Roberto Weitnauer 16 luglio 2006 (4907 battute) www.kalidoxa.com Pubblicato, diritti riservati - Bioterrorismo, una minaccia sempre presente È da un po’ che non si parla più di attentati biologici. Non per questo la minaccia è passata in secondo piano agli occhi degli analisti. Virus come quello del vaiolo o dell’antrace costituiscono a tutt’oggi delle formidabili armi potenziali in mano ai gruppi terroristici. Saperle usare adeguatamente non è cosa semplice, ma nell’era della globalizzazione le informazioni e i know-how si diffondono più facilmente. Per fortuna, aumenta anche la prevenzione, soprattutto negli Usa. È di alcuni giorni fa la commemorazione dell’attentato alla metropolitana di Londra costato la vita a 52 passeggeri e 4 kamikaze islamici. Uno di questi ultimi preannuncia azioni ancora più efferate nel video choc trasmesso da al Jazeera. Qualcuno ha paventato il ricorso alle armi biologiche, un’ipotesi rimasta sempre in primo piano per i servizi d’intelligence. Gli analisti giudicano oggi poco ammissibili episodi analoghi al crollo delle torri gemelle (2500 morti), grazie ai controlli rafforzati sugli obiettivi sensibili. Restano esposti alla forza d’urto i bersagli “soft”, come strade, treni o metropolitane, per i quali la prevenzione non può diffondersi capillarmente ed essere altrettanto elevata, ma che non coinvolgono più di decine di vittime virtuali per evento. La probabilità di un attacco con agenti infettivi su ampie aree geografiche segnerebbe invece una formidabile recrudescenza terroristica. L’influenza spagnola del 1918 ha provocato nel mondo 40 milioni di morti e intorno al 1350 la peste bubbonica ha ucciso un europeo su tre. Qui è la natura che ha attentato alle vite umane, mostrando la letalità potenziale di un contagio. Si possono causare intenzionalmente epidemie apocalittiche? Alcune nazioni, come gli Usa, saprebbero presumibilmente come fare. E i terroristi? Molto meno. Ma le stime sono delicate e sfaccettate. E i tempi cambiano. Gli organismi patogeni più critici sono nell’ordine i virus del vaiolo e dell’antrace, i batteri della peste, del botulismo e della tularemia, nonché il filovirus Ebola e l’arenavirus Lassa (entrambi causano febbri emorragiche). Questi agenti si trasmettono da persona a persona, provocano mortalità elevata, impatti psicologici socialmente debilitanti e disgreganti e richiedono cure impegnative. È esattamente quanto sta nelle mire dei terroristi. Per continuare con le cattive notizie, le nuove generazioni non vengono protette dal vaiolo, debellato dal 1977. Il virus è conservato in pochi laboratori di sicurezza per la fabbricazione del vaccino, ma le sottrazioni fraudolente e i centri clandestini sono 1/4 verosimili. Il virus del vaiolo può resistere a lungo nell’ambiente e ammorbare in modo subdolo, ritardando la risposta sanitaria. Discorso simile per l’antrace. Il quotidiano britannico The Guardian ha dimostrato un mese fa che è possibile ordinare via Internet pezzi di genoma e ricomporre poi con personale specialistico virus modificati del vaiolo, della polio o della spagnola. Il costo dei laboratori non è proibitivo per le nazioni che finanziano il terrorismo. Come se non bastasse, in caso d’emergenza i vaccini pronti basterebbero solo per una minoranza di persone selezionate, peraltro esigua in Europa. Tuttavia, un conto è disporre di strutture, un altro saperle usare per rendere gli organismi patogeni diffusibili e controllabili. Un’infezione limitata annullerebbe la sorpresa, mentre una pestilenza grave colpirebbe alla cieca e quindi anche gli intenti di chi la scatena. Le nostre sicurezze dipendono in buona parte dalla scarsa formazione scientifica dell’entourage dei terroristi. Questi potrebbero però imparare nelle università occidentali a manipolare i virus in modo da renderli, ad esempio, resistenti ai vaccini. La prevenzione si giocherà molto sul controllo delle conoscenze, come attesta il blocco di alcune recenti pubblicazioni di studiosi per timore che i dettagli vengano letti da malintenzionati. Quando si trattano questi temi in pubblico si rischia di passare per allarmisti, facendo il gioco degli eversori. In effetti, tendiamo a sopravvalutare la minaccia di eventi rari e a prendere sotto gamba quella routinaria, come imboccare la statale per andare in ufficio. L’informazione sul bioterrorismo è nondimeno un diritto e la sua valutazione razionale un dovere dei governi, ma pure dei singoli cittadini. Di certo l’impreparazione aumenta il rischio. Un’epidemia dalle conseguenze sociali rovinose è poco plausibile, ma non impossibile. Come valutare allora questa minaccia? Sulla carta è semplice: moltiplicando la moltitudine attesa di vittime del caso con la probabilità stimata che l’evento si verifichi. In pratica, la situazione è più complessa. Prima di tutto, a parità di prodotto risultante, i governi tendono giustamente a dare maggior peso all’eventualità di un gran numero di morti conseguenti a un attacco. In secondo luogo, le valutazioni delle vittime attese e della probabilità di attentati di questo genere stabiliscono un computo difficile da eseguire. D’altronde, questi calcoli vengono in qualche modo condotti e aggiornati. Dobbiamo allora ritenere preoccupante il prodotto tra la moltitudine di vittime del caso e la bassa probabilità stimata? Possiamo considerare la risposta degli Usa che in base a questo e altri indici hanno rafforzato le scorte di vaccini, condotto alcune importanti simulazioni e destinato alla biodifesa la cifra faraonica di 6 miliardi di dollari. Roberto Weitnauer (seguono immagini) 2/4 Effetti del vaiolo: http://www.bioterrorism.uab.edu/CategoryA/Smallpox/smallpox_images.jpg 3/4 Il virus Ebola al microscopio elettronico: http://www.ccds.charlotte.nc.us/History/Africa/04/burton/ebola2.gif 4/4