Università degli Studi di Siena Facoltà di Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione in Genetica Medica Indirizzo tecnico APPLICAZIONE DELLA TECNICA MLPA NELLA DIAGNOSI MOLECOLARE DELLA SINDROME DI COHEN E DELLA SINDROME DI ALPORT X-LEGATA Relatore: Chiar.ma Prof.ssa ALESSANDRA RENIERI Tesi di Specializzazione di: Dott.ssa FRANCESCA SCIONTI Anno Accademico 2010-2011 INDICE 1. INTRODUZIONE 3 1.1 La Sindrome di Cohen 4 1.1.1 Diagnosi clinica 4 1.1.2 Il gene COH1 7 1.1.3 Spettro mutazionale del gene COH1 10 1.1.4 Analisi molecolare del gene COH1 11 1.2 La Sindrome di Alport 12 1.2.1 Diagnosi clinica 13 1.2.2 Patogenesi 15 1.2.3 Mutazioni del gene COL4A5 nella sindrome di Alport X-legata 18 2. MARETIALI E METODI 21 2.1 Pazienti 22 2.2 Estrazione del DNA 22 2.3 Multiplex ligation-dependent probe amplification 23 2.4 Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COH1 26 2.5 Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COL4A5 26 2.6 Real-Time PCR 27 3. RISULTATI 29 3.1 Delezioni/duplicazioni nel gene COH1: “High frequency of COH1 intragenic deletions and duplications detected by MLPA in patients with Cohen syndrome”(Parri et al, Eur J Hum Genet. 2010 Oct;18(10): 1133-40. Epub 2010 May 12) 30 3.2 Delezioni/duplicazioni nel gene COL4A5 38 3.2.1 Caso 1 39 3.2.2 Caso 2 41 3.2.3 Caso 3 43 3.3 Discussione 47 4. PROSPETTIVE FUTURE 49 4.1 Next Generation Sequencing 50 4.2 Piattaforme NGS 51 4.3 Third generation sequencing 54 4.4 Applicazione della tecnologia NGS alla diagnostica molecolare 56 5. APPENDICE 65 6. BIBLIOGRAFIA 71 Introduzione 1. INTRODUZIONE 3 Introduzione 1. La sindrome di Cohen La sindrome di Cohen (OMIM#2165550) è una malattia autosomica recessiva associata ad un fenotipo complesso, descritta per la prima volta nel 1973 da Cohen in una coppia di fratelli e in un paziente non imparentato che presentavano ipotonia, obesità, incisivi superiori prominenti e ritardo mentale (Cohen et al., 1973). Da allora sono stati riportati in letteratura circa 150 casi, 35 dei quali provenienti dalla sola Finlandia (Kivitie-Kallio and Norio 2001, Kolhemainen 2004), dove la sindrome di Cohen presenta una considerevole omogeneità fenotipica (Norio et al, 2003). Al contrario, nei pazienti non Finlandesi affetti da sindrome di Cohen il fenotipo clinico è più variabile. (Kondo et al, 1990; KivitieKallio and Norio, 2001; Chandler and Clayton-Smith, 2003; Kolehmainen et al, 2004; Hennies et al, 2004; Seifert et al, 2006; Katzaki et al 2007). L’identificazione nel 2003 del gene COH1 come il gene responsabile della sindrome di Cohen (Kolehmainen et al, 2003) ha messo in evidenza che lo spettro fenotipico nei pazienti finlandesi è molto omogeneo a causa di un forte effetto fondatore, infatti l’analisi molecolare del gene COH1 ha evidenziato la presenza di una mutazione ancestrale responsabile della maggior parte dei casi (Hennies et al. 2004). 1.1 Diagnosi clinica Dallo studio di una coorte di 29 pazienti finlandesi Kivitie-Kallio e Norio individuarono cinque principali tratti caratteristici della sindrome: 1) ritardo mentale non progressivo, goffaggine e microcefalia; 2) tratti facciali caratteristici tra cui rime palpebrali rivolte verso il basso, filtro corto, capelli folti e attaccatura bassa dei capelli; 3) ipotonia infantile e iperlassità articolare; 4) retinopatia e miopia in individui di età maggiore ai 5 anni; 5) neutropenia isolata. 4 Introduzione Chandler e collaboratori in uno studio condotto nel Regno Unito (Chandler et al, 2002b, 2003) riscontrarono che solo il 24% dei pazienti analizzati poteva essere considerato affetto da sindrome di Cohen in accordo con i criteri diagnostici in uso. In particolare era difficile confermare la diagnosi di sindrome di Cohen nei pazienti di età inferiore ai 5 anni in cui ancora non era presente la distrofia corioretinica o nei pazienti con un background genetico molto eterogeneo. Per tale motivo suggerirono che in un bambino con notevole difficoltà di apprendimento dovevano essere presenti almeno due dei seguenti criteri: 1. Tratti facciali caratterizzati da: capelli, sopracciglia e ciglia folte rime palpebrali rivolte verso il basso naso prominente a forma di becco filtro corto con un’espressione di smorfia sorridente 2. Miopia progressiva e retinopatia pigmentosa 3. Neutropenia (conta leucocitaria inferiore a 2 x 10-9/mm3) La valutazione di soggetti con mutazione del gene COH1 appartenenti a diversi gruppi etnici ha rivelato che nonostante alcune caratteristiche del viso siano presenti in diversi gruppi etnici, la facial gestalt non è un indicatore affidabile per diagnosticare la sindrome di Cohen (Falk et al 2004). Per rendere più agevole l’identificazione e la classificazione dei pazienti con sospetto di sindrome di Cohen, Kolehmainen propose i seguenti 8 criteri diagnostici (Kolehmainen et al, 2004, Figura 1) • ritardo mentale • microcefalia • caratteristiche facciali tipiche • obesità truncale con estremità affusolate 5 Introduzione • comportamento socievole • distrofia corioretinica • neutropenia Figura 1. Fenotipo della sindrome di Cohen: A Mani con dita affusolate; B Caratteristiche facciali; D Obesità troncale e estremità snelle; E distrofia retinica (da Kolehmainen et al, 2004). Nei pazienti che soddisfano almeno 6 di questi criteri, il sospetto clinico di sindrome di Cohen è da considerarsi fondato. I pazienti che soddisfano un numero minore di criteri vengono invece classificati come Cohen-like. Utilizzando i criteri sovradescritti, Kolehmainen identificò 22 diverse mutazioni del gene COH1 in pazienti clinicamente inquadrati come true Cohen syndrome. Per contro, non vennero identificate mutazioni del gene COH1 in soggetti clinicamente inquadrati come Cohen-like syndrome. 6 Introduzione L’ampio spettro clinico della sindrome di Cohen e la difficoltà di definire dei criteri diagnostici è stata confermata da Seifert (Seifert et al., 2006) in uno studio condotto su 24 pazienti di diversa etnia e di età compresa tra i 2 e i 60 anni. Nei 24 pazienti furono identificate 25 differenti mutazioni del gene COH1. Il tipico facial gestalt è stato osservato in 23/24 individui. La miopia precoce era presente in tutti gli individui di età superiore ai 5 anni (14/14) mentre la retinopatia pigmentaria diffusa è stata riscontrata in 12/14 pazienti. I parametri di crescita e di sviluppo variavano significativamente. Stessa variabilità fenotipica è stata osservata in altri studi condotti in Italia, Grecia e Olanda (Katzaki et al 2007, Bugiani et al 2008, Peeters et al 2008). 