morte incombente e la verità ancora lontana,
capì di aver percorso la strada sbagliata. Decise perciò di rinunciare al voto, perdendo così la fiducia e l'appoggio dei
suoi cinque compagni, che videro nel suo gesto un segno di debolezza.
L'illuminazione
Siddhartha si pose quindi in meditazione su un po' d'erba datagli da un contadino, all'ombra di un albero di fico e, a
poco a poco, la verità si fece strada: il Buddha conseguì, con la meditazione, livelli sempre maggiori di consapevolezza.
Dopo una giornata a lottare e sconfiggere il maligno, personificato dal demone Mara, signore del mondo, che
rappresenta il desiderio, l'egoismo e l'invidia, Siddhartha raggiunse la piena illuminazione (in sanscrito: bhodi).
Trascorse settimane a contemplare i vari aspetti del Dharma (dottrina o legge della natura) che aveva compreso.
Fondamentale per il buddhismo fu la comprensione delle "quattro nobili verità": sul dolore, sull'origine del dolore, sulla
soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore.
La predicazione
I 44 anni che separano la data dell'illuminazione dalla morte del Buddha sono ricchi di attività di propagazione della
sua dottrina. Animato dal desiderio di salvare gli uomini, Siddartha percorse il Nord dell'India insegnando e
predicando il suo messaggio di speranza e di felicità, che si raggiunge non come dono divino, ma come conquista della
propria limpidità mentale, della propria autodisciplina e dedizione. Durante la stagione secca, il maestro viaggia lungo
le vie carovaniere seguito da schiere di monaci; durante la stagione delle piogge si ferma nei monasteri vicino a
qualche città. Mentre nei viaggi principalmente predicava la sua dottrina, nelle soste curava soprattutto la formazione
dei suoi discepoli, attraverso prediche e discorsi, che costituiscono tuttora la parte maggiore delle "sacre scritture"
del buddhismo. Tra questi, il più celebre è il "Discorso di Benares", accettato oggi da tutti i fedeli buddhisti (di
qualunque corrente):
«Cos'è fratello, il dolore? Nascita è dolore, vecchiaia è dolore, malattia è dolore, morte è dolore; afflizione, pena,
disperazione è dolore; non ottenere quel che si brama è dolore. Cos'è l'origine del dolore? È questa sete di vivere…
alimentata dalla soddisfazione; è l'attaccamento all'essere e al benessere. Ciò, o fratelli, si chiama origine del dolore.
Ma cos'è, fratelli, l'annientamento del dolore? È il completo, totale annientamento… la soppressione, il rinnegamento
di questa sete di vivere. Ma qual è, o fratelli, la via che conduce all'annientamento del dolore? È il santo sentiero delle
otto norme, cioè: retta conoscenza, retta intenzione, retta parola, retta azione, retta vita, retto sforzo, retto
sapere, retto raccoglimento».
Accompagnato dai discepoli, il Buddha percorse la valle del Gange, diffondendo la sua dottrina e fondando comunità
monastiche che accoglievano chiunque, indipendentemente dalla condizione sociale e dalla casta di appartenenza, e
fondando il primo ordine monastico mendicante femminile della storia. I suoi interlocutori principali erano i monaci,
prima compagni di ricerca e poi seguaci, che formeranno una comunità sempre più folta dotata di regole proprie.
Predicò anche ai laici indicando una via di moderazione e controllo delle passioni che conduce a una migliore condizione
di esistenza. Frequentemente, i monaci chiedevano al loro maestro che spiegasse meglio alcuni punti, soprattutto
questioni filosofiche, ma Buddha si rifiutò sempre di affrontare argomenti metafisici ed astratti, considerandoli
ininfluenti davanti allo scopo finale del suo insegnamento: il raggiungimento della tranquillità necessaria per il Nirvana.
La morte del Buddha
Secondo la tradizione, Siddhartha Gautama morì a Kuśināgara, in India, a ottant'anni, nel 486 a.C., circondato dai suoi
discepoli. Prima di spirare, rivolgendosi a loro disse: «Ricordate, o monaci, queste mie parole: tutte le cose composte
sono destinate a disintegrarsi! Dedicatevi con diligenza alla vostra propria salvezza! ».
