UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CLINICA DI ANESTESIA E RIANIMAZIONE Direttore: prof. G. Della Rocca Tesi di laurea EFFETTI DELLA NORADRENALINA SULLO STROKE VOLUME MEDIANTE MONITORAGGIO CON DOPPLER ESOFAGEO Relatore: prof. Giorgio DELLA ROCCA Correlatore: dott.ssa Livia POMPEI Laureando: Fabio ROSA ANNO ACCADEMICO 2006-2007 INDICE 1 INTRODUZIONE pag. 3 1.1 Determinanti della gittata cardiaca pag. 4 1.1.2 Metodiche di misurazione della gittata cardiaca pag. 21 1.2 Doppler esofageo pag. 38 1.3 Noradrenalina pag. 48 2 MATERIALI E METODI pag. 57 3 RISULTATI pag. 62 4 DISCUSSIONE pag. 64 5 CONCLUSIONI pag. 69 6 ICONOGRAFIA pag. 70 7 BIBLIOGRAFIA pag. 95 INTRODUZIONE Nel periodo perioperatorio è indispensabile assicurare al paziente un’adeguata perfusione d’organo, preservando la funzionalità cardiaca, la volemia ed il tono vascolare. La pressione arteriosa e la diuresi, frequentemente usati come segni clinici della perfusione d’organo, si sono dimostrati spesso insufficienti nel valutare lo stato emodinamico del paziente [1-3]. Si rende quindi necessario un monitoraggio cardiovascolare avanzato che permetta la stima della gittata cardiaca [4, 5]. La gittata cardiaca (cardiac output, CO) è determinata principalmente da precarico, postcarico e contrattilità miocardica. E’ proprio il precarico il fattore su cui si va ad agire attraverso il riempimento volemico [6]. Negli ultimi trent’anni il metodo della termodiluizione si è affermato come “gold standard” per la misurazione del CO grazie alla sua accuratezza ed affidabilità [7, 8]. Cateteri moderni consentono il rilevamento del CO in continuo [9, 10]. Il posizionamento del catetere arterioso polmonare (PAC) richiede una procedura complessa e non esente da complicanze, inoltre un ampio studio ha dimostrato che l’utilizzo di questo monitoraggio è correlato all'aumento della mortalità, del tempo e dei costi di degenza [7]. Talvolta i dati ricavati attraverso il PAC non influiscono effettivamente sulle decisioni cliniche [11-13]. Tutti questi aspetti hanno portato ad introdurre delle metodiche meno invasive [14, 15] che comprendono: - Doppler esofageo - Analisi del contorno del polso 3 - Principio di Fick - Ecografia transesofagea - Bioimpedenza toracica - Sturazione d’ossigeno venosa mista (SvO2) - Tonometria intestinale La scelta della tecnica di monitoraggio cardiovascolare avanzato deve essere effettuata valutando il rapporto tra aumento dei rischi ed effettivi benefici. Il doppler esofageo è uno strumento non invasivo per il quale non sono state segnalate complicanze. Viene utilizzato solitamente in pazienti sedati, ma può essere tollerato da pazienti coscienti se la sonda viene inserita per via nasale. In diversi studi si è rivelato una guida efficace nella somministrazione intra e peri-operatoria dei fluidi ed attendibile nella valutazione delle variazioni di CO [16-26]. Il doppler soprasternale ha permesso di ricavare importanti informazioni aggiuntive dall’analisi della forma d’onda, fondamentali nella gestione del paziente, quali le variazioni di precarico, postcarico ed inotropismo [27]. 1.1 Determinanti della gittata cardica La finalità del monitoraggio cardiovascolare avanzato è determinare il volume di eiezione cardiaca (stroke volume, SV) ed i fattori ad esso correlati. Lo SV è definito come la differenza fra il volume di sangue presente nel 4 ventricolo sinistro a fine diastole (volume telediastolico ventricolare, EDV) e quello che rimane alla chiusura della valvola aortica a fine sistole (volume telesistolico ventricolare, ESV). Questo corrisponde al cambiamento di volume generato durante la fase di eiezione del ciclo cardiaco, ossia coincide con la quantità di sangue che il cuore pompa in aorta ad ogni sistole. Volume di eiezione = EDV – ESV Nell’adulto il volume di eiezione ad ogni battito varia tra i 60 ed i 90 ml [28]. La frazione di eiezione (FE) che normalmente corrisponde a 0.6 - 0.7 è il rapporto tra il volume di eiezione ed il volume telediastolico. FE = EDV − ESV EDV Assieme alla frequenza cardiaca (HR) lo SV va a determinare la gittata cardiaca (CO) secondo la relazione: CO = SV x HR La gittata cardiaca è quindi la quantità di sangue che il cuore manda in circolo in un minuto e si modifica al variare della frequenza cardiaca o del volume di sangue espulso in ogni singola sistole [1]. In un uomo a riposo la gittata cardiaca è in media 5.6 L/min; per la donna invece è di circa 4.9 L/min. Si è visto che il CO aumenta in proporzione alla superficie corporea, per questo è appropriato esprimere la gittata cardiaca in termini di indice cardiaco (cardiac index, CI). Questo indice corrisponde alla gittata cardiaca normalizzata per la superficie corporea in m² (body surface area, BSA) secondo la relazione: 5 CI = CO / BSA A sua volta la BSA viene calcolata attraverso la formula: BSA = Altezza0.725 x Peso0.425 x 0.007184 (L’altezza viene espressa in cm ed il peso kg.) I valori di CI medi nell’adulto sono di circa 3 L · min-1 [29]. Il ritmo del cuore non è l’unico aspetto che determina la performance cardiaca, infatti altri fattori agiscono simultaneamente ed interagiscono tra loro adattando la funzione cardiaca alle diverse condizioni dell’organismo. Questi fattori sono: - Precarico - Postcarico - Inotropismo - Frequenza cardiaca La frequenza e l’inotropismo sono fattori intrinseci al cuore mentre precarico e postcarico influenzano la performance cardiaca in modo estrinseco ed indipendente [28]. Precarico Le dimensioni raggiunte dal ventricolo a fine diastole coincidono con un certo grado di stiramento delle fibre miocardiche (precarico) e questa tensione parietale condiziona la gittata cardiaca secondo la legge che Frank e Starling hanno elaborato tra la fine del '800 e l’inizio del '900, per la quale all’aumentare del volume telediastolico aumenta lo SV (fig. 1A). Nella pratica clinica per stimare il precarico si possono usare dei 6 surrogati rappresentativi del volume ventricolare sinistro, quali la pressione polmonare incuneata e la pressione venosa centrale; tuttavia si noti che volume telediastolico e pressione telediastolica non sono sinonimi e non sono nemmeno variabili correlate in modo lineare. [28] Gli indici di precarico comunemente utilizzati sono: - Left Ventricular End Diastolic Volume (LVEDV) - Left Ventricular End Diastolic Pressure (LVEDP) - Left Atrial Pressure (LAP) - Pulmonary Capillare Wedge Pressure (PCWP) - Central Venous Pressure (CVP) Il volume telediastolico ventricolare sinistro (LVEDV) è l’indice più fedele, ma è difficile da misurare clinicamente; una misurazione per approssimazione può essere fornita dall’ecocardiografia transesofagea. La pressione telediastolica ventricolare sinistra (LVEDP) è un indice fedele del LVEDV, purché la compliance cardiaca sia normale (cardiomiopatie dilatative ed insufficienza aortica aumentano la compliance mentre stenosi aortica, ischemia miocardica e farmaci inotropi la riducono). La pressione atriale sinistra (LAP) è il monitoraggio del precarico più frequentemente impiegato in cardiochirurgia. Viene monitorizzata introducendo un catetere nella vena polmonare superiore di destra e spingendolo fino all’atrio sinistro. E’ ben correlato con la LVEDP purché la valvola mitralica sia integra (valori normali: 1-10 mmHg). La pressione di incuneamento capillare polmonare (PCWP) monitorizzata attraverso il cateterismo dell’arteria polmonare con catetere di Swan-Ganz è ben correlata alla LAP. Tuttavia la PEEP o una misurazione a fine espirazione danno una PCWP sovrastimata (valori normali: 0-12 mmHg). La pressione venosa centrale (CVP) è l’indice che più scarsamente si correla con il precarico o con l’LVEDV, ma è anche quello che viene 7 normalmente usato. Si presuppone infatti che la funzione ventricolare destra e sinistra siano uguali e parallele (valori normali variano tra 3 e 8 cmH2O) [28]. Per comprendere secondo quale principio il precarico influenza la performance miocardica possiamo analizzare quanto succede nel singolo sarcomero. All’aumentare dello stiramento migliora l’interazione tra i filamenti di actina e miosina fino a che il sarcomero raggiunge una lunghezza ottimale di 2.2 µm. L’embricazione più efficace ottenuta grazie alla distensione passiva (fase diastolica) si traduce in un aumento della forza esercitata durante la contrazione (fase sistolica). Se lo stratching è eccessivo, cioè sovramassimale, le fibre si disembricano e si riduce la forza sviluppabile (punto massimo della curva di Frank–Starling). Negli esperimenti su fibre muscolari isolate, la forza di contrazione veniva misurata attraverso un trasduttore di tensione; prima di causare la contrazione si procedeva a variare il peso del carico attaccato al preparato di muscolo isolato [30, 31] (fig. 2A). Il carico usato in questo esperimento può essere chiamato “stress” (forza normalizzata per l’area della sezione trasversale, ossia la forza in una superficie unitaria della parete). La normalizzazione permette di confrontare muscoli di dimensioni diverse e può essere trasferita al ventricolo, così avremo che la tensione di parete (T) è il prodotto dello stress (σ) per lo spessore di parete (h). Tensione di parete = σ x h Applicando quindi queste nozioni al cuore nel suo complesso, possiamo dire che il precarico è proporzionale alla lunghezza delle fibre miocardiche un istante prima della contrazione, cioè al volume telediastolico determinato dal sangue venoso che ritorna al cuore. 8 Quando volumi maggiori di sangue tornano dal circolo periferico si incrementa la pressione diastolica di riempimento e il ventricolo subisce una distensione maggiore; a questa tensione corrisponderà una maggior forza di contrazione, cioè una maggior pressione sistolica, così da riuscire a pompare verso la periferia la quantità aggiuntiva di sangue. A successivi incrementi di riempimento corrispondono analoghi aumenti di pressione sistolica fino al raggiungimento del precarico ottimale, oltre al quale un ulteriore riempimento non svilupperà aumento di pressione. Per pressioni di riempimento molto elevate la pressione massima raggiunta durante la sistole si riduce. Diversi elementi determinano il volume di fine diastole: - Volemia - Tono venoso - Compliance della parete cardiaca - Kick atriale - Distribuzione del volume di sangue tra compartimento intra ed extra-toracico - Pressione intratoracica negativa inspiratoria (vis a fronte) Il precarico può essere aumentato aggiungendo volume alla circolazione o mediante una venocostrizione acuta. Sebbene la venocostrizione produca un modesto aumento del tono dei vasi di resistenza (postcarico), una minima venocostrizione può causare grandi spostamenti di volume di sangue nel compartimento centrale. Questo è possibile perché i vasi di capacitanza contengono fino al 60-80% del sangue totale. L’effetto distributivo centrale delle catecolamine può essere tanto importante quanto quello inotropo nell'aumentare la gittata cardiaca in un paziente ipovolemico [1]. La contrazione dei muscoli degli arti inferiori o il clinostatismo aumentano il ritorno venoso, e la contrazione atriale contribuisce al riempimento 9 ventricolare per il 15-20% del volume complessivo [28]. Infine, un ventricolo irrigidito (ad esempio nella fibrosi cardiaca) sarà molto meno distensibile, come mostrano le curve pressione – volume (fig. 3). Sapendo che la compliance del preparato di muscolo cardiaco è data dalla variazione della lunghezza al variare del carico, possiamo dire che per la camera ventricolare: C = V P (C, compliance; V, volume; P, pressione) Dalla derivata del volume rispetto alla pressione possiamo ricavare un indice della distensibilità del ventricolo [32]: Kp = dV / dP P (Kp, indice di distensibilità; P, pressione; V, volume) Rispetto al muscolo isolato, quando si considera il ventricolo bisogna ricordare che anche la curvatura della camera ventricolare influisce sul rapporto tra stress e pressione. La tensione parietale viene messa in relazione al raggio di curvatura attraverso la legge di Laplace: σ = P × R 2h (σ, stress; P, pressione; R, raggio interno; h, spessore di parete) Questa formula si riferisce alla sfera, quindi è direttamente applicabile al ventricolo in sistole, ma didatticamente viene usata anche per il ventricolo in telediastole in quanto la legge di Laplace applicata a questo secondo caso risultata particolarmente complessa. La forma ellissoidale del ventricolo in 10 diastole conferisce comunque minor stress parietale rispetto a quella sferica [33, 34]. Vediamo quindi che la stessa pressione in un ventricolo di dimensioni maggiori genera una maggior tensione di parete, mentre un ventricolo con parete ispessita darà minor stiramento delle fibre. Lo stress parietale nella pratica medica non è da tenere in considerazione solo in relazione al precarico e alla gittata cardiaca ma anche al consumo di ossigeno, del quale è il determinante fondamentale assieme alla frequenza cardiaca [28]. Postcarico Il postcarico è la tensione di parete che il miocardio deve affrontare durante la sistole e coincide con la forza che si oppone all’accorciamento delle fibre ventricolari [33]. Anche per il precarico si era parlato di tensione di parete; si trattava della tensione passiva generata dalla pressione di riempimento del ventricolo. Ora invece valuteremo la tensione attiva della contrazione che genera la pressione di eiezione. Cambia quindi anche l’approccio alla legge di Laplace: σ = P ×R 2h → P = × 2h R Non è più la pressione endoventricolare ad essere convertita in stress (passivo, diastolico), bensì è la tensione parietale (attiva, sistolica) a produrre pressione. Vediamo quindi che un ventricolo dilatato è svantaggiato rispetto ad un ventricolo di dimensioni normali in quanto deve sviluppare una tensione di parete più elevata e consumare più ossigeno per ottenere un eguale livello 11 pressorio. L’aumento dello spessore della camera (ipertrofia) può compensare e controbilanciare l’aumento cronico della pressione di eiezione (ad esempio nella stenosi aortica) [32]. Alla contrazione isovolumetrica e all’eiezione rapida segue una fase di eiezione lenta nella quale le fibre muscolari esauriscono progressivamente la possibilità di accorciarsi ulteriormente. In questa fase in cui la forza di contrazione si sta riducendo, la pressione di eiezione può essere mantenuta perché anche il raggio cavitario va diminuendo (vedi legge di Laplace) [35]. Nel preparato di muscolo cardiaco la massima velocità di contrazione (Vmax) si ottiene a carico zero, e va progressivamente diminuendo all’aumentare del carico (postcarico). Questo peso viene montato