1.2 Il gene COH1 Nel 2003, Kolehmainen et al., identificarono e caratterizzarono un nuovo gene, chiamato COH1 (VPS13B, OMIM#607817), mutato in pazienti con Sindrome di Cohen (Falk et al, 2004; Hennies et al, 2004; Kolehmainen et al, 2003; Mochida et al, 2004; Seifert et al, 2006). Il gene COH1 è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 8 (8q22), si estende per 864 kb ed è costituito da 62 esoni. Il trascritto full-length è di 14093 bp e la corrispondente ORF (open reading frame) codifica una proteina di 4022 amminoacidi. Il gene COH1 mostra una forte omologia con la proteina VPS13 di Saccharomyces cerevisiae, di cui sono state identificate due varianti principali, 1A e 2A, e diverse altre isoforme generate per exon skipping o attraverso l’impiego di esoni alternativi. Le varianti 1A e 2A contengono entrambe gli esoni dall’1 al 27 e dal 29 al 62, ma l’isoforma 1A include l’esone 28 a differenza dell’isoforma 2A che include l’esone 28b. La variante 1A dà origine alla proteina 7 Introduzione costituita da 4.022 aminoacidi, mentre la variante 2A codifica per una proteina di 3997 aminoacidi (Velayos-Baeza et al, 2004). Nell’uomo questo gene sembra avere un complicato pattern di splicing alternativo che porta a cinque isoforme diverse espresse in vari tessuti sia a livello fetale che nell’adulto. Sono stati identificati due trascritti di circa 2 e 5 kb in tutti i tessuti adulti analizzati e in tessuti fetali quali cervello, polmone, fegato e rene; un trascritto più lungo, di 12-14 kb è invece presente solo nell’adulto ed è altamente espresso in prostata, testicolo, ovaie e colon, mentre l’espressione risulta bassa nel tessuto nervoso (Figura 2). Questa varietà di trascritti potrebbe suggerire differenti funzioni proteiche tessuto-specifiche (Kolehmainen et al, 2003). Inizialmente si riteneva che il trascritto di maggiori dimensioni codificasse per una proteina transmembrana fornita di una sequenza di indirizzamento vacuolare, una sequenza segnale al C-terminale per la permanenza nel reticolo endoplasmatico e due sequenze consensus di indirizzamento verso la matrice dei perossisomi (Kolehmainen et al, 2003). Recentemente Seifert e collaboratori hanno dimostrato che il trascritto del gene COH1 in realtà è una proteina periferica di membrana dell’apparato di Golgi, colocalizzata con la proteina GM130 nel compartimento cis. La proteina sembra coinvolta nel mantenimento dell’integrità del complesso vacuolare, infatti la deplezione della stessa indotta tramite RNAi determina la frammentazione dell’apparato di Golgi (Seifert et al, 2011). Rimane, tuttavia, ancora da chiarire il meccanismo patogenetico alla base del complesso fenotipo della sindrome di Cohen. 8 Figura 2 Struttra del gene COH1 e schematica rappresentazione dello splicing alternativo (da Kolehmainen et al, 2003). Il trascritto COH1 è costituito da 14093 nt che coprono una regione di 864bp ed è trascritto da 62 esoni (riquadri colorati). Il trascritto più lungo, comprendente gli esoni 8,17,28 e 31, presenta una ORF di 12066 bp. La presenza dell’esone 28b al posto dell’esone 28 risulta in un trascritto più corto di 75 kb. L’isoforma contenente sia l’esone 28 che l’esone 28b presenta una ORF di 4281 bp, mentre lo splicing alternativo degli esoni 17b e 8b risulta in una ORF rispettivamente di 2589 bp e di 1236 bp. Introduzione 9 Introduzione 1.3 Spettro mutazionale del gene COH1 Ad oggi sono state riportate più di 150 mutazioni del gene COH1 in pazienti affetti da sindrome di Cohen di diversa origine etnica. Si tratta per lo più di mutazioni non senso e framshift, mentre le mutazioni missenso sono meno ricorrenti. Nei pazienti Finlandesi, dove il fenotipo clinico è altamente omogeneo, l’analisi molecolare del gene COH1 ha rilevato, oltre a mutazioni sparse nell’intera lunghezza del gene, una mutazione ricorrente (c.3348_3349delCT; p.C1117fs1124X) nell’esone 23 (Kolehmainen et al, 2003), probabilmente dovuta ad un effetto fondatore (Hennies et al, 2004) considerando l’isolamento geografico della suddetta popolazione. In due comunità Amish dove i casi di matrimoni tra consanguinei sono molto frequenti, sono stati descritti 8 pazienti con sindrome di Cohen con fenotipo molto omogeneo. Tale circostanza ha fatto supporre che anche in questo caso la malattia fosse riconducibile ad una mutazione ricorrente dovuta ad un effetto fondatore. L’analisi molecolare del gene COH1 ha infatti evidenziato, per tutti gli individui Amish affetti, la presenza di due mutazioni in eterozigosi composta: una mutazione frame-shift con inserzione di una timina nell’esone 51 (c.9258_9259insT; p.K3086fs3105X) e una missenso nell’esone 46 (c.8459T>C; p.I2820T) (Falk et al, 2004). Nel Database of Genomic Variants due studi riportano la presenza di CNVs (Copy Number Variations) nel gene COH1 (~ 6%) localizzate tra gli esoni 2-26, 22-51 (Redon et al, 2006) e 9-19 (Sebat et al, 2004). E’ stato ipotizzato che alcune di queste CNV in realtà siano mutazioni eterozigoti in grado di causare la sindrome di Cohen se presenti in omozigosi o in eterozigosi composta. Ciò potrebbe spiegare la presenza di un solo o nessun allele mutato in alcuni pazienti con forte sospetto clinico di sindrome di Cohen (Balikova et al, 2009). 10 Introduzione Nel 2008 Bugiani e collaboratori analizzarono un gruppo di 14 pazienti provenienti da un’ isola dell’arcipelago greco. Nell’intera popolazione in studio venne riscontrato un fenotipo omogeneo tranne che per la microcefalia non sempre presente. L’analisi molecolare del gene COH1 rilevò la presenza in tutti i pazienti di una delezione in omozigosi comprendente gli esoni 6-16. 1.4 Analisi molecolare del gene COH1 I metodi di indagine per la ricerca di mutazioni puntiformi nel gene COH1 si avvalgono dell’utilizzo della tecnica DHPLC (Denaturing High Performance Liquid Cromatography) e del sequenziamento diretto col metodo di Sanger. In circa il 70% dei pazienti affetti da sindrome di Cohen sono state individuate mutazioni su entrambi gli alleli, in omozigosi o in eterozigosi composta. Nel 30% dei casi è stata individuata una sola mutazione o nessuna (Kolehmainen et al, 2004; Seifert et al, 2008). Inizialmente la ricerca di delezioni/duplicazioni totali o parziali del gene COH1 veniva effettuata tramite Real-Time PCR (Katzaki et al, 2007). Tuttavia viste le notevoli dimensioni del gene e il costo delle sonde, l’analisi era limitata solo ad alcuni esoni. Nel 2009 viene riportato in un lavoro pubblicato da Balikova e collaboratori, l’utilizzo di un array Custom con circa 3148 sonde oligonucleotidiche disegnate all’interno del locus del gene COH1 distribuite in una regione di 5Mb in grado di individuare CNVs con una risoluzione di circa 200 bp. Utilizzando questa strategia gli autori hanno individuato 7 delezioni (2 in omozigosi e 5 in eterozigosi) in un gruppo di 35 pazienti provenienti da 26 famiglie (Balikova et al, 2009). Tuttavia questa tecnica risulta costosa e non facilmente riproducibile nella pratica quotidiana di laboratorio. Nel 2002 è stata introdotta sul mercato la tecnica MLPA (multiplex ligationdependent probe amplification). Questa metodica permette di identificare 11 Introduzione delezioni/duplicazioni di numerose sequenze esoniche, applicabile allo screening di interi geni in un’unica sessione sperimentale. Al fine di applicare questa tecnica all’analisi molecolare del gene COH1 per la ricerca di CNVs, presso la UOC di Genetica Medica dell’Università di Siena sono state messe a punto, in collaborazione con la MRC-Holland (Amsterdam, www.mlpa.com) una serie di sonde specifiche per gli esoni del gene COH1, raggruppate in due distinti kits P321-A1 e P322-A1. 