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giornalino dell’
Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”
2009
La luce zodiacale (polvere e materiale interplanetario sul piano dell’eclittica che riflette e diffonde la luce solare)
ripresa poco prima dell’alba da Passo Falzarego pochi giorni dopo l’equinozio d’autunno, uno dei momenti più propizi
per fotografarla e osservarla. L’oggetto luminoso in basso è Venere mentre la montagna che spicca è il Sorapis.
Foto Claudio Pra
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SOMMARIO
EDITORIALE di Claudio Pra pag. 3
99942 APOPHIS, IL DISTRUTTORE intervista di Claudio Pra pag. 4
L’asteroide salito agli onori delle cronache colpirà la Terra o si limiterà a sfiorarla? Una cosa è certa: lo
vedremo a occhio nudo!
LE TECNOLOGIE PIOVUTE DALLO SPAZIO di Tomaso Avoscan pag. 6
Le ripercussioni delle missioni spaziali sulla vita di tutti i giorni
PASO DOBLE EN EL CIELO di Alvise Tomaselli pag. 8
Le stelle solitarie sono un eccezione. Osservare per credere…
INQUINAMENTO LUMINOSO: SE LO CONOSCI LO EVITI di Leopoldo Dalla Gassa pag. 14
Come “spegnere” le stelle sperperando un sacco di soldi
L’ASTROFILO FANTOZZI di Vittorio De Nardin pag. 16
Quando il cielo “tradisce” i suoi cultori
CRUCIVERBA CELESTE pag. 18
Tra gioco e conoscenza
LO SPAZIO... DEL SORRISO di Claudio Pra pag. 18
Per non prendere la nostra passione troppo sul serio
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE pag. 19
Anno ricco di attività e impegni come non mai
IL PROGRAMMA DI RICERCA DI SUPERNOVAE EXTRAGALATTICHE CROSS di Alessandro
Dimai pag. 20
Cacciatori di “botti” cosmici
IL VIAGGIO SENZA RITORNO articolo adattato da Tomaso Avoscan pag. 23
Il sacrificio della cagnetta Laika
GEGENSHEIN, IL FANTASMA DEL CIELO di Claudio Pra pag. 25
Ghosbuster sotto il cielo del Passo Giau
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI pag. 26
Conosciamo un altro Associato
Per contattare il responsabile del giornalino
Claudio Pra:
Sito internet dell’Associazione:
www.cielidolomitici.it
e-mail : [email protected]
e-mail
[email protected]
Telefono: 0437/523186
Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22
32020 Rocca Pietore (Bl)
WEBMASTER Andrea Cibien
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EDITORIALE di Claudio Pra
“La vostra attività ha promosso la conoscenza dell’astronomia e dei fenomeni celesti nell’Agordino ed
oltre i confini geografici del territorio anticipando le proposte divulgative dell’ONU che ha proclamato
l’anno 2009 “Anno Internazionale dell’Astronomia”.
Queste le motivazioni che hanno portato al conferimento a “Cieli Dolomitici” del premio del Circolo Culturale
Agordino per la diffusione della cultura nella Vallata Agordina, giunto quest’anno alla dodicesima edizione. Un
risultato importante che premia sei anni di costante impegno e ci stimola a continuare nella nostra “missione”.
2009 Anno Internazionale dell’Astronomia: ecco come la quasi totalità dei mezzi di informazione ha
partecipato all’avvenimento:
Ariete: sfonderete in qualsiasi campo
Toro: eliminate una persona che vi sta sulle corna
Gemelli: date di voi una doppia immagine
Cancro: rischiate di prendere un bel granchio
Leone: tornerete a ruggire
Vergine: evitate incontri con il segno dell’Ariete
Bilancia: non usate due pesi e due misure
Scorpione: vi divertite a punzecchiare
Sagittario: mettete la freccia, è ora di svoltare
Capricorno: discussioni con il partner. Non fatene una questione di lana caprina
Acquario: vi sentite soli. Acquistate un pesce rosso
Pesci: alcuni sfoghi potrebbero nuocervi. Acqua in bocca
Un sentito grazie dai figli di Voyager, dell’Area 51, del “Non siamo mai stati sulla Luna” e delle “piramidi
fatte costruire dagli alieni”.
E tu Galileo, se puoi perdonaci…
Infine, cosa importantissima, qualcosa che ci fa sperare in un futuro stellato migliore. Ad agosto è stata
approvata in Veneto una nuova legge regionale: la Legge Regionale 7 agosto 2009, n. 17 (BUR n. 65/2009)
per il contenimento dell’inquinamento luminoso, il risparmio energetico nell’ illuminazione per esterni e
per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta dagli osservatori astronomici. Ora finalmente c’è quindi
una più efficace normativa contro l’illuminare eccessivo e selvaggio. Basterà? Di certo aiuterà, pur se è anche
nostro compito continuare nel lavoro paziente, oscuro e poco “apprezzato” di divulgazione e vigilanza sul
tema. L’inquinamento luminoso non è considerato un grande problema dai più. Addirittura molti non lo
considerano neppure un problema e altri non sanno nemmeno cosa sia (tra questi molti amministratori che
magari hanno a che fare con l’illuminazione). In questo contesto, pur in presenza della nuova benedetta legge,
è d’obbligo essere realisti e non cantare vittoria ma continuare ad agire perché altrimenti potremo disilluderci
fra non molto tempo ritrovandoci davanti ai telescopi ad osservare la Luna e poco più perché il cielo notturno
illuminato a giorno non propone altro.
TESSERAMENTO 2010
PUNTI TESSERAMENTO ALL’ASSOCIAZIONE
PAKY COMPUTERS VIA ROMA 4 CENCENIGHE
TIPOGRAFIA “PANFILO CASTALDI” VIA GARIBALDI 28 AGORDO
COOPERATIVA CONSUMO DI FALCADE PIAZZA DEL MERCATO 9/A FALCADE
MARKET DA TOTA CORSO VENETO 33/A CAPRILE
MUNICIPIO S. TOMASO
QUOTE 2009
SOCIO ORDINARIO 25,00 €
SOCIO SOSTENITORE DA 30,00 €
SOCIO STUDENTE FINO A 16 ANNI 10,00 €
SOCIO STUDENTE OLTRE I 16 ANNI 15,00 €
PER TOCCARE IL CIELO
CON UN DITO
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99942 APOPHIS, “IL DISTRUTTORE”
intervista di Claudio Pra
Ricordate un film di qualche tempo fa con
protagonista principale Bruce Willis intitolato
Armageddon? Narrava di un enorme
asteroide in rotta di collisione con la Terra
che avrebbe distrutto ogni forma di vita e di
una missione umana per fermarne la folle
corsa. Il “film” di cui vogliamo parlare in
queste righe però, un film reale, si chiama
Apophis (dal nome greco del dio dell'Antico
Egitto Apòfi, detto "Il Distruttore") ed è un
asteroide che da qualche anno sta catturando
l’attenzione degli astronomi di tutto il mondo.
