Applicazione della tecnica MLPA nella diagnosi molecolare

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Università degli Studi di Siena
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Scuola di Specializzazione in Genetica Medica
Indirizzo tecnico
APPLICAZIONE DELLA TECNICA MLPA NELLA DIAGNOSI
MOLECOLARE DELLA SINDROME DI COHEN E DELLA
SINDROME DI ALPORT X-LEGATA
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa
ALESSANDRA RENIERI
Tesi di Specializzazione di:
Dott.ssa FRANCESCA SCIONTI
Anno Accademico 2010-2011
INDICE
1.
INTRODUZIONE
3
1.1
La Sindrome di Cohen
4
1.1.1
Diagnosi clinica
4
1.1.2
Il gene COH1
7
1.1.3
Spettro mutazionale del gene COH1
10
1.1.4
Analisi molecolare del gene COH1
11
1.2
La Sindrome di Alport
12
1.2.1
Diagnosi clinica
13
1.2.2
Patogenesi
15
1.2.3
Mutazioni del gene COL4A5 nella sindrome di Alport X-legata
18
2.
MARETIALI E METODI
21
2.1
Pazienti
22
2.2
Estrazione del DNA
22
2.3
Multiplex ligation-dependent probe amplification
23
2.4
Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COH1
26
2.5
Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COL4A5
26
2.6
Real-Time PCR
27
3.
RISULTATI
29
3.1
Delezioni/duplicazioni nel gene COH1: “High frequency of COH1
intragenic deletions and duplications detected by MLPA in patients
with Cohen syndrome”(Parri et al, Eur J Hum Genet. 2010 Oct;18(10):
1133-40. Epub 2010 May 12)
30
3.2
Delezioni/duplicazioni nel gene COL4A5
38
3.2.1
Caso 1
39
3.2.2
Caso 2
41
3.2.3
Caso 3
43
3.3
Discussione
47
4.
PROSPETTIVE FUTURE
49
4.1
Next Generation Sequencing
50
4.2
Piattaforme NGS
51
4.3
Third generation sequencing
54
4.4
Applicazione della tecnologia NGS alla diagnostica molecolare
56
5.
APPENDICE
65
6.
BIBLIOGRAFIA
71
Introduzione
1. INTRODUZIONE
3
Introduzione
1. La sindrome di Cohen
La sindrome di Cohen (OMIM#2165550) è una malattia autosomica recessiva
associata ad un fenotipo complesso, descritta per la prima volta nel 1973 da
Cohen in una coppia di fratelli e in un paziente non imparentato che presentavano
ipotonia, obesità, incisivi superiori prominenti e ritardo mentale (Cohen et al.,
1973). Da allora sono stati riportati in letteratura circa 150 casi, 35 dei quali
provenienti dalla sola Finlandia (Kivitie-Kallio and Norio 2001, Kolhemainen
2004), dove la sindrome di Cohen presenta una considerevole omogeneità
fenotipica (Norio et al, 2003). Al contrario, nei pazienti non Finlandesi affetti da
sindrome di Cohen il fenotipo clinico è più variabile. (Kondo et al, 1990; KivitieKallio and Norio, 2001; Chandler and Clayton-Smith, 2003; Kolehmainen et al,
2004; Hennies et al, 2004; Seifert et al, 2006; Katzaki et al 2007).
L’identificazione nel 2003 del gene COH1 come il gene responsabile della
sindrome di Cohen (Kolehmainen et al, 2003) ha messo in evidenza che lo
spettro fenotipico nei pazienti finlandesi è molto omogeneo a causa di un forte
effetto fondatore, infatti l’analisi molecolare del gene COH1 ha evidenziato la
presenza di una mutazione ancestrale responsabile della maggior parte dei casi
(Hennies et al. 2004).
1.1 Diagnosi clinica
Dallo studio di una coorte di 29 pazienti finlandesi Kivitie-Kallio e Norio
individuarono cinque principali tratti caratteristici della sindrome: 1) ritardo
mentale non progressivo, goffaggine e microcefalia; 2) tratti facciali caratteristici
tra cui rime palpebrali rivolte verso il basso, filtro corto, capelli folti e attaccatura
bassa dei capelli; 3) ipotonia infantile e iperlassità articolare; 4) retinopatia e
miopia in individui di età maggiore ai 5 anni; 5) neutropenia isolata.
4
Introduzione
Chandler e collaboratori in uno studio condotto nel Regno Unito (Chandler et
al, 2002b, 2003) riscontrarono che solo il 24% dei pazienti analizzati poteva
essere considerato affetto da sindrome di Cohen in accordo con i criteri
diagnostici in uso. In particolare era difficile confermare la diagnosi di sindrome
di Cohen nei pazienti di età inferiore ai 5 anni in cui ancora non era presente la
distrofia corioretinica o nei pazienti con un background genetico molto
eterogeneo. Per tale motivo suggerirono che in un bambino con notevole
difficoltà di apprendimento dovevano essere presenti almeno due dei seguenti
criteri:
1. Tratti facciali caratterizzati da:
capelli, sopracciglia e ciglia folte
rime palpebrali rivolte verso il basso
naso prominente a forma di becco
filtro corto con un’espressione di smorfia sorridente
2. Miopia progressiva e retinopatia pigmentosa
3. Neutropenia (conta leucocitaria inferiore a 2 x 10-9/mm3)
La valutazione di soggetti con mutazione del gene COH1 appartenenti a
diversi gruppi etnici ha rivelato che nonostante alcune caratteristiche del viso
siano presenti in diversi gruppi etnici, la facial gestalt non è un indicatore
affidabile per diagnosticare la sindrome di Cohen (Falk et al 2004).
Per rendere più agevole l’identificazione e la classificazione dei pazienti con
sospetto di sindrome di Cohen, Kolehmainen propose i seguenti 8 criteri
diagnostici (Kolehmainen et al, 2004, Figura 1)
• ritardo mentale
• microcefalia
• caratteristiche facciali tipiche
• obesità truncale con estremità affusolate
5
Introduzione
• comportamento socievole
• distrofia corioretinica
• neutropenia
Figura 1. Fenotipo della sindrome di Cohen: A Mani con dita affusolate; B Caratteristiche facciali; D
Obesità troncale e estremità snelle; E distrofia retinica (da Kolehmainen et al, 2004).
Nei pazienti che soddisfano almeno 6 di questi criteri, il sospetto clinico di
sindrome di Cohen è da considerarsi fondato. I pazienti che soddisfano un
numero minore di criteri vengono invece classificati come Cohen-like.
Utilizzando i criteri sovradescritti, Kolehmainen identificò 22 diverse mutazioni
del gene COH1 in pazienti clinicamente inquadrati come true Cohen syndrome.
Per contro, non vennero identificate mutazioni del gene COH1 in soggetti
clinicamente inquadrati come Cohen-like syndrome.
6
Introduzione
L’ampio spettro clinico della sindrome di Cohen e la difficoltà di definire dei
criteri diagnostici è stata confermata da Seifert (Seifert et al., 2006) in uno studio
condotto su 24 pazienti di diversa etnia e di età compresa tra i 2 e i 60 anni. Nei
24 pazienti furono identificate 25 differenti mutazioni del gene COH1. Il tipico
facial gestalt è stato osservato in 23/24 individui. La miopia precoce era presente
in tutti gli individui di età superiore ai 5 anni (14/14) mentre la retinopatia
pigmentaria diffusa è stata riscontrata in 12/14 pazienti. I parametri di crescita e
di sviluppo variavano significativamente.
Stessa variabilità fenotipica è stata osservata in altri studi condotti in Italia,
Grecia e Olanda (Katzaki et al 2007, Bugiani et al 2008, Peeters et al 2008).
1.2 Il gene COH1
Nel 2003, Kolehmainen et al., identificarono e caratterizzarono un nuovo
gene, chiamato COH1 (VPS13B, OMIM#607817), mutato in pazienti con
Sindrome di Cohen (Falk et al, 2004; Hennies et al, 2004; Kolehmainen et al,
2003; Mochida et al, 2004; Seifert et al, 2006).