dopo che si è già applicato il precarico e si è boccata la leva così da non modificare la lunghezza del sarcomero prima della contrazione, cioè non costituisce un ulteriore precarico (fig. 2B). Variando oltre al postcarico anche il precarico si osserva che la velocità di accorciamento ne viene influenzata ma la Vmax (raggiungibile a postcarico zero) resta invariata [30] (fig. 4A). Da questi esperimenti si è potuto verificare che quando il carico imposto alle fibre muscolari aumenta, diminuiscono sia la velocità di contrazione che l’entità dell’accorciamento e si incrementano sia la tensione attiva che il tempo necessario a raggiungere il picco di tensione. Queste nozioni sono fondamentali per comprendere il comportamento del cuore in vivo, nel quale l’aumento del postcarico determinerà: - la riduzione della velocità di contrazione ventricolare; - la diminuzione dell’entità della contrazione ventricolare; - l’incremento della tensione attiva della parete ventricolare; - l’allungamento del tempo necessario a raggiungere la massima tensione di parete [36]. Quando il cuore lavora contro un postcarico elevato, ad esempio in caso di 12 ipertensione, il volume di sangue espulso diminuisce perché è minore l’accorciamento del ventricolo. Se la pressione arteriosa avesse lo stesso valore della massima pressione sistolica, il ventricolo si contrarrebbe in condizioni completamente isometriche ed il flusso di sangue durante la stistole sarebbe nullo. La massima pressione sviluppata in queste condizioni è la massima forza isometrica di cui il ventricolo è capace per un dato precarico [30]. In realtà quando aumenta la pressione arteriosa il volume di eiezione diminuisce solo in modo transitorio, ritornando in pochi battiti al suo valore originale. L’aumento del volume residuo di sangue nel ventricolo alla fine della sistole, dovuto al minor accorciamento delle fibre miocardiche, determina una maggior distensione (precarico) facendo aumentare la forza di contrazione del cuore e ripristinando il volume di eiezione. Oltre a questo meccanismo ricordiamo che la stimolazione dei barocettori deprime il sistema ortosimpatico ed eccita il parasimpatico riducendo la forza e la frequenza cardiaca. Tutti questi processi si compensano tra loro minimizzando l’effetto della pressione arteriosa sulla gittata [37]. I principali fattori che determinano il postcarico sono: - raggio del ventricolo (correlato al precarico ed al volume intracavitario); - forma del ventricolo; - spessore della parete ventricolare; - distensibilità aortica; - resistenze vascolari periferiche; - viscosità ematica; - massa sanguigna in aorta. Nella pratica clinica le resistenze vascolari sistemiche sono utilizzate frequentemente come stima del postcarico; esse comunque riflettono 13 soprattutto il tono arteriolare periferico (dove l’impedenza è massima) e non la tensione di parete del ventricolo durante la sistole [36]. Per comprendere i fattori che determinato le resistenze vascolari (systemic vascular resistence, SVR) dobbiamo rifarci alla legge di Poiseuille che descrive il comportamento di un liquido omogeneo che fluisce in un condotto cilindrico rigido con flusso continuo e moto laminare: Q = P1 − P2 R (Q, flusso; P, pressione; R, resistenza) Il flusso, cioè il volume che scorre in un condotto nell’unità di tempo, è direttamente proporzionale al gradiente di pressione tra i capi del circuito ed inversamente proporzionale alla resistenza. Quindi nel sistema cardiocircolatorio la gittata cardiaca è proporzionale alla differenza tra pressione arteriosa media (MAP) e pressione venosa centrale (CVP), mentre è inversamente proporzionale alle resistenze vascolari sistemiche che vanno a costituire il postcarico. Essendo un sistema chiuso ovviamente il volume eiettato e il ritorno venoso (RV) devono coincidere. CO = RV = MAP − CVP SVR A loro volta le resistenze periferiche aumentano con la viscosità del sangue (η) e con la lunghezza dei vasi (L), mentre variano con un rapporto esponenziale inverso rispetto al raggio del vaso (r4): SVR = ηL 8 × 4 π r (8 / π è una costante di integrazione matematica) 14 E’ il raggio quindi l’elemento determinante in quanto se il raggio raddoppia le resistenze si riducono di ben 16 volte. Si noti che per mantenere un flusso costante in vasi di diametro decrescente il gradiente pressorio deve aumentare alla quarta potenza. La legge di Poiseuille si riferisce ad un flusso continuo in un condotto rigido, ma il flusso vascolare è pulsante e quindi le arterie si devono distendere per accogliere il volume in eccesso, dovuto al mancato sincronismo tra eiezione cardiaca e ritorno venoso. Il grado di distensione delle arterie dipenderà dalla loro compliance [6]. Come abbiamo già detto, per stimare il postcarico si usano frequentemente le resistenze vascolari sistemiche, la cui principale espressione è la pressione arteriosa. L’impedenza aortica (pressione aortica divisa per il flusso aortico in quell’istante) è una stima accettabile del postcarico e può essere ottenuta in modo non invasivo attraverso l’ecocardiografia, determinando il flusso aortico al momento del suo picco massimo. Tuttavia per maggior accuratezza si dovrebbe utilizzare una misura reale, come ad esempio la tensione parietale ventricolare telesistolica, che però richiede la determinazione diretta della pressione endocavitaria, oltre alla valutazione ecocardiografica dello spessore di parete e delle dimensioni ventricolari [36]. Inotropismo o contrattilità L’inotropismo si può definire come la forza e la velocità della contrazione ventricolare quando precarico e postcarico sono mantenuti costanti. E’ una misura delle prestazioni del cuore indipendenti dal precarico e dal postcarico [1]. Le variabili che descrivono la contrattilità sono: la velocità di accorciamento, la forza di contrazione e l’entità dell’accorciamento. 15 Negli esperimenti su muscolo cardiaco isolato variando la contrattilità con sostanze inotrope possiamo ottenere una famiglia di curve di Frank-Starling, dette curve di Sarnoff (fig. 1B). In questi esperimenti la velocità massima di contrazione, la quale viene ottenuta quando il carico è zero, permette di stimare l'attività contrattile intrinseca. Variando lo stato inotropo varia anche la Vmax ottenibile (fig. 4B). Da questi esperimenti comprendiamo che forza e velocità sono inversamente proporzionali, cosicché in assenza di carico la forza è minima e la velocità è massima, mentre in una contrazione isometrica, ove non avviene accorciamento esterno, la forza è massima e la velocità è zero. Nel cuore intatto non si può avere carico zero e quindi non possiamo misurare la Vmax. Possiamo stimare la massima velocità dello sviluppo di forza da parte del ventricolo valutando la massima pendenza raggiunta dalla curva di pressione endoventricolare (dP/dt max), ma questo parametro è condizionato anche dal precarico [28] (fig. 5). Ci sono dei meccanismi compensatori che determinano una miglior performance ventricolare indipendentemente dai cambiamenti nella lunghezza delle fibre miocardiche e sono definiti autoregolazione omeometrica. esempio L’effetto Anrep è un di autoregolazione omeometrica, che si verifica quando il postcarico o le resistenze vascolari sistemiche aumentano bruscamente, provocando un incremento della pressione telediastolica e diastolica del ventricolo sinistro. Questi valori elevati sono transitori e ritornano ai valori di base in quanto la funzione contrattile migliora in risposta al carico pressorio [38]. Un altro esempio di autoregolazione omeometrica è l’effetto "treppe" (gradino). Questo fenomeno è stato descritto per la prima volta da Bowditch il quale notò che l’intervallo di tempo tra gli stimoli (frequenza cardiaca) era correlato in modo negativo alla tensione miocardica sviluppata (come misura della funzione contrattile). Si pensa che questo reperto sia 16 dovuto all'aumento della concentrazione intracellulare di ioni calcio [39]. Un fenomeno correlato in qualche modo e parzialmente contraddittorio è l’effetto gradino negativo o inverso, per il quale la performance miocardica migliora in risposta a lunghe pause fra i battiti, come si vede con la pausa compensatoria che segue le extrasistoli ventricolari [40 ]. La velocità e la forza di contrazione dipendono dalla concentrazione degli ioni calcio liberi nel citoplasma. Un aumento della contrattilità si può osservare per azione di alcune sostanze, come la digitale, la noradrenalina e la dobutamina, e per aumento della frequenza cardiaca, mentre avremo una riduzione dell’inotropismo a seguito di acidosi o ipotermia. L’interazione tra il sistema nervoso simpatico (adrenergico) e parasimpatico (colinergico) può modulare lo stato contrattile del cuore e la frequenza cardiaca attraverso il rilascio locale di noradrenalina (NA) e acetilcolina (ACh). Il sistema simpatico ha un effetto facilitatorio sulla ritmicità del pacemaker ed inoltre incrementa la contrattilità atriale e ventricolare. La noradrenalina liberata dai terminali nervosi e le catecolamine circolanti interagiscono con i recettori β-adrenergici della membrana delle cellule cardiache. Questa interazione attiva l’adenilatociclasi che incrementa i livelli intracellulari di AMPc. Come conseguenza si ha un aumento dell’ingresso del calcio durante il plateau del potenziale d’azione. Le modificazioni dello stato inotropo miocardico dovute all’azione del sistema simpatico sono osservabili in seguito a stimolazione elettrica del ganglio stellato sinistro. In seguito a questa stimolazione la massima velocità di variazione di pressione nel tempo (dP/dt max) durante la sistole è notevolmente aumentata [41]. Il sistema parasimpatico (nervi vaghi) esercita un profondo effetto depressivo sul pacemaker cardiaco, sul miocardio atriale e sul tessuto di conduzione atrio-ventricolare. I nervi vaghi deprimono anche la contrattilità ventricolare, ma gli effetti sono modesti. L’acetilcolina liberata dalle 17 terminazioni vagali interagisce con i recettori muscarinici della membrana delle cellule cardiache. Questa interazione comporta l’inibizione dell’adenilatociclasi. La conseguente diminuzione della concentrazione intracellulare di AMPc, inducendo una riduzione della conduttanza al calcio della membrana cellulare, provoca anche riduzione della contrattilità del miocardio. L’ACh rilasciata dai terminali vagali può anche inibire il rilascio di noradrenalina dai terminali simpatici circostanti. Analizzando le curve della pressione ventricolare possiamo ottenere un quadro della contrattilità. Un cuore ipodinamico è caratterizzato da un’elevata pressione telediastolica, una pressione ventricolare che aumenta lentamente e che spesso raggiunge una pressione massima meno elevata. Un ventricolo normale sotto stimolazione adrenergica mostra una ridotta pressione telediastolica, una pressione ventricolare a rapido aumento e una fase di eiezione breve. Comunemente nella pratica clinica come indice della contrattilità viene usata la frazione di eiezione. L’accorciamento frazionale (accorciamento del diametro dell’asse minore diviso per il diametro telediastolico dell’asse minore) è calcolato routinariamente con l’ecocardiogramma ed è intercambiabile con la frazione di eiezione, a condizione che non vi siano anomalie del movimento parietale regionale. Entrambe queste misurazioni di accorciamento sono sensibili alle alterazioni del precarico e del postcarico. Esistono numerosi indici di contrattilità cardiaca. Tra questi abbiamo la velocità di cambiamento della pressione ventricolare nel tempo (dP/dt), la velocità di accorciamento della lunghezza circonferenziale media delle fibre durante l’eiezione, le curve di funzione ventricolare e le curve pressione-volume e forza-velocità nel ciclo cardiaco. La funzione di pompa può essere stimata clinicamente attraverso la relazione lavoro-pressione descritta dalla curva di Frank-Starling. La pendenza della fase ascendente della curva di pressione ventricolare indica la massima velocità dello sviluppo di forza da parte del ventricolo (massima velocità di variazione di 18 pressione nel tempo; dP/dt max). Questo parametro è molto sensibile ai cambiamenti della performance contrattile intrinseca ma varia con il precarico e in modo meno importante con il postcarico. La dP/dt max è utile soprattutto per quantificare le modificazioni acute. La sua applicazione per confrontare diversi pazienti è limitata dalle ampie variazioni interindividuali [41]. Frequenza cardiaca Come abbiamo visto la variazione della frequenza ha un effetto importante sulla gittata cardiaca (CO = HR x SV), per adattarla alle richieste dell’organismo, al livello metabolico basale, al livello di attività, all’età dell’individuo e alla superficie corporea. L’automatismo del nodo del seno che determina la frequenza cardiaca subisce influenze nervose e umorali. Il sistema nervoso simpatico provoca un aumento della frequenza cardiaca, agendo sui recettori cardiaci β1; il sistema nervoso parasimpatico, al contrario, determina una riduzione della frequenza stimolando i recettori muscarinici. A riposo entrambi i sistemi sono attivi ma predomina la funzione inibitoria del nervo vago. Le variazioni di frequenza sono sempre dovute all'attività combinata dei due sistemi. Anche la temperatura del cuore interviene variando la velocità delle reazioni enzimatiche, cosicché un accesso febbrile può aumentare la frequenza di 10-20 bpm e si può usare l’ipotermia per ridurre il ritmo cardiaco durante gli interventi a cuore aperto. L’aumento della frequenza cardiaca di origine simpatica resta comunque il meccanismo più importante capace di produrre un aumento della gittata sotto sforzo [42]. La durata media del ciclo cardiaco nell’uomo a riposo è di circa 800 ms cioè 75 bpm. Quando la frequenza cardiaca aumenta, ad esempio durante uno sforzo massimale, il ciclo si riduce in modo non omogeneo e a farne le 19 spese è prevalentemente il tempo di diastole. Ciò significa che aumentando il ritmo cardiaco il tempo netto di lavoro dei ventricoli (cioè la somma di tutte le sistoli di un minuto) ed il consumo di ossigeno aumentano considerevolmente, mentre il tempo utile al riempimento ventricolare si riduce. La maggior parte del riempimento avviene all’inizio della diastole (riempimento rapido) e quindi non risente di aumenti di frequenza cardiaca fino a 150 bpm. Per frequenze attorno a 180 bpm il tempo di rilassamento diastolico diventerebbe troppo breve per garantire un riempimento ventricolare congruo alle esigenze periferiche se non ci fosse l’intervento di una potente sistole atriale. Sopra i 120-180 bpm, nonostante il contributo dell’atrio, il riempimento ventricolare è inadeguato e la gittata cardiaca si riduce drasticamente [35, 36]. Non dobbiamo trascurare che anche lo stiramento della parete dell’atrio destro influenza direttamente la frequenza cardiaca determinandone un aumento del 10-20%. Da ultimo citiamo la relazione forza-frequenza (effetto "treppe"): l’aumento del ritmo cardiaco produce un incremento della gittata agendo sulla contrattilità, ossia aumentando l’ampiezza e la velocità di accorciamento delle fibre ed incrementando la velocità di cambiamento della pressione ventricolare nel tempo (dP/dt). L’aumento del dP/dt è ancora più marcato se si mantengono adeguate le dimensioni di fine diastole attraverso l’infusione di volume [28, 36]. 