SEYMOUR PAPERT CONNECTED FAMILY Come aiutare genitori e bambini a comprendersi nell’era di Internet a cura di Paolo Ferri Traduzione di Giuliana Santambrogio e Adriano Solidoro MIMESIS saggi e narrazioni di estetica e filosofia I capitoli 1, 3, 5, 7 del presente volume sono stati tradotti da Adriano Solidoro. i capitoli 2, 4, 6, 8 sono stati tradotti da Giuliana Santambrogio. Published by LONGSTREET PRESS INC. A subsidary of Cox Newspapers, A subsidary of Cox Enterprises, Inc. 2140 Newmarket Parkway Suite 118 Marietta, GA 30067 Copyright © 1996 by Seymour Papert © 2006 – Associazione Culturale Mimesis Redazione: via Mario Pichi 3 – 20143 Milano tel./fax: +39 02 89403935 Per urgenze: +39 347 4254976 E-mail: [email protected] Catalogo e sito Internet: www.mimesisedizioni.it Tutti i diritti riservati. INDICE PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA Bibliografia selezionata dei volumi e dei saggi di Seymour Papert p. 7 p. 21 Seymour Papert CONNECTED FAMILY p. 25 PREFAZIONE p. 29 I. II. III. IV. V. VI. VII. VIII. Generazioni Tecnologia Apprendere Valori Famiglia Progetti Scuola Futuro p. 33 p. 49 p. 67 p. 95 p. 109 p. 137 p. 179 p. 205 CONCLUSIONI p. 221 POSTFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA p. 227 GUIDA ALLE RISORSE p. 231 PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA Seymour Papert come far dialogare bambini e computer Seymour Papert1 è il più grande studioso internazionale delle modalità attraverso le quali i bambini possono utilizzare i computer e le tecnologie digitali, per migliorare lo studio e l’apprendimento. La sua fama in Italia è diffusa purtroppo solo tra gli specialisti, mentre è molto vasta negli Stati Uniti. Papert è stato, ad esempio, consulente di Carter e Clinton all’interno dei programmi di introduzione delle nuove tecnologie nella scuola primaria. Papert, inoltre, è stato il primo studioso a comprendere tra gli anni Sessanta e Settanta quale sarebbe stato il ruolo rivoluzionario delle tecnologie digitali nel campo dell’educazione e della didattica. Egli ha ideato il linguaggio di programmazione LOGO ®, il primo e più rilevante tentativo di dare ai bambini e ai ragazzi la possibilità di comprendere e padroneggiare le tecnologie della programmazione e di utilizzarle come strumento per l’apprendimento. E’ titolare della Lego Chair for Learning Research al Massachusset Institute of Technology (M.I.T.), dove è stato anche cofondatorre dell’Artificial Intelligence and Media Laboratories. E’ autore di decine di pubblicazioni dedicate al tema “Bambini e computer”, tra i volume pubblicati in italiano ricordiamo Papert, S. (1980), Mindstorms: bambini, computers e creatività, Emme, Milano 1994. I bambini e il computer (1993) Rizzoli Milano, 1994. Due grandi maestri: Piaget e Minsky Lo sviluppo del pensiero e della riflessione di Papert è segnato da due grandi incontri intellettuali e personali, quello con Jean Piaget, che avvie- 1 Una bibliografia completa delle opere di Papert è disponibile al sito http://www.papert.com/works.html. 7 ne all’Università di Ginevera, dove lavora tra il 1958 e il 1963 e quello con Marvin Minsky, con il quale incessantemente lavora al MIT, ritornato negli USA a partire del 1963. La collaborazione con Piaget è quella a cui si deve l’interesse di Papert, giovane matematico di formazione, per lo sviluppo cognitivo dei bambini. Negli anni Sessanta Papert, si colloca ancora all’interno dei una visione computazionalista della mente e del paradigma cibernetico cognitivista2, e il suo lavoro con Piaget si focalizza sul tentativo di utilizzare una modellizzazione matematica delle modalità dello sviluppo cognitivo dei bambini. La ricerca di Papert prosegue all’M.I.T. di Boston sotto la guida di Marvin Minsky, anch’egli all’epoca fautore della cibernetica cognitivista. Insieme a Minsky è, infatti, tra i fondatori del Artificial Intelligence Laboratory e lavora al con il team che contribuisce ad adattare il linguaggio di programmazione LISP3 per la creazione dei primi sistemi di intelligenza artificiale. E’ in quest’epoca che sviluppa l’idea di un linguaggio programmazione che possa essere utilizzato dai bambini per “programmare” i calcolatori si tratta di una variante semplificata del LISP, il LOGO ™. Questo linguaggio di programmazione è basato sull’idea che i bambini possano comprendere meglio i principi della programmazione imparando direttamente a programmare in maniera semplice. In particolare nel caso del LOGO, si tratta di far muovere sullo schermo, attraverso semplici righe di codice, una l’icona di una tartaruga sullo schermo, in modo da poter costruire figure geometriche e disegni. L’intuizione che generò il LOGO è la prima idea rivoluzionaria di Papert nel campo delle tecnologie didattiche dal momento che in quegli anni, sotto l’influsso del comportamentismo di Skinner, l’ipotesi più accreditata intendeva i computer come vere e proprie macchine per insegnare “istruzionali”. Era le macchine che avrebbero dovuto “programmare” i bambini e addirittura sostituire gli insegnanti, mentre Papert ribaltava questa impostazione sostenendo che i computer debbano essere usati in modo ludico e costrutti- 2 I fautori della cibernetica cognitivista, ad esempio Wiener e lo stesso Minsky nella prima fase del suo pensiero, sostengono l’idea di poter fornire una rappresentazione del cervello e della mente come una macchina di natura computazionale che opera attraverso l’elaborazione formale di simboli. 