Il gene COH1 è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 8 (8q22), si
estende per 864 kb ed è costituito da 62 esoni. Il trascritto full-length è di 14093
bp e la corrispondente ORF (open reading frame) codifica una proteina di 4022
amminoacidi.
Il gene COH1 mostra una forte omologia con la proteina VPS13 di
Saccharomyces cerevisiae, di cui sono state identificate due varianti principali,
1A e 2A, e diverse altre isoforme generate per exon skipping o attraverso
l’impiego di esoni alternativi. Le varianti 1A e 2A contengono entrambe gli esoni
dall’1 al 27 e dal 29 al 62, ma l’isoforma 1A include l’esone 28 a differenza
dell’isoforma 2A che include l’esone 28b. La variante 1A dà origine alla proteina
7
Introduzione
costituita da 4.022 aminoacidi, mentre la variante 2A codifica per una proteina di
3997 aminoacidi (Velayos-Baeza et al, 2004).
Nell’uomo questo gene sembra avere un complicato pattern di splicing
alternativo che porta a cinque isoforme diverse espresse in vari tessuti sia a
livello fetale che nell’adulto. Sono stati identificati due trascritti di circa 2 e 5 kb
in tutti i tessuti adulti analizzati e in tessuti fetali quali cervello, polmone, fegato
e rene; un trascritto più lungo, di 12-14 kb è invece presente solo nell’adulto ed è
altamente espresso in prostata, testicolo, ovaie e colon, mentre l’espressione
risulta bassa nel tessuto nervoso (Figura 2). Questa varietà di trascritti potrebbe
suggerire differenti funzioni proteiche tessuto-specifiche (Kolehmainen et al,
2003).
Inizialmente si riteneva che il trascritto di maggiori dimensioni codificasse
per una proteina transmembrana fornita di una sequenza di indirizzamento
vacuolare, una sequenza segnale al C-terminale per la permanenza nel reticolo
endoplasmatico e due sequenze consensus di indirizzamento verso la matrice dei
perossisomi (Kolehmainen et al, 2003).
Recentemente Seifert e collaboratori hanno dimostrato che il trascritto del
gene COH1 in realtà è una proteina periferica di membrana dell’apparato di
Golgi, colocalizzata con la proteina GM130 nel compartimento cis. La proteina
sembra coinvolta nel mantenimento dell’integrità del complesso vacuolare, infatti
la deplezione della stessa indotta tramite RNAi determina la frammentazione
dell’apparato di Golgi (Seifert et al, 2011). Rimane, tuttavia, ancora da chiarire il
meccanismo patogenetico alla base del complesso fenotipo della sindrome di
Cohen.
8
Figura 2 Struttra del gene COH1 e schematica rappresentazione dello splicing alternativo (da Kolehmainen et al, 2003). Il trascritto COH1 è costituito da 14093
nt che coprono una regione di 864bp ed è trascritto da 62 esoni (riquadri colorati). Il trascritto più lungo, comprendente gli esoni 8,17,28 e 31, presenta una ORF
di 12066 bp. La presenza dell’esone 28b al posto dell’esone 28 risulta in un trascritto più corto di 75 kb. L’isoforma contenente sia l’esone 28 che l’esone 28b
presenta una ORF di 4281 bp, mentre lo splicing alternativo degli esoni 17b e 8b risulta in una ORF rispettivamente di 2589 bp e di 1236 bp.
Introduzione
9
Introduzione
1.3 Spettro mutazionale del gene COH1
Ad oggi sono state riportate più di 150 mutazioni del gene COH1 in pazienti
affetti da sindrome di Cohen di diversa origine etnica. Si tratta per lo più di
mutazioni non senso e framshift, mentre le mutazioni missenso sono meno
ricorrenti.
Nei pazienti Finlandesi, dove il fenotipo clinico è altamente omogeneo,
l’analisi molecolare del gene COH1 ha rilevato, oltre a mutazioni sparse
nell’intera lunghezza del gene, una mutazione ricorrente (c.3348_3349delCT;
p.C1117fs1124X) nell’esone 23 (Kolehmainen et al, 2003), probabilmente
dovuta ad un effetto fondatore (Hennies et al, 2004) considerando l’isolamento
geografico della suddetta popolazione.
In due comunità Amish dove i casi di matrimoni tra consanguinei sono molto
frequenti, sono stati descritti 8 pazienti con sindrome di Cohen con fenotipo
molto omogeneo. Tale circostanza ha fatto supporre che anche in questo caso la
malattia fosse riconducibile ad una mutazione ricorrente dovuta ad un effetto
fondatore. L’analisi molecolare del gene COH1 ha infatti evidenziato, per tutti gli
individui Amish affetti, la presenza di due mutazioni in eterozigosi composta:
una mutazione frame-shift con inserzione di una timina nell’esone 51
(c.9258_9259insT; p.K3086fs3105X) e una missenso nell’esone 46 (c.8459T>C;
p.I2820T) (Falk et al, 2004).
Nel Database of Genomic Variants due studi riportano la presenza di CNVs
(Copy Number Variations) nel gene COH1 (~ 6%) localizzate tra gli esoni 2-26,
22-51 (Redon et al, 2006) e 9-19 (Sebat et al, 2004). E’ stato ipotizzato che
alcune di queste CNV in realtà siano mutazioni eterozigoti in grado di causare la
sindrome di Cohen se presenti in omozigosi o in eterozigosi composta. Ciò
potrebbe spiegare la presenza di un solo o nessun allele mutato in alcuni pazienti
con forte sospetto clinico di sindrome di Cohen (Balikova et al, 2009).
10
Introduzione
Nel 2008 Bugiani e collaboratori analizzarono un gruppo di 14 pazienti
provenienti da un’ isola dell’arcipelago greco. Nell’intera popolazione in studio
venne riscontrato un fenotipo omogeneo tranne che per la microcefalia non
sempre presente. L’analisi molecolare del gene COH1 rilevò la presenza in tutti i
pazienti di una delezione in omozigosi comprendente gli esoni 6-16.
1.4 Analisi molecolare del gene COH1
I metodi di indagine per la ricerca di mutazioni puntiformi nel gene COH1 si
avvalgono dell’utilizzo della tecnica DHPLC (Denaturing High Performance
Liquid Cromatography) e del sequenziamento diretto col metodo di Sanger. In
circa il 70% dei pazienti affetti da sindrome di Cohen sono state individuate
mutazioni su entrambi gli alleli, in omozigosi o in eterozigosi composta. Nel
30% dei casi è stata individuata una sola mutazione o nessuna (Kolehmainen et
al, 2004; Seifert et al, 2008).
Inizialmente la ricerca di delezioni/duplicazioni totali o parziali del gene
COH1 veniva effettuata tramite Real-Time PCR (Katzaki et al, 2007). Tuttavia
viste le notevoli dimensioni del gene e il costo delle sonde, l’analisi era limitata
solo ad alcuni esoni. Nel 2009 viene riportato in un lavoro pubblicato da
Balikova e collaboratori, l’utilizzo di un array Custom con circa 3148 sonde
oligonucleotidiche disegnate all’interno del locus del gene COH1 distribuite in
una regione di 5Mb in grado di individuare CNVs con una risoluzione di circa
200 bp. Utilizzando questa strategia gli autori hanno individuato 7 delezioni (2 in
omozigosi e 5 in eterozigosi) in un gruppo di 35 pazienti provenienti da 26
famiglie (Balikova et al, 2009). Tuttavia questa tecnica risulta costosa e non
facilmente riproducibile nella pratica quotidiana di laboratorio.
Nel 2002 è stata introdotta sul mercato la tecnica MLPA (multiplex ligationdependent probe amplification). Questa metodica permette di identificare
11
Introduzione
delezioni/duplicazioni di numerose sequenze esoniche, applicabile allo screening
di interi geni in un’unica sessione sperimentale.
