SCOSTAMENTO DAL MATERIALE IDEALE • Disomogeneità (presenza di diverse fasi: compositi, ibridazione) (lez. 1) e porosità non costante (lez. 1) • Anisotropia e ortotropia (lez. 1) • Comportamento elastico, duttilità/fragilità, meccanica della frattura, durezza (lez. 2) • Viscoelasticità, comportamento dei polimeri (lez. 2) • Isteresi (lez. 3), elasticità variabile (lez. 3), smorzamento (impatto) (lez. 3) • Meta-materiali (lez. 3) • Diagrammi di Ashby riassuntivi dei materiali reali (lez. 3) ELASTICITA', DUREZZA, TENACITA', DUTTILITA' • Elasticità: Resistenza alla deformazione. Un materiale elastico ha un basso livello di deformazione plastica (non recuperabile) quando viene applicata una forza (per esempio di trazione) • Durezza: Resistenza alla penetrazione (superficiale). Un materiale è più duro di un altro, se non permette a quest'ultimo di penetrare, quando è premuto contro la sua superficie • Tenacità Resistenza alla penetrazione della cricca (difettosità). Un materiale tenace non si fessura facilmente (o non lascia facilmente penetrare le fessure esistenti) quando è soggetto ad una forza improvvisa (impatto) • Duttilità: Un materiale duttile fornisce delle indicazioni macroscopiche sulla prossimità a rottura del materiale (principalmente un'evidente strizione) , a differenza di un materiale fragile che si rompe senza evidenti “segnali” L'acciaio è elastico, il diamante è duro, il calcestruzzo è tenace, l'alluminio è duttile DIAGRAMMI SFORZO-DEFORMAZIONE Per valutare lo scostamento dei materiali da un comportamento elastico, si utilizzano i grafici sforzo-deformazione. Lo sforzo σ =F/S, dove F è la forza applicata e S è l'area della sezione del provino di materiale: ha le unità di una pressione, quindi pascal (Pa), ma di solito è più appropriato il megapascal (MPa) = 106 Pa. La deformazione ε è un numero puro e si misura come Δl/l, dove Δl è la variazione di lunghezza del provino e l è la lunghezza iniziale del provino. Condizione necessaria, ma non sufficiente, per utilizzare il materiale è che ci sia qualche forma di proporzionalità tra lo sforzo applicato e la deformazione ottenuta. Nel caso più semplice che il materiale sia elastico, il coefficiente di proporzionalità ottenuto E = σ/ε si definisce come modulo elastico o di Young, e si esprime di solito in MPa o in GPa (gigapascal) = 109 Pa. DIAGRAMMA SFORZO-DEFORMAZIONE (a trazione) DI UN ACCIAIO GENERICO Il modulo elastico viene calcolato dalla pendenza del tratto tra A e B. Il limite di utilizzo del materiale è sempre inferiore al limite elastico. Il tratto tra A e B è indicato come snervamento (yielding). ALTRI TIPI DI COMPORTAMENTO NON TOTALMENTE LINEARE ELASTICO Il comportamento della gomma (curva a S) indica che non c'è mai una deformazione totalmente elastica (non c'è un vero e proprio tratto rettilineo), poi c'è una grande deformazione ed infine il carico sale fino a rottura, perché c'è una notevole strizione. Nelle strutture naturali (curva a J) invece si preferisce avere prima una grande deformazione ma con carico bassissimo, poi resistere fortemente a qualunque “indesiderabile” deformazione (il carico sale quasi verticalmente) (es. cartilagine). In pratica, nelle strutture di certi animali marini (stella o riccio di mare) ci sono dei tessuti di collagene con due valori diversi del modulo elastico, uno basso per il movimento interno ed uno alto per la resistenza) EFFETTO DELLA STRIZIONE La diminuzione di sforzo dopo il carico massimo è in realtà soltanto apparente, in quanto il materiale si è assottigliato, subendo strizione (necking), e quindi lo sforzo nella realtà è considerevolmente aumentato Un altro dei vantaggi di utilizzare l'acciaio è quello di poter modificare la struttura e la resistenza meccanica a seconda delle esigenze di progetto: in pratica, ci sono elementi, come il nichel, che allargano il campo dell'austenite nel diagramma di stato, ed elementi, come il cromo, che allargano il campo della ferrite. FRAGILITA' ED ASSENZA DI STRIZIONE Curva di trazione di un ceramico innovativo (es. zirconia, allumina) Nei ceramici la deformazione è spesso