Scoperto il 19 giugno 2004 dal Kitt Peack
National Observatory in Arizona, Apophis fu
ritenuto, dopo le prime osservazioni,
pericolosissimo per il nostro pianeta tanto da elevarlo a livello 4 su 10 della Scala Torino, un metodo di
classificazione del pericolo di impatto con corpi provenienti dallo spazio, un valore mai raggiunto
precedentemente da nessun oggetto valutato su tale scala. Successivamente nuove osservazioni hanno permesso
di ridurre drasticamente le possibilità di un impatto che rimane comunque possibile. Di Apophis abbiamo
parlato con Aldo Vitagliano, collaboratore del mensile astronomico Coelum e già nostro ospite in un
precedente numero oltre che relatore di una interessantissima conferenza da noi proposta a Caviola ad agosto di
quest’anno proprio su questi temi.
Apophis rientra tra gli OGGETTI catalogati come NEO, acronimo di Near Earth Object, ovvero oggetti che
passano in prossimità della Terra. Cosa sono i Neo?
I NEO sono asteroidi o più raramente comete, quindi dei grossi massi magari grandi quanto una
montagna, che hanno un orbita che li porta ad avvicinarsi molto alla Terra. Al momento ne sono stati
catalogati circa seimila ma di questi soltanto di un migliaio si conosce l’orbita con buona precisione. Di
questo migliaio meno di quattrocento hanno un diametro stimato superiore al chilometro e solo una
ventina un diametro stimato attorno ai cinque chilometri.
Sono oggetti da tenere d’occhio quindi?
Certamente. Infatti soprattutto negli ultimi 10-20 anni c’è un monitoraggio continuo del cielo grazie a
“survey” automatiche che ha lo scopo di tenere sotto controllo gli oggetti conosciuti e cercare di
scoprirne di nuovi.
Veniamo al NEO per eccellenza di questi ultimi anni ovvero ad Apophis, corpo ritenuto a potenziale rischio di
impatto con la Terra nel 2036. Prima di allora ci saranno altri passaggi ravvicinati e come influiranno sull’
orbita futura dell’asteroide?
L’avvicinamento maggiore avverrà nel 2029 quando Apophis passerà a soli 32.000 chilometri dalla
superficie terrestre con un margine di incertezza di mille chilometri in più o in meno. Questo passaggio
ravvicinatissimo influirà moltissimo sulla sua orbita futura che cambierà completamente a causa della
gravità terrestre. Pensate che in questo momento il periodo di rivoluzione dell’asteroide è di 323 giorni
ma dopo il passaggio del 2029 salirà a 400 giorni. Come dire che il suo anno aumenterà di quasi 100
giorni. Ma la cosa che a noi interessa è la distanza precisa alla quale passerà nel 2029, che si ripercuoterà
sulla sua orbita futura perché se passa più vicino della distanza stimata riceve una spinta più forte e il
suo periodo si allunga di più, mentre se passa più lontano riceve una spinta più debole e il suo periodo si
allunga di meno. Il fatto che passi un po’ più vicino o un po’ più lontano è di conseguenza determinante
per un eventuale futuro impatto con il nostro pianeta. Esiste una “feritoia” di poco più di 2 chilometri
che, se per scalogna nera venisse centrata nel 2029, darebbe ad Apophis la spinta giusta che nel 2036 lo
farebbe cadere sulla Terra. Fortunatamente questo è un evento molto poco probabile: le probabilità che
si verifichi sono stimate oggi una su quarantacinquemila (*).
32.000 chilometri di distanza significa che Apophis passerà nel 2029 a una distanza inferiore ai satelliti
geostazionari. Si conoscono passaggi di asteroidi più ravvicinati, a parte naturalmente quelli che hanno colpito
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In tempi recenti nessun oggetto di dimensioni paragonabili è mai passato così vicino, né fra quelli
conosciuti ne passerà uno prima del 2029. Naturalmente potrebbe succedere che qualcuno non
conosciuto si avvicini di più. Per dire, Apophis è stato scoperto nel 2004 mentre passava a 14 milioni di
chilometri dalla Terra ma ad esempio nel 1998 e prima ancora, nel 1990, era passato più vicino e nessuno
se ne era accorto.
Che dimensioni ha Apophis e che danni può provocare in caso di impatto con la Terra?
Gli studi più recenti parlano di un diametro di 270 metri con un’incertezza di una sessantina di metri.
Per i danni che può arrecare, dipende naturalmente da dove cade. Cadesse su una città come New York
sarebbe un apocalisse. Nel Pacifico meridionale potrebbe provocare al massimo uno tsunami in
Antartide. Cadesse comunque nell’oceano l’effetto potrebbe essere paragonabile al doppio dello tsunami
dell’Indonesia nel 2004. Diciamo comunque che l’impatto equivarrebbe all’energia liberata da due a
dieci bombe da 100 megatoni fatte esplodere dai sovietici negli anni sessanta durante gli esperimenti
nucleari.
E’ vero che nel passaggio ravvicinatissimo del 2029 Apophis sarà visibile ad occhio nudo?
Certamente! Raggiungerà la terza magnitudine e quindi risulterà facilmente visibile tra l’altro a un
orario molto comodo, tra le 22 e le 24 (ora civile) del 13 aprile nelle costellazioni del Leone, Cancro e
Gemelli.
Nel malaugurato caso ci accorgessimo che l’impatto è inevitabile si può ricorrere a qualche rimedio per
scongiurarlo?
Nel caso si dovesse accertare che nel 2029 è destinato a passare proprio nella stretta feritoia che lo
“collimerebbe” all’impatto con la Terra sette anni dopo, il tipo di intervento che pare oggi più
conveniente è una missione spaziale del tipo “Deep Impact”, mirata a colpirlo con un proiettile del peso
di qualche tonnellata alla velocità di una decina di km/s. Se un intervento del genere potesse essere
realizzato alcuni anni prima dell’incontro del 2029, il pur piccolo impulso trasferito all’asteroide avrebbe
come conseguenza di variare di qualche decina di km il punto di massimo avvicinamento alla Terra del
2029, spostandolo così fuori dalla feritoia pericolosa. Al momento l’aspetto più delicato e incerto della
questione è la possibilità di ottenere con molti anni di anticipo (al massimo entro il 2021) una previsione
sulle condizioni dell’incontro che sia accurata a meno di poche centinaia di metri, onde non correre il
rischio che l’intervento, anziché spingere l’asteroide fuori dalla feritoia, ce lo faccia cascare dentro …
Quando potremo avere qualche notizia ulteriore sugli sviluppi della situazione?
