Fascismo
Alcune interpretazioni
Le periodizzazioni
Il fascismo è una storia complessa
• Esistono
molte
interpretazioni
periodizzazioni del fascismo.
e
– Vediamo una periodizzazione classica: 19191922; 1922-1925; 1925-1936; 1937-1939;
1940-1943; 1943-1945
– Vediamo alcune interpretazioni classiche
Le periodizzazioni
Adotteremo questa partizione:
1922-1929: costruzione
1929-1936: stabilizzazione e consenso
1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
Le interpretazioni
• Perché si parla per il fascismo di un “Totalitarismo
imperfetto”
–
–
–
–
Il ruolo della chiesa e dell’associazionismo cattolico
Il concordato
Il ruolo della monarchia
Lo statuto albertino e gli “inserti” dello stato fascista
• regime reazionario di massa, dittatura moderna?
• Fascismo parentesi; Fascismo regime di classe;
paradigma antifascista resistenziale
• Sono alcune chiavi di lettura dalle quali deriva il giudizio
storico sul regime italiano.
Le interpretazioni
LE INTERPRETAZIONI CLASSICHE: tra il 1922 e il 1928 videro la luce
alcuni lavori i cui autori si ripromettevano di uscire dall'ambito della
cronaca e della polemica politica per delineare i caratteri di fondo
della rivoluzione fascista e le ragioni storiche che avevano portato
l'Italia verso un regime autoritario:
• P. Gobetti (La rivoluzione liberale, 1924),
• L. Salvatorelli (Nazionalfascismo, 1923),
• il nazionalista A. Lanzillo (Le rivoluzioni del dopoguerra,
1922),
• G. Dorso (La rivoluzione meridionale, 1924), P. Nenni
(Diciannovismo, 1927),
• I. Bonomi (Dal socialismo al fascismo, 1924)
• L’esule cattolico democratico F.L. Ferrari (Le régime fasciste
italien, 1928)
• A. Gramsci (soprattutto le Tesi di Lione e gli scritti pubblicati
sull‘ “Ordine nuovo”, poi raccolti in Socialismo e fascismo,
1966).
(A. De Bernardi)
Le interpretazioni
Nei lavori di questi intellettuali militanti si ritrovano alcuni
dei temi fondamentali delle interpretazioni classiche delle
origini del fascismo che poi, dopo la caduta del regime,
caratterizzarono la ricerca degli storici di professione:
– il fascismo come prodotto della crisi morale dell'Italia liberale a
seguito degli sconvolgimenti prodotti dalla prima guerra
mondiale;
– il fascismo come esito delle anomalie e dei ritardi del processo di
unificazione nazionale;
– il fascismo come risultato dello scontro tra le classi sociali,
funzionale al rafforzamento del dominio capitalistico;
– il fascismo come fenomeno piccolo-borghese, espressione delle
convulsioni sociali dei ceti medi travolti dalla crisi postbellica.
Le interpretazioni
“Fascismo parentesi”
•
B. Croce, negli articoli raccolti poi in Per una nuova Italia. Scritti e
discorsi (1943-1944), formulava la tesi del fascismo come “malattia
morale”, tesi che divenne punto di riferimento fondamentale per tutte
le interpretazioni non marxiste e radicali della dittatura.
•
In questa chiave il fascismo viene visto come una “parentesi”,
l'irruzione improvvisa del male nella storia dell'Europa sconvolta
dalla guerra e da conflitti irriducibili.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Esiste una continuità tra questi primi tentativi di analizzare le ragioni
del successo di un movimento reazionario che si era impossessato
con la forza del potere e sembrava in grado di mantenerlo, e i
successivi studi.