ai liniti della misurabilità, specie nel caso di prove di trazione, nelle quali la propagazione di un singolo difetto porta a rottura. Questo rende preferibili prove di flessione CERAMICI TRADIZIONALI La produzione di ceramici tradizionali (es., ceramica, porcellana, grés) è condizionata dal tipo di minerali disponibili (qui mostrati come % in peso) sulla crosta terrestre. La maggior quantità di ossigeno suggerisce che i minerali più diffusi siano basati su ossidi, in particolare di silicio (silice, quarzo: SiO2) e di alluminio (allumina: Al2O3), quindi silico-alluminati, alle volte con presenza di ossidi di potassio, di sodio e di magnesio. La formazione di ceramici si basa principalmente sulla frantumazione dei minerali, e sull'impasto con acqua e ricottura, fino a temperature di 1200-1400°C, ma con elevato contenuto di porosità ed in certi casi con piani di clivaggio (sfaldamento a strati). Silice ed allumina si utilizzano anche come abrasivi. Notare come, escludendo silicio ed ossigeno, gli altri sei maggiori componenti della crosta terrestre siano metalli. CERAMICI AVANZATI: SINTERIZZAZIONE La sinterizzazione è un processo di compattazione delle polveri ad alta temperatura (anche fino a 2200°C) e spesso ad alta pressione (anche fino a 200 atmosfere), fino a creare una consistente interferenza tra le particelle di polvere e quindi a ridurre la porosità. I ceramici innovativi più diffusi sono carburo di silicio (semiconduttore, punta utensile da utensili da taglio, abrasivo), carburo di tungsteno (anche in rasoi, dispersori delle penne a sfera), e ossido di zirconio (zirconia, di solito stabilizzata con ittria), anche come biomateriale dentario o come elettrolita nelle celle a combustibile. PROVE PER MICRO-DEFORMAZIONI: NANOINDENTAZIONE (p.es. nelle diatomee) La nanoindentazione consente di avere un valore orientativo del modulo elastico in condizioni particolarmente difficili, ma va notato come questo valore sia sempre un valore puntuale, dipendente dal punto in cui il materiale viene indentato. PROPAGAZIONE DI CRICCA: MECCANICA DELLA FRATTURA LINEARE ELASTICA (teoria di Griffith) La teoria sviluppata da Griffith voleva spiegare la rottura improvvisa nel vetro, ed è partita dalla constatazione che la presenza di un difetto, o cricca, considerato per semplicità circolare, produceva un aumento di tre volte dello sforzo reale applicato sul materiale. Quando lo sforzo andava a superare un valore critico, dipendente dal materiale e dalle dimensioni del difetto, la propagazione della cricca diveniva instabile e si arrivava rapidamente a rottura. Considerando il vetro, Griffith immaginò che la propagazione della cricca fosse lineare elastica, quindi che non ci fosse nessun tipo di “strizione” (o di movimento non nella direzione della rottura della cricca). TEORIA DI GRIFFITH E GERARCHIZZAZIONE Nel caso più generale, i difetti sono ellittici e la propagazione non avviene in una qualunque direzione del difetto “circolare”, ma lungo l'apice della cricca. Inoltre, lo sforzo reale, dato che la cricca è così “orientata” è molto più grande di tre volte quello applicato, dipendendo dall'angolo dell'apice della cricca (più è stretto più lo sforzo aumenta), e quindi il superamento del valore critico è in realtà più facile che per difetti circolari. Notare che nelle strutture gerarchizzate, dove si parte dalla cellula, qualunque difetto nella cellula non diventa mai abbastanza grande da poter superare il valore critico stabilito da Griffith, e questo causa quel che Buckminster Fuller definiva “tensegrity”, cioè essere sempre in tensione (sotto sforzo) ma mantenere la propria integrità. TENACITA' La tenacità è data approssimativamente dall'area sotto la curva sforzo-deformazione, nel caso di fessurazione serve a valutare quanto il materiale si opponga alla crescita della cricca. FRATTURA NEI CERAMICI GERARCHIZZATI: L'OSSO Grazie alla struttura gerarchica, l'osso può riprendere lo sviluppo anche dopo che una sollecitazione di tipo diverso ed imprevedibile ne ha provocato la frattura Lo sviluppo dell'innesto osseo sugli scaffold deve