20 1.1.2 Metodiche di misurazione della gittata cardiaca Negli ultimi decenni sono stati validate numerose tecniche di monitoraggio emodinamico. Valutando i rischi aggiuntivi a cui il paziente è esposto dalle diverse metodiche possiamo dividerle in invasive, semiinvasive e non invasive [43]. Metodiche invasive Il catetere arterioso polmonare (PAC) o catetere di Swan-Ganz, introdotto negli anni ’70, è presto divenuto il “gold standard” per il monitoraggio emodinamico. Si tratta di un catetere a più lumi, dotato di un termistore, e con un palloncino gonfiabile all’estremità. Viene inserito nella giugulare interna o nella vena succlavia e spinto attraverso le camere cardiache destre fino all’arteria polmonare. Attraverso la termodiluizione permette di calcolare il CO e da questo ricava lo SV [44]. La termodiluizione si fonda sul principio della conservazione della massa. Se si immette una quantità nota di un indicatore in un volume sconosciuto di un'altra sostanza dove questo si distribuisce in modo omogeneo, dalla concentrazione finale dell’indicatore si risale al volume, secondo la formula: V = m C dove V è il volume ricercato, m è la massa dell’indicatore e C è la sua concentrazione [29]. Se invece di volumi statici vogliamo conoscere un flusso, ad esempio il CO, basta adattare la formula. Il flusso è il volume che scorre nell’unità di tempo e facendo le opportune sostituzioni avremo: 21 CO = V massa dell' indicatore = t concentrazione media × tempo (CO, gittata cardiaca; V, volume; t, tempo) Ad esempio se 5 mg di indicatore producono una concentrazione plasmatica di 2 mg · L-1, il volume di distribuzione sarà di 2.5 L; se questo volume richiede, per esempio, 30 secondi per passare in un determinato punto del sistema, il ventricolo deve evidentemente pompare il plasma con una velocità di 5 L al minuto (2.5 L in 30 secondi). In condizioni normali, però, la concentrazione dell’indicatore nel punto di prelievo non rimane costante. In una misurazione reale si vede come la concentrazione dell’indicatore cresce fino a raggiungere un picco e poi decade esponenzialmente. Questo andamento è dovuto al fatto che il ventricolo espelle solo una frazione del suo contenuto e ad ogni sistole nuovo sangue venoso, privo di indicatore, raggiunge la camera ventricolare diluendo l’indicatore ivi presente. Dato che la concentrazione dell’indicatore non è costate, per ricavare la concentrazione media dovremo misurare l’area sotto la curva calcolandone l’integrale e poi dovremo dividere per il tempo così come ci dice l’equazione di Stewart-Hamilton [29]. CO = massa dell 'indicatore ∫ conc.ind.t dt Nel caso del PAC l’indicatore è la variazione di temperatura ma il principio è uguale a quello della concentrazione. Si inietta un volume noto di soluzione salina fredda attraverso il lume che si trova nell’atrio sinistro. L’indicatore termico si miscelerà nel ventricolo destro cosicché la temperatura del sangue diventerà omogenea. Questo volume sarà quindi eiettato nell’arteria polmonare dove il termistore rileva la variazione di temperatura rispetto a 22 quella basale ed il monitor ci restituisce una curva dove in ascissa abbiamo la variazione di temperatura ed in ordinata abbiamo il tempo. Viene utilizzata l’equazione di Stewart-Hamilton modificata per la termodiluizione: CO = T b − Ti × Vi × K ∫ Tb t dt dove Tb è la temperatura basale del sangue, Ti è la temperatura dell’indicatore, Vi è il volume dell’indicatore, K è una costante di integrazione matematica [45]. Sono stati sviluppati cateteri modificati che permettono la misurazione semi-continua nella gittata cardiaca (CCO) attraverso un filamento che produce calore sfruttando l’effetto Joule. L’indicatore termico sarà l’aumento di temperatura del sangue e non la riduzione come era per il metodo a boli. Un’opzione prevede che a livello dell’atrio destro il filamento termico innalzi la temperatura di 4°C dal valore basale in modo intermittente; il rilevamento viene effettuato nell’arteria polmonare. Un altro sistema utilizza un termistore all’interno di un filamento termico spiraliforme e misura l’energia necessaria a mantenere la superficie della spirale ad 1°C di differenza rispetto la temperatura del sangue [24]. Dalla gittata cardiaca vengono poi derivati la gittata sistolica, lo "stroke volume index" (SVI), le resistenze vascolari sistemiche e polmonari (SVR e PVR) il lavoro sistolico del ventricolo sinistro e destro (LVSW e RVSW). Questa tecnica consente inoltre il controllo continuo della pressione polmonare (PAP) e della pressione venosa centrale (PVC). La pressione capillare polmonare di occlusione (pressione incuneata, PCWP) viene misurata mediante l'espansione del palloncino all’estremità del catetere e costituisce un indice del precarico del ventricolo sinistro. E’ possibile anche il calcolo dei valori di disponibilità e consumo di ossigeno (DO2 e VO2) [46]. I cateteri modificati di recente introduzione consentono il monitoraggio in 23 continuo della saturazione di ossigeno venosa mista (SVO2) ed il calcolo del volume ematico di fine diastole del ventricolo destro (EDV) derivato dalla frazione di eiezione destra (REF) e dalla gittata cardiaca semi-continua [44]. Questa metodica può avere complicanze gravi quali aritmie, danni valvolari, rottura dell’arteria polmonare ed embolie [47]. Metodiche semi invasive Il COLD System (Circulation-Oxigenation-Lung water and Liver function-Diagnosi) (Pulsion Medical System, Munich, Germany) è stata una delle prime, tra le metodiche di tipo volumetrico, ad essere proposta. Questo monitoraggio utilizza la tecnica del doppio indicatore (termodiluizione + verde di indocianina) [48]. Necessita di un catetere in una vena centrale ed uno in arteria femorale. La concentrazione dell'indicatore iniettati a livello dell’accesso venoso centrale, viene misurata tramite una fibra ottica posizionata nel catetere inserito in arteria femorale. Anche in questo caso si applica l’equazione di Stewart-Hamilton ma il rilevamento degli indicatori viene eseguito nell’arteria femorale. Durante la diluizione trans-polmonare gli indicatori si distribuiscono in modo diverso nel compartimento intravascolare e negli spazi extravascolari. Vengono misurati i tempi che gli indicatori impiegano a raggiungere il catetere arterioso (Mean Transit Time, MTt) così da calcolare lo spazio accessibile a ciascuno. Termodiluizione: CO x MTt = ITTV Verde indocianato: CO x MTt = ITBV EVLW = ITTV – ITBV Il “freddo” diffonde negli spazi intravascolari e nel liquido polmonare extravascolare (Intra Thoracic Thermal Volume, ITTV) mentre il verde di 24 indocianina resta nel compartimento intravascolare (Intra Thoracic Blood Volume, ITBV) costituito da camere cardiache, letto vascolare polmonare ed aorta fino al tratto addominale [49]. L’ITBV offre una stima del precarico. Vari studi hanno analizzato questo indice comparandolo con l’area telediastolica del ventricolo sinistro ottenuta mediante ecocardiografia o con la pressione di incuneamento capillare polmonare [50, 51]. L’Extra Vascular Lung Water (EVLW) corrisponde alla parte di liquido che fuoriesce dal letto vascolare polmonare e viene ricavato dalla differenza tra l'ITTV e l'ITBV. Questo parametro si è dimostrato utile per rilevare i cambiamenti del contenuto idrico polmonare ed è abbastanza sensibile da consentire il riconoscimento precoce dell’edema polmonare [49]. Il sistema PiCCO (Pulse Contour Cardiac Output) (Pulsion Medical System, Munich, Germany) merita un discorso a parte in quanto questa metodica integra la tecnica della termodiluizione con quella dell’analisi del contorno del polso [14]. Il PiCCO infatti è in grado di fornire un monitoraggio continuo della CO, valutata mediante analisi del contorno del polso senza necessità di posizionamento di un PAC ed effettuata battito per battito. Mediante termodiluizione arteriosa inoltre permette di determinare i principali volumi ematici (ITBV ed EVLW), con il bolo freddo come unico indicatore [52-54]. Al monitor dello strumento sono collegati sia un catetere venoso centrale (CVC) provvisto di un sensore di temperatura nel punto di iniezione dei fluidi, sia un catetere arterioso femorale: quest'ultimo è dotato di un termistore e di un trasduttore di pressione, per rilevare la termodiluizione e per determinare la forma dell'onda pressoria [55]. Il primo algoritmo applicato al contorno del polso, introdotto nel 1983 da Wesseling et al. prevedeva la misurazione dell’area sotto la curva della pressione nella fase sistolica (Asys) cioè dalla fine della diastole fino al termine della fase di eiezione (fig. 6): 25 SV = A sys Z AO (Asys, area sotto la curva sistolica; ZAO, impedenza aortica) La stima dello “stroke volume” è influenzata dall’impedenza aortica (ZAO), che è un fattore del tutto individuale dipendente dalle caratteristiche elastiche e meccaniche dell’aorta. Per identificare la particolare compliance di ciascun paziente, è quindi necessario calibrare il sistema attraverso la rilevazione contemporanea della gittata cardiaca, ottenuta tramite termodiluizione polmonare o tramite termodiluizione transpolmonare con indicatore freddo (soluzione salina ad una temperatura inferiore a 10° C) dal catetere venoso centrale, utilizzando il principio di Stewart-Hamilton [56]. Avremo quindi che: ZAO = SVPC / SVtd (SVPC, stroke volume non calibrato basato sul contorno del polso; SVtd, stroke volume dato dalla termodiluizione) Da cui si ricava: CO = HR × Asys SV PC / SV td Nel 2002, Gödje e colleghi, hanno introdotto un nuovo algoritmo per l’analisi della gittata cardiaca tramite contorno del polso. L’algoritmo di Wesseling, infatti, non era affidabile durante i rapidi cambiamenti delle condizioni emodinamiche a causa dell’insufficiente considerazione delle caratteristiche dinamiche e fisiche dell’aorta [57, 58]. Il nuovo algoritmo analizza sia l’area sotto la curva che la forma della curva stessa [55]: 26 CO = cal × HR ×∫ P t dP Cp × dt SVR dt dove cal è un fattore di calibrazione specifico per ogni paziente, ottenuto mediante la termodiluizione; C(p) è la compliance aortica; sotto la curva di pressione e dP dt P t SVR è l'area è la forma della curva. Si sono tenuti in considerazione questi ulteriori parametri dal momento che durante la sistole il ventricolo sinistro eietta più sangue di quello che effettivamente defluisce dall'aorta; durante la seguente diastole, il volume rimasto in aorta raggiunge la rete arteriosa con una velocità determinata dalla compliance aortica, dalle SVR e dalla pressione sanguigna (effetto Windkessel). La forma della curva di pressione dopo l'incisura dicrota è rappresentativa di questo svuotamento passivo dell'aorta [55]. Numerosi studi che hanno comparato il metodo della termodiluizione con quello dell’analisi del contorno del polso hanno dimostrato una decisa concordanza tra i valori ottenuti utilizzando le due tecniche [59-61]. Altri parametri ottenibili con questa metodica sono il volume telediastolico globale (GEDV), l’acqua extravascolare polmonare (EVLW), il "pulse pressure variation" (PPV) e lo “stroke volume variation” (SVV). Anche il sistema LiDCOTMplus (Lithium Diluition Cardiac Output) (LiDCO, London, U.K.) è tra le metodiche che utilizzano l’analisi del contorno del polso. Questo sistema permette la determinazione in continuo, battito per battito, della gittata cardiaca e di tutta una serie di variabili emodinamiche derivate, basandosi fondamentalmente sull’analisi del contorno del polso, dopo una iniziale calibrazione ottenuta con la diluizione transpolmonare dell’indicatore (litio). Il principale vantaggio è che possono essere usate arterie (per esempio l'arteria radiale) e vene periferiche senza perdita di accuratezza e senza l’inserimento di un catetere aggiuntivo specifico [62]. 