Sulla morte di Buddha, così come la sua cerimonia funebre, sono stati scritti moltissimi racconti.
L'eredità di Buddha
Dopo la morte di Buddha, la comunità monastica sentì l'esigenza di trasmettere l'eredità spirituale lasciata dal
Maestro, riunendosi in almeno due concili successivi. Il Buddha non lasciò nulla di scritto, e nulla di quanto aveva
insegnato venne messo per iscritto quando era in vita. Solo a distanza di molto tempo dalla sua morte, si formò una
raccolta di testi scritti, a partire da lunghi passaggi di trasmissione orale. I testi sacri riconosciuti nel buddhismo
sono quindi raccolti in Canoni, denominati in base alle scritture usate: il Canone Pali, ed il Canone Sanscrito.
Dallo Sri Lanka è giunto completo il Canone Pali della scuola theravada, messo per iscritto nel I secolo a.C. a partire
dalla tradizione orale tramandata in diversi dialetti. Suddiviso in tre parti, il Canone pali comprende i testi della
disciplina monastica, i discorsi e gli insegnamenti su temi specifici della dottrina.
Il Canone Sanscrito riportava tutti i testi delle differenti antiche scuole e dei differenti insegnamenti presenti sotto
l'Impero Kushan, ma venne in buona parte perduto. A questo fanno riferimento i successivi Canoni Cinese e Tibetano.
La sua dottrina
Il Dharma
Il Dharma è la Legge, l'insegnamento del Buddha, la rivelazione della vera natura delle cose. Ma oltre ad esserne
l'insegnamento, il Dharma è l'applicazione dell'insegnamento nella vita.
Le quattro nobili verità
L'insegnamento del Buddha ai primi discepoli è riassunto nelle "quattro nobili verità", esposte, secondo la tradizione,
nel parco delle gazzelle vicino a Benares nel 528 a.C., all'età di 35 anni, dopo aver raggiunto il risveglio spirituale. Le
quattro nobili verità sono: la verità della sofferenza, la verità dell'origine della sofferenza, la verità della cessazione
della sofferenza e la verità dell'ottuplice sentiero.
La sofferenza è indissolubilmente connessa alla vita umana, fin dalla nascita: la nascita stessa presuppone la morte,
inevitabile conclusione della vita, per quanto felice possa essere stata. L'origine del dolore è la brama, sete di
esistenza, ricerca di appagamento e piacere; nell'annullare questa causa, quindi, sta il rimedio al dolore. Il metodo
dell'"ottuplice sentiero" aiuta in questo annullamento, e nel conseguente raggiungimento del Nirvana.
Il Nirvana
Nel buddhismo, il Nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore. La dottrina del
Nirvana acquisisce significati diversi a seconda della scuola buddhista, del periodo storico e del luogo in cui essa fu
esposta. Il Nirvana è lo stato raggiunto dal Buddha che, dopo la morte, non è più soggetto al ciclo delle rinascite.
Il ciclo delle rinascite
Una delle convinzioni caratteristiche delle credenze religiose dell'epoca di Buddha era il "ciclo delle rinascite",
definito anche "Samsara", che significa "trasmigrazione". È il ciclo di nascita-morte-rinascita, una catena continua
che esiste da sempre, in cui ciascun anello è l'effetto delle condizioni rappresentate dagli anelli precedenti, e al
tempo stesso è causa degli anelli che seguono. Consisteva, quindi, nella convinzione che l'anima di un defunto
ritornasse in altri corpi più e più volte, innalzandosi o abbassandosi nella scala degli esseri umani ed animali, secondo la
bontà del suo comportamento nelle vite precedenti. L'uomo attribuiva alle sue vite passate sconosciute i mali della sua
vita presente, nella quale doveva aspettare una lenta e progressiva liberazione da esse, ed era condannato a ritornare
sulla terra innumerevoli volte per sperimentare la durezza del dolore e della morte. Secondo questo pensiero, agire
nella vita con motivazioni positive porta a conseguenze positive, ed aiuta nella rinascita felice in un destino superiore,
e viceversa. Dal momento che ogni azione nasce dalla mente, è su questa che si deve intervenire per placare le
passioni ed evitare l'insorgere della brama.
