2011
Etica
dell’organizzazione in
sanità
a cura del Comitato per la pratica clinica di
Rovigo
Il documento affronta la complessa e attuale questione del rapporto tra etica e
organizzazione, partendo dal presupposto che un tale nesso acquista un valore
paradigmatico all’interno dell’organizzazione sanitaria, il cui fine – la salute –
rappresenta un bene tanto del singolo quanto della collettività.
Azienda ULSS 18 - Rovigo
25/03/2011
Etica dell’organizzazione in sanità 2
Comitato etico per la pratica clinica
Az. ULSS 18 - Rovigo
INDICE
p.
2
INTRODUZIONE
3
1. Principi e valori etici della legislazione in materia sanitaria
4
2. Le leggi di riforma
5
3. Alcune questioni legate ai servizi per la salute
3.1. I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
3.2. I Diagnosis Related Groups (DRG)
6
6
8
4. Spirito delle leggi e Governance
10
5. L’ Etica Organizzativa
5.1. I fondamenti
5.2. Le sfide etiche
5.3. Competenza etica
5.4. Etica organizzativa
5.5. Il bene dell’organizzazione
5.6. Fattori per la realizzazione di un’etica organizzativa
16
16
17
17
18
19
21
CONCLUSIONI
23
BIBLIOGRAFIA
24
Etica dell’organizzazione in sanità 3
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Az. ULSS 18 - Rovigo
6.
INTRODUZIONE
Il processo di aziendalizzazione, che sembrava dover dare l’impulso alla
modernizzazione in sanità, ha via via manifestato evidenti segnali di inadeguatezza e
insoddisfazione. Assieme a ciò, una generalizzata crisi delle risorse ha contribuito a produrre
alcuni esiti non previsti, che vanno da un eccesso dei carichi di lavoro e da una cronica
mancanza di tempo per curare le relazioni a una tendenza crescente a ricorrere alla medicina
difensiva e – paradossalmente – a una inappropriatezza delle prestazioni, fino alle
aberrazioni del sistema premiante e di carriera. Tali fattori stanno svuotando le motivazioni e
le energie degli operatori, con conseguenti effetti negativi sulla qualità di assistenza e cura.
Questa ricerca trova uno dei suoi motivi proprio nella crescente ed endemica difficoltà
degli operatori sanitari a svolgere il proprio lavoro con soddisfazione all’interno
dell’organizzazione sanitaria, divenendo questo perciò una vera e propria questione etica
cruciale, convinti come siamo che tanto la qualità e motivazione professionale degli operatori
sanitari che la qualità e la legittimazione sociale delle strutture sanitarie siano da ritenersi il
presupposto etico essenziale per rispondere alle attese, ridurre i rischi ed attenuare i conflitti,
in una parola, “lavorare bene” – soprattutto in considerazione delle garanzie che il sistema
sanitario, pubblico e privato, deve fornire ai cittadini.
L’organizzazione sanitaria è, come tutte le organizzazioni, una unità sociale
deliberatamente costruita per il raggiungimento di fini specifici. Essa quindi presuppone gli
elementi costitutivi del potere, degli obiettivi e dell’efficienza. Ciò comporta divisione del
lavoro, pluralità di programmi, sostituibilità del personale: tutti principi che a fatica collimano
con le istanze etiche presenti in chi è impegnato giornalmente nelle attività di cura e
assistenza.
Questo paradosso connaturato all’organizzazione sanitaria la rende assieme forte e
debole: forte, per il suo mandato intrinsecamente etico; debole, in quanto quest’ultimo è
presto soffocato da controspinte più o meno consapevoli, le quali sviluppano esigenze
trasversali, che talvolta diventano quelle predominanti. La realizzazione stessa di obiettivi
esclusivamente legati al contenimento della spesa sanitaria, per esempio, può determinare
delle scelte che hanno dirette conseguenze sull’organizzazione dei servizi e sul lavoro delle
persone. I processi prendono quindi una certa piega che può raggiungere esiti opposti agli
obiettivi del sistema di tutela della salute, l’organizzazione cessa di servire gli scopi primari e
diviene subordinata alle nuove istanze acquisite.
In questo senso, il presente lavoro del Comitato intende fornire il proprio
contributo per un’analisi critica dell’organizzazione sanitaria, attraverso un percorso che
vuole riportare al centro il fine autentico, indicando possibili strade attraverso cui
modellare e ri-modellare l’impegno quotidiano al servizio dei cittadini.
Il Comitato Etico per la
Pratica Clinica
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1. Principi e valori etici della legislazione in materia sanitaria
La salute è un diritto del singolo e, allo stesso tempo, un interesse di tutta la
collettivit{. Questi aspetti sono espressi nell’articolo 32 della Costituzione Italiana e si
traducono in un principio di solidarietà generale, che trova realizzazione nella partecipazione
da parte di ogni cittadino alla spesa sanitaria attraverso il pagamento di contributi e tasse.
Avere all’interno della nostra Carta costituzionale un articolo sul diritto alla salute è
servito a:
–
riconoscere l’esistenza di un diritto per tutti í cittadini,
ottenere dallo Stato un intervento finalizzato a prevenire e reprimere i danni
che all’organismo umano possono derivare dallo stato di malattia.
–
costituire il punto di riferimento per la creazione di un servizio sanitario
nazionale che garantisse l’assistenza sanitaria, senza alcuna esclusione.
–
Inoltre, l’art. 32 contiene altri tre principi di grande rilevanza.
a) La previsione della gratuità delle prestazioni agli indigenti, in forza dei principi di
solidarietà e di partecipazione che hanno ispirato poi l’istituzione del servizio sanitario
nazionale. Questo vuol dire che le prestazioni sanitarie sono assicurate anche a chi
non è in grado di pagarle e la partecipazione alla spesa sanitaria – attraverso la tassa
della salute – consente che nessuno sia escluso dall’accesso alle cure.
b) La tutela del soggetto e della sua volont{ nell’affermazione che nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge.
Tale principio mira a proteggere il diritto di autodeterminazione e, per alcuni soggetti
deboli, come i malati psichici, a impedire abusi e violazioni dei diritti fondamentali della
persona (diritto alla libertà o diritto a non vedersi rinchiudere in un manicomio senza
ragione).
c) La difesa della dignità umana, nello stabilire che la legge «non può in alcun caso violare i
limiti imposti dal rispetto della persona». Nessun atto sanitario può costituire una
limitazione all’integrit{ psicofisica. Questo principio è strettamente connesso alla tutela
di soggetti come i malati terminali ed è diretto a limitare il cosiddetto «accanimento
terapeutico».
L’attuazione dell’art. 32 ha avuto un percorso difficile.
Non tutti ritenevano che sussistesse un dovere dello Stato a intervenire e
organizzare un sistema di assistenza sanitaria e, per molti anni, il diritto alla salute è stato
considerato una norma programmatica e cioè una norma che conteneva l’indicazione di un
programma che sarebbe stato realizzato senza sapere, però, né come né da chi. Solo nel
1973 la Corte di Cassazione (sentenza n. 796) ha sancito la natura precettiva dell’articolo
e quindi un obbligo a carico dello Stato di predisporre tutti gli strumenti necessari a rendere
il diritto alla salute una realtà. La Cassazione riconobbe che «il bene salute era soprattutto
un diritto primario e assoluto del singolo». Nel 1979, anche la Corte costituzionale
(sentenza n. 30), confermando la sentenza della Cassazione, ribadì il principio, stabilendo,
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inoltre, che la lesione del diritto alla salute doveva essere comunque riparata in quanto danno
provocato a un diritto «tutelato dall’art. 32 non solo come interesse della collettività ma
anche come diritti primario che deve essere risarcito in caso di violazione».
All’articolo 32, vanno correlati gli articoli 2 e 3 della Carta Costituzionale, che
riguardano, rispettivamente, il riconoscimento e la garanzia dei diritti dell'uomo,
l'adempimento dei doveri di solidarietà e l'eguaglianza di tutti i cittadini, insieme
all'impegno della repubblica a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al pieno sviluppo
della persona umana.
