chiude - Unife

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Convertitori di potenza
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8 CONVERTITORI PER SERVOMOTORI IN C.C.
Il sistema di alimentazione di un motore in corrente continua è costituito da 3 parti fondamentali:
1-) Sezione di alimentazione
2-) Convertitore di potenza
3-) Circuito di frenatura
DC
La sezione di alimentazione può utilizzare un trasformatore per ottenere la tensione 220V trifase,
questa scelta ha il vantaggio il disaccoppiare la sorgente dalla parte di potenza, con conseguente
immunità ai disturbi; tuttavia tale soluzione risulta economica per le piccole potenze e deve essere
in grado di assorbire eventuali forti correnti, anche impulsive.
Oggi il costo dei dispositivi di potenza ad elevata tensione è notevolmente diminuito ed allo stesso
tempo le prestazioni sono migliorate, pertanto, attualmente si tende ad eliminare il trasformatore ed
ad effettuare un collegamento diretto tra la tensione 380V trifase ed il convertitore AC/DC non
controllato, con un occhio di riguardo alle connessioni di terra al fine di rispettare le norme
nell’ambito della EMC, con l’introduzione di un circuito di precarica con una resistenza per il
condensatore nella fase di accensione della potenza.
L’inconveniente di questo convertitore, realizzato solitamente con un ponte di diodi, è la non
bidirezionalità energetica, nel senso che non è in grado di ricevere l’energia rigenerata dal motore
passandola alla rete, caso che si verifica nella fase di frenatura del motore, con il problema di dover
dissipare una notevole quantità di energia .
L’uso di un convertitore bidirezionale è sconsigliato dal punto di vista economico, pertanto
bisognerà fare molta attenzione al progetto del condensatore e del suo monitoraggio onde evitare il
superamento di una tensione limite.
Il trend attuale porta all’utilizzo di un Bus in continua di potenza unico su macchine con più
azionamenti, i quali non avranno la sezione di alimentazione, in modo che quando un azionamento
frena, l’energia generata va ad alimentare gli altri azionamenti.
8.1 Convertitori AC/DC non controllati
8.1.1 Convertitore AC/DC monofase
La sorgente di alimentazione può essere trifase o monofase; in quest’ultimo caso posso scrivere
Vs (t) = Vs sin ( ωt )
Lo schema a ponte di diodi ad onda intera è il seguente :
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Nella semionda positiva dell’ingresso, avremo D1 e D2 ON e quindi saranno loro a condurre
mentre D3 e D4 saranno interdetti. Nel semiperiodo negativo, saranno D4 e D3 ad essere in
conduzione. Pertanto avremo il seguente andamento di V1 (t)
Questo circuito presenta una tensione d’uscita sempre maggiore o uguale a quella d’ingresso e
realizza in pratica la funzione di modulo; in ogni istante c’è sempre una coppia diodi in conduzione.
Presenta un ripple elevato, con veri e propri buchi di tensione in corrispondenza degli zeri della
funzione seno, per cui si ha in uscita una forma d’onda tutt’altro che continua.
Si può pertanto pensare all’inserimento di un filtro, per rendere più omogeneo il flusso di energia
tra sorgente e carico.
Inserendo una capacità otteniamo lo schema:
A causa della presenza di un condensatore in parallelo all’uscita riduciamo notevolmente il ripple,
come si può notare nella figura seguente
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Nel caso sopra il circuito si può anche considerare come un rilevatore di picco , in quanto la V1 (t)
arriva al valore massimo nella prima semionda per poi mantenersi costante.
Se il carico assorbe una corrente costante I1 allora si ha il seguente andamento :
La tensione d’uscita ha un andamento che si mantiene nell’intorno del valore Vs, il cui ripple
dipende dal rapporto I1/C. In prima battuta posso pensare di utilizzare una capacità molto elevata,
per riuscire ad avere una tensione prossima alla continua.
8.1.2 Convertitore AC/DC trifase
Nel caso di alimentazione trifase le tensioni d’ingresso sono cosi’ espresse:
Va (t) = Vin sin (ωt + φ )
Vb (t) = Vin sin (ωt + φ - (2/3)π )
Vc(t ) = Vin sin (ωt + φ - (4/3)π )
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Come si può notare le tensioni sono sfasate tra loro di 120° ed il raddrizzatore trifase si può vedere
come l’unione di tre raddrizzatori monofase in cui la tensione in gioco è quella concatenata .
In ogni istante di tempo la tensione v1 (t) è maggiore o uguale della vac , vba , vbc , vcb , vab ,
vca : ne segue che v1 ha un andamento cosi’ fatto :
Questo tipo di sistema è intrinsecamente più adatto a potenze elevate, in quanto presenta una
tensione quasi continua (assenza di “buchi”) .
Pertanto l’uscita ha un ripple decisamente ridotto e vale circa il 13 % , in cui la prima componente
da filtrare è una pulsazione pari a 6ωin .
Per una ulteriore riduzione introduco un condensatore:
Ora in uscita abbiamo praticamente una tensione continua ideale; tuttavia l’inserzione della capacità
crea dei problemi:
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1-) quando si alimenta il ponte (nella condizione peggiore si ha sul bus raddrizzato Vmax ), il
condensatore scarico assorbe una corrente elevatissima limitata solo da resistenze ed induttanze
parassite, questa elevata sovracorrente può fare scattare il relè termico della rete. Occorre limitare
questa corrente.
2-) i circuiti non sono ideali, per cui sono presenti induttanze parassite , soprattutto quella di
alimentazione che potrebbe andare in risonanza con la capacità: questo può provocare una
sovratensione sul bus di potenza pericolosa.
Per evitare questi problemi si utilizza un circuito di precarica, composto da una resistenza in
parallelo ad un interruttore ( relè ) .
Quando si alimenta il ponte, l’interruttore è aperto, la resistenza RT consente di far salire la tensione
sul condensatore in maniera graduale, limitando la corrente di picco, il cui valore ora al massimo
raggiunge il rapporto VS su RT .
Quando il condensatore è carico , l’interruttore può essere chiuso
Come ultima considerazione, occorre prestare molta attenzione per le connessioni di terra :
V cos(ωt)
s
V (t)
1
Il problema, come si può vedere, nasce soprattutto nei collegamenti diretti.
Senza l’uso del trasformatore ( sorgente sempre a terra ), bisogna evitare di collegare a terra parte
del bus , altrimenti per metà periodo, attraverso il diodo D4 , potrei essere in corto .
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8.2 CONVERTITORI DC/DC
I convertitori di potenza per servomotori sono convertitori operanti in commutazione.
Essi si basano su dispositivi che funzionano come interruttori: ad esempio i BJT operanti non in
zona lineare (zona ad alta dissipazione di potenza ), ma tra uno stato di interdizione (OFF) ed uno di
conduzione (ON ) ovvero di saturazione. In tali stati la potenza dissipata, la cui espressione generale
è:
PD = VCE * IC
sarà :
-) Toff Î PD ≈ 0 essendo IC ≈ 0
-) Ton Î PD ≈ VCEsat * IC
Si può notare che nello stato ON , la potenza dissipata è molto minore di quella che si ha in regione
attiva lineare , per cui è possibile ottenere elevati rendimenti.
Per un azionamento ad elevate prestazioni devono poter funzionare in tutti e quattro quadranti (V,I )
e presentano una struttura tipo ponte.
Studiamo dapprima la struttura più semplice, quella monoquadrante, poi analizzeremo quelle a due
e quattro quadranti.
8.2.1 STRUTTURA MONOQUADRANTE
ia
Q1
Vs
va
va
DC
ia
Come si può notare il transistor funge da interruttore:
-) transistore chiuso Î Q1 ON, Q1 in saturazione , Va = VS ( trascuro VCEsat poiché considero
interruttore ideale )
-) transistore aperto Î Q1 OFF, Q1 in interdizione , Va = 0 : in questo caso , essendo il motore un
carico induttivo , la corrente ia tende a rimanere costante, quindi è il diodo che conduce.
Pertanto il periodo totale sarà dato da
T = Ton + Toff
La tensione media vale
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Vmedia = ( Ton / T ) * VS
⇒
0 ≤ Vmedia ≤ VS
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Quindi agendo su Ton e quindi su Toff si può ottenere la tensione media desiderata , compresa tra i
casi limite di Q1 sempre off (0) e Q1 sempre acceso (1) .
Va
Vs
Ton
Toff
Vmedia
T
8.2.2 MODULAZIONE A LARGHEZZA DI IMPULSO ( PWM )
Se definisco come indice di modulazione ( o duty cycle )
ρ = Ton / T
⇒
0<ρ<1
posso agire su tale indice e controllare la tensione media.
La PWM (Pulse Width Modulation ) è una tecnica di comando a frequenza fissa f = 1/ T che varia
la larghezza di ogni impulso al fine di variare la tensione media.
E’ chiaro che la tensione presenta un ripple elevato: non si ha una tensione continua, ma una
tensione “affettata” (da cui il nome di chopper); tuttavia quello che a noi interessa è la corrente,
perché vogliamo realizzare un controllo di coppia, quindi è la corrente che deve essere costante, per
non avere ripple di coppia.
R
L
VL(t)
Vs
i (t)
a
Va
+
e
-
Partiamo dall’equazione del motore in corrente continua
Va (t) = Raia (t) + La(dia(t) / dt ) + ea (t)
Trascuriamo la resistenza (piccola) e consideriamo il caso di interdizione del transistore, nel caso in
cui la corrente ha il verso indicato in figura. Aprendo l’interruttore (interdizione del transistor) si
cerca di far decrescere istantaneamente la corrente, quindi la derivata rispetto al tempo della
corrente tenderebbe a meno infinito, ne segue che anche la tensione ai capi dell’induttanza
tenderebbe a meno infinito se non entrasse in gioco il diodo che andando in conduzione blocca la
sovratensione sull’induttanza.
L’equazione risulta quindi :
ea (t) + La* ( dia / dt ) = - Vγ
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⇒
dia / dt = ( - Vγ - ea (t) ) / La
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La forza contro-elettromotrice non varia immediatamente, poiché ha una dinamica lenta (quella
meccanica), pertanto il diodo ha il ruolo fondamentale di evitare una sovratensione sul nodo A,
impedendo la distruzione del transistor, e permettendo il ricircolo della corrente, infatti è chiamato
diodo di ricircolo o di freewheeling .
Se la costante elettrica τa = La / Ra è molto maggiore del periodo T , allora le variazioni della
corrente di armatura ia, in un intervallo di tempo T, si possono ritenere piccole e lineari ( in figura
sono state un po’ amplificate).
Va
Vs
ia
Ton Toff
T
T
T
Quindi in Ton si ha che :
dia (t) / dt ≈ ( Vs – ea ) / La
Quindi in Toff si ha che :
dia (t) / dt ≈ - ea / La
Pertanto controllando la corrente riesco ad ottenere un controllo di coppia con basso ripple.
La corrente risulta tanto più filtrata quanto più è grande il valore dell’induttanza La e quanto più è
alta la frequenza di modulazione, a sua volta però limitata superiormente dalla fisica dei dispositivi.
8.2.3 MODULAZIONE AD ISTERESI
Finora si è analizzato il metodo a modulazione d’impulso PWM, ma esistono altri metodi che
effettuano un controllo diretto della corrente di armatura del motore.
I metodi seguenti si basano sul controllo della corrente di armatura, dato che lo scopo finale sarà il
controllo della coppia.
In entrambi i metodi si farà riferimento allo stesso circuito usato per la modulazione PWM:
R
L
VL(t)
Vs
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Va
i (t)
a
+
e
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Modulazione ad isteresi a frequenza fissa:
E’ adatta per il controllo di azionamenti di tipo analogico.
Dalla figura si osserva che i=corrente di armatura
t=tempo
Si fissa T (=periodo di campionamento), indico con TON1 il periodo di chiusura dell’interruttore.
dia vS − ea
≈
dt
La
fino a quando la corrente ( i ) raggiunge il set point di corrente (curva iref che devo seguire).
Raggiunto tale punto, si apre l’interruttore e la corrente di armatura (i) decrescerà con pendenza :
dia
e
≈ − a per tutto intervallo da Tcross a T.
dt
La
Riassumendo:
dia vS − ea
≈
per 0 < t < Tcross
dt
La
Per tutto il periodo TON1 la derivata della corrente tende a crescere :
dia
e
≈− a
dt
La
per Tcross< t < T
La modulazione dopo 4 periodi sarà :
Dal grafico si osserva :
• la presenza di un ripple sulla corrente che non è costante, ma varia a seconda della corrente
di set point ( Iref ),
• si ha la presenza di un offset, perché il grafico della corrente rimane sempre al di sotto del
set point di corrente ( Iref )
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quindi il metodo non è ottimale, ma per la semplicità di utilizzo con un controllo analogico può
essere conveniente.
Osservazioni generali:
A differenza del caso PWM, nel quale si andava a modulare il valore medio della tensione di
armatura, in questo caso facciamo riferimento direttamente al set point di corrente, quindi la
tensione di armatura non viene considerata.
Questo tipo di controllo esegue da solo l’anello di corrente, senza la necessità del PID; cioè si
misura la corrente e quando coincide con la corrente di set point (Iref),commuto l’interruttore.
Modulazione ad isteresi a frequenza variabile:
Il sistema di modulazione è simile al caso precedente, ma il periodo di campionamento non sarà più
fisso. La frequenza di commutazione dipenderà dal set point di corrente (Iref) e dal Δi fissato
(soglia).
Dalla figura si rileva che il ripple di corrente è fisso, cioè compreso tra una soglia inferiore(-Δi) e
una soglia superiore (+Δi).
La derivata della corrente tenderà a crescere fino al raggiungimento della soglia superiore e a
decrescere fino al raggiungimento di quella inferiore.
