INSUFFICIENZA CARDIACA La funzione del sistema cardiovascolare è quella di “portare” ossigeno, nutrienti ed altre molecole essenziali ai tessuti e di rimuovere dagli stessi i prodotti del metabolismo (es. CO2, ac. lattico, ecc.) per far sì che vengano eliminati dagli organi deputati (polmoni, fegato, reni). Elemento centrale del sistema è il cuore, in grado di mantenere un adeguato flusso ematico nei diversi distretti circolatori. L’efficienza del sistema cardiovascolare dipende dalla funzione cardiaca e da come questa è “accoppiata” al sistema vascolare. L’insufficienza cardiaca è uno stato fisiopatologico in cui il cuore non riesce a pompare sangue in quantità adeguata alle richieste metaboliche dell’organismo, oppure può farlo solo con un aumento della pressione di riempimento. Ciò si può verificare per una riduzione della contrattilità: insufficienza miocardica o per un aumento improvviso del carico di lavoro: insufficienza circolatoria Quando l’insufficienza si rende manifesta si parla di SCOMPENSO CARDIACO Si distinguono una disfunzione sistolica: incapacità del cuore a contrarsi efficacemente (F.E. < 40-45%; nelle forme molto gravi <15-20%), e una disfunzione diastolica: difficoltà dei ventricoli a riempirsi adeguatamente (aumento della pressione venosa polmonare e sistemica) Epidemiologia L’INCIDENZA/PREVALENZA aumenta sensibilmente con l’età, passando dal 10-15/1000 al 10/100 dopo gli 80 anni, e dato l’invecchiamento delle popolazione è destinata ad aumentare ulteriormente. La PROGNOSI una volta comparsi i sintomi, rimane infausta nonostante i progressi della terapia medica, con mortalità del 50% a 2 anni nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato. La morte improvvisa costituisce la più importante causa di morte (30-50% a seconda delle diverse casistiche e definizioni). RICOVERI OSPEDALIERI E COSTI: l’aumento della prevalenza di scompenso cardiaco si è tradotta in un cospicuo incremento dei ricoveri ospedalieri e della spesa complessiva per i pazienti con scompenso cardiaco (USA 10% della intera spesa sanitaria). Eziopatogenesi Il quadro clinico dello scompenso può derivare da: MALATTIE PRIMITIVE DEL MIOCARDIO (insufficienza miocardica), nelle quali il meccanismo fisiopatologico essenziale è costituito da un’alterazione funzionale sistolica (ridotta espulsione di sangue dai ventricoli per ridotta velocità e ridotta forza di contrazione) e/o diastolica (ridotto riempimento dei ventricoli per effetto di ridotta distensibilità e di un rallentato o parziale rilassamento) La Disfunzione sistolica è l’incapacità del cuore a contrarsi efficacemente (F.E. <40-45%; nelle forme molto gravi <15-20%). La Disfunzione diastolica è la difficoltà dei ventricoli a riempirsi adeguatamente (aumento della pressione venosa polmonare e sistemica) CAUSE “NON MIOCARDICHE” (insufficienza cardiaca), ovvero condizioni anatomiche o funzionali che non interessano prevalentemente la funzione delle fibrocellule muscolari, almeno inizialmente, ma limitano la performance cardiaca. Patogenesi Solitamente lo SC viene preceduto da un periodo più o meno lungo di sofferenza miocardica indicata come DISFUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA. Questa fase è caratterizzata dall’intervento di MECCANISMI COMPENSATORI, che fanno si che la patologia si mantenga asintomatica. I meccanismi di compenso sono attivati dalle basse pressioni di perfusione periferica e dalle aumentate pressioni di riempimento delle cavità cardiache. Regolazione della Contrazione Cardiaca GITTATA SISTOLICA: quantità di sangue espulsa ad ogni sistole GITTATA CARDIACA: gettata sistolica x frequenza cardiaca FRAZIONE D’EIEZIONE: percentuale di sangue espulso durante la sistole sul totale di sangue contenuto in ventricolo al termine della diastole (60-70%). PRE-CARICO (preload): volume di riempimento ventricolare in tele diastole. POST-CARICO (afterload): insieme delle resistenze che il ventricolo deve superare per espellere il sangue; equivale allo stress di parete o sforzo di parete (forza per unità di superficie trasversa della parete). La regolazione della GITTATA CARDIACA dipende da frequenza cardiaca, contrattilità miocardica, precarico e post-carico. Meccanismi di compenso I meccanismo di compenso che si mettono in atto quando è presente l’insufficienza cardiaca, e che contribuiscono a far si che per un certo periodo di tempo la patologia rimanga asintomatica, sono di due tipi: centrali e periferici. Quelli centrali consistono fondamentalmente in un adattamento delle fibrocellule miocardiche, e comprendono ipertrofia e dilatazione ventricolare, con prevalente dilatazione e conseguente aumento del volume cardiaco; il meccanismo è basato sulla Legge di Starling, secondo la quale un allungamento delle fibre miocardiche in diastole determina un aumento della forza contrattile del cuore. I meccanismo periferici sono fondamentalmentalmente l’attivazione del Sistema Renina-AngiotensinaAldosterone, con conseguente vasocostrizione e ritenzione idrosalina, e l’attivazione del Sistema Nervoso Simpatico, che ha un’azione ino-dromo-crono-batmotropa positiva, con conseguente vasocostrizione periferica artero-venosa. Sovraccarichi Emodinamici Un aumento persistente del carico di lavoro emodinamico può portare ad un quadro di insufficienza cardiaca. Nei sovraccarichi di volume l’aumento del lavoro cardiaco è dovuto ad un incremento del precarico (insufficienza mitralica), mentre nei sovraccarichi di pressione il lavoro cardiaco aumenta per l’aumento della pressione ventricolare (stenosi aortica). Il rimodellamento come meccanismo di compenso Il sovraccarico di pressione ed il sovraccarico di volume determinano un rimodellamento ventricolare. Il sovraccarico