LA PSICO-NEUROENDOCRINO- IMMUNOLOGIA E IL CORPO

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LA PSICO-NEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA E IL CORPO
IL CORPO, UNA STORIA ANTICA
Le prime immagini del corpo umano, disegnate,
decine di migliaia di anni fa, sulle pareti delle caverne
o pietrificate in statuette femminili dalle enormi
mammelle e natiche, ci dicono che esso da sempre
è stato oggetto di attenzione, curiosità, idolatria,
rappresentazione e, naturalmente, studio e ricerca.
La riflessione sul corpo si è inevitabilmente
accompagnata a quella sulla mente e più in generale sulla vita, con risposte diverse, nel corso dei
millenni. Di grande interesse è però il fatto che,
a partire da 2500 anni fa, nel mezzo di quella
che il filosofo e medico tedesco Karl Jasper definì
“epoca assiale” (Jaspers 1965) che, a Oriente e a
Occidente, segnò l’emergere del pensiero razionale
in filosofia e in medicina, il corpo viene concepito
in stretta relazione con la mente. O, meglio, la
mente viene concepita come una manifestazione
del corpo in quanto organismo vivente. Con una
rilevante eccezione: Platone.
Platone concepisce il corpo come “tomba dell’anima” e quindi anima e corpo come due sostanze
di qualità incommensurabile, essendo l’anima un
principio divino e immortale, che potrà vivere una
vita vera solo separandosi dal corpo con la morte e
comunque, in vita, “stando lontano dalla prigione”.
Ben altra è la prospettiva di Aristotele: per il filosofo non esistono due sostanze, l’anima e il corpo,
che si relazionano tra loro, bensì esiste l’organismo
vivente che è tale in quanto ha una psiche (o anima
nella traduzione latina). La psiche è, quindi, quella
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CAPITOLO
1
funzione dell’organismo che consente all’essere,
umano o animale, di vivere (Aristotele 2003).
L’organismo «è anima e corpo, non nel senso che
anima e corpo siano due parti separate di esso,
ma nel senso che esso è un corpo che possiede la
capacità vivere» (Berti 2008, p. 119).
In Ippocrate e poi in modo compatto in Galeno,
così come nei testi cinesi antichi, nel Huandi Nei
Jing e nei testi del medico filosofo Sun Si Miao, le
attività mentali e psichiche in genere sono incardinate nel corpo, i cui organi sono responsabili
di funzioni mentali ed emozionali.
Galeno incardina le tre funzioni dell’anima nel
cervello, nel cuore e nel fegato. I cinesi nel cuore,
nel fegato e nel polmone.
Il cibo e l’attività fisica possono alterare l’attività
mentale ed emozionale, modificando gli umori,
secondo i Greci, modificando la circolazione dei
liquidi, delle sostanze vitali e delle energie, secondo
i Cinesi. A loro volta, sia per i cinesi che per i greci,
le passioni dell’anima influenzano l’attività degli
organi causando malattie.
Le dinamiche dell’organismo umano vengono
viste dalla medicina antica, greca e cinese, in modo
unitario. Il medico, sulle due sponde del continente euroasiatico, vede il proprio paziente come
un individuo e cioè, come suggerisce il nome,
come un essere “non divisibile”, intero, di cui
non è possibile indagare solo lo stato mentale o
solo lo stato fisico. Compiere simili valutazioni
è infatti considerato uno degli errori medici più
gravi (Bottaccioli 2010).
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La psico-neuroendocrino-immunologia e il corpo
IL CORPO COME LUOGO
DELLA COLPA
2
La rottura di questo paradigma unitario della
visione dell’essere umano si realizza nel IV-V secolo
dopo Cristo a opera della filosofia cristiana, nel
quadro di quel poderoso movimento storico che
porterà la Chiesa cattolica a costituirsi, nel corso dei
secoli, come potere culturale e politico autonomo.
L’influenza della Chiesa sulla cultura e la scienza
occidentali è stata enorme e talvolta dimenticata
o sottovalutata nella ricostruzione dello sviluppo
della scienza e della medicina occidentali. È nel
contesto del dominio papale che nasce una visione
dualista dell’essere umano ed è qui che viene bandita la ricerca filosofica e scientifica, autonoma
dalla teologia e dal potere coercitivo della Chiesa,
per più di mille anni.