3 Il Lisp (List Processor) è un linguaggio di programmazione spesso usato nei progetti di intelligenza artificiale. È stato ideato nel 1958 da John McCarthy come linguaggio formale, per studiare le equazioni di ricorsività in un modello computazionale. È un linguaggio di programmazione che si basa sul concetto di programma come funzione. Tutte le strutture dati di questo linguaggio sono delle liste. 8 vo per liberare la creatività dei bambini e per potenziare le loro “intelligenze multiple”. Con la crisi del programma di ricerca dell’Intelligenza artificiale “forte”, e cioè con il fallimento anche sperimentale dell’ipotesi secondo la quale la mente possa “funzionare” come un computer e che quindi le dinamiche del pensiero possano essere compreso e descritto attraverso gli strumenti della logica formale si afferma la svolta “connessionista”. Il connessionismo ribalta l’ipotesi cibernetico-cognitivista nella proposta di spiegazione delle dinamiche di funzionamento della mente. Le strutture logico-formali del cognitivismo cibernetico sono sostituite da operazioni numeriche anche molto complesse (equazioni differenziali ad esempio) che permettono di mappare e descrivere gli stati del sistema a partire da elementi semplici (sul modello dei neuroni del cevello) e dalle loro connessioni, via via più complesse, nella loro evoluzione genetica nel tempo. Il connessionismo rovescia, dunque l’assunto della cibernetica cognitivista, sostenendo che sono i computer a dover tentare di emulare il funzionamento, infinitamente più complesso e ricco della mente umana e non viceversa. Sia Minsky che Papert nell’aderire alla svolta connessionista modificano radicalmente la loro impostazione epistemologica. Cominciano, infatti, a ipotizzare che la dinamiche dei processi cognitivi, il funzionamento del pensiero e dell’apprendimento nascano dell’interazione “sociale” di un molteplicità di elementi semplici, i neuroni e le aggregazioni di neuroni. La mente e i processi di apprendimento possono essere quindi compresi solo leggendo le interazioni “sociali”, appunto, che si svolgono all’interno della mente e nei rapporti tra la mente e l’ambiente proprio come se si dovesse sviluppare un’analisi sociale delle dinamiche cognitive. Si tratta della “società della mente” o “delle menti”, appunto, riprendendo alla lettera il titolo del fondamentale volume di Marvin Misky4. Minsky analizzando lo sviluppo dell’intelligenza e delle capacità di apprendimento nei bambini afferma come sia importante studiare non solo il manifestarsi e lo svilupparsi, attraverso opportuni esperimenti, delle varie fasi dello sviluppo della cognizione – il metodo inaugurato da Piaget -, ma anche provare, come suggerito da Papert, a comprendere il modo in cui, a livello neurale, avvenga lo slittamento da una modalità cognitiva all’altra, chiarire cioè la strategia cognitiva che è sottesa al paradigma dell’epistemologia genetica. Quali sono, quindi, le strategie del passaggio da una fa- 4 Minsky, M., (1986).The society of mind, Simon and Schuster, New York; tr. it. La società della mente, Adelphi, Milano 1990 9 se cognitiva all’altra e come possiamo aiutare i bambini a rendere più creativo e ricco lo sviluppo dinamico delle capacità cognitive. Afferma a questo proposito Minsky: “(…) Questa spiegazione della differenza tra bambini piccoli e grandi fu proposta per la prima volta da Seymor Papert, negli anni Sessanta, quando cominciammo a esplorare insieme l’idea di una società della mente. Le teorie precedenti avevano per lo più tentato di spiegare gli esperimenti di Piaget (N.d.A. relativi alle differenti modalità della cognizione nelle diverse fasi dello sviluppo) ipotizzando che i bambini sviluppino con il tempo modi di ragionare diversi. Questo è certamente vero, ma l’importanza della concezione di Papert sta nel sottolineare non soltanto gli ingredienti del ragionamento, ma anche il modo in cui essi sono organizzati: una mente non può crescere molto se si limita ad accumulare conoscenze (secondo il metodo istruzionistia NdC). Deve anche inventare modi migliori per usare ciò che