A partire dal 2012. Successivamente, nel gennaio del 2013, l’asteroide passerà a 14 milioni e mezzo di
chilometri da noi e in quell’occasione verranno eseguite molte misurazioni ottiche e soprattutto radar,
molto più precise, e questo dovrebbe consentire di definire la traiettoria futura con un’incertezza molto
minore e magari di riuscire già ad escludere un rischio di impatto per il 2036.
Vorrei concludere con quella che potrebbe essere un anteprima, visto che non l’ ho letta da nessuna altra
parte: pur non sapendo ad oggi se Apophis impatterà con la Terra, studiando il problema mi sono
accorto che nel caso ci colpisse, già ad oggi possiamo sapere quando l’impatto avverrà e quale sarebbe la
direzione di provenienza dell’asteroide. Apophis ci colpirebbe il 13 aprile fra le 8.45 e le 9.00 del mattino
(T.U. ovvero ora di Greenwich) e la sua direzione di provenienza sarebbe quasi esattamente opposta al
Sole. Questo ci dice che l’impatto avrebbe luogo nell’emisfero al buio, mentre in Italia a quell’ora del
mattino (sarebbero le 10.45 ora legale estiva) siamo in piena luce. Quindi ove mai avvenisse, ciò
succederebbe un bel po’ al di là dello stretto di Gibilterra e quindi a distanza di sicurezza da noi.
Speriamo però che al sicuro ci sia il pianeta intero e che tutto si limiti alla rarissima e grandiosa osservazione di
un asteroide che la sera del 13 aprile 2029 solcherà i cieli rendendosi facilmente visibile a occhio nudo. Non
prendete impegni…
(*) Dopo l’effettuazione dell’intervista, Vitagliano ci ha aggiornati con gli ultimi dati frutto di una serie di circa
400 nuove osservazioni molto precise, effettuate soprattutto dal telescopio di Mauna Kea ed estese dal
settembre 2006 al gennaio 2008, che sono state rese pubbliche il 7/10/2009. Queste hanno consentito un
raffinamento dei parametri orbitali dell'asteroide, con riduzione del margine di incertezza sulla distanza di
massimo avvicinamento prevista per il 13 aprile 2029 (distanza che rimane di 38000 km dal centro della Terra).
Per conseguenza la stima della probabilità di impatto nel 2036 si riduce di circa cinque volte, passando a
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LE TECNOLOGIE PIOVUTE DAL CIELO di Tomaso Avoscan
Se non fosse stato per le imprese spaziali, soprattutto quella che portò alla conquista della Luna,
molte delle invenzioni alle quali oggi quasi non facciamo più caso nella vita quotidiana non sarebbero
esistite o sarebbero comparse molti anni dopo.
Le tecnologie nate per lo spazio hanno avuto una “ricaduta” nel settore civile con circa tremila
applicazioni che hanno reso mediamente alle industrie 4-5 volte l’originale investimento in denaro.
Il settore spaziale richiede tecnologie sofisticatissime anche per operazioni apparentemente banali;
tecnologie che per la messa a punto richiedono stanziamenti molto ingenti che però non sono fini a
se stessi.
Ma è proprio per quanto riguarda la vita di tutti i giorni che ci sono delle invenzioni che sono state
ottenute grazie alle missioni Apollo: una che si cita spesso è quella relativa ai pannolini per bambini.
Gli astronauti erano costretti a rimanere nella rampa di lancio per una serie di ore e poi erano lanciati
nello spazio. Erano nella posizione fetale nel seggiolino della capsula Apollo per molte ore. Avendo
la tuta pressurizzata non era possibile, come dire…. andare in bagno. Allora fu inventato questo
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in orbita 400 km. circa sopra le nostre teste
sistema del pannolino che viene usato ancora oggi e che poi ha avuto una ricaduta molto importante
nella vita di tutti i giorni. In realtà lo spazio permea la nostra vita. Se per un giorno spegnessimo tutto
ciò che ci arriva dallo spazio avremmo problemi sulla meteorologia, sui telefonini, sulla televisione
satellitare, non funzionerebbero i navigatori, non vedremmo la partita di calcio.
Il velcro ad esempio è stato inventato dalla tecnologia spaziale. Forse sarebbe stato inventato lo
stesso, ma magari l’invenzione sarebbe arrivata successivamente, in un altro momento. Oggi usiamo
molto spesso il velcro nella nostra vita (un quadrato di 12 cm di lato può resistere a 1 tonnellata di
peso !) .
Un altro settore che più si è giovato degli enormi investimenti spaziali è quello della sanità, nel quale
sono state riversate tecnologie per la diagnosi, la cura, il controllo dello stato fisico e per la produzio6
ne di farmaci purissimi a buon mercato.
Ecco alcuni esempi: in campo medico le attrezzature di monitoraggio dei pazienti usate oggi
comunemente nei reparti di terapia intensiva, nelle nursery o in generale per tenere sotto controllo le
condizioni degli ammalati, sono il frutto delle tecniche sviluppate per controllare lo stato psicofisico
degli astronauti durante il volo. L’unità scaldavivande progettata dalla 3M per l’equipaggio dell’Apollo
è a sua volta servita come base per la realizzazione dei sistemi elettrici di riscaldamento del cibo
usati negli ospedali.
Sulla stazione spaziale gli astronauti rimangono per lungo tempo in condizioni di assenza di peso. Si
verificano per loro delle situazioni a livello fisiologico che ricalcano esattamente la situazione a terra
dell’invecchiamento quando l’anzianità scatena il meccanismo tipico dell’osteoporosi. L’osteoporosi
si verifica identica nello spazio, con la stessa procedura ma con un tempo molto più rapido. Solo che
però quella dello spazio è reversibile. Se noi riusciamo da un lato a trovare delle contromisure per gli
astronauti e dall’altro a capire questo meccanismo per cui la loro perdita di calcio è reversibile,
questo ci aiuterà a risolvere uno dei più grossi problemi di salute della popolazione moderna,
soprattutto dei paesi occidentali.
Grazie alla jeep lunare è stato possibile migliorare un aspetto della vita dei disabili: tutti i movimenti
del “fuoristrada” che condusse gli astronauti a diversi chilometri di distanza dal punto dell’allunaggio
erano infatti comandati tramite un’unica leva; questo meccanismo di controllo è ora usato sulle
vetture per handicappati. Alcuni tipi di pneumatici radiali sono nati dalle ruote della jeep lunare, che
dovevano essere in grado di sopportare senza deformarsi grandi sbalzi di temperatura e che furono
sviluppate dalla Goodyear.