27 Il litio è uno ione non tossico in piccole dosi e facile da misurare tramite un elettrodo. Poiché normalmente il litio non è presente nel corpo, sono sufficienti minimi dosaggi per ottenere una modificazione del voltaggio a livello del sensore posto in arteria. Il litio viene iniettato in bolo, alla dose di 0.002-0.004 mmol · Kg-1 (dalle 0.15 alle 0.3 mmol), in una vena centrale o periferica e la sua concentrazione viene rilevata in una linea arteriosa. Attraverso la curva di diluizione è quindi possibile calcolare la gittata cardiaca per la calibrazione del sistema [63]. La curva di diluizione dell'indicatore è costituita da due curve: la prima è dovuta al primo circolo del litio e la seconda al suo ricircolo. Il litio si distribuisce nel plasma ed è necessaria una correzione. La gittata cardiaca viene quindi calcolata come segue: CO = LiCl dose × 60 A × 1 − PVC dove LiCl è la dose di litio espressa in mmol, A è l'integrale dell'area della prima curva e PVC è il volume di cellule stipate, calcolato come concentrazione emoglobinica diviso per 33. La gittata cardiaca in continuo viene ottenuta dall'analisi del contorno del polso che deve tener conto del rapporto tra pressione e flusso nell'aorta, del flusso stesso, delle resistenze vascolari sistemiche e della compliance dei vasi al variare del volume e della pressione. L'algoritmo che ne consegue è il seguente: CO = PRA × { CO fl AO PAO × × } flAO PAO PRA (PRA, pressione radiale; PAO, pressione aortica; flAO, flusso aortico) Il rapporto tra la gittata cardiaca ed il flusso aortico viene così approssimato: 28 CO Li durata eiezione 2 = A × [0.5 0.4 × ] flAO durata ciclo (COLi, gittata ottenuta tramite diluizione; A, area di sezione aortica calcolata secondo la relazione di Langewouters) [68] La trasmissione della pressione dall'aorta all'arteria radiale si avvale di un'ulteriore approssimazione [56]: PRA f2 =1 P AO 8.5 (f, frequenza dell'onda aortica) Basandosi sugli indici di performance cardiaca e di precarico così ottenuti, i clinici hanno guidato il trattamento fluidico e farmacologico del paziente ad alto rischio e del paziente critico in terapia intensiva [63]. Metodiche non invasive Il Vigileo (Edwards Lifescience, Irvine, CA) è un ulteriore monitoraggio della gittata cardiaca basato sul contorno del polso pressorio. Questo strumento non richiede alcuna calibrazione; il CO viene calcolato utilizzando le caratteristiche della forma d'onda arteriosa ed i dati demografici del paziente. Il sistema si avvale di un monitor a cui viene connesso un sensore di flusso (FloTrac) che rileva la pressione arteriosa attraverso un catetere da 20-G posizionato nell'arteria radiale [64]. Il principio su cui si fonda questa metodica è che la variazione di pressione arteriosa generata da una pulsazione è proporzionale allo "stroke volume" e inversamente proporzionale alla compliance aortica [65]. L'onda pressoria viene analizzata ad un frequenza di 100 Hz in un periodo di 20 secondi, fornendo così pacchetti di circa 2000 dati. Sono prese in considerazione 8 differenti caratteristiche (come l'upstroke ed il downslope), 29 e ogni curva viene analizzata separatamente e comparata con le precedenti e le successive. Attraverso questi dati ogni 20 secondi il Vigileo aggiorna la gittata cardiaca calcolandola secondo l'algoritmo: CO = HR x σAP x χ dove σAP è la pulsatilità, cioè la deviazione standard della pressione arteriosa usata come stima dello "stroke volume" e χ è una funzione che raccoglie e approssima le seguenti variabili: HR, σAP, BSA, MAP, C(P), μ3AP, μ4AP. Gli indici μ3AP e μ4AP (skewness e kurtosis) rappresentano la dispersione dei valori di pressione arteriosa rispetto al valore medio, confrontando i dati reali con la loro distribuzione gaussiana [66]. C(P) è la compliance arteriosa ottenuta secondo il metodo di Langewouters, usando sesso, età, peso e altezza [67, 68]. L'accuratezza del Vigileo risente dell'intensità del segnale, delle variazioni del tono vascolare e delle alterazioni della morfologia dell'onda [64-66, 69]. Il monitor NICO (Novametrix Medical System INC., Wellingford, Connecticut) applica la tecnica del “rebreathing” parziale dell’anidride carbonica. Gli studi iniziali (clinici e sperimentali) per la validazione di questa metodica, hanno riportato una relativamente ampia correlazione con il metodo della termodiluizione nel calcolo della gittata cardiaca [70-72]. Un altro studio più recente, condotto da Botero, in cui si confrontavano quattro metodiche diverse per la misurazione della gittata cardiaca, ha confermato l’affidabilità di questo metodo [73]. Le misurazioni vengono eseguite utilizzando il metodo di Fick il quale affermò che la velocità con cui il sangue capta ossigeno dai polmoni doveva essere uguale all’incremento della concentrazione ematica dell’ossigeno durante il transito nel circolo polmonare. Questo enunciato può essere 30 espresso in termini più generali in quanto è la mera applicazione della legge di conservazione della massa è può riguardare qualsiasi sostanza che venga aggiunta o eliminata dal sangue in un punto qualsiasi del circolo. Il flusso ematico può pertanto essere stimato conoscendo la concentrazione della sostanza a monte e a valle della zona di iniezione (o di dispersione) e la quantità assoluta della sostanza iniettata (o rimossa) nell’unità di tempo. Partendo dal presupposto che il sangue si ossigena a livello polmonare (sito di iniezione o di dispersione), si deve misurare la concentrazione di ossigeno a monte e a valle di questo punto [29]. La quantità di ossigeno che dal cuore destro giunge ai polmoni si ricava moltiplicando la concentrazione dell’ossigeno nel sangue venoso per il flusso ematico polmonare: O2 venoso / min = Q x [O2]VEN dove Q rappresenta il flusso ematico polmonare mentre [O2] è la concentrazione di ossigeno. Analogamente, la quantità di ossigeno che lascia il polmone per il circolo sistemico è calcolata moltiplicando la concentrazione d’ossigeno nel sangue arterioso per il flusso ematico polmonare: O2 arterioso / min = Q x [O2]ART E’ necessario a questo punto conoscere la quantità assoluta di ossigeno aggiunta nel torrente circolatorio nell’unità di tempo. Questo parametro, detto consumo di ossigeno (VO2), viene usualmente misurato con uno spirometro. Poiché il volume d’ossigeno assunto dal sangue arterioso in un minuto deve essere uguale al consumo di ossigeno, si ha: VO2 = (Q x [O2]ART) - (Q x [O2]ven) 31 e dato che i flussi nella vena e nell’arteria polmonare sono identici: VO2 = Q x ([O2]ART - [O2]VEN) Questa equazione, detta espressione di Fick, dimostra che la velocità di captazione dell’ossigeno dall’aria alveolare (mL · min-1) è uguale al flusso ematico polmonare (L · min-1) moltiplicato per la differenza arterovenosa della concentrazione di ossigeno (mL · L-1). Visto che la gittata del cuore di destra è identica alla gittata del cuore di sinistra, la medesima espressione può essere riscritta come segue: VO2 = CO x ([O2]ART - [O2]VEN) ovvero CO = VO 2 [O 2 ]ART − [O2 ]VEN dove CO rappresenta la gittata cardiaca espressa in L · min-1, VO2 il consumo di ossigeno espresso in mL · min -1 e [O2]ART – [O2]VEN la differenza arterovenosa della concentrazione di ossigeno espressa in (mL · min-1) [29]. Il principio di Fick può essere applicato a tutti i gas che diffondono a livello polmonare, in particolare all’anidride carbonica (CO2) [74]. I monitor più recenti quali il NICO applicano infatti questo principio all’anidride carbonica [14]. Inizialmente si utilizzava la tecnica del “rebreathing” totale di CO2 che poi è stata abbandonata perché troppo rischiosa per il paziente a causa del notevole incremento della PaCO2; si è così passati ad un nuovo sistema, meno pericoloso in quanto prevede che si torni a respirare solo una parte dei gas esalati (“rebreathing” parziale di CO2) riducendo il rischio 32 di aumentare eccessivamente la PaCO2. In queste tecniche, utilizzando il polmone come tonometro per determinare la pressione parziale della CO2 nel sangue arterioso e analizzando contemporaneamente i gas alveolari per misurare la CO2 eliminata, l’equazione di Fick può essere rappresentata dalla seguente espressione: Q = V CO 2 CvCO − CaCO 2 2 dove Q è il flusso ematico capillare polmonare non corretto per lo shunt polmonare, Vco2 è la quota di eliminazione della CO2 e (Cvco2 – Caco2) è la differenza artero-venosa in CO2 [75, 76] . L’ecocardiografia transesofagea (TEE) è una metodica non invasiva che permette una valutazione in tempo reale, beat-to-beat, sia morfologica che funzionale del cuore nelle sue componenti anatomiche e dinamiche, fornendo una diagnosi eziologica del problema emodinamico [56]. L’ecocardiografia transesofagea permette non solo di ottenere informazioni sui determinanti della funzione ventricolare, quali inotropismo, precarico e postcarico, ma anche riguardo la cinetica (insorgenza di ischemia miocardica), la funzione diastolica e la gittata cardiaca [77]. L’impiego in anestesia non richiede l’esecuzione routinaria di tutte e 20 le scansioni codificate dal American Society of Echocardiography / Society of Cardiovascular Anesthhesiologists (ASE/SCA); infatti è possibile eseguire una serie più limitata di scansioni che consentono informazioni utili in procedure non cardiochirurgiche [78]. La TEE permette di misurare la gittata cardiaca in diversi modi che possono essere divisi in un metodo di tipo volumetrico ed in uno basato sull’effetto Doppler. La gittata sistolica (e quindi la gittata cardiaca) può essere misurata effettuando misurazioni alla fine della sistole ed alla fine 33 della diastole. Utilizzando la metodica Doppler la gittata cardiaca viene stimata moltiplicando l’integrale del tempo della velocità del flusso a livello del tratto di efflusso del ventricolo sinistro, della valvola aortica, mitrale o polmonare, per l’area della valvola e la frequenza cardiaca. In genere, la misurazione della velocità di flusso attraverso la valvola aortica è quella preferita per determinare la gittata cardiaca. Diversi studi hanno dimostrato una buona correlazione tra la stima della gittata cardiaca attraverso l’ecocardiografia e la metodica standard della termodiluizione soprattutto se l’area della valvola aortica è stimata attraverso un modello triangolare [79, 80]. Il metodo volumetrico, invece, è sufficiente per determinare dei trends della gittata cardiaca. La correlazione, infatti, con i risultati ottenuti attraverso la termodiluizione è scarsa [81-83]. La determinazione della gittata cardiaca in continuo non è comunque ancora disponibile attraverso l’ecocardiografia transesofagea. Anche il precarico può essere stimato quantitativamente e qualitativamente attraverso l’ecocardiografia transesofagea. Questa stima può essere effettuata sia in pazienti con funzione ventricolare normale che in pazienti con alterazioni di vario genere. Infatti, in pazienti critici, sedati adeguatamente, la presenza di un ventricolo iperdinamico può essere indice di ipovolemia, in assenza di farmaci inotropi positivi. Inoltre, la presenza di obliterazione telediastolica della cavità ventricolare (“kissing walls”) è suggestivo di uno stato ipovolemico [84]. La misura dell’area telediastolica del ventricolo sinistro (LVEDA, left ventricular end-diastolic area) è un indice strettamente correlato con i cambiamenti del volume telediastolico del ventricolo sinistro (LVEDV) che è l’unica vera misura del precarico [85]. Un valore di LVEDA indicizzato inferiore a 5.5 cm2 · m-2 di superficie corporea è estremamente suggestivo di una condizione di scarso riempimento del ventricolo sinistro [86]. Tuttavia la presenza di anormalità della cinetica parietale della cavità in esame può limitare il corretto utilizzo 34 dell’LVEDA come indice di precarico. La TEE può inoltre fornire indicazioni riguardo la pressione venosa centrale. Va ricordato comunque che i valori forniti da questa metodica sono stime e non misurazioni dirette. La curvatura del setto interatriale riflette la relazione tra la pressione atriale destra e la pressione atriale sinistra (LAP, left atrial pressure). Questa valutazione non è però applicabile a pazienti con valvulopatie come l’insufficienza tricuspidale [87]. Anche il pattern del flusso transmitrale studiato con il Doppler pulsato può dare informazioni riguardo le pressioni di riempimento delle sezioni sinistre del cuore. Inoltre, quando presente, anche il rigurgito mitrale può essere utilizzato per stimare la LAP applicando la legge di Bernoulli: LAP = SAP - (V2 x 4) dove SAP è la pressione sistolica in aorta e V2 è la “peak velocity” del flusso transmitrale rigurgitante. Analogamente, anche il flusso attraverso una valvola aortica insufficiente, può darci informazioni sulla pressione telediastolica ventricolare sinistra: LVEDP = DBP - 4 x (ARED)2 dove DBP è la pressione sanguigna diastolica mentre ARED è la velocità del flusso rigurgitante telediastolico [77]. Infine la pressione nelle sezioni sinistre del cuore può essere stimata dallo studio del pattern del flusso venoso polmonare [88]. La misurazione, invece, del diametro della vena cava e delle sue variazioni durante il ciclo respiratorio permette di stimare la pressione atriale destra (RAP). Un diametro maggiore di 2 centimetri senza variazioni respiratorie consistenti (< 50%) è indicativo di una pressione maggiore a 15 mmHg [89]. La valutazione della frazione di accorciamento circonferenziale (FAC) e la 35 frazione di eiezione (FE) sono utili per valutare la frazione sistolica del ventricolo sinistro. Infine lo stress parietale telediastolico del ventricolo sinistro, misurato dall'ecocardiografia transesofagea, è un indice migliore del postcarico rispetto alle resistenze vascolari sistemiche (SVR): = 1,35 × P × ESD 1 h 4 × h × ESD dove σ è lo stress di parete, P è la pressione telesistolica del ventricolo sinistro, ESD è il diametro telesistolico del ventricolo sinistro e h è lo spessore telesistolico della parete ventricolare sinistra [90]. La pletismografia ad impedenza è una metodica che si basa sulla determinazione dei cambiamenti della resistenze elettriche transtoraciche che avvengono durante l’eiezione ventricolare. La base fondamentale di questa tecnica è espressa dalla legge di Ohm con la seguente espressione: Z = V = R I dove Z è l’impedenza (quando è applicata una corrente alternata), V è il voltaggio, I è la corrente e R è la resistenza (quando è applicata una corrente continua). La corrente elettrica si propaga prevalentemente lungo le vie a minor resistenza ed in modo proporzionale alla loro conduttività elettrica[91]. Nel torace l'elevata conduttività del sangue contrasta con la bassa conduttività dell'aria e dei tessuti solidi, e la variazione dell'impedenza risulta essere conseguente e proporzionale al flusso aortico [56]. L'impedenzometria misura la differenza di conduttività generata dal flusso aortico sistolico per 36 stimare il volume di eiezione ed il tempo di eiezione ventricolare, e da questi ricava la gittata cardiaca [92]. La bioimpedenza toracica (Z) viene rilevata attaccando due elettrodi al collo del paziente e due alla parte inferiore del torace. Viene applicata una corrente alternata di 3-6 mA ad una frequenza di 50-100 kHz e la bioimpedenza risulta come una funzione del cambiamento di potenziale tra i due sets di elettrodi (dZ/dt). La prima equazione per derivare lo "stroke volume" dai segnali di bioimpedenza è stata descritta da Kubicek: SV = ρ x L x ΔZ Z0 (ρ, reistività del sangue (ohm·cm-1); L, distanza tra gli elettrodi (cm); Z0, impedenza media tra gli elettrodi (ohm); ΔZ, variazione di impedenza (ohm) dovuta al flusso aortico) La variazione di impedenza viene calcolata come: ΔZ = VET x dZ dt MAX dove VET è il tempo di eiezione ventricolare in secondi e (dZ/dt)MAX è la massima pendenza negativa della curva delsegnale di bioimpedenza [93]. Sramek e Bernstein hanno modificato l'equazione di Kubicek per adattarla alla forma del torace umano ed hanno introdotto un fattore di calibrazione per sesso e grado di obesità [94]. Wang et al. hanno convalidato questa metodica attraverso confronto con la termodiluizione [95], tuttavia permangono molti dubbi sulla sua affidabilità [96]. 