IL MAL DELL’ESCA
E’ stato riscontrato in molti vigneti un gran numero di piante che ha manifestato la malattia, a causa del
fatto che la maggiore vegetazione sviluppata durante questa stagione ha richiesto un più elevato
rifornimento idrico, che le piante malate non sono riuscite a fornire alle proprie foglie.
L’AGENTE PATOGENO
Stereum hirsutum, Phellinus igniarius
LE GENERALITA’
In questi ultimi anni le malattie fungine del legno ed in particolare il Mal dell'Esca hanno assunto
grande importanza sia per il livello di gravità raggiunto sia per la diffusione con la quale si manifestano
anche in vigneti di recente costituzione.
Il Mal dell’Esca è diventato soprattutto negli ultimi anni la malattia del legno di vite più pericolosa in
quanto può compromettere l'esistenza dell'intero vigneto ed inoltre non sono oggi noti rimedi curativi
se non la prevenzione.
Pur se conosciuta già al tempo dell'antica Roma, viene citata da Plinio (29-79 d.C.), solo dagli anni '60 si
è manifestato in maniera tale da creare gravi problemi ai vigneti.
Ancora oggi la non perfetta conoscenza dell'eziologia deve far considerare il Mal dell'Esca non come
una malattia, ma come una sindrome complessa legata ad una successione di microrganismi.
In Italia il Mal dell'Esca è presente in tutte le zone di tradizione viticola, dal Nord al Sud del Paese. In
molte aree la malattia è presente nel 90-100% di vigneti con un'incidenza annua variabile, nei vigneti di
15-25 anni, dall'1 al 50% e un incremento medio annuo valutato fra il 4 e il 5%. La percentuale annua di
piante colpite dalla forma acuta della malattia si colloca invece intorno al 2%. Oltre alla perdita di
queste piante, i danni consistono nella minore produzione delle viti con sintomi cronici e nello
scadimento della qualità delle uve e quindi del vino. Le uve delle piante colpite non giungono
regolarmente a maturazione e hanno un contenuto minore in zuccheri e probabilmente in pigmenti e
sostanze aromatiche. Per una produzione di qualità queste uve dovrebbero essere scartate o vinificate
a parte.
Sono molte le cause che hanno portato ad un drastico aumento della malattia in questi anni: l'età dei
vigneti, ormai assai elevata il molte aree viticole del nostro Paese; l'affermazione di una viticoltura
protesa verso un aumento quantitativo delle produzioni e caratterizzata da forme di allevamento
espanse richiedenti forti interventi di potatura; l'adozione di concimazioni azotate squilibrate che
determina un ingentilimento dei tessuti della pianta e quindi una più facile aggressione degli stessi da
parte della malattia; il ricorso a forti interventi di potatura (che permettono l'ingresso dei funghi
patogeni nella pianta tramite le ampie ferite) in seguito ad eventi atmosferici calamitosi come nevicate
o gelate oppure per la conversione del sistema di allevamento; la scarsa o nulla adozione di misure
preventive atte a limitare la diffusione della malattia; l'assenza allo stato attuale di mezzi chimici
ammessi realmente efficaci nel contenimento.
L'attacco del Mal dell’Esca avviene attraverso tagli di potatura, ferite o altre lesioni provocate, ad
esempio, dalla grandine. Per quanto riguarda l'influenza dei fattori agronomici, predispongono la pianta
all'attacco di questa malattia un'elevata produzione, una concimazione azotata eccessiva, l’eccessivo
rigoglio vegetativo, le forme di allevamento della vite che prevedono grossi e frequenti tagli di potatura
o di ringiovanimento delle viti, le carenze idriche, i terreni compatti ed inoltre i vecchi vigneti sono più
suscettibili di quelli giovani. Si segnala una minore incidenza della malattia in vigneti inerbiti.
IL PROCESSO D’INFEZIONE
Recenti progressi compiuti dalla ricerca sul Mal dell'Esca della vite hanno contribuito a chiarire alcuni
aspetti sui meccanismi infettivi che sono alla base della di questa complessa malattia. Le ultime
ricerche scientifiche hanno dimostrato che la patogenicità è causata dall'attività, spesso combinata o
consecutiva, di diversi patogeni fungini appartenenti alle specie Fomitiporia punctata, Phaeomoniella
chlamydospora e Phaeoacremonium aleophilum.
