numero 57 - Associazione Pordenonese di Astronomia

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MONTEREALE VALCELLINA
PORDENONE
LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO
IN QUESTO NUMERO
 La Luna ed i suoi crateri – I personaggi (parte terza) .................................. pag. 1
 22mo incontro ALPE ADRIA………......................................................... pag. 8
 Immagini del cielo e pareidolia……………………………………………pag. 12
Notiziario stampato in proprio e distribuito a soci e simpatizzanti
Gli articoli e le relazioni sono ad uso interno e riservate ai soci
Per questo numero hanno collaborato:
Carrozzi Giampaolo – Abate Dino – Luigi De Giusti - Stampa curata da Luigi De Giusti
IL DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO 2012 – 2014
1.
2.
3.
4.
PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi
VICE PRESIDENTE: Zanut Stefano
SEGRETARIO E RESPONSABILE OSSERVATORIO: Abate Dino
MEMBRI:
- Berzuini Andrea
- De Giusti Luigi
- Doretto Gianfranco
- Frisina Antonio
- Gasparotto Mauro
- Vanzella Piermilo
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LA LUNA ED I SUOI CRATERI
PARTE TERZA
…si conoscono tutti i personaggi che hanno dato il loro nome ai crateri lunari?
G. Carrozzi
SETTORE SUD
SETTORE SUD EST
I CRATERI ED I PERSONAGGI
IL SETTORE SUD
Flammarion
Nel 1985, in occasione del cinquantenario della formazione dei gruppi di astrofili a Bologna è stata realizzata
una copia anastatica (numerata) da un’idea di Luigi Baldinelli con la collaborazione di Sandro Baroni del
Circolo astrofili di Milano che ha fornito la copia originale del volume (copia di G. Carrozzi).
Flammarion Nicolas Camille (Montigny-le-Roi (Haute Marne) 26 febbraio - Juvisy-sur-Orange 3
giugno1925). Astronomo e geofisico francese studioso di stelle doppie, della Luna e di Marte.
Iniziò la sua carriera di astronomo nel 1858 come collaboratore dell'Osservatorio di Parigi. Nel
1883 fondò l'osservatorio privato di Juvisy-sur-Orge e nel 1887 la Société astronomique de France,
della quale fu il primo presidente. Fu anche editore della rivista L'Astronomie. Flammarion fu il
primo a suggerire i nomi Tritone e Amaltea rispettivamente per le lune di Nettuno e Giove, sebbene
questi nomi vennero ufficialmente adottati decenni dopo.
Fu molto affascinato da teorie sullo spiritismo e la reincarnazione, che riecheggiano nelle sue opere
letterarie; fu presidente della Society for Psychical Research nel 1923. Celebre l'aneddoto sui suoi socratici "non lo so".
A una signora che, in un salotto, gli chiedeva se secondo lui esiste la vita su Marte, lo scienziato rispose: "Non lo so".
Ma, insisté la signora, "esiste la vita su un altro pianeta?". L'astronomo ripeté: "Non lo so". Infine, la signora sbottò:
"Ma allora, a che cosa vi serve la vostra scienza?". "A dire non lo so" fu la soave risposta di Flammarion. Tra le opere
più note: “Astronomia popolare” del 1880 – “ Le stelle e le curiosità del cielo” (edito nel 1891 come supplemento a Astronomia Popolare) - “La fine del mondo” del 1894 – “Le forze naturali sconosciute”
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Tolomeo
Claudio Tolomeo (Tolemaide, Alto Egitto 100 - ?170 circa d.C.), astronomo, astrologo, matematico e geografo greco.
Scarse le notizie sulla sua vita. Operò e visse in Alessandria dove raccolse l’eredità del Museo. Tra il 127 e il 147 raggruppò le sue osservazioni astronomiche su cui è basata la sua opera maggiore dal titolo originario «Compilazione matematica» in seguito nota come «Grande sistema matematico dell’astronomia» e quindi «Massimo Sistema» e dalla cui
traduzione araba (el-Magisti) derivò il titolo Almagesto oggi universalmente accettato. L’opera, in 13 libri. costituisce
un manuale completo di astronomia raccogliendo le idee e le dottrine astronomiche fino ad allora elaborate:in particolare la teoria geocentrica di Ipparco di Nicea. Questa prevede la Terra al centro del sistema e nell’ordine si susseguono la
Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. In contrapposizione a questa teoria Aristarco di Samo elaborava una teoria che vedeva il Sole al centro del sistema. In traduzione latina incompleta, da una versione araba, è pervenuta l’Ottica, mentre è pervenuta integralmente la sua opera acustica (Harmonica). Tra le altre opere di Tolomeo: le
Ipotesi sui Pianeti, le Tavole astronomiche, la Fasi delle stelle fisse, il Planisfero (pervenutoci inversione araba) ed
un’opera sulla proiezione stereografica della sfera celeste.
Oltre alle opere astronomiche di notevole importanza anche quella geografica contenuta nella Guida geografica.
Retico
Georg Joachim Rheticus o Retico (Feldkirch, 16 febbraio 1514 – Kaschau, 4 dicembre 1574) è stato un matematico e
astronomo austriaco. Nasce da Georg Jserin e Tommasina de Porris, italiana. Suo padre accusato di stregoneria nel
1528, viene giustiziato e la sua famiglia deve abbandonare il suo cognome. Egli assume allora il cognome della madre
traducendo de Porris nell'equivalente tedesco Von Lauchen (lauch in lingua tedesca significa appunto porro).
Nel 1535 si laurea, a 22 anni all'Università di Wittenberg magister artium, e l’anno successivo, grazie all'apporto e la
fiducia di Filippo Melantone , vi ottiene una cattedra di astronomia e matematica, mentre si scatena la Riforma protestante. Tra i 22 ed i 24 anni viaggiò per l'intera Europa ed ebbe modo di conoscere alcuni dei più importanti scienziati
dell'epoca, come il matematico ed astronomo Johannes Schöner e l'astronomo ed astrologo Johannes Stöffler.
Recatosi a Frombork, sul mar Baltico, per conoscere di persona Niccolò Copernico, ne studiò la teoria eliocentrica e la
approfondì. Grazie al sostegno di Rheticus Copernico fu indotto a pubblicare finalmente i suoi studi dopo averli tenuti
gelosamente celati dal 1506.
Ipparco
Ipparco di Nicea, o Hipparcos, noto anche come Ipparco di Rodi (Nicea, Bitinia, Asia Minore [oggi Iznik, Turchia]
194-120 circa a.C.) è stato un astronomo, geografo, fisico e matematico greco. Verso i 30 anni giunse a Rodi dove iniziò le osservazioni astronomiche (giunte a noi tramite Tolomeo). Nell’isola rimase dal 164 almeno sino 127 a.C.
Le opere di Ipparco, delle quali ci è rimasta notizia, sono tutte perdute e comprendevano almeno 14 titoli. Dell’opera si
posseggono per intero il solo Sui «Fenomeni» di Arato e di Eudosso (in tre libri) ed un commento al poema dei Phenomena di Arato Soli, a sua volta ispirato all’omonima opera di Eudosso di Cnido. Nel trattato «Sulla collocazione dei
punti dei solstizi e degli equinozi», opera che ci è nota attraverso le testimonianze di Tolomeo, Ipparco espone la sua
scoperta del fenomeno di precessione degli equinozi, notando la discrepanza tra le proprie osservazioni e quelle precedentemente compiute da Timocari di Alessandria (in particolare, la Spiga Virginis, che Timocari trovò spostata di 8°
rispetto al punto equinoziale, mentre nel 129 a.C. Ipparco analogamente la valutò spostata di soli 2°). Riesaminando gli
scostamenti per varie stelle notò uno spostamento sistematico «secondo l’ordine dei segni» e si rese conto che gli equinozi si spostavano di 2° in 150 anni circa. Il Catalogo delle stelle fisse costituisce il grande studio sistematico degli oggetti stellari, a cui si ispirò lo stesso Tolomeo, nel quale Ipparco descriveva la forma delle costellazioni, dando le coordinate delle stelle, le grandezze relative e fornendo i principali allineamenti.