37 1.2 Doppler esofageo Il Doppler esofageo è una metodica non invasiva che permette di misurare la velocità istantaneo del flusso ematico nell'aorta discendente e di ricavare l’eiezione sistolica e la gittata cardiaca. Introdotto negli anni ’70 [97, 98] fin dagli anni ’80 è stato utilizzato per la misurazione del CO nei pazienti sottoposti a chirurgia [99]. Negli ultimi vent’anni la sua efficacia è stata comprovata da diversi studi [19, 26, 27, 100-104]. Questa tecnica utilizza l’effetto Doppler per rilevare la velocità di spostamento del sangue e quindi la distanza percorsa dalla colonna di sangue durante la sistole (distanza sistolica, SD). Moltiplicando questa distanza per l’area della sezione aortica (AAO) otterremo lo "stroke volume" [100]: SV = SD x AAO La sezione aorticaviene considerata circolare e quindi la sua area sarà: raggio2 x π. L’apparecchiatura per il Doppler esofageo è costituita da un monitor dove sono collocati anche i dispositivi per l’interfaccia-utente, e da una sonda intercambiabile del diametro di pochi millimetri, all’estremità della quale troviamo il cristallo piezoelettrico per l’emissione e la ricezione delle onde ultrasonore (fig. 7A). Il dispositivo può essere tollerato da pazienti coscienti se introdotto per via nasale ma generalmente viene utilizzato per via orale in pazienti anestetizzati e ventilati meccanicamente. L’aria nel mediastino o l’utilizzo di sondini naso-gastrici non interferiscono con il funzionamento del dispositivo. Il trasduttore viene fatto scendere nell’esofago fino a 30-40cm, 38 utilizzando le tacche poste sulla sonda per valutare la profondità corretta. La posizione ideale è tra la quinta e la sesta vertebra toracica dato che a questo livello l’aorta è adiacente e parallela all’esofago e l’area crosssezionale sistolica varia meno [105]. Una volta inserita, la sonda viene ruotata, in modo che il trasduttore sia rivolto verso l’aorta e si ottenga la caratteristica onda della velocità del flusso (fig. 8). La posizione della sonda viene ottimizzata attraverso leggere rotazioni lungo il suo asse e da alterazioni della profondità dell’inserzione fino a generare un chiaro segnale con la “peak velocity” più alta possibile. Si può regolare il guadagno d’amplificazione per migliorare la qualità del segnale, tuttavia questo aumenterà il rumore di fondo. La valvola aortica o il movimento della parete cardiaca possono generare un disturbo a bassa frequenza che si può eliminare tagliando questa parte di banda attraverso un filtro software. Controindicazioni all’utilizzo della sonda esofagea includono alterazioni dell’anatomia dell’esofago come malformazioni, tumori, stenosi o varici, chirurgia recente dell’esofago o delle alte vie aeree o esofagite acuta, grave coartazione aortica, diatesi emorragica. In oltre potrebbe non essere affidabile durante il clampaggio aortico. Il Doppler Esofageo si è dimostrato essere associato a pochissime complicanze [106, 107]. Apprendere questa tecnica richiede una pratica inferiore rispetto all’ecocardiografia o alla cateterizzazione dell’arteria polmonare [76]. Dopo 10-12 esecuzioni l’operatore acquisisce sufficiente efficacia ed accuratezza [108, 109] tanto che la riproducibilità intra ed inter-operatore risulta superiore a quella della termo diluizione con tecnica a boli [99, 100]. Per capire il funzionamento del Doppler esofageo dobbiamo prima chiarire che cos’è l’effetto Doppler. Nell’ecografia convenzionale gli ultrasuoni emessi dal piezoelettrico vengono in parte riflessi dalla superficie di passaggio tra tessuti di densità diversa, e dalla captazione di queste onde di ritorno viene costruita l’immagine ecografica. In questo caso la 39 frequenza dell’onda riflessa è la stessa dell’onda incidente, ma se l’onda incontra una struttura in movimento, la frequenza dell’onda riflessa subisce una variazione di entità direttamente proporzionale alla velocità del movimento stesso, in aumento se la struttura si muove avvicinandosi al trasduttore, in diminuzione se la struttura si allontana dal trasduttore. Questa modificazione costituisce l’effetto Doppler. Le apparecchiature ecografiche in grado di evidenziare l’effetto Doppler confrontano fra loro, istante per istante, le frequenza dell’onda incidente (fi) e dell’onda riflessa (fr), e ne calcolano la differenza (Doppler shift). Il Doppler shift dipende dalla velocità della struttura bersaglio secondo la relazione: Δf = 2 f i V cos c dove Δf è il Doppler shift; fi è la frequenza dell’onda incidente; V la velocità di movimento della struttura bersaglio; α l’angolo di incidenza del fascio di ultrasuoni rispetto alla direzione di movimento della struttura bersaglio; c la velocità di propagazione degli ultrasuoni nei tessuti molli, pari a 1540 m · s-1 (fig. 9). Nella pratica clinica la struttura in movimento è costituita dal sangue e il Doppler shift è prodotto dalla diffusione del fascio di ultrasuoni a seguito dell’interazione con i globuli rossi. Mentre fi ed fr risiedono nel campo ultrasonoro (MHz) e non sono quindi udibili, il Doppler shift risiede nel campo sonoro (kHz) e può quindi essere amplificato sì da divenire udibile. Durante l’indagine, quindi, l’operatore ascolta dei suoni le cui frequenze variabili nel tempo sono direttamente correlate alla velocità del sangue. La necessità di schematizzare, oggettivare e registrare questi suoni ha indotto allo sviluppo di strumenti analizzatori di spettro che permettono di riportare all’interno di un sistema di assi cartesiani un tracciato spettrale nel quale 40 sono rappresentate simultaneamente tutte le frequenze rilevate, l’intensità e la fase di ciascuna di esse, e le variazioni nel tempo. Una volta noti l’angolo α e la fi, determinando il Doppler shift è possibile risalire alla velocità del flusso ematico [110]. Sono disponibili, nella pratica, tecniche Doppler non selettive di profondità (Doppler continuo) e tecniche Doppler selettive di profondità (Doppler pulsato). Nel Doppler continuo sono utilizzati due cristalli piezoelettrici indipendenti montati sullo stesso supporto: uno emette un fascio continuo di ultrasuoni di frequenza definita, l’altro riceve il fascio riflesso. Questa tecnica non ha limite di velocità misurabile ma non rende possibile la differenziazione di segnali provenienti da vasi diversi situati lungo l’asse del fascio; in altri termini, non consente risoluzione di profondità. Nel Doppler pulsato sono utilizzate sonde convenzionali per ecotomografia in cui il cristallo (unico o multiplo) è alternativamente posto in fase di emissione e di ricezione cosicché il procedimento, misurando il tempo intercorso, consenta la risoluzione di profondità [110]. Nel caso specifico del Doppler esofageo si utilizza un onda continua a 4 Mhz in quanto si presuppone che esofago e aorta discendente siano adiacenti nel tratto in cui si esegue il rilevamento, oppure un onda pulsata a 5 Mhz. La velocità del flusso (V) dei globuli rossi a livello aortico quindi viene determinata dallo spostamento Doppler nella frequenza delle onde riflesse; possiamo quindi riscrivere nel modo seguente l’equazione che mette in relazione velocità e Doppler shift: V = (2fi x cos α)-1 x cΔf dove c è la velocità dell’ultrasuono nei tessuti, Δf è il cambiamento di frequenza (Doppler shift), fi è la frequenza dell’ultrasuono emesso e α è l’angolo di incidenza [111]. La misurazione dello "stroke volume" attraverso il Doppler esofageo 41 deriva dal principio della misurazione dello “stroke volume” nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro per mezzo dell’ecocardiografia Doppler transtoracica della aorta ascendente [112]. Tuttavia per trasporre ciò che è già stato convalidato nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro al tratto discendente dell’aorta: - un buon allineamento tra esofago e aorta discendente; - un flusso “flat” attraverso l’aorta discendente; - una sezione aortica stimata il più possibile vicina al valore medio misurato durante la sistole; - un flusso diastolico irrilevante; - una suddivisione costante del flusso sanguigno tra l’aorta discendente (70 %), e le arterie coronarie e brachiocefalica ( 30 %). L’accuratezza della misurazione della velocità necessita di un buon allineamento tra la sonda Doppler e la direzione del flusso sanguigno. L’allineamento può essere valutato e migliorato ottimizzando la qualità del segnale ottenuto e visualizzabile sul display del monitor attraverso l’onda della velocità e dal suono del Doppler. L’angolo tra il fascio degli ultrasuoni del Doppler e il flusso sanguigno è approssimativamente simile a quello tra il trasduttore e la sonda (45 gradi), poiché, di solito l’esofago e l’aorta corrono paralleli nel torace. Questo può essere considerato vero nei giovani e nei pazienti sani ma può essere erroneo in pazienti anziani affetti da scoliosi. Ogni discrepanza tra gli angoli stimati e gli angoli reali esita in errori nel calcolo della velocità del sangue dal momento che nell’equazione di Doppler il coseno dell’angolo risulterà errato. Un profilo di velocità “flat” implica che tutti i globuli rossi si muovano alla stessa velocità attraverso il vaso. Nella realtà il profilo della velocità del flusso nell’aorta discendente è più di tipo parabolico (flusso laminare; i 42 globuli rossi al centro del vaso hanno una velocità maggiore rispetto a quelli a ridosso delle pareti del vaso) che “flat”. Perciò, l’utilizzo della massima velocità misurata per calcolare la “stroke distance”, può esitare in una soprastima dello “stroke volume” [113]. Il rapporto assegnato di suddivisione del flusso (70 % aorta e 30 % arterie coronarie e brachiocefaliche) può essere inaccurato in riferimento a varie condizioni fisiopatologiche [100, 114]. La misurazione dell’area di sezione dell’aorta discendente può essere effettuata utilizzando l’ecocardiografia transeofagea. Questa tecnica, tuttavia, è operatore dipendente e non è disponibile ovunque. I costruttori del Doppler esofageo hanno ovviato a questo problema o incorporando un trasduttore M-mode nella sonda per misurare istantaneamente il diametro aortico (HemoSonic; Arrow International, Reading, PA) o fornendo un nomogramma che stimi l’area di sezione dell’aorta discendente in base all’età, al peso e all’altezza del paziente (CardioQ, Deltex Medical, Chichester, United Kingdom) [99, 115], ma in questo secondo caso i risultati ottenuti sono quelli per un paziente “tipico” con la stessa altezza, peso, ed età, e non devono essere considerati come valori assoluti [116]. La velocità di flusso rilevata dal Doppler esofageo viene visualizzata a monitor in un sistema di assi cartesiani dove abbiamo la velocità in ascissa e il tempo in ordinata (fig. 7B). Il flusso prodotto da ogni sistole sarà quindi rappresentato da un onda con la forma approssimativa di un triangolo; dalle sue caratteristiche possiamo ottenere diverse informazioni riguardo alla situazione emodinamica del paziente (fig. 10) (tab. 1). I valori forniti dallo strumento sono la media di quelli misurati in un determinato intervallo di tempo. Il numero di cicli da considerare può essere impostato dall'operatore. E' consigliabile integrare un periodo di almeno 5 cicli per minimizzare il bias dovuto alla variazione della gittata sistolica determinato dalla ventilazione a pressione positiva, soprattutto in pazienti ipovolemici [135]. 43 I parametri misurati direttamente sono i seguenti: - Peak velocity (PV) è la velocità massima (di picco) misurata durante la fase sistolica (in cm·s-1) e corrisponde all’altezza della curva. - Flow time (FT) è la durata del flusso sistolico in aorta (in millisecondi) e corrisponde alla base della curva. - Flow time to peak (FTp) è il tempo che intercorre dall’inizio della fase sistolica al punto in cui viene rilevato il PV (in millisecondi), corrisponde alla prima parte della base della curva fino al punto dove si proietta l’altezza del “triangolo”. - Cycle time è il tempo che intercorre tra l’inizio di un onda e l’inizio di quella successiva (in secondi). Atri parametri vengono derivati dall’onda nel modo seguente: - Frequenza cardiaca (HR) è il numero di onde (battiti) al minuto misurate nel modo seguente: HR = 60 / tempo di ciclo (min-1) - Stroke distance (SD) distanza percorsa dalla colonna di sangue attraverso la aorta durante la fase sistolica di ciascun battito. Viene calcolata misurando l’area sotto la curva attraverso l’integrale della velocità nel tempo di flusso (FT). - Minute distance (MD) è la distanza percorsa dalla colonna di sangue attraverso l’aorta ed è un indice lineare della gittata cardiaca. Questo valore è calcolato come: MD = SD x HR (cm) - Stroke volume (SV) è calcolato come: 44 SV = SD x AAO (ml) dove AAO è l’area della sezione aortica ottenuta dal nomogramma oppure misurando il diametro aortico (2r) attraverso il trasduttore M-mode (AAO = π 2r2/4). - Cardiac output (CO) viene calcolato come CO = SV x HR (L · min-1) - Corrected flow time (FTc): dal momento che il tempo di flusso sistolico (FT) fisiologicamente si riduce all’aumentare della frequenza cardiaca, per avere dati comparabili dobbiamo correggerlo per il tempo di ciclo usando l’equazione di Bazett. FTc = FT / √cicle time (ms) - Mean acceleration (MA) è l’accelerazione media del sangue tra l’inizio della fase sistolica e il momento in cui viene rilevata la velocità di picco. Corrisponde alla pendenza della fase ascendente dell’onda e può essere calcolato come segue: MA = PV / FTp (cm · s-2) - Systemic vascular resistence (SVR) è una misura della resistenza effettiva del sistema vascolare al flusso del sangue e corrisponde alla differenza di pressione diviso il flusso. Viene calcolata come: 45 RSV = (PAM – PVC) / CO x 79.9 (dyne · s · cm-5) - Systemic vascular resistence index (SVRI) è l’RSV normalizzata per l’area della superficie corporea: IRVS = RSV x BSA (dyne · s · cm-5 · m2) Perché il monitor esegua il calcolo di RSV e IRSV, i valori di pressione sanguigna devono essere immessi manualmente dall’utente. Ulteriori parametri sono ottenuti per indicizzazione: - Cardiac index (CI) è la gittata cardiaca normalizzata per l’area di superficie corporea (BSA) CI = CO / BSA (L · min-1 · m-2) - Stroke volume index (SVI) è la gittata sistolica normalizzata per l’area di superficie corporea [27]: SVI = SV / BSA (ml · m-2) Singer ha mostrato come con il Doppler si possano ottenere importanti informazioni sulle condizioni emodinamiche del paziente clinico. In particolare le varizioni di precarico, postcarico e inotropismo sono legate a modificazioni di specifici parametri misurati ed ai cambiamenti delle corrispettive caratteristiche della forma d’onda. L’FTc è un indicatore del precarico e quando si accorcia suggerisce un tempo di riempimento diastolico diminuito, ovvero una diminuzione del precarico. La contrattilità miocardica, invece, può essere descritta dalla “peak velocity”. Maggiore è la 46 contrattilità del miocardio, più veloce sarà l’espulsione del sangue fuori dal ventricolo il quale corrisponde ad una “peak velocity” più elevata. Il postcarico viene stimato dall’analisi della forma d’onda. Un incremento delle resistenze vascolari sistemiche si riflette