Fernand Braudel Civiltà materiale, economia e

Storia
Fernand Braudel
Civiltà materiale, economia e capitalismo
Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII)
1967
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Le strutture del quotidiano è la prima delle tre parti che compongono “Civiltà materiale,
economia e capitalismo”, un’opera monumentale nella quale il grande storico francese ha
illustrato quattro secoli di storia mondiale secondo la metodologia tipica della scuola delle
Annales. L’attenzione di Braudel è rivolta ai fenomeni di lunga durata, resistenti ai
cambiamenti superficiali, e ai dettagli della vita quotidiana delle persone, in contrasto con
la storiografia tradizionale concentrata sugli avvenimenti politici e militari. Braudel dà
massimo risalto a quella che chiama “civiltà materiale”, cioè i modi lavorare, di scambiare,
di mangiare, di abitare, di vestire, di riprodursi degli uomini e delle donne. La lettura di
questa sua opera, ricchissima di dettagli e di riflessioni illuminanti, permette di fare un
viaggio nel tempo e nello spazio, immergendosi quasi dal vivo nelle “strutture del
quotidiano” degli europei, degli asiatici, degli africani, degli americani vissuti in epoca
moderna, dal Rinascimento agli albori della Rivoluzione industriale.
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PUNTI CHIAVE

Tra i secoli XV e XVIII la crescita della popolazione mondiale è stata molto più lenta
rispetto ad oggi, e con un andamento alterno.

L’alimentazione vegetale ha quasi ovunque prevalso sull’alimentazione basata
sulla carne.

Le piante predominanti sono state il grano in Occidente, il riso in Oriente, il mais
nel Nuovo Mondo.

Tra il 1350 e il 1550 l’Europa ha potuto permettersi un alto consumo di carne, che
calerà nei secoli successivi.

Il vino è la bevanda della civiltà europea, il tè della civiltà asiatica.

L’Europa si è affidata alle fonti energetiche animali e inanimate molto più che il
resto del mondo.

La metallurgia si è sviluppata in Asia, ma solo in Occidente ha condotto alla
Rivoluzione industriale.

Nel mondo i vestiti e le abitazioni sono stati quasi immutabili per secoli, mentre in
Europa la moda è stata molto più mutevole.

Le armi da fuoco, la stampa e la navigazione d’alto mare sono state le tre grandi
rivoluzioni tecniche dell’epoca moderna.

La funzione monetaria è stata svolta da una grande varietà di merci differenti, ma
alla fine si sono affermate le monete d’oro, argento e rame.

Le città europee hanno avuto una storia di libertà diversa da tutto il resto del
mondo, che ha dato origine alla borghesia e al capitalismo.
RIASSUNTO
Il peso del numero
Fernand Braudel comincia la sua immensa analisi delle strutture del quotidiano, cioè della
vita materiale delle persone, con le valutazioni di tipo demografico. Il segno esteriore più
distintivo dell’umanità prima del 1800, infatti, è l’aumento relativamente lento del
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numero degli uomini. Nel corso dei quattro secoli esaminati nel libro, dal XV al
XVIII secolo, la popolazione del globo è probabilmente raddoppiata, mentre oggi
raddoppia ogni trenta o quarant’anni. Anche il ritmo è cambiato: nel nostro tempo si ha
uno sviluppo continuo, mentre ieri vi era un movimento alterno di crescite e regressi, che
si annullavano - ma non del tutto - tra loro. Vi sono state infatti tre espansioni
demografiche - la prima dal 1100 al 1350, la seconda dal 1450 al 1650 e la terza a partire
dal 1750, intervallate da due forti riflussi: uno tra il 1350 e il 1450, e uno tra il 1650 e il
1750.
Simili fluttuazioni di lungo periodo si ritrovano sorprendentemente anche fuori
dall’Europa, dato che la Cina e l’India hanno probabilmente progredito e regredito con lo
stesso ritmo dell’Occidente. Come si spiegano queste tendenze sincroniche? Braudel
attribuisce al clima l’importanza maggiore, dato che fra il ‘400 e il ‘700 il mondo è
costituito ancora da un’immensa massa di contadini, fra l’80 e il 95 per cento, e la qualità
dei raccolti determina tutta la vita materiale. Il raffreddamento globale del Trecento e la
piccola era glaciale del Seicento offrono quindi una plausibile spiegazione unitaria del
regresso della popolazione mondiale.