Oltre che astronomo, Ipparco è stato anche un grande geografo. Strabone, nella sua Geografia, testimonia la sua proposta di calcolare le differenze di longitudine con metodi astronomici, misurando le differenze tra i tempi locali di osservazione di una stessa eclissi lunare. Secondo quanto riporta Strabone, egli aveva inoltre dedotto l'esistenza di un continente che separava l'oceano Indiano e l'oceano Atlantico, basandosi sulle differenze fra le maree del Mare arabico, studiate da Seleuco di Seleucia, e quelle delle coste atlantiche di Spagna e Francia. Senza bisogno di caravelle, grazie ad
una semplice deduzione, Ipparco aveva intuito l'esistenza dell'America. Ipparco aveva anche scritto un trattato sulla
gravità e sui corpi spinti in basso dal proprio peso, sul quale abbiamo qualche informazione da Simplicio. Qualche studioso ha ipotizzato che all'interesse di Ipparco per la gravità non fossero estranei i suoi interessi astronomici. Non tutto
il catalogo stellare di Ipparco sembrerebbe perduto. Lo ha annunciato, il 10 gennaio 2005, Bradley E. Schaefer, astrofisico della Louisiana State University a Baton Rouge in un convegno dell'American Astronomical Society tenutosi a San
Diego in California. Seguendo una sua ipotesi, ha rilevato le configurazioni delle costellazioni presenti in rilievo sul
globo dell'Atlante Farnese (copia romana del II secolo, da un originale greco) conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha poi ricostruito la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo osservato da Ipparco, all'incirca
nel 129 a.C. Il risultato ha evidenziato un'ottima coincidenza tra le previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate dall'Atlante Farnese, che lo hanno indotto a individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell'epoca. Si tratta inoltre di un'altra prova indiretta dell'esistenza del catalogo. La prima era stata fornita dallo stesso autore che aveva dimostrato l'incorporazione, nell'Almagesto, di una parte del catalogo di Ipparco.
In questo modo le discrepanze in esso riscontrabili, circa la posizione di alcune stelle, diventavano facilmente spiegabili
spostando il punto di osservazione a Rodi.
Al-Battani
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Muhammad ibn Jābir al-Harrānī al-Battānī - nome latinizzato in Albategnius, Albatenius o Albatenio – (Harran,
ca.858 – Quas Al Giss [Samarra] 929). Il suo nome deriva dalla sua città natale, Harran, l'antica Carre, che si trova oggi
in Turchia, presso Şanlıurfa. Astronomo arabo di origine turca. Costruì un osservatorio ad Al-Raqqa sull’Eufrate. Le
sue osservazioni avevano l’intento di rivedere le costanti dell’astronomia greca, tramandata dall’Almagesto di Tolomeo. Riuscì a ricalcolare l’obliquità dell’eclittica e trovò ε = 23° 35’ 41” con l’errore di un solo minuto dì arco rispetto
al valore esatto dell’epoca. La sua opera principale è il Kitāb al-zīğ "il libro delle tavole", che fu tradotto in latino nel
1116 da Platone da Tivoli con il titolo De motu stellarum che ebbe notevole influenza sull'astronomia europea.
Forse, indipendentemente da Aryabhatta (nato a Pataliputra sul Gange nel 476 d.C.), introdusse l'uso dei seni nel calcolo e, in parte, quello delle tangenti. Al-Battani produsse un gran numero di relazioni trigonometriche tra le quali:
Risolse anche l'equazione sinx = a
cosx scoprendo la formula:
Utilizzò inoltre l'idea di tangente di al-Marwazi al fine di sviluppare equazioni per il calcolo delle tangenti e delle cotangenti, compilando diverse tavole su di esse.
Bacone
Ruggero Bacone, in inglese Roger Bacon e ampiamente noto con l'appellativo latino di Doctor Mirabilis (Ilchester,
1214 o 1219 circa – ? Oxford, 1292 o 1294), è stato filosofo, teologo, scienziato ed alchimista inglese.
Le sole notizie che si posseggono sulla sua vita provengono direttamente dalle sue opere, tranne alcuni brevi riferimenti
in cronache d’epoca. Il suo interesse per la matematica e la filosofia naturale sembra si sia formata ad Oxford dove si
insegnavano all’epoca, oltre alle materie del quadrivio (Aritmetica – Geometria – Astronomia – Musica) la logica, la
zoologia, la meteorologia e la botanica aristoteliche. Si laureò probabilmente a Oxford o forse Parigi attorno al 1240.
Tra il 1241 e il 1246 insegnò all’Università di Parigi nello stesso periodo in cui vi si trovavano eminenti pensatori quali:
Alberto Magno, Alessandro di Hales e Guglielmo d’Alvernia. L’incontro con Roberto Grossatesta segnò una tappa fondamentale nell’evoluzione del pensiero di Bacone, specialmente per quanto attiene agli studi di ottica di matematica e
della scientia experimentalis. Intorno al 1250 entrò nell’ordine francescano, ma in breve fu oggetto di insistenti sospetti
di simpatie per l’astrologia e l’alchimia, La polemica dell’Occidente cristiano contro questo tipo di studi (nella enciclica
Spondet pariter del 1317 il papa Giovanni XXII ne avrebbe esplicitamente proibito lo studio) aveva trovato pronta eco
nella vedute del teologo Bonaventura da Bagnoregio (1217 – 1274) all’epoca ministro generale dell’ordine dei francescani. Questi aveva imposto che nessuna opera, scritta da appartenenti all’ordine, potesse essere pubblicata senza il suo
Imprimatur. Tra il 1271 e il 1272 scrisse il Compedium studii philosophiae, opera nella quale veniva preso di mira il
sistema educativo di francescani e domenicani. Tra il 1277 e il 1279 fu condannato e rinchiuso in prigione a Parigi per
ragioni non note. Nel 1292 scrisse il Compedium studii teologici. Tra l’altro Bacone fu autore della prima grammatica
del greco antico, e scrisse una grammatica ebraica al fine di permettere una migliore conoscenza della Sacre Scritture.
Fu convinto assertore che la religione cristiana doveva essere difesa a tutti i costi, sia con strumenti della ragione sia con
l’uso delle armi dall’islamismo e dall’assedio dei tartari. Il pensiero scientifico è riportato nella sua opera più importante Opus maius dove sostiene che Dio avrebbe rivelato ai primi uomini non solo le verità religiose e morali, ma anche le
scienze, indispensabili alla comprensione della verità rivelata. Elemento di particolare interesse nella concezione esposta da Bacone è l’ esplicita critica al principio di autorità. Quattro sono le cause di ostacolo al cammino verso la verità:
autorità ingiustificata, lunga consuetudine, opinione popolare non edotta, mascheramento dell’ignoranza sotto le fattezze di una apparente saggezza. Oltre al Grossatesta fonti del pensiero di Bacone furono: Euclide, C. Tolomeo, al-Kindi e
Alhazen.
[Alhazen, Abū Alī al-Hasan ibn al-Hasan ibn al-Haytham (Bassora, 965 – Il Cairo, 1038), è stato un medico, filosofo,
matematico, fisico ed astronomo arabo. Fu sicuramente uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico
del principio del secondo millennio. É considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Basrī (di Bassora), al-Misrī (l'egiziano) e, nell'Occidente latino].
Da quest’ultimo e da Grossatesta in particolare derivò gran parte dei propri contributi all’ottica. A lui viene attribuita la
prima descrizione delle lenti da vista: basandosi sull’ottica di Tolomeo per le superfici ottiche piane e di Alhazen per le
superfici sferiche.
La scientia experimentalis era ritenuta da Bacone irrinunciabile nel processo della conoscenza, infatti nella parte IV
della Opus maius vengono definite tre prerogative: certificare le conclusioni deduttive raggiunte, accrescere le conoscenze della scienza, indagare a fondo i segreti della natura oltre i limiti contingenti della scienza. In quest’opera tratta
anche della matematica come «prima delle scienze» e «porta chiave delle scienze». Sempre all’interno dell’opera sono
elaborate cognizione di geografia, derivanti da una compilazione di opere di geografia descrittiva provenienti dagli studi
di Tolomeo e Al-Farghani. Per altro fu di limitata importanza il contributo di Bacone nel campo dell’astronomia che
deriva dall’astrologia . La sua opera ebbe però una indubbia importanza nel preconizzare la riforma del calendario giuliano. Bacone asserì che il calendario giuliano era in errore di eccesso per circa un giorno ogni 130 anni (cifra che in
seguito corresse in 125), anche se sembra che i calcoli di Bacone provengano in sostanza dall’opera di Thabit Ibn Qurra.
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In ogni caso Bacone asserirà come fosse necessario rimuovere un giorno ogni 125 anni (quindi tre giorni in 375 anni),
cifra che va confrontata con al convenzione poi adottata dal calendario gregoriano (Gregorio XIII) di ignorare tre anni
bisestili ogni quattro secoli (considerando come bisestili solo gli anni secolari, la somma delle cui cifre risulti divisibile
per quattro).