già sa. Questo principio merita un nome. Principio di Papert. Alcuni tra gli stadi più cruciali sullo sviluppo mentale sono basati non sulla semplice acquisizione di nuove abilità, bensì sull’acquisizione di nuovi metodi di amministrazione per usare ciò che già si conosce.”5. Proprio sviluppando questo principio nel sul primo volume dedicato a questo tema Mindstorms: bambini, computers e creatività del 19806, Papert sostiene come l’uso e la pratica con la programmazione dei computer, intesi come strumenti per apprendere - tools e non tutor - , come strumenti per aiutare a costruire una maggior rete di relazione tra la vita quotidiana e l’esperienza didattica, possa redendere più concreti e soprattutto manipolabili, concetti che nella tradizionale pratica scolastica - “istruzionista”, cioè fondata sul metodo dell’accumulazione delle conoscenze - restano spesso astratti e lontani dall’esperienza dei bambini. Ad esempio nel caso della matematica molti concetti, se “costruiti” al computer dai bambini e rappresentati da loro attraverso lo strumento del Logo in maniera visuale – ad esempio nel caso delle frazioni attraverso la suddivisione in fette di una torta sullo schermo – possono avvicinarsi maggiormente alla loro esperienza. Essere protagonisti della costruzione del sapere e dei concetti, può inoltre permettere ai bambini di “accomodare” nuove conoscenze all’interno della “società delle loro menti individuali” e in quella del gruppo classe all’interno del quale sono inseriti. 5 Ivi, p. 193. 6 Papert, S. (1980), Mindstorms: children, computers, and powerful ideas, Basic Books New York; tr.it. Mindstorms: bambini, computers e creatività, Emme, Milano 1984. 10 Inoltre la programmazione attraverso il Logo si svolge attraverso una serie di esperimenti euristici e di progressivi tentativi di soluzione di un problema che permettono al bambino di comprendere come non esista un’unica soluzione, un’unica via, un’unica intelligenza – ricollegandosi qui alla riflessione di Gardner sulle intelligenze multiple 7– ma come gli stili cognitivi e le modalità stesse di apprendere siano strutturalmente plurali. La riflessione di Papert non si ferma ad analizzare lo sviluppo delle capacità di apprendere del singolo individuo, ma coerentemente con l’impostazione “sociale” della sua riflessione su “Bambini e computer” nel suo volume del 1990 I Bambini e il Computer8 analizza un ricca messe di casi sperimentali di un didattica “costruzionista” all’interno della scuola. Papert, ha, infatti nel frattempo avviato e sviluppato a fondo una serie di sperimentazioni legate all’applicazione delle successive versioni del programma Logo e della didattica costruttiva ad essa legata nella scuola. Sperimentazioni che negli Stati Uniti hanno coinvolto, direttamente o indirettamente decine di migliaia di insegnanti e centinaia di miglia di Bambini. In particolare Papert ne I bambini e il computer si sofferma sull’analisi di come all’interno dell’istituzione scolastica fino alla “rivoluzione digitale” sia prevalsa un sola forma di alfabettizazione la “literacy” del libro. Come abbiamo notato più sopra, invece, per Papert esistono una grande quantità di tipologie di alfabettizzazione così come esistono una pluralità di stili di apprendimento e di insegnamento e una pluralità di modalità di conoscenza. Da questo punto di vista la pluralità di codici comunicativi che vengono veicolati dai PC e dalle reti telematiche sono la più chiara dimostrazione di questo assunto. Il problema oggi è paradossalmente il fatto che nella cultura occidentale abbia vinto il modello gutenberghiano, e che un’unica tipologia di l’alfabetizzazione, di modalità di apprendere e di conoscere si è affermata decisamente sulle altre. Per secoli la scuola, la cultura e il sapere si sono identificare con il libro e si sono riferite solamente alla cultura scritta e soprattutto al modello uno-molto di diffusione e “traslocazione delle conoscenze” incarnato dal libro e dagli altri media gutemberghiani, la radio, la televisione ecc. Si tratta di un modello fondato sulla strutturale asimme- 7 Gardner, H. (1983), Frames of Mind: the Theory of Multiple Intelligences, Basic Books, New York; tr. it. Formae mentis. Saggio sulla pluralità delle intelligenze, Feltrinelli, Milano 1987a. 8 Papert, S. (1993), The children’s machine: rethinking school in the age of the computer, Basic Books, New York; tr. it. di A. Bellomi, I bambini e il computer Rizzoli Milano, 1994. 