ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE DIOCESI DI TERAMO-ATRI ———— CORSO DI TEOLOGIA MORALE I TEOLOGIA MORALE FONDAMENTALE ———— Ad uso degli studenti ———— Prof. Don Massimiliano ORFEI ANNO ACCADEMICO 2002-2003 CAPITOLO I INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA MORALE 1 La fondazione del senso Ogni essere umano avverte dentro di sé quell'irrefrenabile ed ineludibile esigenza di autorealizzazione che lo spinge a riconoscere ed attuare il proprio modello ideale di umanità e di vita "buona" legato alla propria personalissima esperienza ed alle proprie convinzioni profonde riguardanti l'uomo e il mondo. L'appello etico, legato a questa sorta di disposizione fondamentale, è spesso considerato un fenomeno assolutamente privato e personalissimo e di conseguenza relativo. Ciò in parte è vero, soprattutto se si considera che "l'esperienza non è mai di seconda mano" e che le decisioni sul senso e sul valore da dare alla propria vita non sono delegabili, tuttavia quella legge interiore che esige il compiere il bene e l'evitare il male, nonché la realizzazione della propria esistenza in quanto sensata e felice (e quindi "buona"), non è il frutto di una semplice disposizione o desiderio personale, ma una autentica esperienza umana universale, il più delle volte non tematizzabile, su ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo, su ciò che ha valore autentico e su ciò che è futile. Le scienze antropologiche contemporanee convergono nell'attestare che, nonostante le ovvie differenze culturali, religiose e filosofiche tutte le civiltà si sono da sempre poste il problema morale circa il bene e il male. Ciò non stupisce se si considera che lo stesso annuncio del Vangelo non avrebbe senso se nel lettore o nell'ascoltatore non vi fosse già un'idea del bene e del male. In definitiva, infatti, accettare le esigenze fondamentali del Vangelo significa riconoscere in esso qualcosa che è già presente, sia pure in modo generico e irriflesso, nel mio tentativo di risposta al problema morale; significa accoglierlo come buono e vero per la mia vita. Noi credenti siamo abituati a collegare il bene/male con l'accettazione/rifiuto della chiamata di Dio, cioè di un assoluto personale e trascendente, fondamento e fine della nostra vita. Ciò è perfettamente ragionevole. Non è altrettanto ragionevole l'inverso: se è vero che la fede governa la morale del credente, non è affatto vero che senza questa fede non possa esserci vita o riflessione morale. La possibilità di una vita e di una riflessione morale è legata all'accettazione di un criterio valutativo ultimo in base al quale giudico scelte e 2 comportamenti. Ora questo criterio è certamente trascendente ma non necessariamente un Essere Supremo personale (Dio). Avremo modo più avanti di approfondire il tema; per ora bastino le affermazioni di S. Paolo il quale nella Lettera ai Romani sosteneva che i pagani, che non hanno la legge di Dio e tuttavia agiscono secondo tale legge, dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori; non nel senso di fare ciò che vogliono, ma nel senso preciso che essi trovano in se stessi (nella loro coscienza, dice S. Paolo) una esigenza che si impone come assoluta, e che porta giudizi di lode o di biasimo sulle loro stesse azioni (Rm 2,12-15). La comunità dei credenti si riconosce, così, legata a tutta l'umanità in una sorta di dialogo etico universale. È possibile capirsi nell'atto del giudizio etico ferme restando le diverse convinzioni religiose; allo stesso modo può succedere di condividere la stessa fede, ma di scegliere, in questioni specifiche, percorsi etici diversi. Abbiamo visto come il problema morale esista anteriormente alla riflessione teologica e filosofica. Tale riflessione partirà, dunque, dal modo in cui l'esigenza etica si propone concretamente al singolo cioè dalla necessità di operare delle scelte. Tutta la vita è costellata da una serie sterminata di scelte; in ognuna di esse io decido cosa fare di me stesso di fronte a possibilità alternative: costruisco me stesso man mano che scelgo. Non si può fare a meno di scegliere ( anche il decidere di non