Le lenti antigraffio per gli occhiali da sole sono invece l’applicazione commerciale degli studi fatti per
realizzare un rivestimento che proteggesse le superfici plastiche o vetrose dell’astronave e della tuta
delle passeggiate lunari. Lo stesso trattamento (all’inizio costosissimo) per proteggere le visiere
trasparenti dei caschi degli astronauti è oggi normalmente utilizzato a prezzi molto contenuti per il
trattamento antiriflesso degli occhiali e degli obiettivi delle macchine fotografiche.
Sempre rimanendo nel campo dei materiali speciali, un rivestimento inorganico anticorrosione
sviluppato per proteggere le rampe di lancio delle missioni Apollo, situate vicino al mare, è ora
utilizzato per proteggere strutture marine, come ponti, condutture sottomarine, carene di navi.
E cosa dire dell’ormai comune teflon utilizzato per le padelle antiaderenti?
Dalle fibre messe a punto per realizzare le tute degli astronauti, il settore civile ha in seguito ereditato
tessuti con eccezionali caratteristiche isolanti come il Gore-Tex che permette una completa
impermeabilizzazione dall’esterno verso l’interno, ma la perfetta traspirazione dall’interno verso
l’esterno.
I materiali usati per fabbricare scarpe da ginnastica con forte potere di assorbimento d’urto (per non
stancare i piedi durante le lunghe ore di competizioni) sono i discendenti di quelli messi a punto per
costruire gli scarponi lunari “Moon-Boots” in grado di offrire il massimo della protezione e del confort,
mentre gli aspirapolvere, i cacciavite e gli altri elettrodomestici senza filo oggi di moda sono i nipoti di
quelli usati dagli astronauti per asportare campioni di suolo lunare. Nel lungo elenco di oggetti non
mancano zattere di salvataggio (un modello simile a quello usato per il recupero degli astronauti
dopo l’ammaraggio è oggi ampiamente utilizzato anche sulle barche da diporto e ha salvato
centinaia di vite), sistemi di isolamento termico (usati per mantenere a bassa temperatura il
combustibile dei razzi, sono oggi destinati a mantenere più fresco il pesce appena pescato).
Anche i cibi liofilizzati e quelli a lunga conservazione sono i diretti discendenti dei “menu” messi a
punto per le missioni spaziali. Alle imprese spaziali dobbiamo anche i progressi della microelettronica
e, di conseguenza, tutti gli apparecchi che si avvalgono dei microchip inizialmente destinati solo alle
industrie militari e spaziali. Se non fosse stato per i programmi della Nasa, saremmo arrivati con anni
di ritardo a possedere orologi digitali, calcolatrici tascabili, computer portatili e telefoni cellulari.
La Nasa non solo consente, ma favorisce il trasferimento delle tecnologie spaziali a vantaggio della
vita di tutti i giorni. A tal fine dispone di un ufficio centrale a Baltimora, nel Maryland, cui fanno capo
una serie di oltre 40 centri tecnologici, che coprono tutti gli Stati Uniti da costa a costa. Alcuni di
questi centri sono affiliati alle basi della Nasa come quelli di Houston, Cape Canaveral, Pasadena,
altri si trovano presso prestigiose università. Ai centri si possono rivolgere sia agenzie pubbliche sia
istituzioni private. I centri mettono inoltre a disposizione degli utenti banche-dati (con oltre cento
milioni di documenti e la rassegna di 15 mila riviste scientifiche) e software di ricerca.
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PASO DOBLE EN EL CIELO…
di Alvise Tomaselli
Cosa potessero essere quei puntini che brillavano
nelle notti serene in cielo non era ben chiaro fino ai
primi del novecento quando la scienza riuscì a
comprendere l’infinitamente piccolo (atomo) e
applicarlo nell’infinitamente grande (cosmo). A prima
vista un osservatore occasionale (o distratto)
sebbene dotato di strumenti ottici adeguati sarebbe
portato a dire che le stelle sono puntini che brillano
sullo sfondo nero del cielo. Un esame più dettagliato
di ciò che si sta osservando porta alla luce
particolari che a prima vista non si notavano: molte
stelle sono doppie! Anzi, in alcuni casi si tratta di
veri e propri sistemi stellari multipli.
Questo dubbio fu portato alla ribalta già con le
osservazioni sistematiche del XVII e XVIII secolo ma
i fenomeni specifici trovarono scarso rigore
scientifico. Ci vollero i grandi osservatori del
diciottesimo secolo e fra questi senza dubbio Wiliam
Herschel che dedicarono parte della loro attività
osservativa per capire e confermare l’esistenza di
sistemi stellari multipli.
E oggi? Sappiamo con certezza che gran parte delle
stelle (presumibilmente il 70%) che osserviamo in
cielo in qualsiasi serata dell’anno è composta da
stelle doppie, triple o quadruple (sistemi stellari
multipli).
Entriamo nel mondo delle stelle doppie suddividendo in capitoli distinti le caratteristiche di questi
oggetti celesti, i metodi di osservazione, gli aspetti interessanti e curiosi che fanno della loro
osservazione non solo mera astronomia visuale ma parte integrante di settori della ricerca
astronomica.
I capitoli di seguito riportati trattano in maniera speditiva degli argomenti che possono comunque
essere approfonditi da ognuno, attingendo dalle numerose fonti disponibili ( testi, internet etc)
CLASSIFICAZIONE DELLE STELLE DOPPIE
La prima grande classificazione delle stelle doppie distingue le stelle doppie fisiche dalle stelle
doppie ottiche. Le stelle doppie fisiche sono quelle coppie di stelle caratterizzate da un legame
fisico gravitazionale. Il sistema di stelle orbita attorno ad un centro comune di gravità. Le doppie
ottiche sembrano due astri apparentemente vicini ma si tratta solo di un fattore prospettico e non
hanno fra loro nessun tipo di connessione (legame).
Nell’osservazione in visuale la distinzione “doppie fisiche” da “doppie
ottiche”
non
è
possibile. Bisogna
sapere
in anticipo cosa
stiamo
osservando con l’aiuto di testi ed informazioni specifiche.
Ulteriori sottoclassi di classificazione tengono in considerazione il metodo adottato per
l’individuazione del sistema stellare:
-Stelle binarie visuali : direttamente distinguibili con strumenti ottici anche di modeste
caratteristiche
-Stelle binarie astrometriche : (con questo e i metodi che seguiranno si individuano stelle
doppie altrimenti impossibili da individuare con la sola osservazione in visuale).
L’osservazione avviene in genere con strumenti ottici di grande capacità.
L’individuazione del sistema stellare è la conseguenza di osservazioni che tengono in
8
considerazione piccoli movimenti della stella principale per la presenza di una seconda
stella la cui massa riesce a condizionare il moto della stella principale.