di pressione determina ipertrofia concentrica, con replicazione dei sarcomeri in parallelo. Il sovraccarico di volume determina prevalente dilatazione, con replicazione dei sarcomeri in serie. Cause di ischemia miocardica in corso di ipertrofia L’ipertrofia miocardica, pur essendo un adattamento compensativo ad un sovraccarico di pressione, determina una sofferenza ischemica cronica per i seguenti motivi: Aumento delle richieste di O2. Alterato rapporto capillari/miociti, con aumento dei miociti senza un corrispondente aumento dei capillari. Ridotta produzione di nitrossido endoteliale. Possibile riduzione della pressione aortica media (stenosi aortica) con riduzione della pressione di perfusione coronarica. Aumento della pressione telediastolica ventricolare e successivamente della pressione sistolica (schiacciamento degli strati subendocardici). L’ipertrofia pertanto nel corso del tempo determina maggiore consumo di O2, con fibrosi, ridotta compliance, progressiva dilatazione della cavità ed assottigliamento della parete. Effetto del Precarico e Legge di Starling Secondo la legge di Starling “l’intensità della contrazione miocardica è direttamente proporzionale alla lunghezza iniziale delle fibre muscolari”, fino ad un valore limite, oltre il quale aumentando la lunghezza non aumenta più la forza di contrazione. Applicando al cuore tale legge, la lunghezza iniziale delle fibre determina il volume telediastolico, e rappresenta il PRECARICO. Precarico: Forza richiesta per produrre lo stiramento ed allungamento del miocardio ventricolare alla lunghezza o dimensione telediastolica. Indica il carico imposto alla fibra miocardica prima della contrazione. Si identifica con il volume telediastolico. Un aumento del precarico determina un aumento della contrattilità della fibra miocardica (Starling). Pertanto, un temporaneo aumento del volume di riempimento ventricolare viene rapidamente compensato grazie ad un incremento della gittata sistolica. Aumentando la lunghezza del sarcomero aumenta la forza contrattile. In condizioni normali il ventricolo opera nella fase di ascesa rapida della curva, con una pressione telediastolica ventricolare sinistra inferiore a 12 mmHg: piccole variazioni del riempimento determinano ampie variazioni della gittata sistolica. Nella fase di compenso l’aumento del volume telediastolico e della distensione delle fibre consente una gittata sistolica normale. Esiste tuttavia un limite, oltre il quale l’aumento di riempimento ventricolare è controproducente, perché lo stiramento delle fibre miocardiche è eccessivo e l’aumento del diametro ventricolare fa aumentare troppo il postcarico. Quest’ambito è detto RISERVA DI PRECARICO Il meccanismo di compenso secondo Starling è valido solo per alcuni battiti. Un incremento costante e patologico del precarico (shunt congeniti, insufficienza valvolare mitralica, ecc.) determina un aumento volume ventricolare. L’aumento delle dimensioni cavitarie consente nelle prime fasi il mantenimento di un’adeguata gittata cardiaca, almeno a riposo. La dilatazione cavitaria va sempre considerata con un processo patologico. Gli aumentati volumi cavitari si accompagnano ad aumentate pressioni di riempimento con conseguente aumento delle pressioni a monte (polmone edema polmonare). Inoltre, un aumento dei diametri cavitari comporta uno svantaggio meccanico per il ventricolo, in accordo con la Legge di Laplace: T = (P x R)/2h. Postcarico Tensione che il ventricolo sinistro sviluppa per aprire la valvola aortica e consentire lo svuotamento del contenuto ventricolare in aorta, e per vincere le resistenze periferiche. La tensione (stress) delle pareti ventricolari durante la contrazione è una determinante importante nel postcarico. Lo stress di parete riflette infatti l’integrazione dei due principali carichi, quello vascolare e quello imposto dal ventricolo stesso. Per la legge di Laplace a valori identici di pressione aortica il postcarico è più elevato in un ventricolo dilatato rispetto ad un ventricolo di dimensioni normali. L’aumento del postcarico provoca una riduzione della velocità di accorciamento delle fibre miocardiche e una progressiva riduzione della tensione sviluppata. Legge di Laplace T= P x r/2h, dove T = tensione parietale, P = pressione intraventricolare, r = raggio, h = spessore di parete del ventricolo Il ventricolo sopporta un aumento di postcarico (tensione parietale o stress) sia per l’aumento di pressione P (sovraccarico di pressione), sia per aumento del raggio (r). L’aumento di spessore della parete (h) riduce il postcarico. Pertanto la dilatazione, pur essendo inizialmente un meccanismo di compenso che tende a mantenere una gittata cardiaca adeguata, aumentando lo stress parietale contribuisce ad aumentare il lavoro del cuore. L’aumento delle dimensioni della cavità ventricolare (r) determina una condizione sfavorevole, poiché il ventricolo per poter sviluppare un’uguale pressione (P) dovrà sopportare un’aumentata tensione di parete (postcarico), a meno che non aumenti lo spessore (h) Meccanismi Compensatori Periferici Attivazione del Sistema RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE La riduzione della gittata cardiaca determinata all’insufficienza cardiaca causa ipoafflusso renale; il rene risponde all’ipoafflusso con attivazione del sistema iuxtaglomerulare e produzione di renina e innesco di tutto il sistema, che in definitiva determina aumento sia del precarico che del postcarico e pertanto, pur essendo un meccanismo di compenso, contribuisce ad aumentare il lavoro del cuore. Attivazione del Sistema Nervoso Simpatico Lo stato inotropo viene definito come “condizione propria della fibrocellula che condiziona la velocità di