Osservazioni generali:
rispetto al caso precedente si osserva che:
• non si ha l’offset
• il ripple di corrente si può fissare a priori in funzione della soglia superiore(+Δi)
e inferiore (-Δi)
anche questa modulazione ha dei limiti:
• gli istanti di commutazione sono variabili
• se fisso le soglie (-Δi e +Δi ) troppo strette, la frequenza diventerà troppo
elevata, quindi il dispositivo potrà surriscaldarsi (si dovranno fissare ,in
funzione dei componenti, dei valori limite delle soglie).
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8.2.4 Struttura a due quadranti:
Q1
D1
ia
Vs
Q2
D2
va
DC
Con questo circuito la tensione di armatura sarà sempre positiva, compresa nell’intervallo [0,VS],
mentre la corrente può essere sia positiva che negativa:
va
ia
Il circuito viene chiamato SEMIPONTE o GAMBA o RAMO D’INVERTER.
I due transistor Q1 , Q2 hanno la funzione di interruttori, quindi si avranno 4 possibili combinazioni
(Q1=ON , Q2=ON), (Q1=ON , Q2=OFF), (Q1=OFF , Q2=ON), (Q1=OFF , Q2= OFF).
Si noti che :
• non si possono avere entrambi gli interruttori chiusi (Q1= ON, Q2= ON) altrimenti si ha un
corto circuito.
• non si possono avere entrambi gli interruttori aperti (Q1= OFF, Q2= OFF) perché la corrente di
armatura (ia) circola su una induttanza, quindi ci deve essere un tragitto chiuso, altrimenti si
crea una sovratensione molto elevata che può danneggiare l’apparato. Nella realtà la
sovratensione sarà evitata dalla presenza dei due diodi di ricircolo, D1 e D2.
In definitiva le configurazioni ammesse sono : Q1= ON , Q2= OFF ; Q1= OFF , Q2= ON
che equivale a dire Q2 = Q1 ,cioè il comando Q1 è il complemento di Q2.
I valori di tensione saranno va= Vs o va = 0 .
Si riporta i grafici relativi ai segnali di comando degli interruttori e della tensione Va:
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Q1
Q2
Va
Vs
Ton Toff
T
T
T
NOTA: I transistori (Q1 e Q2) nella realtà, hanno un certo tempo di risposta, cioè la chiusura
dell’interruttore (saturazione del transistor) non è immediata, in maniera analoga per l’apertura
(interdizione del transistor).
Si può quindi verificare, al momento della commutazione, che entrambi i transistor possono esser
entrambi chiusi e così creare un cortocircuito.
Per evitare questo problema, si introducono dei tempi morti (td = dead time).
Si riportano i grafici relativi ai segnali di comando degli interruttori, della corrente ia e della
tensione Va, considerando i dead time:
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dead time
Q1
Q2
ia
Va
Vs
Ton Toff
T
T
T
Osservazione :
C’è da notare che durante il tempo morto il valore di Va dipende dal verso della corrente Ia (si
osservi la figura).
Questo significa che nel periodo di dead time (td), non si riesce a controllare il valore della Va, ma
essa è controllata solo dal verso della corrente.
Valutazione qualitativa :
Per chiarire il funzionamento del circuito supponiamo che inizialmente Q1 è acceso e Q2 spento
(vedi grafico). Si deve commutare fra i due transistor, quindi Q1 si deve spegnere e Q2 si deve
accendere. Nella commutazione (vedi grafico), spengo prima Q1, poi si aspetta un tempo td (in
questo lasso temporale entrambi i transistori sono spenti), infine si accende Q2.
Si osserva che durante il td, entrambi i transistor sono aperti, questo tende a creare una
sovratensione sull’induttanza. Grazie alla presenza dei due diodi di ricircolo (D1,D2), il problema
viene evitato.
Dal grafico si nota che se ia è negativa (rispetto al verso indicato dal circuito di figura), entra in
conduzione il diodo D1, viceversa se la corrente ia è positiva (rispetto al verso indicato dal circuito
di figura), entra in conduzione il diodo D2.
In questo modo evito sovracorrenti sulla La.
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In definitiva :
quando il diodo D1 conduce, va= Vs
quando il diodo D2 conduce, va= Vcesat ≈ 0
Valutazione analitica :
partendo dall’equazione del motore, trascurando la caduta su Ra:
di
v a = La a + e a
dt
dia v a − ea
ricavo:
=
dt
La
se Q1 aperto e Q2 aperto distinguo due casistiche:
1.
dia
→ −∞ , di conseguenza la va → −∞ (sovratensione),
dt
ma grazie alla conduzione del diodo D2, la va viene limitata alla v γ .
ia > 0: la derivata della corrente
Ia
va → −∞
Riassumendo:
va= -vγ ≈ 0 tramite D2
dia − vγ − ea − ea
≈
=
dt
La
La
2.
dia
→ +∞ , di conseguenza la va → ∞ (sovratensione),
dt
ma grazie alla conduzione del diodo D1, la va viene limitata alla v γ +Vs.
ia < 0: la derivata della corrente
va → ∞
Ia
Riassumendo:
va= vγ + Vs ≈ Vs tramite D1
dia vγ + Vs − ea Vs − ea
=
≈
dt
La
La
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Problemi dovuti alla dead time:
1) Nelle applicazioni (processi di lavorazione) in cui ho piccoli valori di tensione, cioè nel caso di
basse velocità di rotazione del motore, quindi f.c.e.m (forza controelettromotrice) piccole, il dead
time può essere un problema, in quanto è un valore confrontabile con il duty cycle, si avrà un valore
elevato sul valore medio della corrente.
Esempio numerico reale:
con frequenza di commutazione di 10 KHz (T=100us) , si può avere un td = 3us (3% del periodo
totale);
se lavoro con tensioni elevate, l’errore del 3% può essere trascurabile, ma se le tensioni di lavoro
sono basse, cioè comparabili con il 3% del valore massimo, si avranno problemi nel controllo.
La soluzione consiste nel compensare gli effetti del tempo morto.
2) Un altro problema è il passaggio dalla conduzione all’interdizione dei diodi di ricircolo. Tali
diodi presentano una capacità di giunzione (Cd) che non sempre è trascurabile.
D1
Cd
D2
Il circuito equivalente che si ottiene è quello di un interruttore chiuso su una capacità mediante una
resistenza parassita (Rp).
Rp
Cd
Vs
Se Cd è trascurabile allora la costante di tempo del circuito è piccola, quindi il diodo non ritarda
l’apertura del circuito (si interdice subito).. Con Cp elevata si presenteranno delle elevate
sovracorrenti, limitate solamente dalla resistenza parassita Rp, causando a lungo andare la rottura
del dispositivo.
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3) Esistono anche induttanze parassite che generano sovratensioni al momento della chiusura degli
interruttori (transistor):
Induttanze parassite
Q1
Vs
ia
C
Q2
va
DC
Capacità di filtraggio
E’ necessario introdurre una capacità C molto veloce (cioè con induttanza parassita molto piccola),
in modo da far fronte ai picchi di corrente dovuti alla chiusura degli interruttori. C’è da notare che
la capacità C, viene introdotta anche per ridurre le emissioni elettromagnetiche (EMC) dell’apparato
sulla linea.
Attualmente i dispositivi vengono progettati per avere induttanze parassite più piccole possibili.
Conclusione:
La struttura a semiponte è la struttura base per la creazione di strutture più complesse, ottenute dal
parallelo di più semiponti .
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8.2.5 Struttura a Quattro quadranti
Per avere tensioni sia positive che negative, si usa una struttura a ponte intero, sostanzialmente
formata da due semiponti ai capi dei quali sarà collegato rispettivamente un terminale del motore.
is
Vs
va
Q3
Q1
v1
Q2
ia
v2
Q4
va
DC
ia
La tensione ai capi del motore è data dalla differenza V1– V2, dove V1e V2 sono le tensioni
erogate dai due semiponti, in pratica si comportano singolarmente allo stesso modo visto prima nel
caso di semiponte singolo.
Le combinazioni per gli interruttori in questo caso sono quattro, infatti questo circuito è costituito
da due semiponti in ognuno dei quali un interruttore deve sempre essere il complemento dell’altro.
Combinazioni possibili:
- Q1=on
- Q1=off
- Q1=on
- Q1=off
Q2=off,
Q2=on,
Q2=off,
Q2=on,
Q3=off
Q3=on
Q3=on
Q3=off
Q4=on
Q4=off
Q4=off
Q4=on
Va=Vs
Va=-Vs
Va=0
Va=0
Trascurando i tempi morti in un semiponte ci deve sempre essere un interruttore chiuso ed uno
aperto mai due aperti o chiusi contemporaneamente.
Per esempio, si avrà la condizione in cui Q1 sarà chiuso, Q2 aperto, in questo caso la tensione
erogata dal primo semiponte V1 sarà uguale a Vs (trascurando la caduta di tensione sui transistor),
in questa situazione se Q3 è spento (interruttore aperto) ed è acceso Q4 (interruttore chiuso), V2
vale zero ed in pratica si avrà Va = V1 - V2 = Vs - 0 = Vs.
Nella seconda condizione invece V1=0 perché è acceso l’interruttore in basso Q2 e V2=Vs perché è
acceso l’interruttore in alto Q3, quindi Va=V1-V2 dove V1 è zero e V2 è Vs pertanto la tensione di
armatura sarà uguale a
Va = V1 - V2 = 0 - Vs = -Vs.
Negli altri due casi si avranno rispettivamente Q1 e Q3 accesi e Q2, Q4 spenti in cui risulterà Va=0
perché V1-V2=Vs-Vs=0 oppure l’altra condizione in cui saranno accesi (chiusi) tutti e due gli
interruttori in basso Q2 e Q4 e spenti gli altri due, quindi V1=V2=0 – 0 = Va=0.
Le combinazioni possibili sono pertanto quattro in cui Va può essere Vs , –Vs oppure zero.
In realtà la condizione di zero può essere realizzata in due modi.
Sfruttando una tecnica PWM simile a quella vista prima si possono ottenere tutti i valori di Va
compresi fra +Vs e –Vs. Questo è infatti un convertitore a quattro quadranti dove le tensioni
possono essere sia positive che negative.
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Analizziamo ora come è possibile ottenere ciò.
Esistono due tipi di modulazione: simmetrica ed asimmetrica.
__
__
Nella figura successiva vengono indicati con A e B i complementi rispettivamente di A e B: se A è
__
acceso, A è spento e viceversa. Con V è indicata la tensione di armatura, con Tc il periodo di
commutazione.
Q1
Q3
Q2
Q4
Modulazione asimmetrica
Nella modulazione asimmetrica in pratica non vengono considerate le condizioni per cui la tensione
in uscita Va è uguale a zero quindi considero solo le prime due condizioni viste cioè quelle in cui
Va=Vs o Va= - Vs , per semplicità non
consideriamo il tempo morto.
Nel primo intervallo di tempo TAON avrò A a livello alto e B a livello basso quindi sarà chiuso
l’interruttore in alto Q1, e quello in basso Q4, mentre gli altri interruttori saranno aperti. Risulterà
quindi V1=E e V2=0 da cui segue che
V = V1–V2 = E – 0 = E.
Nell’istante successivo di tempo TAOFF, viene eseguita l’operazione inversa, A sarà a livello basso e
B a livello alto, quindi saranno chiusi gli interruttori Q3 e Q2 ed aperti gli altri due. Risulterà quindi
V1=0V e V2=E da cui segue che V=V1- V2 = 0 - E= -E.
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V1
E
TAON
TAON
V2
E
TC
2TC
t
TC
TAOFF
2TC
t
TAOFF
V
E
TAOFF
TAON
TAON
TC
TAOFF
2TC
t
-E
E
Vmedio
-E
Vmedia(sul carico) = V1media - V2 media =
2TC
TC
⎛T
TAON
T
T
⋅ E − AOFF ⋅ E = ⎜⎜ AON − AOFF
TC
TC
TC
⎝ TC
⎛ 2 ⋅ TAON − TC
⎡T
− (TC − TAON )⎤
⋅ E = ⎜⎜
= ⎢ AON
⎥
TC
TC
⎝
⎣
⎦
t
⎞
⎟⎟ ⋅ E =
⎠
⎞
⎛ 2 ⋅ TAON
⎞
⎟⎟ ⋅ E = ⎜⎜
− 1⎟⎟ ⋅ E
⎠
⎝ TC
⎠
dove TAOFF=TC-TAON .
Posto
⎞
⎛T
⎛ 2 ⋅ TAON
− 1⎟⎟ = (2 ρ A − 1) , per ρ A = ⎜⎜ AON
⎠
⎝ TC
⎝ TC
ρ = ⎜⎜
⎞
⎟⎟ che varia fra 0 ed 1, dato che TAON
⎠
può variare tra zero e TC si ha: -1<ρ<1.
esempio:
ρ A=1/2 Î
ρ A =1 Î
ρ A =0 Î
ρ=0 Vmedio~ 0
ρ=1 Vmedio~ E
ρ=-1 Vmedio~ -E
Variando questo indice di proporzionalità ρ tra –1 ed 1 è possibile far assumere una tensione media
sul carico variabile fra –E ed E.