Maurolico
Francesco Maurolico (Messina, 19 novembre 1494 – Messina, 21 luglio 1575) è stato un matematico ed erudito benedettino di origine greca. Nell’ Arithmetcorum libri duo (1575) intuì e sviluppò il principio di induzione matematica. Ricostruì e tradusse i Fenomeni di Euclide, le Sferiche di Teodosio di Bitinia, le Coniche di Apollonio di Perga e suscitò
interesse per i problemi infinitesimale, riproponendo le opere di Archimede. Scrisse nel 1575 un’opera ottica Photismi
de lumine in cui riconobbe la funzione del cristallino e la formazione dell’immagine al di là di esso. Studiò metodi per
la misurazione della Terra, fece osservazioni astronomiche (come quella della supernova apparsa nella costellazione di
Cassiopea del 1572 – SN1572), fornì le carte geografiche alla flotta cristiana in partenza dal porto di Messina per la
Battaglia di Lepanto, collaborò con lo scultore Giovanni Angelo Montorsoli nella realizzazione di due delle più belle
fontane monumentali del Cinquecento (quella di Orione e quella del Nettuno), fornendo i distici latini incisi sulle fontane. Vasta fu la sua ricerca in molte discipline scientifiche, e corposa la sua opera manoscritta e le pubblicazioni a stampa. Fu Giovanni Battista Riccioli che propose nel 1651 la denominazione di un cratere sulla Luna.
Stöffler
Stöffler Johann (Justingen [nord ovest di Monaco] 16.12.1452 – Blaubeuern [ovest di Ulm]16.2.1531).
Astronomo tedesco, professore di matematica dell’ Università di Tubinga, fu il primo compilatore di effemeridi astronomiche dopo l’invenzione della stampa. Le più antiche risalgono al 1482: Almanach nova plurimis annis venturi inservienta Ulm 1499). Le estese fino al 1551. L'invenzione della stampa a caratteri mobili è attribuita al tedesco Johann
Gutenberg - vds più avanti.
Walther Bernard
Walther Bernard (Norimberga 1430 – 1504) Astronomo e matematico tedesco. Protettore e collaboratore di Johannes
Regiomontano, con il quale fondò a Norimberga nel 1471 il primo osservatorio astronomico europeo. Gli è attribuito
anche l’invenzione dell’orologio a rute mosso da pesi.
Rutherford
Ernest Rutherford, Primo Barone Rutherford di Nelson (Brightwater,in Nuova Zelanda 30 agosto 1871 – Cambridge,
19 ottobre 1937), è stato un chimico e fisico neozelandese, noto come il padre della fisica nucleare e fu il precursore
della teoria orbitale dell'atomo, basandosi sulla scoperta dello scattering Rutherford nel suo esperimento della lamina
d'oro sottile. I primi articoli scientifici furono dedicati allo studio della magnetizzazione del ferro sotto campi magnetici
rapidamente variabili. Impiegò le caratteristiche del ferro di rispondere prontamente a queste variazioni per realizzare
un detector magnetico, cioè un dispositivo in grado di rilevare onde radio elettromagnetiche ( 1894). Questo semplice
apparato era in grado di funzionare entro un raggio di circa 1 km. Fu Marconi nel 1902 a riprendere e migliorare i studi
di Rutherford per realizzare un radioricevitore migliore di quelli a coherer da lui perfezionati ed usati per la telegrafia
senza fili. Nel 1895 lascia la Nuova Zelanda e si trasferisce a Cambridge in Inghilterra dove avviò studi unitamente a
J.J. Thomson sui processi di ionizzazione dei gas prodotti dai nuovi raggi X da poco scoperti da Röntgen.
Nel 1903, con la collaborazione di Soddy, redasse la teoria delle trasmutazioni successive degli atomi. Gli atomi subivano un processo di trasmutazione spontanea, da un elemento chimico all’altro, mediante successive emissioni di particelle α e β. Nel 1907 passa alla cattedra di fisica di Manchester, dove si dedica al rilevamento e conteggio della particelle α. Nel 1911 propose il suo modello planetario degli atomi, secondo il quale gli atomi possiedono un piccolissimo
nucleo positivo al loro centro nel quale è concentrata quasi tutta la massa dell’atomo. Attorno ad esso, come leggerissimi pianeti ruotano, su orbite chiuse, gli elettroni. Il modello presenta l’atomo come un sistema solare. Questo modello
però fu accolto con molta diffidenza: infatti per le equazioni di Maxwell, tale sistema di cariche negative (elettroni) accelerate nel loro movimento di rivoluzione attorno al nucleo (positivo) doveva irradiare di continuo, perdendo rapidamente energia. Gli elettroni avrebbero dovuto collassare sul nucleo per cui il sistema risultava instabile. Contestualmente un giovane studioso danese N. Bohr si affiancò al gruppo di Rutherford e propose una ardita soluzione alla instabilità dell’atomo. Alla base del suo concetto era l’dea che non tutte le orbite degli elettroni attorno al nucleo fossero
permesse. Erano possibili solo certe orbite che, come tali, risultavano stabili. Semplicemente il momento orbitale
dell’elettrone attorno al nucleo poteva avere solo valori multipli di una determinata grandezza: era quantizzato. La radiazione da parte dell’elettrone non era emessa quindi con continuità ma solo quando un elettrone passava da un’orbita
ad un’altra.
Durante la prima guerra mondiale Rutherford ebbe compiti scientifico – militari nel rilevamento subacqueo dei sottomarini. Nel 1920 ipotizzò l’esistenza di una particella neutra dalle caratteristiche massive del protone: il neutrone, che fu
poi scoperto nel 1932 da I. Chadwick. Nel 1908 ricevette il premio Nobel per la chimica. In suo onore, l’elemento atomico 104 fu denominato Rutherfordium.
Clavio
Christophorus Clavius, meglio noto in Italia come Cristoforo Clavio (Bamberg, 1537 – Roma, 6 febbraio 1612).
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È stato un gesuita, matematico e astronomo tedesco, noto soprattutto per il suo contributo alla riforma gregoriana del
calendario e del quale fu, alla corte di Gregorio XIII, uno dei preparatori. Espose le regole della riforma ed il nuovo
modo computare la Pasqua nell’ opera Romani calendarii a Greg. XIII restituti explicatio (Roma, 1603). I suoi studi,
con il titolo Opera Mathematica, furono pubblicati a Magonza nel 1612. Nel 1586 a Roma ripubblicò il volume, già apparso a Lovanio un anno prima, dal titolo Fabrica et usus instrumenti ab horologiorum e nel 1599 diede alle stampe,
sempre a Roma , l’ Horologium nova descriptio.
Longomontanus
Longomontanus Christen Soresen (Longberg, Lemvig, Jütland 4.10.1562 – Copenaghen 8.10.1647).
Geometra ed astronomo danese , fu uno dei principali collaboratori di Tyco Brahe, dopo la cui morte ebbe la sua cattedra di matematica all’Università di Copenaghen nel 1603. La sua principale opera è Astronomica Danica.
Pitati
Pietro Pitati (in Latino, Petrus Pitatus) (? Verona ca. 1550) fu astronomo e matematico. Bernardino Baldi, nella sua
Cronica de matematici (1707) cita Pitati come un nobile Veronese che fu introdotto alla matematica dal frate Benedettino Innocenzo da Novara. Fu professore di astronomia nell’accademia di Verona. Continuò, sin dal 1562, l’elaborazione
delle effemeridi astronomiche, iniziate da G. Stoffler e a suo tempo pubblicate in Tubinga dal 1482 al 1551.
A Venezia pubblicò nel 1542 l’ Almanach novum, che si considerare come la prima effemeride italiana .
Il matematico ed astronomo Giovanni Padovani fu studente di Pitati
IL SETTORE SUD EST
Teofilatto
Teofilatto Simocatta (Theophylaktos Simokates, o semplicemente Simokattes; ... – ...) è stato uno storico bizantino del
VII secolo. Nato in Egitto, studiò legge in un luogo non meglio precisato. Entrato a corte, divenne prefetto e segretario
dell'Imperatore Eraclio. L'opera che lo rese celebre fu però le Storie in cui narra in otto libri i venti anni di regno
dell'Imperatore Maurizio (582-602). I primi libri narrano per lo più della guerra romano-persiana del 572-591 a partire
dall'ascesa al trono di Maurizio (quindi a partire dal 582). Dopo la tragica scena dell'uccisione di Maurizio, Teofilatto
scrive che mentre leggeva al pubblico quella parte dell'opera, tutti si misero a piangere e allora lui decise di recitare
un'orazione in cui deplorava il crimine orrendo che era stato commesso con l'uccisione di Maurizio. Gli ultimi capitoli
narrano sinteticamente che il sovrano di Persia Cosroe II usò come pretesto l'assassinio di Maurizio per dichiarare guerra all'Impero e lodano Eraclio per il fatto che, dopo aver vendicato l'assassinio di Maurizio detronizzando Foca, nel 628
riuscì a vincere i Persiani imponendo loro una pace vantaggiosa all'Impero. Il suo lavoro ha un minore spessore rispetto
a quello di Procopio di Cesarea, ma è un'importante fonte d'informazioni sul tardo VI secolo e, in particolare, su come i
Bizantini videro e giudicarono Slavi e Persiani. La prima traduzione latina del Simocatta fu fatta da Niccolò Copernico.