in un decremento della “peak velocity” e in un FTc minore. Al contrario, una diminuzione delle resistenze vascolari sistemiche dovrebbe corrispondere in un incremento della “peak velocity” e in un FTc più lungo [27] (fig. 11). Per giungere a queste conclusioni Singer ha modificato la volemia o ha sottoposto i pazienti studiati a farmaci che alterassero il più selettivamente possibile un solo fattore determinante la gittata cardiaca. Così si è potuto constatare che la somministrazione di farmaci inotropi positivi come la dobutamina, causa un aumento della “minute distance” attraverso l’incremento della frequenza cardiaca e della “stroke distance”,in quanto determina un incremento significativo della “peak velocity” e della “mean acceleration” ed una diminuzione dell’indice delle resistenze vascolari sistemiche; non ci sono invece modificazioni del “flow time corretto” [27]. Aumenti del postcarico, ottenuti grazie alla somministrazione di metossamina, provocano una caduta della “stroke distance” e della “minute distance”. Questo farmaco infatti causa un importante incremento dell’indice delle resistenze vascolari sistemiche e della pressione arteriosa media, con bradicardia riflessa e decremento del “flow time corretto”; c’è anche un lieve riduzione della “peak velocity”. Riduzioni delle resistenze vascolari sistemiche, attraverso l’uso di vasodilatatori quali la fentolamina, determinano un incremento della “minute distance” attraverso cambiamenti della frequenza cardiaca e della “stroke distance”; in oltre si sono registrati incrementi anche nel “flow time corretto” [27]. La correzione dell’ipovolemia attraverso la somministrazione di fluidi aumenta la “stroke distance” principalmente attraverso l’incremento del FTc. Le alterazioni opposte sono invece visibili in caso di riduzione del 47 riempimento ventricolare sinistro (riduzione del precarico). La rimozione di plasma (1000 mL) causa una significativa diminuzione della “stroke distance”, mentre la frequenza cardiaca non presenta alcuna alterazione. Ciò è probabilmente dovuto ai meccanismi compensatori con un notevole incremento dell’indice delle resistenze vascolari sistemiche che mantiene normali livelli di pressione arteriosa sistemica. Decrementi significativi si sono invece osservati nel “flow time corretto”, nella “peak velocity” e nella “mean acceleration” dopo la rimozione di plasma [27]. Oltre che dalle modificazioni dei parametri registrati, i cambiamenti della situazione emodinamica sono ovviamente seguiti dai corrispettivi cambiamenti della forma dell’onda, la quale esprime gli effetti del cambiamento del riempimento del ventricolo sinistro, delle resistenze vascolari sistemiche e della contrattilità cardiaca. L’ipovolemia, ad esempio, è prontamente individuabile grazie alla presenza di onde con una base stretta che corrispondono a una diminuzione del “flow time”. Quando sono state rilevate onde a base stretta, nonostante valori normali di PCWP, i pazienti mostrano spesso buone risposte emodinamiche al carico di liquidi [101]. 1.3 Noradrenalina All'inizio del secolo scorso l'adrenalina era già nota, mentre la noradrenalina (NA) non era ancora stata identificata. Nel 1905 T.R. Elliot ipotizzò che gli impulsi dei nervi simpatici rilasciassero piccole quantità di una sostanza simile all’adrenalina surrenale in immediata prossimità delle cellule effettrici. Egli ritenne che questa sostanza costituisse il passaggio chimico del processo di trasmissione [117]. 48 Nel 1921 Cannon e Uridil riportarono che la stimolazione dei nervi simpatici epatici comportava il rilascio di una sostanza simili all’adrenalina che aumentava la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. La possibilità che l’adrenalina demetilata (noradrenalina) potesse essere la sostanza in questione era già stata ripetutamente ipotizzata ma la prova definitiva che essa fosse il mediatore dei nervi simpatici non venne ottenuta finché non fu disponibile un saggio specifico per la determinazione delle amine simpaticomimmetiche in estratti di tessuti e liquidi corporei [117] La noradrenalina è la sostanza simpatico mimetica predominante nei nervi simpatici post-gangliari ed è il mediatore adrenergico liberato dalla loro stimolazione. La possiamo trovare anche nella sostanza midollare surrenale, dove rappresenta il 15-20% delle catecolamine, mentre l'adrenalina costituisce l'80% [118] (fig. 12). Le catecolamine circolanti non attraversano la barriera emato-encefalica quindi la NA che agisce come neurotrasmettitore nel cervello viene sintetizzata in sede [1]. Nel caso dei neuroni adrenergici la sintesi della NA avviene in corrispondenza dei terminali nervosi post gangliari. La tirosina nel citoplasma viene trasformata in dopa dall'enzima tirosina-idrossilasi, e quindi in dopamina. La dopamina viene poi attivamente trasportata nelle vescicole citoplasmatihe di accumulo del neurotrasmettitore, le uniche a contenere l'enzima dopamina β-idrossilasi che permette la conversione della dopamina in noradrenalina. Nella midollare del surrene esistono delle cellule, dette cellule A, che possiedono un ulteriore enzima di questa via, che aggiunge un metile alla noradrenalina trasformandola in adrenalina [117]. La NA è immagazzinata in vescicole per assicurare la regolazione del suo rilascio. In questo modo si diminuisce il metabolismo intraneuronale del trasmettitore, così come il suo rilascio passivo al di fuori della cellula. L'impulso nervoso trasmesso attraverso le fibre pre-gangliari determina il 49 rilascio di NA dalle fibre adrenergiche post-gangliari. La midollare del surrene si comporta come un ganglio nervoso simpatico: anche qui l'evento scatenante è la liberazione di acetilcolina dalle fibre pre-gangliari. Il flusso di Ca2+ ha molto probabilmente un ruolo essenziale nell'accoppiare l’impulso nervoso, la depolarizzazione della membrana, e l’apertura dei canali del Ca2+ voltaggio-dipendenti con il rilascio di noradrenalina. Questo rilascio è inibito dalla colchicina e dalla prostaglandina E2. Il blocco della sintesi di prostaglandine incrementa il rilascio di NA [119], inoltre la NA inibisce il suo stesso rilascio attraverso la stimolazione presinaptica dei recettori α2 [1]. L’idrossilazione della tirosina e la sua trasformazione in dopa è in genere considerato il passaggio limitante della via biosintetica delle catecolamine [120], e l’enzima tirosina-idrossilasi è attivato per la stimolazione dei nervi adrenergici della midollare del surrene garantendo un rapido aumento della sintesi di catecolamine in seguito ad uno stimolo nervoso. In oltre, è osservabile anche un aumento tardivo dell’espressione del gene per la tirosina idrossilasi dopo stimolazione nervosa. Questi meccanismi servono a mantenere il contenuto di catecolamine in risposta ad un aumento del rilascio delle stesse. In oltre, la tirosina idrossilasi è soggetta ad un meccanismo di inibizione retrograda da parte della NA, quindi ad una modulazione allosterica dell’attività enzimatica [121]. In aggiunta ai meccanismi di neosintesi sopra descritti, vi è un secondo sistema di ricostruzione delle scorte nelle terminazioni nervose adrenergiche e cioè la ricaptazione per trasporto attivo della noradrenalina rilasciata precedentemente nel liquido extracellulare. Questo processo è anche responsabile della terminazione dell’effetto degli impulsi adrenergici di molti organi. Il processo di captazione neuronale è stato nominato uptake-1 [122]. Certi farmaci simpaticomimmetici (per es. l’efedrina e la tiramina) 50 producono i loro effetti in modo indiretto, principalmente dislocando la noradrenalina dai siti di legame delle terminazioni nervose al fluido extracellulare dove il trasmettitore può agire sui siti recettoriali delle cellule effettrici. Tutte queste sostanze sono substrato per il meccanismo di uptake-1. Come risultato del loro trasporto attraverso la membrana neuronale e il rilascio nell’assoplasma, essi rendono disponibile il trasportatore alla superficie interna della membrana per il trasporto in uscita della noradrenalina (scambio per diffusione facilitata). In oltre queste amine sono in grado di mobilizzare noradrenalina dalle vescicole competendo con il processo di captazione neuronale [123]. Esiste anche un sistema di trasporto di amine extraneuronale, denominato uptake-2 con bassa affinità per la noradrenalina e una relativamente elevata affinità per l’adrenalina e ancora una più alta affinità per l’isoproterenolo. L' uptake-2 assume maggiore importanza nel eliminazione di catecolamine circolanti che non nella rimozione di NA rilasciata da terminazioni nervose adrenergiche [122, 124]. In sintesi l'azione della noradrenalina cessa attraverso: - la ricaptazione nelle terminazioni nervose; - la diluizione per diffusione dallo spazio sinaptico e la captazione nei siti extraneuronali; - la trasformazione metabolica. Due enzimi sono importanti nelle tappe iniziali della trasformazione metabolica delle catecolamine: le mono-amino-ossidasi (MAO) e le catecolO-metiltransferasi (COMT). Inoltre le catecolamine sono metabolizzate dalle sulfotransferasi [117]. 51 Effetti della noradrenalina Per comprendere gli effetti della NA sui diversi organi è cruciale la conoscenza della classificazione e delle proprietà dei vari tipi di recettori adrenergici. I recettori che rispondono con un ordine di potenza NA ≥ A > isoproterenolo sono chiamati α e a loro volta suddivisi in α1 e α2, mentre quelli che rispondono con un ordine di potenza isoproterenolo > A ≥ NA sono i recettori β1 e β2. I recettori α1 servono come attivatori post-sinaptici sia dei muscoli lisci dei vasi e dell'intestino, sia delle ghiandole endocrine. La risposta dei vasi di capacitanza e di resistenza è la costrizione mentre nel tratto intestinale causano rilassamento. Esiste ormai una documentata evidenza circa la presenza dei recettori α1 adrenergici nel cuore con effetto inotropo positivo. I recettori α2 danno vasocostrizione arteriosa e venosa, aggregazione piastrinica, inibizione della mobilità intestinale, inibizione del rilascio di insulina ed ADH. Agendo sui recettori α2 pre-sinaptici, la NA inibisce il suo stesso rilascio. I recettori β1 mediano gli effetti delle catecolamine sul miocardio, mentre i recettori β2 si trovano nella muscolatura liscia dei vasi sanguigni della cute, dei muscoli scheletrici, del mesentere e nella muscolatura dei bronchi [1]. La NA ha maggior affinità per i recettori α, minore per i recettori β1 ed effetto quasi nullo sui recettori β2. La NA causa effetti emodinamici diretti attraverso i recettori α e β in maniera dose-correlata quando somministrata in infusione. Causa un aumento di CO e di pressione ematica quando somministrata a basse dosi. L’incremento iniziale di CO, è dovuto più al aumentato precarico che ad un effetto diretto arteriolare o cardiaco. Dosi più alte riducono il flusso poiché la costrizione arteriolare α supera gli effetti β. Si può verificare una bradicardia riflessa barocettoriale dopo stimolazione β [1]. Osservando specificamente l'azione dei mediatori dell’ortosimpatico sul 52 cuore vediamo che adrenalina e noradrenalina hanno l’effetto di aumentare la corrente depolarizzante di base. Il risultato è quello di contrastare l’efficacia della corrente di refrattarietà postuma. Ciò serve ad accelerare il raggiungimento della soglia e a ridurre di conseguenza l’intervallo tra un potenziale d’azione e l’altro (effetto cronotropo). Le catecolamine agiscono anche sul nodo atrioventricolare, aumentandone la velocità di conduzione (effetto dromotropo), e sul miocardio comune, riducendo la durata della fase di plateau (accorciamento della sistole) e aumentando la forza di contrazione (azione inotropa). Per esempio, la noradrenalina liberata dalle terminazioni simpatiche agisce aumentando la conduttanza al calcio nelle cellule del miocardio comune incrementando così la forza di contrazione [30]. Un attività β1 eccessiva può aumentare la contrattilità ma causare anche un aumento di FC e di consumo miocardico di ossigeno. Sono frequenti aritmie severe in associazione ad un eccesso di attività β 1 come risultato di un aumento della velocità di conduzione, automaticità e ischemia. In alcuni organi come il cuore lo stimolo più efficace nell’aumentare il diametro vasale è la variazione della pressione parziale dell’ossigeno. Le arterie e le arteriole miocardiche sono innervate da fibre simpatiche vasocostrittrici (α1 e α2 adrenergiche), che presentano una scarica tonica a riposo. Durante l’esercizio fisico, l’effetto vasocostrittore prodotto dalle fibre efferenti simpatiche è cancellato in maniera graduale dalla vasodilatazione metabolica. In alcuni organi come il cuore infatti lo stimolo più efficace nell’aumentare il diametro vasale è la variazione della pressione parziale dell’ossigeno: l’aumento della frequenza cardiaca e la forza di contrazione aumentando il consumo di ossigeno fanno si che la vasodilatazione metabolica sia più spiccata dell’effetto vasocostrittore sulle coronarie. La muscolatura liscia dei vasi coronarici possiede anche recettori β, che mediano la vasodilatazione, scarsamente sensibili alla NA o all’attivazione simpatica. L’adrenalina, secreta in situazioni di stress, rinforza l’iperemia 53 coronarica attivando questi recettori [125]. Brown ha dimostrato le risposte dei vasi di capacitanza e resistenza nell’uomo durante by-pass cardiopolmonare. Questo rappresenta un metodo unico di esaminare la risposta emodinamica al farmaco poiché il flusso è mantenuto costante eliminando l’effetto miocardico del farmaco [126]. Piccole varizioni di capacitanza venosa esitano in grandi variazioni di ritorno venoso dal momento che il 60-70% del volume ematico circolante è contenuto nel compartimento venoso. L’effetto delle amine simpatico mimetiche sulla circolazione venosa appare essere distributivo nel senso che una costrizione venosa aumenta il volume di sangue centrale (precarico), mentre una dilatazione riduce il ritorno venoso. L’effetto distributivo delle catecolamine può essere importante quanto l’effetto inotropo e più importante dell’effetto arteriolare [127]. Quindi una marcata costrizione venosa α1 può migliorare la CO aumentando il precarico ma può anche scatenare uno scompenso se il precarico eccede i limiti contrattili del miocardio. I farmaci con prominente effetto agonista α1 come la NA possono determinare un aumento di pressione arteriosa ma riducono il flusso totale in quanto aumentano le resistenze arteriolari (postcarico). La NA può essere usata per i suoi effetti inotropi a basse dosi e titolandone gli effetti mentre si monitorizza la