È con l’intellettuale africano Agostino (354-430),
divenuto vescovo d’Ippona, che viene ripreso e
radicalizzato il dualismo platonico. Per Agostino
l’uomo è segnato dal peccato originale, che è trasmesso con l’atto sessuale. Il corpo è quindi il
depositario della colpa e, al tempo stesso, il veicolo
della trasmissione ereditaria del peccato che viene
da Adamo ed Eva. L’anima è di altra natura: essa è
indivisibile, non estesa, incorporea e non è diffusa
nel corpo, non si mescola alla carne e, a differenza
della concezione aristotelica, essa non è la forma
del corpo, infatti può sussistere indipendentemente
dal corpo. L’attività intellettiva umana, sostiene
Agostino, è indipendente dal corpo: infatti è Dio
che illumina la mente umana e le consente di
accedere alla conoscenza.
La visione dualistica dell’uomo rimarrà una
costante lungo i secoli e anche il tentativo fatto da
Tommaso d’Aquino (1225-1274), nel XIII secolo
e quindi alle soglie della modernità, di mitigarla,
recuperando Aristotele e la sua visione dell’anima
come forma del corpo e quindi a esso strettamente
connessa, deve cedere il passo, come scrive lo stesso
Tommaso, all’«assoluta necessità che l’anima sia
incorruttibile» e quindi immortale (Schönberger
2002, p. 117).
L’anima in Tommaso è quindi una forma che ha
il suo essere in sé. Anzi, dice Tommaso, l’immor-
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talità di un’anima così connessa al corpo è la giustificazione della fede cattolica nella resurrezione
del corpo, che si realizza proprio a completamento
dell’anima in quanto forma del corpo.
Il che ci mostra i salti mortali, sotto il profilo
logico, che un intelletto acuto, come quello del
filosofo campano, ha dovuto fare per conciliare la
ricerca filosofica e scientifica con la teologia, che
rimane la padrona assoluta del sapere che s’insegna
nelle nascenti Università, fino al XVI-XVII secolo,
quando s’avvertiranno le prime scosse dell’incipiente terremoto che emanava dalla rivoluzione
scientifica in fisica, in medicina e in filosofia.
CON LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
IL CORPO RIDIVENTA OGGETTO
DI STUDIO
Nell’enclave dell’Università di Padova, rara zona
franca, libera dal divieto papale di usare i cadaveri
per studiare l’anatomia, il belga Andrea Vesalio
(Andreas van Wesel), studente e poi docente in
quell’Università, polo europeo della medicina,
pubblica nel 1543 il De humani corporis fabrica
(La struttura del corpo umano), che segna la rinascita dell’anatomia scientifica dopo circa 1300 anni
di oscuramento.
Testo che verrà ampiamente studiato anche dal
filosofo francese René Descartes (1596-1650), che,
nei primi decenni del Seicento, navigando tra le
maglie della rete papalina che soffocava la scienza
e la filosofia, imprime un eccezionale impulso alla
ricerca scientifica. La nascita della fisiologia, da
Marcello Malpighi (1628-1694) a Thomas Willis
(1621-1675) a Hermannus Boerhaave (16681738), ha Descartes (Cartesio) come fonte esplicita d’ ispirazione.
L’approccio del filosofo francese è dualista
nei suoi presupposti dichiarati (teoria delle due
sostanze: la mente e il corpo), approccio cui forse
non è estranea la necessità di non sfidare il potere
papale per non fare la fine di Giordano Bruno e
di Galileo Galilei. Tuttavia, il suo approccio è, al
tempo stesso, unitario nella ricerca. In realtà, come
la più recente ricerca ha assodato, per Cartesio, la
mente è incarnata (Kirkeboen 2001; Brown 2006;
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Bottaccioli 2014)1: le emozioni coinvolgono sia il
corpo sia l’anima e sono un ponte tra i due con l’obiettivo di “guidare l’anima a seguire i programmi
della natura per proteggere l’organismo”; ragione
ed emozione sono strettamente intrecciate, non
esistendo una volontà pura, ma sempre mista a
passione; infine, le passioni hanno effetti fisiologici
sul corpo, nel bene e nel male.