2. La sindrome di Alport La Sindrome di Alport (ATS) è una glomerulopatia a andamento progressivo eterogenea sia dal punto di vista clinico che genetico. E’ stata inizialmente descritta da Alport nel 1927 (Alport et al., 1927) come una malattia renale ereditaria caratterizzata da ematuria e sordità neurosensoriale. L’associazione tra lesioni oculari e ematuria ereditaria è stata riconosciuta nel 1954 da Reyersbach e Butler (Reyersbach and Butler, 1954), mentre solo con l’introduzione della microscopia elettronica è stata dimostrata la presenza di alterazioni ultrastrutturali della membrana basale glomerulare (MBG) nei pazienti affetti da ATS in tre studi indipendenti condotti nel 1972 e nel 1973 (Hinglais N et al., 1972; Spear GS et al., 1972; Churg J et al., 1973). La malattia presenta eterogeneità genetica (Pirson et al, 1999). Nel 1988 è stato identificato, mediante studi di linkage, il locus maggiore sul cromosoma X, e nel 1990 sono state identificate mutazioni a carico del gene COL4A5, localizzato in Xq22.3, codificante per la catena α5 del collagene tipo IV. Tale gene è responsabile della sindrome di Alport legata al cromosoma X presente in circa l’80% circa dei casi di ATS. Il quadro clinico è più grave nei maschi, dove conduce all’insufficienza renale terminale (IRT) dai 15 ai 35 anni di vita (Kashtan et al, 1999, Jais et al, 2000) raramente dopo i 40. Nelle femmine 12 Introduzione l’espressione clinica dipende dal grado di lyonizzazione e può variare dalla microematuria isolata e saltuaria, alla proteinuria, alla insufficienza renale cronica (IRC). Solo il 20% circa delle femmine affette raggiunge l’IRT e sempre in età adulta. L’ipoacusia neurosensoriale bilaterale progressiva e le manifestazioni oculari quali lenticono o le macchie perimaculari retiniche sono presenti solo nel 45-55% dei casi. Nel 1993 sono state individuate mutazioni a carico del gene COL4A3 oppure del gene COL4A4, localizzati sul cromosoma 2 (2q36-q37), in pazienti affetti dalla meno comune forma autosomica recessiva. Le forme autosomiche recessive rappresentano il 15-20% dei casi e sono caratterizzate da una progressione rapida verso l’ITR in entrambi i sessi. Un individuo affetto da questa forma possiede due mutazioni in omozigosi o in eterozigosi composta del gene COL4A3 o COL4A4. Gli individui eterozigoti possono essere completamente asintomatici o presentare microematuria. Mutazioni a carico dei geni COL4A3 e COL4A4 sono state individuate , in eterozigosi, anche nella microematuria familiare benigna (BFH). L’esistenza della forma autosomica dominante della ATS è stata ipotizzata per la prima volta nel 1976 ma è rimasta a lungo dibattuta. In questa forma la mutazione è presente in una sola copia del gene COL4A3 o COL4A4. 2.1 Diagnosi clinica Il decorso clinico della malattia è caratterizzato da un lento e progressivo decadimento della funzione renale, fino all’insufficienza renale cronica terminale (IRC). In base all’età di insorgenza della IRC, la ATS viene divisa in due sottogruppi clinici. Nel tipo giovanile i maschi manifestano la IRC intorno ai 18 anni, mentre nel tipo adulto l’età di insorgenza sale a 37 anni. Nel 1988 sono stati ridefiniti una serie di criteri clinici diagnostici, comprendenti: 13 Introduzione • anamnesi familiare di macro/microematuria, insufficienza renale cronica o entrambe • biopsia renale che mostri le tipiche alterazioni della membrana basale del glomerulo (ispessimento e/o sdoppiamento delle membrane basali glomerulari) • caratteristiche alterazioni oculari (lenticono anterire/maculopatia) • ipoacusia neurosensoriale progressiva per le alte frequenze La presenza di almeno tre di questi quattro criteri permette di definire un paziente affetto da sindrome di Alport (Flinter et al, 1988). Nel 1966 Gregory propose una revisione dei criteri diagnostici: • storia familiare di nefrite o ematuria inspiegabile in un parente di primo grado del probando o in un maschio imparentato attraverso un qualsiasi numero di femmine • ematuria persistente senza evidenza di altre possibili nefropatie ereditarie quali malattia delle membrane basali sottili, rene policistico, nefropatia da IgA • ipoacusia neurosensoriale bilaterale tra i 2000 e gli 8000 Hz (l’ipoacusia si sviluppa gradualmente e non si manifesta prima dei 30 anni) • mutazione in uno dei tre geni COL4A3, COL4A4, COL4A5 • evidenza immunoistochimica della perdita totale o parziale della catena α3(IV), α4(IV), α5(IV) nella membrana basale del glomerulo o dell’epidermide o di entrambe • alterazioni della MBG quali ispessimento, assottigliamento e sdoppiamento • lesioni oculari quali lenticono anteriore, cataratta subcapsulare posteriore, distrofia polimorfa posteriore, macchie retiniche • progressione graduale all’IRC nel probando o in almeno due membri della famiglia • macrotrombocitopenia o inclusioni granulocitiche 14 Introduzione • diffusa leiomiomatosi dell’esofago, genitali femminili o entrambi. Per fare diagnosi di ATS in una famiglia devono essere presenti almeno quattro dei criteri appena riportati nei membri stretti della famiglia, mentre per fare diagnosi di ATS in un individuo, la malattia deve essere presente nella famiglia in accordo con i criteri diagnostici precedentemente riportati. 2.2 Patogenesi L’ATS è causata da difetti nella sintesi del collagene tipo IV. Il collageno tipo IV è il principale componente strutturale delle membrane basali e serve da impalcatura per il legame e l’allineamento di altre macromolecole quali laminina, eparan solfato e nidogeno. E’ una proteina multimerica composta da tre catene dette α. Fino ad oggi sono state identificate nell’uomo sei differenti catene α (α1α6) di peso molecolare compreso tra 170-185 KDa, codificate rispettivamente dai geni COL4A1-A6. La localizzazione di questi geni è in tre diversi cromosomi: COL4A1 e COL4A2 sul cromosoma 13 (13q34); COL4A3 e COL4A4 sul cromosoma 2 (2q35) e COL4A5 e COL4A6 sul cromosoma X (Xq22). I geni di ogni coppia sono disposti testa a testa e vengono trascritti da un promotore comune (Burbero et al, 1988). Questa tipica disposizione dei geni e la somiglianza tra le sequenze codificanti, hanno fatto presupporre che un gene ancestrale si sia duplicato dando origine ad una coppia di geni (α1 e α2) dalla quale sarebbero derivate altre duplicazioni su cromosomi differenti (Leinonen et al, 1994). Le catene α(IV) si associano a formare una tripla elica (protomero) e nel collagene di tipo IV sono possibili solo tre diverse combinazioni: α1α1α2, α3α4α5, α5α5α6 (Figura 3). In ogni catena α(IV) si possono individuare tre domini: 15 Introduzione • dominio 7S a tripla elica all’estremità N-terminale costituito da 20-30 amminoacidi e ricco in cisteina e lisina • dominio collagenico centrale a tripla elica di circa 1400 residui costituito dall’unità tripeptidica ripetuta Gly-X-Pro oppure Gly-X-HyPro (dove X può essere qualsiasi altro amminoacido) • dominio C-terminale non collagenico (NC1) costituito da circa 230 residui amminoacidici Figura 3 Rappresentazione