Il libro, oggi estremamente raro, fu stampato a Cracovia nel 1509.
Maskelyne
Nevil Maskelyne (Londra, 6 ottobre 1732 – Greenwich, 9 febbraio 1811) è stato un astronomo britannico ed il quinto
Astronomo Reale, dal 1765 al 1811. Si laureò a Cambridge nel 1754, diventando membro del Trinity College nel 1757.
Come avvenne per J.J. de Lalande e C. Messier fu l’osservazione di un’eclisse solare che fece di lui un astronomo. Fu
grazie alla protezione di Bradley che Maskeline fu scelto per osservare il transito di Venere sul Sole del 6.6.1761
nell’isola di Sant’Elena. Purtroppo avverse condizioni meteo rese impossibile l’osservazione. Nei suoi viaggi sperimentò la determinazione della longitudine mediante un metodo Basato sull’osservazione della Luna. Sistema che fu poi
pubblicato sulla The British Mariner’s Guide (1763). Nello stesso anno gli fu affidato il compito di verificare attendibilità delle misure di longitudine utilizzando il cronometro di J. Harrison in un viaggio alle Barbados. A lui si deve la
pubblicazione del «Nautcal Almanac»
Gutenberg
Johann Gutenberg (Johann Gensfleisch zur Laden zum Gutenberg) (Magonza, 1400 circa – Magonza, 3 febbraio
1468) è stato un orafo, inventore e tipografo tedesco, inventore della stampa a caratteri mobili moderna.
Non potendo essere ammesso alla corporazione dei coniatori di Magonza perché non completamente nobiliare (la madre
era di origine borghese) frequentò i laboratori di punzonatura e le oreficerie della città. Coinvolto nelle lotte politiche
nel 1430 dovette abbandonare la città, trasferendosi (come sembra) a Strasburgo. Iniziò a lavorare attorno alla sua invenzione della stampa con caratteri mobili attorno al 1440. Tecnica per altro introdotta nel VI secolo in Estremo Oriente
per la riproduzione di un originale inciso su legno (xilografia) e successivamente fuso in piombo e nota in Occidente
dal XIII secolo. I primi esperimenti di stampa risalgono a poco prima del 1440 usando caratteri in legno. Per la produzione dei caratteri tipografici Gutenberg ricorse a punzoni per la stampatura delle matrici su metallo tenero (inizialmente in rame); queste venivano poi riempite di piombo per mezzo di un colo da lui stesso inventato. Grazie a questa
invenzione fu possibile la stampa senza sbavature grazie soprattutto agli spigoli netti dei caratteri. Inventò poi un nuovo
tipo di inchiostro, non più ad acqua ma oleoso e il torchio per la stampa. In società con il banchiere Johann Fust e con
l'aiuto dell'amanuense Peter Schöffer, stampa tra il 1448 e il 1454 a Magonza il primo libro con questa tecnica. Si tratta
della celebre Bibbia a 42 linee (dal numero delle linee di testo che compongono ogni pagina), disposte su due righe, che
viene messa in vendita a Francoforte sul Meno nel 1455, chiamata Bibbia mazarina.
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Apollonio
Apollonio di Perga (Perga, Panfilia, Asia Minore seconda metà del III sec. a.C. – primi decenni del II sec . a.C.).
Matematico ed astronomo greco, non si hanno testimonianze dirette di contemporanei sulla sua vita e della quale si conosce molto poco. Note biografiche sono pervenute da Vitruvio (I sec. a.C.), da Pappo di Alessandria (IV sec. d.C.),
Eutocio (V sec. d.C.) e Fozio IX sec. d.C.). Alcune notizie sono ricavabili dalle prefazioni ai sette libri superstiti delle
Coniche. Da questi scarni elementi si può sapere che Apollonio fu allievo dei discepoli di Euclide ad Alessandria sotto
il regno di Tolomeo Evergete (284 circa 221 a.C.; re dal 246 a.C.). Acquistò notevole fama sotto il regno di Tolomeo
Filopatore (? -205 a.C.; re dal 221 a.C.), quando la sua fama rivaleggiò con quella di Archimede, e quando compose la
prima redazione della sua opera sulle sezioni conche, dedicata a un matematico alessandrino: Naucrate. È considerato
tra i grandissimi della matematica greca assieme a Euclide, Archimede e Diofanto. Nell’opera relativa alle coniche, di
impianto esclusivamente euclideo, è contenuto il risultato fondamentale in base al quale l’intersezione di un doppio cono con un piano origine, a seconda dei casi, l’ellissi, la parabola e l’iperbole. Da menzionare anche una sua un’opera
astronomica della quale si ha notizia per il tramite dell’Almagesto di Tolomeo che testimonia come da essa trasse due
teoremi. Infatti Tolomeo attribuisce ad Apollonio la dimostrazione, attraverso gli epicicli dei fenomeni delle stagioni e
del ritardo dei pianeti. Mentre tramite Tolomeo Chenno (erudito greco del I – II sec. d.C.) si ha notizia di un lavoro di
Apollonio sui moti della Luna. Infine , in un elenco di distanze astronomiche di epoca cristiana, viene riportata una
stima , attribuita ad Apollonio, della distanza Terra – Luna valutata in 5 milioni di stadi. Assumendo lo stadio classico
(quello superstite ad Olimpia) pari a 192 m, la distanza equivalente risulta di 950.000 km, con una sovrastima di circa
un fattore 2 della distanza effettiva (attorno ai 480.000 km). Corre l’obbligo ricordare Apollonio come astronomo perché la sua opera sulle sezioni coniche è risultata fondamentale a Keplero nell’individuazione delle leggi sul moto dei
pianeti.
Petavius
Petavius Dionigi (Orleans 21.8.1583 – Parigi 11.12.1652)
Padre gesuita fu astronomo e matematico francese . Insegnante di filosofia dell’Università di Bourges e quindi nei collegi del suo ordine. È uno dei fondatori della moderna cronologia matematica: scrisse un’opera monumentale chiamata
Doctrina temporum ( 3 voll., Parigi, 1627 – 36). In essa sono contenute notizie relative alla cronologia dai tempi mitici
sino alla riforma gregoriana. Il terzo volume (dell’edizione di Venezia) ha il sottotitolo Uranologium e riporta nel testo
greco e latino opere di Gemino, C. Tolomeo, Arato, ipparco, ecc.
Snellius
Willebrord Snell van Royen, latinizzato come Willebrordus Snellius o semplicemente Snellius (Leida, 1581/91 – Leida,
30 ottobre 1626), è stato un matematico, astronomo e fisico olandese, noto per la legge della rifrazione detta anche legge di Snell. Successore del padre Rudolf (1546 – 1613) alla cattedra di matematica di Leida, amico di Tycho Brhae e di
Keplero e di A. van Roomen. Padre del metodo delle triangolazioni, applicò i suoi studi di trigonometria piana e sferica
alla cosmologia e ideò il primo metodo di triangolazione per misurare un arco di meridiano. Per via sperimentale ricavò la formula della legge di rifrazione della luce (1621), problema affrontato sin dall’antichità e parzialmente risolto
da C. Tolomeo. Snellius espresse la legge in termini di rapporo tra lunghezze, interpretabile come rapporto di cosecanti.
Fu Cartesio nel 1637 ad esprimere la legge della rifrazione come rapporto di seni nell’opera Dioptrique. Non è chiaro
se Cartesio abbia o no conosciuto l’opera di Snellius. Fu quindi Huygens nella sua opera Dioptrica (1703) a proporre
un’interpretazione della legge in termini ondulatori. Formulò e risolse il problema della determinazione sulla Terra delle
distanza di un punto da altri 3 punti fissi, noti gli angoli formati dai rilevamenti condotti da quel punto agli altri tre
(1600). Problema oggi ben noto con il nome come “Problema di Snell – Pothenot”. Nel trattato di navigazione Tiphys
Batavus (1624) viene per la prima volta introdotto il termine lossodromia: linea che riunisce due punti della superficie
terrestre , tagliando i meridiani con un angolo costante.
Fraunhofer
Joseph von Fraunhofer (Straubing, 6 marzo 1787 – Monaco di Baviera, 7 giugno 1826) è stato un fisico e astronomo
tedesco. Iniziò come apprendista vetraio prima di entrare nel 1806 all’Istituto meccanico – ottico di J. Von Utzschneider del quale sarebbe diventato socio nel 1809 presso Benediktbeuern (pressi di Monaco di Baviera) e che grazie proprio a questo Istituto sarebbe diventata la culla dell’ottica tedesca. Fu nel corso dei suoi studi tesi a migliorare gli obiettivi acromatici che Fraunhofer iniziò studi sistematici sugli spettri di vari elementi chimici e sullo spettro solare. Nel
1815, con uno spettrometro perfezionato, scoprì le linee scure nello spettro solare già osservate da W.H. Wollaston. I
risultati di Fraunhofer furono in seguito interpretati da G.R. Kirchhoff (1829), e costituiscono una pietra miliare nella
storia della fisica e dell’astronomia.
