l`enigma del "vulcano di grantola"

16/10/2014
L'ENIGMA DEL "VULCANO DI GRANTOLA" - CUGLIATE F., CUNARDO, GRANTOLA
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L'ENIGMA DEL "VULCANO DI GRANTOLA" - CUGLIATE F., CUNARDO, GRANTOLA
CAVE E
MINIERE
LE TRACCE
DEL
LAVORO
NATURA
TRA VERDE
E ACQUE
LA TERRA
RACCONTA
LA SUA
STORIA
La zona tra Grantola e Fabiasco fu oggetto di indagine geologica sin dalla fine del Settecento. Diversi
geologi, alcuni dei quali godevano all'epoca di fama internazionale, effettuarono dei sopralluoghi nella
zona fra Cunardo, Grantola e Cugliate Fabiasco, dopo che il naturalista francese Louis Benjamin Fleuriau de
Bellevue, ipotizzò l'esistenza di un vulcano estinto nei pressi di Fabiasco.
In particolare, ciò che destò la curiosità dei geologi, era la composizione e la natura della roccia che
compone i monti di Castelvecchio. I diversi sopralluoghi, susseguitisi fra fine Settecento e il primo quarto
dell'Ottocento, diedero luogo ad un vero e proprio dibattito fra studiosi, schierati tra coloro che
attribuivano alla zona una presunta origine vulcanica e chi invece escludeva, più o meno nettamente, tale
ipotesi.
Di fatto, ancora nel 1869, Gaetano Negri ed Emilio Spreafico ricordavano l'importanza della zona "essendo
[stata] nei primordi della scienza, il campo delle più vive battaglie tra nettunisti e plutonisti"
Negri G., Spreafico E., Saggio sulla geologia dei dintorni di Varese e Lugano in Memorie del Reale Istituto
lombardo di Scienze Lettere ed Arti, s. 3., v. 11, fasc. 2, Milano 1869.
Museo dei
fossili Besano
Un fondamentale aiuto nella ricostruzione storica della vicenda sul "vulcano di Grantola" è rappresentato
dalla minuta di una lettera manoscritta inedita e non datata, scritta dall'abate Carlo Amoretti e conservata
presso l'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere di Milano, dal titolo "Ragguaglio della letteraria quistione tra il
Prof. Pini ed il Sig. Fleuriau de Bellevue intorno quel vulcano".
Antro delle
gallerie Induno O.
Fleuriau de Bellevue non pubblicò nulla sulla supposta natura vulcanica dei monti intorno a Grantola e
questo documento fornisce informazioni molto preziose sulle idee del francese ricavabili, ancora oggi,
solo attraverso la lettura delle parole di Amoretti.
L'enigma
del "vulcano
di Grantola"
- Cugliate F.,
Cunardo,
Grantola
Sasso di Bol
- Marzio
Museo
Insubrico di
storia
naturale Clivio,
Induno O.
L'INCANTO
DELLE VILLE
DI DELIZIA
ITINERARI
NELLA FEDE
INSOLITI
SEGNI
D'ARTE
LA LINEA
CADORNA
GUSTO
LIBERTY IN
VALLE
SAPORI DI
LAGO E DI
MONTI
PEDALANDO
NEL
PIAMBELLO
"Il Sig. Fleuriau nulla volle dare al pubblico, ma si contentò di esporre in pochi foglietti ms [manoscritti] le sue
ragioni, e dienne copia ad alcuni suoi amici, fra i quali compiacquegli di me pure annoverare."
(Dal manoscritto inedito "Ragguaglio della letteraria quistione tra il Prof. Pini ed il Sig. Fleuriau de Bellevue
intorno quel vulcano", pag. 2v).
Frontespizio del manoscritto
di Amoretti "Vulcano di
Grantola nell'Alto Milanese",
Fondo Carlo Amoretti, Tit. XI,
Foglio 21, Istituto Lombardo di
Scienze e Lettere – Milano.
Il Monte di Castelvecchio,
sulla cui cima Fleuriau de
Bellevue ipotizzò l'esistenza
del cratere del vulcano.
Nel ripercorrere le tappe del dibattito sul presunto vulcano di Grantola, Amoretti affermava che fu
Ermenegildo Pini, "delegato alle miniere", il primo geologo che esaminò
"que' monticelli o tumuli che stanno in Valcuvia fra Grantola, Fabiasco e Cunardo sia per la forma loro
particolare che per la qualità del sasso di cui sono composti."