Al fine di applicare questa tecnica all’analisi molecolare del gene COH1 per
la ricerca di CNVs, presso la UOC di Genetica Medica dell’Università di Siena
sono state messe a punto, in collaborazione con la MRC-Holland (Amsterdam,
www.mlpa.com) una serie di sonde specifiche per gli esoni del gene COH1,
raggruppate in due distinti kits P321-A1 e P322-A1.
2. La sindrome di Alport
La Sindrome di Alport (ATS) è una glomerulopatia a andamento
progressivo eterogenea sia dal punto di vista clinico che genetico. E’ stata
inizialmente descritta da Alport nel 1927 (Alport et al., 1927) come una malattia
renale
ereditaria
caratterizzata
da
ematuria
e
sordità
neurosensoriale.
L’associazione tra lesioni oculari e ematuria ereditaria è stata riconosciuta nel
1954 da Reyersbach e Butler (Reyersbach and Butler, 1954), mentre solo con
l’introduzione della microscopia elettronica è stata dimostrata la presenza di
alterazioni ultrastrutturali della membrana basale glomerulare (MBG) nei
pazienti affetti da ATS in tre studi indipendenti condotti nel 1972 e nel 1973
(Hinglais N et al., 1972; Spear GS et al., 1972; Churg J et al., 1973).
La malattia presenta eterogeneità genetica (Pirson et al, 1999). Nel 1988 è
stato identificato, mediante studi di linkage, il locus maggiore sul cromosoma X,
e nel 1990 sono state identificate mutazioni a carico del gene COL4A5,
localizzato in Xq22.3, codificante per la catena α5 del collagene tipo IV. Tale
gene è responsabile della sindrome di Alport legata al cromosoma X presente in
circa l’80% circa dei casi di ATS. Il quadro clinico è più grave nei maschi, dove
conduce all’insufficienza renale terminale (IRT) dai 15 ai 35 anni di vita
(Kashtan et al, 1999, Jais et al, 2000) raramente dopo i 40. Nelle femmine
12
Introduzione
l’espressione clinica dipende dal grado di lyonizzazione e può variare dalla
microematuria isolata e saltuaria, alla proteinuria, alla insufficienza renale
cronica (IRC). Solo il 20% circa delle femmine affette raggiunge l’IRT e sempre
in età adulta. L’ipoacusia neurosensoriale bilaterale progressiva e le
manifestazioni oculari quali lenticono o le macchie perimaculari retiniche sono
presenti solo nel 45-55% dei casi. Nel 1993 sono state individuate mutazioni a
carico del gene COL4A3 oppure del gene COL4A4, localizzati sul cromosoma 2
(2q36-q37), in pazienti affetti dalla meno comune forma autosomica recessiva.
Le forme autosomiche recessive rappresentano il 15-20% dei casi e sono
caratterizzate da una progressione rapida verso l’ITR in entrambi i sessi. Un
individuo affetto da questa forma possiede due mutazioni in omozigosi o in
eterozigosi composta del gene COL4A3 o COL4A4. Gli individui eterozigoti
possono essere completamente asintomatici o presentare microematuria.
Mutazioni a carico dei geni COL4A3 e COL4A4 sono state individuate , in
eterozigosi, anche nella microematuria familiare benigna (BFH).
L’esistenza della forma autosomica dominante della ATS è stata ipotizzata
per la prima volta nel 1976 ma è rimasta a lungo dibattuta. In questa forma la
mutazione è presente in una sola copia del gene COL4A3 o COL4A4.
2.1 Diagnosi clinica
Il decorso clinico della malattia è caratterizzato da un lento e progressivo
decadimento della funzione renale, fino all’insufficienza renale cronica terminale
(IRC). In base all’età di insorgenza della IRC, la ATS viene divisa in due
sottogruppi clinici. Nel tipo giovanile i maschi manifestano la IRC intorno ai 18
anni, mentre nel tipo adulto l’età di insorgenza sale a 37 anni.
Nel 1988 sono stati ridefiniti una serie di criteri clinici diagnostici,
comprendenti:
13
Introduzione
• anamnesi familiare di macro/microematuria, insufficienza renale cronica o
entrambe
• biopsia renale che mostri le tipiche alterazioni della membrana basale del
glomerulo
(ispessimento
e/o
sdoppiamento
delle
membrane
basali
glomerulari)
• caratteristiche alterazioni oculari (lenticono anterire/maculopatia)
• ipoacusia neurosensoriale progressiva per le alte frequenze
La presenza di almeno tre di questi quattro criteri permette di definire un paziente
affetto da sindrome di Alport (Flinter et al, 1988).
Nel 1966 Gregory propose una revisione dei criteri diagnostici:
• storia familiare di nefrite o ematuria inspiegabile in un parente di primo grado
del probando o in un maschio imparentato attraverso un qualsiasi numero di
femmine
• ematuria persistente senza evidenza di altre possibili nefropatie ereditarie
quali malattia delle membrane basali sottili, rene policistico, nefropatia da
IgA
• ipoacusia neurosensoriale bilaterale tra i 2000 e gli 8000 Hz (l’ipoacusia si
sviluppa gradualmente e non si manifesta prima dei 30 anni)
• mutazione in uno dei tre geni COL4A3, COL4A4, COL4A5
• evidenza immunoistochimica della perdita totale o parziale della catena
α3(IV),
α4(IV),
α5(IV)
nella
membrana
basale
del
glomerulo
o
dell’epidermide o di entrambe
• alterazioni della MBG quali ispessimento, assottigliamento e sdoppiamento
• lesioni oculari quali lenticono anteriore, cataratta subcapsulare posteriore,
distrofia polimorfa posteriore, macchie retiniche
• progressione graduale all’IRC nel probando o in almeno due membri della
famiglia
• macrotrombocitopenia o inclusioni granulocitiche
14
Introduzione
• diffusa leiomiomatosi dell’esofago, genitali femminili o entrambi.
Per fare diagnosi di ATS in una famiglia devono essere presenti almeno
quattro dei criteri appena riportati nei membri stretti della famiglia, mentre per
fare diagnosi di ATS in un individuo, la malattia deve essere presente nella
famiglia in accordo con i criteri diagnostici precedentemente riportati.
2.2 Patogenesi
L’ATS è causata da difetti nella sintesi del collagene tipo IV. Il collageno
tipo IV è il principale componente strutturale delle membrane basali e serve da
impalcatura per il legame e l’allineamento di altre macromolecole quali laminina,
eparan solfato e nidogeno. E’ una proteina multimerica composta da tre catene
dette α. Fino ad oggi sono state identificate nell’uomo sei differenti catene α (α1α6) di peso molecolare compreso tra 170-185 KDa, codificate rispettivamente dai
geni COL4A1-A6. La localizzazione di questi geni è in tre diversi cromosomi:
COL4A1 e COL4A2 sul cromosoma 13 (13q34); COL4A3 e COL4A4 sul
cromosoma 2 (2q35) e COL4A5 e COL4A6 sul cromosoma X (Xq22). I geni di
ogni coppia sono disposti testa a testa e vengono trascritti da un promotore
comune (Burbero et al, 1988). Questa tipica disposizione dei geni e la
somiglianza tra le sequenze codificanti, hanno fatto presupporre che un gene
ancestrale si sia duplicato dando origine ad una coppia di geni (α1 e α2) dalla
quale sarebbero derivate altre duplicazioni su cromosomi differenti (Leinonen et
al, 1994).
Le catene α(IV) si associano a formare una tripla elica (protomero) e nel
collagene di tipo IV sono possibili solo tre diverse combinazioni: α1α1α2,
α3α4α5, α5α5α6 (Figura 3).
