34 gli anni di Placido Domingo quando debutta con il Moro nel 1975 ad Amburgo. È ancora più giovane del primo Otello della storia, Francesco Tamagno, trentasettenne nel 1887 1 il numero delle volte in cui Luciano Pavarotti ha cantato Otello. Nel 1993, solo il primo atto, al Teatro Metropolitan per celebrare i 25 anni di carriera nel teatro newyorkese 1970 l’anno del debutto di Mirella Freni come Desdemona. E’ stata la prediletta di Herbert von Karajan che l’ha voluta al Festival di Salisburgo MELODRAMMA SIN DALL’INGRESSO CON L’«ESULTATE» PER I CANTANTI SFOGGIO DI POTENZA E NOBILTA’ Del Monaco, Vickers, Vinay, Domingo Quasi un ring per mezzo secolo di tenori Gianluca Bauzano uell’«Esultate» iniziale è un’arma a doppio taglio. Ma lo è Otello nella sua complessità vocale e strumentale. «Se c’è un’opera che fa riflettere su come vada affrontato vocalmente un ruolo, questa è Otello», afferma il maestro Alberto Zedda, curatore della revisione critica della partitura concertata da Riccardo Muti alla Scala. «Un’opera spartiacque, dove la vocalità del protagonista può apparire all’ascolto come l’atteggiamento di un pugile peso massimo su un ring» chiarisce Zedda, l’artefice della rinascita belcantistica rossiniana. «O risulta il semplice sfoggio di forza dell’atleta, oppure l’arte del grande campione, alla Cassius Clay, capace di unire potenza e leggerezza nei movimenti». Questa seconda immagine, secondo Zedda, è quella più vicina all’Otello idealmente pensato da Verdi, cioè il perfetto incontro tra potenza e nobiltà. Come emerge dalla lettura fedele del testo musicale. «Cantare seguendo l’edizione critica — aggiunge il direttore — non è solo leggere la partitura, significa entrare in una differente mentalità». Atteggiamento mentale che Zedda ritrova in particolare negli «Otello» degli ultimi cinquant’anni del Novecento. A partire da Mario Del Monaco, all’attivo ben 427 recite tra le quali storiche quelle newyorkesi del 1958, Jon Vickers in grado di plasmare la voce in maniera tale da portare in scena un Moro tormentato lontano da belluine intemperanze vocali e, senza ombra di Q dubbio, Placido Domingo. Debuttante nella parte a 34 anni, tre in meno di Francesco Tamagno, il primo Moro verdiano nel 1887, Domingo è stato consacrato come l’Otello della contemporaneità, dopo il trionfo scaligero all’inaugurazione di stagione del 1976 al fianco di Mirella Freni come Desdemona. E gli altri Mori? Altrettanto validi. «Ma, in maniera diversa, forse più focalizzati sull’impatto emozionale sul pubblico — precisa Zedda —. L’"Esultate", ad esempio, è un’esplosione di gioia. Ma quella di un condottiero vittorioso. Non si tratta solo di un atletismo». Tra squilli stentorei e tormenti interiori, negli annali della storia del melodramma, il pubblico ricorda anche Ramon Vinay, James Mc Cracken, Giovanni Martinelli e Giacomo Lauri Volpi. Senza dimenticare Enrico Caruso, che realizzò però solo una selezione discografica, e Luciano Pavarotti: anch’egli Otello su disco e una sola volta in scena nel 1993 con il primo atto dell’opera a un gala al Metropolitan di New York. La Freni: «Io, vittima piena di lividi» a sua è stata una Desdemona scefatto parlare di uno dei rari casi dove la spiriana. Ante litteram rispetto a fusione tra musica e canto aveva raggiunto come l’eroina verdiana veniva porrisultati eccellenti. Come del resto, con altrettata in scena: o troppo bambina o troppo tanta ammirazione venne salutato