LINEE GUIDA DEL SEUS 118 NEL SOCCORSO AL PAZIENTE CON MDD
(DIRETTORE C.O. 118: DR. Maurizio Scardia)
La presenza nella nostra Provincia di una fascia costiera che si sviluppa per circa 230 Km
e lo sviluppo crescente dell’attività subacquea sia a livello amatoriale sia professionistico,
ha determinato un progressivo aumento di incidenti subacquei, i più frequenti dei quali sono
rappresentati dalla Malattia da Decompressione (MDD).
Infatti, i subacquei, che utilizzano bombole caricate ad aria, accumulano azoto nei tessuti.
L’azoto viene eliminato a livello polmonare, ma in determinate condizioni (tempo di fondo
troppo prolungato, quantità di azoto già presente nei tessuti per immersioni nelle precedenti
24 ore, la profondità massima raggiunta, la temperatura dell’acqua, lo sforzo effettuato, la
condizione fisica ecc.) l’azoto viene eliminato troppo velocemente dai tessuti non
permettendone ai polmoni l’eliminazione. In questi casi si formano bolle nel circolo
ematico, che i relazione a dimensioni e numero possono determinarsi sintomi di diversa
entità che caratterizzano la MDD tipo 1 e tipo 2.
Il mancato rispetto delle Tabelle e delle norme di sicurezza aumenta notevolmente il
rischio di insorgenza della MDD con il conseguente impegno dei Servizi di Soccorso (118,
guardia costiera, nuclei sommozzatori).
MDD TIPO 1.
La sintomatologia è variabile e spesso, sfumata. Frequentemente, la sintomatologia è
caratterizzata da dolori articolari (spalla, gomito, ginocchio), vertigini, parestesie arti
inferiori e superiori, edemi localizzati, mialgie diffuse, cefalea, nausea e vomito, rush
cutaneo. I sintomi suddetti non sono presenti contemporaneamente e possono essere
scambiati con altre condizioni. Il quadro clinico può migliorare considerevolmente con il
riposo, l’idratazione e l’O2 terapia. Anche senza trattamento iperbarico è possibile la
regressione della sintomatologia.
MDD TIPO 2.
I sintomi compaiono in genere subito dopo l’emersione, con gravità e caratteristiche tipiche:
compare tosse, espettorazione mista a sangue, toracoalgie, difficoltà respiratoria
ingravescente, segni neurologici (paralisi, emiparesi), alterazione dello stato di coscienza
fino al coma, arresto cardio-respiratorio e morte.
IL PRIMO SOCCORSO
Il primo soccorso consiste nel portare la vittima nel più breve tempo possibile sulla barca
appoggio o sulla terraferma, luogo in cui è possibile erogare più efficacemente le manovre
di primo soccorso. Il trattamento di base consiste nel sostegno delle funzioni vitali
eventualmente compromesse (BLS) e nella somministrazione di O2 ad alti flussi
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preferibilmente mediante valvola con erogazione a richiesta. Nel caso in cui lo stato di
coscienza non sia compromesso l’idratazione del paziente può essere un utile complemento.
Il paziente deve essere posto in decubito laterale sinistro in posizione di Trendelemburg
(piedi leggermente sollevati). Completeranno le manovre di primo soccorso una valutazione
neurologica (valutare eventuali deficit motori e sensitivi) ed una protezione dell’ipotermia.
La somministrazione di liquidi (soluzioni glucosate) per via endovenosa può essere utile in
caso di paziente incosciente ma richiede attrezzature e qualifiche non sempre disponibili
(medici, infermieri). Il trattamento risolutivo comunque consiste sempre nella
ricompressione terapeutica da attuare in camera iperbarica nel più breve tempo possibile.
Per questo motivo tutte le risorse disponibili devono essere utilizzate per assicurare alla
vittima il rapido trasporto verso un presidio ospedaliero fornito di questa risorsa
fondamentale. Assolutamente da evitare la ricompressione terapeutica in acqua che
esporrebbe vittima e soccorritori a rischi inutili senza la certezza di un miglioramento
clinico.
EVACUAZIONE URGENTE
Dall’analisi statistica degli incidenti subacquei si è evidenziato come il tempo trascorso tra
il momento dell’incidente e l’inizio della terapia ricompressiva in camera iperbarica
influenzi direttamente la prognosi e le possibilità di completo recupero dell’infortunato. Si
evince pertanto, come tutti gli sforzi debbano essere indirizzati al fine di raggiungere, nel
più breve tempo possibile, un centro attrezzato. Per facilitare la trattazione dell’argomento
le procedure di evacuazione urgente vengono suddivise in due grandi categorie che si
basano sulla presenza o l’assenza di sistemi di soccorso organizzati nella zona in cui si è
verificato l’evento.
EVACUAZIONE URGENTE DA LUOGHI CON SISTEMI DI EMERGENZA
Mentre il primo soccorso può essere erogato con risorse materiali (bombola di O2, Ambu,
Kit di primo soccorso) e umane (personale addestrato al soccorso e alla CPR) facilmente
disponibili, il problema dell’evacuazione di urgenza del paziente richiede capacità
organizzative non indifferenti anche perché, molto spesso, l’evento accade in luoghi lontani
molte miglia nautiche dalla costa o in aree in cui il più vicino presidio ospedaliero attrezzato
è raggiungibile solo mediante lunghi trasferimenti via terra o via mare. La programmazione
all’evacuazione urgente deve iniziare fin dai primi momenti in cui si ha la consapevolezza
di trovarsi di fronte ad una vittima da incidente da decompressione. Per esclusiva comodità
descrittiva è possibile dividere in tre fasi l’intero processo finalizzato al trasporto
dell’infortunato verso il più vicino centro iperbarico.