schematica della localizzazione cromosomica, dell’organizzazione genica, della produzione e dell’ assemblaggio delle sei isoforme delle catene α del collagene tipo IV. A COL4A1/COL4A2; B COL4A3/COL4A4; C COL4A5/COL4A6. Soltanto i residui di Gly si possono adattare alle giunzioni molto strette che si generano tra le catene α, mentre i residui di Pro consentono l’arrotolamento stretto della catena polipeptidica del collagene. Una caratteristica del collagene di tipo IV è la presenza lungo il dominio a tripla elica di 21-26 interruzioni, che non solo conferiscono flessibilità alla molecola ma servono per la formazione di legami crociati tra le catene α. 16 Introduzione E’ stato proposto un modello di assemblamento per l’organizzazione del collagene IV in cui 4 molecole sono connesse attraverso il dominio 7S mediante ponti disolfuro e 2 molecole interagiscono testa a testa attraverso il dominio globulare NC1, formando delle maglie molecolari che costituiscono la struttura portante della membrana basale. L’associazione delle molecole resta stabile attraverso ponti disolfuro intramolecolari tra le estremità N-terminale e Cterminale (Khoshnoodi et al, 2008). Le catene α1 e α2 sono presenti in tutte le membrane basali; mutazioni nei loro geni probabilmente sono letali per l’embrione. Al contrario le catene α3-α6 sono espresse selettivamente nelle membrane basali di alcuni tessuti, inclusi quelli potenzialmente coinvolti nella ATS, cioè rene, coclea ed occhio, tali da spiegare la sintomatologia extra-renale nella ATS. L’analisi al microscopio elettronico della biopsia renale nella ATS evidenzia anomalie tipiche della MBG, che sono rappresentate da spessore variabile, in quanto si riscontrano aree di ispessimento alternate ad aree di assottigliamento, slaminamento ed interruzioni (Figura 4). Non tutti gli individui affetti da ATS, comunque, presentano tutte queste caratteristiche (ad esempio in fase iniziale può essere presente solo un assottigliamento della membrana basale). Figura 4. A) Ispessimento e rottura della MBG che presenta margini “festonati”; B) irregolare ispessimento della MBG; C) diffuso assottigliamento della MBG 17 Introduzione 2.3 Mutazioni del gene COL4A5 nella sindrome di Alport legata al cromosoma X La sindrome di Alport legata al cromosoma X (ATS-XL) è dovuta a mutazioni nel gene COL4A5 (Xq22.3). Questo gene ha una dimensione di circa 250 kb e contiene 51 esoni, che codificano per un trascritto di circa 6,5 kb. La catena proteica α5 è costituita da 1685 amminoacidi. Fino ad oggi sono state trovate più di 400 mutazioni nel gene COL4A5 (http://www.arup.utah.edu/database/ALPORT/ALPORT_welcome.php). Si tratta per lo più di mutazioni missenso in cui l’amminoacido coinvolto è quasi sempre la Gly presente all’interno della sequenza ripetuta Gly-Xaa-Yaa. La sostituzione della Gly impedisce un corretto avvolgimento della catena α5 durante la formazione del network α3α4α5. Mutazioni non senso, di splicing e framshift sono state largamente riportate in letteratura come anche grosse delezioni e duplicazioni. Nell’insieme si può osservare che indipendentemente dal tipo di mutazione, non è possibile riscontrare nel gene COL4A5 la presenza di hot spots ( Figura 5) Figura 5 Sprettro mutazionale del gene COL4A5 Nella letteratura sono stati riportati più di 60 riarrangiamenti del gene COL4A5. Le grandi delezioni possono interessare un singolo esone come l’intero 18 Introduzione gene. Rappresentano circa l’1-16% delle mutazioni nella ATS-XL (Plant et al, 1999; Antignac et al, 1992; Saito et al, 1994; Lemmink et al; 1997; Bekheirnia et al, 2010; Uliana et al, 2011). Le delezioni che si estendono dall’estremità 5’ terminale dei geni COL4A5 e COL4A6 sono responsabile di una rara forma di associazione tra ATS e leiomiomatosi diffusa (DL). Il breakpoint della delezione è spesso localizzato nell’introne 2 del gene COL4A6 (Zhou et al, 1993). Meno frequenti sono le duplicazioni (Arrondel et al, 2004). Per quanto riguarda la correlazione genotipo-fenotipo sembra che le mutazioni che portano alla produzione di una proteina tronca (non senso e framshift) o alla sua totale mancanza (delezioni), causino una progressione più rapida verso l’insufficienza renale, che si verificherebbe nel 90% di questi casi entro i 30 anni (forma giovanile). Tale percentuale sarebbe del 70% per i pazienti con produzione di una proteina riarrangiata (alterazioni dei siti di splicing) e si ridurrebbe del 50% per quelli con una mutazione missenso (forma adulta) (Renieri et al, 1995; Jais et al, 2000). Inoltre la presenza nella stessa famiglia di forme giovanili e adulte di ATS indicherebbe che non è solo la specifica mutazione e determinare l’espressione fenotipica (Knebelmann et al, 1992; Renieri et al, 1994b). La prognosi nelle femmine eterozigoti è decisamente migliore, con un rischio di sviluppare IRT prima dei 40 anni che si aggira intorno ai 12%, rischio che tuttavia aumenta fino al 30% se considerato a 60 anni. E’ comunque importante sottolineare che in generale la ATS-XL è caratterizzata da una notevole eterogeneità intrafamiliare del quadro clinico delle femmine dovuta al diverso grado di lyonizzazione. La ricerca di piccole mutazioni viene tradizionalmente condotta attraverso l’uso combinato della metodica DHPLC e del sequenziamento diretto tramite il metodo Sanger, con una mutation detection rate compresa tra 70-80%. Tuttavia l’elevato numero di esoni da analizzare e l’assenza di hot spots rendono l’analisi molecolare del gene COL4A5 lunga (non meno di 6-12 mesi) e indaginosa. 19 Introduzione Mutazioni criptiche di splicing e grossi riarrangiamenti possono tuttavia non essere rilevate dai metodi di indagine cosiddetti exon-by-exon. L’analisi dell’mRNA (nel caso delle mutazioni di splicing) e l’utilizzo della tecnica MPLA (nel caso dei grossi riarrangiamenti) risultano più efficaci (Hertz et al). 20 Materiali e metodi 2. MATERIALI E METODI 21 Materiali e metodi 2.1 Pazienti I pazienti riportati in questo lavoro comprendono 14 pazienti con sospetto clinico di Sindrome di Cohen in accordo con i criteri diagnostici di Kolehmainen del 2004, di età compresa tra 18 mesi e 52 anni e 10 pazienti con sospetto clinico di Sindrome di Alport di età compresa tra 8 e 48 anni. Tutti i pazienti si sono resi disponibili nell’eseguire questo tipo di studio previa compilazione di un consenso informato. L’analisi molecolare sia del gene COH1 che del gene COL4A5 è stata inizialmente condotta tramite DHPLC. In 2 dei 14 pazienti con sospetto clinico di Sindrome di Cohen sono stati individuati due alleli mutati in eterozigosi composta, in 9 un solo allele mutato e nei restanti 3 pazienti nessun allele mutato. Nei 10 pazienti con sospetto clinico di Sindrome di Alport l’analisi al DHPLC non ha rilevato alcuna mutazione nel gene COL4A5. 