(ibidem, pag. 1r).
Amoretti così proseguiva nel racconto:
"Vide il sig. Bellevue nel ricco gabinetto di storia naturale del P. Pini alcuni pezzi del sasso nero [...], e udito che
erano de' nostri monti argomentò che in quel luogo fossevi un vulcano estinto, tosto andovvi e tornonne colla
intima persuasione di aver colà veduti chiari indizi di un volcano antichissimo."
(ibidem, pag. 1v).
Una faggeta che si sviluppa a
Grantola, lungo i sentieri
percorsi dai geologi tra
Settecento e Ottocento.
Dopo un primo sopralluogo nella zona intorno a Grantola, Fleuriau de Bellevue tornò ancor più convinto
della sua supposizione ed Amoretti spiegava le ragioni di una così forte convinzione:
"L'aspetto de' monticelli, il sasso non stratificato in alcun modo, pieno di buchi come le terre vitrificabili al fuoco,
il nome stesso d'un di que' dossi, che dicesi monte bruciato, la facilità che ha a fondersi alla cannetta il sasso
vitreo, la somiglianza di tutte queste proprietà co' sassi di Volcani estinti di Francia e d'Italia che il Sig. Fleuriau
aveva esaminato insieme all'Ill. Dolomieu assicuravano, secondo lui, l'esistenza d'antico vulcano."
(ivi).
Per ciò che concerneva il particolare sasso che si rinveniva nei pressi di Grantola, Cunardo e Fabiasco,
"Il sig. Fleuriau vuol che sia lava, e dice la Lava vitrea"
(ibidem, pag. 1r).
Con tutta probabilità, i foglietti con le idee di Bellevue, di cui parla Amoretti, giunsero in mano ad altri
studiosi, che, in diversi casi, non tardarono a replicare al naturalista francese.
Il primo a controbattere le affermazioni di Fleuriau de Bellevue fu proprio Ermenegildo Pini che, dopo aver
nuovamente visitato la zona asserì che:
"Da alcune osservazioni però, che di passaggio feci allora sopra luogo, [...] riconobbi che tale sospetto [che
qualche vulcano abbia esistito in quelle vicinanze] era senza fondamento."
(Pini E., Di alcuni fossili singolari della Lombardia austriaca, e di altre parti d'Italia, Marelli, Milano 1790, pag.
11).
Profilo geologico della zona
compresa tra Varese e Ponte
Tresa. Particolare tratto dalla
Carta di tipo geognostica de'
Terreni che osservansi in posto
tra il lago d'Orta e il lago di
Lugano e nei loro dintorni, del
celeberrimo Barone Leopoldo
de Buch, col consenso di Lui,
ricorretta sui luoghi stessi.
Notizia comunicata dal dotto
Clao Giuseppe Malacarne a S.
M. p., Milano 1829.
"[...] Io ricercai diligentemente se si trovassero nei contorni di Grantola pomici, o vetri o crateri; ed a tal fine girai
http://www.cmpiambello.it/index.php?option=com_content&view=article&id=131%3A3AL%27enigma-del-vulcano-di-grantola&catid=8&Itemid=75&lang=it
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"[...] Io ricercai diligentemente se si trovassero nei contorni di Grantola pomici, o vetri o crateri; ed a tal fine girai
tutto quel circondario nel circuito di circa sei miglia [...]. Ma niente trovai di ciò che io ricercava, anzi mi risultò
quella costituzione di monti, che è del tutto aliena dall'esser vulcanica."
(ibidem, pag. 15).
Il particolare "sasso" che Bellevue aveva chiamato lava vitrea, venne invece definita, da Pini, porfido vitreo:
quest'ultimo, però, secondo lo studioso, non poteva essere collegato ad un'origine vulcanica:
Olio su tela raffigurante
Fleuriau de Bellevue.
"In tali escavazioni io non tardai a riconoscere, che il Porfido vitreo non può essere vulcanico."
© Muséum d'Histoire
Naturelle de La Rochelle.
(ibidem, pag. 23).