Il fatto che sia possibile ricorrere alla tutela giudiziaria e amministrativa in caso di
lesione presso un giudice o presso un organo amministrativo rende la protezione della
salute non solo una mera enunciazione di un diritto, ma un «doveroso intervento dello Stato
diretto a realizzare un'organizzazione sanitaria adeguata alla necessità dei cittadini»
(Cassazione n. 3675 del 6 giugno 1981).
2. Le leggi di riforma
La legge di riforma sanitaria 833 del 1978 cerca di fare ordine in un quadro variegato,
che non assicurava l’uguaglianza.
Con la riforma sanitaria viene costituito il servizio sanitario nazionale (SSN) e sancita
l'eguaglianza delle prestazioni per tutti i cittadini. Secondo la legge di riforma, tutti i cittadini
hanno ora diritto a:
–
la medicina di base, la specialistica e la farmaceutica;
–
l’assistenza ospedaliera e integrativa.
Universalità dei
destinatari delle
prestazioni
Il rispetto della dignità e
della libertà della
persona umana
Eguaglianza di
trattamento di ogni
cittadino
Globalità delle
prestazioni
Partecipazione dei
cittadini
Educazione sanitaria e la
promozione della salute
I principi della riforma
La tutela sanitaria è destinata a tutta la popolazione senza distinzione di
condizioni e comprende anche gli stranieri.
Gli accertamenti sanitari trovano un limite nel rispetto da parte degli
operatori della dignità del malato e del suo diritto alla libera scelta del
medico.
Assicurando il diritto alle prestazioni sanitarie e superando gli
squilibri territoriali, mediante la costruzione di una rete di servizi su
tutto il territorio nazionale.
Il SSN deve occuparsi dalla salubrità dell'ambiente e dei luoghi di lavoro
alla prevenzione, alla tutela della maternità, alla salute degli anziani, ecc..
Da realizzare nella fase di programmazione del SSN, così da predisporre
interventi che tengano conto delle esigenze della popolazione (è un
principio che ha trovato adeguata attuazione solo con la riforma del
1992 e cioè con l'art. 14);
Mediante campagne d'informazione e di sensibilizzazione nelle scuole
e nei luoghi di lavoro, attuando interventi di igiene e profilassi, ecc..
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Con i Decreti legislativi n. 502 del 1992, modificato dal decreto legislativo n. 571 del
1993, ed il n. 229 del 1999, sono state attuate, rispettivamente, la “seconda” e la “terza”
riforma sanitaria.
Le novit{ più significative sono l’aziendalizzazione delle unit{ sanitarie locali e degli
ospedali, nonché la liberalizzazione controllata dell’offerta sanitaria in un mercato dove
operano aziende sanitarie sia pubbliche che private. Tuttavia, la logica aziendale non equivale
a perseguire la massimizzazione del profitto, ma consiste nell’applicazione delle conoscenze
disponibili per utilizzare razionalmente (sul piano tecnico, organizzativo ed economico)
risorse scarse per ottenere il massimo dei risultati possibili. Per le aziende tipicamente
sanitarie (pubbliche e private) la razionalità aziendale deve essere orientata a perseguire la
massimizzazione della tutela della salute poiché questo, e solo questo, è il fine di tali aziende.
Tuttavia, passando dai principi e dai criteri aziendali ai comportamenti reali, è
indubbio che, anche nella sanità, vi siano persone e aziende che antepongono ad una valida
risposta ai bisogni di salute l’obiettivo del pareggio del bilancio o quello del profitto. Va però
chiarito che questi comportamenti non sono la conseguenza del modello aziendale, ma della
sua errata interpretazione.
Riconfermata la realizzazione del diritto alla salute, si procede al completamento
del processo di regionalizzazione e aziendalizzazione, al potenziamento del ruolo degli
enti locali e alla definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Inoltre, vengono
messe a punto linee guida per monitorare l'appropriatezza delle prestazioni e si avvia il
processo per l'accreditamento delle strutture sanitarie. Sono pure introdotte delle novità
sul piano dei rapporti di lavoro per gli operatori.
3. Alcune questioni legate ai servizi per la salute
3.1.
I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
I LEA sono stati originariamente costituiti quali prestazioni sanitarie efficaci e
sicure, il cui scopo primario fosse quello di ristabilire la dignità e l'autonomia personali,
inclusa la capacità lavorativa, e pertanto erogati dall'autorità pubblica.
Nel 2001, si è proceduto a un'ulteriore definizione dei LEA e dei relativi sistemi di
monitoraggio, tramite il DPCM 29.11.2001 "Definizione dei livelli essenziali di
assistenza" e il DM 12.12.2001 "Sistema di garanzie per il monitoraggio dell' assistenza
sanitaria".
Nella loro attuale formulazione sembra essere invalsa una lettura riduttiva dei
LEA, come motivo per ridurre l'erogazione di servizi di tipo assistenziale (anziani, malati
cronici, tossicodipendenti, non autosufficienti). Conseguentemente, si va diffondendo soprattutto in alcune realtà sanitarie regionali, come quella lombarda - la distinzione tra
cure mediche (ad alto contenuto tecnologico), e quindi a copertura pubblica, e servizi
alla persona (ad alto contenuto di forza-lavoro) da lasciare alle famiglie e al volontariato.
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A margine poi della promulgazione della legge 3/2002 "Riforma del Titolo V della
Costituzione" e del DL 56/2000 sul federalismo fiscale (motivato da esigenze di
risanamento della finanza pubblica, di risoluzione del differenziale Nord/Sud del Paese e
di ridefinizione del confine tra pubblico e privato), di fatto si è aperta la strada al
federalismo sanitario.
Dal punto di vista etico, possiamo tracciare sinteticamente qualche
considerazione. Di positivo c'è che tramite i LEA si potrebbe esperire il tentativo di
omogeneizzare sul territorio l' assistenza sanitaria da erogare a carico del SSN; ricercare
l' appropriatezza degli interventi socio-sanitari per migliorare l' efficienza del sistema;
ottimizzare i percorsi diagnostico-terapeutici dal punto di vista organizzativo.
Rimangono, peraltro, aperte più questioni: la tentazione di stabilire quanta assistenza
dare, indipendentemente dal bisogno della collettività; assolutizzare l' ospedale quale
luogo assistenziale soltanto per problemi di salute acuti/gravi; far dipendere le
prestazioni coperte dai LEA solo/prevalentemente dalle risorse disponibili; favorire una
lettura economicistica del LEA e dell'appropriatezza.
Lo stesso monitoraggio dell' applicazione dei LEA, attuato attraverso determinati
"indicatori" (DM 12.12.2001), può trovare una sua giustificazione etica alla luce della
centralità della persona-paziente: come strumento (e non fine) del monitoraggio del
sistema sanità; quando consente di monitorare l'applicazione dei LEA in vista del
mantenimento del servizio e non di indebite riduzioni, sulla scorta della sola
minimizzazione dei costi; se permette di promuovere una corretta cultura
dell'appropriatezza degli interventi socio-sanitari sulla base del bisogno sociosanitario.
Si vorrebbe così sancire un passaggio storico da welfare state a welfare community,
che presuppone e si fonda sull'affidamento del governo socio-sanitario integrato a una
innovativa modalità di programmazione centrata sulla valorizzazione delle autonomie.
Il federalismo socio-sanitario funzionerebbe, pertanto, "a tre motori": Stato, Regioni,
Enti locali. E sono proprio questi ultimi a rappresentare l'elemento di novità,
propulsore della programmazione socio-sanitaria di comunità, attraverso i Piani di
zona, a loro volta espressione calibrata sui bisogni medici e assistenziali di una
particolare collettività.
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3.2.