produzione di forza da parte della fibrocellula stessa”. La contrattilità definisce pertanto la capacità che ha il cuore di modificare le proprie prestazioni, indipendentemente dalle condizioni di carico emodinamico. E’ la capacità intrinseca delle fibre miocardiche di generare forza per accorciarsi. Nel cuore intatto, una modificazione della contrattilità miocardica intrinseca può essere definita come una variazione della funzione di pompa che teoricamente si verifica indipendentemente dalle variazioni delle condizioni di carico (pre- e post-carico) o dalla frequenza cardiaca. La contrattilità può anche essere modulata estrinsecamente per azione del sistema neurovegetativo (es. ortosimpatico e parasimpatico) L’attivazione del sistema nervoso simpatico determina aumento della forza di contrazione (effetto inotropo positivo) ed aumento della frequenza cardiaca (effetto cronotropo positivo). Ma se la FC supera i 160 b/min, la diastole diventa troppo breve per consentire un buon riempimento del cuore. Di conseguenza la gittata sistolica diminuisce, impedendo altri aumenti della gittata cardiaca. Questo è il limite della riserva di frequenza. Un altro effetto compensatorio del sistema nervoso simpatico sarebbe quello di determinare una ridistribuzione della Gittata Cardiaca, determinando vasocostrizione arteriolare in alcuni distretti meno importanti (cute, visceri addominali), in modo da cercare di preservare una normale perfusione degli organi nobili (cuore e cervello). Il rene non viene protetto dall’ipoperfusione, per cui si avrà una riduzione della pressione nelle arteriole renali che arrivano ai glomeruli, con ulteriore stimolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. La vasocostrizione periferica inoltre determina un aumento del postcarico, facendo alla fine aumentare il lavoro del cuore. Ormoni natriuretici L’aumentato volume intracardiaco attiva i baroriflessi cardiopolmonari, stimolando la secrezione degli ormoni natriuretici. ANP (atrial natriuretic peptide)/BNP (brian natriuretic peptide) sono sintetizzati dai miociti cardiaci. Sono ormoni ad azione natriuretica e vasodilatoria, ed inibiscono la renina e i fattori di crescita. ANP è secreto principalmente dagli atri, BNP è secreto principalmente dai ventricoli. Entrambi aumentano precocemente in corso di disfunzione cardiaca (prima del manifestarsi dei sintomi) Nell’I.C. in fase di compenso con riduzione lieve-moderata della perfusione renale, i peptidi natriuretici (ANP, BNP), rilasciati dagli atri e/o ventricoli distesi, stimolano l’escrezione urinaria di sodio (ridotto riassorbimento tubulare, che si traduce in un rapporto Na/K nelle urine > 1,0) In fase di scompenso, la riduzione moderata-severa della perfusione renale attiva il sistema RAA e il sistema simpatico, che contrastano l’azione dei peptidi natriuretici stimolando il riassorbimento massimale di sodio, che si riflette in un rapporto Na/K nelle urine<1,0. L’aumento delle concentrazioni di ANP si accompagna ad una graduale riduzione della responsività renale e periferica. Quando la responsività all’ANP diminuisce, aumenta il BNP di origine ventricolare (fasi avanzate dello scompenso, classe NHYA III-IV). I meccanismi di compenso consentono nelle fasi iniziali il mantenimento di un’adeguata portata cardiaca, almeno a riposo, e di normali o lievemente aumentate pressioni di riempimento. Nelle fasi iniziali i sintomi di scompenso cardiaco si manifestano solo in caso di aumentate richieste metaboliche, per l’incapacità del cuore ad aumentare adeguatamente la portata cardiaca mantenendo basse pressioni di riempimento. A lungo andare gli stessi meccanismi di compenso favoriscono l’evoluzione delle anomalie strutturali e funzionali, determinando l’aggravamento della patologia con la comparsa di sintomi anche a riposo. In sintesi: Lo scompenso cardiaco si verifica quando il cuore non è in grado di pompare sangue in quantità sufficiente per soddisfare i bisogni metabolici dell’organismo. L’incapacità del cuore a soddisfare i fabbisogni può essere dovuta a riempimento inefficace e/o ad una anomala contrazione e successivo svuotamento. I diversi meccanismi compensatori provocano un aumento della volemia e aumentano le pressioni di riempimento delle camere cardiache, la frequenza cardiaca e la massa del cuore, in modo da mantenere la funzione di pompa del cuore e di favorire una ridistribuzione del sangue. Tuttavia, nonostante questi meccanismi compensatori, la capacità del cuore di contrarsi e di rilasciarsi può ridursi progressivamente con ulteriore aggravamento dello scompenso cardiaco Si instaura alla fine un circolo vizioso, che contribuisce a peggiorare ulteriormente la prestazione ventricolare. Manifestazione Clinica di Scompenso Cardiaco I meccanismi di compenso non intervengono nelle forme in cui l’insufficienza cardiaca si instaura acutamente. Sulla base delle modalità di esordio si distinguono: Scompenso cardiaco ACUTO (IMA esteso, rottura di corda VM, ecc.) Scompenso cardiaco CRONICO Nelle forme acute i segni da bassa portata e congestione compaiono improvvisamente e si manifestano con severità estrema. Classificazione Insufficienza cardiaca secondo le Linee Guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association. Pone l'accento sulla storia naturale della malattia attraverso l'evoluzione o la progressione della stessa Stadio A: pazienti ad alto rischio di sviluppare la malattia senza alterazioni del miocardio. Sono quelli con ipertensione, cardiopatia ischemica, diabete mellito, o che fanno uso di farmaci cardiotossici (es. chemioterapici) o hanno storia familiare di cardiomiopatie. Stadio B: pazienti con alterazioni del miocardio, ma senza sintomi di insufficienza cardiaca