"Rimane per tanto costante che il Porfido vitreo non ha i caratteri né di vetro vulcanico, né di Basalte, né di una
Lava qualunque; altronde esso ha i componenti del porfido, e trovasi tra altre materie decisamente porfiritiche,
ed in una regione, in cui niente appare di vulcanico."
(ibidem, pag. 34).
Le conclusioni di Pini furono nette e non sembrarono lasciar spazio ad ulteriori considerazioni:
"Dalle cose finora esposte vuolsi conchiudere, che nei siti, ove trovasi il descritto Porfido vitreo, niente avvi di
vulcanico."
(ibidem, pag. 46).
Ritratto di Ermenegildo Pini.
Da: Pini E., Dell'architettura:
dialoghi, Stamperia
Marelliana, Milano 1770.
La controversia rimaneva al momento irrisolta e neppure il celebre Déodat de Dolomieu, geologo ed
ispettore del Corps des mines, che durante il suo viaggio nelle Alpi lombarde ebbe occasione di visitare
Grantola, fu di aiuto alla soluzione della questione. Egli osservò sul luogo, la "situazione singolare di alcune
sostanze", senza però specificare né quali fossero le sostanze né, tanto meno, la situazione:
"L'examen des circonstances locales m'a presque laissé dans la meme indecision où m'avaient mis les écrits des
deux contendans;et quoique quelques raisons (fournies plutot par la difficultè d'expliquer, autrement que par
l'action des volcans, la situation singulière des certains substances et leur aspect équivoque, que par des
caracteres vraiment distinctifs) me fassent croire que la balance doit pencher en faveur du francais, je n'oserais
prononcer un jugement formel, tant est difficile la decision de quelques problemes geologique, quoique tout ce
qui les concerne soit circonscrit dans un petite espace; tant les produits de l'eau ont quelquefois de rapports avec
ceux modifes par les agens volcaniques, tant sont mystérieux et équivoques les procédés par la nature pour la
constitution de certaines contrées; et tant enfin sont variés les effets de ses operations successives."
Dolomieu D., Rapport fait à l'Institut national, par le Citoyen Dolomieu, Ingénieur des mines, sur ses voyages de
l'an V et de l'an VI in "Journal des mines", n° 41 – 1797, pag. 391.
TRAD: L'esame delle circostanze locali mi ha lasciato quasi nella stessa indecisione in cui mi avevano posto
gli scritti dei due contendenti; e, sebbene alcuni aspetti (rappresentati dalla difficoltà di spiegare,
diversamente che dall'azione dei vulcani, la particolare situazione di alcune sostanze ed il loro aspetto
equivoco, piuttosto che da caratteri realmente distintivi) mi facciano credere che l'equilibrio dovrebbe
pendere a favore del francese, non oserei esprimere un giudizio, in quanto è difficile decidere in merito ad
alcune questioni geologiche, anche nel caso in cui quanto le riguarda sia circoscritto in un piccolo spazio;
come i prodotti d'acqua a volte hanno rapporti con quelli modificati dagli agenti vulcanici, così sono
misteriosi e ambigui i procedimenti utilizzati dalla natura per la formazione di alcune regioni, e infine,
altrettanto diversi sono gli effetti delle sue opere successive.
Nel 1801, Carlo Amoretti, nella seconda edizione del suo "Viaggio da Milano ai tre laghi" tornò sulla
questione e riassunse la disputa sul "Vulcano di Grantola", che faceva anche da titolo a pagina 131 del
testo. Attraverso le sue parole, tese all'imparzialità storica, era possibile risalire a diverse affermazioni di
Bellevue, che avevano dato avvio alla questione.
Nel 1807, si aggiunsero nuovi elementi nel dibattito: Giuseppe Gautieri, naturalista e membro della
commissione miniere e foreste del Regno d'Italia, dopo aver visitato, per ben due volte, la zona di
Grantola e dintorni, pubblicò un ricco studio di 77 pagine, interamente dedicato alla questione dal titolo
"Confutazione della opinione di alcuni mineraloghi sulla volcaneità de' monticelli collocati tra Grantola e
Cunardo nel Dipartimento del Lario".
Dopo attente analisi Gautieri non ravvisò indizi sufficienti al fine di comprovare l'origine vulcanica di questa
parte di rilievi prealpini e, nel suo lavoro, confutò, passo per passo attraverso numerose argomentazioni,
le congetture di coloro che si erano espressi a favore dell'origine vulcanica dei monti di Grantola. Del
resto, Gautieri dimostrò di non aver alcun timore reverenziale nei confronti degli studiosi che, all'epoca,
godevano di grande autorità.