Righe di Fraunhofer: righe scure che si osservano nello spettro di una sorgente quando la sua luce attraversa un mezzo aeriforme capace di assorbirne alcune frequenze caratteristiche. Osservate comunemente negli spettri del Sole e delle stelle, dove la luce emessa dalla fotosfera viene privata delle frequenza caratteristiche degli atomi presenti
nel’atmosfera dell’astro, ne permettono un’analisi chimica a distanza..
Reichenbach
Georg Friedrich von Reichenbach (Durlach [oggi fa parte di Karlsruhe], 24 agosto 1772 – Monaco, 21 maggio 1826
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Costruttore tedesco di strumenti scientifici. Particolarmente notevole la realizzazione di una macchina a dividere (per
incidere graduazioni di alta precisione sui circoli).
Insieme a Von Utzschneider fondò un Istituto di strumenti di ottica, che raggiunse l’apice della sua celebrità quando vi
fu aggregato J. Von Fraunhofer.
De Reitha
Antonio Maria Schyrlaeus de Reitha (Antonin Maria Sirek z Vrajtu) (Boemia 1597 – Ravenna 1660). Astronomo cèco. Frate cappuccino, membro della comunità di Vrajt (oggi Rheita) in Boemia. Molto poco si sa della sua vita. Sembra
lasciasse il suo monastero in Boemia nel corso della guerra dei trent’anni (1618 -1648), verosimilmente nel corso del
periodo boemo-palatino ( 1618 – 1623) della stessa. La sua opera astronomica fu condotta attorno al 1640 in Belgio.
Nel 1643 pubblicò a Lovanio un trattato sui satelliti dei pianeti (opera per altro di valore scientifico alquanto dubbio).
L’altra sua opera di maggiore valore scientifico, invece, è un trattato di ottica del 1645 dove descriveva un oculare per
telescopio di tipo kepleriano che restituiva un’immagine invertita.. Interessante è che in questa opera vengono per la
prima volta usati i termini «oculare» e « obiettivo» da lui stesso coniati. L’elemento più importante del trattato è costituito dalla prima carta lunare (18 cm di diametro) che, sebbene più povera di dettagli di quella pubblicata qualche mese
più tardi da M. F, van Langren, inizia la tradizione di rappresentare le immagini nel modo in cui venivano viste attraverso lo strumento. Nella carta infatti, ripresa dalle osservazioni effettuate con un telescopio invertito, il polo lunare sud
risulta in alto.
Fracastoro
Girolamo Fracastoro (Verona, 1478 ca. – Incaffi, Verona 8 agosto 1553) è stato un medico, filosofo, astronomo, geografo e letterato italiano. Fu tra i primi a supporre che le infezioni fossero dovute a germi portatori di malattia, capaci di
moltiplicarsi nell’organismo ospite e di passare il contagio tramite la respirazione gli umori. Si può quindi considerare
come uno dei fondatori della moderna patologia. Maestro all’Università di Padova, Archiatra di Paolo III, al quale dedicò l’opera astronomica Homocentrica (Venezia, 1538) . Essa apparve poco prima del De Rivolutionibus (1543) di
Copernico, ed è significativa l’esigenza di perfezionamento del sistema planetario omocentrico, in cui le sfere che descrivono i moti erano portate a 79. Nell’ Homocentrica si trova un primo accenno alla combinazione di due lenti che
producono l’ingrandimento e l’avvicinamento degli oggetti. Fu il primo a scoprire, con Pietro Apiano, che le code cometarie si presentano sempre lungo la direzione del Sole, ma in verso opposto ad esso. Nel 1538 descrisse uno strumento in funzione astronomica, poi realizzato da Galileo Galilei decine di anni dopo: il cannocchiale.
Watt
James Watt (Greenock, Scozia 19 gennaio 1736 – Heathfield, Birmingham, 19 agosto 1819) è stato un matematico,
ingegnere e inventore scozzese. Figlio di un carpentiere navale, da ragazzo passò molto tempo nel laboratorio del padre.
Nel 1537, per le abilità acquisite, fu nominato «fabbricante di strumenti di precisione» per l’Università di Glasgow. Una
delle sue prime invenzioni fu una macchina per produrre disegni prospettici di oggetti tridimensionali.
Nella primavera del 1764, nel riparare un modello di macchina colse l’incongruenza fondamentale della macchina a vapore il cui cilindro doveva essere al tempo stesso caldo, all’atto dell’immissione del vapore, per non produrne la condensazione anticipata e freddo una volta esaurita l’espansione, per facilitare la condensazione del vapore. Watt allora
concepì l’dea di un condensatore separato dal cilindro (brevetto del 1765) nel quale si faceva confluire il vapore che
permette di separare il secondo momento. Grazie a questo accorgimento il cilindro poteva rimanere a temperatura costante con notevole economia di combustibile. L’invenzione condensatore separato costituì un momento cruciale nella
storia delle macchine termiche e della termodinamica, in quanto evidenziava materialmente come una macchina termica
operi fra due temperature (quella del cilindro e quella del condensatore) e come una quota del calore assorbito dalla
sorgente calda sia poi necessariamente ceduta, a temperatura minore, al condensatore. Elementi questi risultati fondamentali per l’analisi teorica delle macchine termiche elaborata da Sadi Carnot (ciclo di Carnot).
Watt inventò una valvola di regolazione (nota ancora oggi come "regolatore di Watt") per mantenere costante la velocità della macchina a vapore. Trovò il modo di trasformare il moto rettilineo alternato dello stantuffo nel moto rotatorio
continuo di un volano. Introdusse il "doppio effetto", ovvero l'immissione di vapore in maniera alternata alle due estremità del cilindro, in modo da azionare il pistone sia nella corsa di andata sia in quella di ritorno. Infine, inventò l'indicatore per misurare la pressione del vapore durante tutto il ciclo di lavoro del motore.
Janssen
Janssen Zacharias ( L’Aia 1580 – Amsterdam 1628/1638). Ottico inventore olandese.
A lui, per diceria del figlio Johannes Sacchriasen, venne arbitrariamente attribuita l’invenzione del telescopio. Fu per
altro abilissimo ottico, in particolare nell’arte di molare le lenti.
Quanto invece all’invenzione del telescopio, si sa dell’esistenza di uno strumento italiano, costruito nel 1590 e verosimilmente portato a Middelburg da qualche artigiano italiano emigrato, forse in seguito alle guerre di religione e dove
probabilmente Janssen ne prese visione riuscendo in breve tempo a costruirne esemplari in proprio.
Bibliografia
- G. Dragoni, S. Bergia, G. Gottardi; Dizionario Biografico degli Scienziati e Tecnici – Zanichelli
- Carl B. Boyer: Storia della Matematica – Mondadori
- Enciclopedia Motta
- U. Nicola: Antologia illustrata di Filosofia – Demetra
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23mo incontro ALPE-ADRIA
24 giugno 2012
A.P.A. – Montereale val Cellina
Una splendida giornata di Sole ha accolto i rappresentanti delle associazioni regionali aderenti al
coordinamento Alpe-Adria che, domenica 24 giugno, si sono riuniti per il 23mo incontro annuale.
La manifestazione è stata magistralmente organizzata dall’ Associazione Pordenonese di Astronomia (APA) di Montereale val Cellina e si è svolta all’interno del Centro Giacomello di Grizzo, in
una cornice di splendidi quadri esposti nell’ambito di una manifestazione locale. A fare gli onori di
casa il Presidente Gianpaolo Carrozzi e il Segretario Dino Abate. Nel dare il benvenuto a tutti gli
intervenuti, il Presidente ha illustrato brevemente scopi e finalità dell’APA riferendo anche dei numerosi interventi effettuati per il pubblico e nel mondo della scuola.
In rappresentanza dell’amministrazione comunale era presente Santini Maria Carla assessore alla
cultura del Comune di Montereale Valcellina che ha ringraziato organizzatori e congressisti per
aver scelto il suo comune per svolgere l’incontro e si è dichiarata disponibile, a nome della giunta,
a supportare tutte le iniziative che il gruppo intende mettere in campo nel futuro a favore della locale comunità. Parole di apprezzamento per l’attività svolta e per il livello qualitativo mostrato
dall’APA e dai vari gruppi regionali sono giunte anche da Maurizio Salvador vice presidente consiglio regionale FVG.
