CAPITOLO 1
Fenologia vegetale
V. Marletto
1.1 - Crescita e sviluppo delle piante
Nel linguaggio corrente i termini crescita e sviluppo sono spesso usati
come sinonimi. Nel linguaggio delle scienze biologiche essi indicano invece
fenomeni sostanzialmente diversi, studiati con metodi di osservazione e misura
appropriati e tra loro dissimili.
La crescita è legata all'aumento ponderale o dimensionale di un organo o
dell'intero organismo ed è misurata tipicamente per mezzo di pesate, eseguendo
campionamenti periodici. Nel caso in cui si debba determinare l'incremento di
peso secco, i campionamenti sono necessariamente distruttivi. Ovviamente non
tutti i metodi di analisi della crescita sono distruttivi: per esempio la misura
dell'altezza raggiunta da un pioppeto non richiede l'abbattimento dello stesso!
Per quanto riguarda le piante, l'analisi della crescita (“growth analysis” nei
testi anglosassoni) è per l'appunto la disciplina sperimentale che studia
l'evolversi nel tempo della massa vegetale umida e/o secca nel corso della
stagione o di più stagioni, nel caso di organismi poliennali.
Un tipico prodotto di questa analisi consiste nella determinazione
quantitativa dell'accumulo e della ripartizione della biomassa negli organi che
caratterizzano i vegetali superiori (radici, fusto, foglie, ecc.).
Lo studio dello sviluppo vegetale comporta invece la rilevazione della
comparsa e scomparsa degli organi nonché di altre importanti modificazioni
nelle funzioni e nell'aspetto degli organismi viventi durante il loro ciclo vitale.
La fenologia vegetale o fitofenologia è la disciplina che si occupa di queste
osservazioni sulle piante spontanee e coltivate. Essa definisce in modo chiaro,
per mezzo delle cosiddette scale fenologiche, quali sono i fenomeni da
registrare (p.e. la germinazione, la fioritura, la caduta delle foglie ecc.), e
fornisce delle tecniche riproducibili e generalmente non distruttive per
l'effettuazione delle osservazioni stesse.
Va comunque chiarito che anche la fenologia deve talora avvalersi di
tecniche distruttive, p. e. nel caso delle osservazioni sulla fase fenologica - o
stadio fenologico - dell'apice vegetativo delle graminacee, che possono
comportare la dissezione della pianticella e l'osservazione al binoculare
dell'apice stesso (Kirby, Appleyard, 1981; McMaster, 1997).
1.2 - Relazioni tra clima e sviluppo
La ricerca internazionale ha individuato tra le grandezze ambientali che
caratterizzano il clima, quelle che influiscono in modo determinante sullo
sviluppo delle piante coltivate. I paragrafi seguenti trattano brevemente degli
effetti di ciascuna di esse.
1.2.1 - La temperatura
I vegetali sono organismi pecilotermi, sono cioè incapaci di mantenere la
propria temperatura interna a livelli sostanzialmente diversi da quella
dell'ambiente in cui si trovano. Tutti i processi fisiologici che condizionano la
vita delle piante si svolgono quindi sotto l'influsso diretto della temperatura
ambientale.
Per quanto riguarda lo sviluppo, ci interessano in modo particolare le
reazioni biochimiche che comportano una modifica al corredo ormonale delle
piante e che conducono alle variazioni fenologiche, ovvero al passaggio tra gli
stadi di sviluppo successivi.
La teoria corrente prevede la presenza di soglie termiche al di sotto delle
quali le reazioni stesse si fermano o procedono così lentamente da essere
trascurabili.
Quando la temperatura supera la soglia specifica la reazione procede a
velocità generalmente proporzionale alla temperatura finché l'accumulo degli
ormoni prodotti raggiunge un livello tale da "catalizzare" il passaggio alla fase
di sviluppo successiva.
Naturalmente questo modello riduzionista e meccanicistico dello sviluppo
fenologico non rappresenta assolutamente la complessità dei fenomeni che
effettivamente si verificano nella pianta e che, sia ben chiaro, non sono affatto
compresi pienamente.
Questo modello è però utile a fornire una prima base di accettabilità
fisiologica del sistema più antico (risalente addirittura a Réamur!), ma tuttora in
voga per cercare di prevedere la fenologia delle piante: la sommatoria dei
gradigiorno, di cui si parlerà estesamente più avanti (§1.3).