Braudel mette comunque in guardia sui calcoli della popolazione, dato che al di fuori
dell’Europa e della Cina non si hanno dati reali ma solo congetture. È comunque
verosimile che l’Europa abbia raggiunto 100 milioni di abitanti nel 1650, 173 milioni nel
1750, 211 milioni nel 1800 e 266 milioni nel 1850. Nel mondo, invece, si possono
approssimativamente indicare questi numeri per il 1680: Africa dai 35 milioni ai 50
milioni; Asia dai 240 ai 360; Europa 100; America 10; Oceania 2.
La crescita della popolazione viene limitata delle carestie, una presenza costante in
Europa e soprattutto in Asia, dove assumeva toni apocalittici, e dalle epidemie: il vaiolo, il
tifo, le influenze, la tubercolosi, la sifilide (che si diffonde a macchia d’olio dopo la
scoperta dell’America) si abbattono con frequenza e con virulenza sulle popolazioni,
decimandole. La pandemia peggiore di tutte, la peste, ha una veemenza eccezionale tra il
1439 e il 1640, e nell’Europa occidentale si attenua solo nel ‘700: la sua ultima comparsa
spettacolare sarà a Marsiglia nel 1720.
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Vi è un’altra piaga che si abbatte sulle popolazioni come un flagello: i nomadi del deserto
e delle steppe. L’Europa, a differenza della Cina e dell’India, ha avuto il vantaggio di
sfuggirvi, nonostante qualche episodio antico conservato nelle memorie: gli unni, gli avari,
gli ungari. L’Europa fu protetta dallo sbarramento dei popoli dell’Est: le loro disgrazie
hanno protetto la sua quiete.
Il pane quotidiano
L’alimentazione degli uomini tra il ‘400 e il ‘700 è consistita essenzialmente di alimenti
vegetali. Questo fatto è evidente per l’America precolombiana e l’Africa nera ed è
lampante per le civiltà asiatiche del riso. L’Europa invece è riuscita a dare maggiore spazio
all’allevamento ed è stata più carnivora. Le ragioni della prevalenza dell’alimentazione
vegetale è semplice: in base all’aritmetica delle calorie, su superfici uguali l’agricoltura è
molto superiore all’allevamento, nutrendo un numero di uomini dieci o venti volte
superiore. La pianta nutritiva più importante è il grano, che si espande insieme alla
colonizzazione europea. Oltre ad esso gli europei coltivano il miglio, l’orzo, le segale,
l’avena, il riso o altre farine come le castagne o il grano saraceno. Tuttavia nemmeno
sommati gli uni agli i cereali panificabili creano l’abbondanza: l’uomo dell’Occidente,
scrive Braudel, deve abituarsi a una cronica penuria alimentare. Ogni suo aumento di
prezzo provoca puntualmente disordini e sommosse popolari.
Il riso, la cui produzione ancora oggi si trova al 95 % in estremo oriente, ha rispetto al
grano un più elevato rendimento e potere nutritivo. Le immense risaie dell’Asia riescono
a sfamare popolazioni molto numerose, assicurando un’alta densità di popolazione. La
sua coltivazione richiede però una rigidissima organizzazione sociale per rispettare gli
strettissimi tempi del calendario agricolo, che permette ben due raccolti all’anno senza
bisogno di rotazione delle colture. Occorre infatti un vasto sistema di irrigazioni collegate
e sorvegliate dall’alto. Questo implica uno Stato manageriale “idraulico”, autoritario e
centralizzato. I cinesi, inoltre, non hanno mai utilizzato il bestiame per le coltivazioni, né
hanno mai sfruttato le proprie montagne per l’allevamento o le foreste, rinunciando al
consumo di carne, di latte e di formaggi. Mentre le montagne europee sono ricche di
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pastori, di greggi e di lavoro, le zone montagnose della Cina sono deserte: la vita
pullula solo nelle risaie della pianura.
Un altro cereale importante per la storia dell’alimentazione umana è il mais, che ha
origine nelle Americhe. I suoi vantaggi sono la crescita rapida e i pochi sforzi che richiede:
solo cinquanta giornate lavorative all’anno. Tutto questo ozio contadino sarà però
utilizzato per immensi lavori faraonici da immensi Stati teocratici, smisuratamente
tirannici, come l’impero incas e azteco. Inoltre l’alimentazione assicurata dal mais è
insufficiente: sarebbe necessaria un’integrazione di carne che però spesso manca. Dopo la
scoperta dell’America il mais si espande fuori dall’Europa, ma lentamente: il suo successo
non si verifica prima del XVIII secolo. La sua poca dispendiosità permette comunque ad
alcune popolazioni, come quelle del Veneto o dell’Africa, di risolvere il problema delle
ricorrenti carestie. La patata, infine, è la terza pianta “dominante” che ha assunto una
notevole importanza nell’alimentazione americana ed europea, ma non in Asia.