Ha quindi preso la parola lo scrivente presentando una breve comunicazione che sottolineava come la collaborazione professionisti/appassionati sia ancora possibile. Il soggetto era la sonda russa Phobos-Grunt che, come tutti sanno, è andata perduta lo scorso gennaio rientrando e disintegrandosi nell’atmosfera. Fin dalle prime ore la sonda aveva mostrato una serie anomalie all’orbita
di inserimento verso Marte ed era sfuggita a tutti i contatti radio. A seguito di una richiesta di collaborazione lanciata in rete dagli scienziati coinvolti nella missione, ho fornito le effemeridi e le indicazioni dettagliate dei passaggi a Raimondo Sedrani del Gruppo Astrofili Pordenonesi che da anni
riprende i satelliti in orbita.
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Tutte le sue immagini sono state inviate al prof. Drossart, dell’osservatorio di Parigi Medoun che le
ha prontamente girate ai colleghi di Mosca ringraziandoci per la collaborazione. Anche se tutti
sappiamo com’è finita, questo intervento è stato un valido esempio di collaborazione pro/am che,
ritengo, andrebbe seguito.
E’ stata poi la volta del dott. Marco Fulle, dell’OATs, che ha parlato dell’attesa cometa Panstarrs
2011 L4, scoperta il 24 maggio 2011 che passerà al perielio il 10 marzo 2013. L’oggetto inizierà a
rendersi visibile per noi dalla seconda metà del mese alla sera e le previsioni la danno come un
oggetto luminoso di magnitudine negativa, si spera in uno spettacolo … Per gli amanti delle immagini la cometa passerà fra il 3 e il 5 di aprile 2013, a pochissimi gradi dalla galassia M31.
L’invito del dott. Fulle è quello di seguire l’oggetto soprattutto dal punto di visto spettroscopico, con
l’intento di dare la caccia all’elusiva presenza, non del ferro, oramai ben noto, ma del litio, previsto
ma ancora mai osservato.
In rappresentanza dell’UAI era presente Paolo Morini,
dell’Associazione del Libero Pensiero Astronomico (ALPA) di Ravenna. Dopo aver illustrato l’attività che il suo gruppo svolge nel campo
della divulgazione e diffusione dell’astronomia sul territorio ha presentato un’interessante sito sviluppato in ambito UAI dedicato
all’Apprendista Astrofilo (A2) – sito che si raggiunge dalla home-page
dell’UAI - http://www.uai.it/web/guest/home . Un efficace mezzo per
recuperare tutti coloro che, dopo la fiammata iniziale, hanno relegato
il proprio strumento in cantina. Il sito è molto ricco di informazioni e
nozioni utili ai principianti e, seguendo una serie di indicazioni, consente al neofita di ricevere a casa il diploma di Apprendista Astrofilo.
Sono quindi iniziate le relazioni dei gruppi.
Primo a presentare le sue attività il CCAF di Farra d’Isonzo. Enrico Pettarin che ha illustrato le
numerose attività esterne svolte per il pubblico, le interessanti conferenze interne tenute da relatori
di prim’ordine, nonché la notevole mole di lavoro al grande planetario con cupola da 8 metri che
attrae scolaresche e pubblico da tutta la regione. Per quanto riguarda le scoperte, il CCAF annuncia la scoperta di 4 oggetti, di cui 3 assegnati al gruppo,
tutte nel 2011. Il numero degli oggetti numerati è salito a
188 unità, mentre ci viene segnalata l’esclusione della
scoperta della cometa P/2010 T20, che non è stata loro riconosciuta per un nostro ritardo nella segnalazione. Hanno
proseguito la survey dei NEO (Oltre 150 conferme), e ripreso numerose comete, come la Garradd.
Singolare la ripresa video del Sole in H alfa con il passaggio sul disco di un aereo di linea.
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Per il Gruppo Astrofili Pordenonesi il presidente Demetrio Moras ha elencato le numerose attività divulgative sia per il pubblico che nelle scuole svolte nell’anno trascorso, segnalando che dei
300 soci, oltre 50, dispongono di un proprio osservatorio personale. Ha inoltre presentato un importante progetto di survey del cielo basato su una rete di 5 postazioni dotate di telecamere con
obiettivo occhio di pesce e relativa elettronica di acquisizione e memorizzazione immagini il cui
scopo sarà quello di inserirsi nella rete internazionale di controllo di meteore, bolidi ed altri fenomeni transitori alla quale collabora fra l’altro anche l’osservatorio di Visnjan di Korado Korlevic ma
manca nella nostra regione.
In Italia esiste l’Italian Meteor and TLE (Transient Luminous Events) Network con la quale il GAP
intende collaborare. Sono poi state presentate splendide riprese planetarie ottenute da Raimondo Sedrani che, per
motivi di salute, non è potuto essere
presente.
Ha quindi preso la parola Daniele Negro,
esperto di costruzioni ottiche e telescopi
amatoriali per illustrare la sua nuova
macchina per la lavorazione completamente automatica di specchi, piani e parabolici.
Daniele ha interamente progettato
l’apparecchiatura che ha poi fatto realizzare da un’officina locale. La capacità
dell’impianto è la lavorazione di specchi
parabolici fino a 80 cm di diametro. Il relatore si è poi offerto di effettuare il controllo ottico della superficie degli specchi
parabolici di astrofili interessati, offerta
che è stata positivamente accolta dai
presenti.
In rappresentanza dell’APA è intervenuto
Dino Abate che ha riferito sull’attività svolta dal gruppo nei 12 mesi passati, incontri con le scuole,
osservazioni solari e notturne, e presentato una serie di interessanti immagini ottenute con i due
strumenti principali installati presso il loro osservatorio: il Newton da 400mm e lo SC da 250mm attraverso il CCD. Sono sfilate le immagini di ammassi globulari, comete, galassie, nebulose gassose e planetarie. Unico, forse, in regione
Dino ha presentato le immagini della fase
conclusiva del transito di Venere del 6
giugno scorso, l’ultimo visibile prima del
2117.
Le riprese sono state effettuate da Marina
di Ravenna con un rifrattore TeleVue da
102mm e una camera digitale commerciale.
Al termine delle relazioni, non è mancata
la foto di rito degli intervenuti all’ingresso
della sala del convegno, a cui è seguito
un lauto ed eccellente pranzo.
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Nel pomeriggio numerosi ospiti si sono portati in visita dell’osservatorio che sorge poco distante
dal luogo dell’incontro a quota 670m s.l.m.
L’osservatorio, dotato di una cupola da 4,5m, contiene un riflettore newtoniano da 400mm f:5, con
montatura Marcon, uno SC Meade da 254mm f:4, un rifrattore Ziel da 150mm f:8, un secondo rifrattore con ottica Jeager da 152mm f:10, inseguitore FT4 e camera CCD, DTA.
La giornata, estremamente fruttuosa sia sotto l’aspetto tecnico-scientifico, osservativo che delle relazioni umane, si è chiusa con l’augurio di rivederci ancora il prossimo anno per scambiarci esperienze e utili informazioni, oltre che per trascorrere un’allegra giornata in amicizia e allegria.
Un ringraziamento particolare va al gruppo ospitante, in particolare al Presidente Giampaolo Carrozzi e al Segretario Dino Abate per l’impeccabile organizzazione dell’evento, nonché alle autorità
che hanno voluto onorarci della loro presenza.
Un cordiali saluto a tutti voi.
Paolo Corelli
Coordinatore Alpe-Adria
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IMMAGINI DEL CIELO E PAREIDOLIA
Ciò che pensiamo di vedere è quello che effettivamente vediamo?
Stefano Zanut
“La metà della Luna che dall’inizio del mondo si trovò rivolta verso di noi, così rimase e lo è tutt’ora; ci presenta sempre quegli stessi occhi, quella bocca e il resto di quella faccia che la nostra immaginazione ha composto sulla base delle macchie che vediamo. Se potessimo scorgere la metà opposta, probabilmente altre macchie ci ispirerebbero differenti figure.”
Da “Conversazioni sulla pluralità dei mondi” di Bernard le Bovier de Fontenelle
Se chiedessimo a una persona di disegnare la Luna probabilmente la rappresenterà con occhi, naso e bocca
secondo una modalità di cui non è facile risalire alle origini, ma che certamente accomuna culture di varie
parti del mondo. Se poi fosse un bambino non è da escludere che i disegni la propongano come una falce con
il profilo del terminatore che stilizza un volto umano, anche in questo caso con tanto di bocca, naso e occhi
secondo una modalità riscontrabile in molte occasioni della vita quotidiana (da calendari a libri, in televisione come su internet).
Personalmente ricordo ancora la prima descrizione della Luna che mi fece mio padre quand’ero bambino e in
quel momento tutto era chiarissimo: due cerchi più scuri che rappresentavano gli occhi e tra i due, ma un po’
più sotto, il naso e una bocca spalancata; mettendoci un po’ di fantasia non era difficile trovare anche le sopracciglia. Quella Luna dalla faccia stupita rimase per me un riferimento per molto tempo.
