primo piano genova fra simboli e miti di Chiara Carenini I Cos’è un simbolo? È un qualcosa che ci permette di comprendere meglio l’uomo, un uomo tout court, quello che non è ancora sceso a patti con la condizione della Storia, come affermava l’antropologo e filosofo Mircea Eliade. l simbolo è un costrutto culturale, una rappresentazione convenzionale; è un’entità che ‘sta per’ un’altra cosa: non è la cosa stessa ma una sua rappresentazione. Il simbolo rimanda a qualcos’altro perché esprime la presenza di qualcosa di assente o che è impossibile percepire, qualcosa la cui esistenza o conoscibilità dipendono, in qualche modo, dal simbolo stesso. Il simbolo è sempre cultura, è trasversale alle culture. Ciò che mantiene ‘aperte’ le culture, scriveva Eliade, “immagini costituiscono delle ‹aperture› verso un mondo trans storico. Grazie a esse le diverse ‹storie› possono comunicare”. Dunque il simbolo ha la capacità di sintetizzare messaggi e di comunicarli con immediatezza, è uno strumento di richiamo all’identità, suscita e rafforza l’appartenenza (cfr. Guazzarotti A. - “Giu- dici e minoranze religiose”). Scrive Platone ne ‘Il Sofista’ “ogni immagine (segno, simulacro) è ciò che, fatto a somiglianza di una cosa vera, è però distinto da questa e simile”. Gli uomini comunicano mediante simboli e segni; per l’antropologia, che è una conversazione dell’uomo con l’uomo, tutto è simbolo e segno, posto come intermediario fra due soggetti (“Elogio dell’antropologia”, Lévi-Strauss al College de France il 5 gennaio 1960). I simboli dunque sono fondamentali agli uomini per comunicare. Mircea Eliade scrive che è possibile “mascherarli, mutilarli o degradarli, ma non verranno mai estirpati”. Genova e la Liguria sono ricche di simboli, siano essi esoterici che essoterici. Qui può cominciare un percorso che proprio da Genova prende il via, con alcuni dei suoi simboli più noti: il dio Giano e il grifone. 4 04-07 Primo piano - Carenini.indd 4 23/01/15 10.24 Il dio Giano La radice indoeuropea del nome Giano è “ia” e allude al concetto di ‘passaggio’, rimanda al sanscrito “yana” (porta). Il dio Giano era infatti il “custode delle porte” (“Ianitor”, da “ianua”, in latino “porta”) e di ogni passaggio, quindi anche di ogni inizio. Giano era dunque una divinità solare che aveva il controllo delle Januae caelestis aulae, ovvero le porte del cielo chiuse al tramonto dal Sole. Dunque Ianitor, Ianua e quindi, durante il Medioevo, Genua, Genova. Ma osservando Giano è impossibile non rilevare due volti visibili e opposti: il passato e il futuro. E il presente? Nell’immagine del dio Giano esso non appare: è invisibile. Occorre dunque riportare il concetto di visibilità al mondo dei simboli e identificare l’esprimibilità in esso del presente. Il presente è definibile? No, perché mentre lo si afferma è già passato. Possiamo allora parlare soltanto di ciò che è passato o di ciò che avverrà. Genova dunque ha come icona il suo passato e, attraverso questo, proietta il suo futuro. Il Grifone Al di là del significato cristologico del simbolo (la duplice natura umana e divina del Cristo, secondo l’Alighieri), il Grifone è simbolo antichissimo, le cui tracce Giano Bifronte: Piazza Sarzano Genova. 