durante la normale attività giornaliera. Sono quelli con pregresso infarto miocardico, disfunzione sistolica ventricolare sinistra, valvulopatie asintomatiche. Stadio C: pazienti con sintomi presenti o passati di insufficienza associati ad una malattia del muscolo cardiaco. Sono quelli con malattia cardiaca strutturale nota, con dispnea, facile affaticabilità e ridotta tolleranza allo sforzo. Stadio D: pazienti con grave scompenso cardiaco che necessitano di un trattamento altamente specializzato. Sono quelli con sintomi severi nonostante terapia massimale e che richiedono frequenti ricoveri per supporto terapeutico speciale. I sintomi dipendono da: Ritenzione idrica ed aumentate pressioni di riempimento Congestione polmonare (dispnea da sforzo/riposo, edema polmonare) Congestione venosa sistemica (epato-splenomegalia, turgore giugulari, edemi arti inferiori) Ridotta portata cardiaca Ipoafflusso muscolare (astenia, ridotta tolleranza esercizio fisico) Ipoafflusso renale Ipoafflusso cerebrale Ipoafflusso cutaneo (cute pallida e fredda) Quadri clinici SC sistolico: Forme in cui il primum movens è rappresentato dalla ridotta funzione sistolica, con ridotta frazione d’eiezione e portata cardiaca, cui segue un inadeguato svuotamento ventricolare, dilatazione e aumento della pressione telediastolica ventricolare. SC diastolico: l’anomalia principale riguarda il rilasciamento ventricolare con eccessiva elevazione della pressione diastolica e segni di congestione a monte (edema polmonare), in presenza di una normale funzione sistolica a riposo (normale FE). Oggi queste forme vengono definite come Heart Failure with Preserved Ejection Fraction (HFPEF) SC destro (es. stenosi valvolare polmonare o ipertensione polmonare): maggiormente evidenti i segni da distensione venosa sistemica come edema ed epatomegalia congestizia SC sinistro (es. stenosi aortica o esiti di infarto del miocardio): prevalenti i sintomi da congestione del piccolo circolo come dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna Nello scompenso cardiaco cronico tuttavia vengono interessati a lungo andare entrambi i ventricoli indipendentemente dalla cavità che deve sopportare inizialmente l’alterato carico emodinamico. Dispnea Dispnea da sforzo. Dispnea a riposo. Dispnea parossistica nottura, definita come l’improvviso risveglio del paziente con senso di ansia severa e fame d’aria. Ortopnea: Il decombere in posizione supina incrementa il ritorno venoso e di conseguenza la pressione venosa polmonare e capillare causando edema polmonare interstiziale, riduce la compliance polmonare e incrementa le resistenze delle vie aeree. Edema polmonare acuto: incremento improvviso della pressione capillare polmonare. E’ un’emeregenza medica dalla presentazione clinica drammatica. Il paziente appare estremamente sofferente, tachipnoico, tachicardico, con le estremità fredde e sudate, talora presenta tosse con escreato schiumoso striato di sangue. Classificazione NYHA (della dispnea) CLASSE I: nessuna limitazione dell’attività fisica. Le comuni attività fisiche non causano affaticamento, dispnea, palpitazioni o angina CLASSE II: lieve limitazione dell’attività fisica. I pazienti non avvertono sintomi a riposo, mentre le comuni attività fisiche causano affaticamento, dispnea, palpitazioni o angina CLASSE III: Marcata limitazione dell’attività fisica. I pazienti avvertono sintomi per attività inferiori alle comuni attività fisiche CLASSE IV: Impossibilità di effettuare qualsiasi attività fisica senza sintomi. I pazienti avvertono sintomi anche a riposo. Ogni attività fisica causa un aggravamento dei sintomi Tosse: in genere di tipo non produttivo, solo in certi casi associata ad emottisi (rottura di capillari bronchiali distesi e congesti, facilitata a volte da terapia anticoagulante). Scatenata da sforzo fisico, decubito supino o riposo notturno. La sua genesi risiede nella congestione della mucosa bronchiale con eccessiva produzione di muco. Astenia, facile affaticabilità, spossatezza: per un complesso di alterazioni patologiche nei distretti muscolari scheletri, con riduzione del flusso ematico regionale, ridotta capacità di vasodilatazione e alterato metabolismo. Non sono sintomi specifici e possono essere provocati da altre patologie (anemia, distiroidismo o malattie neuro-muscolari). Oliguria: caratteristica delle fasi avanzate, con ridotta formazione di urina (500-600 mL nelle 24/h) e aumento di azotemia e creatininemia, per marcata riduzione della portata cardiaca. Quando la gittata cardiaca è gravemente compromessa, come in caso di shock cardiogeno, si verifica l’anuria completa Nicturia: nelle fasi avanzate dello scompenso, perché con il riposo notturno vi è una diminuzione della vasocostrizione con miglioramento della diuresi, con parziale smaltimento del liquido accumulato durante le ore diurne. Sintomi cerebrali e psichiatrici: dovuti ad una diminuzione della portata cardiaca e quindi del flusso vascolare cerebrale, a volte aggravati da insufficienza epatica e renale. Possibili sono disturbi dell’attenzione, perdita di memoria, insonnia, ansietà, agitazione e/o sonnolenza. Sintomi gastroenterici: per ipoafflusso al distretto splancnico e per lo stato di congestione edematosa dei distretti addominali: gonfiore, tensione addominale, nausea, anoressia, costipazione, dolori all’ipocondrio destro per epatomegalia con distensione della glissoniana. Dolore toracico: in relazione a cardiopatia ischemica, secondaria ad aumentato stress di parete con incremento del consumo miocardico di O2. Edema periferico: il sintomo più frequente, correlato non tanto alle pressioni cardiache destre, quanto invece alla riduzione dell’attività fisica e alla permeabilità