"Non è perciò vero un paradosso, perché taluno, ed anche la pluralità, lo crede per verità. Siamo in tempi ne'
quali la Filosofia è finalmente giunta a giustificare il predominio della ragione su quello della autorità."
Carlo Amoretti. Da: Viaggio
da Milano ai tre laghi:
Maggiore, di Lugano e di
Como e ne' monti che li
circondano, Silvestri, Milano
1824, VI ediz.
Litografia raffigurante
Leopold von Buch, conservata
presso la Pinacoteca Repossi
di Chiari (BS). Da
LombardiaBeniCulturali.it
Scipione Breislak. Da Catalogo
multimediale per la
valorizzazione e la diffusione
del patrimonio storico
scientifico - Università di
Napoli Federico II.
(Gautieri G., Confutazione della opinione di alcuni mineraloghi sulla volcaneità de' monticelli collocati tra
Grantola e Cunardo nel Dipartimento del Lario, Silvestri, Milano 1807, pag. 10).
Le confutazioni di Gautieri erano puntuali ed accurate: l'idea di Bellevue, secondo il quale l'assenza di
vegetazione sui monti di Grantola era prova dell'origine vulcanica, venne così contestata:
"La nudità de' monticelli è tanto mal sicura garante della volcaneità loro. [...] È infatti noto, che l'Etna, li volcani
stessi dell'Assia, e li contorni del Vesuvio sono ricchi di vegetabili, poichè le lave decomposte sono, generalmente
parlando, attissime per la vegetazione, e perciò fertilissime."
(ibidem, pag. 11).
Ancora, secondo Gautieri, contrariamente a quanto supponeva Bellevue, neppure i toponimi delle località
Campione di porfido
prelevato da un affioramento
nei boschi di Grantola.
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Ancora, secondo Gautieri, contrariamente a quanto supponeva Bellevue, neppure i toponimi delle località
erano necessariamente attribuibili all'origine vulcanica della regione:
"Monte brugiato non ebbe, cred'io, per altro motivo un tal nome, se non se o perché vi è, siccome progetta Pini,
intervenuto alcuno di quegl'incendj di boschi, che alle montagne sono frequenti."
(ibidem, pag. 13).
Gautieri, nell'esposizione del suo pensiero, non mancò neppure di rivolgere una critica metodologica ai
due studiosi francesi:
"Li monticelli sono bensì composti di un consimile sasso, ma esso non è ivi bucherato, o tutt'al più lo è soltanto
alla superficie, e ne' pezzi staccati. [...] Dichiarar volcanico un sasso senza averne veduto la sua derivazione, ove
grande dovea gia da per se cadere il dubbio sulla sua natura, e formazione? Che n' dirà la fede comune? [...]
Chi avanzò questa proposizione scordossi in quell'istante e delle regole della sana logica, e degli obblighi del
Geognosta, il quale da un qualche pezzo staccato conchiuder non deve alla struttura, alla qualità, e natura della
montagna."
Affioramento porfirico lungo
un sentiero, Grantola.
(ibidem, pagg. 15-16).
Numerosi altri geologi ripresero, all'interno delle loro opere, la questione sul cosiddetto vulcano di
Grantola: Johann Gottfried Ebel, ad esempio, nel suo Manuel du voyageur en Suisse del 1811, nel trattare
delle colline dei dintorni di Grantola e delle rocce che le compongono, si uniformò interamente al parere
di Pini e Gautieri.
Il mineralogista francese François Sulpice Beudant visitò Grantola nel 1817, così come dichiarava nella sua
opera. Beudant, che attestò l'appartenenza del sasso denominato dal Pini "porfido vitreo" - che in sostanza
si dimostrava una retinite - alla formazione del grès rosso, in una nota, espresse la sua opinione in merito
alla discussione sui colli di Grantola, la cui origine non era, secondo lui, da attribuirsi a vulcano:
Particolare dell'affioramento.