1.2.2 - Il fotoperiodo
Per fotoperiodo si intende la durata del dì, cioè della parte del giorno nella
quale il sole è al di sopra dell'orizzonte.1
1 Il fotoperiodo può essere calcolato facilmente a partire da informazioni semplici quali il
giorno dell’anno (DATE, compreso tra 1 e 365) e la latitudine del sito espressa in gradi e
decimi (LAT), per esempio utilizzando le seguenti equazioni, valide tra i due circoli polari:
DEC = -23.4 * COS(2 * PI* (DATE+10) / 365)
COSLD = COS(DEC * PI / 180) + COS(LAT * PI / 180)
SINLD = SIN(DEC * PI / 180) * SIN(LAT * PI / 180)
L'idea stessa di effetto fotoperiodico ha faticato non poco ad essere
compresa ed accettata dai ricercatori (Evans, 1975), dato che essa implica la
capacità delle piante di tenere conto del tempo di soleggiamento a prescindere
dalla sua intensità.
In effetti, anche se la giornata è completamente coperta, questo non
modifica l'effetto fotoperiodico perché è stato dimostrato ampiamente che,
anche a livelli di irraggiamento molto bassi, la pianta sensibile risente
comunque del fotoperiodo.
Per molte specie vegetali l'induzione alla fioritura è condizionata dal
fotoperiodo. Vi sono casi estremi come alcune varietà di tabacco che, se non
vengono esposte ad un fotoperiodo breve, rimangono indefinitamente
vegetative e che vengono indotte alla fioritura anche dopo una sola giornata
corta seguita da una notte lunga.
In generale il segnale fotoperiodico viene rilevato a livello fogliare e
trasferito all'apice vegetativo, che è la sede della formazione degli abbozzi
fogliari quando la pianta è vegetativa, e si trasforma nella sede della formazione
degli abbozzi fiorali quando la pianta entra nella fase riproduttiva.
Non è nello scopo di queste brevi note entrare nei dettagli della questione,
basti rilevare che esistono specie neutre, longidiurne e brevidiurne che
rispettivamente non risentono dell'effetto fotoperiodico, oppure sono indotte a
fiorire da giorni lunghi o da giorni corti.
L'interazione temperatura - fotoperiodo può essere anche molto complessa,
come dimostra la vasta letteratura sperimentale sull'argomento e la modellistica
che ne deriva.
1.3 - Modelli di simulazione dello sviluppo fenologico vegetale
La modellazione matematica della fenologia costituisce un importante
complemento all'attività di osservazione fenologica: le osservazioni fenologiche
di per sé consentono la preparazione dei cosiddetti calendari fenologici che
indicano per esempio l'intervallo di fioritura di ogni specie in una certa zona
ricavato dai valori medi ed estremi di una serie storica di osservazioni.
Il problema naturalmente è quello di riuscire a migliorare l'attendibilità
delle previsioni di fioritura ottenute dai calendari, introducendo in un modello
matematico informazioni sui parametri ambientali che si suppone esercitino
un'influenza determinante sul fenomeno fenologico.
DL = 12 + (PI + 2 + ASIN(SINLD/COSLD)) / PI
Nelle quali COS, SIN e ASIN sono le funzioni trigonometriche coseno, seno e arcoseno, PI è pi
greco (3, 1459 ...), e il fotoperiodo DL risulta espresso in ore e decimi. DEC è la declinazione in
gradi e decimi, mentre COSLD e SINLD sono variabili intermedie.
Ad esempio è noto che le annate più calde coincidono con fioriture precoci
mentre le primavere fredde rallentano lo sviluppo delle piante. L'attività di
modellazione matematica della fenologia consiste nella ricerca di una
rappresentazione quantitativa di questi comportamenti.
1.3.1 - Modelli lineari e variazioni sul tema
La considerazione che lo sviluppo fenologico non può regredire, dato che
esso può solo rallentare fino a fermarsi in presenza di condizioni termiche
avverse, fornisce un indizio sulla possibile connessione tra lo sviluppo e
l'effetto integrato nel tempo della temperatura ambientale.
Il modello lineare, il più semplice tra quelli che pongono in relazione
variabili diverse, può essere applicato al problema fenologico nella forma:
v = aT + b con v ≥ 0
dove v rappresenta la velocità di sviluppo, espressa per esempio in fasi
fenologiche per unità di tempo, analogamente al concetto di velocità fisica che
è espressa come spazio percorso per unità di tempo, T è la temperatura dell’aria,
a e b sono i parametri della retta.
L'integrazione nel tempo della velocità fenologica conduce alla
determinazione dello stadio di sviluppo raggiunto dalla vegetazione in esame,
così come l'integrazione della velocità di spostamento fisico determina lo spazio
percorso dall'oggetto in movimento.