In ogni catena α(IV) si possono individuare tre domini:
15
Introduzione
• dominio 7S a tripla elica all’estremità N-terminale costituito da 20-30
amminoacidi e ricco in cisteina e lisina
• dominio collagenico centrale a tripla elica di circa 1400 residui costituito
dall’unità tripeptidica ripetuta Gly-X-Pro oppure Gly-X-HyPro (dove X può
essere qualsiasi altro amminoacido)
• dominio C-terminale non collagenico (NC1) costituito da circa 230 residui
amminoacidici
Figura 3 Rappresentazione schematica della localizzazione cromosomica, dell’organizzazione genica,
della produzione e dell’ assemblaggio delle sei isoforme delle catene α del collagene tipo IV. A
COL4A1/COL4A2; B COL4A3/COL4A4; C COL4A5/COL4A6.
Soltanto i residui di Gly si possono adattare alle giunzioni molto strette che si
generano tra le catene α, mentre i residui di Pro consentono l’arrotolamento
stretto della catena polipeptidica del collagene. Una caratteristica del collagene di
tipo IV è la presenza lungo il dominio a tripla elica di 21-26 interruzioni, che non
solo conferiscono flessibilità alla molecola ma servono per la formazione di
legami crociati tra le catene α.
16
Introduzione
E’ stato proposto un modello di assemblamento per l’organizzazione del
collagene IV in cui 4 molecole sono connesse attraverso il dominio 7S mediante
ponti disolfuro e 2 molecole interagiscono testa a testa attraverso il dominio
globulare NC1, formando delle maglie molecolari che costituiscono la struttura
portante della membrana basale. L’associazione delle molecole resta stabile
attraverso ponti disolfuro intramolecolari tra le estremità N-terminale e Cterminale (Khoshnoodi et al, 2008).
Le catene α1 e α2 sono presenti in tutte le membrane basali; mutazioni nei
loro geni probabilmente sono letali per l’embrione. Al contrario le catene α3-α6
sono espresse selettivamente nelle membrane basali di alcuni tessuti, inclusi
quelli potenzialmente coinvolti nella ATS, cioè rene, coclea ed occhio, tali da
spiegare la sintomatologia extra-renale nella ATS. L’analisi al microscopio
elettronico della biopsia renale nella ATS evidenzia anomalie tipiche della MBG,
che sono rappresentate da spessore variabile, in quanto si riscontrano aree di
ispessimento alternate ad aree di assottigliamento, slaminamento ed interruzioni
(Figura 4). Non tutti gli individui affetti da ATS, comunque, presentano tutte
queste caratteristiche (ad esempio in fase iniziale può essere presente solo un
assottigliamento della membrana basale).
Figura 4. A) Ispessimento e rottura della MBG che presenta margini “festonati”; B) irregolare
ispessimento della MBG; C) diffuso assottigliamento della MBG
17
Introduzione
2.3 Mutazioni del gene COL4A5 nella sindrome di Alport legata al
cromosoma X
La sindrome di Alport legata al cromosoma X (ATS-XL) è dovuta a
mutazioni nel gene COL4A5 (Xq22.3). Questo gene ha una dimensione di circa
250 kb e contiene 51 esoni, che codificano per un trascritto di circa 6,5 kb. La
catena proteica α5 è costituita da 1685 amminoacidi.
Fino ad oggi sono state trovate più di 400 mutazioni nel gene COL4A5
(http://www.arup.utah.edu/database/ALPORT/ALPORT_welcome.php). Si tratta
per lo più di mutazioni missenso in cui l’amminoacido coinvolto è quasi sempre
la Gly presente all’interno della sequenza ripetuta Gly-Xaa-Yaa. La sostituzione
della Gly impedisce un corretto avvolgimento della catena α5 durante la
formazione del network α3α4α5. Mutazioni non senso, di splicing e framshift
sono state largamente riportate in letteratura come anche grosse delezioni e
duplicazioni.
Nell’insieme si può osservare che indipendentemente dal tipo di mutazione,
non è possibile riscontrare nel gene COL4A5 la presenza di hot spots ( Figura 5)
Figura 5 Sprettro mutazionale del gene COL4A5
Nella letteratura sono stati riportati più di 60 riarrangiamenti del gene
COL4A5. Le grandi delezioni possono interessare un singolo esone come l’intero
18
Introduzione
gene. Rappresentano circa l’1-16% delle mutazioni nella ATS-XL (Plant et al,
1999; Antignac et al, 1992; Saito et al, 1994; Lemmink et al; 1997; Bekheirnia et
al, 2010; Uliana et al, 2011). Le delezioni che si estendono dall’estremità 5’
terminale dei geni COL4A5 e COL4A6 sono responsabile di una rara forma di
associazione tra ATS e leiomiomatosi diffusa (DL). Il breakpoint della delezione
è spesso localizzato nell’introne 2 del gene COL4A6 (Zhou et al, 1993). Meno
frequenti sono le duplicazioni (Arrondel et al, 2004).
Per quanto riguarda la correlazione genotipo-fenotipo sembra che le
mutazioni che portano alla produzione di una proteina tronca (non senso e
framshift) o alla sua totale mancanza (delezioni), causino una progressione più
rapida verso l’insufficienza renale, che si verificherebbe nel 90% di questi casi
entro i 30 anni (forma giovanile). Tale percentuale sarebbe del 70% per i pazienti
con produzione di una proteina riarrangiata (alterazioni dei siti di splicing) e si
ridurrebbe del 50% per quelli con una mutazione missenso (forma adulta)
(Renieri et al, 1995; Jais et al, 2000). Inoltre la presenza nella stessa famiglia di
forme giovanili e adulte di ATS indicherebbe che non è solo la specifica
mutazione e determinare l’espressione fenotipica (Knebelmann et al, 1992;
Renieri et al, 1994b). La prognosi nelle femmine eterozigoti è decisamente
migliore, con un rischio di sviluppare IRT prima dei 40 anni che si aggira intorno
ai 12%, rischio che tuttavia aumenta fino al 30% se considerato a 60 anni. E’
comunque importante sottolineare che in generale la ATS-XL è caratterizzata da
una notevole eterogeneità intrafamiliare del quadro clinico delle femmine dovuta
al diverso grado di lyonizzazione.
La ricerca di piccole mutazioni viene tradizionalmente condotta attraverso
l’uso combinato della metodica DHPLC e del sequenziamento diretto tramite il
metodo Sanger, con una mutation detection rate compresa tra 70-80%. Tuttavia
l’elevato numero di esoni da analizzare e l’assenza di hot spots rendono l’analisi
molecolare del gene COL4A5 lunga (non meno di 6-12 mesi) e indaginosa.
19
Introduzione
Mutazioni criptiche di splicing e grossi riarrangiamenti possono tuttavia non
essere rilevate dai metodi di indagine cosiddetti exon-by-exon. L’analisi
dell’mRNA (nel caso delle mutazioni di splicing) e l’utilizzo della tecnica MPLA
(nel caso dei grossi riarrangiamenti) risultano più efficaci (Hertz et al).
20
Materiali e metodi
2. MATERIALI E METODI
21
Materiali e metodi
2.1 Pazienti
I pazienti riportati in questo lavoro comprendono 14 pazienti con sospetto
clinico di Sindrome di Cohen in accordo con i criteri diagnostici di Kolehmainen
del 2004, di età compresa tra 18 mesi e 52 anni e 10 pazienti con sospetto clinico
di Sindrome di Alport di età compresa tra 8 e 48 anni. Tutti i pazienti si sono resi
disponibili nell’eseguire questo tipo di studio previa compilazione di un consenso
informato. L’analisi molecolare sia del gene COH1 che del gene COL4A5 è stata
inizialmente condotta tramite DHPLC. In 2 dei 14 pazienti con sospetto clinico di
Sindrome di Cohen sono stati individuati due alleli mutati in eterozigosi
composta, in 9 un solo allele mutato e nei restanti 3 pazienti nessun allele mutato.
Nei 10 pazienti con sospetto clinico di Sindrome di Alport l’analisi al DHPLC
non ha rilevato alcuna mutazione nel gene COL4A5.