capillare ai fluidi e alle proteine. E’ una delle manifestazioni cliniche principali, di minore frequenza dopo l’introduzione della terapia diuretica. In genere interessa soprattutto le parti declivi (piedi e caviglie), è bilaterale, a comparsa lenta e progressiva nell’arco della giornata. Regredisce con il riposo notturno e nei pazienti allettati compare nella zona sacrale. Nelle fasi di scompenso avanzato può diventare generalizzato, sino a configurare uno stato anasarcatico. Se di lunga durata provoca fenomeni locali di indurimento e di iperpigmentazione. E’ modesta la correlazione tra edema periferico e valore della pressione venosa sistemica . Prima che si verifichi è necessario un accumulo di almeno 5 litri in eccesso del volume extracellulare. Per evidenziarlo è necessario comprime l’area edematosa con un dito per rilevare il segno della “fovea”, cioè l’impronta del dito che scompare lentamente. Aritmie: possono essere determinate da determinate da anormalità elettrolitiche, elevati livelli di catecolamine, ischemia. La Morte Improvvisa ad eziologia aritmica rappresenta il 50% circa delle cause di mortalità nello Scompenso Cardiaco, con una maggiore incidenza nelle classi NYHA meno avanzate, cioè nei pazienti con scompenso meno grave. Alterazioni metaboliche nello Scompenso Cardiaco Alterazioni elettrolitiche: iponatriemia, ipokaliemia, ipomagnesemia, ipocalcemia. Acidosi/alcalosi; Ipossia/desaturazione di ossigeno; riduzione MV O2; iperuricemia; iperazotemia. Esame obiettivo Esame generale: normale nelle fasi iniziali, può essere marcatamente alterato nelle fasi finali dello scompenso (NYHA III-IV), con cute fredda, pallida, cianosi generale, ittero di varia intensità, stato d’ansia e agitazione (segni di iperattivazione adrenergica), anoressia, cachessia (segni di congestione epatica e addominale, di alterato assorbimento intestinale, elevati livelli di Tumor Necrosis Factor – TNF-) Ispezione: Turgore delle giugulari, cianosi periferica, pallore, ittero, ascite, cachessia (negli stadi terminali). Pressione arteriosa: diminuita spesso la “differenziale”; se vi è una riduzione del rapporto fra P differenziale e PS > 25% questo è un indicatore attendibile di riduzione dell’indice cardiaco al di sotto di 2,2 l/min/m2. Esame obiettivo cardiaco: Itto spostato a sinistra: indice di cardiomegalia; I tono attutito; II tono accentuato (P2): indice di ipertensione polmonare; comparsa di III tono (protodiatolico a bassa frequenza e sordo): prodotto dalla decelerazione brusca del riempimento ventricolare; segno di scompenso cardiaco grave, probabilmente secondario ad un’elevata pressione atriale, che condiziona un elevato gradiente atrio-ventricolare ed un’elevata velocità protodiastolica di riempimento ventricolare, con brusca decelerazione dell’afflusso di sangue immediatamente dopo la fase di riempimento rapido; comparsa del IV tono, determinato dallaridotta compliance ventricolare. Soffi sistolici da rigurgito delle valvole atrio-ventricolari compaiono nelle fasi avanzate e sono in rapporto alla dilatazione delle camere ventricolari. Frequenza: tachicardia a riposo (compensativa e da ipertattività adrenergica). Temperatura: <38°C per vasocostrizione perifeirca nei distretti cutanei. Se > 38°C possibili processi infiammatori o infettivi. Polso: anisosfigmico (sospetto di aritmia); alternante è espressione di compromissione avanzata della funzione ventricolare sinistra ed è dovuto ad un’alternanza nel volume di eiezione ventricolare, secondario alla perdita funzionale di un certo numero di cellule contrattili, che non hanno completato la fase di recupero dalla sistole precedente. All’esame del torace si possono rilevare rantoli fini e crepitanti: localizzati alle basi, in genere bilaterali, sono reperti di stasi polmonare, secondari all’aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari con conseguente trasudazione di liquido negli alveoli. A differenza dei rantoli di origine bronchiale, non si modificano dopo i colpi di tosse. Ronchi e sibili: si ascoltano prevalentemente quando le vie aeree terminali sono compresse, in fase di scompenso avanzato, dall’edema interstiziale e dalla conseguente congestione della mucosa. Rumori umidi più grossolani si estendono ai campi polmonari medi e superiori sino a configurare il quadro di edema polmonare (marea montante) nelle forme più gravi. Rumori secchi possono essere presenti in assenza di rantoli, con espirazione prolungata, secondari ad una congestione delle pareti bronchiali, talora accompagnati da espettorazione di tipo schiumoso e rosato. Versamenti pleurici in genere bilaterali, anche se prevalenti a destra, possono comparire nello scompenso cardiaco congestizio. L’assenza di reperti fisici indicativi di stasi polmonari non esclude la presenza di ipertensione polmonare anche severa. All’esame dell’addome si può rilevare epatomegalia: l’aumento della pressione venosa sistemica provoca congestione delle vene epatiche e quindi aumento delle dimensioni del fegato. Se la congestione epatica si prolunga si può verificare compressione da parte delle venule sugli epatociti con successiva atrofia centrolobulare; si possono inoltre rilevare segni di insufficienza epatica (ittero, iperbilirubinemia ecc.), splenomegalia e ascite, provocata dal prolungato aumento della pressione nelle vene epatiche e nei capillari peritoneali; quest’ultima è più frequente nello scompenso destro da ostruzione al riempimento cardiaco (stenosi tricuspide o pericardite). Anamnesi Ipertensione, DM, dislipidemia, fumo di sigaretta, familiarità per malattie CV. Storia di: cardiopatia ischemica, valvulopatie, aterosclerosi periferica, febbre reumatica, esposizione a farmaci (antracicline, ciclofosfamide), assunzione