Dal cupo Welles al dinamico Gassman Zeffirelli e Nekrosius, regie

CORRIERE
EVENTI
SCALA
2001-2002
Celluloide
I film
Quindici volte
splendido Moro
Nella storia del
cinema sono stati
molti i tentativi di
mettere in scena il
dramma di
Shakespeare. Si
comincia nel 1907 con
una pellicola muta
diretta dal
regista-attore tedesco
Franz Porten
protagonista nel ruolo
di Otello. L’anno
successivo
l’americano William V.
Ranous si dirige nel
ruolo principale.
Ancora un autore
germanico, Max Mack,
per «Othello» del 1918.
Il regista tedesco
Dimitri Buchowetzki
ripropone il
personaggio
shakespereano nel
1922. E’ inglese il
primo film sonoro sul
Moro di Venezia
voluto da David
MacKane. Nel 1952
arriva il capolavoro di
Orson Welles, regista
e attore principale.
Tre anni dopo
risponde l’Unione
Sovietica con Sergei
Yutkevich. Bis
sovietico nel 1960 con
«Otelo» girato da
Vakhtang Chabukiani.
La Francia, nel 1962,
si cimenta per la
prima volta con il
regista Claude Barma.
Il grande Laurence
Olivier è il
protagonista, nel 1965,
sotto la direzione di
Stuart Burge. Nel 1980
ne gira uno
l’americano Liz White.
Due anni dopo
«Othello, el comando
negro» è Tony Curtis,
con la regia di Max
H. Boulis. Nel 1985 il
film-opera dell’italiano
Franco Zeffirelli.
Ancora un regista
americano Ted Lange
nel 1989. L’ultima
fatica, nel 1995, è di
Oliver Parker.
I PROTAGONISTI
10
4
i film opera su Otello. Il primo è del
1973, con la regia di Herbert von
Karajan, nell’82 si cimenta Gianfranco
De Bosio, nell’85 è la volta di Franco
Zeffirelli e nel ’93 Elijah Mashinsky
Fra Creta
e Cinecittà
Girato tra le mura
delle fortezze di
Puglia, nei fondachi
veneziani di Creta, a
Venezia e finito a
Cinecittà. Il regista
punta sull’eterna lotta
fra il Bene e il Male.
Attribuendo a Jago i
sottili malefici del
demonio. Placido
Domingo è l’eroe
buono, Justino Diaz il
tentatore e Katia
Ricciarelli la pura
Desdemona.
7
Claudia Provvedini
on ne affiorano poi tanti di
«Otello» dalla memoria del teatro del 900 né tantomeno del
cinema che in tutto ne conta
una quindicina, nove dei quali nel periodo del muto. Non tanti, ma memorabili.
Se nella prima metà del secolo scorso a
teatro vi si cimentarono dai Salvini a
Ermete Zacconi a Renzo Ricci con le
«divine» Giacinta Pezzana e Clementina Cazzola, spetta, nella seconda, a Vittorio Gassman sfondare con la giovinezza un mito diventato un piatto da capocomico. E così, nel ’57, significando che
l’«Otello» scespiriano è comunque un
duello tra primattori (o «incerto tra chi
fosse davvero il protagonista», scrisse
Tullio Kezich), Gassman allestì con Salvo Randone uno spettacolo-sfida, scambiandosi i personaggi a sere alterne, colorando ogni volta diversamente la gelosia
di pelle dell’uno, l’invidia di testa dell’altro.
Il Mattatore riprese il capolavoro nell’82.
Ma intanto, fin dal ’75, il dramma classico era stato «smontato» dall’avanguardia
surreal-popolare di Memè Perlini: nel
suo «Otello perché?», in romagnolo, Desdemona è ottantenne e Jago bambino.
Nel ’79 la tragedia viene «assorbita» da
Carmelo Bene: incamerata nelle viscere e nelle meningi, quindi riaperta alla
vita. Nell’85, dopo quello sperimentale
del Falso Movimento di Mario Martone
e una nuova versione di Bene (al suo
fianco, bellezza pressoché muta, Cristina Borgogni), si misurò con «il Moro»
Enrico Maria Salerno, affiancato dalla
N
veemente (e dunque insolita) Desdemona
di Maddalena Crippa e dal beffardo
Jago di Eros Pagni.