Per ciò che riguarda invece i meccanismi di trasmissione della malattia, alcuni studi, effettuati in
Francia durante il periodo di riposo della vite per tre anni consecutivi nella regione viticola del
Bordolese sulla biologia di Phaeomoniella chlamydospora e di Phaeoacremonium aleophilum, funghi abbiamo già detto - implicati nella sindrome del Mal dell’Esca, hanno indicato che i due funghi hanno una
disseminazione per via aerea durante parte del loro ciclo biologico. La ferita di potatura costituisce una
delle vie di accesso di P. chlamydospora alla pianta. Le infezioni avvengono preferibilmente in periodi
piovosi con temperature miti. Le spore sono rilasciate durante tutto l'anno. Anche per Fomitiporia
punctata la ferita di potatura sarebbe la via di accesso del fungo alla pianta.
Phaeoacremonium aleophilum, al contrario, non sembra contaminare le ferite di potatura durante il
periodo invernale. Le spore sono liberate soprattutto durante la fase vegetativa. La sorgente di inoculo
è situata sulle zone escoriate del ceppo. La via di penetrazione nella pianta non è ancora stata
determinata.
Concludendo, la più importante via di infezione per questi funghi è rappresentata dalle ferite del legno
causate da interventi di potatura e meccanici in genere o da eventi meteorico-climatici quali le gelate e
la grandine. La penetrazione dei funghi avviene tramite lo sviluppo del fungo che, insinuandosi nei
tessuti legnosi, degrada i costituenti del legno.
La malattia, di tipo infettivo, progredisce generalmente lungo i filari, piuttosto che secondo una
distribuzione casuale. La diffusione della malattia sembra dunque avvenire per il trasporto dell'inoculo
con il materiale d'innesto o mediante gli strumenti impiegati nelle operazioni di potatura o comunque
traumatiche.
I SINTOMI
Il mal dell'esca si manifesta generalmente fra giugno e settembre con sintomi su foglie, tralci, grappoli
e legno dell'intera chioma o solo di singole branche. La malattia può avere due distinti andamenti: uno
Aggiornamento: Dicembre 2009
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cronico, lento e progressivo, con sintomi di varia natura e intensità, e uno acuto (detto “apoplessia”),
consistente in un più o meno improvviso avvizzimento delle piante.
Sindrome cronica
Sulle foglie, fra le nervature principali, compaiono aree di colore più chiaro, dapprima piccole e isolate,
poi più grandi e confluenti fino a formare vaste chiazze giallastre che virano al rosso-bruno prima di
seccare. I tessuti intorno alle nervature rimangono invece verdi conferendo così alle foglie una
caratteristica tigratura. I sintomi raggiungono la massima evidenza ad agosto. Le foglie colpite possono
rimanere attaccate sulle piante o cadere prematuramente. I tralci delle viti ammalate possono
presentare un ritardo della lignificazione, perdita di turgore e, più raramente, un lento disseccamento.
Parte delle gemme possono germogliare in ritardo.
Sugli acini, soprattutto quelli di vitigni bianchi di uva da tavola, compaiono spesso all'invaiatura macchie
bruno-violacee. La maculatura interessa solo la buccia del frutto e, generalmente, solo pochi frutti per
grappolo. In casi più gravi la macchiettatura è più estesa, gli acini si spaccano e si svuotano della polpa o
diventano preda di insetti e marciumi.
Nel legno sano dapprima compaiono venature nere longitudinali (che in sezione trasversale appaiono
come punteggiature), isolate o riunite in piccoli gruppi. A queste si accompagna la formazione di legno
bruno-rosso o rosato, spesso presente al centro del tronco e lungo il midollo. Insieme a queste
alterazioni principali possono svilupparsi vari imbrunimenti del legno (settori brunastri, con legno più o
meno duro). Successivamente compare il sintomo più noto, la carie bianca del legno. Il tessuto assume
una consistenza spugnosa, friabile e un colore bianco giallastro. Di solito la zona cariata è delimitata da
una linea scura e si sviluppa a partire da una ferita, in particolare quelle dovute a grossi tagli di
potatura, e da qui si estende o lungo un settore del tronco o verso la zona centrale. Quando la carie
raggiunge la corteccia si possono verificare spacchi longitudinali (mal dello spacco). Le alterazioni del
legno raramente si sviluppano al di sotto del punto di innesto.