Meditazione
Il buddhismo, a partire dalla tradizione indiana, ha sviluppato diverse tecniche per controllare la mente, e raggiungere
livelli di concentrazione assai superiori a quello che si ha nell'esperienza ordinaria. Tutte le tradizioni riconoscono
l'importanza di una "guida spirituale" che aiuti nella pratica della meditazione.
Pellegrinaggio
Il pellegrinaggio è una forma di meditazione in movimento. Si svolge verso luoghi in cui si concentra l'energia
spirituale, spesso già venerati dalle tradizioni autoctone, che il buddhismo riconosce come luoghi di residenza di
divinità locali convertite al Dharma.
Il buddhismo e le divinità
Il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza, né un significato ultimo della propria
esistenza. Va precisato, tuttavia, che non esiste alcuna scuola buddhista al mondo che affermi, o abbia affermato,
l'inesistenza delle divinità.
Il Dharma, la legge che ha scoperto il Buddha, sostituisce la "divinità"; il buddhista si sente sottomesso alla legge, che
è eterna, assoluta, pura e immutabile: qualità che sono normalmente attribuite alla divinità.
Si può dunque considerare il buddhismo una religione? Un monaco birmano risponde: «L'insegnamento di Buddha non è
una religione, ma solo un modo pratico di vivere». Un altro monaco afferma: «Se la religione è intesa come un insieme
di insegnamenti morali e filosofici accettati con fede nella loro verità e praticati secondo la dottrina ricevuta, allora il
buddhismo è religione. Se invece pensiamo al culto di Dio non lo è».
Buddha e le donne
L'atteggiamento del Buddha all'inizio della sua predicazione rispecchiava la scarsa considerazione della donna tipica
delle civiltà antiche. Parlando ai monaci, afferma che non si deve mai parlare ad una donna, né guardarla, a meno di
esservi costretto per necessità. Se una donna poteva desiderare veramente la via della salvezza non aveva che
un'alternativa: rinascere "uomo"; cosa possibile, se nella sua vita come donna si sforzava di "sviluppare un pensiero
maschile".
Questo pensiero venne mitigato negli anni; si racconta che il cambiamento sia dovuto alle insistenze di alcune donne
che chiedevano la fondazione di un ordine femminile nel monachesimo buddhista. Il Buddha acconsentì dettando otto
regole per le comunità femminili.
Laicato buddhista
Anche se l'ideale del laico buddhista è notevolmente inferiore di quello monastico, anche ai laici il Buddha ha fissato
delle regole precise: fede, morale, generosità.
Il buddhismo in Thailandia
Il buddhismo raggiunse l'attuale Thailandia intorno al 250 a.C., attraverso i missionari inviati dall'imperatore indiano
Asoka, da poco convertitosi a questa religione. Ma solo con la conversione del re Rama Kamhaeng (fine XIII sec.) il
buddhismo fu adottato come religione di
stato; il re fece costruire al centro della
capitale Sukhothai il "Monastero della
grande reliquia", per custodirvi una preziosa
reliquia dell'Illuminato, ed essere luogo di
diffusione della dottrina. In Thailandia, il
buddhismo si caratterizza anche per una
particolare
concessione
alla
sfera
dell'invisibile, sintomo della sopravvivenza di
un credo autoctono.
Festività buddhiste
Nei paesi di tradizione theravada, verso il mese di maggio-giugno si ricordano il primo sermone e l'inizio della stagione
delle piogge, che segnava il periodo di ritiro dei monaci (che smettevano di essere itineranti durante la stagione
monsonica).
Bibliografia
"Le religioni del mondo"
"Buddhismo", a cura di Carlo Ghislandi
"Buddhismo", Nicoletta Celli, Dizionario delle religioni (Electa)
"Guida alle religioni" (San Paolo).
"Nuovo dizionario delle religioni", a cura di Hans Waldenfels (San Paolo).
http://it.wikipedia.org/wiki/Buddhismo
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