Insomma, da una lettura non ideologica di
Cartesio, diversa quindi da quella presentata nel
celebre Errore di Cartesio di Antonio Damasio,
successivamente corretta dallo stesso neuroscienziato americano2, emerge un Cartesio molto più
equilibrato e complesso. Tuttavia, è indubbio che al
suo pensiero si richiameranno in modo unilaterale
filosofi e medici che daranno vita a una corrente
scientifica nota come meccanicismo.
Il manifesto programmatico del meccanicismo
fu un libro L’Homme machine (L’Uomo macchina),
comparso a metà del Settecento, a opera di un
medico filosofo francese, Julien Offroy de La
Mettrie (1709-1751), che, partendo dalla visione
cartesiana dell’animale come automa, compie
un salto di paradigma: non solo l’animale, ma
anche l’uomo è una macchina governata dagli
1
Come primo esempio della correzione della tradizionale
lettura di Cartesio approdata in un Manuale di storia della
filosofia, si veda: Spallanzani, M.F. (2015), René Descartes
e la filosofia secondo la regola della ragione; nonché Mori,
G.L., Le passioni dell’anima, entrambi in: Eco, U. e Fedriga,
R. (a cura di), La filosofia e le sue storie. L’età moderna,
Laterza, Roma-Bari, pp. 282-294
2
Damasio, diversi anni dopo, in un altro celebre libro Alla
ricerca di Spinoza (ed. it. Adelphi 2003), ha corretto sostanzialmente il suo giudizio liquidatorio con affermazioni che
imporrebbero una nuova edizione dell’Errore di Cartesio.
Damasio, infatti, scrive (pp. 224-225) che Cartesio
non solo non ha ritardato lo sviluppo della scienza, anzi è
stato il primo che “ ha intrecciato due filoni rimasti fino
ad allora separati: quello fisico-inorganico e quello vivente
organico”. Inoltre, Cartesio “ha insistito sulla reciproca
influenza tra mente e corpo”. Infine, il filosofo francese,
sempre secondo Damasio 2.0, “riguardo alla comprensione
del corpo era in anticipo rispetto ai suoi contemporanei”.
Insomma, una retromarcia che fa onore allo scienziato
statunitense e che parzialmente restituisce l’onore al filosofo francese.
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automatismi, che è possibile smontare e studiare,
così come si fa con le molle di un orologio.
Questa idea del corpo umano come una macchina orienterà la ricerca medica per i secoli a
venire. Nel paradigma meccanicista la mente è
uno sbuffo del corpo, come il fischio della locomotiva, secondo una metafora di Thomas Huxley,
medico, celebre amico di Charles Darwin. “Fischio,
che una volta emesso, non può più intervenire a
modificare il funzionamento della macchina che
l’ha prodotto” (Mondella 1995, p. 17).
Viene così a strutturarsi, nel corso degli ultimi
due secoli, quella separazione tra studio del corpo e
studio della mente, su cui si fonderà anche la separazione delle professioni di cura: medici e terapisti
che trattano il corpo senza una mente e psicologi
e psichiatri che trattano la mente senza un corpo.
UN CORPO GENETICAMENTE
PROGRAMMATO?
Nella seconda metà del Novecento, il paradigma
riduzionista trova una base potente nel dispiegamento della ricerca genetica, che ha l’obiettivo di
spiegare la complessità e i dettagli dell’organismo
umano, sia nella sua dimensione fisica sia in quella
mentale.
Non c’è un campo della biologia, della fisiologia
e della psicologia umana che non venga indagato
dalla ricerca genetica nel tentativo di spiegarne il
funzionamento in salute e in malattia: dal cancro
alle malattie autoimmuni a quelle psichiatriche, la
lente con cui si legge le patologie umane diventa
quella genetica. Anche le tipiche funzioni umane,
che sono emerse nel corso dell’evoluzione della
specie, vengono lette in chiave genetica.
IL LINGUAGGIO E IL CORPO
Un classico esempio è quello della risposta che è
stata data alla domanda: come è emersa la funzione
del linguaggio, che nella sua complessa articolazione, è tipicamente umana?