Un difetto di questo tipo di modulazione è prima di tutto quello di non utilizzare uno dei gradi di
libertà sulle condizioni della tensione sul carico (caso Va=0); poi c’è anche un altro grosso
problema: supponiamo che io voglia una tensione V molto piccola, vicina allo zero, quindi il valore
medio dovrà essere circa zero, per avere questo ρ=0 e ρ A =1/2 (TAON=TC/2). Così per avere una
tensione media nulla devo avere in pratica una tensione V ed una corrente che variano come
rappresentato in figura:
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V,I
E tensione
A
-E
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Ricordando l’espressione della corrente:
E−e
A
La
dia V − e
=
=
dt La
B −E−e
La
corrente
TC
2
B
TC
La tensione media diventa nulla, pertanto vorremmo che la corrente variasse il meno possibile in
E−e
ed in quello B
realtà mi ritrovo che la corrente varia nell’intervallo A con pendenza positiva
La
−E−e
con pendenza negativa
, queste relazioni esprimono le pendenze massime possibili dato che
La
con tensioni medie nulle la velocità del motore è piccola e la f.c.e.m.=e è praticamente nulla, quindi
la corrente varierà con la sua massima pendenza. In pratica quando si vorrebbe che la tensione
media sul carico fosse circa zero, si vorrebbe che lo fosse anche la derivata della corrente, invece in
questo caso ci si ritrova un tratto che ha la massima pendenza positiva ed un tratto che ha la
massima pendenza negativa cioè in pratica ha il massimo ripple sulla corrente, ciò mostra come
questo sistema non sia una buona scelta; vediamo ora quale sarà l’alternativa.
Modulazione simmetrica
In questo caso si può pensare di posizionare l’impulso V1 centrato in Tc/2 cioè con impulso
simmetrico rispetto al semiperiodo, analogamente si dovrà fare la stessa cosa per V2. Quindi si
posizionano tutti e due gli impulsi invece che all’inizio e alla fine, come nel caso precedente, per
tutti e due i rami, in mezzo. Se due impulsi sono uguali, si ottiene V=0.
Inizialmente si ha V1=0 e V2=0, quindi saranno chiusi Q2 e Q4 ed aperti gli altri due, la tensione di
uscita V sarà zero, poi, supponendo che la commutazione avvenga in modo istantaneo, tutte e due le
tensioni V1 e V2 saranno uguali ad E, quindi saranno chiusi gli interruttori Q1 e Q3 ed aperti gli
altri due, la tensione di uscita V continuerà pertanto ad essere zero; nell’istante successivo V1=0 e
V2=0 quindi si ritorna come al caso di partenza.
V1
E
TON
V2
E
TC
2
TC
t
TC
t
TON
Vuscita
E
TC
2
Vuscita=0
TC
2
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TC
t
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114
In questo caso si riesce ad ottenere una condizione di tensione media nulla in uscita. Per ottenere
tensioni in uscita positive è sufficiente aumentare la durata del primo impulso e ridurre quella del
secondo impulso della stessa quantità, per ottenere tensioni negative occorre eseguire l’operazione
inversa cioè diminuire la durata del primo impulso ed aumentare quella del secondo della stessa
quantità, la differenza fra V1 e V2 in questo caso non sarà più nulla.
È da notare che il numero delle commutazioni per ogni interruttore è rimasto uguale a quello di
prima, cioè si avrà una commutazione per ogni semiponte, la differenza fondamentale è che, visto
dal lato del motore cioè dalla tensione V è come se il periodo di commutazione fosse la metà, cioè
si hanno due periodi di commutazione simmetrici che però sono la metà rispetto a prima.
La frequenza di commutazione vista dal motore pertanto raddoppia, questo è molto importante
perché il ripple della corrente è praticamente inversamente proporzionale alla frequenza di
commutazione, cioè più è elevata la frequenza di commutazione e minore sarà il ripple quindi
minore anche la variazione della corrente.
Sfruttando questo sistema, sebbene i dispositivi commutino alla stessa frequenza apparentemente
sulla tensione che alimenta il motore si ha una pulsazione che è il doppio, questo vantaggio è
dovuto al fatto che ora si utilizzano due gradi di libertà che prima non si utilizzavano che erano la
tensione di uscita nulla con V1=V2=0 e V1=V2=E.
Come ottenere Vuscita diversa da zero:
V1
E
TON
V2
E
Vuscita
E
TC
2
TC
t
TC
2
TC
t
Variazione della
corrente
0
-E
0
TC
2
0
TC
t
Descrizione del funzionamento in questo caso.
All’istante iniziale si ha V1=V2=0 saranno quindi attivi i due transistori del ponte in basso e spenti
gli altri due, pertanto Vuscita=0. Nell’istante successivo V1=E e V2=0, verrà pertanto acceso
l’interruttore (transistore) Q1 e aperto Q2, lasciando invariati gli altri due, in questo caso Vuscita=E.
Modificando lo stato degli interruttori del secondo semiponte si avrà V1=V2=E, quindi sono attivi i
due transistori in basso e spenti gli altri due, pertanto Vuscita=0. Nella configurazione successiva si
ha V1=E e V2=0, sono accesi gli interruttori (transistori) Q1 e Q4 e aperti gli altri due, in questo
caso Vuscita=E. Infine si ha una configurazione uguale a quella iniziale V1=V2=0 da cui Vuscita=0.
Per ottenere valori di tensione negativi in uscita sarà sufficiente che V1 rimanga al valore E per un
tempo inferiore a quello di V2, si avrà Vuscita=-E, nei casi in cui V2=E e V1=0, cioè quando saranno
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115
attivi i transistori Q3 e Q2 e spenti gli altri, per il resto il funzionamento è lo stesso di quello
descritto per il caso Vuscita>0.
A questo punto è possibile scrivere:
⎛ 1 2T − TC ⎞
⎛1 1 T ⎞
TON
⎟⎟ ⋅ E
⋅ E = ⎜⎜ − + ON ⎟⎟ ⋅ E = ⎜⎜ + ON
TC
T
T
2
2
2
2
C ⎠
C
⎠
⎝
⎝
2TON − TC
1
1
1
se TON=0 ho
= ρ1 = − dove ρ1 è indice di modulazione − < ρ1 <
2TC
2
2
2
V 1media =
V1media= ⎛⎜ + ρ1 ⎞⎟ ⋅ E
1
⎝2
⎠
1
V2media= ⎛⎜ − ρ1 ⎞⎟ ⋅ E
⎝2
⎠
⎛1
⎝2
1
2
⎞
⎠
Vuscita(media)= V1media- V2media= ⎜ + ρ1 − + ρ1 ⎟ ⋅ E = 2 ρ1 E ponendo 2ρ1= ρ
si ha –1< ρ<1
se ρ=0 V1media=E/2 e Vuscita(media)=0
se ρ>0 Vuscita(media)>0 aumentando ρ, Vuscita(media) aumenta
se ρ<0 Vuscita(media)<0 diminuendo ρ, Vuscita(media) diminuisce
ρ è un indice che mi permette di modulare il valore medio della tensione in uscita.
Vantaggi rispetto al caso precedente.
La frequenza di commutazione vista dal motore è più elevata rispetto a quella di prima quindi il
ripple sulla corrente sarà inferiore, perché si ha la massima pendenza (A) in una parte del periodo e
pendenza minima (B) nella restante parte del periodo.
La pendenza della corrente nei due casi è data da:
dia
=
dt
A
B
E−e
La
−e
La
Confronto fra i due diversi tipi di funzionamento.
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V=-60%
V=0
Modulazione simmetrica
V=40%
Modulazione asimmetrica
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8.3 DISPOSITIVI DI POTENZA
BJT
C
I
i
c
b
B
E
In saturazione si ha
V
c e
Ic
hfe
e la potenza dissipata nello stato on vale
Ib >>
Pd = Ic ⋅ Vcesat
con Vcesat variabile a seconda della Ic.
Tali dispositivi sono comandati in corrente mediante driver abbastanza complessi, isolati, che
erogano una corrente elevata per mantenere il BJT in saturazione. Poiché, poi, la hFE di un singolo
transistore è piccola (dell’ ordine delle decine), si preferisce usarne due in configurazione
Darlington, cosa che rende maggiore la potenza dissipata (Vcesat più elevata).
Per tali motivi i BJT non vengono più usati nelle applicazioni di potenza.
MOS
I mosfet sono controllati in tensione attraverso il gate (isolato): la potenza necessaria per il controllo
non è elevata .
A causa della capacità parassita drain-gate, quando si spegne il dispositivo, e quindi la VD va da 0
alla tensione di alimentazione, si ha iniezione di corrente nel gate ed il MOS può entrare in
conduzione.
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118
Tale capacità è addirittura legata alla tensione di progetto e crea problemi per V>100V.
Se il carico è di tipo resistivo, i MOS funzionano bene; se è induttivo, si hanno problemi perché il
diodo di ricircolo è scarso, che in questo caso è quello parassita fra drain e source, è molto lento.
La potenza dissipata nello stato OFF è trascurabile,
mentre nello stato ON vale
PD=RDSon ID 2
con RDSon
che cresce al crescere della tensione.
In conclusione si può dire che
• i MOS sono ideali per basse tensioni e alte frequenze(20÷40KHz) e tc= 0,1÷0,3μs
• P<10KW
• Corrente<50A
• Tensione<800V
IGBT
C
V
CE
L’ IGBT è il dispositivo di potenza più affidabile ed in assoluto il più usato per il controllo di
motori . La sua caratteristica d’uscita è simile a quella del BJT, ma , a differenza di questo, è
controllato in tensione.
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Rispetto al MOS, la frequenza di commutazione è più bassa, ma si hanno minori perdite di
conduzione per dispositivi ad elevata tensione (perdite inevitabili dato che i transistor non sono
interruttori ideali) .
In generale si ha:
•
•
•
•
f=12÷20kHz e tc<1μs
Potenza<600kW
Corrente<600A
Tensione<1800V
Le taglie più usate sono a 600V per la trifase 220V e a 1200V per la trifase a 380V.
La tensione e la corrente massima alle quali si è arrivati sono di 3,3kV e 1200A.
8.3.1 POTENZA DISSIPATA NEI DISPOSITIVI
In un periodo Tc si hanno in un dispositivo di potenza due perdite per commutazione. In realtà i
valori di Paccensione e Pspegnimento non sono uguali fra loro, ma tale approssimazione è
accettabile.
⇒
Pacc = Pspegn = Pc om m
Pd= Pon +2 Pcomm
dove
Pon = Von ⋅ I max ⋅
I ⎞T
⎛V
Pc om m = ⎜ max ⋅ max ⎟ c om m
2 ⎠ T
⎝ 2
Ton
T
Durante la commutazione tensione e corrente sono state stimate come:
Vmax
2
e
I max
2
A causa della Pcomm la velocità di accensione dei dispositivi è limitata.
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8.4 EFFETTI LATO ALIMENTAZIONE
ib
ia
vb
va
DC
Si consideri un convertitore con η ≈ 1 (in genere 97%). In tal caso vale che:
PIN ≈ POUT
⇒ v b ⋅ ib ≈ v a ⋅ i a
Il ripple su ia, per l’induttanza del motore, e quello su vb, per il condensatore. Quindi se Va varia a
gradino, allora per l’uguaglianza della potenza, dato che ib deve avere lo stesso andamento di Va,
anche la corrente in ingresso ib varia a gradino.
ia
ib
chopper
vb
va
Il condensatore deve essere quindi dimensionato in modo tale da rendere basso il ripple della
tensione di alimentazione ed essere in grado di sopportare il valore efficace del ripple di ib.
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8.5 CIRCUITI DI COMANDO
I drive ( circuiti di comando ) dei dispositivi di potenza si occupano di pilotare il dispositivo e
gestire le protezioni.
P
L
C
A
V 1+
V 1-
G
L
V2+
V2-
E
0V
P
C
A
G
T1
T2
E
A è il circuito che comanda fisicamente l’IGBT: è un amplificatore di corrente che carica e scarica
la capacità di gate.
L il circuito logico che si occupa di gestire al meglio l’IGBT, in base al segnale di controllo e allo
stato del dispositivo.
Il drive che controlla l’IGBT ha due segnali optoisolati con i blocchi fotoaccoppiatori (/): uno in
ingresso (il segnale di comando) e uno in uscita (il segnale di Fault) che avverte della eventuale
presenza di un allarme nel dispositivo.
P è il circuito di protezione: controlla le sovratensioni, le sovracorrenti, le sovratemperature, le
sottotensioni di alimentazione del driver. Un tempo per rilevare i corti ci si limitava a valutare lo
stato di saturazione del dispositivo.
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Se si ha ad esempio un corto la Icmax aumenta, per cui aumenta anche la Vce (Vce’>Vcesat) e
poichè PdON = Vce Ic => si possono raggiungere valori pericolosi per il dispositivo.
In realtà un controllo di questo tipo non è efficace perché nel momento in cui la Vce supera il
livello di guardia, le correnti, che crescono molto rapidamente, hanno già raggiunto valori talmente
elevati che la giunzione ha comunque un grosso trauma termico e il dispositivo si danneggia. Per
questo motivo oggi non si valuta più la Vce, ma una corrente proporzionale a quella che attraversa
il dispositivo, facendo in modo che quest’ultimo sia disabilitato se si superano livelli di guardia
(dispositivo a doppio emettitore).
Questo tipo di dispositivo ha vita molto più lunga.
Vge
A
Per quanto riguarda l’ IGBT sotto, essendo il suo emettitore fisso a massa, non è necessario variare
le alimentazioni anche se ciò viene fatto per correnti elevate.
Al contrario il nodo A varia in tempi brevi da 0 a 300V÷540V: tutto il circuito di alimentazione del
driver dell’IGBT sopra deve flottare con il gate dell’ IGBT stesso ed è quindi necessario che abbia
le alimentazioni isolate
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8.6 CARATTERISTICA DI COPPIA MOTORI IN CORRENTE CONTINUA
T
3
4
Tp
2
Tn
1
ωn
ω
La curva 1 rappresenta la coppia continuativa. I Watt dissipabili dal motore dipendono dalla
massima temperatura ammessa e sono dati dalla somma delle perdite del rame e del ferro. Tn è la
coppia che il motore riesce ad erogare in modo continuativo alla velocità nominale ωn, l’andamento
decrescente è dovuto alle perdite nel ferro che aumentano con la velocità.