1.
FASE:
fin dai primi momenti in cui si ha la consapevolezza che potrebbe trattarsi di un incidente
subacqueo, una persona esperta, non impegnata nel soccorso diretto della vittima (recupero
a secco, CPR, ossigeno), dovrebbe valutare rapidamente le risorse disponibili per il
trasporto della vittima. La priorità massima dovrebbe essere l’individuazione del più vicino
centro attrezzato. In molte aree in cui vengono svolte le attività subacquee sono presenti i
servizi di soccorso sanitario (118) e in mare (guardia costiera tel. 1530) che, generalmente,
si fanno carico dell’organizzazione e dell’esecuzione del trasporto della vittima verso il
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centro iperbarico, se necessario anche con mezzi attrezzati con a bordo equipe sanitaria.
Risulta evidente che la chiamata di emergenza deve essere effettuata con i mezzi disponibili
a bordo del natante (VHF, cellulare) o a disposizione a terra e dovrebbe essere completa di
tutte le notizie sull’evento (quante vittime, gravità, dinamica) e localizzazione esatta
(coordinate GPS, riferimenti geografici precisi).
2.
FASE
Con la vittima già stabilizzata (O2, idratazione) e pronta al trasferimento è importantissimo,
nel caso in cui fosse necessario, organizzare il trasbordo dal mezzo di appoggio a quello di
soccorso. La vittima dovrebbe essere mantenuta nella posizione precedentemente descritta e
le operazioni dovrebbero essere attuate da un gruppo coordinato di soccorritori al fine di
evitare ritardi ed inutile confusione. La massima attenzione deve essere posta nel seguire le
indicazioni degli enti di soccorso, specialmente in caso di condizioni meteorologiche
avverse o nel caso di intervento dei mezzi ad ala rotante. Nel caso in cui nessun testimone di
quanto avvenuto accompagni la vittima, il personale che prende in consegna il paziente deve
essere informato sugli eventi, le manovre di soccorso attuate ed eventuali altre informazioni
che potrebbero essere utili per la corretta diagnosi e la successiva terapia. (profilo di
immersione, tempi, descrizione sommaria dell’accaduto).
3.
FASE
Il recupero e la conservazione dell’attrezzatura della vittima deve essere attuato in modo
attento, ponendo la massima cura nel riporre l’attrezzatura in luogo sicuro, senza provvedere
allo smontaggio della stessa ma limitandosi alla chiusura del rubinetto dell’aria (l’Autorità
Giudiziaria potrebbe richiedere l’attrezzatura per le indagini del caso).
Evacuazione urgente da luoghi senza sistemi di emergenza. Nel caso in cui l’incidente
subacqueo si verifichi in zone nelle quali non siano presenti servizi di emergenza o a bordo
di barche da crociera lontane dalla costa, i soccorritori presenti sul luogo dell’evento, oltre
alle manovre di primo soccorso già descritte in precedenza, dovranno organizzare
autonomamente il trasporto della vittima verso il più vicino centro iperbarico che potrebbe
trovarsi anche a diverse centinaia di chilometri di distanza. In questo caso, la massima
attenzione deve esser posta nella scelta del presidio sanitario più vicino, del più veloce
mezzo per raggiungerlo e nell’individuazione di eventuali risorse umane e tecniche
prontamente disponibili (medici o infermieri a bordo della barca o di barche vicine,
eventuali camere iperbariche mobili a bordo di altre barche ecc.). Anche in queste situazioni
la ricompressione terapeutica in acqua è controindicata per i rischi a cui espone la vittima ed
i soccorritori stessi. Nel caso in cui ci fosse la possibilità, prediligere un mezzo di trasporto
con spazi tali da permettere l’esecuzione di manovre di rianimazione e comunque il
mantenimento della corretta posizione durante il trasferimento. Durante il trasporto deve
essere assicurata una continua somministrazione di O2 al 100% che, in mancanza di
trattamento iperbarico immediato, costituisce il più importante e talvolta unico trattamento
utile per la vittima di un incidente da decompressione. L’idratazione del paziente, l’assoluto
riposo, la protezione dall’ipotermia e frequenti rivalutazioni del quadro clinico devono
essere attuate fino al raggiungimento del target finale con presa in consegna della vittima da
parte del personale qualificato. In caso di arresto cardiaco durante il trasferimento, le
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manovre di BLS devono essere iniziate tempestivamente e proseguite fino all’arrivo a
destinazione o finché persiste l’indicazione a manovre di rianimazione.
CONCLUSIONI
L’attività subacquea svolta all’interno di parametri di sicurezza prestabiliti e standardizzati,
supportata da una buona conoscenza pratica e teorica e integrata da una preparazione fisica
adeguata non rappresenta un elevato rischio di incidenti però, sulla base delle analisi
statistiche, è possibile affermare che, seppur minima, esiste la possibilità di incidente da
decompressione, anche in assenza di fattori di rischio o comportamenti scorretti. La corretta
attuazione delle manovre di primo soccorso, delle procedure di evacuazione ed
ospedalizzazione precoce possono contribuire a rendere meno drammatiche eventuali
conseguenze.
LECCE, 25.10.04
dr. Maurizio Scardia
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