11 tria tra chi insegna e chi apprende e sul modello accumulativi –istruzionale di immagazzinamento del sapere. Papert, ritiene che i nostri figli “siano a rischio” nel momento in cui si perpetua questa tipologia di alfabetizzazione monologica e monocodicale. Il mondo contemporaneo è complesso stratificato e strutturalemte multicodicali, la sua “tecnologia caratterizzante” non è più il libro e non solo il libro; per questo perpetuare esclusivamente il modello gutemberghiano di trasmissione del sapere all’interno della famiglia, così come dell’istituzione scolastica, vorrebbe dire aprire uno iato molto pericoloso tra noi “figli del libro”, e la tradizione culturale di cui siamo portatori e i nostri figli. Secondo Papert, forse fin troppo ottimista in questa sua convinzione, un ambiente formativo esteso che integri le modalità tradizionali con quelle rese possibili dalle nuove tecnologie digitali, insieme all’utilizzo del metodo attivo e “costruzionisita” nella didattica, permetterebbe, di offrire ai bambini (soprattutto nel passaggio dalla famiglia alla scuola) uno stile di apprendimento più personale, più interattivo e negoziale, più graduale e più armonizzato con il contesto macro-sociale che li circonda. La criticità della proposta di Papert è chiara, in questo modello sarebbe necessario che le differenze di alfabettizzazione digitale e le differenti possibilità di “accesso” tra le diverse famiglie, così come le differenze locali e sistemiche tra i singoli istituti scolasti e i sistemi dell’istruzione nei differenti paesi venissero “per magia” abbattute. Famiglia, scuola sistema sociale e istituzionale dovrebbero cioè muoversi in secondo una logica completamente sincronica che è evidentemente un solo un modello ideale – dirbbe Weber idealtipico cui tendere - ma che rischia di non poter mai essere implementato in concreto. Inoltre Papert tende a sottovalutare i rischi che una digitalizzazione “selvaggia” e guidata esclusivamente dal mercato della formazione e della didattica così come degli strumenti di trasmissione del sapere potrebbe comportare. Tuttavia, nonostante il suo carattere “utopico”, la proposta papertiana rappresenta una provocazione intellettuale molto interessante e uno stimolo a promuovere una reale interazione cooperativa tra famiglia e scuola che certamente può essere mediata ed agevolata dalle nuove tecnologie dell’apprendimento. Gioco, apprendimento e didattica nel pensiero di Papert La proposta pedagogica che Papert propone di sviluppare attraverso il matrimonio consensuale tra computer famiglia e scuola relativamente è fondata, come abbiamo accennato su di una metodologia che pone il bam- 12 bino al centro della scena e che quindi privilegia le modalità ludico-esperienziali di acquisizione della conoscenza su quelle, acquisitivo cumulative. Papert ha sempre utilizzato la dimensione ludica per far accostare i bambini ai principi della programmazione, cominciando con la “tartaruga” del linguaggio “Logo”9 ma proseguendo con le più recenti esperienze, ad esempio, il progetto Mamamedia (www.Mamamedia.com) una comunità virtuale di apprendimento per soli bambini, o il progetto realizzato e poi commercializzato da una nota azienda di giocattoli per bambini, la “Lego”, che ha portato alla realizzazione di una versione “intelligente” dei noti “mattoncini”. Si tratta di piccoli mattoni facilmente programmabili10 dai bambini attraverso il computer, mediante un’evoluzione del linguaggio di programmazione “Logo”, che permettono di rendere animate e interattive con l’ambiente le costruzioni che i bambini realizzano con il Lego, in modo che possa svolgere operazione e movimenti anche complessi. A proposito del valore formativo dell’approccio ludico alla tecnologia e quindi anche ai giochi elettronici, inclusi quelli commerciali, in un recente articolo relativo al rapporto tra computer games e apprendimento e in relazione ai problemi che questo tema suscita all’interno delle famiglie Papert afferma: “La prima delle mie due strategie è riconoscere che discutere, tra genitori e figli, sui computer games e sull’apprendimento è un’attività molto seria e io pongo una grande enfasi su questo approccio al problema. Io incoraggio i genitori a discutere con i loro bambini sul rapporto tra apprendimento e computer games e lavoro per incoraggiarli a farlo e a farlo rispettando in questo le opinioni dei bambini che hanno molto da insegnare e molto da apprendere in questo campo. Io cerco, inoltre, di sviluppare e di diffondere un vocabolario e dei concetti che servano per fare questo. La seconda delle mie due strategie è quella di incoraggiare i bambini a diventare loro stessi progettisti dei loro giochi. Questo richiede un maggior investimento nell’infrastruttura tecnologica e un grande sforzo di formazione. Ma ho constatato che quando i bambini trovano sufficiente ascolto e aiuto, assieme a software sufficientemente semplici e fruibili, il 9 A questo proposito si veda S. Papert, Logo philosophy and implementation, Logo Computer System inc., 1999 disponibile anche parzialmente on-line al sito http://www.microworlds.com/company/philosophy.pdf . 