di alcool e droghe, infezioni, malattie del connettivo, amiloidosi, feocromocitoma. Indagini strumentali Elettrocardiogramma I segni di pregresso IMA, di BBSn, di F.A. o di sovraccarico ventricolare sinistro indicano la possibilità di disfunzione del VS La presenza di ipertrofia ventricolare può indicare un aumento prolungato del postcarico, come accade nell’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (es. stenosi aortica) o nell’ipertensione. Negli ipertesi l’ipertrofia ventricolare sinistra è un importante fattore di rischio per l’insorgenza dello scompenso cardiaco. Il blocco di branca sinistra può essere indice di valvulopatia o miocardiopatia significativa. La fibrillazione atriale causa un’ulteriore alterazione emodinamica secondaria ad un deficit dell’apporto atriale. Pregresso Infarto anteriore esteso, che può causare la comparsa dello scompenso. Visibile il sopraslivellamento del tratto ST. Ecocardiografia Metodica che permette di visualizzare e valutare: Anatomia (dimensioni, struttura) delle camere cardiache e degli apparati valvolari; Funzione sisto-diastolica ventricolare (dx e sn) Cinesi segmentaria ventricolo sinistro Funzione valvolare (stenosi, insufficienza) Pressioni di riempimento camere cardiache (P ADx, P Asn) Pressioni polmonari Trombi cavitari, aneurismi, versamento pericardico Shunt congeniti/acquisiti (DIV post-IMA) Rx torace Cardiomegalia ed ipertensione polmonare sono segni di una patologia cardiaca significativa. La cardiomegalia, peraltro, è più indice di dilatazione ventricolare destra che sinistra e non discrimina in modo ottimale. Oltre il 50% dei pazienti con scompenso cardiaco ha un rapporto cardiotoracico < 0.5. Paziente con pregresso infarto anteriore. La protuberanza visibile sul margine sinistro del profilo cardiaco (freccia) è caratteristica dell’aneurisma ventricolare sinistro. Esami strumentali II livello Le indagini strumentali di II livello consentono di: fare diagnosi di certezza di insufficienza cardiaca, qualora le indagini di I livello non abbiano fornito dati sufficienti; valutare con maggiore accuratezza la compromissione emodinamica e clinica del paziente; eseguire una diagnosi eziologica; ricercare le cause correggibili di insufficienza cardiaca; eseguire una stratificazione prognostica ai fini di programmare un adeguato iter terapeutico. Risonanza magnetica cardiaca: struttura e funzione delle camere cardiache, diagnosi eziologica (cardiopatie infiltrative, miocarditi, cardiopatia ischemica) Indagini radioisotopiche: ventricolografia con tecnenzio 99m, può fornire una misura obbiettiva della funzione ventricolare sinistra; ricerca miocardio vitale/ischemico Test ergometrico: consente una misura più fisiologica dell’entità dello scompenso, in particolare della riserva cardorespiratoria (ergospirometria), della risposta alla terapia e della prognosi; Monitoraggio ECG ambulatoriale: identifica aritmie parossistiche sopra e/o ventricolari Biopsia endomiocardica: conferma la presenza di specifiche malattie del muscolo cardiaco (miocardite, amiloidosi, ecc) Studio emodinamico: permette di misurare la portata cardiaca, le resistenze vascolari e le pressioni in entrambe le sezioni cardiache e di valutare lo stato delle arterie coronariche, sia nei pazienti valvolari che in pazienti coronaropatici Altre indagini ANP e BNP aumentano precocemente in corso di disfunzione cardiaca (prima del manifestarsi dei sintomi). L’aumento del BNP ha potere predittivo negativo. Una concentrazione > a 18 pg per ml indica disfunzione miocardica sinistra. Disfunzione del SN autonomo: potrebbe essere valutata mediante l’analisi della sensibilità arteriosa baroriflessa (BRS) e la variabilità della frequenza cardiaca (HRV). BRS: capacità del S regolatorio cardiovascolare di aumentare l’attività vagale stimolata da un riflesso HRV: marker di attività del tono vagale, che in condizioni di scompenso è diminuito, a favore di un aumento del tono simpatico. Valutazione della funzione polmonare: è utile per escludere cause respiratorie della dispnea. Si rileverà una riduzione del picco di flusso espiratorio (PEFR) e del volume espiratorio massimo al primo secondo (FEV1). TERAPIA Gli obiettivi del trattamento dello scompenso cardiaco sono quelli di eliminare la causa, se esiste una causa rimovibile, prevenire l’insorgenza e la progressione delle fasi discompenso, migliorare sintomi e la qualità di vita ed infine migliorare la sopravvivenza. Il trattamento dello scompenso cardiaco comprende diverse fasi, in ordine progressivo. E’ innanzi tutto importante la Ricerca di cause correggibili, cioè una serie di patologie contingenti, il cui trattamento può determinare la regressione dell’insufficienza cardiaca, e che possono essere le seguenti: Miocardio ischemico/ibernato Cardiomiopatia dilatativa non ischemica di recente insorgenza Cardiomiopatia alcoolica Valvulopatia Flutter/fibrillazione atriale o altre forme di tachicardiomiopatia Disfunzioni endocrine (es. ipotiroidismo) Pericardite costrittiva Farmaci: antiaritmici ecc. Lo step successivo è quello del Trattamento farmacologico. Negli ultimi anni la terapia farmacologica dello scompenso cardiaco si è evoluta rapidamente, permettendo una significativa riduzione di mortalità e morbilità. In passato lo scompenso cardiaco è stato essenzialmente interpretato sulla base di paradigmi fisiopatologici che assegnavano alle alterazioni emodinamiche (aumento delle pressioni di riempimento cardiache, deficit di contrattilità miocardica, incremento delle resistenze vascolari periferiche) un ruolo di primaria importanza nel determinare l’espressività e l’evolutività clinica. L’interpretazione attuale della fisiopatologia di questa