I Diagnosis Related Groups (DRG)
È noto che il sistema di finanziamento della sanità basato sui DRG è stato
approntato negli USA (Fetter et al., 1988) nel tentativo di raggruppare entro categorie
omogenee le oltre 10.000 diagnosi contenute nella Classificazione Internazionale delle
Malattie o International Classification of Diseases, ICD, la cui ultima revisione è datata 1993
(WHO, 1993). Tale sistema ha costituito una "rivoluzione copernicana", dal punto di
vista della cultura medica, generando non pochi disagi tra gli operatori sanitari. Questi
ultimi, infatti, abituati a considerare le malattie in senso isoseverità, cioè in nome della
gravità della condizione clinica, si ritrovano a dover affrontare le patologie anche in
senso isorisorsa, cioè sulla complessità dell' assistenza prestata e dunque sulle risorse
economiche necessarie per trattarle. In altre parole, col nuovo sistema, si individuano
classi "pesate" di pazienti, attraverso la costruzione di gruppi, omogenei dal punto di
vista nosologico e per risorse assorbite. Sono 25 le categorie diagnostiche maggiori, a
ciascuna delle quali afferiscono diversi gruppi diagnostici, per un totale che è,
attualmente, di 492.
Il sistema di finanziamento della sanità ha rivelato aspetti potenzialmente positivi
e altri critici, sui quali vengono a sollevarsi numerosi problemi etici. I vantaggi vanno da
una maggiore equità di rimborso da parte del SSN ai vari ospedali (con la reale
possibilità di accelerazione dei rimborsi rispetto al sistema precedente), a
un'incentivazione dell'efficienza, intesa come incremento di prestazioni o riduzione dei
costi a parità di prestazioni. Vi è, ancora, la maggiore possibilità di controllo
dell'efficienza di ogni centro di responsabilità ospedaliero (reparto o servizio), per
diminuirne la valenza quale centro di costo, incrementando parimenti quella di centro di
ricavo (particolarmente vero per i servizi diagnostici e di day-hospital). Infine, sul piano
della beneficialità verso i pazienti e dell'equità dei trattamenti, il nuovo sistema
permette di definire standard di qualità della prestazione erogata, come pure di
garantirne un efficace controllo: attraverso il riesame dell'assistenza prestata, da
riportare nella Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO), si è quasi obbligati a valutare
quanto realizzato e a migliorarsi nella prospettiva di un miglior risultato per il paziente.
Gli svantaggi si riferiscono sia alla SDO sia ai DRG. Riguardo alla prima, c'è da
rilevare la mancata considerazione di elementi, peraltro indipendenti dal medico, che
possono influenzare in modo significativo la durata della degenza e, con ciò, l' entità del
rimborso e l' eventuale rientro dalle spese per la struttura sanitaria. In particolare, essi
riguardano la natura e la gravità della malattia: nello stesso gruppo DRG possono essere
contemplate situazioni completamente diverse inerenti la diagnosi e la terapia di quella
patologia; la carenza diffusa di residenze sanitarie assistenziali (RSA) nel territorio per le
persone bisognose di una degenza più lunga, di assistenza domiciliare, di istituti di
riabilitazione; le possibili carenze organizzative della struttura sanitaria riguardo servizi di
supporto, diagnostici e amministrativi.
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Relativamente ai DRG, gli svantaggi sono ascrivibili alla non improbabile
"degenerazione" - in alcuni casi quasi automatica - del sistema stesso, svantaggi
soprattutto a carico dei pazienti e, conseguentemente, della qualità e dell'umanizzazione
dell'assistenza. Tali elementi negativi possono riassumersi come segue:
-
-
-
-
-
-
-
l'abbassamento degli standard terapeutici, da parte dell'amministrazione, per
ridurre i costi;
la tentazione, più o meno esplicita, a ricoverare prevalentemente, o solo,
pazienti che richiedano un' assistenza più remunerativa per l'azienda, "scaricando"
i malati con patologie meno vantaggiose economicamente;
l'incremento indebito di interventi sanitari molto remunerativi, anche in
assenza di un'indicazione clinica appropriata;
l'economizzazione a danno della qualità delle cure e dell'utilizzazione
dei mezzi diagnostici ad alta tecnologia (perché costosi), anche se fortemente
indicati;
l'induzione verso i ricoveri brevi, o i ricoveri ripetuti, con il rischio di
offrire al paziente il meno possibile di quanto necessario alla sua patologia;
la mancata messa a fuoco da parte dei DRG dell'enorme varietà di situazioni
cliniche,
pur
appartenenti
allo
stesso
raggruppamento,
con
la
possibilità di remissione economica per l'ospedale. Questo potrebbe
portare a situazioni in cui verrebbe premiata, con incentivazioni, una
presunta efficienza, senza preoccuparsi dell'efficacia e della qualità delle cure, che contrasta con i principi etici centrati sul valore-persona;
il feedback vizioso, determinato dall'incentivare l'operatore sanitario (il
medico soprattutto) ad aumentare l'efficienza dell'ospedale, per esempio
attraverso la riduzione della degenza media. A questo presunto aumento di
efficienza può corrispondere, invece, un'efficacia diminuita, che si traduce in un
potenziale incremento dei costi per una maggiore incidenza teorica di
complicanze e nuovi ricoveri. Dunque, tale meccanismo, nel tentativo di
migliorare l'organizzazione e il dispendio inutile di risorse, può determinare negli
operatori sanitari un modo di operare approssimativo e non consono alle norme
deontologiche ed etiche.
Peraltro, può accadere che un medico coscienzioso non trovi altro sistema per
garantire l'efficacia di cure al paziente che quello di dimettere e ricoverare
ripetutamente il malato a breve distanza di tempo, mantenendo la soglia di
remuneratività dei DRG, senza penalizzare il cittadino. Ma si tratta, com'è
evidente, di un escamotage da non assumere come prassi consolidata;
l’utilizzo dei DRG quale strumento di controllo gestionale all'interno
delle aziende sanitarie e ospedaliere, che causa distorsioni organizzative, la più rilevante delle quali è il mancato riconoscimento delle attività
reali di servizio;
il rischio da parte dei DRG di spostare l'asse della pratica medica dal criterio della
severità clinica a quello basato sul consumo di risorse per una
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determinata patologia, che può non coincidere con la sua gravità. Si tratta
di un aspetto solo apparentemente secondario e che, invece, interroga
profondamente lo statuto epistemologico e operativo della stessa medicina.
Se si considerano poi gli obiettivi attesi dai DRG (contenimento dei costi;
riduzione dei costi dell'assistenza ospedaliera e trasferimento di risorse sul territorio;
equità di remunerazione; mantenimento/aumento dell'efficacia delle cure promuovendo
l'appropriatezza clinica; aumento della soddisfazione dei cittadini; introduzione di una
mentalità aziendale tra gli operatori), occorre rilevare disomogeneità nei risultati
prodotti.
I DRG, dunque, rappresentano strumenti, e come tali vanno considerati. È dal loro
utilizzo che si può ricavare un giudizio di taglio etico, relativamente alla loro incidenza
sull'eticità dei comportamenti correlati. Potremmo pertanto delinearne alcune
condizioni di accettabilità etica:
-
proprio perché strumenti, passibili di ottimizzazione o di revoca in caso di vistosi
malfunzionamenti, prevedere la possibilità di interagire con gli organi competenti
per correggere tempestivamente le incongruità rilevate;
-
discernere meglio la severità nell'ambito di un dato DRG, utilizzando
strumenti ad hoc, come, ad es., il disease staging, per elaborare strategie di
implementazione al fine di ovviare al possibile "scarico" dei pazienti poco
remunerativi, che un utilizzo formalistico dei DRG può causare.