2.2 Estrazione del DNA L’estrazione di DNA genomico è stata effettuata a partire da un prelievo di sangue periferico in EDTA utilizzando il “QIAamp DNA Blood Maxi Kit” (QIAGEN) secondo il seguente protocollo: • Trasferire 5 ml di sangue in una falcon da 50 ml • Aggiungere 500 µl di proteasi • Aggiungere 6 ml di Buffer AL, miscelare per inversione 15 volte e vortexare • Mettere le provette in bagnomaria per 10 minuti • Aggiungere 5 ml di etanolo assoluto, miscelare per inversione 10 volte e vortexare • Trasferire il lisato su colonna e centrifugare 3 minuti a 3000 rpm 22 Materiali e metodi • Scartare l’eluato e caricare sulla colonna 5 ml di Buffer AW1. Centrifugare 1 minuto a 5000 rpm • Scartare l’eluato e caricare sulla colonna 5 ml di Buffer AW2. Centrifugare 15 minuti a 5000 rpm • Mettere la colonna in una nuova provetta e caricare 600 µl di acqua MillyQ. Attendere 5 minuti e centrifugare 2 minuti a 5000 rpm • Ricaricare l’eluato, attendere 5 minuti e centrifugare 5 minuti a 5000 rpm • Trasferire i campioni di DNA ottenuto in provette da 1,5 ml La concentrazione del DNA è stata determinata tramite lo spettrofotometro GENEQUANTpro (Amersham Pharmacia Biotech) utilizzando una diluizione 1/20 (5 µl di DNA in 95 µl di acqua MillyQ). 2.3 Multiplex ligation-dependent probe amplification La Multiplex ligation-dependent probe amplification (MLPA) è una tecnica rapida e sensibile che permette di quantificare il numero di copie di oltre 50 sequenze di DNA o RNA in una unica reazione di PCR utilizzando una sola coppia di primers (Schouten et al., 2002). Il metodo utilizza due sonde oligonucleotidiche per ciascun target di interesse. Queste sono costruite in modo tale da essere contigue alla regione nucleotidica da analizzare e contengono all’estremità 3’ e 5’ sequenze che funzionano da primer (sequenza X e sequenza Y), uguali per tutte le sonde in esame. Uno dei due primer è coniugato con un marcatore fluorescente; inoltre una delle sonde contiene una sequenza di lunghezza variabile (stuffer) per l’analisi contemporanea di più target, ciò permette di discriminare sequenze che differiscono anche per un solo nucleotide. La peculiarità dell’MLPA risiede nel fatto che non i campioni genomici bensì le 23 Materiali e metodi sonde aggiunte a tali campioni sono amplificate e quantizzate. La tecnica prevede cinque passaggi distinti: 1) denaturazione del DNA e ibridizzazione con le sonde oligonucleotidiche ; 2) reazione di ligazione; 3) reazione di PCR; 4) separazione dei prodotti di PCR per elettroforesi; 5) analisi dei risultati (Figura 6). Figura 6. Schema riassuntivo delle varie fasi della tecnica MLPA La reazione di MLPA è stata effettuata utilizzando il seguente protocollo: Preparazione dei campioni I campioni di DNA devono avere una concentrazione di circa 100 ng/µl. In provette da PCR inserire, per un volume finale di 5 µl, xµl di DNA e 5-xµl di TE, dove x= (100 ng/µl)/[DNA] Denaturazione Inserire le provette nel termociclatore e avviare il seguente programma: 98°C 10 minuti 25°C 10 minuti 95°C 1 minuto 60°C 16 ore 54°C ∞ 24 Materiali e metodi Quando il programma arriva a 25°C dispensare per ogni campione 1,5 µl di MLPA Buffer e 1,5 µl di SALSA Probe-mix. Lasciare in incubazione per 16 ore. Ligazione Preparare la mix di ligazione utilizzando per ogni campione 3µl di Ligasi-65 buffer A, 3µl di Ligasi buffer B, 1µl di Ligasi-65 e 25µl di acqua distillata. Bloccare il programma precedente e senza togliere le provette dal termociclatore avviare il programma: 54°C 15 minuti 98°C 5 minuti 4°C ∞ Quando il programma arriva a 54°C dispensare per ogni campione 32µl della mix. Reazione di PCR Dispensare 10 µl del prodotto di ligazione in nuove provette da PCR e per ogni campione aggiungere 4 µl di SALSA PCR-buffer 10X e 26 µl di acqua distillata. Far partire la reazione di PCR secondo le seguenti condizioni: 60°C 15 minuti 95°C 30 secondi 60°C 30 secondi 33 cicli 72°C 1 minuto 72°C 20 minuti 4°C ∞ Preparare la mix di PCR utilizzando per ogni campione 2 µl di SALSA PCRprimer, 2 µl di SALSA Enzyme diluition buffer, 0,5µl di SALSA polimerasi e 25 Materiali e metodi 5.5 µl di acqua distillata. Quando il programma arriva a 60°C aggiungere per ogni campione 10 µl della mix. Al termine della reazione di PCR, ad 1 µl del prodotto di amplificazione sono stati aggiunti 0,5 µl di ROX, 12 µl di formammide e 0,75 µl di acqua distillata. I campioni sono stati denaturati a 94°C per 3 minuti, 20°C per 7 minuti e raffreddati a 4°C. La separazione dei prodotti di PCR è stata effettuata utilizzando il sequenziatore automatico ABI Prism 310 e per l’analisi dei risultati sono stati utilizzati il software GeneScan ver.3.1 e i fogli di lavoro Excel. Le alterazioni sono state considerate significative per valori che hanno presentato una deviazione superiore al 30% rispetto al controllo. 2.4 Ricerca di delezioni/duplicazioni nel gene COH1 Per l’analisi del gene COH1 sono stati utilizzati i kits SALSA MLPA P321A1 e P322-A1 le cui sonde sono state disegnate e messe a punto presso il nostro laboratorio in collaborazione con la MRC-Holland (Amsterdam, www.mlpa.com). I due kits forniscono un totale di 85 sonde, 69 specifiche per gli esoni del gene COH1 e 16 sonde di controllo. Non sono presenti sonde per gli esoni 6 e 14, mentre ne esistono due per gli esoni 3, 16, 17, 24, 31, 34, 35 e 36 (vedi appendice tabelle 1 e 2). 2.5 Ricerca di delezioni duplicazioni nel gene COL4A5 Per l’analisi del gene COL4A5 sono stati utilizzati i kits SALSA MLPA P191-B1 e P192-B1 (MRC-Holland Amsterdam, www.mlpa.com). I due kits forniscono sonde per 48 su 51 esoni del gene. Non sono presenti sonde per gli 26 Materiali e metodi esoni 8, 25 e 40. Sono inoltre presenti sonde per gli esoni 1A, 2A e 1B del gene COL4A6 e un totale di 20 sonde di controllo (vedi appendice tabelle 3 e 4). 2.6 Real-time PCR L’analisi quantitativa mediante Real-time PCR è servita per convalidare i risultati ottenuti tramite la tecnica MLPA nello screening molecolare del gene COH1. Sono state utilizzate sonde per gli esoni 6, 14, 16, 24, 34, 42, 48, e 58 del gene COH1 (vedi appendice tabella 4). Ciascun esperimento è stato condotto in quadruplicato; su una piastra da 96 pozzetti per real time in un volume finale di 50 µl, è stata dispensata la seguente mix utilizzando: • 25 µl di Taqman Universal PCR Master Mix 1X • 2,5 Assay Mix 1X, contenente i primers e la sonda specifici • 10 µl DNA genomico • 2,5 µl di RNaseP • 10 µl di acqua distillata La piastra viene centrifugata 5’ a 3500 rpm e successivamente caricata sull’apparecchio “ABI PRISM 7000 Sequence Detection System” seguendo il seguente programma di PCR: 50°C 2 minuti 95°C 10 minuti 95°C 15 secondi 60°C 1 minuto e 40 cicli di: 27 Materiali e metodi Alla fine della PCR, i dati possono essere esportati sotto forma di un file Excel per essere analizzati. 28 Risultati 3. RISULTATI 29 Risultati 3.1 Delezioni/duplicazioni nel gene COH1: High frequency of COH1 intragenic deletions and duplications detected by MLPA in patients with Cohen syndrome (Parri et al, Eur J Hum Genet. 