Se le civiltà più dense ed evolute si sono basate su queste piante, altri popoli agricoli
meno evoluti hanno fatto affidamento a piante secondarie come la manioca, i tuberi
tropicali e altri alberi da frutta come le palme e i banani. Braudel sta parlando degli
“uomini della zappa”: gruppi umani meno privilegiati rispetto agli uomini del riso e del
grano, ma che occupano con perseveranza vastissimi spazi, cioè l’intero anello centrale
del globo. Infine, ad un livello ancor più primitivo abbiamo i popoli non agricoli, ad
esempio le popolazioni selvagge delle Americhe o dell’Oceania che vivono di raccolta, di
caccia e di pesca.
Alimenti e bevande
È difficile, quando si parla di cibi, distinguere quelli superflui da quelli necessari, dato che
il lusso è sempre relativo. Lo zucchero, il pepe, l’alcool e i primi liquori, ad esempio, sono
un lusso nel Cinquecento, così come i piatti e le forchette, il cui uso si diffonde con
lentezza da Venezia. La cucina ricercata arriva in Europa tardi, rispetto ad altre civiltà: la
cinese già nel V secolo, la musulmana verso i secoli XI e XII, in Occidente solo nel XV
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secolo nelle ricche città italiane. Nel ‘500 ogni città d’Italia ha le sue speciali
prelibatezze, ma già in quest’epoca la Francia è diventata il paese per eccellenza del buon
mangiare.
Tra il 1350 e il 1550 l’Europa ha conosciuto, dal punto di vista alimentare, un periodo
molto felice, con un consumo di carne molto più elevato che in ogni altra parte del
mondo. Successivamente si verifica una strana regressione, e il consumo della carne
diminuisce sempre più, fino al 1850: «Con l’età moderna il privilegio dell’Europa carnivora
si è ridotto e i veri rimedi non sorgeranno prima della metà del secolo XIX, grazie alla
generalizzazione delle praterie artificiali, allo sviluppo dell’allevamento scientifico e anche
allo sfruttamento dei lontani allevamenti del Nuovo Mondo. L’Europa resterà a lungo con
la sua fame» (p. 173). Per quanto sminuito, l’Europa rimane un continente privilegiato,
perché il consumo della carne rimane rarissimo in Asia.
Tra gli alimenti più importanti vi è il sale, indispensabile per salare carni e pesci. Il suo
commercio è universale e obbligatorio, e si fa di tutto per reperirlo. Il latte, il burro e il
formaggio, che offrono proteine a buon mercato, sono popolari in Europa, nell’Islam e in
India, con la totale eccezione della Cina, che rifiuta sistematicamente questi alimenti. Le
uova sono un alimento abbondante in Europa ma non in Asia, dove sono rarissime e non
fanno parte dell’alimentazione popolare. Anche la pesca marina è praticamente ignorata
in gran parte dell’Asia, con l’esclusione del Giappone, e nel Nuovo Mondo. Per gli europei
fu una rivoluzione, a cominciare dalla fine del ‘400, lo sfruttamento intensivo dei
ricchissimi banchi di merluzzo di Terranova. Le spezie e il pepe erano conosciute ma poco
usate dai romani: niente che vedere con la passione per le spezie degli uomini medievali.
Braudel documenta infine i consumi delle bevande. Il rifornimento dell’acqua potabile fu
sempre difficoltoso, anche nelle città più ricche come Venezia: gli acquedotti erano pochi
e i secchi venivano portati nelle case dai numerosi acquaioli. In Cina invece si bevono solo
bevande calde, e probabilmente questa abitudine ha contribuito alla salute della sua
popolazione. Il vino è la bevanda più popolare dell’Europa, e la vigna è la pianta tipica
della civiltà europea. Si coltiva solo nelle aree calde meridionali, non oltre la linea di
demarcazione che congiunge la Loira con la Crimea. La birra, che ha origini molto antiche,
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si diffonde soprattutto nel nord Europa. L’uso dell’alambicco permette inoltre agli
europei di distillare con successo l’acquavite, il rum e altri liquori. Purtroppo gli alcolici
portati dagli europei nel Nuovo Mondo produrranno effetti catastrofici sulle popolazioni
indigene. Contemporaneamente all’alcool l’Europa scopre tre nuove bevande eccitanti e
toniche: il caffè (proveniente dalla Persia o dall’Etiopia), il cioccolato (dal Messico) e il tè
(dalla Cina). Infine dalle Americhe arriva il tabacco, che tra il ‘500 e il ‘600 si impadronisce
di tutto il mondo, con un successo persino maggiore del tè o del caffè.