10 Si tratta della linea di prodotti LEGO® MINDSTORMS™, (http://mindstorms.lego.com/). All’interno di ogni confezione di mattoncini è presente uno o più di essi che può essere programmato, cioè che può memorizzare istruzioni che sono “scritte” al computer dal bambino; si tratta di un’evoluzione del linguaggio Logo in grado di far muovere e “interagire” con l’ambiente esterno i robot che vengono costruiti con i mattoncini tradizionali. 13 loro entusiasmo per il giocare si trasforma molto facilmente in entusiasmo nel programmare i loro computer games e questa svolta cognitiva li conduce a ragionamenti sofisticati circa tutti gli aspetti dei computer games, anche rispetto al rapporto tra video-giochi ed educazione. Naturalmente, i giochi che possono costruire i bambini non possono raggiungere la pulizia e la complessità dei giochi realizzati da designer e software house. Ma l’idea che i bambini possano programmarli, scrivere le storie e le musiche dei video-giochi non è contraddetta dal fatto che il loro lavoro non ha una qualità professionale. Io credo di poter affermare che nel giro di dieci anni, progettare e realizzare un video-gioco sarà a pieno titolo parte della cultura e della formazione dei bambini, così come lo sono il disegnare, lo scrivere storie e suonare uno strumento e tutte le altre forme di intelligenza artistica”11. Proprio per dare un’attuazione pratica a queste intenzioni, Papert ha sviluppato progetti scientifici e commerciali che permettessero ai bambini di essere abilitati a fare propria l’esperienza della programmazione e ha progettato e attivato una comunity web tutta dedicata ai bambini, che raccoglie e fornisce formazione e supporto rispetto a questa attività. Stiamo parlando del progetto “MaMaMedia”, più sopra citato, un progetto di grandissimo rilievo, che è riuscito a creare una comunità virtuale di apprendimento dedicata esclusivamente ai bambini e basata sulle ultime posizioni espresse dallo studioso americano. I giochi e le attività che bambini, anche molto piccoli, possono creare o a cui possono partecipare, sul web si fondano sull’intuizione di Papert dell’integrazione tra l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione Web e la metodologia del learnig by doing del costruttivismo sociale in pedagogia. Il successo di questa intuizione è confermato dal fatto che “MaMaMedia” ha oggi di più di 5 milioni di bambini registrati all’interno della community e grazie alla sua offerta di giochi didattici, di possibilità di relazioni e scambi a distanza, di supporti per la didattica on-line ha ottenuto importanti riconoscimenti accademici quali il Computerworld Smithsonian Award e il Global Information Infrastructure Award per il miglior sito dedicato ai bambini. Questo progetto comprende, inoltre, una sezione del sito specificatamente dedicata all’analisi e allo studio delle politiche di sicurezza, privacy e tutela dei minori e dei bambini su Internet. Al progetto collaborano oltre all’M.I.T. e numerose istituzioni educative statunitensi, anche una serie di aziende 11 S. Papert, Does Easy Do It? Children, Games, and Learning in “Game Developer”, “Soapbox” section, June 1998, p. 88 (traduzione mia). 14 private tra le quali le sezioni dedicate ai giochi di AOL, StarMedia, EarthLink, Disney’s GO Network, Time Warner’s Road Runner, Netscape’s Netcenter KidZone e Microsoft’s WebTV. Connected Family: come superare il digital divide all’iterno delle famiglie Nel suo libro più recente Connected Family, che finalmente presentiamo al pubblico italiano Seymour Papert prende in considerazione il problema della coesistenza, in questa e nelle prossime generazioni, di stili di apprendimento e modelli di alfabetizzazione radicalmente differenti. Lo stile di “apprendimento allargato”12 e multicodicale della “internet generation” e quello ancora fondamentalmente gutenberghiano dei genitori, delle famigli e anche dei decisori istituzionali. Si tratta di un questione di grande rilevanza, dal momento che essa implica nella comunicazione intergenerazionale almeno tre aree di criticità. 