scegliere è una scelta!). Ma in base a quali criteri scegliere? Ci sono solo due possibilità: scegliere a caso oppure in base a un criterio valutativo. La scelta di un criterio valutativo è anch'essa una scelta, che dipende da un ulteriore criterio in base al quale ho scelto. La domanda sul come scegliere si ripropone così all'infinito fino a quando non si giunga ad un criterio supremo che non dipenda da altri. È solo a questo livello che ha senso parlare di morale: la scelta di questo criterio supremo ha a che fare in sostanza con il problema di dare un senso ultimo all'esistenza umana (e di conseguenza con la sottesa idea di uomo). Un secondo problema fondamentale sarà quello di individuare come concretamente si passa dal senso ultimo dell'esistenza alla sua espressione concreta in ogni singola scelta e vedremo come in questo campo nulla si possa dare per scontato1. 1 Cf CHIAVACCI E., Invito alla teologia morale, Queriniana, Brescia 1996, 7-16. 3 2 La teologia morale in un tempo di pluralismo Il Concilio Vaticano II ha descritto la nostra epoca come un periodo caratterizzato da mutamenti «rapidi» e «profondi» che influenzano tutte le sfere della vita sociale e culturale.2 Lo sviluppo delle scienze naturali, sociali e psicologiche, il progresso della tecnica, l'incremento e l'organizzazione dei mezzi di comunicazione hanno prodotto una nuova configurazione del tessuto sociale e culturale.3 Questa nuova cultura offre una nuova antropologia, presenta nuove caratteristiche sociologiche, si fa interprete di un nuovo tipo di umanesimo. La predilezione del giudizio critico e della verifica, da parte delle scienze esatte, non di rado porta ad un atteggiamento di sfiducia e di sospetto verso tutto ciò che non è immediatamente verificabile mentre si affievolisce marcatamente la capacità di stupirsi, di sorprendersi, di essere ricettivi. La psicanalisi, poi, ha dimostrato come i veri motivi delle azioni umane non sempre sono quelli di cui si ha piena consapevolezza. La massiccia e continua influenza di meccanismi sociali di vario genere, fa sì che si debba ripensare lo stesso concetto tradizionale di libertà e l'effettivo grado di consapevolezza (e quindi di responsabilità) presenti nelle singole scelte4. La recente affermazione di una «cultura di massa» favorisce la nascita di «nuovi modi di pensare, di agire, di impiegare il tempo libero»5 che mettono il singolo di fronte ad una pluralità di opinioni, di stili di vita, di affermazioni di valore, di agenzie formative (vere o presunte), ciascuna con proprie pretese di verità e di autonomia. Tra le grandi sfide che attualmente si pongono agli occhi della Chiesa e dell'intera comunità umana non è da dimenticare quella rappresentata dal fenomeno, ormai ampiamente affermato, di un continuo e crescente scambio interculturale, notevolmente favorito dallo sviluppo su ampia scala dei mezzi di comunicazione. La presa di coscienza di un pluralismo culturale di fatto, sembra rappresentare, nello stesso tempo, un grosso problema e una enorme opportunità. Poiché è proprio all'interno di una determinata cultura che l'uomo riceve e afferma valori e controvalori, ogni relazione interculturale implica un venire a contatto con una notevole 2 Cf. Gaudium et spes, n. 4. Ivi, n. 54. 4 Cf. VIDAL M., Manuale di etica teologica. III. Morale sociale, Assisi 1997, 742-746. 5 Gaudium et spes n.54 3 4 varietà di modi diversi di sperimentare ed esprimere il proprio essere nel mondo, vale a dire il rapporto con la natura, con lo stesso gruppo e con il sacro6. «La storia della morale ha conosciuto diversi modelli nel suo intento di presentare l'impegno etico dei credenti, desiderando al tempo stesso essere fedele al messaggio evangelico e alla situazione mutevole di ogni epoca […]. Nell'ultima parte del sec. XX si sta definitivamente profilando un altro modello di teologia morale»7. Paradigmatiche, a questo riguardo, sono le indicazioni del decreto sulla formazione dei presbiteri Optatam totius (16,1). La necessità di fondare la teologia morale sulla Sacra Scrittura rivela il punto di arrivo di una travagliata preistoria. In questo documento si afferma