L’abitazione, il vestiario e la moda
Dando un’occhiata generale alle abitazioni di tutto il mondo dal XV al XVIII secolo, si
notano innanzitutto le costrizioni imposte dalla reperibilità dei materiali da costruzione.
La pietra spesso si rivela un lusso, e la maggior parte delle abitazioni sono di legno e di
terra. In Occidente e nel Mediterraneo, ricorda Braudel, una civiltà della pietra ha
richiesto secoli per formarsi: è stato necessario sfruttare le cave e scoprire le pietre di più
facile lavorazione. Parigi, ad esempio, fu per lungo tempo una città in legno, e quando
diventerà una città in pietra altre città come Londra o Amsterdam nel XVII secolo passano
al mattone.
Gli interni delle case dei poveri sono quasi sempre senza mobilio. In Asia, in Africa e
nell’Islam non vi sono sedie né tavoli (salvo che in Cina), né camini per il riscaldamento. La
posizione distesa o accovacciata è considerata scomodissima per gli europei, ma fuori
dall’Europa è onnipresente. Solo i cinesi adottano sia la posizione seduta che quella
accovacciata. La regola generale, comunque, è che le civiltà tradizionali rimangono fedeli
all’arredamento tradizionale: un interno cinese, giapponese, indiano o musulmano del
‘400 è uguale a quello del ‘700.
Lo stesso vale per gli abiti. Fuori dall’Europa la moda resta immobile per secoli, e cambia
solo in seguito agli sconvolgimenti politici o sociali. La regola dell’immutabilità della moda
è valida per l’Europa solo fino agli inizi del XII secolo, quando l’abito è rimasto quello che
veniva portato in età barbarica: lunghe tuniche cadenti fino ai piedi per le donne, e fino al
ginocchio per gli uomini. Un grande cambiamento avviene nel 1350, quando per le donne
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arrivano i corsetti che disegnano le forme e le scollature, mentre si accorcia di
colpo l’abito maschile. Questo abito che si foggia sul corpo è destinato a durare per
sempre: gli uomini non rimetteranno più gli abiti lunghi. Nei secoli successivi in Occidente
la moda diventa mutevolissima, e nulla riesce più a contrastare la passione di portare gli
abiti più differenti, segno di ogni minima promozione sociale. Si passa dal sontuoso abito
rinascimentale italiano del ‘400 all’abito scuro spagnolo del ‘500 alla moda colorata
francese del ‘600.
Per quanto riguarda i bagni e la pulizia del corpo, in Occidente si verifica un regresso
impressionante dopo il ‘500, quando i bagni pubblici nelle città si fanno più rari e quasi
scompaiono. Nel Medioevo, invece, i bagni pubblici, antica eredità di Roma, erano una
presenza regolare. Le mutande che si cambiano ogni giorno al posto delle braghe
foderate si diffondono in Europa solo nella seconda metà del ‘700. In Cina invece non
esiste né biancheria intima né sapone.
La diffusione delle tecniche: fonti di energia e metallurgia
Quello dell’energia è sempre stato un problema chiave. Dal ‘400 all’800 l’uomo dispone,
per importanza decrescente, delle seguenti fonti d’energia: forza animale, legna, mulini
ad acqua, forza muscolare umana, vela e mulini a vento. Gli animali da carico utilizzati
nell’America del sud sono tradizionalmente i lama e i muli, giunti dal vecchio mondo
insieme a bovini, equini, pecore, capre, cani, polli. Gli animali utilizzati per il tiro e il
trasporto in Europa sono i buoi e i cavalli, in Asia i dromedari e i cammelli. In Europa la
plurisecolare familiarità con il cavallo ha permesso il progressivo perfezionamento dei
suoi finimenti: collare per le spalle nel secolo IX, sella, staffe, morso, redini, bardatura,
attacco in fila, ferratura. Molto più rari invece sono gli animali da lavoro in Cina, in India e
in Africa, dove ci si affida soprattutto alla forza muscolare umana. È probabile infatti che
nel mondo antico e in Cina l’introduzione delle macchine sia stata bloccata
dall’abbondante forza-lavoro degli uomini, fossero gli schiavi della Grecia e di Roma o i
numerosissimi contadini cinesi.