4. Spirito delle leggi e Governance
Nel definire il livello di civiltà di un Paese, il modo con cui si organizza un sistema
sanitario è elemento essenziale. Il diritto alla salute è considerato nell'era moderna un diritto
fondamentale e la persona umana occupa nell’ordinamento giuridico un posto centrale da
protagonista, e per ciò stesso non può essere strumentalizzato dalle strutture pubbliche, che
sono invece strumentali alla sua crescita e al suo sviluppo. Diritto alla vita e di diritto alla
salute” si uniscono nel dar vita a norme che accolgono e legittimano la “domanda di sanit{”,
attraverso prestazioni sanitarie, valide e garantite a tutti i cittadini. Le stesse prestazioni
tecnico professionali devono rispondere al profilo etico di rispettare la persona umana, cioè la
sua dignità e libertà.
La constatazione che, nonostante il SSN intenda promuovere l’equit{ del sistema, da
intendersi non come capacità di dare tutto a tutti, ma assicurando ciò che è necessario e
garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, sembri ancora di là da
raggiungere, ciò non mina i principi ispiratori e non ne svaluta la portata. I sistemi sanitari, in
quanto sistemi sociali, riflettono anche le disuguaglianze della nostra società, derivanti dalle
diverse condizioni socio-economiche. Proprio per questo, allora, diviene ancora più urgente
perseguire con maggiore incisivit{ l’obiettivo dell’equit{ e dell’equilibrio nella disponibilit{ di
risorse, in relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali.
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In tutti i sistemi sanitari le esigenze e le aspettative delle parti interessate sono in
rapida evoluzione. I principali fattori che stanno alla base di questa crescita sono i
cambiamenti demografici connessi all’invecchiamento e alla globalizzazione, l’evoluzione
epidemiologica, la continua disponibilità di nuove tecnologie sanitarie e informatiche, i
cambiamenti sociali e culturali in atto (come, per esempio, il modificato rapporto individuale
e collettivo con la malattia e la morte o i desideri di benessere individuale).
A questa crescita di esigenze e aspettative di tutte le parti interessate non sta
corrispondendo un analogo incremento delle risorse che le parti stesse possono mettere a
disposizione per l’organizzazione dei sistemi sanitari ed il problema di bilanciare tra di loro le
diverse esigenze in rapporto alle risorse disponibili è particolarmente complesso.
Le aspettative individuali e collettive di benessere non coincidono più con i bisogni di
salute tradizionalmente identificati e implicano cambiamenti nella organizzazione dei
sistemi sanitari che rischiano diversamente di non essere più sostenibili già nel prossimo
futuro.
I cardini su cui tentare di costruire un equilibrio sono rappresentati da temi generali
quali la solidariet{, l’equit{ nella salute, l’azione intersettoriale, gli investimenti per la salute,
l’efficacia clinica e la sicurezza, l’apprendimento e la collaborazione, il coinvolgimento delle
parti interessate, la trasparenza e la capacità di rendere conto (responsabilità, accountability).
Cogliere il carattere “strutturale” e non solamente congiunturale del divario tra una
domanda di salute sempre crescente a fronte di una strutturale scarsità di risorse è il
presupposto per affrontare adeguatamente il problema.
Il rischio di uno scadimento qualitativo dovuto ad una eccessiva pressione dal lato del
contenimento della spesa è tuttavia particolarmente rilevante in materia sanitaria sia per la
“delicatezza” del servizio e sia perché la misurazione della qualità del servizio erogato risulta
essere particolarmente complicata.
Questo timore ha portato il sistema sanitario inglese ad introdurre il concetto di
“clinical governance”. Secondo la definizione più usata, la governance clinica è “un sistema
per mezzo del quale le organizzazioni del sistema sanitario rendono conto del continuo
miglioramento della qualità dei loro servizi e del rispetto di elevati standard assistenziali,
attraverso la creazione di un contesto nel quale l’eccellenza nell’assistenza clinica deve
prosperare”.
La governance è la somma dei molteplici modi con i quali le parti interessate di una
organizzazione attivano strategie, regole, accordi, procedure e comportamenti individuali e
collettivi per svolgere due attività :
a) partecipare ai processi decisionali (cioè cosa fare, come fare, quando fare, se fare,
perché fare);
b) rispondere reciprocamente di tali decisioni (cioè la responsabilità, il dover rendere
conto, l’accountability).
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Il concetto di governance clinica è rapidamente evoluto in quello di “governance
integrata”, che considera necessario considerare insieme tutti gli elementi delle
organizzazioni sanitarie (la gestione clinica, finanziaria, delle tecnologie, dell’informazione, la
ricerca, ) per eliminare le sovrapposizioni esistenti e riallineare i diversi processi che ne
stanno alla base.
Le nuove prospettive presuppongono un cambiamento che coincide, sostanzialmente,
con il compito di pensare la sanità in un quadro di risorse definite.
Vi è l’ obbligo di interrogarsi se l'azione sia appropriata rispetto ai fini da conseguire,
che comportano sia una più acuta sensibilità per il bene comune e l'equità sociale, sia
l'acquisizione di un atteggiamento che abbini la soddisfazione del cittadino/cliente con
l'attenzione agli interessi dell'azienda/collettività.
Il principio-guida è qui quello di giustizia, secondo il quale l’utilizzo delle risorse va
fatto tenendo sempre presente il criterio di uguaglianza e di pari dignità di tutti i soggetti
senza discriminazioni ed esclusioni di sorta. Eventuali differenze nell’assegnazione delle
risorse sono giustificate solamente dalle diverse necessità individuali intendendo per esse sia
quelle emergenti ex novo in caso di patologie sopravvenenti, sia quelle derivanti da eventuali
disuguaglianze nelle condizioni di partenza: quello che è da considerare infatti è l’accessibilit{
e la fruizione di fatto delle prestazioni sanitarie e non solo il generico diritto alle stesse
;eventuali differenze nell’assegnazione delle risorse essendo giustificate solamente dalle
diverse necessit{ individuali. Sempre in base a questo principio l’allocazione delle risorse (sia
in termini macro che micro) deve evitare qualsiasi spreco in ogni settore: il risparmio
ottenuto in un campo può essere utilizzato per finanziare l’acquisizione di mezzi in un altro,
essendo comunque unico l’obiettivo (la salvaguardia della salute) ed unico il quantum
spendibile
La buona medicina ci appare così come il frutto di una «contrattazione» molteplice, che
deve tener conto di tre diversi parametri: l'indicazione clinica (il bene del paziente), le
preferenze e i valori soggettivi del paziente (autonomia) e infine l'appropriatezza sociale.
L'ideale medico è una leadership diffusa. Non ci si può più basare su una divisione dei
compiti di tipo burocratico. Soltanto chi ha la vision, cioè la visione strategica degli obiettivi e
dei mezzi, sviluppa una forza morale capace di trascinare gli altri membri dell'équipe. Nelle
organizzazioni complesse, la leadership non è una funzione concentrata su poche persone ma,
al contrario, è diffusa e posta nelle mani di tutti coloro che, a vari livelli, svolgono una
qualsiasi attività di guida, direzione e coordinamento organizzativo, scientifico e valoriale.
Il buon paziente è il cliente soddisfatto e consolidato; ma bisogna subito aggiungere
giustamente soddisfatto. Il buon rapporto è la stewardship, che implica un atteggiamento non
centrato sul professionista, ma sugli standard di qualità del servizio, in un raffronto costante
con la qualità offerta da altri erogatori (bench-marking).
Preso atto del carattere strutturale della scarsità delle risorse, l’accento è posto sulle
“priorit{”. Se le scelte in sanit{ sono inevitabili, il miglior modo di farle non è tagliare
trasversalmente beni e servizi, ma stabilire delle priorità.
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H. Ten Have (1994) sottolinea questi tre specifici aspetti:
1. il cambiamento terminologico dai limiti alle scelte;
2. la denuncia che il principale problema è la mancanza di consapevolezza pubblica
sull’inevitabilit{ delle scelte;
3. lo spostamento di accento sul processo con cui si stabiliscono le priorità, piuttosto che
sul prodotto e cioè la lista delle priorità.
Tali scelte devono avvenire in modo trasparente e concordato, piuttosto che con
dinamiche spontanee e poco controllabili (razionamento occulto). Alla prima modalità infatti
è possibile applicare determinanti etici che ne minimizzino gli aspetti di iniquità. La seconda è
invece priva di riferimenti etici e può essere causa di gravi discriminazioni.