2010 Oct;18(10):1133-40. Epub 2010 May 12) 30 Risultati 31 Risultati 32 Risultati 33 Risultati 34 Risultati 35 Risultati 36 Risultati 37 Risultati 3.2 Delezioni/Duplicazioni del gene COL4A5 L’analisi con tecnica MLPA dei 10 pazienti affetti da ATS ha evidenziato la presenza di una duplicazione parziale del gene COL4A5, in eterozigosi, in una paziente femmina e la presenza di una delezione, in emizigosi, in un paziente maschio. Inoltre è stato possibile caratterizzare l’estensione di una delezione trovata precedentemente in un paziente maschio tramite Southern blotting. 38 Risultati 3.2.1. Caso 1 Probando: Femmina di 32 anni. Nata pretermine al 7º mese di gestazione da gravidanza gemellare normodecorsa. All’età di 18 anni, in occasione di alcuni accertamenti, viene riferito riscontro di microematuria e proteinuria con normale funzionalità renale; l’esame audiometrico effettuato in tale occasione ha evidenziato un quadro nei limiti della norma mentre l’esame oculistico con valutazione del fundus oculi ha evidenziato lievi disomogeneità sottocapsulari posteriori. Lo studio ultrastrutturale della biopsia renale è risultato indicativo di un quadro compatibile con sindrome di Alport. Gli esami ematochimici visionati hanno evidenziato aumento della creatinemia (1,72 mg/dl; vn 0,5-1,1); l’esame delle urine ha evidenziato proteinuria e microematuria con presenza di 5-10 emazie per campo. Nella norma l’esame emocromocitometrico. Nel 2010 l’esame audiometrico ha evidenziato “lieve deficit uditivo neurosensoriale sugli 8KHz a destra”, mentre la visita oculistica ha evidenziato miopia. Nel fratello gemello viene riferita insorgenza di insufficienza renale terminale a 18 anni seguita da trapianto, ipoacusia neurosensoriale bilaterale e biopsia renale suggestiva di ATS, mentre nella madre presenza di microematuria e ipoacusia neurosensoriale bilaterale. Non viene riferita consanguineità tra i genitori. 39 Risultati Risultato MLPA: l’analisi ha evidenziato la presenza nel DNA della paziente di una duplicazione parziale, in eterozigosi, del gene COL4A5 comprendente gli esoni 31-36 (Figura) Figura 7 Duplicazione parziale degli esoni 31-36 del gene COL4A5 individuata tramite MLPA (caso1). In a) e in b) sono riportati gli elettreferogrammi ottenuti con il kit P191-B1 (sinistra) e il kit P192-B1 (destra), rispettivamente del controllo sano e della paziente. Le frecce individuano i picchi relativi alle sonde coinvolte nella duplicazione. In c) è riportato l’istogramma ottenuto dalla normalizzazione tra il paziente e il controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di normalizzazione, mentre sull’asse delle x sono riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i valori compresi tra 0,7 e 1,30. 40 Risultati 3.2.2 Caso 2 Probando: Maschio di 6 anni. Nel 2008 giunge presso la UOC di Genetica Medica di Siena un campione biologico del probando per sospetta ATS. All’età di 2 anni viene riscontrata macroematuria recidivante e microematuria persistente con presenza di 20-40 emazie per campo. La biopsia renale ha evidenziato la presenza di lesioni istologiche in cui la distribuzione segmentale sulle anse di IgA non è tipica di nefropatia a depositi di IgA. Esame audiometrico nella norma. Non viene riferita familiarità per ematuria. 41 Risultati Risultato MLPA: nel DNA del probando è stata evidenziata la presenza, in emizigosi, di una delezione parziale del gene COL4A5 comprendente gli esoni 30-41. Figura 8 Delezione in emizigosi comprendente gli esoni 30-41 del gene COL4A5 individuata tramite MLPA (caso 2). In a) e in b) sono riportati gli elettreferogrammi ottenuti con i kits P191-B1/P192-B1, rispettivamente del controllo sano e del paziente. Le frecce individuano i picchi relativi alle sonde coinvolte nella delezione. Come si può osservare nel paziente vi è l’assenza completa dei picchi compatibilmente con una delezione in emizigosi. In c) è riportato l’istogramma ottenuto dalla normalizzazione tra il paziente e il controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di normalizzazione, mentre sull’asse delle x sono riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i valori compresi tra 0,7 e 1,30. 42 Risultati 3.2.3 Caso 3 Probando: maschio, 46 anni. Il paziente era stato inserito in uno studio Multicentrico sulla sindrome di Alport condotto in Italia dal 1991 al 1994. Tale studio ha consentito un censimento delle famiglie italiane e la raccolta dei corrispondenti campioni biologici. Vengono riferite microematuria, proteinuria, sordità neurosensoriale ed esame oculistico nella norma. Il paziente subisce trapianto renale nel 1987. Al termine dell’analisi, effettuata presso l’UOC di Genetica medica di Siena, era stata individuata tramite Southern blotting una delezione di 77MB, presente anche in eterozigosi nella madre asintomatica. Nel 2010 il nefrologo di riferimento invia presso il nostro laboratorio i campioni biologici del probando e delle due figlie, eterozigoti obbligate, per la ricerca della specifica mutazione. 43 Risultati Risultato MLPA: l’analisi tramite MLPA ha rilevato che la delezione di 77Mb si estende dall’esone 2 del gene COL4A5 all’esone 36. Figura 9 Delezione in emizigosi comprendente gli esoni 2-36 del gene COL4A5 (caso 3A). In a) e in b) sono riportati gli elettroferogrammi ottenuti con l’utilizzo rispettivamente del kit MLPA P191-B1 e del kit P192-B1. L’assenza dei picchi relativi alle sonde indicate dalle frecce è compatibile con una delezione in emizigosi. 44 Figura 10. Delezione in eterozigosi comprendente gli esoni 2-36 del gene COL4A5 individuata tramite MLPA nelle figlie (caso 3B e 3C) del probando (caso 3A). In a) e in b) sono riportati gli elettroferogrammi dei campioni analizzati relativi ai kits P191-B1 (a sinistra) e P192-B1(a destra). Le frecce indicano i picchi relativi alle sonde coinvolte dalla delezione. La riduzione dell’altezza dei picchi è compatibile con una delezione in eterozigosi. Risultati 45 Risultati Figura 11. Istogrammi ottenuti dalla normalizzazione tra il paziente (a), le due figlie (b e c) e un controllo sano. Sull’asse delle y è riportato il rapporto di normalizzazione, mentre sull’asse delle x sono riportate le sonde MLPA. Sono considerati normali i valori compresi tra 0,7 e 1,30. Si può osservare come nel caso di una delezione in emizigosi il rapporto di normalizzazione è pari a zero, mentre nel caso di una delezione in eterozigosi sia inferiore a 0,70. 