1. L’aprirsi di quello che Papert nel volume che stiamo presentando definisce come “generation gap” dal momento che i genitori sono generalmente felici del fatto che i loro bambini acquisiscano conoscenze che loro stessi non hanno, ma si sentono molto spesso e nello stesso tempo frustrati e rifiutano il fatto che di non comprendere il linguaggio e le pratiche dei loro digital kids; 2. L’esposizione in particolare dei più piccoli alle culture sociali dominati, ad esempio alla cultura dell’”narcisismo edonista”13 e del consumismo esasperato, e contestualmente l’esposizione a pratiche d’uso della rete Internert, irriflesse, spesso non le più abilitanti o adatte per i bambini, assunte in maniera inconsapevole all’interno del gruppo dei pari o attraverso l’immagine sociale che i media tradizionali contribuiscono a dare della rete. 3. Il pericolo, in questa fase di transizione al digitale, che la distanza culturale e cognitiva tra genitori e figli si apra a tal punto da rendere difficile la comunicazione e la condivisione intergenerazionale di esperienze, valori e addirittura la trasmissione delle esperienza e del sapere. Sembra un pericolo remoto, ma è necessario comprendere come ha notato Derrick DeKerckhove come il brainframe che si acquisisce attraverso 12 A questo proposito si veda Oltre l’aula. Strategie di formazione nell’economia della conoscenza, a cura di R.C.D. Nacamulli e D. Boldizzoni, Apogeo Milano, 2004 13 Lash, C. The Culture of Narcisism, New York-London, Norton, 1991 15 la fruizione dell’ambiente di formazione mediatizzato esteso dei media digitali o “cyberception”14 (De Derckhove, 1996,) nel quel sono immersi i bambini e i pre-adolescenti, e cioè le modalità di apprendimento, gli schemi cognitivi e le stesse modalità di fare esperienza, sono davvero radicalmente altro rispetto al brainframe strattamante alfabetico testuale, all’interno del quale ci siano formati noi, più o meno eretici, figli del libro e della galassia Guthemberg. Il volume di Papert che presentiamo prova ad offrire soluzioni e consigli per insegnanti e i genitori rispetto ai rischi della divergenza cognitiva e del generational gap all’interno della famiglia e della scuola, dal momento che famiglia e scuola costituiscono i luoghi del primo contatto dei bambini con gli strumenti della comunicazioni digitale che caratterizzano la nostra società informazionale. I “compiti” per i genitori e per gli insegnati All’interno di questo ragionamento si colloca la tesi fondamentale di Connected Family e insieme la proposta operativa che Papert sviluppa nel volume. I bambini possono aiutare le famiglie e gli insegnanti ad aumentare le loro competenze tecnologiche, mentre gli adulti devono attentamente riflettere sulla differenza dell’ambiente formativo dei loro figli per riuscire a stabilire con loro un terreno comune di dialogo formazione e cooperazione. Questa tesi è argomentata da Papert, nell’opera che presentiamo, con uno stile piano e godibile. Lo stile informale che la caratteriz- 14 Termine coniato da R. Ascott, “The Architecture of Cyberception,” in M. Toy, ed., Architects in Cyberspace (London: Architectural Design, 1995), 38-41. Per DeKerkove, la “cybercepiton” è una particolare ridefinizione del nostro apparato cognitivo e percettivo, coevoluta insieme al nostro progressivo avvezzarci ai media digitali, si tratta di una peculiare trasformazione del rapporto percettivo con il mondo che ci circonda ovvero, nella ridefinizione del modo in cui la nostra mente organizza dello spazio prospettico. Nella percezione-gutenberghiano prospettica – la potremmo defire anche gutenbergception, il soggetto è sempre e solo un osservatore estraneo e distante dall’oggetto che viene osservato, nella realtà virtuale, nella realtà ipermediale del web, questa distanza viene abolita e il soggetto si “immerge” nell’oggetto. La “cyberception” è quindi una percezione del tutto differente rispetto a quelle del mondo fisico, o a quelle di natura introspettiva. Per questo motivo, de Kerckhove parla di un rovesciamento del primato dello sguardo, cioè del visivo, sul tattile. Nel mondo del web è la “mano della mente” del mouse, guidata dalla mano fisica che lo conduce che penetra il nuovo spazio percettivo, lo sguardo non è più perciò prospettico, ma è perché è immerso nel cyberspazio. 16 za, e che i lettori avranno modo di apprezzare nella traduzione di Giuliana Santambrogio e Adriano Solidoro, è congruente con il target di lettori che Papert si propone di raggiungere: i genitori, i famigliari e gli insegnati, di quella che Papert definisce come “digital generation”, e non esperti di tecnologie digitali. I genitori e gli insegnati dei bambini che sono nati e cresciuti all’interno di un contesto familiare (in Italia più del 30% delle famiglie è già in questa condizione), dove i computer e le tecnologie di rete sono presenti come un “elettrodomestico comune”. Ora questi bambini usano i computer e la rete, fin dalla prima infanzia, dal momento che sono una parte dell’“arredamento” del loro spazio dell’abitare. Il primo approccio dei bambini al computer non è ancora stato studiato a sufficienza per poterlo descrivere in maniera scientificamente fondata, ma quello che possiamo dire è che i bambini approcciano le tecnologie attraverso il modeling dei comportamenti dei genitori o degli adulti, e imparano a utilizzare il computer con grande facilità e naturalezza, la stessa naturalezza con la quale usano altri