7 La somministrazione preoperatoria di antibiotici

1 • General Philosophy
La somministrazione preoperatoria
di antibiotici
7
MOSHE SCHEIN
“La maggior parte delle persone muore per i rimedi e non per le malattie
di cui sono affetti.”
(Molière, 1622–1673)
Prima di eseguire una laparotomia per una patologia chirurgica acuta o per
un trauma è consuetudine somministrare antibiotici ad ampio spettro. In questo
caso, la somministrazione di antibiotici può essere terapeutica o profilattica.
Antibiotico-terapia: si attua in presenza di una infezione già in essere con
invasione dei tessuti (ad es. una appendicite perforata).
Antibiotico-profilassi: si attua in assenza di infezione, per ridurre l’incidenza
prevedibile di infezione per una contaminazione in atto (ed es. lesione penetrante
del colon) o potenziale (ed es. una gastrotomia per suturare un’ulcera sanguinante) in corso di intervento chirurgico.
È molto importante fare una distinzione tra contaminazione ed infezione
(●❯ Cap. 12) dato che soltanto quest’ultima necessita della somministrazione
post-operatoria di antibiotici; questo argomento verrà discusso nel capitolo sul
trattamento antibiotico post-operatorio (●❯ Cap. 42). L’antibiotico-terapia è di
ausilio sia al chirurgo che alle naturali difese del peritoneo per eliminare una
infezione in atto.
L’antibiotico-profilassi previene le infezioni post-operatorie della ferita laparotomica ma non quelle polmonari e delle vie urinarie né l’insorgenza di ascessi
intra-addominali, perciò non dovrebbe essere impiegata nel tentativo di evitare
queste evenienze. Infine, persino gli imbecilli sanno che gli antibiotici sono soltanto di supporto al corretto trattamento chirurgico della contaminazione e dell’infezione (●❯ Cap. 12).
Quando dovreste iniziare a somministrare gli antibiotici?
Esistono due scuole di pensiero. Una sostiene che, se la contaminazione o
l’infezione intra-addominale è pre-operatoriamente evidente o fortemente
sospetta, la somministrazione degli antibiotici deve essere immediata – prima è,
meglio è. Nei casi in cui vi sia un ritardo nell’esecuzione della laparotomia, va
somministrata una seconda dose di antibiotici pre-incisione in sala operatoria. È
meglio eseguire una somministrazione pre-incisione nei casi in cui è prevedibile
67
68
Moshe Schein
una contaminazione intra-operatoria. Alcuni chirurghi la pensano in maniera
diversa e preferiscono aspettare i reperti operatori prima di fare uso di antibiotici. Se ad esempio una appendicite acuta si rivela essere “semplicemente flemmonosa” (●❯ Cap. 28) o se un trauma chiuso non ha danneggiato il lume di un viscere cavo (●❯ Cap. 35), di solito il chirurgo evita di somministrare antibiotici. Se
invece vi è una contaminazione o una infezione, procede all’antibiotico-terapia
pochi minuti dopo aver effettuato la laparotomia, apparentemente senza alcun
danno. A favore di questa seconda filosofia c’è il fatto che gli antibiotici determinano la liberazione di endotossine batteriche, per cui i chirurghi ritengono che
l’evacuazione del pus (contenente la fonte delle endotossine) sia un prerequisito
per iniziare una terapia anti-microbica.
Tuttavia, noi, come molti altri, crediamo che gli antibiotici permeino i tessuti al momento dell’incisione addominale e che l’immediata vasocostrizione che si
verifica in sede di incisione non permetta agli antibiotici – se somministrati in
seguito – di raggiungere la ferita chirurgica. Perciò è nostra abitudine somministrare una dose di antibiotici prima di qualsiasi intervento chirurgico addominale
urgente. Quando è presente una contaminazione o una infezione o quando è prevedibile una contaminazione, il valore dell’antibiotico-terapia o dell’antibioticoprofilassi è evidente.
Considerando gli effetti benefici dell’antibiotico-profilassi in alcuni interventi “puliti” eseguiti in elezione, si suppone che lo stesso principio debba valere per i
pazienti con patologia acuta (senza contaminazione o infezione) sottoposti a laparotomia. Il significato clinico della endotossiemia da antibiotici è ancora sconosciuto.