essere il più possibile adattato al tipo di frattura e quindi alla compensazione della sollecitazione che l'ha prodotta PROGETTAZIONE SCAFFOLD MATERIALI VISCOELASTICI Il comportamento di un materiale viscoelastico, a differenza di quello di un materiale elastico, dipende dal tempo. Questo significa che il suo comportamento cambia a seconda della velocità o della frequenza (numero di cicli al secondo, o Hertz) con cui viene applicato il carico. Inoltre, questo significa anche che se il materiale viene sollecitato per un certo tempo, continua a scorrere ed a deformarsi plasticamente durante tutto quel tempo (quindi senza recupero, nemmeno se scaricato). Questo “scorrimento” viscoso dipende dal carico applicato, ed impedisce di applicare i polimeri in molte applicazioni (es., giunzioni di precisione molto sollecitate, binari o guide esposte agli agenti atmosferici) dove le tolleranze sono ridotte. TASSONOMIA DEI POLIMERI Polietilene (PE) Polipropilene (PP) Polibutilene (PB) Termoplastici Termoplastici biodegradabili Termoindurenti Termoindurenti biodegradabili Poliolefine Polivinilcloruro (PVC) PET Acetato di cellulosa Poliammidi (nylon) e poli-immidi (BMI) Polistirene Acido polilattico (PLA) Policaprolattone (PCL) Polibutilsuccinato (PBS) Amido di mais (Mater-Bi) o di patata (Solanyl) Policarbonato (PC) Poliestere Epossidiche Polifenoli Teflon (PTFE) Poliuretani Resine ureiche e melamminiche ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene) Gomme naturali (poliisoprene 1,4 cis) e sintetiche Resine oleose (olio di soia, olio di ricino) TERMOPLASTICO E TERMOINDURENTE La formazione di legami incrociati (o di reticolazione) si può ottenere grazie alla luce, al calore od all'aggiunta di altri composti chimici: è un processo irreversibile TEMPERATURA DI TRANSIZIONE VETROSA E CRISTALLINITA' Al di sopra di una certa temperatura il polimero diventa, da vetroso, gommoso e gradatamente meno resistente, finché si decompone, se molto reticolato (quindi termoindurente) oppure fonde, se poco reticolato (quindi termoplastico) COMPORTAMENTO A TRAZIONE POLIMERO SEMI-CRISTALLINO Il modulo elastico dei polimeri è in realtà scarsamente rappresentativo del comportamento complessivo del materiale (superamenti locali del limite elastico sono possibili anche in servizio) STRUTTURA DEI POLIMERI NATURALI (SETA RAGNI) La seta da cammino nei ragni consiste di proteine del tutto ripetitive, le spidroine: la spidroina contiene regioni di polialanine fatte da 4 a 9 molecole di alanina, che le danno la resistenza, e regioni ricche di glicina che le danno l'elasticità, quindi di un'alternanza di regioni cristalline (orientate) e amorfe (disordinate). PROVE TECNOLOGICHE: LA DUREZZA Le prove tecnologiche danno dei valori comparativi (e non assoluti) e sono utili per effettuare scelte sui materiali. La prova di durezza si basa sulla capacità di un indentatore di penetrare nel provino di materiale.. Nell'acciaio, la durezza Brinell è proporzionale alla resistenza a rottura attraverso un coefficiente di proporzionalità che dipende dal tipo di acciaio DUREZZA ROCKWELL (per plastiche: indentatore sfera d'acciaio) DUREZZA SHORE (A: per plastiche meno dure; D: per plastiche più dure) Si può avere anche una prova di durezza istantanea per 1 secondo: un valore 100 in entrambe le scale rappresenta una penetrazione di 2.5 mm. per un materiale spesso 6.4 mm Un altro tipo di prova di durezza è la durezza Barcol, che si serve di una punta d'acciaio affilata, e serve per vedere se nei polimeri termoindurenti la polimerizzazione è terminata (la durezza alla penetrazione deve essere almeno il 90% di quella sulla superficie). DUREZZA ED ELASTICITÀ VARIABILE IN NATURA: IL CETRIOLO DI MARE L'epidermide del cetriolo di mare, che è un echinoderma simile alla stella marina, è un materiale con due diversi valori di modulo elastico (in generale: curva a J) e di durezza (superficiale) dovuti alla diversa disposizione delle fibrille di collagene. E' anche uno dei più noti casi di auto-rigenenerazione, emettendo i visceri in caso di pericolo e ricostruendoli in brevissimo tempo.