La risposta che ha dominato la linguistica
contemporanea è quella elaborata a partire dagli
anni Sessanta del Novecento da Noam Chomsky,
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che propone la presenza nel cervello umano di una
funzione innata, chiamata grammatica universale,
che consente al cervello di ogni bambino di apprendere facilmente la lingua del contesto in cui vive
indipendentemente dalla sua nazionalità. Per il celebre studioso statunitense, la funzione linguistica,
nella nostra specie, è comparsa improvvisamente,
frutto di una mutazione genetica, che ha conferito, scrive Chomsky, probabilmente a un singolo
individuo della specie Homo sapiens un vantaggio
evolutivo enorme rispetto agli altri uomini, perché
il linguaggio, per lo studioso, è soprattutto una
modalità della mente e solo secondariamente un
mezzo di comunicazione interumana (Chomsky
1998, 2008).
In questa visione, viene affermata la radicale
diversità tra la nostra specie e tutte le altre, anche
quelle a noi molto vicine e, per lungo tempo, contemporanee, come gli umani di Neanderthal, ma si
postula anche l’assoluta separazione tra evoluzione
del corpo ed emergenza di funzioni mentali.
In realtà, l’ipotesi di Chomsky, oltre ad apparire alquanto fantasiosa, non ha alcun riscontro
empirico.
I nostri cugini di Neanderthal, che avevano una
struttura fisica possente, un cervello di dimensioni anche superiori a quello dei nostri antenati avevano però una conformazione del tratto
testa-collo peculiare. Avevano il palato e il tratto
nasofaringeo più lunghi, mentre il collo era più
corto. L’emergenza di un tratto vocale sopralaringeo
(Figura 1.1 ) adeguato all’articolazione dei suoni,
che ha bisogno di un uso raffinato della lingua a
contatto con la laringe, evitando, al tempo stesso,
il rischio del soffocamento da ingestione di cibo,
compare con Homo sapiens circa 200.000 anni fa
ed è il risultato di tre processi di modificazione
fisica: (1) un accorciamento del nasofaringeo; (2)
una riduzione della faccia, che diventa più tonda;
(3) un allungamento del collo (Lieberman 2016).
Queste modificazioni fisiche danno la possibilità
al cervello di sperimentare la produzione di una
gamma di suoni articolati che migliorano notevolmente la comunicazione nel gruppo dei sapiens,
favorendo selettivamente un migliore adattamento
ambientale anche in contesti nuovi.
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Faringe
Vallecola
Epiglottide
Laringe
Esofago
Lingua
Trachea
Figura 1.1 L’apparato fonatorio umano. La cavità centrale della
laringe è di forma tubolare e rivestita da mucosa che presenta un
epitelio cilindrico, pseudostratificato ciliato, con intercalate cellule
caliciformi mucipare.
L’apertura superiore della cavità (adito laringeo) sbocca nel lato anteriore
della faringe appena sotto e dietro la lingua, la quale quindi è in stretto
collegamento con la laringe. L’apertura inferiore della cavità laringea si
continua con il lume della trachea ed è continuamente aperta, mentre
l’adito laringeo può essere chiuso da un movimento verso il basso
dell’epiglottide. La cavità della laringofaringe è in rapporto anteriormente
con una coppia di tasche mucose (vallecole), una su ciascun lato della
linea mediana, tra la base della lingua e l’epiglottide.
Quindi, la coevoluzione di modificazioni fisiche, cerebrali, culturali e comportamentali, che
per via transgenerazionale, nel corso di decine di
migliaia d’anni, consolidano la peculiare capacità
linguistica umana, è la spiegazione più plausibile
all’emergenza del linguaggio umano.
Il modello della coevoluzione, che forse sarebbe
più efficace definire evoluzione integrata di sistemi
fisici, psichici e mentali, consente di comprendere
meglio le influenze reciproche tra sistemi biologici
e sistemi psichici.
LA RELAZIONE BIDIREZIONALE
CERVELLO-FUNZIONI MENTALI
Le funzioni psichiche, ovviamente, dipendono da
quelle cerebrali, ma anche le cerebrali dipendono
da quelle psichiche.