strumenti tecnologici, come il dvd e i vari telecomandi che popolano le nostre case. I loro genitori, i loro familiari e i loro insegnati che sono nati e cresciuti all’interno dello “stile di apprendimento” gutenberghiano, si trovano, perciò, a fronteggiare un problema nuovo. Sono in una situazione di svantaggio cognitivo: imparano più lentamente; e culturale: hanno appreso il linguaggio dei nuovi media come una “lingua seconda” rispetto ai loro figli. Esiste cioè tra i genitori, ma lo stesso discorso vale anche per gli insegnanti, un gap di familiarità e di cultura rispetto alla tecnologia ed in particolare a quella digitale. Gli adulti sono decisamente meno avvezzi a questa rispetto ai bambini e non possono possedere quella che Papert definisce come “computer fluency” nella stessa misura dei loro figli. Un esempio può essere lo stupore con il quale guardiamo i nostri figli destreggiarsi in video-giochi dei quali noi adulti stentiamo anche comprendere la logica di funzionamento, o, per restare al volume che stiamo presentando, all’esempio che apre il libro di Papert e che descrive la naturalezza con la quale il nipote dell’autore utilizza il video-registratore. Gli adulti sono molto più cauti, spesso gravati di pregiudizi, rispetto ai media digitali, pre-giudizi, come quello relativo, alla pericolosità della tecnologia, dei video-giochi o della stessa Internet. Papert è fiducioso nelle possibilità di un integrazione ”senza-conflitti” delle tecnologie all’interno della famiglia e della scuola propone una acuta e convincete strategia teorica ed operativa per, dissipare i pregiudizi e nello stesso tempo per fare in modo che genitori ed insegnanti passano costruirsi, insieme e con l’aiuto dei bambini una “litteracy” e un “fluency” rispetto alle tecnologie. Oltre a proporre il suo ap- 17 proccio “costruttivista” all’educazione multimediale e descriverne, attraverso una serie di esemplificazioni, la praticabilità per bambini e genitori fornisce, anche una serie di indicazione operative relative alle problematiche più comuni che un genitori e un insegnate si trova di fronte nel momento in cui i bambini sviluppano quello che Papert definisce il “loro rapporto di amore con il computer”. Ad esempio, suggerisce come valutare l’opportunità di acquistare questo o quel software didattico o ludico; indica e suggerisce come gestire e “normare” l’accesso a Internet dei propri figli, così come propone un metodo per un uso proattivo dei videogiochi e del computer. A questo proposito di particolare interesse sono le indicazioni che Papert fornisce rispetto alle paure dei genitori rispetto all’uso da parte dei bambini di Internet, ad esempio nel caso della partecipazione di un bambino ad una chat o ad un newsgroup su Internet. Papert suggerisce ai genitori di non impedire, come spesso accade, al proprio figlio di utilizzare questo potente strumento cooperativo di socializzazione. Ma propone di stabilire con lui regole precise, e di avvertirlo rispetto al fatto che, ad esmpio, chi comunica con lui può, essendo anonimo, essere o non essere corrispondente alla descrizione che da di sé sulla rete. Inoltre Connected Family suggerisce di stabilire con il proprio figlio un clima di fiducia che permetta ai genitori di conoscere quello che il loro figlio sta facendo su Internet, se non di farlo insieme a lui. Sempre su questa linea, in particolare nel sesto capitolo si sofferma sulla necessità di dare ai bambini la possibilità e l’opportunità di padroneggiare a fondo la tecnologia, di impararne la logica interna attraverso la comprensione delle logiche della programmazione. Tutto ciò per evitare quella fruizione irriflessa e passiva dello strumento che genera i casi limite di assuefazione meccanica a questo o quel programma o videogioco che popolano le pagine della cronaca nera o di costume dei quotidiani e i servizi in video dei telegiornali. Un esemplificazione concreta di questo modo di procedere è offerta inoltre dai software contenuti nel CD-ROM allegato al volume15; ad esempio i software “costruttivisti” da lui stesso progettati quali “My Make Believe Castle” e “Logo-Mi- 15 Il CD-ROM, non è stato tradotto e localizzato in lingua italiana, perché si è preferito restituire al lettore la versione originale proposta da Papert nel 1996, data di uscita dell’edizione statunitense del volume. In questo modo sarà possibile anche confrontando le tecnologie presenti nel CD-Rom con quelle attualmente disponibili anche formarsi un’idea degli sviluppi e dei passi avanti che le tecnologie didattiche hanno compiuto in questi anni. 18 croworlds”, che permettono ad ogni lettore di mettere alla prova il metodo di Papert attraverso la sperimentazione diretta sul proprio computer. L’ulteriore suggerimento, in questo “caso politico”, che