la centralità di Cristo e della vocazione cristiana alla sequela poste in una dimensione squisitamente dialogica. Poiché la vita cristiana, poi, è essenzialmente, grazia del Cristo e frutto dello Spirito8; l'esigenza morale viene ad essere più il normale compimento di una condizione nuova che l'obbedienza ad un imperativo esteriore. In tutto ciò l'estrisecismo è tanto più escluso se si considera che la legge di Cristo (ormai non più interpretata come legge precisa ma come "spazio di azione" alla maniera di S. Paolo), viene assunta nelle coscienze cristiane illuminate dallo Spirito9. Il decreto sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae (2-3), inoltre, afferma che la coscienza, quale norma prossima di azione, deve cercare la verità seguendo il proprio dinamismo. La nuova prospettiva non pone più come punto di riferimento un diritto astratto inerente alla verità stessa ma un nuovo modo di valutare la dignità umana e il suo dirittodovere di cercare la verità e giudicare secondo la propria coscienza, mostrandosi responsabile anche di fronte a se stesso senza cedere all'arbitrarietà o ad opportunismi di vario tipo. Nello stesso tempo si affermano, quindi, sia la libertà e la dignità della coscienza individuale, sia l'obbligo grave di formarla rettamente. Non bisogna dimenticare, infatti, che essa rischia costantemente di essere obnubilata dal peccato10. La Chiesa, da questo punto di vista, sarà di grande aiuto11. «A questo proposito il Concilio inaugura un nuovo stile nell'esercizio del Magistero. Esso non formula né definizioni né condanne ma ricorda innanzitutto le verità della fede che hanno un'incidenza 6 Cf. VIDAL M., op. cit., 737. VIDAL M., Manuale di etica teologica. I. Morale fondamentale, Assisi 1994, 133. 8 Lumen gentium,7. 9 Lumen gentium,12; Cf. DELHAYE PH., op. cit.,85. 10 Dignitatis Humanae n.3; Cf. DEMMER K., Introduzione alla teologia morale, Casale Monferrato 1993, 14-15. 11 Cf. Dignitatis Humanae n.14; Veritatis Splendor n.64. 7 5 sulla vita»12. Partendo da questa prospettiva, il Concilio chiede soprattutto ai laici un impegno più adulto e credibile permurandosi di evidenziare alcune caratteristiche positive della nostra epoca che fungono da stimolo e promessa. Tra queste la capacità di accogliere responsabilmente le nuove sfide che si pongono all'intera umanità circa la costruzione e la tutela di un mondo più umano. È a questo riguardo che si è parlato di «un nuovo umanesimo in cui l'uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia»13. Accogliendo le indicazioni del Concilio, molti moralisti cattolici si sono impegnati in una profonda opera di rielaborazione e sistematizzazione dell'intera teologia morale. La sfida principale che l'attuale società complessa pone al cristianesimo è quella del saper interpretare i segni dei tempi, accogliere le istanze positive offerte dalla nuova configurazione culturale (pluralismo, socializzazione, incontro interculturale, senso di autonomia, nuova responsabilizzazione) e instaurare un dialogo fecondo con la società che possa far fronte ad un secolarismo e un ateismo che tendono a prendere sempre più piede. Tutto questo premurandosi di conservare un'autentica identità cristiana che permetta di resistere all'assalto dei tempi che con la sua sete di novità e l'oblio del passato, rischia di compromettere la possibilità di un futuro autenticamente umano, condannando il presente ad una cultura del nonsenso. «L'uomo contemporaneo si aspetta dal teologo morale la risposta all'incalzante domanda su come sia possibile tradurre in un mondo secolarizzato e pluralistico la fede cristiana in azione morale, senza soccombere al pericolo di disonestà intellettuale»14. Oggi più che mai la teologia morale è chiamata a rendere il messaggio morale del Vangelo contemporaneo alla nostra generazione senza chiudere gli occhi di fronte ai problemi e senza fare semplificazioni indebite15. Naturalmente non si tratta di scendere a compromessi con la società, ma di mostrare, nella prospettiva della teologicità e, insieme, della razionalità, come la morale religiosa (cristiana) sia profondamente umana e umanizzante e, pur partendo da un modello di fede, sappia incontrarsi con quanti sono interessati all'umano. 