La questione dell’allocazione delle risorse sanitarie comporta un approccio all’altezza
della sua complessità, che sappia integrare criteri medici di efficacia, criteri economici di
efficienza, criteri etici di equità. (P. Vineis 1994)
Generalmente si opera una distinzione tra macroallocazione e microallocazione. La
questione dell’allocazione va risolta mediante decisioni di politica sanitaria, considerando,
però, che nel passaggio dalla macroallocazione alla microallocazione si attua uno spostamento
di competenze dalla politica alla medicina.
L’efficacia rappresenta la prima condizione di un’allocazione sostenibile eticamente:
non è morale impiegare risorse in trattamenti la cui efficacia non sia provata (G Federspil,
1996). In un momento, come l'attuale, nel quale la ricerca avanza con tanta rapidità e molte
nozioni teoriche e molte tecniche invecchiano e vengono abbandonate, una buona pratica
clinica deve essere aggiornata. L'aggiornamento delle conoscenze, però, non è la sola qualità
di cui tenere conto: poiché in clinica si devono prendere decisioni che comportano grandi
responsabilità, è indispensabile che l'agire del medico poggi su conoscenze consolidate, che
siano il più possibile al riparo dai mutamenti concettuali che sono frequenti nella ricerca
scientifica avanzata.
È questo il fronte dove la buona pratica clinica può portare il suo specifico e
insostituibile contributo. L’impegno per una revisione costante dell’evidenza scientifica
disponibile diventa pregiudiziale.
I criteri della qualit{ e dell’efficacia delle prestazioni mediche consentono , attraverso
la selezione delle prestazioni realmente efficaci, di rendere compatibili forme di selezione
esplicita delle prestazioni con la realizzazione di sistemi di cure in cui permanga il principio
dell’universalismo, secondo una necessaria revisione dell’ormai inapplicabile formula "tutto
per tutti", nei termini di un più attuale "tutto per tutti coloro che ne hanno bisogno, ma solo
ciò che è efficace".
Nell’alternativa, che diventa ineludibile (universalità di accesso a prestazioni definite,
oppure limitazione degli accessi), la EBM offre soluzioni compatibili con la prima possibilità,
perché esclude soltanto prestazioni di non provata efficacia. Inoltre, l’apporto di riferimenti
omogenei e scientificamente validati facilita la redazione di linee-guida di miglioramento della
pratica clinica, necessarie per la definizione dei livelli di assistenza, rispetto ai quali è
Etica dell’organizzazione in sanità 14
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possibile concepire diritti omogenei per tutta la popolazione. L’interesse verso l’EBM non
deve tuttavia indurre a trascurare i suoi limiti; il dibattito internazionale sulla evidence-based
health care è ancora aperto, ma in questi anni è ormai maturata la convinzione che le decisioni
clinico-assistenziali devono risultare “dalla integrazione tra l’esperienza dei professionisti e
l’uso cosciente, esplicito e giudizioso delle migliori prove di efficacia disponibili in quel
momento” (D. Sackett). Se nella definizione delle priorità è imprescindibile il riferimento ai
criteri di efficacia medica, è altrettanto imprescindibile la valutazione dell’efficienza
economica (C. Iandolo 1994).
Un’adeguata valutazione economica dei servizi erogati è il passaggio obbligato per la
razionalizzazione del sistema; senza l’abolizione degli sprechi e delle disfunzioni , l’attuale
forma di protezione sociale in materia di sanità non potrebbe durare a lungo. Devono essere
considerate nuove modalità organizzative. Il lavoro svolto “a canne d’organo”, con una
connotazione geografica o gerarchica, è dispersivo e non più sufficiente a rispondere alle
sfide attuali. Si rendono necessarie forme di organizzazione trasversali,che consentano di
realizzare le attivit{ “attraverso” le strutture fisiche e gerarchiche delle organizzazioni stesse.
La “rete dei processi” raggruppa in modo funzionale le attività svolte per raggiungere un
obiettivo finale; i risultati sono condizionati dal livello di integrazione. Deve essere assicurata
l’erogazione dei livelli di assistenza in modo integrato tra le diverse strutture fisiche di
erogazione, tra professionisti con contratti di lavoro diversi, tra contesti assistenziali che
appartengono a organizzazioni diverse. Le attività devono essere caratterizzate dalla
governance integrata dei processi. Ciò consente di concentrarsi sul risultato finale (efficacia)
piuttosto che sull’esecuzione dei singoli atti, di migliorare l’integrazione tra le parti
(efficienza) e di operare sulla base di procedure così come ormai indicato da tutti i sistemi di
gestione per la qualità.
Un elemento rilevante è rappresentato dal Health Technology Assessment.
L'HTA è un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l'analisi delle
implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali di una
tecnologia (apparecchiature biomedicali, dispositivi medici, farmaci, ma anche di procedure
cliniche, modelli organizzativi, programmi di prevenzione e promozione della salute),
attraverso la valutazione di più dimensioni quali l'efficacia, la sicurezza, i costi, l'impatto
sociale e organizzativo. L'obiettivo è quello di valutare gli effetti reali e/o potenziali della
tecnologia, sia a priori che durante l'intero ciclo di vita, nonché le conseguenze che
l'introduzione o l'esclusione di un intervento ha per il sistema sanitario, l'economia e la
società. (Batista R., 2006).
Da considerare anche l’organizzazione Lean dell’assistenza ospedaliera.
Organizzazione da Reparti a Flussi: PDTA (percorsi diagnostici terapeutici ed
assistenziali) per integrare diversi ambiti e professionalità che intervengono nella gestione
del medesimo paziente che diventa baricentrico:
Organizzazione più semplice e con meno sprechi;
Flussi centrati sul Paziente;
Valorizzazione delle competenze professionali
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Gli obiettivi sono quelli di migliorare il livello di servizio offerto ai Pazienti, ridurre gli
sprechi per recuperare risorse da reinvestire nella crescita e nel miglioramento delle attività
interne Il raggiungimento degli obiettivi è ottenuto attraverso il ridisegno dei percorsi che il
Paziente fa all’interno della struttura ospedaliera in funzione dell’intensit{ di cura e partendo
da una attenta analisi della situazione attuale.
Un altro elemento importante è rappresentato dalla gestione del rischio clinico. Spesso
la possibilità che si verifichi un evento avverso dipende dalla presenza, nel sistema, di
“insufficienze latenti”, ovvero insufficienze o errori di progettazione, organizzazione e
controllo, che restano silenti nel sistema, finché un fattore scatenante non li rende manifesti in
tutta la loro potenzialità, causando danni più o meno gravi.
Nelle Aziende sanitarie devono essere presenti attività che vengono svolte a favore
della sicurezza dei pazienti. Quelle insite nei comportamenti individuali, basate sulla
competenza e sulla scrupolosità dei professionisti. La definizione di linee guida e protocolli, la
manutenzione delle attrezzature, le modifiche strutturali, i comitati e i gruppi di lavoro
specifici, la formazione, la stipula di polizze assicurative. Da ricordare poi l’applicazione delle
raccomandazioni ministeriali, l’uso della tecnologia informatica per la gestione delle
informazioni, il monitoraggio e l’analisi degli eventi avversi e dei quasi incidenti. Tutto questo
comporta un cambiamento culturale , che consenta di evitare colpevolizzazioni e di attivare
circuiti virtuosi di apprendimento dall’errore.
Un compito della bioetica è poi quello di favorire e mantener vivo un dibattito
all’interno della societ{ su questi temi per approfondire da una parte quanto ed in che modo
effettivamente lo stato possa e debba soddisfare la tutela dei bisogni, e dall’altra limitare il
ventaglio delle aspettative dei cittadini a quelle realmente essenziali.