gittata cardiaca in modo invasivo, infatti il monitoraggio della sola pressione arteriosa è spesso dannoso per la gittata cardiaca. Dosi anche moderate di NA possono avere un effetto dannoso sulla perfusione terminale degli organi, fatto che ha dato al farmaco una cattiva reputazione quando usata per regolare la pressione piuttosto che il flusso. Gli effetti collaterali comprendono la costrizione dell’arteriola renale con oliguria, inoltre, la terapia prolungata può causare riduzione del volume plasmatico per trasudazione di fluidi [1]. L’uso prolungato di agonisti adrenergici con forti caratteristiche α solitamente esita in tachifilassi. Questo fenomeno è probabilmente dovuto 54 alle down-regulations dei recettori adrenergici. Gli sfinteri precapillari sono sotto controllo miogenico locale e si rilasciano in condizioni di ipossia e acidosi, indipendentemente da una forte stimolazione α. Gli sfinteri postcapillari sono più funzionali in un ambiente ipossico e acidotico ma sono sottoposti ad un più forte controllo neurogenico centrale. Un prolungato aumento del tono post-capillare causa aumento della pressione idrostatica con una perdita netta di volume intravascolare. Questi eventi sono solo una delle spiegazioni del cosiddetto e ancora misterioso “levophed shock” in cui i pazienti non possono essere svezzati dall’infusione di NA [1]. Negli anni passati la NA ha guadagnato una reputazione immeritata poichè veniva impiegata in dosi di diversi ordini di grandezza superiori a quanto necessario per ottenere la risposta ottimale nel migliorare la CO piuttosto che la pressione ematica [1]. Complicanze come insufficienza renale e necrosi tissutale (dovrebbe essere somministrata solo in un catetere venoso centrale per evitare la necrosi tissutale da stravaso ematico) sono la norma e devono essere attese quando si impiega NA Se la NA viene usata semplicemente per migliorare la pressione piuttosto che il flusso ematico, la quantità di NA infusa è 5-10 volte maggiore di quella necessaria per ottenere l’ottimizzazione del trasporto e consumo di ossigeno [128]. La NA è ritornata clinicamente utile a causa dei sui effetti prevedibili, rapidi, e potenti nel trattamento farmacologico degli stati a bassa portata. Il rinnovato interesse verso le catecolamine è correlato alla loro farmacodinamica chiara ed al loro favorevole profilo farmacocinetico; gli effetti risultano linearmente correlati al livello plasmatico che è direttamente dipendente dalla velocità di infusione. L’emivita risulta generalmente breve nel range dei 2-3 minuti, anche gli effetti sistemici indesiderati scompaiono in pochi minuti dalla sospensione dell’infusione[133]. 55 Lo scopo della tesi è valutare gli effetti dell’infusione continua di noradrenalina sullo “stroke volume” registrato al Doppler esofageo durante anestesia generale in pazienti appartenenti alle classi ASA I e II. Inoltre, obiettivo secondario è verificare l’efficacia del Doppler esofageo nel rilevare le modificazioni della gittata cardiaca e dei suoi determinanti attraverso l’utilizzo di un farmaco α-adrenergico in pazienti non affetti da patologie cardiovascolari. 56 MATERIALI E METODI Sono stati reclutati 22 pazienti appartenenti alle classi I o II della classificazione dello stato fisico dell’American Society of Anestesiology (ASA), candidati ad intervento di chirurgia generale minore (mastectomia, quadrantectomia + LNS, colecistectomia in VLS). Il protocollo di studio è stato approvato dalla Commissione Etica Ospedaliera e da parte di ogni paziente è stato ottenuto il consenso informato. La presenza di uno o più dei seguenti criteri di inclusione è stata indispensabile per arruolare i pazienti nello studio: - età maggiore ai 18 anni; - appartenenza alle classi ASA I o II; - intervento di chirurgia minore; - consenso informato. Non hanno partecipato allo studio invece i pazienti che presentavano almeno uno dei seguenti criteri di esclusione: - presenza di valvulopatie; - insufficienza cardiaca congestizia; - pregressi episodi di angor o infarto acuto del miocardio (IMA); - esofagopatie (flogosi, malformazione); - coagulopatie; - interventi in urgenza. 57 Anestesia I pazienti sono stati premedicati con 0.02 mg · Kg-1 di midazolam somministrati e.v. 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia. Prima dell’induzione dell’anestesia generale è stato effettuato un riempimento volemico con 5 mL · Kg-1 di cristalloidi in bolo. L’infusione continua di cristalloidi è stata poi mantenuta a 5 mL · Kg -1 durante l’intervento. I pazienti sono stati monitorizzati con ECG a 3 derivazioni, pulsossimetria, pressione arteriosa non invasiva (Nihon Kohden, BSM – 5105K, Shinjuku – ku – Tokyo, Japan), BIS (BIS, Spacelabs Healthcare, Isaaquah, WA), TOF (TOF WATCH, Organon, Dublin, Ireland), Cardio Q (FTc, Cardiac Output, Cardiac Index, Peak Velocity, Mean acceleration). Dopo adeguata preossigenazione in maschera (3 minuti) si è proceduto con l’induzione dell’anestesia generale con tecnica endovenosa utilizzando propofol (2 mg · Kg-1, ridotto del 30% se età > 60 anni), alfentanil (15 mcg · Kg-1) antiemetica. e deidrobenzoperidolo L’intubazione (0.625 orotracheale è mg) stata come profilassi facilitata dalla somministrazione di miorilassante (cisatracurio 0.15 mg · Kg-1 o rocuronio 0.6 mg · Kg-1). La ventilazione meccanica (ventilatore DRÄGER PRIMUS, Dräger Medical, Lübeck, Germany) è stata adeguata in modo tale da ottenere valori di anidride carbonica di fine espirazione (EtCO2) compresi fra 35-40 mmHg; sono stati inoltre monitorizzati i gas sia inspirati che espirati (DRÄGER PRIMUS). Il mantenimento dell’anestesia generale è stato effettuato con un anestetico inalatorio quale sevoflurane conservando un valore di espirato del vapore (Et Sevo) compreso fra 1.5-2 %, e con l’infusione continua di remifentanil ad un dosaggio modulabile, sulla base della stimolazione chirurgica e della risposta del paziente, fra 0.05 e 0.5 mcg · Kg-1 · min-1. Durante il periodo intraoperatorio è stato eseguito monitoraggio 58 neuromuscolare con la tecnica dell’accelerometria (TOF WATCH), sulla base del quale al riscontro del valore di T1 pari al 10 % sono stati eseguiti boli di richiamo di miorilassante (cisatracurio 0.03 mg · Kg-1 o rocuronio 0.15 mg · Kg-1). Dopo l’induzione dell’anestesia e l’intubazione orotracheale è stata posizionata una sonda faringea per la misurazione della temperatura corporea, il cui mantenimento ad una temperatura superiore a 35 oC è stato ottenuto con mezzi di riscaldamento ad aria (WarmTouch, Mallinckrodt medical Athlon, Ireland) ed infusione di liquidi caldi (Hot lineTM Rockland, MA, USA). Si è provveduto inoltre al posizionamento del catetere vescicale per il monitoraggio della diuresi oraria. Durante l’intervento si è proceduto all’inserimento della sonda endoesofagea per la misurazione dei vari parametri (FTc, SV, CI, PV, CO, MA). Sono state eseguite due misurazioni a tempi predefiniti. La sonda endoesofagea (Ref: 9050 - 7201, Deltex medical, Chichester, UK), lubrificata con pomata di Lidocaina cloridrato all’ 1 % (Luan®), è stata inserita, attraverso la bocca, nell’esofago ad una profondità di circa 35 centimetri dagli incisivi, dove veniva registrato un flusso sanguigno ottimale dall’aorta discendente. Al fine di ottenere il miglior segnale Doppler possibile (onda con velocità maggiore possibile), si è proceduto alla manipolazione della sonda attraverso piccole rotazioni lungo il proprio asse, leggeri avanzamenti o arretramenti. Il monitor CardioQ è stato utilizzato per stimare lo “stroke volume” attraverso la misurazione della velocità del flusso nell’aorta discendente. Si è proceduto alle misurazioni a fine intervento una volta cessato lo stimolo chirurgico. Si è riusciti ad evitare il problema dello stimolo del dolore con infusione continua di remifentanil 0.05 mcg · Kg-1 · min-1, Et Sevo 1% e valori di BIS inferiori a 50 e ad effettuare le misurazioni con il CardioQ nelle condizioni di massima stabilità del paziente. 59 Durante la seduta è stata effettuata la somministrazione di paracetamolo (1 grammo), ondansetron (4 mg) per il controllo del dolore e della nausea e vomito post-operatori. Al termine dell’intervento, quando al monitoraggio della trasmissione neuromuscolare il T1 era pari al 25 %, è stata somministrata la miscela decurarizzante preparata con 1 mg di atropina e 2.5 mg di prostigmina. Si è proceduto all’estubazione solamente in presenza di un adeguato recupero dei riflessi protettivi (TOF ratio > 90%), di un’attività respiratoria spontanea, di stabilità emodinamica e di normotermia. L’analgesia post-operatoria è stata effettuata tramite somministrazione e.v. in bolo di tramadolo (100 mg) e ketorolac (30 mg) ogni 8 ore. Durante il periodo intraoperatorio abbiamo registrato i dati del paziente (età, peso, altezza, presenza di eventuali patologie, classe ASA, tipo di intervento chirurgico effettuato). Sono stati annotati a tempi predefiniti (T0 - basale, T1 - dopo 15 min di infusione di noradrenalina 0.1 mcg · Kg-1 · min-1) i seguenti parametri: - Pressione arteriosa media (MAP) - Frequenza cardiaca (HR) - Pulsossimetria (SpO2) - Cardiac Output (CO) - Cardiac Index (CI) - Stroke Volume (SV) - Flow Time corretto (FTc) - Peak velocity (PV) - Mean Acceleration (MA) 60 Valutazione statistica Tutti i dati sono riportati come media e deviazione standard. Le variabili in studio (HR, CI, MAP, SV, FTc, PV e MA) sono state analizzate con il Paired T test di Student. Sono state considerate statisticamente significative differenze con P < 0.05. L’analisi statistica è stata effettuata per mezzo del software Prism 5 per Windows (versione 5.01, 2007, GraphPad Software Inc., San Diego CA, USA). 61 RISULTATI I dati demografici, fisiologici, clinici e i diversi valori registrati durante la seduta sono rappresentati nella tabella 2. Il gruppo di pazienti era costituito da 23 donne con età media di 56.1 anni. La durata media dell’intervento è stata di 149 ± 42.3 minuti. In due di queste pazienti era stata riscontrata un'ipercolesterolemia famigliare, tre presentavano ipotiroidismo, una era affetta da β-talassemia minor ed una soffriva di coliche renali non calcolosiche. Infine una paziente presentava un’infezione da HBV. La sonda è stata mantenuta i sede per l’intera seduta operatoria senza effetti collaterali; è stata sfilata solo a fine intervento prima di risvegliare il paziente. La gittata cardiaca ha risentito dell’infusione di noradrenalina (p=0.0002) passando dal valore basale di 4.57 ± 1.29 L·min-1 a 3.58 ± 1.25 L·min-1. Si sono registrate modificazioni statisticamente significative anche per quanto riguarda la gittata sistolica (P=0.0002) con SV basale di 80.4 ± 21.8 mL e SV finale di 67.6 ± 20.7 mL. Dopo la somministrazione del farmaco la pressione arteriosa media che era inizialmente di 71 ± 7 mmHg è arrivata a 98 ± 17 mmHg (p<0.0001) e la frequenza cardiaca si è ridotta da 58 ± 6 a 52 ± 7 bpm (p=0.0016). Gli indici di inotropismo cardiaco (PV e MA) si sono comportati in modo non uniforme. Mentre la “peak velocity” ha subito modificazioni significative (p<0.0001) dal T0 basale al T1 passando da 68.5 ± 21.7 a 58.5 ± 17.8 cm·s-1, così non è stato per la “mean acceleration” che è passata da valori basali di 8.3 ± 3.3 cm·s-2 a valori finali di 8 ± 3 cm·s-2 (p=0.48). Il “flow time” corretto, interessato direttamente dall'aumento della pressione arteriosa, partendo da 346 ± 36 ms, dopo l'infusione di noradrenalina è 62 arrivato a valori di 315 ± 47 ms, mostrando una variazione statisticamente significativa (p=0.01) (fig. 13-19) (tab. 3). In nessun paziente si è resa necessaria la sospensione dell’infusione continua di noradrenalina. 63 DISCUSSIONE I dati raccolti nel nostro studio mostrano come aumentando la pressione arteriosa attraverso un farmaco vasocostrittore quale la noradrenalina si causa una modificazione del flusso aortico, che è prontamente rilevata attraverso il Doppler esofageo. Si è verificata infatti la diminuzione dello "stroke volume" (media 15%) e della gittata cardiaca (media 20%). La riduzione dello "stroke volume" si è manifestata anche con il decremento della "peak velocity" (media 14%) e del "flow time" corretto (media 8%). Queste modificazioni corrispondono visivamente alla riduzione della base e dell'altezza dell'onda mostrata dal monitor. Le nostre misurazioni di "peak velocity" e "flow time" corretto concordano con l'analisi della forma d'onda effettuata da Singer et al. [101]. Egli associa all'aumento del postcarico la riduzione del PV e del rapporto tra FT e CT (FT:CT). Alla riduzione delle resistenze vascolari sistemiche associa l'aumento di PV e di FT mentre all'effetto inotropo positivo corrisponde l'aumento della sola velocità di picco. Infine, alla correzione dell'ipovolemia associa l'incremento del solo FT:CT [101] (fig. 11). In un altro studio, utilizzando il Doppler con approccio soprasternale, Singer et al. hanno verificato anche la correlazione tra le variazioni di precarico, postcarico ed inotropismo e le corrispettive modificazioni dei valori di frequenza cardiaca, "stroke distance", "minute distance" e "mean acceleration" [27]. Nella nostra esperienza l'azione della noradrenalina ha ridotto lo "stroke volume" modificando "peak velocity" e "flow time" corretto, ma non ha modificato la "mean acceleration" (p = 0.48). Abbiamo rilevato inoltre una riduzione della frequenza cardiaca come risposta vagale riflessa all'ipertensione. 