12 DELHAYE PH., op. cit.,85. Gaudium et spes n. 55; Cf. VIDAL M., op. cit., 738-747. 14 DEMMER K., op. cit., 9. 15 Cf. CHIAVACCI E., - PIANA G.,- LORENZETTI L., Teologia morale in Italia: una nuova fase di rinnovamento, in Rivista di Teologia Morale 115 (1997), 311-328. 13 6 3 La scientificità della teologia morale La teologia morale postconciliare risente non solo dell'attuale pluralismo etico, religioso e culturale ma anche dell'inevitabile pluralismo teologico che ne consegue. A tal proposito è utile operare le necessarie distinzioni terminologiche e concettuali al fine di evitare inutili confusioni e difficoltà in chi si accosta per la prima volta alla disciplina. Le distinzioni tra «etica» e «morale», «teologia morale fondamentale» e «teologia morale generale», «etica filosofica» e «etica teologica» (solo per citarne alcune), rispondono alle diverse esigenze di correttezza terminologica necessarie di fronte nuova configurazione culturale e alle sfide che essa pone alla teologia morale. S. Tommaso divideva la teologia morale in due parti: morale generale e morale speciale. Mentre nella morale speciale si trattavano i problemi concreti e diversificati della vita morale cristiana, nella morale generale si trattavano appunto le questioni generali dell'agire morale, i principi secondo i quali si interpretavano e si risolvevano i casi concreti: principi di responsabilità, di coscienza, di obbligatorietà delle leggi ecc. Per questo motivo questo trattato fu anche denominato «De principiis». La morale generale non aveva lo scopo di dare fondamento critico alla morale cristiana, la conoscenza e il conseguente impegno di vita della moralità cristiana erano dati per scontati. La nuova situazione del cristianesimo e i mutamenti metodologici della scienza teologica hanno riconfigurato il tradizionale trattato di morale generale come morale fondamentale. Scomparsa la validità indiscussa del cristianesimo si avverte oggi l'ineludibile compito di fondare e giustificare davanti a se stessi e agli altri la coerenza critica delle proprie scelte etiche. Naturalmente questo trattato presuppone anche i temi della morale generale ma il taglio è ovviamente diverso16. L'esigenza di comunicabilità della morale cristiana ha indotto, nel recente passato, alcuni studiosi a distinguere il termine «etica» da quello di «morale» indicando col primo la riflessione filosofica sul comportamento umano, con il secondo l'etica più specificamente teologica. Nel corso della nostra trattazione useremo i due termini come sinonimi. Si apre a questo punto il tema della scientificità della morale cristiana. La questione si configura attorno all'esigenza della sua comunicabilità. In definitiva si tratta di puntare sulla scientificità della morale per poter tradurre la fede cristiana in azione morale senza cadere nel pericolo della disonestà intellettuale17. La scientificità presuppone la verificabilità e la coerenza delle singole affermazioni e dei singoli passaggi tendendo tendenzialmente ad una 16 Cf VIDAL M., Manuale di etica teologica. I. Morale fondamentale, Assisi 1994, 7-15 7 intrinseca chiarezza ed autoevidenza delle argomentazioni. L'obiettivo è la ragionevolezza (non razionalità) della pretesa morale cristiana che evidenzi il fascino di una vita morale piena si senso. Parlare di scientificità della teologia morale non significa poter "dedurre" rigidamente tutte le verità da un principio primo. In tal caso infatti, il cristiano (e il non cristiano) si troverebbe sommerso da una moltitudine di obbligazioni incomprensibili provenienti da una sorta di divinità che spadroneggia e legifera a suo piacimento. Ed è proprio questa l'immagine di Dio che l'uomo contemporaneo rifiuta (giustamente) nel suo tentativo di dare senso alle sue scelte etiche e in definitiva alla sua esistenza. La scienza morale è al contrario una scienza "esplicativa". Ma andiamo per gradi. Il concetto di scienza è un concetto analogo: una verità delle scienze naturali non è valida e normativa nel medesimo senso in cui può essere valida e