"Je ne partage pas l'opinion de M. Fleuriau de Bellevue, par les raisons que je rapporte ici en text: mais son
mémoires n'en est pas moins d'un grand intéret, parce qu'il se divise naturellement en deux parties, l'une
descriptive, l'autre systématique. Il n'est pas étonnant que dans cette dernière l'auteur ait pris l'opinion d'une
origine ignée puisqu'il sortait des pays éminemment volcaniques et qu'à cette époque on ne connaissait pas
encore d'autres localités où l'on rencontrat des produits vitreux dans un ordre de terrain sur lequel on puisse
élever quelque doute."
(Beudant F. S., Voyage minéralogique et géologique en Hongrie pendant l'année 1818: relation historique, tomo
II, Verdière, Paris 1822, pagg. 590-591).
TRAD: Non condivido l'opinione di M. Fleuriau de Bellevue, per le ragioni che riporto qui nel testo: ma le
sue memorie sono di grande interesse, perché si dividono naturalmente in due parti, l'una descrittiva,
l'altra sistematica. Non è sorprendente che in quest'ultima l'autore abbia espresso il parere di un'origine
ignea dal momento che lui visitò dei paesi vulcanici e che a quell'epoca non si conoscevano ancora altre
località presso cui si incontravano dei prodotti vetrosi in un ordine di terreno sul quale si può sollevare
qualche dubbio.
Leopold von Buch dichiarò di accettare le idee di Fleuriau de Bellevue circa l'origine eruttiva dei porfidi di
Grantola e Cunardo, ma negò che essi fossero stati prodotti da vulcani recenti. Nel breve commento che
accompagnava la prima carta geologica della regione compresa tra i laghi d'Orta e di Lugano, egli
propose anzi un'ipotesi alternativa sull'orogenesi del luogo:
"La collina di Grantola scorgesi composta di masse incoerenti di un tufo analogo molto a quello che suole
spessissimo accompagnare le rocce sollevatesi in massa dal seno della terra; e tale debb'essere appunto l'effetto
necessario dello sfregamento di così fatte masse emergenti contro le pareti delle rocce che fu ad esse forza di
traversare; ma non può certo esserlo mai d'una, ivi al tutto gratuitamente supposta, eruzione vulcanica."
(Von Buch L., Carte géologique du Terrain entre le lac d'Orta et celui de Lugano, par M. Léopold de Buch; ossia
Tipo geognostico del Terreno (I) che sta in posto tra i due laghi d'Orta e di Lugano, del signor Barone
Leopoldo De Buch. Notizia comunicata dal dottor Claro-Giuseppe Malacarne, 1829, pag. 5).
E ancora:
"Le colline di Grantola e di Cunardo non sono dunque da ritenersi come prodotte da un vulcano"
(ibidem, pag. 8).
Scipione Breislak, nel 1838, in un articolo apparso nelle Memorie dell'Imperiale Regio Istituto del Lombardo
Veneto, propose un sunto storico della controversia sul vulcano, senza però esprimere la propria opinione.
Il geologo rimaneva, però, pur sempre, "inclino a credere che i conglomerati più antichi della nostra contrada
si debbano riferire alla formazione del gres rosso" (pag. 69), uniformando il suo pensiero alle idee di
Beudant.
Negri e Spreafico si allinearono con l'idea secondo cui la roccia che si rinveniva tra Grantola e Cunardo,
fosse, effettivamente, un porfido:
"In alcuni punti del colle da Cunardo a Grantola, si frappongono in essi [porfidi] degli strati di una retinite vitrea,
nerissima, rilucente, la quale, quando è da molto tempo esposta all'azione atmosferica, si rivela sparsa di minuti
e gialli cristallini, la roccia appunto che veniva denominata dal Pini porfido vitreo."
(Negri, Spreafico, Saggio sulla geologia dei dintorni di Varese e di Lugano in Memorie del Reale Istituto
lombardo di scienze e lettere, vol. X - I della III serie- Bernardoni, Milano 1867, pag. 12).
In conclusione si può affermare che Pini e Gautieri fossero contrari rispetto all'opinione di un'origine
vulcanica del sasso in questione; in particolare il pensiero dei due sembrava vicino alle ipotesi nettuniste,
secondo cui le rocce in generale, e dunque anche i porfidi di Grantola, avrebbero avuto origine dalla
sedimentazione delle acque marine. Ebel e Beudant erano nella sostanza d'accordo con Pini e Gautieri
anche se nessun nuovo elemento venne aggiunge al dibattito da parte dei primi.