Papert rivolge alle famiglie e ai genitori è quello di praticare una forma di “attivismo costruttivista” rispetto all’educazione dei propri figli. Lo stesso atteggiamento attivo è suggerito nel cooperare con gli insegnanti e le istituzioni scolastiche per far sì che la rivoluzione digitale della didattica produca effetti proattivi e non una passivizzazione o un distacco dell’istituzione scolastica rispetto alla vita dei bambini. Più potente, infatti, è lo strumento più grandi sono i rischi che si corrono nell’utilizzarlo non criticamente e senza riflettere attentamente. Quest’ultima è un indicazione molto opportuna anche per i genitori e gli insegnati italiani che proprio quest’anno si confrontano con una scuola primaria che secondo le indicazioni della Riforma Moratti16, prevede l’introduzione dell’informatica come materia fin dal primo anno – cosa in sé assai meritoria – ma che non possono non essere preoccupati dal modo in cui questa riforma viene attuata. Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati (pubblicato il 30 luglio 2003) legge n. 53/2003, e i loro successivi aggiornamenti propongono, infatti,senza alcune attenzione all’interdisciplinarietà, all’apprendimento attivo, alle Community of Learners, all’apprendimento cooperativo, alla media litteracy e alla media fluency propugnata da Papert e da tutta la scuola della didattica costruttivista sociale, obiettivi di apprendimento, davvero poveri.Obiettivi che si potrebbero tranquillamente raggiungere attraverso l’utilizzo dell’Help di qualsiasi pacchetto di Office automation17. Proprio per questo ci pare estremamente opportuno che le riflessioni di Papert possano far crescere una coscienza critica all’interno 16 Decreto Ministeriale n. 61, del 22 luglio 2003 “Linee di indirizzo e di orientamento relative all’alfabetizzazione informatica e della lingua inglese” e dalla circolare n.69 del 29 agosto 2003 del “Dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione A proposito dell’impatto della riforma della scuola sulla scuola dell’infanzia si vedano M. Maraviglia, G. Zumino, La scuola dell’infanzia e la riforma dei cicli, Junior, Milano 2001 17 Cito testualmente, omettendo le parti di tecnologia: Primo anno Tecnologia e informatica: - I principali componenti del computer: pulsante d’accensione, monitor, tastiera, mouse- Utilizzare il computer per eseguire semplici giochi anche didattici. - Accendere e spegnere la macchina con le procedure canoniche, attivare il collegamento a Internet. - Accedere ad alcuni siti Internet (ad esempio quello della scuola). Secondo e terzo anno: Tecnologia e informatica: - La videoscrittura e la videografica; - Accedere ad Internet per cercare informazioni (per esempio, siti meteo e siti per ragazzi). - Scrivere piccoli e semplici brani utilizzando la videoscrittura e un correttore ortografico e grammaticale. - Riconoscere l’algoritmo in esempi concreti.- Disegnare a colori i modelli realizzati o altre immagini adoperando semplici programmi di grafica; - Inserire nei testi le immagini realizzate. Quarta e quinta: tecnologia e informatica: - Le telecomunicazioni; 19 delle famiglie e della scuola rispetto alle scelte che, sull’alfabetizzazione digitale, vengono deliberate a livello nazionale e regionale. Paolo Ferri è professore associato e docente di Tecnologie Didattiche Teoria e tecniche dei nuovi media presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Si è occupato di teoria degli ipermedia, epistemologia delle tecnologie digitali, sociologia dei nuovi media e didattica multimediale. Tra le sue pubblicazioni le monografie, E-learning. Formazione, comunicazione e tecnologie digitali, Le Monnier, Firenze, 2005; Fine dei Mass Media. Le nuove tecnologie della comunicazione, e le trasformazioni dell’industria culturale, Guerini e Associati, 2004, Teoria e tecniche dei nuovi media. Pensare formare e lavorare nell’epoca della rivoluzione digitale Guerini e Associati, Milano, 2002, La rivoluzione digitale. Identità, comunità e testo nell’era di Internet, Mimesis, Milano 1999, e la cura de Le comunità virtuali, con Paola Carbone, Mimesis, Milano 2000 e G.P. Landow, L’ipertesto. Nuove tecnologie e critica letteraria, Bruno Mondadori, Milano 1998. - Individuare, analizzare e riconoscere potenzialità e limiti dei mezzi di telecomunicazione; - Adoperare le procedure più elementari dei linguaggi di rappresentazione: grafico/iconico e modellistico tridimensionale; - Approfondire ed estendere l’impiego della videoscrittura. - Utilizzare semplici algoritmi per l’ordinamento e la ricerca.- Utilizzare programmi didattici per l’insegnamento del calcolo e della geometria elementare. Creare semplici pagine personali o della classe da inserire sul sito web della scuola. Consultare opere multimediali.” 20