•
Grande fortuna ebbe la tesi salvatorelliana del fascismo come
espressione della mobilitazione della piccola borghesia, immiserita
contro le due classi allora egemoni, la grande borghesia industriale
e finanziaria e il proletariato. Questo connotato sociale giustifica i
caratteri del movimento e del regime, reazionario e rivoluzionario a
un tempo: reazionario contro la classe lavoratrice e le ideologie
egualitarie di cui è portatrice, ma rivoluzionario rispetto all'ordine
sociale esistente imperniato sulla tutela degli interessi del grande
capitale.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Questa interpretazione si ritrova in opere diversissime tra loro:
ricorre in classici della storiografia antifascista come Nascita e
avvento del fascismo di A. Tasca (pubblicato all'estero nel 1938) e I
ceti medi di Pischel, scritta nell'immediato dopoguerra; ricompare
nell'elaborazione di un maestro della sociologia come G. Germani
(Autoritarismo, fascismo e classi sociali, 1975) e nelle ricerche di
uno storico marxista come F. Catalano (Fascismo e piccola
borghesia, 1979);
•
Costituisce la chiave interpretativa forte della monumentale biografia
di Mussolini (Mussolini, 1965-1990) con la quale R. De Felice si è
assunto il ruolo di massimo esponente del revisionismo storiografico
italiano.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Centrare come fa De Felice (anche in Le interpretazioni del
fascismo, 1969), l'attenzione sul nesso fascismo-ceti medi comporta
il rifiuto della tesi marxista tutta incentrata sul rapporto fascismoborghesia capitalista.
•
Infatti, fin da A. Gramsci il fascismo si configura nella riflessione
degli intellettuali marxisti come il regime attraverso il quale il grande
capitale agrario, industriale e finanziario riesce a sconfiggere la
mobilitazione delle classi lavoratrici e a imporre con la forza il
proprio controllo sul lavoro e la propria egemonia sull'intera società.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Il fascismo è dunque solo un regime reazionario (privo di qualunque
componente “rivoluzionaria”) ed è espressione degli interessi del
grande capitale e delle classi dirigenti borghesi.
•
Questa tesi attraversa la storiografia per oltre mezzo secolo, dalle
opere di P. Togliatti (Lezioni sul fascismo, 1935), di P. Grifone (Il
capitale finanziario in Italia, 1945), di G. Salvemini (Scritti sul
fascismo, 1961), a quelle di storici come E. Santarelli (Storia del
movimento e del regime fascista, 1967), G. Carocci (Storia d'Italia
dall'Unità a oggi, 1975), N. Tranfaglia (Dallo stato liberale al regime
fascista), G. Quazza (Resistenza e storia d'Italia, 1973), E.
Ragionieri (La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, volume IV,
1976).
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Questa storiografia (che molto deve alle intuizioni di Togliatti) ha
stentato a cogliere molte delle implicazioni contenute nella famosa
definizione del fascismo come regime reazionario di massa,
insistendo più sul concetto di regime reazionario che su quello di
regime di massa.
•
Nel carattere di massa Togliatti intravede la natura moderna della
dittatura, del tutto diversa dai regimi autoritari ottocenteschi;
•
il fascismo si configura dunque come un nuovo sistema politico
autoritario/totalitario chiamato a fare i conti con la società dominata
da questa nuova entità sociale composita rappresentata dalla
massa
omogeneizzata
dalla
tecnica,
dalla
produzione
standardizzata e dalla grande industria taylorista.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
RICERCA SOCIOLOGICA E NUOVE PROSPETTIVE:
– questi sono gli ambiti più che quelli storiografici, a confrontarsi con la
modernità dei regimi autoritari e totalitari europei tra le due guerre: da
H. Arendt (che nel saggio del 1951 Le origini del totalitarismo mette in
evidenza l'originalità dei nuovi totalitarismi fondati sulla pervasività del
controllo sociale delle masse atomizzate e sull'utilizzazione
spregiudicata dei nuovi mass media nella creazione del consenso), a R.
Bendix (Stato nazionale e integrazione di classe, 1967), a G.L. Mosse
(La nazionalizzazione delle masse, 1975), a Barrington Moore Jr. (con
l'ormai classico Le origini sociali della dittatura e della democrazia,
1971).