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L’enorme diffusione dei mulini ad acqua nel Medioevo, che migliorò nettamente la
ruota idraulica romana, permise un considerevole aumento di potenza. Il mulino a vento,
che ha come patria la ventosa Olanda, ebbe invece un’importanza molto minore, perché il
suo funzionamento dipende da un elemento capriccioso e poco affidabile. Prima del ‘700
anche il legno ha una grandissima rilevanza economica per il riscaldamento e la
costruzione di case, mobili, utensili, vetture, battelli. L’Europa, ben fornita di foreste, ha
trovato in ciò una delle ragioni della propria potenza. Dirimpetto a lei l’islam è stato
minato, sul lungo periodo, dalle penuria delle risorse di legname e del loro progressivo
esaurirsi.
In Europa nel XVII secolo i problemi legati al disboscamento vengono risolti con il
passaggio al carbon fossile e al coke, la brace del carbone. Anche se le fucine e le fonderie
sono molto diffuse, la produzione di ferro è invece molto modesta rispetto agli standard
attuali: siamo ancora lontani dalla civiltà del ferro e dell’acciaio che si affermerà nel tardo
XIX secolo. La metallurgia del ferro si era diffusa molto presto a partire dal Caucaso, e si
sviluppa largamente in Asia. La fusione asiatica al crogiuolo permette infatti la
fabbricazione in India di un acciaio di alta qualità, conosciuto in Europa come “acciaio di
Damasco”. La metallurgia ha però un destino opposto in Cina, il cui sviluppo precocissimo
si arresta dopo il XIII secolo, e l’Occidente, che ha uno sviluppo tardo ma decisivo, capace
di condurre alla rivoluzione industriale.
Rivoluzioni e ritardi tecnici
Le grandi rivoluzioni tecniche tra il XV e XVIII secolo sono le armi da fuoco, la stampa e la
navigazione d’alto mare, anche se parlare di rivoluzione è solo un modo dire perché
nessuna di esse si realizza rapidamente. La polvere da sparo viene inventata in Cina nel IX
secolo, mentre le prime armi da fuoco cinesi risalgono forse al secolo XI. In Europa la
polvere da sparo compare nei primi del ‘300. L’artiglieria fa la sua prima comparsa sui
campi di battaglia a Crécy nel 1347, ma non diventa un elemento importante delle guerre
europee prima della spedizione di Carlo VIII in Italia del 1494, quindi dopo un secolo e
mezzo di gestazione. Se nel ‘400 il cannone cinese è superiore a quello europeo, alla fine
dello stesso secolo l’artiglieria europea è già superiore a tutto ciò che viene fabbricato in
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Asia: l’artiglieria cinese non ha saputo o potuto svilupparsi e adattarsi alle esigenze
della guerra. L’archibugio fa la sua comparsa in Europa verso l’inizio del ‘500, migliorato
poi dal moschetto nel ‘600 e dal fucile nel ‘700.
Anche la carta vene scoperta in Cina, e passa in Occidente tramite i paesi islamici. La
produzione della carta a livello industriale nasce però in Italia a Fabriano all’inizio del
‘300. Pure i caratteri mobili sono stati inventati in Cina nel XI secolo, ma è probabile che il
tedesco Giovanni Gutenberg li abbia riscoperti autonomamente nel 1440-50. Da quel
momento la stampa si diffonde in maniera rapidissima in Europa, rendendo precipitose le
correnti di pensiero che il vecchio manoscritto aveva limitatamente formato. Nel
complesso la stampa diventa uno strumento di potenza al servizio dell’Occidente.
Anche la conquista dell’alto mare ha dato all’Europa il suo primato universale, per vari
secoli, mentre la Cina ha un grande slancio nella prima metà del ‘400, seguito da un
arresto totale. È un mistero che le altre civiltà non abbiano seguito l’Europa in questo
campo. Le ragioni furono probabilmente di tipo culturale e psicologico, dato che tutte
avevano i mezzi tecnici per impegnarsi nella competizione. La conquista dell’alto mare
tuttavia non migliora la velocità dei trasporti, che per terra rimangono pericolosi e di una
lentezza esasperante. Più rapide sono le vie fluviali, assoggettate però a frequenti
pedaggi. Il vero regno del “libero scambio” è la rotta marina, che è la più economica.