Lo studio, tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), del cervello dei bambini che imparano
a leggere dimostra che, a partire dai 7 anni di età,
i circuiti tendono a strutturarsi: lateralizzazione a
sinistra dell’area occipito-temporale ventrale, che
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riconosce la forma delle parole; attivazione del solco
temporale e del circuito fino all’area di Broca per
l’elaborazione fonologica. Quindi, l’apprendimento
della lettura modifica il cervello, come è emerso
chiaramente dagli studi sugli illetterati adulti del
sud del Portogallo, dove per secoli il dominio
maschile ha imposto che la prima figlia femmina
non studiasse per mandare avanti la famiglia.
Queste donne, esaminate con la fMRI, hanno
mostrato tutte le difficoltà di comprensione del
linguaggio che derivano dalla non lettura, ma
anche il loro cervello era diverso: il corpo calloso
posteriore era meno ispessito di quello di persone
che avevano imparato a leggere (Dehaene 2009).
Abbiamo prove che lo stesso accade nel cervello
di persone dedite alla meditazione o che seguono
una psicoterapia risultata efficace.
È dimostrato che il cervello di studenti che si
sottopongono a un impegnativo esame universitario
viene modificato a livello dell’ippocampo e di altre
aree coinvolte nell’elaborazione concettuale e nella
memorizzazione dei dati. Così come è dimostrato
che vivere in orfanotrofio per un lungo periodo
causa alterazioni strutturali diffuse nella materia
bianca del cervello dei bambini.
Abbiamo infine prove che vivere una condizione
sociale di esclusione e di povertà lascia segni nel
cervello (Bottaccioli e Bottaccioli 2017, cap. 10).
Questi dati della ricerca dimostrano che la teoria della cosiddetta identità mente-cervello non
è scientificamente fondata. Documentano altresì
che la relazione psiche-cervello è bidirezionale e
che il cervello è il principale destinatario delle
funzioni psichiche che emergono dai suoi circuiti.
Le funzioni psichiche, infatti, servono non solo a
produrre attività cognitive, sentimenti, emozioni,
comportamenti, ma servono anche e soprattutto a
strutturare i circuiti cerebrali da cui queste attività
emergono.
La ricerca epigenetica ci ha aperto la via per
comprendere come l’ambiente, fin dalle prime
fasi di vita, modelli e strutturi l’epigenoma dei
principali sistemi cerebrali deputati all’organizzazione dei comportamenti, all’apprendimento e alla
memoria, alle relazioni, in definitiva all’interfaccia
con il mondo (Bottaccioli 2014).
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LA PSICHE NON SOLO DENTRO
IL CERVELLO, MA DENTRO
L’INTERO L’ORGANISMO
Un’evoluzione del cognitivismo che, a partire
dagli anni Novanta del secolo scorso, ha assunto
il nome di “nuove scienze cognitive” in posizione
critica verso le vecchie scienze cognitive centrate
sulla metafora “mente = computer” e che quindi
ignoravano il ruolo dell’organismo di cui la mente
è parte integrante, ha messo in primo piano il ruolo
del corpo o, meglio, della cognizione incarnata,
incorporata, per tradurre alla lettera l’espressione,
ormai invalsa, embodied cognition.
Questa tendenza scientifica ha orientato numerose
ricerche sul rapporto tra attività psichiche (cognitive ed emotive) e attività motorie, giungendo alla
conclusione che non è possibile separare le attività
cognitive ed emotive dall’azione e che, anzi, è nell’azione il fondamento della loro stessa possibilità di
essere prodotte (Caruana e Borghi 2016).
Effettivamente, la mano non è uno strumento
esecutivo della mente, è a tutti gli effetti un organo
della mente. Abbiamo numerose prove sperimentali della centralità del comportamento motorio
nella produzione cognitiva, nell’espressione delle
emozioni, nell’influenza sullo stesso assetto del
cervello.
Tuttavia, il corpo di cui parlano i nuovi cognitivisti non è l’organismo nella sua interezza, dal
momento che il comportamento motorio è un
aspetto, pur rilevante, ma solo un aspetto della
vita del cervello e dell’organismo. Talvolta, l’embodied cognition appare più una metafora filosofica
che un paradigma scientifico, capace di indagare
le diverse relazioni che i sistemi biologici, che
compongono l’organismo, intrattengono con la
dimensione cognitiva e psichica in generale.