Un’informazione oggettiva, scevra da sensazionalismi , improntata alla realt{ che è
sempre complessa e mai univoca, svincolata da interessi economici evidenti o nascosti, è
elemento indispensabile per promuovere e far crescere la riflessione dei cittadini su questo
tema. Senza una diffusa presa di coscienza di questi problemi,ogni tentativo di soluzione
calato dall’alto verr{ recepito come imposizione restrittiva e non come decisione condivisa.
L’informazione eticamente corretta deve sottostare ad una valutazione di qualit{ periodica e
trasparente, che la faccia diventare patrimonio collettivo, specie in una società complessa. Al
contrario, quando l’informazione è condizionata da pressioni particolaristiche e sottratte al
dibattito pubblico e alla deliberazione democratica, può divenire uno strumento in grado di
favorire forme di razionamento occulto.
In pochi campi come in quello dell’allocazione delle risorse sanitarie sono importanti la
trasparenza e la partecipazione. Esse richiedono che i criteri di scelta vengano stabiliti, alla
luce di informazioni tecnicamente fondate, attraverso un confronto a cui possano partecipare
tutti i soggetti interessati.
La condotta medica deve infine tenere conto di un altro fattore fondamentale,
costituito dall'aspetto umano del rapporto medico-malato. L'evoluzione tecnologica della
medicina ha portato a mettere in ombra questo aspetto dell'agire medico e a favorire
l'efficienza tecnico-scientifica a scapito della comprensione umana e della partecipazione alla
Etica dell’organizzazione in sanità 16
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vicenda personale del malato. In tal modo è andata emergendo e diffondendosi, specie negli
ambienti specialistici e in quelli che ricorrono molto frequentemente alle tecnologie più
elaborate, una medicina fredda, molto preoccupata dell'accuratezza diagnostica e della
validità delle prescrizioni terapeutiche, ma indifferente al modo in cui il paziente vive ed
affronta quell'episodio fondamentale della propria vita che è la malattia. Questo modo di
professare l'arte medica sottolinea e privilegia uno dei due aspetti basilari della medicina quello scientifico e tecnologico - ma ignora totalmente il secondo elemento che riguarda il
rapporto che nell'atto clinico viene ad istituirsi tra due esseri umani.
Un elemento dell'appropriatezza clinica è rappresentato dalla valutazione attenta, che
il medico deve sempre fare, del bene del paziente. Non si tratta soltanto di perseguire il
ripristino della salute, ma di valutare in quale misura le varie scelte influenzeranno la vita del
paziente e quale sarà poi la qualità della vita che gli si prospetta. L'umanizzazione è un
processo che coinvolge tutti, pazienti e operatori, nella tensione a riconoscere ad ognuno il
diritto alla propria dignità intrinseca e alla promozione dei valori della persona.
5. L’ Etica Organizzativa
Le definizioni di Etica Organizzativa sono molteplici, ma tutte si possono ricondurre,
con accentuazioni diverse, ad un denominatore comune, che potremmo così definire “L’Etica
Organizzativa consiste nell’uso intenzionale e nel discernimento dei valori per guidare le
decisioni manageriali che influenzano l’assistenza al paziente e la prassi sanitaria, conseguenti
alle trasformazioni scientifiche e cliniche della sanit{”.
5.1 Fondamenti
Nelle varie riflessioni emerge il frequente richiamo ad uno schema concettuale e
operativo di tipo “integrato". La sanità contemporanea, lasciato ormai alle spalle un modello
assistenziale giocato sul rapporto medico-paziente come unico punto di attenzione etica,
condizionata da dinamiche economiche legate alla insufficienza delle risorse disponibili a
sostenere il sistema, cerca di includere in un medesimo scenario morale l’applicazione dei
principi e delle istanze etiche che caratterizzano il sistema sanitario ai suoi vari livelli.
Cambiare il comportamento individuale è difficile, ma cambiare l'organizzazione o la
cultura è potenzialmente una sfida più grande e, spesso, è una condizione preliminare per i
singoli cambiamenti. Frequentemente, le carenze che si riscontrano nelle organizzazioni
riflettono il modo in cui i difetti sono diventati funzioni del sistema. Questo significa che la
correzione dei problemi richiederà un cambiamento a livello di sistema.
Tutti coloro che operano nella sanità assomigliano – di più che in altri contesti – ai
membri di una comunità a forte connotazione morale, in quanto impegnati in un lavoro che
comporta obblighi morali, oltreché contrattuali, dato che il servizio compiuto è necessario per
il benessere e la salute (a loro volta, valori morali sociali). Ciò sembra rendere tutto più
problematico, poiché per le moderne organizzazioni – quale è anche quella sanitaria – la
capacità morale non sembra essere dirimente per partecipare all’organizzazione, anzi non
sembra proprio essere richiesta, in quanto farebbe la differenza all’interno di sistemi che mal
Etica dell’organizzazione in sanità 17
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tollerano la complessità personale. Tuttavia, la strutturazione stessa delle relazioni all’interno
dell’organizzazione sanitaria si basa, nei diversi livelli, su presupposti fiduciari e/o
contrattuali. Tutto ciò sembra richiamare la necessità di una competenza e di una leadership
etica, assieme e vicino a competenze e leadership finanziarie, giuridiche, cliniche. La
leadership è la capacità di dirigere e motivare un individuo o un gruppo per il raggiungimento
degli obiettivi fissati. La fissazione di obiettivi (la pianificazione strategica) ed i processi
utilizzati per realizzare gli obiettivi sono questioni profondamente etiche. Deve esserci una
forte "adesione" tra il sistema stabilito dalla mission ed il processo decisionale a tutti i livelli
del sistema. Tale organismo morale dovrebbe avere criteri di assunzione, selezione,
promozione, sanzione, cessazione, validi per tutti. La nostra esperienza considera un errore
presumere che tutte le parti coinvolte nel settore dell'assistenza sanitaria siano morali, al
punto che le questioni etiche "si prenderebbero cura di se stesse". Anzi, dobbiamo essere
consapevoli che l’organizzazione vive e riproduce se stessa decostruendo o neutralizzando le
istanze personali e coscienziali dei suoi membri, nel senso che essa tende a non considerare i
complessi sistemi delle personalità – di cui fanno parte proprio la sfera morale e le scelte ad
essa collegate.
5.2 Le sfide etiche
Esistono specifici interrogativi etici riguardo all’organizzazione. Chi sta facendo la
gestione? Con quali intenzioni ed obiettivi? Sotto quale autorità? E con quali effetti?
a) Come i pazienti possono essere certi che le cure ricevute non siano al di sotto di un
livello minimo di qualità e degli standard di sicurezza?
b) Come possono i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari essere certi che la
loro integrit{ professionale non sar{ compromessa dall’essere costretti a partecipare
alle cure che ritengono essere sotto gli standard?
c) Quali incentivi ai sistemi di assistenza sanitaria ci sono per mantenere gli standard di
qualità delle cure e la sicurezza, quando tali necessità possono essere costose e tali
costi possono essere difficili da controllare?
5.3
Competenza etica
I professionisti eticamente competenti e coloro che esercitano la leadership
dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:
1. competenza per i ruoli loro assegnati;
2. affidabilità nel tutelare al meglio gli interessi dei pazienti e dei lavoratori affidati alle
loro cure;
3. sostegno dei colleghi nella responsabilità della loro pratica;
4. collaborazione nel sostenere i pazienti, le famiglie, le comunità;
5. capacità di mediazione nei conflitti etici tra i pazienti, soggetti terzi, team di assistenza
sanitaria e altre parti interessate;
Etica dell’organizzazione in sanità 18
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6. capacità critica nei confronti delle nuove tecnologie sanitarie e dei cambiamenti che
intervengono per definire, gestire, realizzare e finanziare l'assistenza sanitaria, alla luce
della loro potenzialità di influenzare il benessere umano.