Finora i sintomi sulla chioma (foglie, tralci, acini) sono sempre stati riscontrati in associazione con
estese carie del legno. Invece di recente sono stati documentati casi di piante di meno di 8 anni di età
con le caratteristiche clorosi fogliari, ma con sintomi sul legno molto ridotti: zone poco estese di carie
attorno al punto di innesto, o soltanto venature scure in zone limitate del fusto.
Sindrome acuta (apoplessia)
I sintomi compaiono improvvisamente nel mezzo dell'estate quando una intera pianta o singole branche
avvizziscono completamente: le foglie acquistano un colore meno verde, poi grigiastro e infine, in pochi
giorni, si disseccano. La stessa sorte può toccare ai grappoli. Generalmente sono colpite da apoplessia
piante che avevano manifestato, nello stesso anno o in anni precedenti, tutti i sintomi della forma
cronica.
Il Black Dead Arm
Il Mal dell’Esca può facilmente essere confuso con un’altra malattia, il Blak Dead Arm, molto simile sia
nella sintomatologia, sia nei danni causati alla pianta. Si tratta di una malattia fungina identificata di
recente in Francia, nel 1999. I suoi sintomi sono stati descritti per la prima volta nel 1974, ed
inizialmente si pensava si trattasse di Mal dell'Esca. I funghi responsabili di questa malattia
appartengono alle specie genere Botryosphaeria stevensii, Botryosphaeria obtusa, Botryosphaeria
dothidea.
I sintomi sono visibili a partire dalla fine di maggio - primi di giugno (sono quindi più precoci rispetto a
quelli del mal dell'esca, che compaiono a giugno inoltrato). Vengono colpite per prime le foglie basali, poi
la malattia evolve rapidamente a tutta la pianta. Le foglie cadono anticipatamente, la pianta deperisce e
nei casi più gravi muore.
Ai bordi delle foglie compaiono inizialmente delle piccole tacche di colore rosso (nelle varietà nere) o
giallo (nelle varietà bianche). Queste tacche poi ingrandiscono e si fondono a formare delle chiazze
estese alla superficie fogliare compresa tra le nervature principali. Lungo le nervature principali
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rimangono invece delle bande di colore verde. Infine le zone arrossate necrotizzano e le bande verdi
ingialliscono. Nei casi più gravi le foglie si disseccano completamente e cadono (di solito rimangono solo
poche foglie nella porzione terminale del ramo). I grappoli disseccano precocemente. Il tronco presenta
in sezione trasversale delle zone necrotiche settoriali.
Nella lotta al Blak Dead Arm, come per tutte le malattie fungine (Mal dell'Esca, ecc..), importante è
l'attuazione di tutte le pratiche agronomiche che permettano di prevenire l'insorgenza dell'infezione;
allontanare e distruggere tutte le possibili fonti d'infezione (residui di potatura di piante malate),
evitare lesioni o ferite che facilitino l'ingresso del patogeno nella pianta. Pertanto, al di là di una
diagnosi precisa, le due malattie devono essere prevenute nello stesso modo.
LA DIFESA
La prevenzione
Questa contempla alcune pratiche prima dell'impianto quali:
- scelta di ambienti meno esposti ai freddi ed ai rischi di gelate;
- scelta per l'impianto dei pali di cemento o di pali di legno trattati;
- scelta di portinnesti più resistenti, inversamente proporzionale alla vigoria;
- scelta delle cultivar più resistenti ove possibile;
- utilizzare materiale vivaistico di buona qualità e certificato.