L’organismo è un sistema complesso, il cui stesso
assetto strutturale, dato dalla configurazione del
sistema muscolo-scheletrico e del pannicolo
adiposo, dalla struttura dei sistemi connettivali
(fasciali), dall’organizzazione tridimensionale
delle cellule e delle loro relazioni con le fibre che
costituiscono la cosiddetta “matrice extracellulare”,
va a determinare flussi di segnalazione, di natura
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meccanica, chimica ed elettromagnetica, che a
buon diritto rappresentano matrici relazionali su
cui si struttura la dimensione psichica.
Questa segnalazione, che viene dai sistemi biomeccanici e dai sistemi biologici di regolazione
dell’organismo, è capace di influenzare stabilmente
le attività emotive, cognitive e motivazionali.
Ciò significa, per esempio, che avere un eccesso
di grasso soprattutto a livello ventrale, oppure, al
contrario, avere una massa muscolare deficitaria
(sarcopenia), così come avere una condizione di
infiammazione cronica, anche subclinica, può produrre segnalazioni a livello cerebrale che contribuiscono a strutturare uno stile emozionale e cognitivo.
VIA UMORALE
VIA NERVOSA
Cambiamenti
Cambiamenti
comportamentali
comportamentali
Target
cerebrali
Target
cerebrali
PGE2
NO
CVO
NTS
Nervo
vago
IL-6, IL-1β,
TNF α
Monociti attivati e macrofagi
6
IL-6, IL-1β,
TNF α
Monociti attivati e macrofagi
Figura 1.2 Dall’immunità al cervello. A sinistra la via umorale, che, tramite la circolazione sanguigna, porta le citochine direttamente negli
organi cerebrali cosiddetti circumventricolari (attorno ai ventricoli) che non hanno barriera ematoencefalica. Invece, laddove c’è la barriera,
le citochine possono passare tramite specifici sistemi di trasporto (non indicati) o anche tramite la stimolazione della produzione di altre
sostanze, come ossido nitrico (NO) e prostaglandine (PG). A destra, la via nervosa che – in particolare tramite il nervo vago, il quale presenta
recettori per le citochine – porta i segnali immunitari prima dentro il nucleo del tratto solitario (NTS) e da qui alle altre strutture cerebrali, in
particolare al sistema limbico (ipotalamo, ippocampo e amigdala). (Da: Bottaccioli F., Epigenetica e Psiconeuroendocrinoimmunologia. Edra
LSWR S.p.A., Milano, 2014).
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C’è quindi una matrice interna, che è rappresentata dall’organismo nella sua complessa struttura,
che costituisce una fonte rilevante di organizzazione
della dimensione psichica, che le scienze psicologiche nel loro insieme, di derivazione cognitivista
o psicoanalitica, non prendono in considerazione,
riducendo volta a volta il corpo al cervello o al
sistema motorio. Si potrebbe dire che, per la psicologia contemporanea e per i modelli dominanti nelle
neuroscienze, l’organismo è una categoria generica,
«un corpo senza organi», prendendo a prestito la
definizione che ha dato il filosofo postmoderno
Gilles Deleuze (Fugali 2016, pp. 183-185).
I prossimi capitoli descrivono nel dettaglio l’articolazione strutturale del corpo umano dall’angolo
visuale della fascia, una categoria anatomica che,
nel corso degli ultimi decenni, s’è imposta all’attenzione degli studiosi e degli operatori.
Dal punto di vista strutturale, le fasce avvolgono
tutte le componenti somatiche del corpo per proteggerle fornendo i condotti per il passaggio dei
nervi, dei vasi sanguigni e linfatici in modo che
essi si possano diffondere nell’organismo senza
il rischio di lesionarsi. Una variazione di densità
del tessuto, dovuta per esempio a un trauma, una
+
cicatrice o un’infiammazione locale, può alterare
le funzioni dei nervi e la circolazione dei liquidi,
con conseguente compromissione degli scambi
metabolici cellulari.