46 Risultati 3. Discussione Nei 10 pazienti con sospetto clinico di sindrome di Alport, risultati negativi all’analisi del gene COL4A5 tramite DHPLC, l’analisi MLPA ci ha permesso di individuare una delezione, in emizigosi, in un paziente maschio e una duplicazione, in eterozigosi, in una paziente femmina. Inoltre la Multiplex ligation probe amplification ci ha permesso di caratterizzare una delezione di 77 Mb precedentemente individuata tramite Southern blotting in un paziente maschio e di effettuare l’analisi di segregazione nelle 2 figlie eterozigoti obbligate. Nella nostra piccola casistica la frequenza delle delezioni/duplicazioni del gene COL4A5, risulta del 10% (2/20) in accordo con altri studi condotti in diversi paesi ( Saito et al, 1994; Kawai et al, 1996; Renieri et al, 1995; Netzer et al, 1992; Barker et al, 2001; Plant et al, 1999; Antignac et al, 1994; Herts et al, 2008). L’analisi MLPA si è dimostrata una tecnica di elevata sensibilità, semplicità di esecuzione e basso costo. La capacità di analizzare contemporaneamente in un’unica reazione, un grande numero di target e di campioni servendosi semplicemente di un termociclatore e un sequenziatore rende questa tecnica adatta allo screening di geni di grosse dimensioni come COL4A5. Tra i 20 pazienti con sospetto clinico di ATS sono risultati positivi all’analisi combinata di DHPLC e MLPA 12 pazienti. In 10 di questi pazienti è stata trovata tramite DHPLC una mutazione puntiforme, in 2 un riarrangiamento complesso (caso 1 e caso 2), mentre in 8 pazienti non è stata trovata alcuna mutazione. Nonostante il DHPLC abbia una detection rate compresa tra il 70-80% risulta un’indagine laboriosa, soprattutto per l’analisi dei maschi emizigoti. Infatti i prodotti di PCR prima di essere analizzati al DHPLC devono essere uniti ad un DNA di riferimento, proveniente da un maschio sano, per la formazione della molecola di heteroduplex. Ciò potrebbe impedire una corretta valutazione del 47 Risultati profilo cromatografico del campione se vi è una diversa concentrazione tra il DNA del controllo e quello del campione. Non è da escludere, tuttavia la necessità di una rivalutazione clinica dei pazienti, soprattutto in quei casi in cui le scarse informazioni cliniche rendono difficile una diagnosi differenziale tra le varie forme cliniche di ATS. 48 Prospettive future 5. PROSPETTIVE FUTURE 49 Prospettive future 5.1 Next-generation sequencing Il metodo della terminazione enzimatica della catena di DNA in fase di replicazione, scoperto da Sanger e collaboratori nel 1977, ha segnato una pietra miliare nella storia del sequenziamento del DNA e ha fornito la base per lo sviluppo del sequenziamento automatico (Smith et al 1986, Ansorge et al 1987). Per quasi 20 anni il metodo di Sanger ha rappresentato il gold standard del sequenziamento genomico con una capacità di analisi in parallelo di frammenti fino a 1000 paia di basi in 96 capillari. L’introduzione di tecniche high-throughput (ad alta processività) ha enormemente aumentato la possibilità di analisi delle molecole biologiche. Con il termine di High-Throughput (HT) si intende la capacità di effettuare numerosissime misurazioni in contemporanea. Il campo della genomica è stato il primo a beneficiare delle tecnologie HT con lo sviluppo del cosiddetto highthroughput sequencing (HTS), o next generation sequencing (NGS). Sono stati necessari circa 3 miliardi di dollari e 17 anni (dal 1990 al 2007) per il completamento del Progetto Genoma Umano (HGP, Human Genome Project), mentre per risequenziare il genoma di James Watson con una piattaforma HTS, sono stati necessari solo due mesi e il costo è stato 100 volte inferiore a quello che sarebbe stato necessario con la metodica Sanger e l’impiego dei sequenziatori a capillari. L’avvento delle piattaforme NGS ha aperto eccezionali prospettive per lo sviluppo della ricerca genomica su larga scala in moltissimi ambiti che includono il risequenziamento o il sequenziamneto de novo di genomi, la caratterizzazione di SNP, siti di metilazione e di editing, l’analisi del profilo di trascrizione a livello qualitativo e quantitativo, la caratterizzazione di siti di legame DNA-proteine e RNA-proteine, l’analisi metagenomica. La possibilità di sequenziare molti genomi individuali sarebbe dunque utile per molti studi di genetica di popolazione ma anche di genetica medica, per esempio consentendo di valutare il grado di variabilità normale di soggetti in buona salute. 50 Prospettive future L’iniziativa “1000 genomes” (www.1000genomes.org), sponsorizzata dal Wellcome Trust Sanger Institute, dall’Istituto Shenzhen di Genomica e dal National Human Genome Research Institute, rappresenta quindi un ambizioso sviluppo del Progetto Genoma Umano. La disponibilità di tecnologie sempre più rapide e meno costose potrebbe aprire le porte alla “medicina personalizzata” basata sulla conoscenza del genoma dei singoli individui. 5.2 Piattaforme NGS Attualmente sono presenti sul mercato tre piattaforme NGS: • 454 Genome Sequencer FLX di Roche • Genome Analyzer di Illumina • SOLiD di Applied Biosystem La tecnologia 454 è stata la prima ad essere messa in commercio nel 2005. E’ basata sul rilevamento dei gruppi pirofosfato rilasciati dall’incorporazione di ogni nuovo nucleotide durante la sintesi del filamento complementare a quello da sequenziare. Il DNA a singolo filamento è legato a microparticelle (beads) ed è amplificato attraverso una PCR in emulsione, consentendo la creazione di moltissime microcelle di PCR in soluzione acquosa separate da olio. Il DNA legato alle beads e preamplificato viene trasferito in pozzetti di una piastra con fibre ottiche e gli enzimi necessari per produrre luce in presenza di ATP. La chemiluminescenza è generata quando i nucleotidi si legano alla base complementare e rilasciano il gruppo pirofosfato. Aggiungendo i quattro nucleotidi uno alla volta in sequenza (A, C, G, T) è possibile ricostruire la sequenza fino a 250-400 nucleotidi (Figura 12). 51 Prospettive future Figura 12. Schematica rappresentazione delle varie fasi della tecnologia 454. Il DNA da sequenziare viene inizialmente frammentato per nebulizzazione. Ai frammenti vengono attaccate sequenze terminali complementari ai primers utilizzati nella successiva fase di amplificazione in emulsione (emPCR). I frammenti sono legati a delle beads ed isolati in microcelle in soluzione acquosa separate da olio. In seguito alla PCR di emulsione i frammenti amplificati e legati alle beads vengono trasferiti nei pozzetti di una piastra picotiter e sottoposti a pirosequenziamento. La seconda metodica considerata è basata sull’amplificazione del DNA in presenza di nucleotidi fluorescenti modificati al 3’ in modo da poter essere aggiunti solo uno alla volta. Ma, a differenza dei didesossinucleotidi impiegati nel metodo di Sanger, la modificazione al 3’ è reversibile e, pertanto, è possibile ripetere il ciclo di sintesi e incorporare il nucleotide successivo (reverse termination). Anche in questo caso i frammenti di DNA da sequenziare vengono preamplificati, ma non in fase liquida (emulsione) come per il pirosequenziamento, bensì in situ, ancorati a un supporto solido. I nucleotidi sono marcati con diversi fluoro cromi, vengono aggiunti tutti insieme e dopo la lettura del chip, vengono rimossi insieme al gruppo di protezione del 3’. La lunghezza delle sequenze è intorno ai 100 nucleotidi (Figura 13). 52 Prospettive future Figura 13. Sequenziamento con il metodo Illumina di tre molecole di DNA. (1) Ogni nucleotide è fornito di una porzione di terminazione e di un fluorocromo diverso. Come nel metodo di Sanger la DNA polimerasi aggiunge i nucleotidi complementari alla sequenza stampo; la reazione si blocca nel momento in cui viene incorporato alla catena nascente un nucleotide modificato. (2) Dopo lavaggio viene registrata la fluorescenza e vengono rimosse dai nucleotidi le sequenze di terminazione e i fluorocromi. (3) Viene aggiunto un nuovo set di nucleotidi e il ciclo si ripete con l’incorporazione del nucleotide successivo e una nuova lettura (4). Alla fine del processo per i tre filamenti si otterranno reads della stessa lunghezza. Il sistema SOLiD differisce dalle altre due piattaforme perché si basa sul sequenziamento per ligazione. Dopo una preamplificazione con PCR in emulsione, non vengono aggiunti sequenzialmente nucleotidi grazie alla DNA polimerasi, ma la sequenza viene ricostituita grazie all’ibridazione specifica di primer con tutte le possibili combinazioni di due nucleotidi (Figura 14). 