normativa una verità morale. Ora l'etica (teologica o filosofica) può essere definita come scienza del senso direttiva dell'azione dove per "senso" si intende il senso della vita umana. Ne consegue che non si può parlare si senso "per l'uomo" se non riferendosi ad una accettata immagine dell'uomo (antropologia) visto nella prospettiva del suo compimento (finalità come autorealizzazione piena). Il cammino dell'uomo verso il pieno compimento della sua umanità in base al senso capito e assunto per la sua vita è legato costitutivamente alla sua libertà. Non si tratta di semplice capacità di scelta, si tratta piuttosto di quella forza che abbiamo di far valere le esigenze della nostra autorealizzazione piena contro ogni tipo di restrizione, l'esigenza di essere autenticamente ciò che siamo, l'esigenza di adempiere quel compito non delegabile di dare un senso ultimo alla nostra vita. È una esigenza che rinvia al trascendente e che fonda l'obbligazione morale come scelta di senso per la propria esistenza e quindi come libera autoobbligazione. In conclusione il soggetto morale, nel dare un senso alla sua vita, sceglie quei valori che realizzano la verità del suo progetto di vita compreso e valutato in base alla esigenza trascendente della piena realizzazione come essere umano. Ne consegue che la verità morale non è una verità "matematica" o la conclusione di un processo rigidamente deduttivo, ma una verità del senso, una verità di progetto fondata su un soggetto che rinvia al trascendente e attuata in un processo storico che riconduce le proprie scelte al bene che qui e ora posso comprendere e attuare18. 17 18 Cf sopra. Cf. DEMMER K., Interpretare e agire, Cinisello Balsamo 1989, 13-24. 8 4 La teologicità della morale cristiana La teologia morale non è una semplice etica filosofica "battezzata". Come la fede non può prescindere dall'intelligenza del dato rivelato allo stesso modo l'indagine scientifica sul dato di fede non può prescindere dalla Rivelazione. A tal proposito analizziamo brevemente alcune indicazioni del Concilio Vaticano II sul rinnovamento delle discipline teologiche. «Parimenti tutte le altre discipline teologiche vengano rinnovate per mezzo di un contatto più vivo col mistero di Cristo e con la storia della salvezza. Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla sacra Scrittura, illustri l’altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo»19. La principale finalità della teologia morale come disciplina teologica è l'annuncio del lieto messaggio che ha Cristo come centro («…l'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo»). Il fondamento ultimo dell'obbligazione morale è Dio che ha creato l'uomo capace di ricevere la Rivelazione e ha inviato il suo Figlio a svelare pienamente l'uomo a se stesso. L'autorivelazione di Dio e del suo amore gratuito interpella l'uomo personalmente (vocazione) ed esige una risposta altrettanto personale. Si tratta di una vocazione alla salvezza, alla vita perfetta nell'amore, alle opere di vita cristiana (alla moralità). Tutta la vita morale viene quindi inquadrata nell'ampio orizzonte dell'amore preveniente e operante di Dio e la risposta operativa e di fede dell'uomo chiamato («…portare frutto nella carità per la vita del mondo»). Il “portare frutti” va inteso in senso cristiano: la vocazione in Cristo non indica solo un obbligo che viene imposto, ma fa pensare specialmente allo Spirito di Cristo che viene dato all’uomo ed alla sua virtù e dinamica che operano nell’uomo stesso: quanto più l’uomo accetta in verità e libertà lo Spirito a lui concesso tanto più lo Spirito e le sue virtù producono frutto nell’uomo. Il “portare frutto” cristiano non si oppone a obbligazione ma a coattività (obbligo imposto con la forza). L’amore primo e originario di Dio è quello trascendentale, ed è questo che rende possibile l’amore esplicito categoriale del prossimo e , mediamente, rende possibile lo stesso amore di Dio, esplicito e categoriale, affine all’amore del prossimo. La “Vita del mondo” a cui ci si riferisce è la vita a proposito della quale si afferma che Cristo si è dato completamente a noi affinché l’avessimo