l’Otello scarassegnata. Invece, Mirella Freni è stata ligero inaugurale del 1976 diretto da Kleiber, in grado di tirar fuori la sua Desdemona dove Domingo e Freni cantavano per la prima in maniera contemporanea, traendone la volta i rispettivi ruoli alla Scala. personalità dai versi del grande Bardo. «Una parte, quella di Desdemona, che ho Proponendola con una complessità più sempre trovato, non solo vocalmente ma anaderente alla sua origine teatrale. E la che a livello drammaturgico, estremamente compagna di Otello è, tra tutti i ruoli ricca — rivela il soprano —. Tanto da amarla cantati dal soprano modenese, sicurameninfinitamente». E tra i ricordi anche uno te quello più amato. Assieme, se si parla MODERNA Mirella Freni legato alla morte di Desdemona, momento di Verdi, a Maria nel «Simone Boccane«rischioso» per un soprano: «Tutte le volte gra» e a Elisabetta nel «Don Carlo». Resta il fatto che se che venivo soffocata da Vickers — ricorda — era talmensi cita «Otello», si pensa alla Freni come Desdemona te coinvolto da essere fin troppo realista, tanto da farmi ideale. Da parte sua, invece, la cantante rivela che i suoi venire i lividi sulle braccia. Alla fine della recita, poi, era Mori ideali in scena sono stati «Jon Vickers e Placido più il tempo che passava a scusarsi che a firmare autograDomingo. Con loro c’è sempre stato un affiatamento fi. Ma era comprensibile tanta foga. In quel momento ci unico». Non a caso proprio le recite dell’«Otello» dirette sentivamo realmente i due amanti infelici» da Karajan negli anni Settanta con Freni e Vickers hanno G. Bauz. L La discografia aiuta anche a passare al «capitolo» Desdemona. Citando Maria Callas, capace di incarnare quella «mentalità critica» illustrata da Zedda: nel 1963 la «divina» incide con voce matura ma suggestiva, la «Canzone del salice» e l’«Ave Maria», con risultati emozionanti. Tutt’altro che virtuale invece la Desdemona di Mirella Freni, ruolo da lei cantato molte volte in scena e in disco e considerato dalla critica una delle «pagine fondamentali nella storia dell’interpretazione verdiana». Nella memoria brillano poi la toscaniniana «voce d’angelo» di Renata Tebaldi, come quelle di Leonie Rysanek, Renata Scotto, Kiri Te Kanawa «compagna» di ben tre Otelli del calibro di Domingo, Pavarotti e Atlantov e Katia Ricciarelli, radiosa Desdemona al fianco sempre di Domingo, nella celebre versione cinematografica di Zeffirelli. Ma il vero fulcro dell’opera è Jago. Dalla vocalità drammaturgicamente impervia, per le sfumature da attribuire ai suoi sinistri discorsi. «Il simbolo di chi è capace a far del male con sublime eleganza» lo ritrae Zedda. Nella rosa dei «cattivi» spicca Piero Cappuccilli anch’egli acclamato protagonista della storica edizione scaligera inaugurale del 1976, mentre volgendo lo sguardo al passato questo ruolo ha visto in locandina i nomi di Leonard Warren, Dietrich Fisher-Dieskau, Tito Gobbi e Sherrill Milnes (questi ultimi due illustri Scarpia nella «Tosca») e Justino Diaz, il cattivo cinematografico zeffirelliano. Renato Bruson Voci e volti Il fazzoletto incriminato scivola dalle mani di Bruson-Jago guerriero al San Carlo di Napoli Kristjan Johannsson Kallen Esperian La gelosia tra di due amanti scespiriani sta per esplodere. All’intenso momento drammaturgico danno voce un Otello e una Desdemona contemporanei al Teatro comunale di Bologna. E dal podio tesse la trama strumentale Christian Thielemann