La curva 2 rappresenta la coppia di picco erogabile dal motore per un periodo di tempo limitato tale
da non superare la temperatura massima.
La curva 3 rappresenta il limite di coppia (corrente) che può girare senza provocare
smagnetizzazione nelle condizioni più critiche di temperatura.
Le curve 4 rappresentano il limite di potenza, dovuto alla commutazione, che il collettore è in grado
di sopportare. Hanno andamento circa iperbolico.
Nell’area fra le due curve si ammette un funzionamento intermittente ( da evitare perché le spazzole
si deteriorano velocemente).
Il drive deve essere in grado di fornire almeno la corrente sufficiente a far erogare al motore la
coppia nominale, mentre normalmente non è in grado di fornire al motore tutta la corrente
necessaria per la coppia di picco, perché altrimenti si deve sovradimensionare il drive, in quanto
non è possibile sovraccaricarlo dato che le costanti di tempo dei dispositivi di potenza sono piccole,
per cui funziona sempre a regime.
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124
8.7 Considerazioni di tipo energetico.
ib
ia
vb
va
DC
Come si evince da figura il chopper è reversibile cioè ammette un flusso di potenza nel verso
inverso mentre il ponte a diodi no.
Tale caratteristica di reversibilità è fondamentale se nella dinamica dell’azionamento è presente e
frequente la frenatura del motore che genera energia.
Partendo dall’ipotesi che:
ω = ωn > 0
dω
dt
J = Jr + Jl
T =J
dω T
= < 0 ⇒ Pm = Tω < 0
J
dt
Con velocità positiva la decelerazione si ha quando la coppia è negativa (il motore frena quando la
velocità ha segno opposto alla coppia), in questo caso si ha:
T = KT ia ⇒ ia < 0
Ia =
Va − Kω
<0
Ra
Tale energia può essere accumulata in una capacità o dispersa attraverso una resistenza di frenatura.
Il caso peggiore da analizzare è la frenatura da massima velocità a zero poiché è in questa
situazione che abbiamo la massima energia generata.
Frenatura da massima velocità a zero
ea , ω
ia , Ta
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125
Nell’ipotesi di carico puramente inerziale la massima energia accumulata vale:
1 2
Jω n
2
Questa considerevole quantità di energia che torna indietro viene dissipata:
• dal motore (perdite per effetto Joule e nel ferro)
• nel convertitore
• e una parte si riversa sul bus facendo aumentare la tensione del condensatore che vedrà variare il
suo valore di tensione da Vb (tensione a funzionamento normale fino a VMAX).
Ecin =
Vmax
Vb
t
La quantità di energia che deve essere immagazzinata su C dipende dalla dinamica di frenatura .
L’energia immagazzinata sul condensatore sarà:
Econd =
1
2
C (VMAX
− VM2 )
2
Econd = Ecin − EDm − EDd
Dove EDm è l’energia dissipata dal motore e EDd quella dissipata sul drive.
Si suppone inoltre che la frenatura avvenga a T costante.
T=J
dω
= cos t
dt
•
ω =ωt
Δω =
T
J
Δt ⇒ Δ t = ω n
J
T
T = KT ia = cos t ⇒ ia = cos t
La potenza dissipata nel transitorio di accelerazione e in quello di frenatura è la stessa.
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126
Potenza dissipata sul motore.
La potenza dissipata sul motore vale:
PDm = Ra I a2 +
ω2
P0 + (Fω ) ω
ω n2
Dove (F ω) è la coppia dovuta soprattutto all’attrito delle spazzole.
L’integrale della potenza dissipata sul motore fornisce l’enegia assorbita durante la frenatura dal
motore.
t
EDm = ∫ PDm (t )dt = R I Δt +
2
a a
0
= Ra I a2 Δt +
P0
ω
3
t
∫ ω& t dt + F ∫ ω& t dt =
2 2
2
n 0
ω&
Δt
Δt
P
+ Fω& 2
2 0
ωn
3
3
2
t
2 2
0
3
Dove il primo termine valuta l’energia dissipata per effetto Joule mentre il secondo rappresenta
l’energia dissipata nel ferro.
Potenza dissipata sul Drive.
Nel calcolo della potenza assorbita dal drive sono state trascurate le perdite dovute alla
commutazione.
La Vcesat è normalmente vicina ai 2.5 V
In conduzione c’è sempre un transistore ed un diodo, che all’incirca dissipa il 20% rispetto al
transistor.
PDd = Vcesat ⋅ I a ⋅ 1.20
Integrando si ottiene quindi l’energia dissipata sul drive.
t
EDd = ∫ PDd (t )dt = 1.2Vcesat ⋅ Ia ⋅ Δt
0
Sostituendo EDm ed EDd nella formula del bilancio di energia sul condensatore si ottiene:
1
1
ω& 2 Δt 3
Δt 3
2
Econd = C (VMAX
− VM2 ) = Jω n2 − Ra I a2 Δt − 2 P0
− Fω& 2
− 1.2Vcesat ⋅ Ia ⋅ Δt
2
2
ωn
3
3
Sostituendo
Ia =
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T
Kt
Δt =
J
ωn
T
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127
si ottiene:
⎞ J 3ω n3
T 2 Jω n ⎛ P0
T Jω n
1
1
2
Econd = C (VMAX
− VM2 ) = Jω n2 − Ra 2
− ⎜⎜ 2 + F ⎟⎟ω& 2
− 1.2Vcesat
=
3
Kt T
Kt T
2
2
3T
⎝ ωn
⎠
⎛ P0
⎞ 2 J 3ω n3
T
Jω
1 2
= Jω n − Ra 2 Jω n − ⎜⎜ 2 + F ⎟⎟ω&
− 1.2Vcesat n
3
Kt
Kt
2
3T
⎝ ωn
⎠
Sostituendo ancora
T = Jω&
R
Jω
1
1
1
ω
2
C (VMAX
) = CVM2 + Jω n2 − a2 J 2ω nω& − P0 + Fω n2 n − 1.2Vcesat n
Kt
Kt
2
2
2
3ω&
(
)
A questo punto si può calcolare l’accelerazione che determina la sovratensione massima VMAX sulla
capacità al fine di determinarne il dimensionamento.
Derivando ed uguagliando a zero si ottiene
2
ω
d (VMAX
)
J 2ω n
= − Ra
+ P0 + Fω n2 n2 = 0
2
dω&
Kt
3ω&
(
ω& 2 =
(P + Fω )K
ω& MAX =
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)
0
3Ra J
2
n
2
2
T
(P + Fω ) K
0
2 2
n
2
2
T
3Ra J
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128
Andamento della tensione sul condensatore
1
2
C = C (VMAX
)
2
Jω
1
1
D = CVM2 + Jω n2 − 1.2Vcesat n
Kt
2
2
A=−
Ra 2
J ω nω&
K t2
(
B = − P0 + Fω n2
)
2
ωn
3ω&
All’aumentare dell’accelerazione prevalgono le perdite dovute a dispersioni per effetto joule mentre
come si evince dal grafico per basse accelerazioni sono prevalenti le perdite nel ferro.
L’accelerazione per cui si ha la massima tensione sul bus è quella che corrisponde all’intersezione
tra le curve A e B.
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129
Esempio
Scopo dell’esempio è mostrare il metodo di calcolo della capacità atta a sopportare al sovratensione
sul bus.
Si considerino i seguenti dati:
Nm
A
Ra = 0.7Ω
La = 6.3Ω
KT = 0.31
Tc
T
Tn
J rotorica = 1.3 ⋅ 10− 3 Kgm 2
ω n = 2750rpm
Pn = 380W
Tc = 2.89 Nm
ωn
Tp = 14.1Nm
ω
Inoltre si suppone che:
Jtot = 2 J rotorica
La componente di attrito viscoso dovuto ai cuscinetti e alle spazzole è identificabile con:
F = D = 0.08
Nm
Krpm
La corrispondente coppia vale quindi:
TF = Fω
Sostituendo i dati si ha che:
1Krpm = 104.7
rad
sec
D=
0.08
Nm
= 7.64 ⋅ 10 − 4
rad
104.5
sec
La potenza nominale vale:
Pn = Tn ⋅ ω n ⇒ Tn =
Pn
ωn
=
380
= 1.32 Nm << TC
288
Come si può vedere questo è un motore che dissipa molto nel ferro.
Nella realtà ci sono motori che funzionano soprattutto a basse ω e quindi non si raggiunge quasi mai
Tn.
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La potenza dissipata a velocità nominale quando non eroga coppia vale:
Po ≈ Pfω n
La potenza dissipata vale:
ω = 0 ⇒ PD = PJ 1
ω = ω n ⇒ PD = PJ 2 + Pfω n
Dove Pj è la potenza dissipata nel rame mentre Pf è quella nel ferro.
Pfω n = PJ 1 − Pj 2 = RaIa12 − RaIa22
=
Ra 2
0.7
(Tc − Tn2 ) =
(2.892 − 1.322 ) = 48W
2
KT
0.312
L’accelerazione che genera la massima energia cinetica riflessa vale:
ω& =
(0.31)2 (48 + 7.64 ⋅ 10− 4 ⋅ 2882 ) = 368 rad
(
3 ⋅ 0.7 ⋅ 2.6 ⋅ 10− 3
)
2
sec 2
Tale accelerazione rappresenta anche la condizione sfavorevole per il dimensionamento del
condensatore.
Considerando un’accelerazione costante si può dire che :
ω& =
Δω ω n − 0
=
Δt
Δt
Δt = 332ms
T = J TOT ω& ΔVMAX = 2.25 Nm
Ed inoltre
1
2
2
C (VMAX
− VBM
) = 76 Joule
2
La tensione di bus raccomandata vale:
VB = 80V
Il massimo sbalzo ammissibile sul bus è pari al 10% del valore raccomandato ed è quindi 8V.
VBM = 88V
Supponendo una tensione max ammissibile sui condensatori sia di Vmax=120V, allora applicando
la formula che lega l’energia accumulata nel condensatore alla sua capacità si ha che:
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2 Econd
= 22800μF ⇒ ENORME
2
V − VBM
È impensabile inserire un banco di condensatori così elevato tanto per problemi di costo quanto per
C=
2
max
ib
ia
vb
va
DC
problemi di spazio. Di solito si inseriscono meno condensatori (1000÷2000 μF o anche meno) e si
aggiunge una resistenza di frenatura comandata da un transistor per dissipare l’energia in eccesso.
L’IGBT è controllato per limitare la tensione: si chiude se Vb = Vmax.
Se scegliamo una C=4000μF non tutta l’energia viene immagazzinata su C.
EC =
(
)
1
4000 ⋅ 10 −6 F 120 2 − 88 2 = 13 joule << 76 joule
2
Il resto viene dissipato su R
E R = ECIN − EC = 76 − 13 = 63 joule
Si deve dimensionare R in modo tale che dissipi tutta la ib che torna indietro nel caso peggiore.
PDRMAX = VMAX iBMAX < VaMAX I aMAX < T ω ΔVMAX
I BMAX <
T ω ΔVMAX
VMAX
Quindi:
R<
V max
iMAX
Potenza dissipata su R
Δt = 332ms
EDr = 63 Joule
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P=
63Joule
= 190W
332ms
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Nella realtà pratica il motore non frena in continuazione, ma deve pur accelerare prima di frenare, e
quindi il ciclo più sfortunato sarà:
ω
ωn
P=
63 Joule
= 95W
2 × 332ms
Delta T1 Delta T2
Delta T in realtà rappresenta solo una piccola parte del ciclo, quindi normalmente la potenza da
dissipare nella resistenza durante il ciclo è inferiore:
ω
ωn
P ≈ 20W ÷ 60W
Delta T2
Il dimensionamento della resistenza di frenatura deve essere fatto in base al ciclo di funzionamento
dato che in genere il drive viene utilizzato con diversi motori e in diverse applicazioni (differenti
inerzie).
In genere, per ragioni economiche non si considera il caso peggiore ma si effettua un
dimensionamento di massima compatibile con il normale utilizzo (30÷40W) e per i casi più gravosi
e prevista la possibilità di inserire un’ulteriore resistenza esterna in grado di dissipare una potenza
maggiore.
Normalmente il sistema va in allarme quando VB supera la VMAX al fine di non rompere R e
tutto l’apparato di potenza.
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133
9 Azionamenti Brushless
Normalmente con il termine motore Brushless (senza spazzole) si indicano i motori sincroni a
magneti permanenti (isotropi), detti anche S.M.P.M.( Synchronous Motor Permanent Magnet).
Gli S.M.P.M., a differenza dei motori in C.C., hanno i magneti permanenti nel rotore e non nello
statore.
A seconda della qualità del controllo e del motore brushless, ci sono campi di impiego diversi:
• Motori Brushless di impiego comune
Sono di solito meno complessi e quindi meno costosi rispetto a quelli ad alte prestazioni, sempre
più spesso vengono usati per sostituire i motori in C.C. o ad Induzione (ad esempio nelle pompe e
nei ventilatori) infatti un motore brushless è più longevo rispetto ad un motore a C.C grazie alla sua
semplicità costruttiva ed alla mancanza di contatti striscianti. Si usano schemi di controllo (di
macchina) di tipo semplificato.
Vengono impiegati dove non sono richiesti particolari prestazioni di ripple di coppia e di dinamica.
• Motori Brushless ad alte prestazioni (tipo asse)
Sostituiscono i servoazionamenti in C.C. questo a causa dei seguenti difetti del motore in corrente
continua :
1) commutatore a lamelle che:
- diminuisce l’affidabilità a causa dei contatti striscianti
- aumenta la manutenzione per la sostituzione delle spazzole e dei collettori usurati
- limita la velocità massima ed i sovraccarichi
2) generazione del calore sul rotore:
- molto difficile da dissipare
- impedisce l’esecuzione chiusa (motore a tenuta stagna).