5 04-07 Primo piano - Carenini.indd 5 23/01/15 10.24 risalgono al 3000 a.C. Il grifone era presente nella iconografia antica dei Paesi del Mediterraneo e in quelli del Medio Oriente. La sua immagine esprime la bellezza, la forza, l’eleganza e il suo potere era possibile sulla terra e nei cieli perché era leone e aquila insieme. Dunque il grifone racchiude in sé i simbolismi del leone, dell’aquila, dell’aria e della terra. Il mito greco lo vuole come guardiano delle immense ricchezze degli Iperborei che difendeva con tutte le sue forze ma anche come raffigurazione della Nemesi, la dea della vendetta. Secondo G.A. Bockler la duplice natura del grifone “sta a significare che è necessario conciliare la saggezza con la forza”. Numerosi manoscritti del periodo del Medioevo parlano del grifone. In uno di questi si racconta delle imprese di Alessandro Magno, il grande condottiero che venne più volte aiutato dal grifone per dimostrare la sua potenza e la sua intelligenza. Una di queste avventure è stata raffigurata, nel 1460, su uno splendido arazzo con la trama fatta con fili d’oro, d’argento, di seta e di lana, al centro della quale si possono notare la raffigurazione di quattro grifoni. Un arazzo che è possibile ammirare nel Palazzo del Principe a Genova. Il Drago Il drago è una figura archetipica ed è una creatura di grande potenza che può essere affrontata soltanto da un’altra entità mitologica come l’eroe. Così, il drago diventa una icona importante e ambita per mettere in risalto l’abilità straordinaria di un uomo. Anche la a leggenda di san Giorgio (che godeva dell’epite” - portatore to “ di trofei, il vittorioso), il martire cattolico che rimanda direttamente al drago è in fondo tutto questo. Giorgio, vissuto nel III secolo, morì in Palestina nella cittadina di Lydda e, secondo la biografia del 1265 stilata da Jacopo da Varazze nella Leggenda Aurea, salvò la figlia di un re libico da un drago. Alcuni dei miti di riferimento sono quello di Perseo che liberò Andromeda data in pasto al mostro marino inviato da Poseidone, di Apollo che uccise il drago ctonio Pitone di Delfi, di Ercole che si sbarazzò, in una delle sue celebri Fatiche, dell’Idra di Lerna. Tutti questi miti e quelli dei moltissimi altri cavalieri che 6 04-07 Primo piano - Carenini.indd 6 23/01/15 10.25 salvano donzelle dalle fauci del drago hanno un canovaccio simile. In Occidente, dunque, è lunga la tradizione che vede il drago come essere malvagio e identificato con forze malefiche. E se non si deve al cristianesimo l’invenzione della sua uccisione - quanto piuttosto a una comoda rilettura di precedenti culti animistici e pratiche alchemiche - è vero che di questa tradizione, come di altri miti e simboli, il cristianesimo si appropriò in maniera massiva. La Bibbia considera il drago come manifestazione estrema di Satana (nei ceppi linguistici slavi la radice glottologica di drago e diavolo è la stessa, ‘drac’) e così nella letteratura rinascimentale i cavalieri, rappresentanti della purezza e del coraggio uccidono i draghi, simbolo del male ma anche custodi di tesori. Non oro sic et simpliciter, beninteso: in Occidente il tesoro custodito dal drago è l’oro dell’anima, che giace nel caos primordiale. Per questo gli eroi ammazzadraghi, e san Giorgio che ne è il cattolico capostipite, sono persone che hanno il coraggio per redimere in se stessi quegli elementi psicologici che ne impediscono l’illuminazione. Scriveva Jung: ‘Ciascuno di noi ha il suo drago da abbattere: per questo il Drachenkampf (la battaglia con il drago), la vittoria su se stessi, sulle pulsioni più abbiette dell’io, diviene un momento centrale del “processo d’individuazione”. E la fanciulla da salvare dalla fame del drago è, sempre ascoltando Jung, l’ “anima”. E tutto questo che relazione ha con Genova? Il drago viene ucciso da San Giorgio, il santo protettore della città che compie il suo dovere sulla figura archetipa del drago cancellando così, una volta per tutte, la ‘tirannia degli empi’. Grifone: Chiostro S. Andrea Genova. Drago: Piazza San Matteo Genova. 7 04-07 Primo piano - Carenini.indd 7 23/01/15 10.25