-Stelle binarie interferometriche: viene analizzato il fenomeno fisico dell’interferenza con
l’ausilio di potenti telescopi che vengono fatti operare in parallelo
-Stelle binarie spettroscopiche: con questo metodo si individuano stelle doppie sfruttando
un l’analisi degli spettri (“lettura” dello spettro di luce che viene emessa dalla sorgente
luminosa) e la successiva analisi dell’effetto “doppler” che consente di capire l’esistenza
di due stelle che si eclissano ruotando una intorno all’altra.
-Stelle binarie fotometriche: Si studia l’andamento della curva di luce (fotometria) emessa
da una stella in relazione al passaggio di una stella gemella sul suo disco.
Attenzione! Non si spaventi il neofita osservatore della volta celeste,
il suo campo di “competenza” è semplicemente ristretto al primo punto
nella classificazione sopraesposta !!
LA MAGNITUDINE
Parametro che esprime la luminosità apparente (e/o assoluta) delle stelle. Per quella apparente si
rifà alla classificazione determinata da Ipparco nel secondo secolo a.c. che distingueva 6 livelli di
luminosità. Oggi con gli strumenti ottici la scala si è ampliata nelle due direzioni ma rimane
comunque una classificazione di immediata interpretazione.
L’ANGOLO DI POSIZIONE (AP)
E’ l’angolo formato dalla congiungente fra le due stelle e l’asse Nord – Sud. E’ utile per determinare
la posizione della stella secondaria (generalmente) rispetto alla principale su un angolo di 360°
partendo da Nord e andando verso Est.
Personalmente, preferisco non conoscere quest’ultimo parametro in quanto,
conoscendo questo dato in anticipo, in caso di doppie di difficile
separazione (molto strette) si è inconsciamente (e forzatamente) portati a
vedere l’astro sdoppiato solo perchè si conosce la posizione rispetto alla
stella principale.
IL COLORE DELLE STELLE
Le stelle sono tutte bianche se osservate “distrattamente”. Una maggiore attenzione e l’uso anche di
modesti strumenti ottici rileva che le stelle sono colorate (anzi, in qualche caso coloratissime!). Il
colore di una stella dipende dalla temperatura superficiale della stessa e varia dal bianco per le stelle
caldissime ( fino 30000 °C), al rosso cupo per le stelle meno calde (4000 – 5000 °C), passando per
colori intermedi come l’azzurro, il blu, il giallo, l’arancio, il rosso fino al marrone/crema.
L’osservazione delle stelle doppie consente di apprezzare il colore delle stelle per confronto fra i due
astri e per contrasto sul nero del fondo cielo. Il forte contrasto cromatico ha reso famose parecchie
stelle doppie molto conosciute dagli astrofili (Albireo nel Cigno, Rasalgethi in Ercole, Izar in Boote
etc). Per contro, alcune coppie di stelle sono belle perchè “gemelle” sia in dimensione apparente,
magnitudine e colore (Es. la stella 61 nel Cigno).
Il colore delle stelle dipende anche dalla predisposizione all’osservazione,
la pratica nella percezione dei particolari, l’acuità visiva, l’esperienza
dell’osservatore.
Il
contrasto cromatico può essere
anche opinabile
perchè, per esperienza, posso dire che non c’è mai un parere concorde su
questo parametro!
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IL SEEING
La turbolenza dell’aria (provocata principalmente dai moti termoconvettivi di masse di aria calda e
fredda) apparentemente non si nota. Quando si mette l’occhio sull’oculare di un telescopio si scopre
che l’aria “non è stabile”. Già il brillamento (scintillio) delle stelle è indice diretto della situazione della
turbolenza nell’aria, ma quando si osserva con l’aiuto del telescopio, il fenomeno del brillamento
degli astri (stelle e pianeti) viene amplificato. Potrà capitare, nei casi più estremi, di non riuscire a
mettere “a fuoco” l’oggetto puntato, così da apparire mutevole nella forma e nella luminosità. Questo
fenomeno fisico viene riassunto dagli astrofili con la parola “Seeing” (to see = vedere). Il termine sta
a indicare la capacità (o possibilità) di osservare gli oggetti celesti in relazione allo stato della
turbolenza dell’aria. Il parametro comporta tutta una serie di considerazioni e di comparazioni visive
su oggetti celesti noti e una classificazione specifica (scala di riferimento). In questo scritto non
voglio addentrarmi molto sull’aspetto specifico del “seeing” perchè è facile documentarsi in maniera
specifica, ma voglio sottolineare che l’osservazione delle stelle doppie (sigh!), specie per le doppie
strette è invece strettamente legata a questo fenomeno. Va detto che con un po’ di esperienza “in
campo” si individua subito quale potrà essere la serata giusta per l’osservazione delle stelle doppie.
Per esempio una serata dopo un temporale estivo con cielo apparentemente terso è da sconsigliare,
mentre una serata calda, afosa e con aria stabile (anche con leggera foschia) potrà dare dei risultati
sorprendenti.
Consiglio in caso di osservazione di stelle doppie, di prendere come
riferimento alcuni oggetti (doppia Epsilon nella Lira, Castore nel Gemelli,
La stella Polare etc) e verificare, rapidamente la capacità di risolverli
(separare). Si potrà avere immediatamente un termine di paragone.
LA SEPARAZIONE
Questo termine che sa molto di “Codice Civile”’, in astronomia è la definizione legata alla distanza
apparente che separa i due astri che compongono il sistema stellate osservato.
In sostanza è la distanza apparente dei due astri. Si esprime in secondi d’arco (“). La luna per
esempio, ha un diametro apparente di circa mezzo grado, quindi 1800 secondi. E’ un parametro
molto importante perché ci da un’idea immediata se, a parità di altri parametri, la separazione è tale
da poter risolvere il sistema nelle due (o più) componenti.
Esistono anche delle specifiche classificazioni che danno i valori della separazione e che tengono
conto della distanza fra gli oggetti, la differenza di magnitudine, il diametri dello strumento etc.
Esistono poi, delle classificazioni un po’ meno empiriche, più speditive e dettate dall’esperienza
( doppia elongata, doppia a otto, dischi a contatto, doppia stretta, doppia ravvicinata, doppia ampia e
doppia larga). In realtà la separazione fra due stelle non è facilmente classificabile in quanto, come si
sarà potuto intuire da ciò che è stato ripetuto fin’ora, dipende dai fattori fisici della stella, meccanici
dello strumento e non ultimo, fisici e psicologici dell’osservatore. Con un po’ di esperienza, e la
conoscenza a priori dei parametri principali (coordinate, separazione, magnitudine) si imparerà a
distinguere e a puntare il telescopio su stelle doppie di sicuro effetto.
Tentare di osservare una “doppia stretta” di magnitudine 16
con un telescopio acquistato al supermercato in una notte di
forte turbolenza atmosferica, sarebbe tempo perso !!
QUALE TELESCOPIO ?