•
Ciò che accomuna questi studiosi è l'elaborazione della categoria
della modernizzazione, intesa come sintesi della natura e della
direzione del mutamento sociale all'interno di società toccate dai
processi di industrializzazione.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Il fascismo rappresenta, secondo questi studiosi, un esempio
emblematico di modernizzazione autoritaria, nella quale si realizza
una "mobilitazione dall'alto" delle masse e una crescita che non lede
la stabilità dei rapporti di potere, coerente con tutta la storia
dell'Italia postunitaria, nella quale l'industrializzazione, per i suoi
limiti intrinseci, non era stata in grado di promuovere un profondo
rinnovamento delle classi dirigenti e un'integrazione democratica dei
contadini e del proletariato urbano nella compagine dello stato.
•
Assumere il fascismo come regime in grado di promuovere un
autonomo processo di modernizzazione comporta spezzare uno
degli assiomi paradigmatici delle interpretazioni storiografiche
correnti, vale a dire l'incompatibilità tra sviluppo e dittatura, tra la
modernità, intesa come sviluppo delle forze produttive e come
crescita sociale, e l'affermazione di un regime totalitario come quello
imposto da Mussolini.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
L'apporto delle scienze sociali non si è fermato a queste
considerazioni.
•
Due grandi psicologi come E. Fromm e W. Reich, in due opere
fondamentali quali Fuga dalla libertà (1941) e Psicologia di massa e
fascismo (1934), riallacciandosi al tema della difficile ricollocazione
delle classi medie nella società di massa e delle nuove forme di
psicologia collettiva indotte dalla modernità, hanno messo in
evidenza come nelle società industrializzate si possano creare
ampie disponibilità da parte di interi gruppi sociali, privi di identità
ben strutturate, ad accettare sistemi politici autoritari e a sottostare
al potere assoluto di un capo carismatico.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
•
Il fascismo affonda quindi le sue radici in questi atteggiamenti
sostanzialmente distruttivi propri soprattutto della piccola borghesia:
nella paura della libertà, nelle insicurezze di masse di individui
sessualmente repressi, schiacciati da una morale pubblica e da
dinamiche familiari autoritarie, nella crescita costante dello “spirito
gregario” come alternativa alla distruzione del senso di
appartenenza che cementava le società tradizionali.
•
È in questo intreccio drammatico di pulsioni collettive e di conflitti
irrisolti, alimentato dall'irrompere della modernità che, in una società
ancora arretrata come l'Italia, trova spiegazione il consenso che
indubbiamente il regime di Mussolini acquisì negli anni Trenta,
piuttosto che nelle realizzazioni sociali ed economiche.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• I tradizionali paradigmi interpretativi di scuola liberale o
marxista sono dunque stati messi in discussione da
questo incontro con le scienze sociali, che hanno aperto
nuove prospettive di ricerca per quel che riguarda:
– l'organizzazione dello stato fascista, tema sul quale primeggiano
il lavoro di A. Aquarone, (L'organizzazione dello stato totalitario,
1965), di S. Cassese (La formazione dello stato amministrativo,
1974), di A. Lyttelton (La conquista del potere. Il fascismo dal
1919 al 1929, 1974) e di P. Pombeni (Partito nazionale fascista.
Demagogia e tirannide, 1984);
A. De Bernardi
Le interpretazioni
– la politica economica, sulla quale vanno segnalati gli studi di E.
Fano Damascelli (La "restaurazione antifascista liberista".
Ristagno e sviluppo economici durante il fascismo, 1971), di V.
Castronovo (La storia economica, in Storia d'Italia), di G. Toniolo
(L'economia dell'Italia fascista, 1980), di G. Sapelli
(Organizzazione, lavoro e innovazione industriale, 1978), di G.
Barone (Mezzogiorno e modernizzazione, 1988);
– la politica culturale, con i lavori di L. Mangoni (L'interventismo
della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, 1974), di E. Papi
(Fascismo e cultura, 1974), di M. Isnenghi (Intellettuali militanti e
intellettuali funzionari: appunti sulla cultura fascista, 1979), di G.
Turi (Il fascismo e il consenso degli intellettuali, 1980), di P.
Zunino (L'ideologia del fascismo, 1985).
A. De Bernardi