Ma se le modalità appena descritte sono state superate da più attuali rappresentazioni con immagini dettagliate del nostro satellite naturale, l’individuazione di questi “particolari anatomici” può aiutare nell’approccio
all’osservazione della Luna durante serate osservative rivolte a persone di varia età e conoscenza. In questi
casi i mari imbrium e serenitatis rappresentano rispettivamente l’occhio sinistro e quello destro, la folta sopracciglia sovrastante l’occhio sinistro è definita dal mare frigoris, mentre il naso corrisponde al sinus aestum e la bocca al mare nubium. Una volta definiti questi particolari, anche se in modo poco ortodosso ma
certamente gradevole, sarà forse più facile avvicinare l’ascoltatore agli aspetti più specifici e importanti che
caratterizzano il nostro satellite naturale.
I particolari che con un po’ di fantasia definisco la faccia della Luna
La storia dell’astronomia osservativa è piena di discussioni connesse con la capacità della persona di interpretare ciò che vede. Un caso eclatante è stato certamente quello dei canali di Marte, che impegnò la comunità scientifica a cavallo tra 800 e 900 in una profonda e polemica discussione sulla loro origine, aprendo prospettive su forme di vita extraterresti poi evolutesi nei più attuali e banali UFO.
Un esempio più recente è rappresentato da una foto della superficie di Marte ripresa il 25 luglio 1976 dalla
sonda Viking 1, in cui risaltava un elemento la cui forma poteva richiamare a una faccia umana. L’immagine,
proprio per questo soprannominata “Faccia su Marte” o “Faccia di Cydonia”, dalla regione marziana in cui si
trovava, venne interpretata come una vera e propria costruzione artificiale, riaccendendo in tal modo la discussione sulla possibilità che Marte avesse un tempo ospitato una civiltà extraterrestre. Così la foto venne
commentata dalla NASA pochi giorni dopo la sua diffusione:
“Questa fotografia è una delle tante fatte nelle latitudini settentrionali di Marte dalla Viking 1 in ricerca di un punto
d’atterraggio per Viking 2. L’immagine mostra i terreni a forma di tavolati (mesa) erosi. L’immensa formazione rocciosa centrale, che rassomiglia a una testa umana, è formata da ombre che danno l’impressione di occhi, naso e bocca.
Le fattezze sono larghe 1.5 chilometri (un miglio), con l’angolo solare a circa 23.2 gradi. L’aspetto punteggiato
dell’immagine è dovuto a errori di trasmissioni, enfatizzati dall’ingrandimento della foto. La fotografia fu scattata il 25
luglio ad una distanza di 1873 chilometri (1162 miglia). Viking 2 arriverà all’orbita di Marte il prossimo Sabato (7 agosto) con un atterraggio programmato per i primi di Settembre”.
Ma tale precisazione, indubbiamente chiara e puntuale, venne interpretata come la volontà di nascondere una
“scoperta sensazionale” e furono solo le immagini pervenute da successive missioni spaziali a dirimere la
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questione, anche se nel frattempo questo “equivoco” aveva fatto arricchire molte persone con la pubblicazione di libri e la produzione di programmi indirizzati più verso il facile sensazionalismo che l’informazione
vera e propria.
La “faccia” marziana fotografata dal Viking 1
(sinistra) e la stessa ripresa dalla Mars Global
Surveyor nel 1998 (destra).
Con le dovute proporzioni un caso analogo
può essere quello rinvenuto in una foto del
cratere lunare Schiller ripresa nel 2009 dal
Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO).
All’interno di questo cratere da impatto
sono visibili due massi rocciosi disgregatisi in numerosi frammenti al termine della
corsa lungo un pendio dello stesso cratere,
un percorso di cui sono ancora visibili le tracce sulla “regolite”. La foto, ripresa con una telecamera ad altissima risoluzione, mostra come uno di questi abbia una forma tale che combinata con un gioco di illuminazione richiama la faccia di un uomo.
Il cratere lunare Schiller e i massi rocciosi rotolati al suo interno. Nella foto centrale si nota proprio il loro percorso mediante la traccia lasciata sulla regolite, in quella di destra il masso che sembra una faccia umana, ma … con
un’espressione tale che non sembra essere contento di questa sua condizione (NASA/GSFC/Arizona State University).
Questi “fraintendimenti” visivi hanno un’interpretazione scientifica molto chiara e conosciuta come pareidolia (dal greco είδωλον, immagine, col prefisso παρά, simile), un’illusione subcosciente che tende a ricondurre
a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale. In pratica è la tendenza istintiva a
trovare forme familiari in immagini disordinate, un’associazione che si manifesta con maggior frequenza
verso le figure e i volti umani. Casi tipici sono, ad esempio, talune configurazioni di nuvole, la visione di un
volto umano nella luna oppure l’associazione di immagini alle costellazioni. Sempre la pareidolia sta alla base della facilità con cui riconosciamo volti che esprimono emozioni in segni stilizzati come le emoticon.
Alcuni esempi di pareidolia nella vita quotidiana
Alcuni esempi di pareidolia in astronomia. Partendo da sinistra: la nebulosa “Testa di cavallo” (IC434) in Orione, la nebulosa “Nord America” (NGC 700) nella costellazione del Cigno e la nebulosa “Trifida” o “Trifoglio” (M20 o
NGC6514) nella costellazione del Sagittario.
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I neuroscienziati considerano questa tendenza come caso particolare di riconoscimento di schemi o connessioni in dati casuali o senza alcun senso, conosciuto come apofenia, termine coniato nel 1958 Klaus Conrad
che la definì come un’immotivata visione di connessioni accompagnata da una anormale significatività, una
capacità probabilmente sviluppatasi nell’uomo durante la sua evoluzione per consentirgli di individuare situazioni di pericolo anche in presenza di pochi indizi, come ad esempio scorgendo un predatore mimetizzato.
Austin Cline, antropologo, spiega tale capacità nel seguente modo: “Se siamo in un bosco e vediamo un profilo scuro che potrebbe essere un orso o una roccia, è intelligente “vedere” un orso. Se abbiamo torto, perdiamo poco, se abbiamo ragione sopravviviamo”.
La pareidolia consente spesso di dare una spiegazione logica e razionale anche a fenomeni apparentemente
paranormali, tipo l’apparizione di immagini su muri, la comparsa di “fantasmi” in fotografie o altre condizioni simili spesso interpretate dalle persone con una certa dose d’ingenuità, ma riproposte dai media con
forsennato sensazionalismo.
Immagini di volti trovare in internet: Madre Teresa di Calcutta in una brioche, Lenin tra le macchie d’acqua
sulla tenda di una doccia, il diavolo nel fumo del World Trade Center dopo l’attentato dell’11 settembre.
Così Massimo Polidoro rappresenta un caso di questo tipo nel suo blog
(www.massimopolidoro.com):
“La pareidolia è un effetto così forte che una volta che si comincia a vedere una particolare immagine diventa poi molto difficile vedere qualcos’altro, anche se ci si prova. Un episodio simile si verificò qualche anno fa nei pressi di Pavia,
quando alcune macchie di umidità su un silos vennero interpretate come il volto di un uomo con la barba (e, dunque,
come Gesù Cristo). Ci furono pellegrinaggi e preghiere rivolte al silos. Quando insieme a Luigi Garlaschelli visitammo
la fattoria in questione ci rendemmo conto che era necessario uno sforzo enorme d’immaginazione per riuscire a vedere qualcosa in quelle macchie e che, al massimo, si riusciva più facilmente a intravedere un leone con la criniera che
un volto umano. Eppure, una volta che si iniziava a interpretare la macchia come una faccia bastava lanciarle una rapida occhiata per “vedere” subito la faccia.”
Anche nel campo dell’acustica si possono manifestare condizioni di pareidolia quando si crede di sentire
suoni, parole o frasi significative in rumori casuali. Quelli della mia generazione ricorderanno probabilmente
il caso di Stairway to Heaven, la canzone dei Led Zeppelin che secondo alcuni conteneva messaggi satanici
se ascoltata al contrario. Non si è mai capito quali fossero tali messaggi (o almeno non l’ho capito io!), certo
è che questa credenza portò a un notevole incremento le vendite del disco con lauti guadagni da parte
dell’industria discografica.
I volti nella Luna
La tradizione di rappresentare il Sole la Luna con facce umane è antica. Nel primo secolo d.C. Plutarco sosteneva che le persone con la vista debole non riuscivano a discernere bene la forma della
Luna, mentre chi l’aveva più acuta e robusta poteva distinguere distintamente “i tratti del suo viso”.
Ma prima di Galileo non sono disponibili rappresentazioni della Luna con qualche dettaglio se non
quelle di Leonardo da Vinci, contenute nel Codice Atlantico. In queste, come si vede, non è certo
difficile riconoscere i lineamenti di un volto.