La domanda che molti osservatori del cielo si fanno è che tipo di strumento utilizzare per osservare il
cielo. In genere, è ovvio, ognuno osserva con lo strumento che possiede, però va detto che
nell’osservazione delle stelle doppie gli strumenti ottici migliori sono i telescopi rifrattori quindi
strumenti con tubo chiuso, assenza di ostruzioni (specchi secondari) e presenza di solo due gruppi di
lenti (obiettivo e oculare). Inoltre, riprendendo il discorso fatto precedentemente sul seeing, quest’ ul-
10
timo fastidioso problema si nota meno in quei telescopi composti da tubi e lenti (rifrattori), o
comunque nei tubi di limitato diametro. Gli strumenti di apertura maggiore (in genere riflettori),
presentano un’accentuazione del disturbo causato dalla turbolenza atmosferica. Ovviamente
quest’ultima distinzione non pregiudica in senso assoluto l’osservazione, la differenza è in realtà
modesta e si può apprezzare solo con una buona dose di esperienza osservativa.
Personalmente utilizzo per le mie osservazioni un telescopio riflettore
( Schmidt Cassegrain da 200 mm) e non posso lamentarmi dei risultati. Un
certo limite si nota invece in presenza di forte turbolenza atmosferica. In
questi casi preferisco dirottare l’osservazione su oggetti di Deep Sky o
comunque su oggetti estesi ( galassie, ammassi etc).
E IL BINOCOLO ?
I binocoli per uso “terrestre” come i classici 10X30, 10X40, 8X30 etc possono essere di grande
soddisfazione per l’osservazione del cielo, specie se si è alle prime armi. Per quanto riguarda la
risoluzione di sistemi stellari doppi purtroppo non posso dire lo stesso. Sono poche le stelle doppie
che si possono separare con questi strumenti ( es. Mizar/Alcor nell’Orsa maggiore, Albireo nel
Cigno). Più che l’apertura dell’obiettivo, ciò che difetta in questa categoria di strumenti è sicuramente
il numero di ingrandimenti che limita fortemente la capacità di separare due oggetti molto vicini fra
loro.
Risultati sicuramente molto soddisfacenti li danno i binocoli astronomici, ossia quegli strumenti che
possono essere inseriti nella fascia superiore ai classici 10X40. Fra questi i 12X50 e ancora di più i
20X80, 20X90 e superiori.
QUALI STELLE DOPPIE ?
Ora un breve elenco di alcune stelle doppie con relative mappe del cielo, che indicano dove puntare
il proprio strumento per osservarle. Alcune di esse sono famose fra gli astrofili.
ALBIREO. La stella doppia per eccellenza,
straconosciuta fra gli astrofili per i colori
delle sue componenti blu/crema, di mag. 3,1 la
primaria e 5,1 l’altra, separate da 34,5”. E’
facilmente risolvibile anche con piccoli
strumenti (o binocolo astronomico). La stella
principale orbita attorno alla secondaria in
circa 100000 anni. Il sistema dista dal Sole 400
anni luce .
COSTELLAZIONE
CIGNO
61 CYGNI. Sistema doppio di non immediata individuazione (mag.
5,5 e 6,4), però di grande effetto perché è una coppia di stelle
praticamente gemelle di color oro. Separate da 27” hanno un
periodo orbitale di 700 anni e distano 11 anni luce dal Sole. Questa
stella fu la prima di cui fu determinata la distanza con il metodo
della parallasse (Bessel)
DEL
Considero la “61
CYGNI” una stella
doppia da non
perdere: due gocce
d’oro su sfondo di
velluto nero.
11
COSTELLAZIONE DEL LEONE
ALGIEBA. Gamma Leo, doppia
assai famosa con separazione di
4,3” e colori giallo/arancio, mag.
2,6 e 2,8. Dista da noi circa 100
anni luce e hanno un periodo
orbitale di 600 anni.
COSTELLAZIONE DELLA LIRA
EPSILON LYRAE. La stella quadrupla.
Si tratta di un sistema composto da due
coppie di stelle doppie. Ne risulta
un’immagine di quattro spettacolari
stelle ravvicinate all’interno del campo
inquadrato. Le due componenti più
luminose distano 208” tra loro. Una
coppia vede le componenti brillare di
mag. 4,6 e 6,3, separate di 2,9”, mentre la
luminosità dell’altra coppia è di 4,9 e 5,2
mag. e la separazione ammonta a 2,3”. Si
tratta di un buon test del seeing e delle
qualità ottiche dello strumento. Distano
dal Sole circa 160 anni luce.
COSTELLAZIONE DEL DELFINO
GAMMA DELPHINI.
Belle le due stelle (giallo/blu) in una
costellazione poco conosciuta. Le due
componenti distano 10”. Mag. 4,2 e
5,1.
12
COSTELLAZIONE DI CASSIOPEIA
IOTA CASSIOPEIAE. Sistema
triplo! Distante 170 anni luce. Mag.
4,6 e 8,4 separate di 7” con la terza
componente A 200” di mag. 8,6.
Gruppo stellare piuttosto difficile da
individuare per principianti perché
poco luminoso, ma vale la pena di
ETA CASSIOPIEIAE. Doppia assai più facile
rispetto alla precedente, di magnitudine 3,6 e
7,5 separate da 12”. I colori sono giallo/
rossiccio. Il sistema è distante “solo” 20 anni
luce, le due componenti impiegano circa 500
anni per compiere le loro orbite.
COSTELLAZIONE DEI GEMELLI
ALFA GEMINORUM. Doppia “classica”
Abbastanza stretta (2,2”) mag. 2 e 2,9 ma
facilmente separabile in condizioni di
buon seeing. Le due componenti sono
azzurro/bianco. Esiste una terza
componente distante 73”.
Questa stella doppia secondo
la mia esperienza è un buon
test
per
verificare
le
condizioni della turbolenza
dell’aria (seeing)
COSTELLAZIONE DELL’ORSA MAGGIORE
MIZAR e ALCOR. E’ uno degli oggetti
celesti più conosciuto. Le due stelle sono
facilmente separabili anche ad occhio (con
buona vista). In realtà la doppia da
separare con strumenti è la stella Mizar la
quale è composta da due stelline distanti
14” mag. 2,2 e 3,9. Mizar fu la prima
stella doppia scoperta e la prima doppia
fotografata. E’ assai famosa anche perché
ubicata in una costellazione di facile
individuazione e di fama nota.
13
Le stelle doppie proposte, sono solo un piccolo assaggio di coppie di astri, alcuni famosi per la
facilità di individuazione, altri per il forte contrasto cromatico delle due componenti. Deve essere
chiaro che le stelle doppie da osservare sono molte di più di quelle elencate. Esistono testi specifici
con elenchi in cui vengono descritti molti sistemi stellari doppi, facilmente reperibili anche nelle
librerie (o scaricabili in rete).