La moneta
La moneta, scrive lo storico francese, non è mai una realtà isolata. Si incastra in tutti i
rapporti economici e sociali, e di conseguenza è un meraviglioso indicatore. Dal modo in
cui corre, perde vigore, si complica o difetta è possibile giungere a un giudizio abbastanza
sicuro sull’intera attività degli uomini. L’economia monetaria, ovunque arriva, finisce per
scombussolare la società, producendo effetti che a molti appaiono misteriosi e
inquietanti. Ogni società tradizionale che accoglie la moneta prima o poi perde i propri
equilibri interni e libera delle forze che non riesce più a controllare. Da questi
cambiamenti spesso incomprensibili alla gente comune sorge una costante diffidenza
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popolare verso le figure che usano abitualmente il denaro: esattori, prestatori di
pegno, mercanti, imprenditori, finanzieri e nuovi ricchi in genere.
La moneta nasce spontaneamente dai commerci, perché la merce più desiderata o più
abbondante assume questa funzione. Fuori dall’Europa le monete primitive sono il sale, le
tele di cotone, i braccialetti di rame, l’oro in polvere a peso, i cavalli, le conchiglie, il pesce
secco, le pellicce, il tabacco, lo zucchero, il cacao, le “olivette”, cioè delle strane monete
di corallo battute in Italia e poi inviate in Africa, molto utilizzate fino al XX secolo. Dopo
l’arrivo degli europei queste monete-merci subiscono una svalutazione rapidissima, fino a
scomparire in alcuni casi dall’uso.
Giappone, Islam, India e Cina rappresentano situazioni intermedie fra le economie
primitive e l’Europa. In Cina si ha addirittura uno strano e lungo periodo di circolazione
della moneta cartacea, dal secolo IX al secolo XIV. In Europa si affermano le monete
metalliche d’oro, riservate ai principi, ai grandi mercanti e alla Chiesa; d’argento per le
transazioni ordinarie; di rame al livello più basso. Più un paese è sviluppato
economicamente, più estende la gamma degli strumenti monetari e di credito, come le
lettere di cambio e le banconote, emesse già dalle banche veneziane nel ‘400 e genovesi
nel ‘500. Nel secolo successivo, mentre alcune banche d’emissione, come la Banca di
Amsterdam, sono assai caute, la Banca d’Inghilterra è invece la prima a emettere
banconote il cui montante supera di molto i suoi depositi reali. I banchieri inglesi e poi lo
scozzese John Law si rendono progressivamente conto che la moneta può essere creata a
volontà. È una scoperta sensazionale, più importante di quella degli alchimisti, che però
provocherà enormi tentazioni.
Le città
La nascita della città, scrive Braudel, porta con sé la scrittura e apre quindi le porte a ciò
che noi chiamiamo la “storia”. Tutti i grandi momenti della crescita si esprimono con
un’esplosione urbana: quando nasce in Europa nel secolo XI, comincia l’ascesa del piccolo
continente; quando fiorisce in Italia, è il Rinascimento. In generale tutte le città possono
essere classificate in tre tipi: le città aperte, quasi indistinguibili dalle campagne
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circostanti, tipiche dell’antichità; le città chiuse, tipiche del medioevo, che
rappresentano un oasi di libertà all’interno del mondo feudale; e le città sotto tutela dello
Stato, che in Europa compaiono nella prima modernità. Questo terzo tipo rappresenta la
regola in Oriente. Nella città cinesi risiedono i funzionari e i signori, nessuna borghesia vi
cresce agevolmente e i mercanti non hanno alcun ruolo politico. Al contrario, la loro
vitalità dipende quasi esclusivamente dalla presenza del principe: una caratteristica che in
India giunge fino all’assurdo, perché quando il sovrano si sposta per un viaggio, l’intera
città - cioè parecchie centinaia di migliaia di persone - lo segue.
La fortificazione urbana si impone come regola generale, ma mentre in Occidente questo
“anello di pietra” era il simbolo appariscente dello sforzo verso l’indipendenza e la libertà
che ha caratterizzato l’espansione urbana nel Medioevo, in Cina le mura diventano un
sistema di sorveglianza dei cittadini stessi: con le loro larghe rampe d’accesso interno,
esse consentono in brevissimo tempo la mobilitazione di soldati e cavalieri che, dall’alto
dei bastioni, dominano tutta la città. In Occidente, inoltre, le città si sono ampliate
casualmente a poco a poco, e per questo hanno una pianta complicata con vie tortuose e
articolazioni imprevedibili: tutto il contrario delle città greche, romane, orientali e del
Sudamerica coloniale, costruite a scacchiera. Solo nel mondo islamico le città si sono
sviluppate più disordinatamente, in un inestricabile labirinto di viuzze in pessime
condizioni, secondo una pianta a cerchi concentrici con al centro la grande moschea.