2.2 Estrazione del DNA
L’estrazione di DNA genomico è stata effettuata a partire da un prelievo di
sangue periferico in EDTA utilizzando il “QIAamp DNA Blood Maxi Kit”
(QIAGEN) secondo il seguente protocollo:
• Trasferire 5 ml di sangue in una falcon da 50 ml
• Aggiungere 500 µl di proteasi
• Aggiungere 6 ml di Buffer AL, miscelare per inversione 15 volte e vortexare
• Mettere le provette in bagnomaria per 10 minuti
• Aggiungere 5 ml di etanolo assoluto, miscelare per inversione 10 volte e
vortexare
• Trasferire il lisato su colonna e centrifugare 3 minuti a 3000 rpm
22
Materiali e metodi
• Scartare l’eluato e caricare sulla colonna 5 ml di Buffer AW1. Centrifugare 1
minuto a 5000 rpm
• Scartare l’eluato e caricare sulla colonna 5 ml di Buffer AW2. Centrifugare
15 minuti a 5000 rpm
• Mettere la colonna in una nuova provetta e caricare 600 µl di acqua MillyQ.
Attendere 5 minuti e centrifugare 2 minuti a 5000 rpm
• Ricaricare l’eluato, attendere 5 minuti e centrifugare 5 minuti a 5000 rpm
• Trasferire i campioni di DNA ottenuto in provette da 1,5 ml
La concentrazione del DNA è stata determinata tramite lo spettrofotometro
GENEQUANTpro (Amersham Pharmacia Biotech) utilizzando una diluizione
1/20 (5 µl di DNA in 95 µl di acqua MillyQ).
2.3 Multiplex ligation-dependent probe amplification
La Multiplex ligation-dependent probe amplification (MLPA) è una tecnica
rapida e sensibile che permette di quantificare il numero di copie di oltre 50
sequenze di DNA o RNA in una unica reazione di PCR utilizzando una sola
coppia di primers (Schouten et al., 2002). Il metodo utilizza due sonde
oligonucleotidiche per ciascun target di interesse. Queste sono costruite in modo
tale da essere contigue alla regione nucleotidica da analizzare e contengono
all’estremità 3’ e 5’ sequenze che funzionano da primer (sequenza X e sequenza
Y), uguali per tutte le sonde in esame. Uno dei due primer è coniugato con un
marcatore fluorescente; inoltre una delle sonde contiene una sequenza di
lunghezza variabile (stuffer) per l’analisi contemporanea di più target, ciò
permette di discriminare sequenze che differiscono anche per un solo nucleotide.
La peculiarità dell’MLPA risiede nel fatto che non i campioni genomici bensì le
23
Materiali e metodi
sonde aggiunte a tali campioni sono amplificate e quantizzate. La tecnica prevede
cinque passaggi distinti: 1) denaturazione del DNA e ibridizzazione con le sonde
oligonucleotidiche ; 2) reazione di ligazione; 3) reazione di PCR; 4) separazione
dei prodotti di PCR per elettroforesi; 5) analisi dei risultati (Figura 6).
Figura 6. Schema riassuntivo delle varie fasi della tecnica MLPA
La reazione di MLPA è stata effettuata utilizzando il seguente protocollo:
Preparazione dei campioni
I campioni di DNA devono avere una concentrazione di circa 100 ng/µl. In
provette da PCR inserire, per un volume finale di 5 µl, xµl di DNA e 5-xµl di
TE, dove x= (100 ng/µl)/[DNA]
Denaturazione
Inserire le provette nel termociclatore e avviare il seguente programma:
98°C 10 minuti
25°C 10 minuti
95°C 1 minuto
60°C 16 ore
54°C ∞
24
Materiali e metodi
Quando il programma arriva a 25°C dispensare per ogni campione 1,5 µl di
MLPA Buffer e 1,5 µl di SALSA Probe-mix. Lasciare in incubazione per 16 ore.
Ligazione
Preparare la mix di ligazione utilizzando per ogni campione 3µl di Ligasi-65
buffer A, 3µl di Ligasi buffer B, 1µl di Ligasi-65 e 25µl di acqua distillata.
Bloccare il programma precedente e senza togliere le provette dal termociclatore
avviare il programma:
54°C 15 minuti
98°C 5 minuti
4°C
∞
Quando il programma arriva a 54°C dispensare per ogni campione 32µl della
mix.
Reazione di PCR
Dispensare 10 µl del prodotto di ligazione in nuove provette da PCR e per ogni
campione aggiungere 4 µl di SALSA PCR-buffer 10X e 26 µl di acqua distillata.
Far partire la reazione di PCR secondo le seguenti condizioni:
60°C 15 minuti
95°C 30 secondi
60°C 30 secondi
33 cicli
72°C 1 minuto
72°C 20 minuti
4°C
∞
Preparare la mix di PCR utilizzando per ogni campione 2 µl di SALSA PCRprimer, 2 µl di SALSA Enzyme diluition buffer, 0,5µl di SALSA polimerasi e
25
Materiali e metodi
5.5 µl di acqua distillata. Quando il programma arriva a 60°C aggiungere per
ogni campione 10 µl della mix.
Al termine della reazione di PCR, ad 1 µl del prodotto di amplificazione
sono stati aggiunti 0,5 µl di ROX, 12 µl di formammide e 0,75 µl di acqua
distillata. I campioni sono stati denaturati a 94°C per 3 minuti, 20°C per 7 minuti
e raffreddati a 4°C. La separazione dei prodotti di PCR è stata effettuata
utilizzando il sequenziatore automatico ABI Prism 310 e per l’analisi dei risultati
sono stati utilizzati il software GeneScan ver.3.1 e i fogli di lavoro Excel. Le
alterazioni sono state considerate significative per valori che hanno presentato
una deviazione superiore al 30% rispetto al controllo.
2.4 Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COH1
Per l’analisi del gene COH1 sono stati utilizzati i kits SALSA MLPA P321A1 e P322-A1 le cui sonde sono state disegnate e messe a punto presso il nostro
laboratorio
in
collaborazione
con
la
MRC-Holland
(Amsterdam,
www.mlpa.com). I due kits forniscono un totale di 85 sonde, 69 specifiche per gli
esoni del gene COH1 e 16 sonde di controllo. Non sono presenti sonde per gli
esoni 6 e 14, mentre ne esistono due per gli esoni 3, 16, 17, 24, 31, 34, 35 e 36
(vedi appendice tabelle 1 e 2).
2.5 Ricerca di delezioni duplicazioni nel gene COL4A5
Per l’analisi del gene COL4A5 sono stati utilizzati i kits SALSA MLPA
P191-B1 e P192-B1 (MRC-Holland Amsterdam, www.mlpa.com). I due kits
forniscono sonde per 48 su 51 esoni del gene. Non sono presenti sonde per gli
26
Materiali e metodi
esoni 8, 25 e 40. Sono inoltre presenti sonde per gli esoni 1A, 2A e 1B del gene
COL4A6 e un totale di 20 sonde di controllo (vedi appendice tabelle 3 e 4).
2.6 Real-time PCR
L’analisi quantitativa mediante Real-time PCR è servita per convalidare i
risultati ottenuti tramite la tecnica MLPA nello screening molecolare del gene
COH1. Sono state utilizzate sonde per gli esoni 6, 14, 16, 24, 34, 42, 48, e 58 del
gene COH1 (vedi appendice tabella 4). Ciascun esperimento è stato condotto in
quadruplicato; su una piastra da 96 pozzetti per real time in un volume finale di
50 µl, è stata dispensata la seguente mix utilizzando:
• 25 µl di Taqman Universal PCR Master Mix 1X
• 2,5 Assay Mix 1X, contenente i primers e la sonda specifici
• 10 µl DNA genomico
• 2,5 µl di RNaseP
• 10 µl di acqua distillata
La piastra viene centrifugata 5’ a 3500 rpm e successivamente caricata
sull’apparecchio “ABI PRISM 7000 Sequence Detection System” seguendo il
seguente programma di PCR:
50°C
2 minuti
95°C
10 minuti
95°C
15 secondi
60°C
1 minuto
e 40 cicli di:
27
Materiali e metodi
Alla fine della PCR, i dati possono essere esportati sotto forma di un file Excel
per essere analizzati.