Francesco Tamagno Ramon Vinay e Renata Tebaldi Il primo Otello della storia di quest’opera: il suo «Esultate» squilla alla Scala il 5 febbraio 1887, data del debutto mondiale del capolavoro verdiano 1950: la Scala inaugura la stagione con un Otello e una Desdemona d’eccezione. La data è ancora quella del 26 dicembre e a concertare la partitura è la bacchetta di Victor De Sabata CORRIERE EVENTI SCALA 2001-2002 11 I PROTAGONISTI 427 le recite di Otello cantate da Mario Del Monaco, tra le quali sono passate alla storia quelle newyorkesi del 1958 al Teatro Metropolitan I direttori Gergiev Dal Marinskij a Santa Cecilia Valery Gergiev, sul podio per il «Boris Godunov» è nato a Mosca nel 1953, ed è direttore musicale e artistico del «Teatro Marinskij» dal 1988; dal 1995 è direttore principale dell’«Orchestra filarmonica di Rotterdam» e dal 1997 principale direttore ospite alla «Metropolitan Opera House» di New York. Ha fondato tra l’altro il «Festival delle Notti Bianche di San Pietroburgo», il «Rotterdam Philharmonic & Gergiev Festival» e il festival «Da Roma a San Pietroburgo» a Roma in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Rizzi Brignoli Pianoforte e balletto Allievo di Piero Rattalino e Aldo Ciccolini, Roberto Rizzi Brignoli (a cui sarà affidato il «Rigoletto») si è diplomato in pianoforte con il massimo dei voti presso il Conservatorio «G. Verdi» di Milano, dove ha compiuto anche gli studi di Composizione e direzione d’orchestra. Dalla stagione 1999-2000 è responsabile dei servizi musicali al Teatro alla Scala. Nello stesso teatro ha diretto «Lucrezia Borgia» (’98), «Adriana Lecouvreur» (2000) e «L’elisir d’amore» (2001). Tra i balletti ricordiamo «La sonnambula di Rieti» e «Il furioso all’isola di Santo Domingo» di Gavazzeni al Nuovo Piccolo Teatro di Milano (’98-’99), e «Sérénade» su musica di Ciajkovskij e «Chéri» su musica di Poulenc (’99-2000) nei teatri di Bergamo e Cremona. Termirkanov La bacchetta in valigia Principale direttore dell’Orchestra filarmonica di San Pietroburgo, Yuri Temirkanov, che dirigerà «Iolanta», è stato il direttore artistico dell’Opera di Kirov. Recentemente è stato nominato direttore musicale dell’«Orchestra sinfonica di Baltimora». Ha lavorato con le più importanti orchestre europee e americane tra cui la «Berliner Philharmoniker», «Wiener Philharmoniker», «Dreseden Staatskapelle». Ama profondamente l’Italia. Tito Gobbi Mario Del Monaco La perfidia di Jago-Gobbi accende la gelosia di Mario Del Monaco nel 1962 a Londra Mazzola In Italia il successo Placido Domingo Mirella Freni Ruggero Raimondi L’aristocratico Jago di Raimondi insidia l’Otello di José Cura nel 1997, in occasione di un’applaudita coproduzione diretta da Abbado al Regio di Torino e a Salisburgo Una storica coppia del Novecento che ha reso immortali il Moro e Desdemona sulle scene internazionali. Eccola alla Scala nel 1987 in occasione delle recite dirette da Kleiber per il centesimo anniversario della prima assoluta Dal 1999, Enrique Mazzola, bacchetta per «Il processo», è direttore artistico e musicale del «Festival di Montepulciano Cantiere internazionale d’arte» ed è stato nominato principale direttore dell’«Orchestra giovanile dell’Accademia di Santa Cecilia» a Roma. Ha diretto con successo le principali orchestre italiane e internazionali, tra cui quella del «Maggio musicale fiorentino», l’«Orchestra sinfonica della Rai di Torino» e «l’Orchestra nazionale di Santa Cecilia».