Le città dell’Occidente hanno avuto una storia originale, diversa da quella di tutte le altre
civiltà. Il destino delle città occidentali è sotto il segno del cambiamento, mentre le altre
città, in confronto, sono senza storia, quasi sepolte in lunghe immobilità. Solo in Europa,
infatti, le città sono riuscite a sconfiggere il potere centrale, e hanno quindi potuto
svilupparsi autonomamente. Essi sono dunque nate sotto il segno di una libertà
ineguagliata, e si sono sviluppate come universi autonomi seguendo la propria
inclinazione. Per comprendere il mondo in cui sono fiorite le città dell’Europa occidentale,
scrive Braudel, proviamo a pensare a quello che accadrebbe se si sopprimessero gli attuali
Stati e se le Camere di commercio delle grandi città fossero libere di agire a loro modo.
Queste città diventano quindi le “prime patrie dell’Occidente”. Qui nasce la borghesia,
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con la sua nuova mentalità economica, così diversa da quella signorile. In
Occidente, conclude Braudel, capitalismo e città furono, in fondo, la stessa cosa.
CITAZIONI RILEVANTI
L’antico regime biologico dell’umanità
«Tale, all’incirca, l’insieme dei fatti: un’eguaglianza della morte e della vita, un’altissima
mortalità
infantile,
carestie,
sottoalimentazione
cronica,
spaventose
epidemie
caratterizzano l’antico regime di cui si parlava. Esso alleggerisce appena le sue strette a
partire dagli slanci del secolo XVIII, naturalmente con differenti modalità a seconda delle
regioni. Soltanto una certa Europa, e nemmeno tutta l’Europa occidentale, comincia a
liberarsene» (p. 61).
Il grano è re
«La trinità: grano, farina, pane, riempie la storia d’Europa. La disponibilità di pane è la più
grande preoccupazione delle città, degli Stati, dei mercanti, degli uomini per i quali
sopravvivere è “mangiare pane”. Il pane è un personaggio invadente nelle corrispondenze
del tempo, che ha sempre occupato il proscenio. Non appena vi sia un aumento del suo
prezzo, tutto prende ad agitarsi, e i disordini incombono: dappertutto, a Londra come a
Parigi o a Napoli. Necker ha ben ragione, dunque, quando osserva che “il popolo non
sentirà mai ragione sull’alto prezzo del pane”. Ad ogni allarme, il popolo minuto dei
consumatori, quello che soffre, è sempre pronto a ricorrere alla violenza … migliaia di
sommosse del genere scoppiano di contino fra il secolo XV e il XVIII. Così, d’altra parte, ha
inizio anche la rivoluzione francese. Invece un buon raccolto è considerato come una
benedizione divina» (p. 117).
La vigna e il tè: piante di civiltà
«Entrambe, vigna e tè, hanno la loro area geografica, nella quale la loro antichissima
coltivazione è stata a poco a poco trasformata e perfezionata. Cure minuziose, ripetute,
sono infatti necessarie per soddisfare le esigenze di generazioni di consumatori esperti …
Perché naturalmente il tè ha i propri riti, come il vino, come ogni pianta frutto di civiltà
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che si rispetti … Ma non è notevole il fatto che i successi del tè siano stati ottenuti
tutti in paesi che ignorano la vigna: l’Europa settentrionale, la Russia, l’Islam? Dobbiamo
concludere che queste piante di civiltà si escludono a vicenda?» (p. 226-227).
Il dinamismo dell’Occidente si esprime anche nelle mode
«L’avvenire apparteneva – non è una semplice coincidenza – alle società abbastanza futili
da preoccuparsi di cambiare i colori, la materia, le forme del costume, e anche l’ordine
delle categorie sociali e la carta del mondo: in altre parole con le società capaci di
rompere con la tradizione. Tutto è connesso … Forse per aprire le porte all’innovazione,
strumento d’ogni progresso, occorre una certa inquietudine, che arriva fino agli abiti, alla
forma delle calzature, alle pettinature. Forse è necessario anche un certo agio per
alimentare ogni movimento innovatore» (p. 293).