28
Risultati
3. RISULTATI
29
Risultati
3.1 Delezioni/duplicazioni nel gene COH1:
High frequency of COH1 intragenic deletions and duplications detected by
MLPA in patients with Cohen syndrome (Parri et al, Eur J Hum Genet. 2010
Oct;18(10):1133-40. Epub 2010 May 12)
30
Risultati
31
Risultati
32
Risultati
33
Risultati
34
Risultati
35
Risultati
36
Risultati
37
Risultati
3.2 Delezioni/Duplicazioni del gene COL4A5
L’analisi con tecnica MLPA dei 10 pazienti affetti da ATS ha evidenziato la
presenza di una duplicazione parziale del gene COL4A5, in eterozigosi, in una
paziente femmina e la presenza di una delezione, in emizigosi, in un paziente
maschio. Inoltre è stato possibile caratterizzare l’estensione di una delezione
trovata precedentemente in un paziente maschio tramite Southern blotting.
38
Risultati
3.2.1. Caso 1
Probando: Femmina di 32 anni.
Nata pretermine al 7º mese di gestazione da gravidanza gemellare normodecorsa.
All’età di 18 anni, in occasione di alcuni accertamenti, viene riferito riscontro di
microematuria e proteinuria con normale funzionalità renale; l’esame
audiometrico effettuato in tale occasione ha evidenziato un quadro nei limiti della
norma mentre l’esame oculistico con valutazione del fundus oculi ha evidenziato
lievi disomogeneità sottocapsulari posteriori. Lo studio ultrastrutturale della
biopsia renale è risultato indicativo di un quadro compatibile con sindrome di
Alport. Gli esami ematochimici visionati hanno evidenziato aumento della
creatinemia (1,72 mg/dl; vn 0,5-1,1); l’esame delle urine ha evidenziato
proteinuria e microematuria con presenza di 5-10 emazie per campo. Nella norma
l’esame emocromocitometrico. Nel 2010 l’esame audiometrico ha evidenziato
“lieve deficit uditivo neurosensoriale sugli 8KHz a destra”, mentre la visita
oculistica ha evidenziato miopia. Nel fratello gemello viene riferita insorgenza di
insufficienza renale terminale a 18 anni seguita da trapianto, ipoacusia
neurosensoriale bilaterale e biopsia renale suggestiva di ATS, mentre nella madre
presenza di microematuria e ipoacusia neurosensoriale bilaterale. Non viene
riferita consanguineità tra i genitori.
39
Risultati
Risultato MLPA: l’analisi ha evidenziato la presenza nel DNA della paziente di
una duplicazione parziale, in eterozigosi, del gene COL4A5 comprendente gli
esoni 31-36 (Figura)
Figura 7 Duplicazione parziale degli esoni 31-36 del gene COL4A5 individuata tramite MLPA (caso1).
In a) e in b) sono riportati gli elettreferogrammi ottenuti con il kit P191-B1 (sinistra) e il kit P192-B1
(destra), rispettivamente del controllo sano e della paziente. Le frecce individuano i picchi relativi alle
sonde coinvolte nella duplicazione. In c) è riportato l’istogramma ottenuto dalla normalizzazione tra il
paziente e il controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di normalizzazione, mentre sull’asse
delle x sono riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i valori compresi tra 0,7 e 1,30.
40
Risultati
3.2.2 Caso 2
Probando: Maschio di 6 anni.
Nel 2008 giunge presso la UOC di Genetica Medica di Siena un campione
biologico del probando per sospetta ATS. All’età di 2 anni viene riscontrata
macroematuria recidivante e microematuria persistente con presenza di 20-40
emazie per campo. La biopsia renale ha evidenziato la presenza di lesioni
istologiche in cui la distribuzione segmentale sulle anse di IgA non è tipica di
nefropatia a depositi di IgA. Esame audiometrico nella norma. Non viene riferita
familiarità per ematuria.
41
Risultati
Risultato MLPA: nel DNA del probando è stata evidenziata la presenza, in
emizigosi, di una delezione parziale del gene COL4A5 comprendente gli esoni
30-41.
Figura 8 Delezione in emizigosi comprendente gli esoni 30-41 del gene COL4A5 individuata tramite
MLPA (caso 2). In a) e in b) sono riportati gli elettreferogrammi ottenuti con i kits P191-B1/P192-B1,
rispettivamente del controllo sano e del paziente. Le frecce individuano i picchi relativi alle sonde
coinvolte nella delezione. Come si può osservare nel paziente vi è l’assenza completa dei picchi
compatibilmente con una delezione in emizigosi. In c) è riportato l’istogramma ottenuto dalla
normalizzazione tra il paziente e il controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di
normalizzazione, mentre sull’asse delle x sono riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i
valori compresi tra 0,7 e 1,30.
42
Risultati
3.2.3 Caso 3
Probando: maschio, 46 anni.
Il paziente era stato inserito in uno studio Multicentrico sulla sindrome di Alport
condotto in Italia dal 1991 al 1994. Tale studio ha consentito un censimento delle
famiglie italiane e la raccolta dei corrispondenti campioni biologici. Vengono
riferite microematuria, proteinuria, sordità neurosensoriale ed esame oculistico
nella norma. Il paziente subisce trapianto renale nel 1987. Al termine dell’analisi,
effettuata presso l’UOC di Genetica medica di Siena, era stata individuata tramite
Southern blotting una delezione di 77MB, presente anche in eterozigosi nella
madre asintomatica. Nel 2010 il nefrologo di riferimento invia presso il nostro
laboratorio i campioni biologici del probando e delle due figlie, eterozigoti
obbligate, per la ricerca della specifica mutazione.
43
Risultati
Risultato MLPA: l’analisi tramite MLPA ha rilevato che la delezione di 77Mb si
estende dall’esone 2 del gene COL4A5 all’esone 36.
Figura 9 Delezione in emizigosi comprendente gli esoni 2-36 del gene COL4A5 (caso 3A). In a) e in b)
sono riportati gli elettroferogrammi ottenuti con l’utilizzo rispettivamente del kit MLPA P191-B1 e del
kit P192-B1. L’assenza dei picchi relativi alle sonde indicate dalle frecce è compatibile con una delezione
in emizigosi.
44
Figura 10. Delezione in eterozigosi comprendente gli esoni 2-36 del gene COL4A5 individuata tramite MLPA nelle figlie (caso 3B e 3C) del
probando (caso 3A). In a) e in b) sono riportati gli elettroferogrammi dei campioni analizzati relativi ai kits P191-B1 (a sinistra) e P192-B1(a destra).
Le frecce indicano i picchi relativi alle sonde coinvolte dalla delezione. La riduzione dell’altezza dei picchi è compatibile con una delezione in
eterozigosi.
Risultati
45
Risultati
Figura 11. Istogrammi ottenuti dalla normalizzazione tra il paziente (a), le due figlie (b e c) e un
controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di normalizzazione, mentre sull’asse delle x sono
riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i valori compresi tra 0,7 e 1,30. Si può osservare
come nel caso di una delezione in emizigosi il rapporto di normalizzazione è pari a zero, mentre nel caso
di una delezione in eterozigosi sia inferiore a 0,70.
46
Risultati
3. Discussione
Nei 10 pazienti con sospetto clinico di sindrome di Alport, risultati negativi
all’analisi del gene COL4A5 tramite DHPLC, l’analisi MLPA ci ha permesso di
individuare una delezione, in emizigosi, in un paziente maschio e una
duplicazione, in eterozigosi, in una paziente femmina. Inoltre la Multiplex
ligation probe amplification ci ha permesso di caratterizzare una delezione di 77
Mb precedentemente individuata tramite Southern blotting in un paziente
maschio e di effettuare l’analisi di segregazione nelle 2 figlie eterozigoti
obbligate.