e l’avessimo in abbondanza (Gv. 10,10); è la vita eterna. Compito di una TM cristiana sarà quello di superare ogni concezione individualistica 19 Optatam Totius n. 16 9 della salvezza. La salvezza e la vita, doni della vocazione in Cristo, esigono, per obbligo estrinseco e intima inclinazione dell’amore, di essere comunicati agli altri. Di grande importanza è il riferimento del Concilio alla Scrittura («…maggiormente fondata sulla sacra Scrittura…»). La TM si deve di necessità basare sulla Scrittura come sul suo specifico fondamento e si deve nutrire degli insegnamenti che da essa promanano20 deve essere l’anima di tutta la teologia. Essa esprime la predicazione apostolica e contiene la parola di Dio che costituisce il fondamento eterno della teologia. a) Nutrimento ( magis nutrita) nel senso di orientamento e concezione che deve stare alla base della TM; fondamentale concezione biblica che dovrebbe dirigere e penetrare la TM (es. problema teologico della legge: presuppone una relazione con la teologia della grazia e della giustificazione). E’ richiesta un salda esegesi ed un’ulteriore spiegazione teologica ed ermeneutica. b) Di grande aiuto sarà una teologia morale biblica che porti alla luce, tramite il raffronto dei vari testi e concetti, il significato più profondo del pensiero scritturale e dell’evoluzione storica. Tuttavia la teologia morale biblica non è ancora la teologia morale: Per la morale cristiana hanno immediato valore solo quegli elementi che rivelano verità morali, non già idee sulla morale diffuse in un certo popolo. c) Per sé non si esclude la possibilità di desumere dalla Scrittura orientamenti generali e norme e principi particolari tuttavia non sono sufficienti citazioni scritturali a scopo di ornamento biblico. Le affermazioni o le condanne contenute nella Bibbia su problemi morali non si debbono in ogni caso considerare come principi strettamente universali, privi di qualsiasi eccezione, adducendo a motivo che la forma delle affermazioni o condanne contenute nella Scrittura è universale e non indica positivamente nessuna restrizione. Per quanto riguarda l'esposizione scientifica auspicata dal Concilio basti ciò che abbiamo affermato nel paragrafo precedente. Possiamo ora accingerci a riportare alcune definizioni correnti di "Teologia morale": 1. «Riflessione teologica che riguarda il processo nel quale l'uomo, creato a immagine di Dio e redento dalla grazia di Cristo, tende verso la pienezza della sua 20 Affermazione già sostenuta da Leone XIII nella Provvidentissimus Deus [ASS 26 (1893/94), 283] e dalla Pontificia Commissione Biblica nell’Instructio de Sacra Scriptura recte docenda[AAS 42 (1950), 502]. 10 realizzazione secondo le esigenze della vocazione divina nel contesto della economia della salvezza attuata nella Chiesa»21. 2. «Scienza che studia la rilevanza pratica dell'avvenimento cristiano»22. Altre definizioni: 3. «Scienza che studia i modi in cui la vita morale si incarna nella vita umana e cristiana». 4. «Intelligenza di fede circa il comportamento umano in quanto consapevole, libero e responsabile» (Sergio Bastianel). 5. «Riflessione sulla bontà morale e sulla correttezza dei comportamenti». Naturalmente l'elenco delle possibili definizioni potrebbe continuare tuttavia ciò che è essenziale in questa sede è capire i tratti fondamentali della disciplina già ampiamente spiegati e sintetizzabili nella sua configurazione scientifica. Come ogni scienza anche la teologia morale ha un oggetto, un metodo e un linguaggio propri: - oggetto: le implicazioni pratiche della fede cristiana; - metodo: razionale, speculativo-esegetico e storico, interdisciplinarietà; - linguaggio: coerente e preciso Si profila così l'aspetto di una disciplina che, lungi dall'essere un sistema chiuso e incomprensibile, si definisce come la teologia di un annuncio di salvezza per tutte le genti. 21 Cf. Inter Mirifica. La formazione teologica dei futuri sacerdoti. Congregazione per l'educazione cattolica, 22 febbraio1976 n. 97 in EV 5 n. 1872. 22 CEI, Ratio studiorum dei seminari maggiori d'italia, 10giugno 1984, n.43 in Enchiridion CEI vol. III, n. 1792. 11