sindrome, derivata da evidenze sperimentali e cliniche, vede nell’attivazione neuro-ormonale conseguente alla riduzione della funzione ventricolare sinistra il principale motore della progressione della disfunzione miocardica e dei sintomi. Questa visione interpretativa ha spostato l’obiettivo delle cure dalla riduzione dei sintomi e dal potenziamento diretto della contrattilità all’antagonismo dei meccanismi neuro-ormonali, responsabili della progressione della malattia. I farmaci cardine sono: Diuretici, in tutti i pazienti con segni clinici o sintomi di congestione, che vengono ridotti dai diuretici; questi farmaci infatti aumentano l’escrezione di sodio e di acqua, responsabili dell’aumento del volume extracellulare. Il sodio inoltre aumenta la risposta dei vasi agli stimoli vasocostrittori. Vengono utilizzati nello scompenso per diminuire la volemia e quindi il precarico. Diminuiscono anche il postcarico in seguito alla diminuzione delle resistenze periferiche, dovuta a deplezione di sodio della parete arteriosa con diminuzione della risposta agli stimoli vasocostrittori. Ace-Inibitori, nei pazienti con scompenso cardiaco sintomatico frazione di eiezione <40%; inibiscono l’enzima di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II. Questo determina riduzione delle resistenze periferiche, aumento del flusso renale ed aumento delle prostaglandine PGE1 e PGE2, che hanno effetto ipotensivo. Hanno azione anti-rimodellamento cardiaco. Effetti collaterali: tosse, ipotensione, riduzione della funzionalità renale, angioedema, rischio in gravidanza, neutropenia e/o agranulocitosi. Beta-Bloccanti, nei pazienti con scompenso cardiaco sintomatico frazione di eiezione <40%; sono farmaci che determinano il blocco presinaptico dei recettori adrenergici, sia a livello centrale che periferico. Tale effetto a livello cardiaco comporta: riduzione della frequenza cardiaca (nello scompensato, a differenza del soggetto normale, l’aumento della frequenza cardiaca si accompagna ad una riduzione della portata e della frazione d’eiezione per riduzione della diastole); riduzione del consumo di O2 sia a riposo che da sforzo; riduzione dell’attività reninica plasmatica con diminuzione dei livelli di angiotensina a livello vascolare; riduzione della liberazione della noradrenalina a livello delle fibre simpatiche post-gangliari; miglioramento della funzione ventricolare con arresto del processo di rimodellamento ventricolare (dovuto principalmente all’effetto cronotropo negativo); riduzione nello scompensato della morte improvvisa. Inibitori dei recettori per l’angiotensina (sartani), in alternativa agli ACE inibitori o nei pazienti sintomatici anche dopo terapia con ACE inibitori o β-bloccanti; determinano riduzione della pressione arteriosa, riduzione dell’attività simpatica, riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra, riduzione della produzione di aldosterone e miglioramento dell’emodinamica renale. Hanno effetti simili a quelli degli ACE-inibitori, ma minori effetti collaterali Ace inibitori, beta-bloccanti e sartani hanno dimostrato di essere in grado di migliorare la funzione ventricolare, migliorare la qualità di vita, ridurre le ospedalizzazioni ed aumentare la sopravvivenza. Altri farmaci molto utili nel trattamento dello scompenso sono gli antagonisti dell’aldosterone, in pazienti gravemente sintomatici con FE<35% senza iperkaliemia o disfunzione renale significativa, nei quali riducono le ospedalizzazioni per aggravamento dello scompenso ed aumentano la sopravvivenza se aggiunti alla terapia cardine; la digossina, nei pazienti con fibrillazione atriale, bassa FE, classe funzionale NYHA III e IV, nei quali può essere utile per rallentare la frequenza cardiaca e ridurre il tono simpatico. Criteri per la valutazione di stabilità clinica CRITERI CLINICI: Stabilità del bilancio idrico con la necessità di incrementare la dose di diuretico non più di una volta la settimana. Assenza di sintomi di congestione. PA stabile e > 80 mmHg (può essere necessaria nel paziente anziano una pressione più alta). Assenza di ipotensione posturale. Adeguata pressione differenziale. Frequenza cardiaca >50 b/min e <100 b/min. Assenza di angina, o comunque stabilità della soglia ischemica. Assenza di aritmie maggiori sintomatiche.Libertà di camminare senza problemi. CRITERI DI LABORATORIO:Funzione renale stabile, generalmente con creatinina <2,5 mg/dl e azotemia < 50 mg/dl (o maggiore in pazienti con nota malattia renale primitiva o con scompenso severo). Natriemia stabile, generalmente > 132 mEq/l. Se controllato, picco di consumo di ossigeno >10 ml/Kg/min. Indicazioni al ricovero ospedaliero Il paziente necessita di ospedalizzazione, per una ottimizzazione della terapia, anche infusionale, e, se questo non fosse sufficiente, per ulteriori provvedimenti, quando si verifica una delle seguente condizioni: rapida insorgenza di nuovi sintomi di scompenso; sintomi e segni di congestione e/o di ipoperfusione di recente insorgenza; edema polmonare acuto o importante dispnea in posizione seduta; frequenza cardiaca >120 b/min (se non in fibrillazione atriale); pressione arteriosa <75 mmHg; disturbi mentali da ipoperfusione cerebrale; concomitante acuto peggioramento di altre condizioni non cardiache (malattia renale o polmonare); iponatriemia (Na <130 mmEq/l), aumento della creatininenia >2.5 mg/dl o due volte il suo valore usuale; persistente sintomatologia nonostante ripetuti controlli e aggiustamenti terapeutici ambulatoriali; sincope o pre-sincope; ripetute scariche di defibrillatore automatico impiantabile (ICD); arresto cardiaco; aritmie sintomatiche; angina instabile, infarto miocardico acuto; necessità di avviare terapia (ace-inibitore o