Nella nostra piccola casistica la frequenza delle delezioni/duplicazioni del
gene COL4A5, risulta del 10% (2/20) in accordo con altri studi condotti in diversi
paesi ( Saito et al, 1994; Kawai et al, 1996; Renieri et al, 1995; Netzer et al,
1992; Barker et al, 2001; Plant et al, 1999; Antignac et al, 1994; Herts et al,
2008).
L’analisi MLPA si è dimostrata una tecnica di elevata sensibilità, semplicità
di esecuzione e basso costo. La capacità di analizzare contemporaneamente in
un’unica reazione, un grande numero di target e di campioni servendosi
semplicemente di un termociclatore e un sequenziatore rende questa tecnica
adatta allo screening di geni di grosse dimensioni come COL4A5.
Tra i 20 pazienti con sospetto clinico di ATS sono risultati positivi all’analisi
combinata di DHPLC e MLPA 12 pazienti. In 10 di questi pazienti è stata trovata
tramite DHPLC una mutazione puntiforme, in 2 un riarrangiamento complesso
(caso 1 e caso 2), mentre in 8 pazienti non è stata trovata alcuna mutazione.
Nonostante il DHPLC abbia una detection rate compresa tra il 70-80% risulta
un’indagine laboriosa, soprattutto per l’analisi dei maschi emizigoti. Infatti i
prodotti di PCR prima di essere analizzati al DHPLC devono essere uniti ad un
DNA di riferimento, proveniente da un maschio sano, per la formazione della
molecola di heteroduplex. Ciò potrebbe impedire una corretta valutazione del
47
Risultati
profilo cromatografico del campione se vi è una diversa concentrazione tra il
DNA del controllo e quello del campione. Non è da escludere, tuttavia la
necessità di una rivalutazione clinica dei pazienti, soprattutto in quei casi in cui le
scarse informazioni cliniche rendono difficile una diagnosi differenziale tra le
varie forme cliniche di ATS.
48
Prospettive future
5. PROSPETTIVE FUTURE
49
Prospettive future
5.1 Next-generation sequencing
Il metodo della terminazione enzimatica della catena di DNA in fase di
replicazione, scoperto da Sanger e collaboratori nel 1977, ha segnato una pietra
miliare nella storia del sequenziamento del DNA e ha fornito la base per lo
sviluppo del sequenziamento automatico (Smith et al 1986, Ansorge et al 1987).
Per quasi 20 anni il metodo di Sanger ha rappresentato il gold standard del
sequenziamento genomico con una capacità di analisi in parallelo di frammenti
fino a 1000 paia di basi in 96 capillari.
L’introduzione di tecniche high-throughput (ad alta processività) ha
enormemente aumentato la possibilità di analisi delle molecole biologiche. Con il
termine di High-Throughput (HT) si intende la capacità di effettuare
numerosissime misurazioni in contemporanea. Il campo della genomica è stato il
primo a beneficiare delle tecnologie HT con lo sviluppo del cosiddetto highthroughput sequencing (HTS), o next generation sequencing (NGS). Sono stati
necessari circa 3 miliardi di dollari e 17 anni (dal 1990 al 2007) per il
completamento del Progetto Genoma Umano (HGP, Human Genome Project),
mentre per risequenziare il genoma di James Watson con una piattaforma HTS,
sono stati necessari solo due mesi e il costo è stato 100 volte inferiore a quello
che sarebbe stato necessario con la metodica Sanger e l’impiego dei
sequenziatori a capillari. L’avvento delle piattaforme NGS ha aperto eccezionali
prospettive per lo sviluppo della ricerca genomica su larga scala in moltissimi
ambiti che includono il risequenziamento o il sequenziamneto de novo di
genomi, la caratterizzazione di SNP, siti di metilazione e di editing, l’analisi del
profilo di trascrizione a livello qualitativo e quantitativo, la caratterizzazione di
siti di legame DNA-proteine e RNA-proteine, l’analisi metagenomica. La
possibilità di sequenziare molti genomi individuali sarebbe dunque utile per
molti studi di genetica di popolazione ma anche di genetica medica, per esempio
consentendo di valutare il grado di variabilità normale di soggetti in buona salute.
50
Prospettive future
L’iniziativa “1000 genomes” (www.1000genomes.org), sponsorizzata dal
Wellcome Trust Sanger Institute, dall’Istituto Shenzhen di Genomica e dal
National Human Genome Research Institute, rappresenta quindi un ambizioso
sviluppo del Progetto Genoma Umano. La disponibilità di tecnologie sempre più
rapide e meno costose potrebbe aprire le porte alla “medicina personalizzata”
basata sulla conoscenza del genoma dei singoli individui.
5.2 Piattaforme NGS
Attualmente sono presenti sul mercato tre piattaforme NGS:
• 454 Genome Sequencer FLX di Roche
• Genome Analyzer di Illumina
• SOLiD di Applied Biosystem
La tecnologia 454 è stata la prima ad essere messa in commercio nel 2005. E’
basata sul rilevamento dei gruppi pirofosfato rilasciati dall’incorporazione di
ogni nuovo nucleotide durante la sintesi del filamento complementare a quello da
sequenziare. Il DNA a singolo filamento è legato a microparticelle (beads) ed è
amplificato attraverso una PCR in emulsione, consentendo la creazione di
moltissime microcelle di PCR in soluzione acquosa separate da olio. Il DNA
legato alle beads e preamplificato viene trasferito in pozzetti di una piastra con
fibre ottiche e gli enzimi necessari per produrre luce in presenza di ATP. La
chemiluminescenza è generata quando i nucleotidi si legano alla base
complementare e rilasciano il gruppo pirofosfato. Aggiungendo i quattro
nucleotidi uno alla volta in sequenza (A, C, G, T) è possibile ricostruire la
sequenza fino a 250-400 nucleotidi (Figura 12).
51
Prospettive future
Figura 12. Schematica rappresentazione delle varie fasi della tecnologia 454. Il DNA da sequenziare
viene inizialmente frammentato per nebulizzazione. Ai frammenti vengono attaccate sequenze terminali
complementari ai primers utilizzati nella successiva fase di amplificazione in emulsione (emPCR). I
frammenti sono legati a delle beads ed isolati in microcelle in soluzione acquosa separate da olio. In
seguito alla PCR di emulsione i frammenti amplificati e legati alle beads vengono trasferiti nei pozzetti di
una piastra picotiter e sottoposti a pirosequenziamento.
La seconda metodica considerata è basata sull’amplificazione del DNA in
presenza di nucleotidi fluorescenti modificati al 3’ in modo da poter essere
aggiunti solo uno alla volta. Ma, a differenza dei didesossinucleotidi impiegati
nel metodo di Sanger, la modificazione al 3’ è reversibile e, pertanto, è possibile
ripetere il ciclo di sintesi e incorporare il nucleotide successivo (reverse
termination). Anche in questo caso i frammenti di DNA da sequenziare vengono
preamplificati,
ma
non
in
fase
liquida
(emulsione)
come
per
il
pirosequenziamento, bensì in situ, ancorati a un supporto solido. I nucleotidi
sono marcati con diversi fluoro cromi, vengono aggiunti tutti insieme e dopo la
lettura del chip, vengono rimossi insieme al gruppo di protezione del 3’. La
lunghezza delle sequenze è intorno ai 100 nucleotidi (Figura 13).
52
Prospettive future
Figura 13. Sequenziamento con il metodo
Illumina di tre molecole di DNA. (1) Ogni
nucleotide è fornito di una porzione di
terminazione e di un fluorocromo diverso.
Come nel metodo di Sanger la DNA polimerasi
aggiunge i nucleotidi complementari alla
sequenza stampo; la reazione si blocca nel
momento in cui viene incorporato alla catena
nascente un nucleotide modificato. (2) Dopo
lavaggio viene registrata la fluorescenza e
vengono rimosse dai nucleotidi le sequenze di
terminazione e i fluorocromi. (3) Viene
aggiunto un nuovo set di nucleotidi e il ciclo si
ripete con l’incorporazione del nucleotide
successivo e una nuova lettura (4). Alla fine del
processo per i tre filamenti si otterranno reads
della stessa lunghezza.