64 Dato il meccanismo d'azione della noradrenalina ci saremmo potuti aspettare una variazione della "mean acceleration" analoga a quella della "peak velocity" come riscontrato da Singer [27]. L'aumento della "mean acceleration" è stato riscontrato in 9 pazienti, mentre negli altri 13 si è ridotta (fig. 20). Nello studio di Singer il campione era ristretto (5 soggetti) ed il farmaco vasocostrittore utilizzato era la metossamina; questa sostanza agisce unicamente sui recettori α1-adrenergici, mentre la noradrenalina ha anche azione β1-agonista [133]. Forse le differenze farmacodinamiche tra noradrenalina e metossamina possono spiegare perchè abbiamo riscontrato risultati differenti rispetto a quanto rilevato da Singer. I dubbi insorti negli ultimi 10-15 anni riguardo all’utilizzo del PAC, dovuti ai rischi aggiuntivi a cui viene sottoposto il paziente, hanno fatto crescere l’interesse per i metodi alternativi di monitoraggio emodinamico. Si è accelerato il perfezionamento di tecniche meno invasive, tra cui il Doppler esofageo. Questo strumento è stato valutato in numerosi articoli che lo hanno confrontato con la termodiluizione. Nel 2002 Laupland et al. in una review hanno analizzato 24 studi pubblicati tra il 1985 ed il 2000 riguardanti l’affidabilità del Doppler esofageo durante il monitoraggio perioperatorio e nelle unità di terapia intensiva. Si è dimostrata una buona correlazione tra Doppler esofageo e termodiluizione, tuttavia Laupland fa notare che molti di questi studi hanno coinvolto un numero esiguo di pazienti, che il procedimento non era “cieco” e che non è stata usata l’analisi dei dati secondo il metodo di Bland e Altman [106]. In un’analisi di 21 studi effettuata da Dark e Singer nel 2004, il Doppler esofageo sembra risultare più affidabile nello studio del trend della gittata cardiaca che nella stima del valore assoluto di CO in un determinato momento [26]. Da un lato questo non è uno svantaggio del Doppler 65 esofageo, poiché le modificazioni della gittata cardiaca sono molto più utili nella gestione del paziente critico rispetto al valore assoluto. D’altro canto sono anche necessari ulteriori analisi per approfondire questo aspetto, infatti Dark e Singer ammettono che le pubblicazioni da loro raccolte non erano esaustive. Gli autori della review danno delle indicazioni precise per giungere alla definitiva validazione di questa metodica. In particolare raccomandano per gli studi futuri: che siano “in cieco”, che si adotti il metodo di Bland-Altman per l’analisi dei dati e che il Doppler esofageo sia confrontato con la termodiluizione in continuo e non con quella intermittente (con boli di soluzione salina). Da ultimo suggeriscono di utilizzare l’eco-Doppler esofageo che attraverso l’opzione M-mode permette di misurare il diametro aortico invece di approssimarlo con un nomogramma [26]. E’ da notare che alcuni autori anglosassoni usano il termine “precisione” come sinonimo di “accuratezza” mentre nel linguaggio scientifico italiano questa parola implica il concetto di esattezza nella riproducibilità. Dark e Singer sostengono che il metodo della termodiluizione con boli di soluzione salina è accurata nella stima del CO ma può risentire di una variabilità superiore al 15% in 3 misurazioni consecutive, cioè non è precisa [9, 10, 26, 101]; diventa quindi fuorviante utilizzare questa tecnica come termine di paragone per valutare l’accuratezza di una metodica più precisa, quale appunto il Doppler esofageo [26, 101]. Tra il 2003 ed il 2007 alcuni autori hanno utilizzato il metodo di BlandAltman per comparare Doppler esofageo e termodiluizione, tuttavia non hanno utilizzato PACs che consentissero il rilevamento in continuo del CO [129-132]. Bein et al. nel 2007 hanno comparato l'eco-Doppler esofageo con il rilevamento della gittata cardiaca attraverso termodiluizione in continuo. Hanno analizzato i dati raccolti su 10 pazienti sottoposti a by-pass coronarico attraverso il metodo di Bland e Altman. Sono giunti alla 66 conclusione che la correlazione tra i due metodi di determinazione della gittata cardiaca è accettabile [24]. Monnet et al. nel 2007 hanno valutato la risposta emodinamica al carico fluidico in 76 pazienti, attraverso eco-Doppler esofageo. Hanno calcolato il CO prima e dopo la somministrazione di liquidi misurando il diametro aortico con ecografia M-mode. Dopo "fluid challenge" la gittata cardiaca è stata calcolata anche considerando la sezione aortica invariata, utilizzando il diametro misurato prima della somministrazione di liquidi. Gli autori sono giunti alla conclusione che se non si misura la variazione della sezione aortica nei soggetti giovani, si sottostima la risposta al riempimento volemico; nei giovani infatti l'elasticità della parete aortica è maggiore rispetto a quella dei soggetti anziani ed il diametro del vaso si modifica maggiormente al variare della volemia [116]. Sarebbe stato interessante calcolare il "cardiac output" anche sulla base di valori di diametro aortico forniti dal nomogramma utilizzato da altre apparecchiature per il Doppler esofageo attualmente in commercio, per comparare i diversi tipi di approccio di questi strumenti. In diversi studi si è utilizzato il Doppler esofageo per guidare l’ottimizzazione peri-operatoria della gittata sistolica attraverso carichi di fluidi, ed hanno dimostrato un effetto positivo sull’outcome dopo chirurgia [16 - 22]. I criteri utilizzati per gestire il "fluid challenge" si sono basati su "stroke volume" e "flow time" corretto. Singer e Bennet hanno studiato l'FTc come misura del riempimento ventricolare inserendo un Doppler esofageo e un catetere arterioso polmonare in 43 pazienti ventilati meccanicamente in un’Unità di Terapia intensiva e sottoposti a cardiochirurgia. In questi pazienti il riempimento ventricolare veniva modificato attraverso carichi di fluidi oppure attraverso l’utilizzo di nitrati. E’ stato osservato un incremento parallelo dell’FTc e della pressione di incuneamento capillare polmonare in seguito ad un carico di fluidi. Questo studio dimostra come il "flow time" corretto sia utile per misurare direttamente il precarico [104]. 67 Sinclair e Singer hanno sviluppato un algoritmo per la titolazione dei liquidi che prevedeva di mantenere l'FTc a valori superiori a 350 ms. Questo algoritmo è stato poi modificanto ed utilizzzato negli studi su terapia fluidica e tempi di degenza [103]. Altri autori come DiCorte e Madan hanno dimostrato attraverso ulteriori studi questa correlazione tra "flow time" corretto e precarico. In particolare nello studio condotto da Madan è stato dimostrato come il “flow time” corretto sia un indice di precarico migliore della pressione di incuneamento capillare polmonare (PCWP) e della pressione venosa centrale (CVP) [23, 134]. Sebbene valori di FTc inferiori a 330-360 ms siano causati frequentemente dall’ipovolemia , anche altri fattori (come i cambiamenti delle resistenze vascolari sistemiche e una funzione ventricolare compromessa) li possono determinare [19, 20] e Bundgaard-Nielsen ha dimostrato che lo "stroke volume" è un parametro migliore su cui basare la fluidoterapia [135]. In questo caso la somministrazione di una quantità prestabilita di liquidi viene ripetuta ad intervalli di 5-15 minuti finché riesce a garantire un incremento dello SV maggiore al 10% [16, 17, 20, 21, 135]. La mancata risposta al carico di fluidi attesta che il paziente sta operando sulla porzione piatta della curva della funzionalità cardiaca e che ulteriori implementi potrebbero risultare in una congestione venosa e non in un miglioramento della perfusione (fig. 21). Il Doppler esofageo può perciò essere utile anche nel determinare il limite superiore per il riempimento volemico in ogni paziente in modo da evitare il rischio di edema polmonare post-operatorio [100]. 68 CONCLUSIONI Dai risultati ottenuti si può concludere che il rialzo pressorio conseguente all'utilizzo della noradrenalina si manifesta, al rilevamento Doppler esofageo, con una riduzione significativa dello "stroke volume" e delle sue componenti indirette ("peak velocity" e "flow time" corretto). La "mean acceleration" non risente delle modificazioni emodinamiche causate dalla noradrenalina; l'aumento del postcarico non modifica l'accelerazione media del flusso aortico durante la sistole. Gli effetti α-adrenergici di questa catecolamina prevalgono sui β-adrenergici che incrementando la contrattilità cardiaca tenderebbero ad aumentare la "peak velocity", la "mean acceleration" e quindi lo "stroke volume", nonché la frequenza del cuore. La gestione del paziente critico durante il periodo perioperatorio richiede un monitoraggio affidabile degli indici emodinamici. Il rilevamento in tempo reale delle variazioni dei parametri cardiocircolatori è cruciale per il tempestivo adeguamento della terapia alle condizioni cliniche del paziente. L'assenza di complicanze significative e l’attendibilità fanno del Doppler esofageo un monitoraggio indicato quando tecniche più invasive risultano inappropriate o non praticabili. La rapida responsività alle variazioni emodinamiche e le informazioni aggiuntive sugli elementi determinanti la performance cardiaca lo rendono un utile complemento ad altri monitoraggi emodinamici. 69 ICONOGRAFIA 70 Parametri Display Simbolo Valori di normalità Heart Rate (bpm) misurato HR 60 - 100 Stroke Distance (cm) misurato SD Minute Distance (cm) misurato MD Flow Time Corrected (ms) misurato FTc 330 - 360 Peak Velocity (cm · s-1) misurato PV 70 - 120 Mean Acceleration (cm · s-2) misurato MA Cardiac Output (L · min-1) calcolato CO 4-7 Cardiac Index (L · min-1 · m-2) calcolato CI 2.5 - 4 Stroke Volume (mL) calcolato SV 60 - 90 Stroke Volume Index (mL · m-2) calcolato SVI 40 - 60 Body Surface Area (m2) Systemic Vascular Resistance (dyne · s · cm-5) calcolato BSA calcolato SVR 1200 - 1500 Tabella 1. Parametri emodinamici disponibili con monitor CardioQTM 71 Età Sesso Peso Altezza Patologia di ASA (Kg) (cm) base IR PI FL KU DGG LL TN CM 79 62 67 56 57 58 47 56 F F F F F F F F 68 65 74 75 64 65 57 73 165 160 170 170 161 160 166 169 II II II II II II II II ME 47 F 60 170 II SN 60 F 60 166 II DPA 64 F 60 160 II CN BM 49 68 F F 65 72 155 160 I II HTN FH FH Ipo tiroidismo Ipo tiroidismo - MD 53 F 55 160 II - DAD 42 F 58 160 I - BL 64 F 53 158 II SN 46 F 50 161 I DG ZS PC PM 50 65 58 51 F F F F 63 80 57 58 167 160 156 159 II II I I SS 35 F 90 165 II β-talassemia minor Calcolosi renale Intervento Quad + LNS Quad + LNS Mastectomia Quad + LNS Quad + LNS Mastectomia + LNS Mastectomia + LNS Mastectomia Colecistectomia VLS Quad + LNS Quad + LNS Colecistectomia VLS Allargamento quad Quad + LNS + linfanedectomia Quad Colecistectomia laparotomica Quad + LNS Quad + LNS Mastectomia Quad + LNS Quad + LNS Mastectomia + conizzazione uterina Tabella 2. Caratteristiche demografiche dei pazienti sottoposti allo studio. HTN, ipertensione; FH, ipercolesterolemia familiare; quad, quadrantectomia; LNS, linfonodo sentinella. 72 HR (bpm) MAP (mmHg) -1 CO ( L · min ) CI (L · min-1 · m-2) SV (mL) FTc (ms) Basale T1 58 ± 6 52 ± 7 71 ± 7 98 ± 17 4.57 ± 1.29 3.58 ± 1.25 2.7 ± 0.7 2.1 ± 0.7 80.4 ± 21.8 67.6 ± 20.7 346 ± 36 315 ± 47 -1 68.5 ± 21.7 58.5 ± 17.8 -2 8.3 ± 3.3 8±3 PV (cm · s ) MA (cm · s ) Tabella 3. Media e deviazione standard dei parametri raccolti nei due tempi intraoperatori: frequenza cardiaca (HR), pressione arteriosa media (MAP), gittata cardiaca (CO), indice cardiaco (CI), stroke volume (SV), flow time corretto (FTc), peak velocity (PV), mean acceleration (MA). 73 A B Figura 1. A) Curva di Frank-Starling. B) Curve di Sarnoff. Effetti del cambiamento del precarico e dell'inotropismo sulla gittata cardiaca. 74 A B Figura 2. Modelli sperimentali per valutare l'effetto del carico sull'attività delle fibre miocardiche isolate. 75 Figura 3. Curve pressione - volume del ventricolo sinistro. 76 A B Figura 4. Effetti del precarico, del postcarico e dell'inotropismo sulla velocità di accorciamento delle fibre miocardiche. 77 Δt ΔP Figura 5. Variazione della pressione ventricolare sinistra per diversi precarichi. Successivi aumenti del volume diastolico ventricolare (quadratini bianchi) provocano progressivi aumenti della pressione sistolica (quadratini neri). 78 Figura 6. Analisi del contorno del polso per la gittata cardiaca in continuo. 79 A B Figura 7. Forma d'onda e parametri misurabili con Doppler esofageo. 80 Figura 8. Corretto posizionamento della sonda per Doppler transesofageo. 81 Figura 9. Rappresentazione del flusso sanguigno rilevato attraverso l'effetto Doppler. fi, onda incidente; fr, onda riflessa; α, angolo di incidenza degli ultrasuoni rispetto alla direzione della struttura bersaglio; V, velocità di movimento della struttura bersaglio. 82 Figura 10. Rappresentazione stilizzata dell'onda di velocità del sangue in aorta, rilevata con Doppler esofageo. Stroke distance: l'area sotto la curva corrisponde alla distanza percorsa dalla colonna di sangue durante la sistole. Mean acceleration: la pendenza della curva corrisponde all'accelerazione media del sangue in aorta durante il tempo che intercorre tra l'inizio del flusso aortico ed il raggiungimento della massima velocità. Peak velocity: massima velocità raggiunta. Flow time: durata del flusso aortico sistolico. Flow time to peak: tempo che intercorre tra l'inizio del flusso aortico ed il raggiungimento della massima velocità. Cycle time: tempo tra l'inizio di un onda e l'inizio di quella successiva. 83 Figura 11. Alterazioni della forma d'onda per variazioni emodinamiche. 84 Figura 12. Formula di struttura della noradrenalina. 85 Figura 13. Gittata sistolica prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.001. 86 Figura 14. Gittata cardiaca prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.001 87 Figura 15. Pressione arteriosa media prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.0001 88 Figura 16. Frequenza cardiaca prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.01 89 Figura 17. "Flow time" corretto, prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.01 90 Figura 18. "Peak velocity" prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. * p < 0.0001 91 Mean acceleration 20 cm ⋅ sec-2 15 10 5 N or ad re na lin a B as a le 0 Figura 19. "Mean acceleration" prima e dopo la somministrazione di noradrenalina. Sono rappresentati il valore medio, i valori minimo e massimo, e la deviazione standard. 92 Mean acceleration 20 cm ⋅ sec-2 15 10 5 0 Basale Noradrenalina Figura 20. Variazione della "mean acceleration" a seguito dell'infusione di noradrenalina. 93 Figura 21. Effetto di successivi carichi di fluidi (A, B, C, D) sulla gittata cardiaca. Nella porzione "Δ" della curva di Frank-Starling l'incremento del precarico produce l'aumento della gittata. La somministrazione di fluidi nella porzione "δ" (B, C, D) porta ad incrementi di gittata minimi o nulli. 94 BIBLIOGRAFIA 1. Lawson NW, Johnson JO. Sistema nervoso autonomo: fisiologia e farmacologia. Anestesia clinica, V edizione. Antonio Delfino editore, Barash PG, Cullen BF, Stoelting RK, 2007; Cap. 12: 307-374 2. Connors AF, MCCaffree DR, Gray BA. Evaluation of right-heart catheterization in the critically ill patient without acute myocardial infarction. N Engl J Med 1983; 308: 263-267 3. Fein AM, Goldberg SK, Walkenstein MD, et al. Is pulmonary artery catheterization necessary for the diagnosis of pulmonary edema? Am Rev Respir Dis 1984; 129: 1006-1009 4. Marik PE, Varon J. The hemodynamic derangements in sepsis: implications for treatment strategies. Chest 1998; 114: 854-860 5. Rodriguez R, Lum-Lung M, Dixon K, Nothmann A. A prospective study on esophageal Doppler hemodynamic assessment in the ED. Am J Emerg Med 2006; 24: 658-663 6. Cavallari P. 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