Le istituzioni e le imprese possono possedere sia l'integrità che la coscienza, e dovrebbero
cercare di sviluppare e articolare l’identit{ morale essenziale per queste facolt{ morali,
attraverso un processo di auto-esame e di auto-valutazione. Il budget dell’istituzione, il piano
strategico, il processo di pianificazione e l'impegno morale che determina il processo di
pianificazione e gli obiettivi a lungo termine, i mezzi utilizzati per la loro realizzazione sono la
base per valutare l’impegno dell'istituzione per quanto riguarda la sua missione. I comitati
etici ospedalieri non dovrebbero rimanere insensibili alla pratica, alle politiche e alla cultura
morale dell'istituzione, rispetto ai quali i fiduciari e gli amministratori di un’istituzione
dovranno prendere l'iniziativa sulle più ampie questioni che riguardano l’identit{ istituzionale
e la vita istituzionale1. Infatti, è sempre presente il rischio del divario fra dichiarazioni verbali ed
attività effettive delle organizzazioni: i fini «ufficiali» prevedono dichiarazioni generali di obiettivi o di
contributi alla società (indicative a questo proposito sono affermazioni come «migliorare lo
stato di salute della società»)2 e sono di proposito vaghi e generali, dal momento che il loro
scopo non è quello di fornire istruzioni dettagliate ai dipendenti bensì di limitarsi a fornire al
pubblico in generale o ad un eventuale organo interessato un presupposto razionale che giustifichi
l'esistenza dell'organizzazione.
5.4
Etica organizzativa
La definizione di Etica Organizzativa definisce l’obiettivo di una forte "corrispondenza"
tra l’immagine dichiarata del sistema, la missione, i valori fondamentali e il processo
decisionale a tutti i livelli del sistema. Riformulato, l’etica organizzativa riguarda
l’integrazione organizzativa, l'impegno a promuovere la condizione/cultura in cui l’attivit{
morale del sistema (valorizzare, scegliere, agire) è intimamente legata alla concezione di un
buon sistema morale.
L’attivit{ morale comprende il nostro modo di:
•
•
•
•
•
2
pensare l’assistenza sanitaria,
prendere le decisioni,
relazionarsi con gli altri,
migliorare il sistema di assistenza sanitaria,
integrare le responsabilità professionali e personali.
Particolarmente rivelatrici sono quelle situazioni in cui la distribuzione delle risorse umane e materiali è tale da far chiaramente
pensare che il fine reale è diverso da quello indicato dagli intervistati. Per esempio, se l'amministratore di un ospe dale
psichiatrico ci informa che il suo istituto ha per fine l'assi stenza agli psicopatici e un esame del personale impiegato ci
rivela invece che vi sono in tutto quattro medici (soltanto uno dei quali è specializzato in psichiatria), per 5000 pazienti,
che gli assistenti ospedalieri non sono più aggiornati o interessati alla terapia di quanto non lo sia il personale di vigilanza di
un carcere, che il 90% dei pazienti – molti dei quali soffrono di disturbi senili generalmente considerati incurabili – è
ricoverato da più di dieci anni, possiamo quindi dedurre che il fine reale di quell'organizzazione è quello di limitare al
massimo il disturbo arrecato al mondo esterno o di assistere gli anziani. (Gross-Etzioni, 1996)
Etica dell’organizzazione in sanità 19
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In sintesi, gli elementi che definiscono l’integrazione organizzativa sono riassunti nella
seguente tabella:
Che cosa
Perché
Quando
Come
5.5
La condizione o stato in cui l’attività morale dell’organizzazione (valori, scelte,
decisioni, comportamenti) è coerente con ciò che dice di essere (vision, mission,
valori).
Essere responsabile nelle varie funzioni e mantenere la fiducia di tutte le parti di cui è
responsabile,
• come una organizzazione sanitaria,
• un datore di lavoro,
• un partner commerciale,
• un cittadino.
La fedeltà e la fiducia sono il tessuto che tiene insieme la società.
L'istituzione deve essere pronta per un programma etico basato sull’integrazione che
dalla leadership si estenda ad ogni altro livello.
L’istituzione deve essere pervasiva, con un’ampia visione sulla fedeltà, la visione, la
missione ed i valori fondamentali:
• auto-valutazione di se stessi e dell’istituzione alla luce della visione, della missione, dei
valori;
• corrispondenza fra missione, assunzione, promozione, licenziamento;
• onesta valutazione degli ethos attuali;
• controllo delle strutture, delle politiche, delle pratiche e del loro impatto;
coltivazione intenzionale della cultura organizzativa;
apprezzamento del contributo per il bene comune.
Il bene dell’organizzazione
•
L’integrazione organizzativa "non si verifica solo" per il fatto che un insieme di buone
persone fanno cose buone nel settore dell'assistenza sanitaria. E’necessario un
intervento intenzionale e persistente sulle proposte, la funzione, le persone, i sistemi,
le strutture, le decisioni dell’organizzazione e le loro conseguenze:
 dedicare tempo per il discernimento morale (riflessione e dialogo) tra leadership e
una massa critica di dipendenti;
 una visione condivisa tra leadership e una massa critica di dipendenti.
• Richiede astuzia morale, leadership coraggiosa (tavoli di confronto, alti dirigenti,
quadri intermedi) che crei una cultura dell’etica organizzativa caratterizzata da
trasparenza, onestà, fiducia, rispetto reciproco:
 leader che riconoscono le sfide all’integrazione e sono in grado e disposti a
rispondere;
 dirigenti che si aspettano che le persone in tutta l'organizzazione tengano conto
della responsabilità di ciascuno;
 dirigenti che si aspettano la creatività e l'assunzione di rischi in tutta
l'organizzazione;
 dirigenti che riconoscono ed agiscono sugli obblighi dell’organizzazione verso la
comunità e la sua responsabilità per una sana politica pubblica.
Etica dell’organizzazione in sanità 20
Comitato etico per la pratica clinica
Az. ULSS 18 - Rovigo
•
Richiede una visione e un forte senso della missione e dei valori e una vigilanza
autocritica in materia di fedeltà.
• Richiede la conoscenza della formazione e l'uso di chiare regole morali per guidare le
decisioni di tutti i giorni e il comportamento a tutti i livelli:
 dirigenti che articolino le linee guida morali, riconoscano le sfide all'integrazione e
siano in grado e disposti a rispondere.
• Richiede una massa critica di individui che siano sensibili alle dimensioni etiche del
loro quotidiano processo decisionale e un comportamento qualificato per affrontare le
sfide di integrazione (personale e istituzionale):
 una istituzione che ha familiarità con le risorse etiche organizzative (persone fisiche
e meccanismi),
 la fiducia che queste risorse daranno a qualsiasi sfida.
• Richiede un’intenzionale, persistente attenzione per l'organizzazione dei sistemi, le
funzioni, le infrastrutture. Per esempio, le seguenti funzioni dovrebbero essere
radicate e impiegate a favore dell’integrazione organizzativa:
 il reclutamento, l'assunzione, l'orientamento, lo sviluppo personale, la formazione;
 la pianificazione strategica;
 la pianificazione finanziaria;
 le prestazioni e la compensazione;
 il marketing.
Ciò dovrebbe comportare lo sviluppo di una cultura etica e di una istituzione che
sostiene persone che fanno la cosa giusta, perché è quella da fare!
•
Richiede un uso coordinato delle risorse organizzative per facilitare l'integrazione
organizzativa; quindi chi coordina deve avere la responsabilità di assegnare l'autorità
morale per "controllare" l'integrazione istituzionale; queste persone devono essere
percepite come persone attendibili, per quanto riguarda la missione e valori
fondamentali, nella loro vita personale, professionale, istituzionale, ed essere in
possesso di un’utile esperienza etica:
 non esiste una struttura perfetta per un “programma” etico organizzativo. Avere
un funzionario integro ai livelli alti di leadership è l'ideale. In alcuni istituti un
comitato svolge questa funzione. Avere un comitato responsabile per
l'integrazione istituzionale ("audit morale") è utile. In una struttura che richiede
competenza etica organizzativa e una responsabilità etica per l'integrazione
organizzativa è essenziale che i risultati delle decisioni siano a portata di mano
(sussidiarietà).