Otello, in quanto straniero accanto a una
bionda e giovane veneziana, era stato
quasi sempre scuro fuori e dentro. Ma
nel ’92 Leo De Berardinis aveva il viso
truccato di bianco come i clown, un gioco
d’attore. Otello tornò nero con Franco
Branciaroli nel ’95, accanto a Umberto Orsini-Jago e alla giovanissima Valeria Milillo, per la regia espressionista di
Gabriele Lavia (che l’aveva già diretto
nel ’75).
Quello stesso anno, il cinema, in un film
di Oliver Parker, propone per la prima
volta un «Otello» davvero nero, il piratesco Laurence Fishburne, calvo e con
orecchino, amato da Irène Jacob e, senza speranza, da Kenneth Branagh, Alfiere innamorato del Generale, secondo
l’ipotesi del biografo di Freud, Ernest
Jones, che nel ’38 influenzò Laurence
Olivier-Jago al punto da fargli baciare
all’improvviso sulla bocca il collega Larry Richardson-Otello, un ruolo che Sir
Laurence avrebbe fatto proprio negli anni
Branciaroli: «La gelosia? Solo un alibi»
ranco Branciaroli è stato Otello
un’occasione, un alibi pubblico per dimonel ’95, con Umberto Orsini-Jago,
strare, a se stesso, la sua privatissima tesi:
regia di Gabriele Lavia. La critica
quella di non essere accettato dai veneziani,
lodò i suoi magistrali infantilismi. Ma,
di essere stato solo usato. Le nozze con la
secondo l’interprete, come fu quell’edinobile fanciulla sono state l’ultimo tentativo
zione? «Uno dei tanti sughi con cui si
di "inserirsi". Ma lui vede che non è servito
può condire la pasta Otello. Unica vaa niente. E, allora, ammazza lei per porre
riante alla tradizione, indossavamo divifine a se stesso, come uomo, non come il
se da soldati di oggi. Il fatto è — preciforzuto straniero che combatte per la Seresa Branciaroli — che per quanto evidennissima. Otello non piange il tradimento di
te sia ormai che quello non è il dramma
Desdemona ma la perdita di Venezia».
della gelosia (se non per il melodramma
E Jago soffia sul fuoco?
verdiano), tutti i registi, Nekrosius com- VERO Franco Branciaroli «Jago è uno sperimentatore, modernissimo,
preso, lo considerano ancora tale».
senza pietà. Vuol far vedere a Otello lui
E perché non lo è?
stesso. In una sola battuta gli mostra di essere sì
«Perché non ci sono i tempi per il tradimento. Shakespe- cornuto ma perché negro, e vecchio».
are, un genio delle trame, rende tecnicamente impossibi- Via, neppure l’ombra di un delitto sessuale?
li le "corna" (che magari ci sarebbero state in un «Ma se Otello non tocca mai Desdemona, neppure per
secondo momento) tra Desdemona e Cassio».
ucciderla! La sua è la disperazione di un refusé, lui è
Ma Otello ci crede, e ammazza la donna.
l’alieno musulmano».
«Otello vuole crederci. Anzi, non aspetta altro che
Cla. P.
F
Egle Spokaite
Vladas Bagdonas
Sotto i riflettori
Il vecchio generale
straniero, deriso dalla
soldataglia aizzata da
Jago, misura la sua
potenza sull’amore, la
dedizione della sua
giovane sposa. Ma,
nella regia del lituano
Eimuntas Nekrosius, le
passioni sono venti
impetuosi che mutano
Orson Welles
Suzanne Cloutier
Sugli schermi nel ’52,
Palma d’oro a Cannes,
è il primo film girato da
Orson Welles fuori
degli Stati Uniti. E’
stato ripresentato in
una versione restaurata
nel ’92. Sanguigno e
barbarico, ispirato ad
Eisenstein, non fu
subito compreso.
Otello, un super-moro
passionale; bionda e
candida Desdemona: il
delitto è straziante
Irène Jacob
Laurence Fishburne
Kenneth Branagh
Fishburne è il più
recente Moro di
Venezia di pelle nera
sullo schermo. Ma la
novità del film girato
nel ’95 da Parker è
che il vero
protagonista è Jago.