Non di rado osserviamo chirurghi che, nel caos peri-operatorio, si dimenticano di somministrare gli antibiotici. Per compensare la loro mancanza, ne ordinano la somministrazione dopo l’intervento. Questo è del tutto inutile! Le mani
sporche si lavano prima o dopo i pasti?
Il destino della ferita chirurgica è segnato da ciò che avviene intra-operatoriamente e questo comprende anche la somministrazione degli antibiotici. Niente
di ciò che viene fatto dopo l’intervento può mutare l’esito della ferita (●❯ Cap. 49).
Quali antibiotici usare?
Contrariamente a quanto viene predicato dalle case farmaceutiche e dai loro
vari beneficiari o rappresentanti, la scelta dei farmaci è semplice. Sono disponibili
numerosi schemi terapeutici singoli o combinati, tutti ugualmente efficaci; i più
recenti e costosi non necessariamente sono i migliori. La flora batterica all’origine
della contaminazione o dell’infezione addominale è quella del tratto gastro-intestinale e ciò è comprensibile. Una goccia di feci in cavità peritoneale contiene più di
400 diversi tipi di batteri e soltanto alcuni di questi sono responsabili dell’infezione. Perciò, dall’iniziale pletora, il numero di batteri contaminanti si riduce spontaneamente fino a comprendere soltanto pochi microrganismi che riescono a sopravvivere fuori del loro ambiente naturale. Questi sono gli anaerobi facoltativi che producono endotossine, come l’Escherichia coli, e gli anaerobi obbligati come il
7 • La somministrazione preoperatoria di antibiotici
Bacteroides fragilis, che agiscono in sinergia. Può essere impiegato qualsiasi antibiotico o combinazione di più antibiotici per eliminare efficacemente i batteri bersaglio. Il “triplo schema” (ampicillina, amminoglicoside e metronidazolo o clindamicina), popolare negli anni ’70, è diventato ormai obsoleto. Clinicamente,
l’Enterococco, che viene spesso isolato nella peritonite sperimentale e clinica, non ha
praticamente significato patogeno a livello della cavità peritoneale e non richiede la
“copertura con ampicillina”. Gli amminoglicosidi sono notevolmente nefrotossici
(soprattutto nei pazienti critici), sono inefficaci in un ambiente a basso pH come
quello peritoneale infetto e non sono più gli antibiotici di prima scelta nel trattamento iniziale dell’infezione intra-addominale.
I chirurghi tendono ad essere degli abitudinari che si attaccano disperatamente ai dogmi trasmessi dai propri maestri: il “triplo schema” è uno di questi
dogmi, giunto fino al XXI secolo per ignoranza. Ci sono numerosi prodotti disponibili sul mercato. Ne potete scegliere uno qualsiasi, usandolo come “monoterapia” o in combinazione, basta che copra l’E. coli e il B. fragilis. Nelle emergenze
addominali, è possibile usare lo stesso prodotto sia per la profilassi che per il trattamento. Una dose iniziale del farmaco più idoneo viene somministrata pre-operatoriamente; l’utilizzo può essere protratto dopo l’intervento se indicato dai
reperti intra-operatori.
L’uso (sbagliato) di somministrare un prodotto debole (ad es. la cefazolina)
prima dell’intervento per poi passare ad uno schema forte è illogico. Durante la stabilizzazione con liquidi in pazienti ipovolemici, gli antimicrobici possono diluirsi,
con conseguente riduzione della disponibilità dei farmaci antimicrobici nelle sedi
di contaminazione o infezione. In questi casi, soprattutto nei pazienti traumatizzati, dovrebbero essere impiegate dosi iniziali superiori: “prima e di più è meglio che
meno e più a lungo”.
Conclusioni
Iniziate la somministrazione di antibiotici prima di ogni laparotomia d’urgenza; se continuare o meno la somministrazione dopo l’intervento dipende dai
reperti operatori (vedi ●❯ Cap. 42).
Dovete conoscere la flora bersaglio e adottare il regime più economico e semplice. I batteri non possono essere confusi, ma neanche voi!
PS: Cercate una copia di The Surgical Infection Society Guidelines on antimicrobial therapy for intra-abdominal infections di Mazuski JE, Sawyer RG,
Nathens AB et al. (2002). Surg Infect 3:161-173.
“I pazienti possono guarire senza antibiotici.” (Mark M. Ravitch,1910-1989)
69