β-bloccante) in regime di ricovero ospedaliero. Si parla di Scompenso Cardiaco Refrattario in presenza di: persistenza di sintomi gravi nonostante trattamento farmacologico ottimale. Un’effettiva condizione di refrattarietà al trattamento medico massimale è un’evenienza rara e non raramente si tratta di un fenomeno transitorio, correlato ad eventi ischemici o ad eccessivo dosaggio dei farmaci (ACE-inibitori, diuretici con conseguenti effetti sfavorevoli, quali disturbi elettrolitici, ipovolemia) o infine alla coesistenza di altre patologie che possono aggravare la condizione di scompenso. Una volta individuati i possibili meccanismi responsabili dell’apparente refrattarietà alla terapia, bisogna intensificare il trattamento medico, con somministrazione parenterale di alcuni farmaci, e consigliare riposo e attento controllo dell’assunzione di liquidi e sale. Fattori responsabili di un’apparente refrattarietà dello Scompenso Cardiaco possono essere: inosservanza della restrizione dietetica idro-salina, inadeguata compliance alla terapia farmacologica, embolia polmonare, infezioni, endocardite, ipertiroidismo, assunzione di alcool, ipotensione e bassa gittata per la combinazione di ipovolemia da diuretici ed alte dosi di ACE-inibitore, disturbi del ritmo, assunzione di steroidi, estrogeni, FANS, o altri farmaci che possono favorire ritenzione idrosalina, condizioni cardiache suscettibili di correzione chirurgica. I pazienti che non rispondono alla ottimizzazione della terapia e alla correzione dei fattori potenzialmente responsabili di un aggravamento delle condizioni di scompenso si trovano in una reale condizione di scompenso cardiaco refrattario. Trattamento farmacologico dello SC refrattario E’ fondamentale ridurre il pre- e il post-carico e migliorare le pressioni di riempimento, favorendo un miglioramento della perfusione d’organo, in particolare coronarica. Essenziale il monitoraggio emodinamico per ottimizzare il trattamento con vasodilatatori e diuretici. TERAPIA: diuretici (furosemide) e.v.; l’impiego di dosaggi elevati di diuretici è peraltro relativamente controindicato e di scarsa efficacia se sono presenti: marcata ipotensione, pressione venosa centrale bassa (<3 cm H2O), iponatremia, indici di funzione renale in progressivo peggioramento. dopamina a dosi basse (<5 µg/Kg/min) per migliorare l’emodinamica renale e favorire la risposta diuretica. In fase acuta nitrossido e nitroderivati, con cautela, per ridurre le resistenze vascolari sistemiche. Inotropi non digitalici (simpaticomimetici, inibitori delle fosfodiesterasi) nelle fasi acute dell’insufficienza cardiaca. Pompa portatile per assistenza ventricolare sinistra Alimentata da un motore elettrico (a batteria della durata di 8 ore) che mette in moto uno stantuffo, che spinge il sangue in aorta dopo averlo aspirato dal ventricolo sinistro. INDICAZIONI (solo in Centri leader mondiali, adeguatamente finanziati): Shock cardiogeno, Indice Cardiaco <2L/min/m2, P.A <80 mmHg nonostante terapia inotropa massimale, superficie corporea sufficiente ad accogliere tutto l’occorrente meccanico >1,5 m2, lista d’attesa per trapianto cardiaco. Trapianto cardiaco Indicazioni: Refrattarietà alla terapia medica, progressione dello scompenso nel tempo nonostante terapia medica, impossibilità di miglioramento con altre procedure (angioplastica, bypass aortocoronarico, resincronizzazione ventricolare). Controindicazioni: Età >65 aa, considerando non solo l’età “cronologica” ma anche quella “biologica” (integrità di organi e apparati), segni di scarsa capacità di adattamento psicologico e scarsa disponibilità ad aderire al piano di trattamento, anamnesi positiva per neoplasia non radicalmente curata, ulcera peptica in fase attiva e sanguinante, infezioni significative in atto, da agente eziologico sconosciuto, positività HIV, ipertensione polmonare strutturata (indicato il trapianto cuore-polmone). Terapia di resincronizzazione ventricolare L’idea di questo tipo di trattamento nasce dall’osservazione che circa 1/3 dei pazienti affetti da scompenso cardiaco avanzato presenta un complesso QRS largo e che il rischio relativo di mortalità dei pazienti con QRS largo è 5 volte superiore al rischio dei pazienti con QRS stretto. La presenza di un blocco di branca sinistra determina una serie di conseguenze che tendono a peggiorare l’insufficienza cardiaca, ma soprattutto una dissincronia di contrazione: intraventricolare, con attivazione ritardata delle porzioni laterali del VS rispetto al SIV; e interventricolare, con attivazione ritardata del VS rispetto al VD. La Terapia di Resincronizzazione viene erogata da un piccolo dispositivo sottocutaneo impiantato nella zona della spalla (molto simile ad un pacemaker) e collegato a tre elettrocateteri che vengono inseriti e fatti avanzare verso il cuore attraverso il sistema venoso. Meccanismo d’azione della Terapia di Resincronizzazione Ventricolare Riduzione della durata del QRS Riduzione del movimento paradosso del setto interventricolare Miglioramento del movimento parietale del ventricolo sinistro Riduzione del diametro telediastolico del ventricolo sinistro Riduzione del rigurgito mitralico Incremento del riempimento ventricolare Risultati della Terapia di Resincronizzazione Ventricolare Miglioramento della sintomatologia e della qualità di vita, riduzione delle ospedalizzazioni e riduzione della mortalità. Indicazioni alla terapia di resincronizzazione ventricolare Classe NYHA III-IV in terapia medica ottimizzata F.E. ≤ 35% LVEDD ≥ 30 mm QRS ≥ 120 msec QRS 120-149 msec Parametri ecocardiografici: Ritardo di preeiezione aortica ≥ 140 msec Ritardo interventricolare ≥ 40 msec Attivazione ritardata della parete posterolaterale del VS