IL SOLE E’ UNA STELLA DOPPIA? IPOTESI “NEMESIS”
Nemesis, così è chiamata l’ipotetica stella compagna del Sole, rappresentava nell’antica Grecia la
divinità della notte.
La possibile presenza di questa stella è un’ipotesi assai affascinante cavalcata a più riprese da
ricercatori a vario livello. Si tratterebbe di una stella “scura” (nana bruna) ubicata a distanze
comprese fra 50000 U.A.e 100000 U.A. (Unità Astronomica = circa 150 milioni di Km). La curiosa
ipotesi era stata avvalorata dallo studio delle grandi catastrofi cosmiche con la caduta di asteroidi
che hanno interessato (secondo questa teoria) il nostro pianeta a cadenze cicliche e regolari e che
portarono alla distruzione quasi totale di ogni forma di vita. Tutto questo succederebbe quando
l’astro si trova al periastro (punto di massima vicinanza al Sole) facendo sentire il suo influsso
gravitazionale.
Oggi gli astronomi dispongono di studi che escluderebbero quasi del tutto la presenza di questo
astro, quindi, alla luce di questa ultima considerazione è possibile dire che il nostro Sole
paradossalmente avrebbe la peculiarità di essere una delle “poche” stelle senza una compagna!
CONCLUSIONI
E’ difficile trarre delle conclusioni trattando un settore dell’astronomia vasto e articolato che
comprende una moltitudine di componenti, spaziano dalla mera osservazione, allo studio dettagliato
dei sistemi stellari multipli.
Sicuramente è un settore dell’astronomia amatoriale non molto conosciuto e in genere l’astrofilo si
“tuffa subito dove l’acqua è più fonda” e cioè nel profondo cielo (deep sky) per l’osservazione di
oggetti di fama e di effetto sicuro. Pochi sono quelli che osservano, se non occasionalmente, stelle
doppie.
Io viaggio in controtendenza, apprezzo le molteplici sfaccettature delle stelle doppie, i loro colori
contrastati dal cielo nero, la difficoltà e la soddisfazione di separare oggetti molto vicini fra loro...ogni
INQUINAMENTO LUMINOSO: SE LO CONOSCI LO EVITI
di Leopoldo Dalla Gassa
Tra tutte le varie forme di inquinamento conosciute, da alcuni anni si è preso
coscienza di una forma di inquinamento tra le più subdole: l’inquinamento
luminoso. Oltre agli aspetti fisici del problema, di per sé evanescenti e di difficile
comprensione, è subdola anche perché risulta difficile percepire l’aumento della
luminosità dell’ambiente notturno come un fenomeno negativo dato che la luce è
solitamente considerata come qualcosa di utile all’uomo (basti pensare alla tipica
associazione luce-sicurezza).
È quindi indispensabile comprendere il termine “inquinamento” e, scorrendo il
vocabolario della lingua italiana, con tale termine si indica: “alterazione di un
qualsiasi elemento o di una qualsiasi sostanza naturale” (Devoto – Oli), o anche:
“introduzione nell’ambiente di sostanze o di fattori fisici in grado di provocare
disturbi o danni all’ambiente stesso” (Zingarelli 2001). Si tratta quindi di un vero e
proprio inquinamento: un inquinamento della luce ma anche da luce.
L’inquinamento luminoso quindi, è un’alterazione dello stato naturale dell’ambiente e lo possiamo scindere
principalmente in due categorie: l’inquinamento diretto e quello indiretto.
L’inquinamento luminoso diretto è quello che è prodotto da un apparecchio illuminante che immette la sua
radiazione luminosa oltre l’orizzonte della lampada e illumina anche il cielo oltre all’ambiente circostante
dando luogo, peraltro, a fenomeni di abbagliamento, mentre quello indiretto, è prodotto dalla riflessione delle
superfici illuminate, particolarmente in presenza di una eccessiva potenza della sorgente luminosa: la lampada.
La prima categoria è facilmente eliminabile utilizzando apparecchi schermati, cioè realizzati in modo da evitare
le dispersioni verso l’alto o meglio, oltre l’orizzonte. La seconda invece si può solamente contenere (non
eliminare) assumendo come limite massimo i valori dettati dalle norme tecniche, per quanto riguarda
l’illumina14
mento di una data superficie sia essa una strada piuttosto che un’area di lavoro.
Il non rispettare questi due semplici concetti, significa cancellare progressivamente l’ambiente notturno così
come era in natura con un’enorme spreco energetico e conseguente dispendio di denaro.
Nell’anno 2001, l’ISTIL (Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso) produsse per la prima
volta al mondo, il rapporto sullo stato della brillanza del cielo notturno a livello mondiale. Il rapporto, basato su
misure ottenute con i satelliti del Defense Meteorological Satellite Program dell’aeronautica militare
statunitense, è stato preparato dall’astronomo Pierantonio Cinzano e dal fisico Fabio Falchi per l’ISTIL in
collaborazione con il geofisico Christopher Elvidge del NOAA (National Geophysical Data Center).
Esaminando i risultati di tale studio è evidente che in Veneto la situazione è drammatica almeno per quanto
riguarda l’area di pianura. La rimanente parte del territorio è comunque inquinata a tutte le latitudini. Questo
significa che non esiste più alcuna area che non sia interessata dal fenomeno dell’inquinamento luminoso,
neppure le più alte cime dolomitiche hanno ormai un cielo immacolato. Prova ne sia che l’inquinamento
luminoso subito ad Asiago presso le cupole degli osservatori di cima Ekar o del Pennar, per alcuni punti
percentuali è dovuto alle emissioni della città di Milano che dista almeno duecento km in linea d’aria. Si può
facilmente immaginare a quanto ammonta l’inquinamento locale dovuto agli impianti dei Sette Comuni
dell’altopiano e dalla pianura veneta. Sempre secondo il rapporto ISTIL, la luminosità del cielo in Veneto è tale
che circa la metà della popolazione non riesce
più a vedere la Via Lattea, cioè la galassia
dove viviamo, dalla località presso la quale
risiede. Tutta la popolazione vive invece sotto
cieli inquinati o molto inquinati. Ancora più
grave è il fatto che non esista più alcun sito,
in Veneto, dove il cielo possa considerarsi
non inquinato, nemmeno in alta montagna.
L’inquinamento luminoso si rivela quindi un
forte danno non solo per i centri urbani dove
si concentra la maggior parte delle sorgenti
dannose, ma anche per le località remote
dell’ambiente montano e rurale. Abbiamo
perso lo spettacolo più grande che la natura ci
aveva regalato e a poco serve, oramai,
prendere l’auto e percorrere anche diverse
decine di chilometri nella speranza di trovare
un cielo migliore.