3) rapporto tra coppia e momento d’inerzia basso
mentre i pregi del brushless sono:
1) La commutazione elettronica Î non si hanno contatti striscianti (commutatori di potenza.)
2) La generazione del calore sullo statore, avendo gli avvolgimenti sullo statore,
che è più facile da dissipare e quindi si può adottare l’esecuzione chiusa.
3) L’alleggerimento del rotore
Il basso momento d’inerzia rotorico garantisce un elevato rapporto coppia inerzia (elevando le
prestazioni dinamiche).
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9.1 Principio di funzionamento dei motori brushless e tecniche di controllo
Il principio di funzionamento del brushless è lo stesso del motore in C.C. a magneti permanenti ,la
differenza è che funzionalmente sono invertiti il rotore e lo statore: i magneti sono sul rotore e gli
avvolgimenti di armatura sono nello statore La funzione del collettore viene realizzata dal
convertitore di potenza.
In figura è riportato un motore a due fasi ad una coppia polare.
Il magnete nel rotore produce Φe, se si alimenta la fase F1, nel modo indicato in figura, produce il
flusso Φa ed una coppia che tende ad allineare i due campi magnetici, quando ciò succede la coppia
si annulla; alimentando poi in sequenza la fase F2 il rotore continuerà a girare.
Per commutare l’alimentazione delle fasi nel modo opportuno occorre conoscere la posizione del
rotore: serve un sensore di posizione.
Nel motore in C.C. questa informazione era intrinseca nel sistema collettore + spazzole.
Nell’esempio riportato il ripple di coppia sarebbe elevato, se non si prendono opportuni
provvedimenti. Nel caso del motore in C.C. il ripple si diminuiva aumentando il numero delle fasi
del circuito d’armatura, soluzione non proponibile per i brushless (antieconomico, ogni fase sarebbe
comandata da un ramo del convertitore di potenza).
Le tecniche di comando hanno lo scopo di rendere indipendente la coppia dalla posizione angolare
del rotore, per ottenere ciò si progetta in modo opportuno il motore e si controllano
conseguentemente le correnti; si ottengono così due tecniche: Trapezoidale e Sinusoidale.
Per rendere la coppia costante si costruisce il motore in modo che la coppia generata da ciascun
avvolgimento (alimentato a corrente costante), in funzione della posizione del rotore, sia
trapezoidale o sinusoidale, alimentando così le fasi in modo opportuno si ottiene una coppia
costante.
Ricordando che la coppia generata in un avvolgimento, libero di ruotare sul proprio asse, percorso
dφ
da una corrente I ed immerso in un campo magnetico è data da: T = c I , possiamo analizzare le
dθ
due tecniche.
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Tecnica trapezoidale
dΦc1
dθ
dΦc2
dθ
in figura sono riportati gli andamenti dei flussi concatenati con gli avvolgimenti e le rispettive
derivate, ne segue che la coppia totale sarà:
T = T1 + T2 =
dφ
dφ c1
i1 + c 2 i2
dθ
dθ
Dove Φc1 e Φc2 sono sfasate di π/2.
Alimentando gli avvolgimenti con le correnti indicate in figura, il cui segno coincide con quello
delle derivate del flusso, si ottiene una coppia positiva e il cui valore dipende dal valore delle
correnti.
Tecnica sinusoidale
dΦc1
dθ
dΦc2
dθ
in figura sono indicate le derivate dei flussi concatenati con le fasi del motore e le correnti i1 e i2
(queste ultime sono impostate dal controllo).
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Le derivate del flusso concatenato con i rispettivi avvolgimenti sono delle funzioni sinusoidali
dell’angolo:
dφ c1
= K sen(θ )
dθ
dφ c 2
= K cos(θ )
dθ
Se si alimentano le fasi con le seguenti correnti :
i1 = i sen(θ )
i2 = i cos(θ )
allora
dΦ c1
dΦ c 2
i1 +
i2
dθ
dθ
T = Ki[sen 2 (θ ) + cos 2 (θ )] = Ki
T = T1 + T2 =
In questo caso il ripple di coppia si abbassa rispetto a quello trapezoidale perché non si devono
variare le correnti in modo istantaneo.
9.1.1 Strutture multipolo
I flussi al traferro sono delle funzioni periodiche della posizione.
Nel caso in cui un periodo coincida con un giro meccanico, si ha una coppia polare o 2 poli.
Questo è il caso che abbiamo sempre trattato e la posizione elettrica coincide con quella meccanica.
2 POLI
Nel caso in cui occorrono N periodi elettrici per effettuare un giro meccanico, allora si hanno N
coppie polari, nella figura seguente è indicato il caso con 2 coppie polari o 4 poli(in questo caso
avrò per ogni giro del rotore 2 variazioni fra N e S del magnete, perché il flusso varia con periodo
doppio rispetto al giro meccanico).
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4 POLI
Funzionalmente non cambia niente, occorre considerare la posizione angolare meccanica è uguale a
quella elettronica, diviso il numero di coppie polari: θ m =
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θe
P
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9.2 Progetto Trapezoidale
Statore:
avvolgimenti trifase (120°) disposti simmetricamente e collegati a stella con neutro isolato.
Con questo collegamento i1+i2+i3 = 0, e la somma di tutte le armoniche di ordine 3 e relativi
multipli si annullano.
Rotore :
magneti permanenti.
Il rotore si può alleggerire con dei fori per abbassare l’inerzia
Per determinare il modello prendiamo in esame un motore magneticamente isotropo con
avvolgimenti concentrati con statore trifase e rotore a 2 poli.
In un secondo tempo si considererà l’avvolgimento distribuito.
Il motore può essere definito da due funzioni che caratterizzano lo statore e il rotore.
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Statore:
L’angolo α descrive la posizione sullo statore a partire dall’asse di simmetria della fase1. Le altre
fasi sono sfalsate di 120°.
Definisco:
f(α) che rappresenta la densità di distribuzione dei conduttori.
F(α) che rappresenta la funzione di distribuzione dei conduttori ( F (α ) = ∫ f (α )dα )
naturalmente entrambe le funzioni vengono considerate con il loro segno. [I F(α)] rappresenta la
forza magneto motrice f.m.m.
Avendo preso in esame degli avvolgimenti concentrati la f(α) è rappresentata da un impulso quando
si incontra un avvolgimento (positivo se la corrente è entrante e negativo se la corrente è uscente).
Attraverso la F(α) si può calcolare la f.m.m. nel traferro:
N: numero avvolgimenti.
Facendo la circuitazione delle linee di forza del campo magnetico abbiamo caduta di tensione solo
nel traferro, nell’ipotesi di μ (permeabilità magnetica) molto elevata nel materiale ferromagnetico,
incontrando 2 volte il traferro si ottiene:
NI = Hg ⋅ lg + Hg ⋅ lg = 2 Hg ⋅ lg
N
Hg ⋅ lg = I = F (α )I
2
f.m.m = I ⋅ F (α )
dove I è la corrente che attraversa gli avvolgimenti, Hg ed lg sono rispettivamente il campo
magnetico e la lunghezza del traferro (NI rappresenta tutta la caduta elettromotrice nel traferro)
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Rotore:
L’angolo ξ è la coordinata polare che rappresenta la posizione del rotore, prendiamo come
posizione iniziale la mezzeria del polo N del magnete, questa è anche la direzione del flusso nel
magnete.
B(ξ) rappresenta l’induzione magnetica del traferro sul rotore.
Nel caso di magnetizzazione radiale perfetta (questa caratteristica è ideale)
L’asse α è fisso mentre l’asse ξ è un asse rotante, si definisce θ come la posizione angolare del
riferimento di rotore rispetto al riferimento di statore, ne segue che ξ= α-θ.
Conoscendo la F(α) e la B(ξ), posso ricavare il flusso concatenato:
sovrapponendo i grafici delle funzioni e facendo riferimento alla stesse coordinate.
Il valore massimo del flusso concatenato si avrà per θ = 0
Se θ = 0 significa che i due assi coincidono e quindi il flusso del magnete è totalmente concatenato
sugli avvolgimenti:
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λ = NΦ
con:
Φ = ∫ Bds = B0 ⋅ S
S
con S = π ⋅ r ⋅ l
dove S rappresenta la superficie del traferro (generalmente di forma cilindrica)
S = p⋅r ⋅l
λ = λmax = N ⋅ Φ = N ⋅ B0 ⋅ π ⋅ r ⋅ l
Se θ =
π
2
Æ λ=0
infatti la stessa quantità di flusso che esce da una parte entra dall’altra.
Tra 0 e
π
2
triangolare:
il valore di λ varia in modo lineare andando dal massimo a 0 formando un grafico
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Calcolo il flusso concatenato attraverso il legame delle due funzioni F(α) e B(α-θ) in modo
analitico:
π
λm (θ ) = rl ∫ F (α ) Bm (α − θ )dα
−π
(1)
Verifichiamo se con l’integrale si ottengono gli stessi risultati visti in precedenza:
per θ = 0 Æ λm(0) = λmax
π
N
λm (0) = r ⋅ l ⋅ B0 2π ∫ dα = N ⋅ B0 ⋅ π ⋅ r ⋅ l = λmax
2
−π
per θ= π
2
Æ λm( π
2
)=0
Ora calcoliamo la forza elettro-motrice (f.e.m.):
e(t ) = N
dΦ d λ m dλ m
=
=
ω (t )
dt
dt
dθ
A regime (ω=cost) la f.e.m. ha andamento quadro, come la F(α) questo è ottenuto calcolando la
derivata di λm che esprime la pendenza della retta del grafico del flusso nell’intervallo [ -π, 0] :
dλm (θ ) 2 ⋅ r ⋅ l ⋅ N ⋅ B0 ⋅ π
=
= 2 ⋅ r ⋅ l ⋅ N ⋅ B0
π
dθ
mentre per l’intervallo successivo [0, π]
dλm
= −2 ⋅ r ⋅ l ⋅ N ⋅ B0
dθ
Ho quindi un grafico a gradini che cambia segno ogni π
Adesso prendiamo in considerazione una distribuzione uniforme invece che concentrata,
considerando tre fasi simmetriche, una fase occuperà 1/6+1/6=1/3 di spazio del traferro.
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Anche in questo caso calcoliamo quanto vale il flusso concatenato λm(θ) tramite l’equazione (1)
bisogna però calcolare le funzioni F(α) e B(α-θ).
Per la prima funzione otteniamo una distribuzione trapezoidale mentre per la seconda supponiamo
che abbia un andamento rettangolare, come nel caso precedente. Facciamo alcune considerazioni
sull'’integrale:
π
∫ π F (α ) B
m
−
(α − θ )dα =
osservando questa figura si può semplificare l’integrale, infatti le funzioni sono simmetriche:
π
= 2∫−π F (α ) Bm (α − θ )dα =
2
2
se si sposta l’intervallo di integrazione, dove l’induzione è costante e non dipende da θ, ottengo
quindi che B(α-θ)=B0:
π
2
+θ
2
+θ
= 2 ⋅ B0 ∫−π F (α )dα
calcolo quindi il flusso concatenato:
π
2
+θ
−
2
+θ
λm (θ ) = 2 ⋅ B0 ⋅ r ⋅ l ∫ π F (α )dα
L’integrale:
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π
2
+θ
−π
2
+θ
∫
144
F (α )dα
è in funzione di θ
il massimo si ha per θ = 0 e il valore è
N 5π
⋅
2 6
infatti nel caso precedente avevo un rettangolo
N
p ottengo così:
2
= 2 ⋅ r ⋅ l ⋅ π ⋅ B 0 ⋅ N = r ⋅ l ⋅ π ⋅ B0 ⋅ N
2
con area uguale a
λm (θ ) rett
Adesso il grafico ha la forma trapezoidale togliendo quindi le aree tratteggiate si riduce il massimo
di 1/6
λm (θ ) trap = 2 ⋅ r ⋅ l ⋅ π ⋅ B0 ⋅ N 2 ⋅ 5 6 = r ⋅ l ⋅ π ⋅ B0 ⋅ N ⋅ 5 6
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il minimo si ha per θ = π
145
2
e il suo valore è nullo.
La derivata del flusso concatenato ΦC ha l’andamento simile alla distribuzione dei conduttori.
La f.e.m. (a regime)
dλ m (θ )
ω (t ) ha la forma della F(α) cioè trapezoidale ( ciò è sempre vero se Bm
dθ
è quadra).
Conclusioni:
per ottenere una derivata del flusso concatenato trapezoidale, occorre una distribuzione di
conduttori uniforme (F(α) trapezoidale) ed un’induzione prodotta dai magneti di tipo quadro.
Nella pratica questo non si può realizzare infatti i conduttori sono all’interno di cave.
Ogni fase occupa “m cave all’andata” e “m al ritorno” per una coppia di poli ,se per esempio i
conduttori sono N e ho 2 cave allora i conduttori in una cava sono N/2.
Il fenomeno si ripete per ogni coppia di poli.
In questo modo è come se i conduttori fossero tutti concentrati sull’apertura della cava.
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Nella figura si può osservare che i conduttori occupano 2 cave all’andata e 2 al ritorno per ogni
fase.
La F(α) in questo caso risulta simile a quella concentrata ma stavolta invece di avere un punto di
applicazione ne ho 2 (rappresentati dal punto di apertura della cava).
La presenza delle cave produce una ondulazione di coppia, cioè resistenze che si oppongono al
moto del rotore, anche a motore non alimentato (cogging Torque).
Il problema nasce a causa della forma delle cave che essendo dritte possono andare a coincidere con
la linea divisoria fra N e S del magnete permanente posto sul rotore causando un “impuntamento”
dovuto al flusso tra N e S passante per il traferro.