Due rappresentazioni della Luna di Leonardo Da Vinci e presenti nel Codice Atlantico (1513-1514)
Altre rappresentazioni vennero condotte successivamente con l’obiettivo di redigere atlanti lunari sempre più
accurati e in tale percorso si collocano i disegni di Gian Domenico Cassini (1625-1712), astronomo emiliano
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che concluse la carriera come direttore dell’osservatorio astronomico di Parigi e pubblicò una mappa lunare
di 54 cm particolarmente dettagliata per l’epoca. Un suo disegno che rappresenta il Sinus Iridum, un’area con
diametro di circa 230 km situata nel versante settentrionale del Mare Imbrium e ben visibile a occidente di
Plato, riveste particolare interesse per gli argomenti che stiamo trattando. Analizzato da Camille Flammarion
in un articolo pubblicato nel 1891 su “L’Astronomie” e dal titolo “Une tetề de femme dans la lune” (letteralmente “Una testa di donna sulla Luna”), il disegno evidenzia con chiarezza il volto di una donna con lunghi
capelli in corrispondenza del promontorio dell’Heraclides.
La testa di donna rappresentata da Cassini della Sinus Iridum e la stessa regione lunare in una ripresa con CCD.
Così ne parla anche Percy Wilkins, nella sua “Guida alla Luna” pubblicata da Feltrinelli Editore nel 1959:
“All’inizio del diciottesimo secolo il famoso astronomo francese Cassini, direttore dell’appena sorto Osservatorio di
Parigi, pubblicò una piccola mappa della Luna nella quale disegnò il Capo Heraclides come la testa di una ragazza
dai capelli lunghi e fluenti, la “Ragazza della Luna”. Per molti anni si pensò che si fosse trattato di un puro e semplice
effetto di immaginazione da parte del Cassini, ma in seguito altri osservatori videro la medesima figura. Il fatto è che i
massi di cui Heraclides è composto sono disposti in modo tale che la “Ragazza della Luna” si può effettivamente rintracciare e qualche volta vedere molto chiaramente solo sotto un certo angolo di illuminazione, cioè quando i raggi del
Sole vi cadono con una particolare inclinazione. Questa figura di donna sembra guardare attraverso la baia scura e
piana verso ovest, in direzione di Laplace, che, a sua volta, rassomiglia talora alla testa di una donna che guarda Heraclides.
Possono passare degli anni prima che si presentino le condizioni opportune per vedere le “Ragazze della Luna” ma,
quando si riesce a vederle, colpisce davvero la loro rassomiglianza con una figura femminile.”
Ma il tema della rappresentazione dei volti sulla Luna venne affrontato da Flammarion in varie altre occasioni. Così, ad esempio, lo fa in “Astronomia per le signore”:
La Luna “sembra, effettivamente, che ci guardi dall’alto del cielo, tanto più che le macchie principali del suo disco ricordano vagamente l’aspetto di un volto. Se tentiamo di disegnarla a occhio nudo, senza il ricordo d’alcun istrumento,
notiamo delle regioni scure e chiare che ciascuno interpreta un po’ a modo suo.
Per me, ad esempio, la piena Luna offre l’aspetto rappresentato nella seguente figura. Nel mio spirito quelle macchie si
traducono, riassumendosi, in due occhi e un abbozzo di naso; risultato: una incerta figura umana […] Altri vi vedono
un uomo che porta un fastello, una lepre, un leone, un cane, un canguro, una falce, due teste che si baciano. Ma in generale, si ha piuttosto la tendenza a riconoscervi un profilo di testa umana assai bene abbozzato, ornato d’una abbondante capigliatura […] Altri ancora, come lo Zamboni, lasciano scorgere, dietro il profilo d’uomo, un’immagine di
fanciulla baciata dal detto profilo. Vi è certo un po’ di immaginazione. Tuttavia, alla prima occasione, guardate il nostro satellite con il binocolo, qualche giorno dopo il primo quarto, e non mancherete di riconoscervi il profilo mascolino di cui parlo, e di divinarvi pure “il bacio della Luna”.
Si tratta di parole proposte dall’astronomo parigino in modo velatamente intrigante a un pubblico femminile
di fine 800, epoca della pubblicazione, ma che riassumono, sebbene in modo un po’ colorito, le diverse modalità d’interpretare i segni presenti sulla superficie visibile del nostro satellite naturale. Sarà lo stesso
Flammarion a condurre uno studio ben più strutturato sul tema coinvolgendo i membri della Société Astronomique de France e pubblicato in un numero di “L’Astronomie” del 1900, dove raccolse e commentò ben
58 diverse rappresentazioni del disco lunare.
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Il richiamo fatto da Flammarion su Filippo Zamboni non può non incuriosire, così ho ritenuto doveroso proporre anche il suo breve racconto dal titolo “Il bacio della Luna”, pubblicato nel 1912 e citato anche da Italo
Svevo nel suo libro “La coscienza di Zeno”:
Immagine dalla copertina del
racconto “Il bacio della Luna” di
Filippo Zambini. E’ interessante
notare come l’autore del disegno
abbia
posto
attenzione
nell’inserire il cratere Tycho.
“È plenilunio. Prendete un binoccolo, e dato uno sguardo a codesto disegno
della luna, andate accomodando all’occhio vostro le lenti col girare le canne, e poi fatevi a considerare il vero disco nel cielo.
Chi è miope, abbia un binoccolo da campagna. Un cannocchiale astronomico guasterebbe ogni cosa, dissolvendo le macchie in un bucherato di crateri
e sferici valloni.
Dividendo egualmente il tondo della luna dall’alto in basso, voi senza grande
lavorio della fantasia, coglierete nel mezzo campo alla vostra diritta il vasto
profilo della testa capelluta dell’uomo, rivolto a sinistra; il suo collo possente, parte del gran petto e sovresso quella lucentissima stella. Il tutto tiene e
riempie mezza la luna a destra. All’opposto semicerchio rileverete la rotonda
testina della donna, ricoperta per metà dal profilo dell’altro. Essa è di faccia, un po’ inclinata, perduta in un mar di capelli. Di lei si scorge l’occhio,
la guancia e un filo de’ labbri avvicinati ai labbri di lui.
Secondo stagione, secondo le condizioni atmosferiche, secondo le ore, secondo le posizioni lunari, le fasi, la librazione, la latitudine del luogo di osservazione, l’altichiomata testa virile, parrà più o meno piegata o rivolta
all’insù; ond’anche la sua compagna necessariamente la seguirà; venendo
ad esserle in apparenza o alquanto più sottoposta, o più soprastante. I pleniluni più belli sono quelli d’estate.
Il più glorioso, quello d’agosto. I meno artistici, d’inverno. Il momento più propizio al riguardare, e quando la luna
sorge grande e vaporosa dall’orizzonte; specialmente quando la sua aurora è dal mare; ovvero se è velata da lievissime nuvole, siccome da un alito che appanna il suo terso argento; o quando la luna già altissima in pieno cielo, splende
di tutta una luce armoniosamente diffusa.
Il più glorioso, quello d’agosto. I meno artistici, d’inverno. Il momento più propizio al riguardare, e quando la luna
sorge grande e vaporosa dall’orizzonte; specialmente quando la sua aurora è dal mare; ovvero se è velata da lievissime nuvole, siccome da un alito che appanna il suo terso argento; o quando la luna già altissima in pieno cielo, splende
di tutta una luce armoniosamente diffusa.[…]”
(Quello proposto è solo un estratto del racconto, che può essere letto integralmente su
http://it.wikisource.org/wiki/Il_bacio_nella_Luna/Modi_per_trovare_le_due_teste)
Altri popoli, altre culture e altre figure nella Luna
Le immagini fin qui commentate appartengono alla cultura europea, ma altri popoli hanno proiettato nella
Luna figure da noi poco conosciute. I pellerossa Jicarilla, appartenenti alla grande famiglia degli Apache orientali, narrano il mito di un cuore di pesce che sta sulla Luna che si può riconoscere tra le zone con diversa
gradazione della superficie lunare. Gli Aztechi, invece, nelle macchie lunari scorgevano l’immagine del coniglio scagliato contro la Luna dagli dei per differenziarla dal Sole. Lo stesso animale si trova anche nella
tradizione cinese e giapponese, dove la pareidolia lunare lo rappresenta seduto sulle zampe posteriori mentre
sta utilizzando un pestello da cucina.
Il coniglio intento a lavorare con il pestello secondo le rappresentazioni che ne fanno le tradizioni del folklore cinese e giapponese
I musulmani sciiti intravedono nei chiaro-scuri della superficie lunare leggono il nome di Hazrat Ali
Ibne-Abi Talib (figlio di Maometto), secondo una interpretazione ha radici in diversi hadith di Maometto che paragona se stesso al sole ed Ali alla Luna. Ci sono anche altre analoghe interpretazioni
esoteriche di questo nella filosofia islamica.
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