1 Cosa è un buco nero? Dal momento che la gravità incurva lo spazio, cosa succede se una massa enorme, diciamo mille volte il nostro sole, si riduce ad una sfera di raggio molto piccolo? Secondo le equazioni di Einstein la gravità aumenta in modo iperbolico tendendo all’infinito ed esiste una dimensione critica, sotto la quale, lo spazio subisce una curvatura tale da invertire la direzione della luce. In tal caso questa massa diventa un buco nero. La dimensione critica è detta raggio di Schwarzchild dal nome dello studioso che per primo trovò questo valore. Se la velocità di fuga è v = M è la massa attraente ed r la distanza, nel caso della luce è c= raggio di Swarzchild è dove ; quindi il R =2Mg/c2. (9) Come si fa a riconoscere un buco nero dal momento che non emette la luce? Per molto tempo, anche illustri scienziati, hanno dubitato dell’esistenza di questi mostri dell’universo in grado di ingoiare un’ enorme quantità di materia e di energia nell’ambito della loro impressionante influenza gravitazionale. 2 Quale è la genesi di un buco nero? Per capire questo evento estremo occorre ricordare come nasce, come evolve e come muore una stella. Esistono nello spazio zone dove il gas primordiale (idrogeno per lo più) risulta più denso: questo gas non è distribuito uniformemente; dove la densità è maggiore la forza di gravità, per dirla con Newton, agisce da catalizzatore della materia circostante; la materia si addensa e comincia a ruotare intorno al punto di massima densità formando spirali che sembrano girandole di un fuoco di artificio. Man mano che la densità aumenta e corrispondentemente aumenta la forza di gravità, la quantità complessiva di gas, oltre a crescere, si comprime e, in una reazione a catena, cattura sempre più materia. Quando questa massa incandescente e molto compressa raggiunge la massa critica, la temperatura all’interno del nucleo della nascente stella raggiunge un valore in grado di innescare una reazione nucleare di fusione che trasformando 4 atomi di idrogeno in un atomo di elio libera una piccola quantità di energia; questa energia moltiplicata per un numero di atomi di idrogeno pressoché infinito sviluppa ogni secondo una energia enorme che produce luce e calore. Questa è la ipotesi che gli scienziati e ricercatori hanno sostenuto da quando si è compresa la formula E= mc2 ; ma oggi, si può dire, che non è più un’ ipotesi, dal momento che alcuni ricercatori hanno seguito ed osservato nel corso di molti anni la nascita di nuove stelle. Nel Luglio del 2010 è apparso sulla rivista scientifica “Focus”, un articolo di Mario Di Martino che riferisce della scoperta della formazione di una stella. Una stella come il nostro sole, se supera la fase critica iniziale, può bruciare il proprio combustibile per miliardi di anni senza mutamenti particolari; ma arriva infine il momento in cui la quantità di combustibile è inferiore a quella necessaria a mantenere l’equilibrio (pressione del gas caldo contro forza di gravità che tende a comprimere la materia senza limiti); il nucleo più pesante centrale si riduce sempre più mentre la corona esterna viene proiettata nello spazio trasformando la stella in una gigante rossa; iniziano reazioni nuove all’interno del nucleo che raggiunge temperature sempre più alte. Perché la reazione nucleare non consuma tutta la materia in poco tempo? Ciascuna stella, in base alla sua dimensione iniziale, subisce un processo di decadimento dipendente dal consumo progressivo della quantità di materia che produce energia: l’idrogeno si trasforma in elio, ma l’elio più pesante scende nelle profondità del nucleo, dove per la temperatura e la pressione, si trasforma in carbonio e successivamente il carbonio si trasforma in ferro; la grande stella si dispone a secondo del peso dei componenti in strati come una grande cipolla: all’interno i componenti più pesanti e man mano andando verso la superficie i componenti più leggeri; questa è anche la risposta al quesito perché non brucia istantaneamente ma dura così tanto tempo; quando si rompe l’equilibrio? Quando la stella comincia a produrre ferro; la fusione del ferro non produce più energia ed allora la gravità prende il sopravvento. La stella comincia a collassare su se stessa; a seconda della sua dimensione iniziale e di altri fattori, può trasformarsi in una nana bianca, in una stella di neutroni, oppure può esplodere creando una supernova che sviluppa, per un certo tempo, una luminosità pari a tutte le stelle della nostra galassia! Tra queste, alcune di massa gigantesca, sono candidate a diventare buchi neri perché la loro massa, ridotta al raggio di Schwarzchild, raggiunge la forza critica del buco nero. 3 La scoperta dei buchi neri Da molti anni astronomi e scienziati si sono messi alla ricerca di questi oggetti, previsti dalla teoria, ma difficili da individuare. Oggi, con telescopi potentissimi, da terra e con altri in orbita sono riusciti ad individuare, con matematica certezza, zone dell’universo dove si trovano buchi neri. Esistono, al centro della via Lattea, stelle di grandi dimensioni che ruotano intorno ad un ipotetico fuoco ad una velocità sbalorditiva; le loro orbite e traiettorie sono state studiate e registrate per anni: la velocità di queste stelle è dell’ordine di milioni di chilometri all’ora. Questa è una prova evidente che esse ruotano vorticosamente intorno ad una massa pressoché infinita; esiste un raggio, entro il quale tutto viene ingoiato, detto “orizzonte degli eventi”; man mano che ci si allontana le stelle relativamente vicine, come quelle osservate, risentono in modo evidente dell’azione del buco nero, quelle a distanze di migliaia di anni luce non subiscono effetti particolari. E’ stato calcolato che la nostra galassia (la via lattea) contiene miliardi di stelle ed ha un diametro dell’ordine di cento milioni di anni luce! L’orizzonte degli eventi è definito come quell’area dello spazio-tempo dalla quale non è possibile far uscire segnali; poiché i segnali vengono trasmessi al massimo alla velocità della luce, l’orizzonte degli eventi deve corrispondere al raggio di Schwarzchild. Il raggio di Schwarzchild dipende dalla grandezza della massa, vedi formula (9): nel caso del nostro sole sarebbe di appena 3 Km, quando il raggio effettivo è di 720.000 Km; questo ci fa immaginare quale contrazione deve subire una grande stella per ridursi ad un buco nero. Quindi da un buco nero non può emergere più nulla? Stephen Hawking, studiando per molti anni il fenomeno, ha dimostrato che, applicando le leggi della meccanica quantistica che studia il comportamento della materia nel mondo del microcosmo, i buchi neri non sono completamente neri; la meccanica quantistica dice che, nel vuoto, si possono presentare, in modo probabilistico e per tempi infinitesimi, particelle subatomiche che tendono ad annullarsi per la presenza di antimateria; una particella subatomica potrebbe cadere nel buco nero e separarsi dalla sua antiparticella che rimarrebbe fuori e quindi continuerebbe ad esistere.