Skewing
Un metodo per ovviare a questo problema, anche se i suoi effetti non sono di particolare rilevanza,
consiste nell’inclinare lo statore (o il rotore) di un passo/cava (Skewing) in modo da avere solo un
punto di intersezione fra cava e linea di divisione fra N e S del magnete invece di un intera linea.
Lo skewing nello statore è molto costoso perché necessita di un avvolgimento manuale che aumenta
i costi di produzione (questa operazione viene usata poco).
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Si cerca di applicare lo skewing nel rotore cercando di inclinare la linea di divisione fra N e S del
magnete (si tratta di un operazione molto laboriosa e costosa), si preferisce quindi, procedere a
blocchi: trasformando la linea inclinata di divisione del magnete in un linea spezzata. Il magnete
viene diviso in fette sfalsando sempre l’attaccatura del magnete rispetto alla fetta precedente
ottenendo quindi una linea divisoria fatta a gradini.
Operando con lo skewing si ottiene dal grafico F(α) un trapezio invece di un grafico a gradini, il
risultato ottenuto è indipendente dal numero delle cave polo/fase.
Siamo così riusciti ad ottenere con semplicità una F(α) trapezoidale.
Purtroppo l’ipotesi di radialità e di onda quadra per la Bm è impossibile da realizzare infatti nel
punto di contatto tra i due poli del magnete l’onda del campo magnetico tende a richiudersi.
Ne segue che il passaggio dal poloN al polo S non è netto, come dovrebbe essere per un’onda
quadra. In realtà si ottiene un grafico di Bm con questa forma:
L’arrotondamento è dovuto al fatto che l’induzione al traferro non è perfettamente radiale.
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L’effetto che si ottiene è che la derivata del flusso concatenato ha una forma trapezoidale con
spigoli arrotondati ciò produce ripple di coppia che è comunque inferiore a quello generato da una
forma di corrente non ideale.
9.3 Progetto sinusoidale
Riferendoci all’equazione (1) ora devo progettare la F(α) e Bm(ξ) per avere λm (θ) desiderato; non è
detto però che la scelta sinusoidale sia la migliore.
Entrambe le funzioni F(α) e Bm sono simmetriche e periodiche, possono essere quindi rappresentate
in serie di Fourier :
Ora prendo in esame solo la F(α) (stesse considerazioni anche per la Bm(ξ) ), per la simmetria di
semionda (funzione pari), è descritta da serie di fourier di soli coseni:
∑
n
Fh
cos(hα )
2
Distribuzione semionda positiva
La semionda negativa è sfalsata di π rispetto a quella positiva:
∑−
n
Fh
cos[h(α − π )]
2
La distribuzione F(α) sarà data dalla somma delle due semionde:
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F (α ) = ∑
n
Fh
[cos(hα ) − cos[h(α − π )]]
2
Usando le proprietà della differenza dei coseni ottengo:
cos(hα − hπ ) = cos[h(α − π )] = cos(hα ) cos(hπ ) + sin(hα ) sin(hπ )
dove sin(hα ) sin(hπ ) = 0 e quindi:
F (α ) = ∑
n
Fh
[cos(hα ) − cos(hα ) cos(hπ )] =
2
Dove per h pari
cos(hα ) − cos(hα ) cos(hπ ) = 0
infatti il cos(hα ) − cos(hα ) = 0
Per h dispari cos(hα ) − cos(hα ) cos(hπ ) = 2 cos(hα )
Quindi tutte le armoniche pari sono nulle:
F (α ) =
Fh
(2 cos(hα ) ) =
hdispari 2
∑
La serie di Fourier è descritta da soli coseni e la semionda positiva è uguale ed opposta alla
semionda negativa (solo armoniche dispari):
F (α ) =
∑F
h
cos(hα ) =
hdispari
Eseguendo le stesse operazioni sulla Bm ottengo questo risultato:
Bm (ξ ) =
∑B
m
cos(kξ )
kdispari
Vado ora a calcolare il flusso concatenato:
l’integrale esteso al periodo, o ad un suo multiplo, del prodotto di due armoniche differenti è nullo,
indipendentemente dal reciproco sfasamento.
π
π
π
−π
−π
−π
2 ∫ cos(hα ) cos(kα + ϕ )dα = ∫ cos[(h + k )α + ϕ ]dα + ∫ cos[(h − k )α − ϕ ]dα
se h ≠ k entrambi gli integrali sono nulli
se h = k il secondo integrale vale
2π cos(−ϕ ) = 2π cos(ϕ )
Riuscendo ad eliminare tutte le armoniche tranne la prima ottengo un andamento sinusoidale, per
far questo si devono eliminare le armoniche dispari.
Basta quindi eliminare un’armonica da F(α) o Bm(ξ) per eliminarla anche da λm (θ).
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Su Bm(ξ) si agisce giocando sull’ampiezza del vano tra i poli del magnete: un vano di 1/6 del passo
polare riduce la 5° e la 7° armonica.
La figura indica il vano raddrizzando l’arco del rotore:
Su F(α) si agisce spostando una parte dei conduttori di una fase sulle cave adiacenti, in questo
modo però nasce il problema di isolare elettricamente dei conduttori di fasi diverse nella stessa
cava.
Nella figura si fa riferimento ad una fase con due cave (2 per l’andata e 2 per il ritorno) invece di
avere tutti i conduttori di una fase nelle 2 cave (N/2 per ciascuna cava) togliamo 1/4 di N/2 per
ciascuna delle cave e lo avvolgiamo nelle cave adiacenti dove ci sono i conduttori delle altre fasi.
Nel controllo di tipo trapezoidale (come visto in precedenza), si utilizza l’avvolgimento con il
riempimento completo delle due cave in andata e ritorno, detto avvolgimento a PASSO INTERO.
Nel controllo di tipo sinusoidale invece, si riempiono le cave parzialmente e parte dei conduttori si
mettono nelle cave adiacenti (nelle proporzioni viste in precedenza), questo viene detto
avvolgimento a PASSO RACCORCIATO.
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Grazie a questa scelta si ottiene una F(α),che si avvicina molto a quella ideale.
La F(α) ideale, eliminando tutte le armoniche salvo che le terze, sarebbe:
Dato che non occorre eliminare le terze armoniche in λm (θ). ,in quanto non contribuiscono alla
generazione di coppia, infatti grazie alla connessione trifase a stella con neutro isolato si ottiene
che:
i1+i2+i3=0
3
T = ∑Ij
1
dλ mj
dθ
= i1
dλ1m
dλ
dλ
+ i 2 2 m + i3 3 m =
dθ
dθ
dθ
Per simmetria il λ1m(θ) cioè il flusso concatenato per la fase 1:
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2
3
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4
3
λ1m (θ ) = λ 2 m (θ − π ) = λ3m (θ − π )
Lo stesso flusso concatenato che ho quando, con la fase 2 sono sfalsato di
2
4
π e la fase 3 di π .
3
3
Calcolo ora il contributo alla coppia della 3°armonica:
2
3
4
3
λ1m 3° (θ ) = λ2 m 3° (θ − π ) = λ3m 3° (θ − π )
Per tutti i motori trifase vale questo risultato:
λ 1 m 3 ° = λ m 3 ° cos( 3θ )
2
3
λ2 m 3° = λm 3° cos(3(θ − π )) = λm 3° cos(3θ − 2π ) = λm 3° cos(3θ )
4
3
λ3m 3° = λm 3° cos(3(θ − π )) = λm 3° cos(3θ )
Le 3° armoniche sono omopolari, cioè sono in fase fra di loro e quindi calcolando la coppia che
producono ottengo:
T3° arm = i1
dλ1m 3°
dλ
dλ
+ i2 2 m 3° + i3 3m 3° =
dθ
dθ
dθ
− 3i1λ3m sen(3θ ) − 3i2 λ3m sen(3θ ) − 3i3λ3m sen(3θ ) =
− 3λ3m sen(3θ )(i1 + i2 + i3 ) = 0
Lo stesso risultato (T=0) si ha per tutte le armoniche multiple di 3 (quindi la 6°, la 9°…).
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Non dovendo quindi eliminare la 3° armonica per ottenere una coppia sinusoidale osservo che
sommando la prima e la terza armonica (di ampiezza pari ad un 1/6 della prima armonica)
N
otteniamo una forma d’onda pseudosinusoidale di valore massimo
(che è il massimo della
2
N
funzione di distribuzione). In questo modo la prima armonica ha un’ampiezza F1 =
, che è più
3
elevata di quella che avrei potuto ottenere.
2
= 11.5
Quindi attraverso la somma delle 2 armoniche (prima e terza) se N=20 otteniamo F1 =
3
N
invece di
= 1 0 risulta quindi un guadagno del 15% in più.
2
Lo stesso discorso di F(α) può essere fatto per Bm(ξ), la distribuzione di induzione al traferro:
La figura mette in evidenza la non idealità dell’andamento nel traferro dell’induzione.
Il valore massimo della 1° armonica è
Bm1 =
2 B0
3
Notiamo che si possiede ancora un guadagno del 15% .
Calcolo ora dall’equazione (1) la λm1 per le prime armoniche, dato:
F1 Bm1 =
2
NB0
3
π
2
2
λ m1 (θ ) = NB0 r ⋅ l ∫ cos α cos(α − θ )dα = πNB0 r ⋅ l cosθ
3
3
−π
e1 =
dλ m1
2π
ω=
r ⋅ l ⋅ N ⋅ B0 (−ω sen θ )
dθ
3
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Influenza sul flusso concatenato delle varie armoniche :
n armoniche
1°
3°
5°
7°
9°
11°
Effetti
Dà il contributo della coppia
Si somma alla 1°armonica per aumentare il guadagno ma non dà
contributo alla coppia per il collegamento trifase con neutro isolato
Viene eliminata dal vano tra i poli del magnete
Anche questa viene eliminata dal vano fra i poli
Eliminata dal collegamento trifase con neutro isolato
È il primo effettivo disturbo incontrato
Tutte le armoniche di ordine pari sono eliminate per ragioni di simmetria (la funzione è pari).
Fino ad ora abbiamo considerato solo una coppia polare (θ = θm), nel caso di più coppie polari, per
ogni giro meccanico possiamo avere più giri elettrici.
Normalmente i brushless vengono realizzati a 6 o 8 poli (3 o 4 coppie polari).
Nella figura si è raddrizzato il traferro e sono evidenziate le coppie polari.
Essendo N il numero totale di “spire per fase” , ed p il numero di coppie polari, nelle precedenti
equazioni cambiano i seguenti valori:
N
p
θ ⇒ pθ m
N⇒
Il nuovo angolo θ = pθ m si chiama angolo elettrico.
Dove θm è l’angolo meccanico.
2
N
⋅ Bo ) cos( pθ m ) = K cosθ
3
p
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λ m1 (θ ) = ( π ⋅ r ⋅ l ⋅
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Naturalmente per p = 1 ho lo stesso massimo che avevo in precedenza.
e1 =
dλ m1 (θ )
2
ω m = − π ⋅ r ⋅ l ⋅ N ⋅ Bo (ω m sin( pθ m ))
dθ m
3
Per il calcolo di e1 di fa sempre riferimento alla velocità meccanica.
Ricordiamo che la coppia del motore non dipende dal numero di coppie polari presenti sul rotore.
Considerando il flusso concatenato di tutte e tre le fasi (j = 1,2,3), trascurando le armoniche di
ordine 3 e facendo riferimento alle p coppie polari si ha:
Nella figura viene rappresentato il rotore con il magnete permanente, dove θ è la coordinata che
indica la posizione relativa del rotore rispetto allo statore.
L’avvolgimento 1 è rappresentato in figura in modo schematico, esprime semplicemente che lungo
l’asse dell’avvolgimento si ha la f.m.m massima.
Se p = 1: i tre avvolgimenti sono sfasati di 120° , mentre se p è diverso da 1 allora gli angoli
2
2
elettrici θ sono sfasati di π mentre gli angoli (meccanici) θm di
π.
3
3p
λm1 (θ ) = K cosθ
Per gli avvolgimenti 2 e 3 si possono fare le stesse considerazioni fatte per l’avvolgimento 1
considerando però che i due sono sfasati rispettivamente di 120° per il primo e 240° per il secondo .
⎡
λ m 2 (θ ) = K cos ⎢ p(θ m −
⎣
⎤
2
2
2
π )⎥ = K cos( pθ m − π ) = K cos(θ − π )
3p ⎦
3
3
facendo lo stesso calcolo ricavo:
4
3
λm 3 (θ ) = K cos(θ − π )
dove K e θ valgono:
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N
2
K = π ⋅ r ⋅ l ⋅ ⋅ B0
p
3
θ = pθ m
Queste espressioni sono valide per tutte le coppie polari perché fanno riferimento ad angoli elettrici.
Ricapitolando:
Motore Trapezoidale
− Bm circa uguale a un onda quadra
− F trapezoidale (passo intero)
dλ m
−
trapezoidale
dθ
Motore Sinusoidale
-
Bm con vano interpolare
F con passo raccorciato
dλ m
sinusoidale + 3° armonica
dθ
Non si possono controllare motore trapezoidali con azionamenti sinusoidali e viceversa perché si
otterrebbero dei ripple di coppia molto elevati.
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9.4 Auto e mutue induttanze nei motori Brushless.
Una corrente in una fase produce una f.m.m., la quale produrrà un flusso, il quale si concatena con
lo stesso avvolgimento (autoinduttanza) e con gli altri avvolgimenti (mutuainduttanza).
Nella figura di destra è rappresentata l’ampiezza della f.m.m. prodotta dall’avvolgimento lungo il
traferro, come si nota il valore massimo positivo e negativo si ha per α = 0 e π rispettivamente.
f.m.m = F (α ) I
9.4.1 Autoinduttanza di una fase
Analizziamo il flusso concatenato con un avvolgimento, prodotto dalla corrente che scorre nello
stesso.