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anche se nessun nuovo elemento venne aggiunge al dibattito da parte dei primi.
Breislak, nella sua opera postuma non osò esprimersi in modo definitivo sulla questione anche se era
tuttavia incline alle idee plutoniste e definiva gli affioramenti di Grantola come rocce di aggregazione
(conglomerati) appartenenti al gres rosso. Secondo lui il materiale che Pini aveva definito porfido vitreo
era in realtà una retinite.
Von Buch era anch'egli convinto dell'origine eruttiva dei porfidi di Grantola, che individuava come causa del
sollevamento della catena delle Alpi.
Da recenti sopralluoghi effettuati nella zona, è emersa la presenza di diversi affioramenti che possono
essere ricondotti a rocce ignee ipoabissali (o sub-vulcaniche), ossia formatesi a debole profondità nella
crosta terrestre.
I litotipi affioranti, classificabili come "porfidi", appartengono senza dubbio alla serie vulcanico-intrusiva
permiana nota come "Formazione porfirica del Varesotto" e, se da una parte provano l'avvenuta attività
magmatica nella zona, non necessariamente indicano la presenza di antichi vulcani attivi in loco.
I porfidi hanno infatti origine dalla cristallizzazione lenta, in ambiente intrusivo, dei fenocristalli a cui segue
un raffreddamento veloce dovuto allo spostamento del magma in via di raffreddamento solo verso la
superficie terrestre o in prossimità di questa.
In conclusione, nessun affioramento nella zona di Grantola e' riconducibile ad attività vulcanica (né di tipo
esplosivo né effusivo); nonostante, come più volte sottolineato, il Varesotto fosse in età permiana sede di
vulcanismo attivo, l'area investigata era dominata da attività magmatica di tipo sub-vulcanico.
PER APPROFONDIRE
Pini Ermenegildo, Di alcuni fossili singolari della Lombardia austriaca e di altre parti dell'Italia: memoria
nella quale trattasi pure di un Vulcano supposto nella Lombardia medesima, Marelli, Milano 1790.
de Dolomieu Deodat, Rapport fait à l'Institut National par le Citoyen Dolomieu, Ingénieur des mines, sur
ses voyage de l'an V et de l'an VI, in "Journal des Mines", n. 41, pp. 385-432, Imprimerie de la
Republique, Paris 1798.
Amoretti Carlo, Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne' monti che li
circondano, Galeazzi, Milano 1801, II ediz.
Gautieri Giuseppe, Confutazione della opinione di alcuni mineraloghi sulla volcaneità de' monticelli collocati
tra Grantola e Cunardo nel Dipartimento del Lario, Silvestri, Milano 1807.
Ebel Johann Gottfried, Manuel du voyageur en Suisse, tomo III (G-M), seconda ediz., Orell, Zurigo 1805.
Ebel Johann Gottfried, Manuel du voyageur en Suisse, tomo IV (P-Z), seconda ediz., Orell, Zurigo 1811.
Beudant François Sulpice, Voyage minéralogique et géologique en Hongrie pendant l'année 1818: relation
historique, tome I, Verdière, Paris 1822.
Von Buch Leopold, Carte géologique du Terrain entre le lac d'Orta et celui de Lugano, par M. Léopold de
Buch; ossia Tipo geognostico del Terreno (I) che sta in posto tra i due laghi d'Orta e di Lugano, del signor
Barone Leopoldo De Buch. Notizia comunicata dal dottor Claro-Giuseppe Malacarne, 1829.
Breislak Scipione, Osservazioni sopra i terreni compresi tra il lago Maggiore e quello di Lugano alla base
meridionale delle Alpi in "Memorie dell'Imperiale Regio Istituto del regno Lombardo Veneto", vol. V, pp.
31-186, Imperiale Regia Stamperia, Milano 1838.
Negri Gaetano, Spreafico Emilio, Saggio sulla geologia dei dintorni di Varese e di Lugano, in "Memorie
del Reale Istituto Lombardo", vol. 11 (II della III serie), Bernardoni, Milano 1870.
Candela Andrea, Alle origini della terra: i vulcani, le Alpi e la storia della natura nell'età del viaggio
scientifico, Insubria University Press, Varese 2009.
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