L’ampia distribuzione fasciale, il suo ruolo meccanico e l’abilità dei fibroblasti (cellule del tessuto
connettivo) di comunicare tramite le gap junction
(giunzioni fra cellule), suggeriscono che la fascia
sia in grado di formare un ampio sistema corporeo di segnalazione meccanosensibile analogo al
sistema nervoso.
Abbiamo così un’altra importante fonte di
integrazione fisiologica locale e di segnalazione
sistemica, che va a completare il quadro di funzionamento integrato dell’organismo che la psiconeuroendocrino-immunologia ha sviluppato nel
corso degli ultimi decenni e che è riassunto nelle
Figure 1.2-1.4 (Bottaccioli e Bottaccioli 2017, in
particolare il cap. 11).
Auspichiamo che su questa solida base scientifica, le discipline manuali e i professionisti che
le praticano possano finalmente realizzare quel
salto culturale imposto dal loro stesso sviluppo,
in termini di positiva accoglienza tra i cittadini e
di crescente accreditamento nel sistema sanitario.
IL-1, TNF, IL-6
Ipotalamo
+
MT
+
PRL
+
–
–
–
–
Cellule
immunitarie
+
+
Ipofisi
Locus coeruleus
ACTH
OT
Endorfine
MSH
GH/IGF-1
MIF
–
–
+ –
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CRH
E
T
Cortisolo
Adrenalina
Noradrenalina
Dopamina
Neuropeptidi
1
Surrenali
Sistema
nervoso
simpatico
Figura 1.3 Dal cervello all’immunità. Il disegno riassume le conoscenze attuali sulle influenze degli
ormoni sull’immunità ed evidenzia
l’azione delle citochine nel cervello.
I segni + e – indicano, rispettivamente, attivazione e inibizione,
anche se occorre avere chiaro che
sono una semplificazione, poiché
l’azione degli ormoni è diversa a
seconda dei circuiti immunitari su
cui essi agiscono, dei loro livelli di
concentrazione plasmatica, nonché
dello stato in cui si trova il sistema
immunitario.
CRH (Corticotropin Releasing
Hormone), ormone che rilascia la
corticotropina; E, estrogeni; GH/
IGF-1 (Growth Hormone/Insuline
like Growth Factor-1), ormone
della crescita/fattore di crescita
insulino-simile di tipo 1; MIF
(Macrophage Inhibitory Factor),
fattore inibitorio dei macrofagi; MSH
(Melanocyte Stimulating Hormone),
ormone che stimola i melanociti;
MT, melatonina; OT, ossitocina;
PRL, prolattina; T, testosterone.
(Da: Bottaccioli F., Epigenetica e
Psiconeuroendocrinoimmunologia.
Edra LSWR S.p.A., Milano, 2014).
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Va
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e
nt
re
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Vago
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St
re
ss
1
Milza
NE
TNF-α
Linfocita
Microbiota
ACh
REGOLAZIONE
INFIAMMAZIONE
Intestino
Macrofago
Figura 1.4 La regolazione simpato-vagale dell’infiammazione.
Lo stress, le infezioni e altre condizioni possono alterare il microbiota intestinale e innescare una
risposta infiammatoria sostenuta
da varie cellule immunitarie, tra cui
macrofagi, mastociti, natural killer (qui, per semplicità, è indicato
solo il macrofago). Il nervo vago
(afferente) possiede recettori sia
per le componenti microbiche sia
per le citochine e le chemochine
rilasciate dalle cellule immunitarie
(qui è indicato solo il TNF-α). La
ricezione degli stimoli da parte del
vago afferente induce una risposta
vagale in uscita (vago efferente) che,
secondo la visione attuale, attiva le
fibre simpatiche contenute nel ganglio celiaco (non mostrato in figura),
le quali nella milza, tramite il rilascio di
noradrenalina (NE), indurranno i linfociti T a produrre acetilcolina (ACh).
L’acetilcolina, recepita dal recettore
⟨7-nicotinico collocato sul macrofago, regolerà l’attività del macrofago in senso antinfiammatorio.
(Da: Bottaccioli F. e Bottaccioli A.G.,
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
e scienza della cura integrata. Il
Manuale. Edra S.p.A., Milano, 2017).
BIBLIOGRAFIA
Aristotele (2003), L’anima, a cura di Giancarlo Movia, testo greco a
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