Siccome nel modello lineare la velocità di sviluppo è una funzione
semplice della temperatura ambientale T, sarà quest'ultima ad essere integrata,
cioè in pratica sommata, nel tempo. E' possibile infatti dimostrare con
semplicissime manipolazioni algebriche che il modello lineare suddetto è del
tutto equivalente al cosiddetto sistema della somma termica dei gradigiorno,
che domina incontrastato la letteratura del settore fenologico. La somma
termica si esprime, com'è noto, nella forma:
S = ∑ (T − T0 ) con T ≥ T0
dove la sommatoria termica S delle differenze T - T0 tra la temperatura dell'aria
e la cosiddetta temperatura di base o di soglia, viene espressa nell'unità di
misura dei gradigiorno.
La temperatura di base corrisponde semplicemente all'intersezione con
l'asse delle ascisse della espressione lineare vista più in alto. Resta da
determinare quale sia l'intervallo temporale nel quale applicare la sommatoria
dei gradigiorno: se essa viene estesa dall'inizio alla fine di una fase fenologica
ben individuata, il valore di S così ottenuto, insieme al valore della temperatura
di base, va a costituire una coppia di caratteristiche fenologiche della specie in
esame. Essa risulta anche legata da semplici relazioni algebriche alla coppia di
parametri a e b che individua il modello lineare. In pratica:
a =1 / S,
b = - T0 / S.
La selezione dei valori più corretti per i parametri del modello lineare
dipende in modo essenziale dalla disponibilità di osservazioni fenologiche
condotte secondo criteri ben definiti, in periodi e località diverse e la
contemporanea disponibilità di dati termici, raccolti in prossimità dei siti di
osservazione fenologica.
Per l'analisi dei dati in questione ci si deve avvalere di procedure statistiche
più o meno raffinate ma soprattutto non ci si deve attendere di ottenere sempre,
cioè per ogni specie e per ogni fase fenologica, un'attendibile caratterizzazione
dello sviluppo in base al modello lineare. Per esempio in uno studio condotto
sulla data di fioritura di cinquantacinque specie spontanee prative (Marletto et
al., 1992; Marletto e Sirotti, 1993) solo per ventuno tra esse è stato possibile
determinare valori stabili per i parametri del modello lineare.
Alcune delle difficoltà nell'applicazione dei modelli lineari possono
scaturire dalle stesse modalità di determinazione dei gradigiorno. Mentre non ci
sono sostanziali differenze nei risultati se si impiega come temperatura media
giornaliera un valore ottenuto dalla media di 24 valori orari o dalla semplice
semisomma delle temperature estreme, le differenze nei risultati possono
diventare sostanziali nel caso in cui si vogliano valutare correttamente i
contributi allo sviluppo dovuti al periodo più caldo della giornata, specie se le
soglie termiche si alzano oltre i 4-5 °C.
Un'ottima approssimazione, alternativa all'uso dei valori orari misurati, può
essere ottenuta impiegando le temperature estreme giornaliere nella formula
seguente:
G
h
=
(T x − T 0 )2
2 (T x − T n )
nella quale Tx e Tn rappresentano rispettivamente la temperatura massima e
minima del giorno in esame. Questa espressione dovrebbe in effetti essere
sempre applicata nei giorni in cui la temperatura di soglia risulta compresa tra
la temperature estreme giornaliere in modo da considerare correttamente
l’effetto delle ore centrali delle giornata, più efficaci per lo sviluppo fenologico.
Per esempio se la soglia termica è pari a 8 °C e le temperature estreme sono
0 e 16 °C la formula tradizionale darebbe un contributo nullo mentre quella
proposta qui sopra fornisce 2 °D (gradigiorno). La formula in questione deriva
da semplici considerazioni geometriche intorno all'andamento termico
giornaliero, schematizzato come un grafico triangolare (Robertson, 1983).
La scelta di una forma lineare nella relazione tra velocità di sviluppo e
temperatura ambiente deriva da ragioni di semplicità ma non trova sempre un
riscontro nella realtà dei fatti. Sarebbe più corretto quindi esprimere la relazione
in questione come una generica funzione:
v = f (T )
la quale potrebbe anche non avere una forma analitica precisa, ma essere per
esempio approssimata da una linea spezzata, determinata dal disegno dei dati
sperimentali di velocità di sviluppo contro quelli di temperatura media.
Esempi in gran numero di questa relazione sperimentale (o meglio della
relazione reciproca tra durata della fase fenologica espressa in giorni e
temperatura media durante la fase, relazione denominata curva fenologica)
sono, per esempio, disponibili nel testo di A.S. Podolsky del 1984.