La meccanizzazione medievale
«Con i secoli XI, XII e XIII l’Occidente conosce la sua prima rivoluzione meccanica.
Rivoluzione? In realtà si tratta di tutto un insieme di lente trasformazioni che ha implicato
il moltiplicarsi dei mulini a vento e ad acqua. Questi “motori primari” sono indubbiamente
di modica potenza, da due a cinque cavalli vapore per una ruota ad acqua, da cinque a
sette, al massimo dieci, per le ali di un mulino a vento. Ma in un’economia ben povera di
energia essi rappresentano un aumento di potenza considerevole. E hanno svolto una
precisa funzione nella prima crescita dell’Europa» (p. 325).
Le ragioni psicologiche della conquista europea dei mari
«La Cina e l’Islam sono a quel tempo civiltà assai ricche … Accanto a loro l’Occidente
figura ancora come un “proletario”. Ma il fenomeno importante è – a partire dal secolo
XIII – la tensione di lunga durata che ne solleva la vita materiale e trasforma tutta la
psicologia del mondo occidentale. Quella che gli storici hanno chiamato la brama dell’oro,
la brama del mondo o la brama delle spezie si unisce, sul piano tecnico, ad una costante
ricerca di novità e di applicazioni utilitarie, ovverosia al servizio dell’uomo, per assicurare
al tempo stesso un sollievo e una sempre maggiore efficacia della sua fatica.
L’accumulazione di scoperte pratiche e rivelatrici di una volontà cosciente di
padroneggiare il mondo, un interesse accresciuto per tutto ciò che è fonte di energia
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danno all’Europa, ben prima del suo trionfo, il suo vero volto e la promessa della
sua preminenza» (p. 382)
L’oro fugge da Occidente verso Oriente.
«I metalli preziosi continuano a uscire dai circuiti occidentali, soprattutto in direzione
dell’India e della Cina, e questo fin dai lontani tempi dell’Impero romano. Con l’argento o
con l’oro bisogna pagare la seta, il pepe, le spezie, le droghe, le perle dell’Estremo
Oriente. Per questo, la bilancia europea rimarrà deficitaria, in questa direzione essenziale,
fino a circa il 1820, per quel che riguarda la Cina» (p. 430).
Il miracolo delle città libere europee
«La storia è piena di questi lenti andirivieni secolari, di simili espansioni, nascite o
rinascite urbane: la Grecia dal secolo V al II prima dell’era volgare, Roma, se si vuole,
l’Islam a partire dal secolo IX, la Cina dei Song. Ma ogni volta, nel corso di queste riprese,
vi furono due personaggi in gara: la città e lo Stato. Di solito lo Stato vince, e la città
rimane soggetta sotto una mano pesante. Il miracolo fu dunque che la città – nei primi
grandi secoli urbani d’Europa – vinse in pieno, almeno in Italia, nelle Fiandre, in Germania.
Per un tempo piuttosto lungo essa ha vissuto l’esperienza di una vita piena e autonoma,
evento colossale, la cui genesi non si afferra sicuramente nella sua totalità. Ma visibili ne
sono le enormi conseguenze» (p. 478).
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L’AUTORE
Lo storico francese Fernand Braudel nasce nel 1902 in un piccolo villaggio della Mosa,
Luméville-en-Ornois. Completa la sua carriera scolastica e universitaria a una velocità
straordinaria, e a 21 anni viene nominato professore di storia. Dal 1946 al 1968 dirige,
prima con Lucien Febvre e poi da solo, la rivista Annales, prima di lasciare il posto a
Jacques Le Goff. Le sue due opere fondamentali sono: Civiltà e imperi del Mediterraneo
nell'età di Filippo II (2 voll., 1949), e Civiltà materiale, economia e capitalismo. Secoli XVXVIII, in 3 volumi: I. Le strutture del quotidiano; II. I giochi dello scambio; III. I tempi del
mondo (1979). Negli ultimi anni stava preparando una storia della Francia, il cui primo
volume, L’identità della Francia, è stato pubblicato postumo nel 1986. Muore a Cluses il
27 novembre 1985.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Fernand Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano
(secoli XV-XVIII), Einaudi, Torino, 1982, 1993 e 2006, traduzione di Corrado Vivanti, p. 548.
Titolo originale: Civilisation matérielle, économie et capitalisme (XV-XVIII siécle). Le
structures du quotidien : le possible et l’impossible
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