Branagh ne fa un
malvagio burattinaio
Vittorio Gassman
Pamela Villoresi
Carmelo Bene
Due volte sulle scene, nel ’79
(sospeso in una rumorosa matinée) e
nell’85, Bene sprona la follia «dark» di
Otello e oscura il mondo intorno a lui
Nell’82 Gassman, che
nel ’57 aveva
inventato il «gioco»
affascinante di
scambiarsi la parte
con Randone, in una
partita tra due colossi,
riservò a Desdemona
il credo scespiriano:
«Fragilità il tuo nome
è donna»
Enrico Maria Salerno
Un Moro di grande
autorità, impegnato a
ben figurare davanti
alla Serenissima, quasi
un antico barbaro
tornato a servire l’Urbe,
è l’Otello impersonato
da Salerno
La delusione
Fishburne
come Simpson
Laurence Fishburne è
un Otello che somiglia
quasi a O.J. Simpson,
Jago è Kenneth
Branagh, la bella
Irène Jacob è la
povera Desdemona.
Nonostante il notevole
cast, l’alchimia tra i
personaggi non scatta,
e il film, più che verso
l’indagine psicologica,
vira solo sull’azione.
le Desdemone portate in scena da
Memè Perlini nel suo Otello del ’75.
La più vera delle quali è l’anziana
attrice Nerina Montagnani,
un’ottantenne che balla e canta
Dal cupo Welles al dinamico Gassman
Zeffirelli e Nekrosius, regie agli opposti
Le donne
di Welles
Con Zeffirelli
14
le versioni cinematografiche del
Moro. A partire dal 1907 con il film
muto di Franz Porten, passando dal
capolavoro di Orson Welles (1952)
fino alla regia di Parker (1995)
PROSA E CINEMA GRANDI ATTORI PER IL DRAMMA. MA IN SCENA E SUL SET SI PREFERISCE «RE LEAR»
Sul set
Difficile per Orson
Welles la scelta di
Desdemona. L’attrice
franco-canadese
Suzanne Cloutier, che
alla fine venne
preferita per
l’importante ruolo, fu
la quarta candidata.
Prima di lei Betsy
Blair fu giudicata un
po’ bruttina, Cécile
Aubry, girò due giorni
e poi sparì, infine Lea
Padovani, allora
amante del regista,
ruppe con Welles
dopo due settimane di
riprese.
2
le volte in cui Vittorio Gassman porta
in scena l’Otello. Nel 1957, in uno
spettacolo sfida, si scambia il
personaggio a sere alterne con Salvo
Randone. Di nuovo a teatro nel 1982
Laurence Olivier
Maggie Smith
Katia Ricciarelli e Urbano Barberini
Spettacolare film-opera quello di Zeffirelli
dell’86, con scene hollywoodiane come nel
corteggiamento di Cassio a Desdemona
Alla guida del National
Theatre, Olivier diede
una delle sue più
grandi interpretazioni
d’attore affrontando
per la prima volta,
negli anni ’60, Otello
’60 alla guida del National Theatre di
Londra. Era la quinta produzione per il
grande schermo del capolavoro scespiriano: procedendo a ritroso, nell’87 Franco
Zeffirelli aveva girato il suo film opera
(a 4 anni dalla «Traviata»), esterni a
Creta, scene in flash back, lotta tra Bene
e Male, una Katia Ricciarelli incantatrice e, padrone indiscusso, Placido Domingo. Nel ’65, Stuart Burge aveva diretto Olivier e Maggie Smith, nel ’56 Iutkevic aveva avvolto nella magnificenza degli esterni in Crimea Sergej Bondarciuk.
Ma il primo, indimenticabile Otello del
dopoguerra era stato nel ’52, al Festival
di Cannes, quello «nerissimo», minaccioso e patetico fino alla psicopatia, di Orson Welles: un’impresa che si protrasse
per tre anni, da Venezia al Marocco, tra
rimandi e processioni di Desdemone, ruolo che fu infine di Suzanne Cloutier,
mentre quello di Jago venne affidato, tra
gelosie sì, ma omosessuali, al già maturo
Micheal Mac Liammoir.
Con il nuovo millennio Otello ha il volto
«straniero» e pallido di un uomo dell’Est, l’impetuoso Vladas Bagdonas della Compagnia di Eimuntas Nekrosius.
La sua «diversità» sta nel modo di concepire la vita, l’amore, il rapporto con la
donna, un modo antico, senza compromessi, legato al potere che si esercita in
prima linea e dunque fragilissimo perché
incapace di sfumature, ammiccamenti,
un militare tutto d’un pezzo quanto il
giovane Jago è l’uomo dietro le quinte, il
politico dei piccoli intrighi che pregusta
catastrofi.