Il sistema SOLiD differisce dalle altre due piattaforme perché si basa sul
sequenziamento per ligazione. Dopo una preamplificazione con PCR in
emulsione, non vengono aggiunti sequenzialmente nucleotidi grazie alla DNA
polimerasi, ma la sequenza viene ricostituita grazie all’ibridazione specifica di
primer con tutte le possibili combinazioni di due nucleotidi (Figura 14).
53
Prospettive future
Figura 14 Sequenziamento SOLiD. I DNA
sono legati tramite adattatori a delle beads
(giallo) e sono esposti ad un set di 16 differenti
sonde oligonucleotidiche ognuna delle quali
contiene al suo interno una delle possibili
combinazioni ottenute unendo due dei quattro
nucleotidi. Le sonde sono marcate con 4
fluorocromi differenti. Di conseguenza 4 sonde
diverse saranno marcate con lo stesso
fluorocromo (per esempio il colore blu
individuerà le sonde contenenti i dinucleotidi
AA, CC, GG, TT). I restanti nucleotidi delle
sonde
sono
degenerati
(NNNZZZ).
Inizialmente si ha il legame di una sequenza
primer
complementare
alla
sequenza
dell’adattatore (rosa) che presenta all’estremità
5’ il substrato per la DNA ligasi.
Successivamente si ha l’ibridazione di una delle
16 sonde oligonucleotidiche al DNA stampo, la
reazione di ligazione con il primer e la
rilevazione del segnale Infine la sonda viene
tagliata e rimossa tramite lavaggio. Il ciclo
viene ripetuto per 7 volte. Alla fine del settimo
ciclo il DNA viene denaturato e il filamento di
neo formazione viene rimosso. Un nuovo
primer viene legato al DNA stampo e differisce
rispetto al precedente per un nucleotide in
meno. Sono presenti in tutto 5 primers (n, n-1,
n-2, n-3, n-4). La sequenza del DNA stampo
viene decodificata combinando lo specifico
adattatore
e
il
colore
della
sonda
oligonucleotidica.
5.3 Third generation sequencing
Tutte e tre le principali tecniche di sequenziamento HT si basano sull’utilizzo
della PCR per aumentare i segnali di fluorescenza, ma potenzialmente fonte di
errori per non corretta incorporazione di nucleotidi. La nuova frontiera del
sequenziamento degli acidi nucleici è quindi il “single molecule sequencing”
basato sullo sviluppo di tecnologie più sensibili in grado di riconoscere un solo
fotone e dall’impiego di nanotecnologie capaci di riconoscere fisicamente i
54
Prospettive future
singoli nucleotidi. Le principali protagoniste di questa nuova fase, battezzata
third-generation sequencing, sono Pacific Biosciences, Life Technologies,
Oxford Nanopore e Ion Torrent. Le prime due utilizzano DNA polimerasi e
nucleotidi marcati, e producono reads molto lunghe (1000-1500 basi) in tempi
brevi (15-20 minuti per corsa). Inoltre, entrambe le aziende hanno sviluppato un
sistema che consente alla polimerasi di non venire danneggiata dalla continua
stimolazione luminosa del laser di eccitazione, come invece accade per le
tecnologie di seconda generazione.
Oxford Nanopore e Ion Torrent sono più innovative. Nel primo caso il
sequenziamento avviene ad opera di una esonucleasi che stacca dalla molecola di
DNA una singola base, la quale entrando in un nanoporo va a disturbare la
corrente elettrica che lo attraversa in un modo caratteristico della specifica base
azotata. La Ion Torrent utilizza ancora la DNA polimerasi, ma invece di un
segnale luminoso va a misurare gli ioni idrogeno rilasciati durante la reazione di
elongazione della molecola di DNA. Nessuna delle due tecnologie fa uso di
nucleotidi marcati e di costosi sistemi di rilevazione ottica, il che le rende molto
più economiche. L’ultima innovazione tecnologica genomica è stata presentata
durante il meeting AGBT (Advances in Genome Biology & Technology) di
Marco Island, in Florida, si chiama MiniION ed è un sequenziatore di DNA USB
che collegato a un pc portatile può sequenziare del materiale genetico e in tempo
reale trasmettere i dati a un software installato sul computer. MinION si presta
molto bene per sequenziare in tempi rapidissimi genomi batterici o virali, oppure
per caratterizzare campioni di tessuti tumorali. Ha infatti una produttività limitata
(150 milioni di basi all’ora per un massimo di sei ore), ma sufficiente per
applicazioni nella diagnostica, nelle analisi forensi o in campo ecologico.
55
Prospettive future
5.3 Applicazioni della tecnologia NGS nella diagnostica molecolare
L’avvento della tecnologia NGS ha aperto importanti prospettive nella
diagnostica molecolare e rappresenta un potente mezzo per l’analisi simultanea
di un gran numero di regioni codificanti. L’applicazione di questa tecnica nella
analisi molecolare di malattie dovute a grossi geni e di malattie caratterizzate da
eterogeneità genetica, come la sindrome di Alport e la sindrome di Cohen riduce
notevolmente i lunghi tempi di analisi, soprattutto in quei casi in cui non si hanno
abbastanza informazioni cliniche.
Recentemente abbiamo pubblicato i risultati ottenuti dall’applicazione della
tecnologia 454 NGS allo screening molecolare simultaneo dei geni COL4A3,
COL4A4, COL4A5 responsabili della sindrome di Alport di cui la UOC di
Genetica Medica di Siena è centro di riferimento nazionale e internazionale. Tale
tecnica ci ha permesso di identificare in 2 pazienti affetti da ATS la seconda
mutazione patogenetica (p.Ser1147Phe nel gene COL4A3 e p.Arg1682Trp nel
gene COL4A4) e di riconsiderare la diagnosi clinica di ATS in un terzo paziente
con fenotipo atipico e negativo sia allo screening tradizionale che all’NGS
(Artuso et al, 2012).
56
Prospettive future
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Prospettive future
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Prospettive future
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Prospettive future
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Prospettive future
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Prospettive future
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Prospettive future
63
Appendice
5. APPENDICE
65
Appendice
Tabella 1. Sonde contenute nel kit MLPA P321-A1
66
Appendice
Tabella 2. Sonde contenute nel kit MLPA P322-A1
67
Appendice
Tabella 3. Sonde contenute nel kit MLPA P191-B1
68
Appendice
Tabella 3. Sonde contenute nel kit MLPA P192-B1
69
Appendice
Tabella 4. Sequenza dei primers e delle sonde di Real-Time PCR utilizzate per
confermare i riarrangiamenti genomici trovati tramite la tecnica MLPA
Exon
Primers (5’ > 3’)
TaqMan probe (5’ > 3’)
6
ACGGAATGCCAGTGGTAAAATAGAA
AACCTAAATTCCAAGATGCCATCTGT
ATGTTCCTTCAGAACTCG
14
GCAAGTTGAATTCAGCCATGGAAAT
AGGTGGCTCTTCTGGAGGAATATA
ACATTTGAGGAGAGTAACACT
16*
GGTTTCCAGGCAGGACTGA
GCTGAAAGAGGGAATAACTGGTACA
CGTCTTTGGATTGCAGT
24
CACTCTAGCTGTCACGTCTCAAAA
TTGTCTGTCTCCATGTTGACC
CCTGATACACGACATTCAT
34
GGCTGAAA CCTCATCTCGCTACAG
GCTCAGGATAGTGGAATTGG
TCTGATTTTAACACTGTCACT
42
TAATGGTTCTGTCTGTCAGGAGAT
TTCTGCACTCTAGAAGTTTAC
CAGTTCTTAGCTCAAGCAGA
48
CTAAGGTACACCCTGGAGGCACAG
TTGAAGCGACTTTTCTGGCCCA
AATCAGATCCTTGACGAATT
58
TCACCAACCTCGCCACAAG
TGGATGAGGAGCACTACAACC
ATGGACCGGCTCTCAC
*Precedentemente riportati da Katzaki et al 2007
70
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