Tra i mezzi colturali si ricordano tutte quelle pratiche che assicurino uno sviluppo equilibrato delle
piante. Le misure preventive dovranno prevedere:
- riduzione al minimo di tutte le pratiche di forzatura quali le concimazioni azotate;
- l’individuazione delle piante malate, morte o fortemente compromesse;
- il loro tempestivo espianto e distruzione
- la potatura separata delle viti segnalate come infette in tempi successivi rispetto a quelle sane
- l’asportazione e la bruciatura dei residui di potatura che possono costituire una fonte d'inoculo;
- la disinfezione dei tagli di potatura più grandi con mastici a base di benzimidazolici o triazoli oppure
di paste preparate con solfato di rame e calce.
Per quanto sopra esposto, è importantissimo contrassegnare le viti nel momento in cui si manifesta la
malattia (piena estate), ricordando che una pianta segnalata infetta deve essere sempre considerata
tale negli anni successivi, anche se non si manifestano i sintomi. Durante le operazioni di potatura
occorre quindi "lavorare" separatamente le viti, segnalate come infette, in tempi successivi rispetto a
quelle sane, avendo cura di asportare il relativo materiale di potatura. È inoltre fondamentale pulire e
disinfettare (con alcool o solfato di rame concentrato) gli attrezzi di potatura passando da pianta a
pianta, soprattutto in occasione di grossi tagli, e ricoprire le ferite maggiori con mastici protettivi.
E’ possibile tentare la strada del risanamento agronomico delle viti ammalate: questa pratica è
perseguibile prima della ripresa vegetativa, precedentemente alla fase del "pianto", tagliando il fusto
fin dove il legno risulta sano, curando sempre la disinfezione dei grossi tagli con mastici contenenti
fungicidi oppure con poltiglia bordolese concentrata. Tale tecnica ha la finalità di ricostituire la pianta
colpita dai tralci originati dalle gemme del moncone di fusto residuo. Il successo dipende dalla
tempestività dell'intervento di taglio e dallo stato di avanzamento dell'infezione. Nel caso la necrosi
abbia raggiunto la zona del colletto, la pianta risulta irrecuperabile e andrà completamente asportata.
Il limite di questa tecnica è dovuto al fatto che nel vigneto si crea uno sbilanciamento della quantità e
soprattutto della qualità delle produzioni. Sarebbe perciò opportuno effettuare gli interventi di
recupero prima che l'incidenza della malattia abbia raggiunto valori elevati, ovvero oltre il 10% delle
piante colpite.
La lotta chimica
Non essendo ammesso in Italia l'uso di arsenito di sodio, le misure di contenimento della malattia
restano quelle a carattere preventivo.
In via sperimentale per quello che concerne l'impiego curativo del ciproconazolo da somministrare al
terreno nella zona di competenza radicale oppure al tronco con sistemi a lenta cessione del principio
attivo.
In caso di neve o gelo, è utile disinfettare le viti che hanno subito maggiori danni con prodotti a base di
rame.
Negli ultimi anni parallelamente alla recrudescenza di questa malattia si è tornato a discutere in Italia
sulla reintroduzione dell'utilizzo dell'arsentito di sodio per frenare le infezioni di mal dell'esca.
Mentre in Italia, Grecia e Germania questo prodotto è vietato da tempo, in Francia, Spagna e Portogallo
è utilizzato con successo contro le malattie del legno di vite. I fautori di un ritorno all'utilizzo degli
arseniti in Italia si rifanno ad una risoluzione votata in seno all'Office International de la Vigne et du
Vin (O.I.V.) nel 1994 che "incoraggia le ricerche sul problema ed accetta, in attesa di nuovi sistemi di
lotta, l'uso oculato dell'arsenito di sodio associato a prodotti repulsivi per la fauna, contro i parassiti
del mal dell'esca". Al contrario gli oppositori agli arseniti presentano a giustificazione delle loro
posizioni gli aspetti tossicologici di questa sostanza che in verità sono tutt'altro che rassicuranti
essendo un prodotto ad alta tossicità acuta, cancerogeno per l'uomo, fitotossico per le piante e con un
impatto ambientale tutt'altro che leggero.
I disciplinari di produzione integrata ammettono per questa malattia solo l'utilizzo di mezzi preventivi.
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