Dato che f.m.m = F (α ) I , allora lungo il traferro si avrà:
F (α ) I = H (α )l traferro
Dove H(α) è l’intensità del campo magnetico nel traferro e ltraferro rappresenta la lunghezza del
traferro stesso.
H (α ) =
B(α )
μ0
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Dato che il traferro può essere considerato come la somma del traferro in aria più lo spessore del
magnete (la permeabilità del magnete è vicino μo simile cioè a quella d’aria): ltraferro è dato da lg+lm.
Allora la distribuzione d’induzione prodotta dall’avvolgimento stesso diventa:
B (α ) =
μ 0 F (α ) I
lg + lm
Come si vede la distribuzione d’induzione prodotta dall’avvolgimento non dipende dalla posizione
del rotore (non dipende da θ), infatti lo statore è fermo, e per un dato valore di I è proporzionale alla
F(α) dello stesso avvolgimento.
Utilizzando la formula (1) per calcolare il flusso concatenato:
π
λ = r ⋅ l ⋅ ∫ F (α ) B(α )dα =
−π
Sostituendo l’equazione di B(α) appena calcolata, e dividendo per I per trovare l’autoinduttanza, si
ottiene che dipende dalla distribuzione dei conduttori F(α):
r ⋅ l ⋅ μ0
L=
lg + lm
π
∫π F (α )
2
dα
−
Quindi dato che in generale si ha:
F (α ) = F1 cos( pα ) + F3 cos(3 pα ) + ...
Come visto nel caso del progetto sinusoidale l’ampiezza della prima armonica è:
F1 =
N 2
N
=
2p 3 p 3
Se nell’integrale dell’autoinduttanza si considera solo la 1° armonica, si ha:
π
2
∫ F1 (α ) dα = F1
2
−π
π
2
∫ cos ( pα )dα =
−π
πN 2
3p2
L’autoinduttanza risulta quindi:
r ⋅ l ⋅ μ 0 πN 2
L=
l g + l m 3p2
Se considero anche la 3° armonica, l’integrale diventa:
π
∫ F1 (α )dα =
−π
2
π
π
2
2
∫ F1 (α ) cos ( pα )dα + ∫ F1 (α ) cos (3 pα )dα = F1 (α )π + F3 π
2
−π
2
2
2
−π
L’autoinduttanza di una fase dipende dalle armoniche di F(α), ma Fk2 decade rapidamente, se
i1+i2+i3=0 le 3° armoniche non influiscono sul comportamento globale ,quindi non si commettono
grossi errori a considerare solo la 1°armonica.
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9.4.2 Mutua induttanza fra le fasi
In questo caso dobbiamo considerare il flusso prodotto da una fase che si concatena con un’altra
fase, per la simmetria esistente fra le tre fasi si può prendere in considerazione qualunque coppia di
fasi.
Come visto in precedenza la B(α) è proporzionale alla F(α) dello stesso avvolgimento. Gli
2π
avvolgimenti delle tre fasi sono sfasati di
. Il contributo alla mutuainduttanza, come per
3p
l’autoinduttanza, si può considerare limitato alla prima e terza armonica delle F(α) delle tre fasi, che
sono proporzionali alle espressioni della seguente tabella:
Fase
1
2
3
1° Armonica
∝ cos( pα )
2π
)]
3p
4π
∝ cos[ p(α −
)]
3p
∝ cos[ p(α −
3°Armonica
∝ cos(3 pα )
2π
)] = cos(3 pα − 2π ) = cos(3 pα )
3p
4π
∝ cos[3 p (α −
)] = cos(3 pα − 2π ) = cos(3 pα )
3p
∝ cos[3 p (α −
Le 1°armoniche sono sfasate di 120° elettrici.
Le 3°armoniche sono in fase (omopolari) e hanno lo stesso effetto su auto e mutua induttanza, non
le considero quindi perché, come vedremo, si elidono fra di loro.
Prendo in considerazione solo le 1° armoniche, l’integrale diventa:
π
∫ cos( pα ) cos[ p(α −
−π
π
π
2π
1
2π
1
2π
1
π
dα + ∫ cos
dα = − 2π = −
)]dα = ∫ cos(2 pα −
3p
2 −π
3
2 −π
3
4
2
La mutua induttanza è negativa e vale circa la metà (modulo) dell’induttanza.
Mentre il contributo della terza armonica è:
π
π
π
2π
cos(
3
)
cos[
3
(
p
α
p
α
−
)]
d
α
=
cos(
3
p
α
)
cos(
3
p
α
)
d
α
=
cos 2 (3 pα )dα =π
∫−π
∫
∫
3p
−π
−π
Che risulta uguale al contributo della 3° armonica dell’autoinduttanza.
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Il flusso totale sarà la somma di due contributi: λm, dovuto ai magneti permanenti, funzione di θ; e
quello dovuto all’auto e mutua induttanza.
Si può scrivere per le tre fasi (j = 1,2,3):
L Æ autoinduttanza
M Æ mutua induttanza
λ1m, λ2m, λ3m Æ flussi concatenati prodotti dai magneti per le 3 fasi.
⎧λ1 = Li1 + Mi2 + Mi3 + λ1m (θ )
⎪
⎨λ 2 = Mi1 + Li 2 + Mi3 + λ 2 m (θ )
⎪λ = Mi + Mi + Li + λ (θ )
1
2
3
3m
⎩ 3
Se il motore è connesso a stella senza neutro:
i1+i2+i3=0 allora: i2+i3= -i1 …, sostituendo nell’equazione precedente:
⎧λ1 = ( L − M )i1 + λ1m (θ )
⎪
⎨λ 2 = ( L − M )i2 + λ 2 m (θ )
⎪λ = ( L − M )i + λ (θ )
3
3m
⎩ 3
Si ricorda che per la 1° armonica :
M1 = −
L1
2
L1 − M 1 =
3L1
2
La terza armonica non dà contributo: M3 = L3
Si definisce induttanza equivalente:
Leq = L – M + Lσ
Lσ è l’induttanza di dispersione, non tutto il flusso prodotto da un avvolgimento infatti si concatena
con tutto l’avvolgimento, una piccola parte si disperde.
Nel caso sinusoidale si hanno praticamente solo le 1° armoniche, nel caso trapezoidale si avranno
anche le armoniche dispari diverse dalla 3°.
L’equazione diventa in forma matriciale:
[λ ] = Leq [i ] + [λ m ]
- [i ] = [i1 , i2 , i3 ]
t
- [λ ] = [λ1 , λ 2 , λ3 ]
t
- [λ m ] = [λ1m , λ 2 m , λ3m ]
t
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9.5 Espressione della coppia
Dopo quanto visto nel paragrafo precedente, possiamo verificare subito l’espressione della coppia.
Qui in figura, sono rappresentati i tre avvolgimenti collegati a stella, con Neutro isolato, dove i1, i2,
i3 sono le tre correnti di fase, e V1N,V2N,V3N sono le tensioni di fase.
Naturalmente, la tensione di un avvolgimento sarà data dalla somma della caduta resistiva, più la
derivata del flusso concatenato con l’avvolgimento rispetto al tempo, intendendo per flusso
concatenato quello “generale”, cioè, dovuto al flusso autoindotto, alla mutua induzione e prodotto
dai magneti permanenti. Risulterà quindi:
dλ 1
dt
dλ 2
V2N = Ri2 +
dt
dλ 3
V3N = Ri3 +
dt
V1N = Ri1 +
Se scriviamo le equazioni in forma matriciale, dove la matrice (o vettore colonna) [V] sarà data
dalle componenti V1N, V2N, V3N, la matrice [i] avrà come componenti le tre correnti, e la matrice
[ λ ] avrà come componenti i flussi, che abbiamo visto nell’equazione precedente.
Se andiamo a sostituire a λ il vettore visto nel paragrafo precedente ( [λ ] = Leq [i ] + [λ m ] ),
otteniamo:
[V] = R [i] + Leq
d [i ] d [ λ m ]
+
dt
dt
quindi la tensione ai capi di un avvolgimento è data dalla caduta sulla resistenza, dalla caduta
sull’induttanza equivalente, dalla derivata del flusso concatenato con l’avvolgimento prodotto dai
magneti. In pratica, abbiamo semplicemente sostituito il vettore [ λ ] e ne abbiamo fatto la derivata,
poi considerando Leq costante, abbiamo potuto portarla fuori dall’operatore derivata.
Quindi, il circuito equivalente è:
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dove abbiamo una resistenza R, un’induttanza equivalente Leq ed una forza contro elettromotrice e.
Naturalmente questo è definito per ogni avvolgimento.
Scrivendo l’equazione per ogni singola fase, si ha:
VjN = Rij + Leq
dij
+ ej
dt
dλjm
, e le mutue induttanze sono tenute in conto in Leq.
dt
Facciamo presente che abbiamo indicato ej come forza contro elettromotrice, ma questa è una
convenzione, in quanto potremmo attribuirle liberamente il significato di forza elettromotrice,
ricordandoci però di cambiare il segno “+” in “-“ nell’equazione.
dove la Fcem è data da ej =
Bilancio energetico
Se facciamo un bilancio energetico, facendo riferimento alla forma matriciale vista prima:
[V ] = R ⋅ [i ] + Leq
d [i ]
+ [e ]
dt
Premoltiplico per [i]t
[i ]t [V ] = [i]t R ⋅ [i ] + [i ]t Leq
d [i ]
+ [i ]t [e]
dt
dato che
[i ] t[V] = [i ] t R[i] + [i]t Leq
d [i ]
t
+ [i ] [e]
dt
il prodotto [i]t[V] è dato dalla somma dei prodotti delle correnti di avvolgimento per la rispettiva
tensione di base, cioè: i1V1N + i2V2N + i3V3N.
Questo termine, non è altro che la potenza elettrica assorbita da tutte e tre le fasi del nostro
avvolgimento, quindi, i termini a secondo membro dell’equazione matriciale, rappresentano i vari
contributi della potenza assorbita dal motore.
Quindi risulta che:
[i]t R[i] = R(i12 + i22 + i32)
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che è la somma delle potenze perse per effetto Joule in ogni avvolgimento.
[i ]t Leq
d [i ]
di
di ⎞
⎛ di
= Leq ⎜ i1 1 + i2 2 + i3 3 ⎟
dt
dt ⎠
dt
⎝ dt
Rappresenta la derivata dell’energia magnetica accumulata sull’induttanza equivalente, infatti:
W=
1
Leq (i1 2 + i22 + i32)
2
Se deriviamo rispetto al tempo, otteniamo la variazione di energia immagazzinata nell’induttanza
(vedi sopra).
Infine il termine:
[i ]t [e] = [i ]t
d [ λm ]
dt
rappresenta la potenza elettrica trasformata in meccanica (trascurando le perdite nel ferro).
Scomponendo la derivata del flusso concatenato, rispetto alla posizione angolare elettrica,
otteniamo:
[i ]t
d [ λm ]
d [ λm ]
= [i ]t
pω m
dθ
dt
dθ
, rappresenta la velocità angolare elettrica.
dt
Dividendo la potenza meccanica per la velocità angolare(meccanica), si ottiene la coppia:
d [ λm ]
T = p[i ]t
dθ
dove pω m =
Esplicitando i vari termini, otteniamo che la coppia è data da:
T = p (i1
dλ
dλ
dλ
dλ1m
+ i2 2 m + i3 3m ) = p ∑ i j jm
dθ
dθ
dθ
dθ
j
dove p rappresenta il numero di coppie polari.
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10 CONTROLLO DI MACCHINA dei BRUSHLESS
10.1 Controllo di tipo Trapezoidale
La macchina viene progettata in modo da avere la derivata del flusso concatenato trapezoidale, in
funzione della posizione del rotore ( θ ), per tutte e tre le fasi.
In figura è rappresentato il flusso prodotto dai magneti concatenato con la fase; e la derivata del
flusso concatenato rispetto a θ.
All’interno di un giro elettrico la derivata del flusso assumerà un massimo negativo ed un massimo
positivo, questi due valori vengono mantenuti per 120° elettrici, mentre la variazione da uno stato
all’altro impiega 60° elettrici.
Andando ad analizzare le derivate del flusso concatenato di tutte e tre le fasi del motore:
Dal grafico si nota che possiamo suddividere il giro elettrico in sei parti.
Per ogni parte abbiamo due derivate del flusso concatenato costanti e una variabile.
Se la corrente ha l’andamento ideale in funzione dell’angolo, come indicato in figura:
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Si ottiene una coppia indipendente dall’angolo θ in quanto la derivata di λjm è costante quando ij ≠
0.
Per questo occorre controllare le correnti in funzione dell’angolo, e quindi individuare le sei
posizioni angolari di commutazione.
Ho quindi bisogno di un sensore di posizione ad effetto hall che individui in quali delle sei zone si
trovi il rotore.
I sensori devono essere correlati ai punti di commutazione delle varie fasi, quindi è importante
l’operazione di allineamento.
Quest’operazione deve essere fatta una sola volta.
Nella figura si rappresenta l’andamento della corrente di una fase in funzione del tempo e della
posizione elettrica.
Il controllo modifica l’ampiezza delle correnti che influiscono sull’andamento della coppia T(t).
Per avere una coppia costante, l’andamento della corrente dovrà essere costante quando la derivata
del flusso concatenato sulla stessa fase è costante.
T = p∑ i j
j
dλ jm
dθ
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Il controllo di macchina di tipo trapezoidale è detto: Controllo scalare in quanto si individua e si
controlla una corrente equivalente rappresentativa della coppia.
In ognuno dei sei settori angolari , due correnti sono uguali e contrarie e la terza nulla (modalità
Two-Phase-On).
Se si vuole T costante, le correnti i1, i2, i3, quando non sono nulle, devono avere lo stesso valore.