53 Prospettive future Figura 14 Sequenziamento SOLiD. I DNA sono legati tramite adattatori a delle beads (giallo) e sono esposti ad un set di 16 differenti sonde oligonucleotidiche ognuna delle quali contiene al suo interno una delle possibili combinazioni ottenute unendo due dei quattro nucleotidi. Le sonde sono marcate con 4 fluorocromi differenti. Di conseguenza 4 sonde diverse saranno marcate con lo stesso fluorocromo (per esempio il colore blu individuerà le sonde contenenti i dinucleotidi AA, CC, GG, TT). I restanti nucleotidi delle sonde sono degenerati (NNNZZZ). Inizialmente si ha il legame di una sequenza primer complementare alla sequenza dell’adattatore (rosa) che presenta all’estremità 5’ il substrato per la DNA ligasi. Successivamente si ha l’ibridazione di una delle 16 sonde oligonucleotidiche al DNA stampo, la reazione di ligazione con il primer e la rilevazione del segnale Infine la sonda viene tagliata e rimossa tramite lavaggio. Il ciclo viene ripetuto per 7 volte. Alla fine del settimo ciclo il DNA viene denaturato e il filamento di neo formazione viene rimosso. Un nuovo primer viene legato al DNA stampo e differisce rispetto al precedente per un nucleotide in meno. Sono presenti in tutto 5 primers (n, n-1, n-2, n-3, n-4). La sequenza del DNA stampo viene decodificata combinando lo specifico adattatore e il colore della sonda oligonucleotidica. 5.3 Third generation sequencing Tutte e tre le principali tecniche di sequenziamento HT si basano sull’utilizzo della PCR per aumentare i segnali di fluorescenza, ma potenzialmente fonte di errori per non corretta incorporazione di nucleotidi. La nuova frontiera del sequenziamento degli acidi nucleici è quindi il “single molecule sequencing” basato sullo sviluppo di tecnologie più sensibili in grado di riconoscere un solo fotone e dall’impiego di nanotecnologie capaci di riconoscere fisicamente i 54 Prospettive future singoli nucleotidi. Le principali protagoniste di questa nuova fase, battezzata third-generation sequencing, sono Pacific Biosciences, Life Technologies, Oxford Nanopore e Ion Torrent. Le prime due utilizzano DNA polimerasi e nucleotidi marcati, e producono reads molto lunghe (1000-1500 basi) in tempi brevi (15-20 minuti per corsa). Inoltre, entrambe le aziende hanno sviluppato un sistema che consente alla polimerasi di non venire danneggiata dalla continua stimolazione luminosa del laser di eccitazione, come invece accade per le tecnologie di seconda generazione. Oxford Nanopore e Ion Torrent sono più innovative. Nel primo caso il sequenziamento avviene ad opera di una esonucleasi che stacca dalla molecola di DNA una singola base, la quale entrando in un nanoporo va a disturbare la corrente elettrica che lo attraversa in un modo caratteristico della specifica base azotata. La Ion Torrent utilizza ancora la DNA polimerasi, ma invece di un segnale luminoso va a misurare gli ioni idrogeno rilasciati durante la reazione di elongazione della molecola di DNA. Nessuna delle due tecnologie fa uso di nucleotidi marcati e di costosi sistemi di rilevazione ottica, il che le rende molto più economiche. L’ultima innovazione tecnologica genomica è stata presentata durante il meeting AGBT (Advances in Genome Biology & Technology) di Marco Island, in Florida, si chiama MiniION ed è un sequenziatore di DNA USB che collegato a un pc portatile può sequenziare del materiale genetico e in tempo reale trasmettere i dati a un software installato sul computer. MinION si presta molto bene per sequenziare in tempi rapidissimi genomi batterici o virali, oppure per caratterizzare campioni di tessuti tumorali. Ha infatti una produttività limitata (150 milioni di basi all’ora per un massimo di sei ore), ma sufficiente per applicazioni nella diagnostica, nelle analisi forensi o in campo ecologico. 55 Prospettive future 5.3 Applicazioni della tecnologia NGS nella diagnostica molecolare L’avvento della tecnologia NGS ha aperto importanti prospettive nella diagnostica molecolare e rappresenta un potente mezzo per l’analisi simultanea di un gran numero di regioni codificanti. L’applicazione di questa tecnica nella analisi molecolare di malattie dovute a grossi geni e di malattie caratterizzate da eterogeneità genetica, come la sindrome di Alport e la sindrome di Cohen riduce notevolmente i lunghi tempi di analisi, soprattutto in quei casi in cui non si hanno abbastanza informazioni cliniche. Recentemente abbiamo pubblicato i risultati ottenuti dall’applicazione della tecnologia 454 NGS allo screening molecolare simultaneo dei geni COL4A3, COL4A4, COL4A5 responsabili della sindrome di Alport di cui la UOC di Genetica Medica di Siena è centro di riferimento nazionale e internazionale. Tale tecnica ci ha permesso di identificare in 2 pazienti affetti da ATS la seconda mutazione patogenetica (p.Ser1147Phe nel gene COL4A3 e p.Arg1682Trp nel gene COL4A4) e di riconsiderare la diagnosi clinica di ATS in un terzo paziente con fenotipo atipico e negativo sia allo screening tradizionale che all’NGS (Artuso et al, 2012). 56 Prospettive future 57 Prospettive future 58 Prospettive future 59 Prospettive future 60 Prospettive future 61 Prospettive future 62 Prospettive future 63 Appendice 5. APPENDICE 65 Appendice Tabella 1. Sonde contenute nel kit MLPA P321-A1 66 Appendice Tabella 2. Sonde contenute nel kit MLPA P322-A1 67 Appendice Tabella 3. Sonde contenute nel kit MLPA P191-B1 68 Appendice Tabella 3. Sonde contenute nel kit MLPA P192-B1 69 Appendice Tabella 4. Sequenza dei primers e delle sonde di Real-Time PCR utilizzate per confermare i riarrangiamenti genomici trovati tramite la tecnica MLPA Exon Primers (5’ > 3’) TaqMan probe (5’ > 3’) 6 ACGGAATGCCAGTGGTAAAATAGAA AACCTAAATTCCAAGATGCCATCTGT ATGTTCCTTCAGAACTCG 14 GCAAGTTGAATTCAGCCATGGAAAT AGGTGGCTCTTCTGGAGGAATATA ACATTTGAGGAGAGTAACACT 16* GGTTTCCAGGCAGGACTGA GCTGAAAGAGGGAATAACTGGTACA CGTCTTTGGATTGCAGT 24 CACTCTAGCTGTCACGTCTCAAAA TTGTCTGTCTCCATGTTGACC CCTGATACACGACATTCAT 34 GGCTGAAA CCTCATCTCGCTACAG GCTCAGGATAGTGGAATTGG TCTGATTTTAACACTGTCACT 42 TAATGGTTCTGTCTGTCAGGAGAT TTCTGCACTCTAGAAGTTTAC CAGTTCTTAGCTCAAGCAGA 48 CTAAGGTACACCCTGGAGGCACAG TTGAAGCGACTTTTCTGGCCCA AATCAGATCCTTGACGAATT 58 TCACCAACCTCGCCACAAG TGGATGAGGAGCACTACAACC ATGGACCGGCTCTCAC *Precedentemente riportati da Katzaki et al 2007 70 Bibliografia 5. BIBLIOGRAFIA 71 Bibliografia Alport AC. Hereditary familial congenital haemorrhagic nephritis. Brit Med J 1927: 504-506 Antignac C, Zhou J, Sanak M et al. 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