• Il coordinatore individua e utilizza intenzionalmente risorse organizzative per
promuovere l'integrazione organizzativa: la leadership di formazione, l'orientamento /
formazione per la vision dell'istituzione / missione / valori fondamentali, competenze di
base per ruoli nei quali le istituzioni includono l’organismo morale, le prestazioni annuali
per le valutazioni dell’organismo morale, il rispetto del programma, il miglioramento
continuo della qualità, il comitato etico.
Etica dell’organizzazione in sanità 21
Comitato etico per la pratica clinica
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E’ necessario, infine, considerare le condizioni teoriche e applicative nelle quali la EO è
possibile.
Fare medicina oggi non è riducibile al solo rapporto medico/infermiere-paziente, ma
vede attorno al letto del paziente, idealmente, molte altre figure - dai tecnici sanitari, fino agli
amministratori, dai comitati etici ai politici, sullo sfondo delle scelte macroallocative - diventa
pressoché ineludibile il ricorso a una visione più ampia della bioetica, integrata per l'appunto.
Un qualsiasi programma di etica integrata richiede lo sviluppo di tre attitudini:
una mentalità "missionaria", che intende la leadership in campo sanitario come un
servizio cruciale per il successo dei progetti integrativi dell'etica clinica in quella
organizzativa;
la profonda convinzione che la centralità dei valori in ogni azione umana genera
concrete possibilità di incastonare l'etica nel care di tutti i processi decisionali clinici e
organizzativi;
il dedicarsi a "pensare" i sistemi organizzativi sanitari in modo che l'organizzazione sia
messa in grado di scoprire, ovviamente attraverso i suoi componenti, i fattori critici
decisionali dai quali far emergere, consapevolmente, la dimensione etica che, a sua
volta, possa orientare le scelte nel modo più appropriato.
5.6
Fattori per la realizzazione di un’etica organizzativa
Un programma di EO dovrebbe considerare alcuni fattori 3 indispensabili alla sua applicazione.
1. L'affermazione e il rispetto dei diritti umani: verso il paziente, in ordine alla sua
integrità personale e relazionale, e verso gli operatori sanitari.
2. Il riconoscimento e la correzione degli errori medici. Gli errori medici riguardano sia la
fase diagnostica che terapeutica. Data I'ineliminabilità dell'errore umano, questo si può
comunque "gestire" mediante il riconoscimento delle cause remote, delle condizioni
favorenti e di quelle scatenanti e, infine, di eventuali insufficienze dei meccanismi di
controllo da parte della struttura sanitaria ai suoi diversi livelli: istituzionale,
organizzativo-gestionale, ambientale di lavoro, di gruppo (équipe sanitaria), personale
(degli operatori e dei malati).
3. La gestione del rischio e la sua valenza etica. Nello scenario appena delineato, accanto
all'errore si colloca la gestione del rischio (risk management), le cui linee prioritarie
sono le seguenti: la comunicazione, lo staffing (cioè la formazione e l'introduzione di
nuovo personale in un gruppo di lavoro), l'esperienza e la supervisione, la
documentazione clinica, le infezioni ospedaliere, il consenso informato, l'attrezzatura,
la politica e l'organizzazione, le linee guida e i protocolli4.
4. La creazione, il miglioramento e la permanenza di un' efficace comunicazione interna ed
esterna non solo quale veicolo di scambio dialogico, bensì quale strumento di
3
4
Spagnolo AG, Sacchini D, Pessina A, Lenoci M: Etica e giustizia i sanità. Mc Graw-Hill, 2004, pp186-210.
Aparo UL: Prevenzione degli errori in sanità. Igiene e Sanità Pubblica; LIX (1-2): 41-50, 2003.
Etica dell’organizzazione in sanità 22
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confronto di idee e valori relativi al singolo caso nelle sue diverse finalità: informativa,
decisionale e terapeutica.
5. L'assunzione del lavoro in équipe integrato e gerarchizzato, che si fondi
sull'autorevolezza individuale, concepita come qualità intellettuale e morale che
suscita negli altri rispetto, stima, prestigio e sull'autorità razionale: concetto che si
riferisce a un'autorità che comporta un obbligo (di esecuzione), poiché ci sono
delle ragioni per compiere una determinata azione (per esempio un'azione
diagnostico-terapeutica o una disposizione amministrativa).
6. L'attenzione ai particolari, che riguarda sia gli aspetti relazionali sia quelli
assistenziali, sia quelli strutturali e alberghieri.
7. Il perseguimento dell'eccellenza istituzionale e individuale, il primo elettivamente
realizzato attraverso il processo di monitoraggio continuo della qualità, il secondo
costantemente implementato mediante la costruzione di una cultura della qualità
"complessiva" degli operatori, calibrata sia su una competenza professionale
costantemente aggiornata, sia, e non secondariamente, su una coscienza morale
permanentemente affinata in vista di prassi che poggino su ben precise abitudini
al bene e che "tecnicamente" sono note come virtù.
Etica dell’organizzazione in sanità 23
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CONCLUSIONI
Perché l’organizzazione sanitaria sia morale, devono esserlo tutti i suoi processi che
sono orientati alla realizzazione della mission.
Ma se la mission è governata in prevalenza da criteri economici, piuttosto che clinici, ed
i fattori che vengono utilizzati per l’applicazione dell’etica nell’organizzazione, compresa la
scelta delle leadership, sono funzionali a tale progetto, gli esiti sono inevitabilmente immorali,
in quanto si scostano dai principi e dagli obiettivi che fondano il sistema sanitario.
Poiché ognuno dei processi della governance può fallire, gli operatori ed i pazienti
saranno scontenti. Una scontentezza “di sistema” che alimenta “la lenta collera” di cui è
permeato il Servizio Sanitario. La consapevolezza di questa situazione apre una nuova
stagione dell’etica e dei Comitati Etici. Questi dovranno occuparsi molto di più dell’etica
dell’organizzazione, ma soprattutto dovranno valutare, e quindi convalidare o meno, i termini
di incidenza delle scelte gestionali sull’offerta di prestazioni, senza diminuire la loro qualit{ e
la soddisfazione etica che le connota.
La bioetica si apre così ad una visione più ampia, che ricopre diffusamente i nodi
funzionali del sistema sanitario. In questo senso, lo sforzo dei Comitati dovrà tendere a
contemperare le istanze soggettive con quelle organizzative per ricercare eventuali derive
disumane nei luoghi e nei momenti in cui il soggetto sfuma nello scenario del sistema. In
questo modo si affermer{ effettivamente il primato della persona sull’organizzazione,
ritenendo che, in fin dei conti, le istituzioni non siano altro che persone che entrano in
rapporto fra loro. Le prospettive pragmatiche che pongono l’accento sulle procedure, il
contrattualismo, il comportamentismo e la stessa teoria degli stakeholder rischiano di
rimanere dei gusci vuoti, poiché non colgono l’ anima della complessit{ del rapporto personaorganizzazione.
L’Etica Organizzativa può contribuire realmente a risolvere le sfide etiche che la
dinamica organizzativa pone alla cura del malato, ma anche alla cura degli operatori sanitari.
“La medicina-scienza non è mai una ricerca isolabile,
è la medicina di un contesto culturale.
Allo stesso modo la medicina-professione non è mai una realtà neutra,
è la medicina di un contesto socio-politico.
… Il modo come la gente soffre e muore è un modo sociale;
la struttura delle cure della salute è inseparabile dalla organizzazione generale della
società.”
Jacques Léonard
Etica dell’organizzazione in sanità 24
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BIBLIOGRAFIA
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ESTENSORI DEL DOCUMENTO
Dott. Pierluigi Dal Santo
Dott .ssa Alessandra Grompi
Dott Giampaolo Pecere
Dott Renzo Pegoraro
Dott Fiorenzo Scaranello
Dott. Stefano Tartari