Uscita didattica nel quartiere
Siamo
scesi
nel
cortile
sul retro della scuola, c’erano file di
macchine,lo
scricchiolio
sulla ghiaia e il rimbombo sul cemento di
una moltitudine di piedi. L'erba era
morbida e bagnata da miriadi di gocce
d'acqua; questa abbracciava un vecchio
pino come un caro amico con la corteccia
ruvida, le lunghe braccia erano basse,
quasi l'albero fosse stanco e gli aghi
sottili
venivano
sospinti
dal
vento
leggero che scuoteva dolcemente i rami
dando una sensazione di calma. Persino il giardino era impregnato dal
classico odore di mensa, mentre in palestra si udivano urla vivaci e
accese degli alunni.
Girammo a sinistra e vedemmo il cortile principale occupato in gran parte
da due campi di calcio, con linee verdi e bianche e crepe che spezzavano
il campo; sul prato lì di fianco svolazzavano diversi uccelli in cerca di
cibo: il piccione con le sue goffe movenze, il piccolo e grazioso merlo
indiano e la furba gazza ladra che con il suo verso stridulo contrastava
i dolci uccelli primaverili. Prima di uscire un cane labrador entrò nella
scuola inseguendo chissà quale odore e scodinzolò divertito dalla nostra
presenza, ma uscì trascinato dalla padrona seguito poco dopo da noi
Fuori fummo circondati da sempreverdi più giovani e con la corteccia più
liscia, mentre i cani correvano nell'erba. Dalla strada provenivano
rumori delle auto e un odore nauseabondo proveniente dai rifiuti a
fianco; un cane si avvicinò e si lasciò accarezzare: aveva un pelo
morbido con le sfumature tipiche del pastore tedesco. Continuando a
camminare, all'angolo con corso Traiano, attraversammo
dei piccoli
quadrati verdi rinchiusi da alti muretti che davano un forte senso
d'ordine, gli alberi erano spogli a forma di fiammifero e la corteccia
liscia, a parte un cuore inciso su un tronco, ma osservando bene si
notavano le gemme verdeggianti sui rami come un simbolo di rinascita. Lì
incontrammo una tenera bambina: Arianna di due anni e mezzo; la bimba era
vestita di bianco e blu ed era accompagnata dalla nonna che ce la
presentò sorridendo, il che rese la scena semplice e ingenua.
Svoltato l'angolo attraversammo il resto del viale accompagnati dalla
voce di Carlotta che cantava e ammirando le diverse vetrine dei negozi.
Entrammo in un bar e la prima cosa che notai fu il caffè: l'odore del
caffè, il rumore della macchinetta e tutte le tazze diverse. Era
piuttosto piccolo e occupato da tavoli sparsi ornati di fiori e piante in
vasi di ceramica dai colori caldi; ci sedemmo su morbide sedie rosse e
ordinammo le bevande, mentre un signore stropicciava un giornale. Presi
un croissant vuoto dallo scaffale apposito e gli diedi un morso. A prima
vista sembrava pomposo e gonfiato dalla pasta sfoglia, ma rivelò un gusto
dolce (forse di miele) e morbido sotto i denti.
A metà cornetto servirono le bevande, per me una cioccolata calda in una
tazza con le stelle azzurre. Era ricoperta di uno strato più denso ed
emanava vapori caldi, infatti molte volte mi bruciai la lingua e fui
costretta ad usare il cucchiaino. Mi cadde comunque sul quaderno e sui
pantaloni lasciando macchie che provai inutilmente a cancellare.
Aveva un sapore di cioccolato offuscato dal calore e una consistenza
piuttosto molle che purtroppo non riuscii a gustare perché dovemmo
correre via, io con la cioccolata in un bicchiere di plastica.
Impressione
il quartiere mi ha dato un impressione di fusione tra natura e uomo,
poiché si completano: l'uomo è caotico, in equilibrio instabile tra bene
e male, mentre la natura è inflessibile e segue sempre le sue leggi.
Nobili Federica- IIB