Per non avere ripple di coppia dovrei riuscire a commutare le correnti in modo istantaneo, se per
esempio sono nel settore dove i1 = i3 ≠ 0 e i2 = 0 dovremmo riuscire a portare a zero i1 e
istantaneamente dovremmo portare i2 allo stesso valore di i3.
Per il funzionamento “Two-phase-on”, ciascuna corrente non nulla può rappresentare la ieq presa
con il segno opportuno a seconda del “sesto angolare” in cui ci si trova.
In questo caso il funzionamento è praticamente coincidente con un motore in C.C.
Ad esempio, prendendo in esame uno dei sei settori angolari con queste caratteristiche:
i2 = 0
Per il collegamento a stella con neutro isolato i1 + i2 + i3 = 0 ottengo:
i1 = -i3
dλ ⎞
⎛ dλ
T = p⎜ i1 1m + i3 3m ⎟
dθ ⎠
⎝ dθ
raccogliendo:
dλ ⎞
⎛ dλ
T = pi1 ⎜ 1m − 3m ⎟
dθ ⎠
⎝ dθ
con p = numero di coppie polari.
Le due derivate possono avere solo 2 valori : massimo positivo (K) o massimo negativo (-K).
Per avere coppia positiva
dλ1m
=K
dθ
dλ3m
= −K
dθ
con questi valori la coppia vale:
T = 2 pi1K
Che è molto simile all’equazione di coppia del motore in C.C. :
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T = KT i1 (t )
dove Kt=2pK. Durante questo periodo, il motore Brushless trapezoidale si comporta come un
motore in corrente continua equivalente.
Infatti, se andiamo a rappresentare il circuito equivalente dei motori Brushless, risulterà:
La fase 2 ovviamente non la rappresentiamo, in quanto la corrente che la attraversa è nulla (questo
nel caso dell’esempio), questo circuito è equivalente al seguente:
Dove si ha:
va = v1 − v3
Ra = 2 R
La = 2 Leq
ea = e1 − e3
In realtà la situazione è più complessa di quel che sembra, infatti quanto visto finora vale solo nel
caso in cui due correnti sono diverse da zero ed una è nulla.
Se andiamo ad analizzare gli intervalli di commutazione delle correnti:
Teoricamente dovrebbero essere istantanei, per avere un controllo ideale, ma nella realtà ogni
avvolgimento è un’induttanza, che “frena” la corrente.
Quindi per ottenere intervalli di commutazione istantanei dovremmo applicare tensioni molto
elevate.
Più è elevata la tensione che ho a disposizione, più velocemente riesco a far variare le correnti,
anche se la commutazione istantanea rimane un concetto ideale.
Quindi graficamente:
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La figura di destra è ottenuta “zoomando” la zona cerchiata della figura di sinistra.
La corrente i1 è costante durante il periodo di commutazione (finito) delle due correnti.
Questo tipo di funzionamento, in cui tutte e tre le correnti sono diverse da zero, viene chiamato
Three-phase-on.
Questo, ovviamente, è il punto critico dei Brushless di tipo trapezoidale, perchè si deve fare in
modo che la coppia erogata dal motore, durante il periodo di commutazione delle due correnti, sia
costante.
In pratica devo cercare di mantenere la corrente i1 (che sarà rappresentativa della coppia) costante, e
a tal fine le derivate delle correnti i2 e i3 devono essere uguali ed opposte.
Quindi, se vogliamo che i1 sia costante, allora dovremo avere che:
di1
=0
dt
Ora, dalla relazione di i1 + i2 + i3 =0 (grazie al collegamento a stella con Neutro isolato), derivando,
la somma delle derivate sarà nulla, quindi:
di1 di2 di3
+
+
=0
dt dt
dt
Siccome voglio che la derivata di i1 sia nulla, ne deriva che:
di2
di
=− 3
dt
dt
Dato che la somma delle tre correnti deve essere sempre uguale a zero, se i1 è costante, per la stessa
quantità con cui i3 decresce, i2 deve crescere.
Questa è la condizione che ci garantisce di mantenere la coppia costante nell’intervallo, e vedremo
che non sempre è possibile mantenere questa condizione.
Andiamo ora a considerare le correnti assieme alle rispettive derivate dei flussi concatenati.
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In figura sono state disegnate dello stesso colore, le correnti e le derivate dei flussi concatenati che
fanno riferimento alla stessa fase.
Se andiamo ad analizzare l’intervallo di commutazione, vediamo che la corrente i1 è costante e le
derivate di i2 e i3 sono uguali ed opposte. Come vediamo, la derivata del flusso concatenato con lo
stesso avvolgimento in questo intervallo ha il medesimo segno della corrente, perché supponiamo di
volere la coppia positiva.
Il punto preso in considerazione, è il punto di fine commutazione della derivata di flusso relativa
alla fase 3 ed inizio della commutazione della derivata del flusso concatenato con la fase 2.
Quando arriviamo a questo punto, finisce l’intervallo in cui la derivata del flusso concatenato con
l’avvolgimento 3 varia, quindi la corrente i3 che in quell’intervallo era nulla, dovrà variare, perché
prenderà il posto di i2.
Rilevando questo punto grazie a dei sensori ad effetto di Hall riusciamo a stabilire l’istante esatto
nel quale occorre annullare la corrente i2 e portare a regime la corrente i3, in modo tale che nella
fase successiva la derivata del flusso concatenato con la fase 2 cominci a variare.
Bisogna fare una considerazione: normalmente il periodo di variazione delle correnti, cioè il tempo
in cui le correnti vanno da 0 a valore di regime e viceversa, è piccolo rispetto alle variazioni del
flusso concatenato. Consideriamo che nell’intervallo in cui le correnti variano, le derivate del flusso
concatenato rimangono pressoché costanti.
In realtà, nella figura precedente, è stato fatto un confronto non proprio corretto: le correnti sono
funzioni del tempo, mentre le derivate del flusso sono in funzione dell’angolo θ.
Naturalmente, introducendo la velocità angolare, creiamo un legame tra il tempo e la velocità
angolare.
L’approssimazione che è stata fatta: che il tempo di commutazione delle correnti sia trascurabile
rispetto ai tempi delle variazioni delle derivate dei flussi concatenati, è sicuramente vera per basse
velocità.
Supponendo valida questa ipotesi, possiamo dire che:
dλ1m
=K
dθ
dλ 2 m
≈ −K
dθ
dλ3m
= −K
dθ
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Notiamo che la derivata del flusso concatenato con la fase 2, in questo intervallo, non è costante.
Supponendo che questa variazione sia molto lenta allora si può considerare costante (–K).
A questo punto possiamo dire che la coppia può essere approssimata con questa formula:
T ≅ p(i1K − i2 K − i3 K )
Ora, considerando sempre la solita ipotesi di collegamento a stella con Neutro isolato, abbiamo:
− i2 − i3 = i1
sostituendo otteniamo la stessa relazione vista in precedenza:
T (t ) = 2 pKi1 (t )
quindi l’equazione di coppia totale anche in condizione di funzionamento Three-phase-on è
coincidente con quella Two phase on, dove i1(t) è la corrente equivalente che supponiamo rimanga
costante durante l’intervallo.
Quindi, durante tutto il funzionamento del two-phase-on e Three-phase-on, a condizione che le
derivate delle correnti che variano siano uguali ed opposte, nel Brushless riusciamo ad ottenere una
coppia proporzionale alla corrente equivalente.
Vi sono diversi modi per effettuare il controllo del Brushless trapezoidale, e noi qui ne vedremo
uno, per cercare di capire le problematiche collegate.
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10.1.1 Controllo semplificato (unipolare)
Vediamo lo schema generale di controllo:
In ingresso avremmo un set-point di coppia, e dividendolo per il termine 2pk otteniamo il Set-Point
di corrente equivalente (vedi legame corrente-coppia).
Attraverso una logica generiamo la sequenza delle tre forme d’onda ideali da assegnare ai tre
avvolgimenti, questo naturalmente in funzione di un segnale di controllo (S) che è il segnale del
sensore ad effetto Hall.
Queste tre correnti arrivano al Driver attraverso una catena di regolatori proporzionali e integrali.
sempre considerando la relazione tipica del collegamento a Stella con Neutro isolato.
Si dovrà fare in modo che il motore segua i tre Set-Point di corrente, di modo da ottenere la coppia
voluta.
Tra i regolatori ed il motore avremo un PONTE TRIFASE che è uguale a quello per i motori in
C.C. solo che invece di avere 2 semiponti ne ha 3.
In pratica vogliamo controllare la commutazione delle correnti.
Quindi in questo caso, consideriamo la corrente i3 costante, mentre la i1 si annulla e la i2 va a
regime.
Essendo un controllo semplificato unipolare dobbiamo controllare una fase alla volta..
In pratica, andiamo a considerare la commutazione: 13’ → 23’, dove la fase 3 rimane in
conduzione, mentre la fase 1 si apre e la fase 2 si chiude.
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Facciamo riferimento alla struttura dell’amplificatore di potenza semplificato riferito alla
commutazione che vogliamo considerare:
La corrente i3 resta costante (è disegnata con un collegamento continuo) mentre le altre due correnti
variano (interruttori), il nostro controllo è basato esclusivamente su i3, regoliamo la tensione V30 , in
modo da mantenere i3 costante.
V10 = −Vs
V20 = Vs
V30 = regolazione
per questo viene chiamato controllo unipolare, perchè regolo solo una tensione: V30.
Regolando V30 devo fare in modo che la corrente i3 sia costante e quindi la coppia erogata dal mio
motore deve essere anch’essa costante.
Qui in figura, sono state rappresentate le f.c.e.m., che non sono altro che le derivate dei flussi
concatenati di ogni fase, per la velocità angolare:
quindi a velocità angolare costante, le f.c.e.m. avranno lo stesso andamento dei flussi concatenati.
Cambierà soltanto il valore, infatti:
e1 =
dλ1m
ω
dθ
Il valore della derivata, sarà costante, e potrà essere positivo o negativo (K o –K).
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In figura facciamo riferimento a:
E = Kω
Mantenere la corrente i3 costante durante la commutazione, equivale ad imporre la condizione:
di3
=0
dt
e quindi, sempre per l’ipotesi di collegamento a Stella con Neutro isolato, equivale a:
di1
di
=− 2
dt
dt
Nel caso in cui non riesco a mantenere
di3
=0
dt
di3
⎛ di di ⎞
= −⎜ 1 + 2 ⎟
dt
⎝ dt dt ⎠
otteniamo due casi possibili:
1. Se
di1
di
di
f − 2 ⇒ 3 p 0 quindi la coppia T tende a calare.
dt
dt
dt
2. Se
di1
di
di
p − 2 ⇒ 3 f 0 quindi la coppia T tende a crescere.
dt
dt
dt
Queste variazioni di coppia T non sono volute, quindi, per evitarle devo fare in modo che sia
verificata la relazione:
di1
di
=− 2
dt
dt
Andiamo ad analizzare il circuito a stella.
Se consideriamo la solita relazione che lega le correnti: i1 + i2 + i3 = 0 abbiamo che le tre fasi non
sono indipendenti, quindi possono essere descritte con 2 equazioni:
V13 = V1 − V3 = Leq
= Leq
di1
di
− e1 − e3 − Leq 3 =
dt
dt
di1
d (i + i )
+ e13 + Leq 1 2 =
dt
dt
= 2 Leq
di1
di
+ Leq 2 + e13
dt
dt
Stessa cosa per V23:
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Convertitori di potenza
V23 = 2 Leq
174
di2
di
+ Leq 1 + e23
dt
dt
Le incognite sono le derivate delle correnti i1 ed i2 rispetto al tempo, quindi esplicitando otteniamo:
2
di2 di1 V23 − e23
+
=
dt dt
Leq
di2
di V − e
+ 2 1 = 13 13
dt
dt
Leq
dalle quali ricaviamo le derivate:
di2
V −e
V −e
= 2 23 23 − 13 13 =
dt
3Leq
3Leq
=
=
2V23 − 2e23 − V13 + e13
=
3Leq
(2V23 − V13 ) − (2e23 − e13 )
3Leq
facciamo la stessa cosa per la derivata rispetto ad i1 :
di1 (2V13 − V23 ) − (2e13 − e23 )
=
dt
3Leq
Nell’ipotesi della commutazione considerata, si ha:
V13 = V10 − V30 = −Vs − V30
V23 = V20 − V30 = Vs − V30
e13 = e1 − e3 = E − (− E ) = 2 E
e23 = e2 − e3 = E − (− E ) = 2 E
andando a sostituire, cioè osservando le derivate nell’intervallo di commutazione (phase-on):
di1 − 2Vs − 2V30 − Vs + V30 − 4 E + 2 E − 3VS − V30 − 2 E
=
=
dt
3Leq
3Leq
di2 2VS − 2V30 + VS + V30 − 4 E + 2 E 3VS − V30 − 2 E
=
=
dt
3Leq
3Leq
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175
Abbiamo trovato le equazioni che descrivono le derivate delle due correnti in funzione di V30
(tensione di regolazione).
di
di
Scrivendo l’uguaglianza 1 = − 2 , vediamo sotto quali condizioni riusciamo a verificarla:
dt
dt
− 3VS − V30 = 2 E = −3VS + V30 + 2 E
quindi risulta:
V30 = −2 E
Ecco verificato per quali valori della tensione di regolazione riesco a mantenere la coppia costante.
Dato che − VS p V30 p VS per la scelta del nostro amplificatore, allora:
−
VS
V
pEp S
2
2
Quindi, se la E (Fem) si mantiene entro i valori indicati da quest’ultima disuguaglianza, allora
riusciamo a mantenere la coppia T costante
.
Dato E=Kω, per velocità basse la condizione è soddisfatta, mentre per alte velocità non riesco più a
mantenere la coppia costante.
Di conseguenza, concludiamo dicendo che nel motore trapezoidale non si ha ripple di coppia a
basse velocità.
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