In queste curve è di solito visibile un certo grado di dispersione (o
"rumore" statistico) dei dati sperimentali, che viene normalmente attribuito alle
difficoltà insite nel rilievo delle fasi fenologiche, le quali tendono a presentarsi
in momenti diversi anche negli individui presenti in un singolo sito, per cui la
valutazione della data di inizio o fine di una fase può essere affetto da un errore
di osservazione anche molto ampio.
Non sono comunque da trascurare anche gli errori associati ai valori
termici, cui in genere si tende ad attribuire una maggiore oggettività in quanto
frutto della lettura di strumenti di misura. E' difficile, specie se le osservazioni
fenologiche si sono svolte in un arco di diversi anni, che lo strumento non sia
cambiato, che non si debba ricorrere a dati termici di diversa origine, che non vi
siano errori sistematici dovuti a scarsa o nulla manutenzione strumentale ecc.
Vale la pena comunque di rammentare che l'attività modellistica in
fenologia e più in generale in agrometeorologia deve sempre fare i conti con le
indispensabili, anche se spesso estenuanti, operazioni di analisi preliminare dei
dati sperimentali che, se tralasciate, possono vanificare gli sforzi di
applicazione pratica dei più raffinati modelli teorici.
L'interazione tra lo sviluppo fenologico e variabili ambientali diverse dalla
temperatura può essere (e spesso è in effetti) descritta come un'estensione
dell'espressione precedente:
v = f (T ) f (P ) f (V ) f (T × P )....
nella quale P rappresenta il fotoperiodo, V la vernalizzazione (cioè lo speciale
effetto di induzione fiorale dovuto all'esposizione delle piante alle basse
temperature) ed il termine f(T x P) rappresenta un esempio di possibile effetto
incrociato tra le due grandezze. Per una descrizione approfondita di questo tipo
di modelli v. Robertson (1983).
1.3.2 - Modelli fenologici dettagliati
La ricerca attuale in campo fenologico, con particolare riferimento alla
fenologia delle specie coltivate, si è concentrata sui fenomeni di formazione
degli abbozzi fogliari e fiorali localizzati sull'apice vegetativo, dato che sono
questi meccanismi a condizionare l'evoluzione fenologica successiva della
pianta (p.e. v. McMaster, 1997).
Questa attenzione all'apice vegetativo si è tradotta in una modellistica più
esplicita, diretta ad un maggiore dettaglio nell'individuare i passaggi intermedi
che portano alla comparsa delle fasi fenologiche tradizionalmente osservate.
Per esempio Miglietta (1991a,b,c) presenta una procedura per determinare
il numero finale di foglie per il grano tenero già vernalizzato. Il modello assume
una differente risposta varietale al fotoperiodo; le varietà che necessitano di
vernalizzazione possono ritenersi vernalizzate fin dalle prime fasi di sviluppo,
se vengono seminate all'inizio del periodo freddo e in questo caso esse
rispondono immediatamente al fotoperiodo.
Il modello si articola nei seguenti passi:
• la data di emergenza viene prevista con una funzione della temperatura
dell'aria, ipotizzando che l'umidità del suolo non sia limitante;
• al momento dell'emergenza avviene la determinazione del fotoperiodo
attraverso la procedura vista precedentemente;
• si procede poi al calcolo del numero finale di foglie in relazione alla
varietà, al fotoperiodo e ad un coefficiente che dipende dalla latitudine;
• il modello calcola la comparsa dei primordi fogliari in relazione alla
temperatura e l'emissione delle foglie in relazione al numero di primordi
fogliari formati;
• la data di spigatura prevista corrisponde al momento in cui il numero di
foglie emesse coincide col numero finale di foglie predeterminato.
La procedura è stata testata in diversi ambienti (USA, Inghilterra, Italia),
fra i quali 4 siti dell'Emilia Romagna e sono state osservate solo lievi differenze
tra simulato e osservato, probabilmente ascrivibili all'effetto della
vernalizzazione. Dalle prove di campo inoltre è emerso che, nelle normali
condizioni di coltivazione, il numero di foglie, il loro tasso di emissione e la
data di spigatura sono indipendenti dalla concimazione azotata e dallo stress
idrico.
Il modello di Miglietta ed altri modelli simili, opportunamente calibrati e
convalidati, costituiscono una delle basi dell'attività agrometeorologica
operativa di diversi servizi territoriali. E' quindi evidente l'importanza
dell'osservazione dettagliata sia delle fasi fenologiche tradizionali che di quelle
relative all'apice vegetativo, nonché lo studio di modelli matematici dettagliati,
che nonostante la loro complessità, consentono di prevedere con maggiore
accuratezza le fasi medesime.
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