Tutte queste dispersioni naturalmente hanno un costo al quale tutti i cittadini sono inconsapevolmente costretti
a contribuire. Si tratta di una spesa abnorme. Scorrendo i dati presentati da TERNA sul proprio sito internet,
per i consumi elettrici della pubblica illuminazione nella regione Veneto, si ritrovano queste interessanti
informazioni:
consumo elettrico anno 2006, riferito all’anno 2005, 404,7 MLn di kw/h;
consumo elettrico anno 2007, riferito all’anno 2006, 433,3 MLn di kw/h con un incremento del 7,1% rispetto
all’anno precedente;
consumo elettrico anno 2008, riferito all’anno 2007, 463,6 MLn di kw/h, con un incremento del 7% rispetto
all’anno precedente.
A fronte quindi delle cifre esposte e ricavate da una fonte ufficiale ed indipendente, si nota che l’incremento
della potenza utilizzata per la pubblica illuminazione nel periodo recente si attesta intorno al 7% annuo, quasi
si trattasse un paese in via di sviluppo. Considerando un prezzo medio dell’energia elettrica di 0,12 € cent per
kw, e una stima per difetto della frazione sprecata (circa il 30%) perché l’illuminazione non raggiunge lo scopo
per cui è stata realizzata, possiamo affermare che lo spreco di risorse in questo settore della Regione Veneto è
pari a:
per l’anno 2005: € 14,6 milioni;
per l’anno 2006: € 15,6 milioni;
per l’anno 2007: € 16,7 milioni!
Quindi, e riferendosi a dati che possiamo definire “per difetto”, in tre anni, affidandoci alla fredda realtà dei
numeri, ogni comune veneto ha sperperato oltre 109.000 € dei contribuenti per illuminare una Regione che
alcuni immaginano buia.
Allo stesso modo, in questi tre anni, è stata inutilmente immessa in atmosfera una quantità di CO 2 pari a
15
650.800 Mln di kg., con il conseguente inquinamento atmosferico che ne deriva. Si tratta di un vero traguardo
negativo che ci contraddistingue per l’uso scorretto di una risorsa che per noi e tutto fuorché inesauribile o
rinnovabile. Un danno economico, ambienta e culturale, visto che oltre a precludere alle masse la visione del
cie-lo, toglie la possibilità agli osservatori professionali e ai ricercatori che ad essi potrebbero afferire, di poter
lavorare produttivamente perseguendo l’eccellenza che ha sinora contraddistinto la ricerca astronomica in
Italia.
Cosa fare quindi per poter illuminare correttamente conseguendo il maggior risparmio economico,
considerando che si stanno affacciando nuove tecnologie, LED, per l’illuminazione pubblica?
Dobbiamo prima di tutto sfatare immediatamente alcune false convinzioni le quali conferiscono ai LED
risparmi strabilianti rispetto alle tradizionali lampade al sodio ad alta pressione (luce gialla), questo perché il
raffronto è basato sul risparmio economico riferito a realtà che sono già illuminate con potenze spropositate
rispetto alle norme: se una strada fosse illuminata correttamente, tra LED e SAP (lampade al mercurio ad alta
pressione) non ci sarebbe quasi alcuna differenza. Altro punto a favore degli apparecchi tradizionali, è la spesa
per apparecchio che si assesta tra circa un quinto e un ottavo rispetto a quelli a LED. La vita dei LED poi viene
stimata in almeno 50000 ore, il che di fatto è frutto di prove di laboratorio dove cioè la tensione di
alimentazione (fondamentale per la durata degli stessi pena una morte prematura) è costante. Al contrario, le
stesse condizioni di tensione non si verificano sulle linee elettriche comunali, le quali sono soggette a frequenti
sbalzi di tensione con conseguente riduzione della longevità di LED. Da ultimo, ma non per importanza, una
volta che una lampada al SAP termina la sua vita (15/18000 ore - che però alcuni sono riusciti a portare a
35000 con un buon accenditore - il che le avvicina molto alle 50000 dei LED) con una spesa di circa una
trentina di €, si risolve il problema della sostituzione, al contrario quando una fila di LED non funziona più si
dovrà, nella maggioranza dei casi, sostituire l’intero apparecchio con conseguente spesa. Da segnalare infine
che moltissima parte dell’illuminazione d’arredo o per piste ciclabili è possibile realizzarla con lampade agli
alogenuri da soli 35watt, il che vanifica, per il momento, l’utilizzo della nuova tecnologia. Infine utilizzare
apparecchi che inviino tutta la radiazione luminosa dove è necessario, quindi a terra, avendo un occhio di
riguardo al rendimento. Infatti che senso avrebbe utilizzare lampade con la più alta efficienza se poi si
dovessero installare in apparecchi che a malapena hanno rendimenti del 24% e inviano parte della luce prodotta
verso il cielo?
L’ASTROFILO FANTOZZI di Vittorio DeNardin
Se qualcuno pensa che la vita di un astrofilo sia sempre costellata da continui successi osservativi si sbaglia di
grosso. Leggete e capirete:
Quando si pianifica un’uscita notturna, solitamente si hanno le idee molto chiare sul da farsi e ci si prefiggono
determinati obbiettivi nella speranza di poterli raggiungere.
Proprio con queste premesse io e Claudio Pra , verso la fine di maggio, decidiamo di dedicare una serata
all’osservazione delle comete C/2006 W3 Christensen , 22/P Kpoff ed altri oggetti celesti. È da un po’ di giorni
che stiamo monitorando il tempo e il nostro informatore al Centro Meteo ( nome in codice “Alvise” ) ci
assicura che la serata che sta arrivando, nonostante qualche nube che si è materializzata nel pomeriggio,
dovrebbe essere favorevole. Dopo cena mi metto a letto per un piccolo riposino propedeutico visto che
entreremo in azione nelle ore centrali della notte.
Sono le 23.00 e la sveglia mi strappa dal mondo dei sogni. Mi alzo e preparo tutta la strumentazione che carico
in macchina. Trova posto nel baule anche un bel thermos riempito con thè bollente, molto utile nelle fresche
nottate primaverili. Salgo sull’auto e raggiungo Alleghe, dove mi aspetta Claudio. Sposto le mie cose nella sua
macchina e poi partiamo con destinazione Laste. In quel momento il cielo è abbastanza buono, c’è solo qualche
innocua nuvoletta…Dopo circa un quarto d’ora , inerpicandoci su per una stradina tortuosa, troviamo un posto
che si presenta favorevole per i nostri intenti.
Apriamo il portellone e incominciamo a montare i nostri strumenti, due rifrattori da 8 e 15 cm. Ed è a questo
punto che nelle nostre menti cominciano ad addensarsi dei dubbi: abbiamo scelto la serata giusta ? Sì, perché
in cielo stanno incominciando ad addensarsi invece, ahimè, delle nubi che hanno qualcosa di fantozziano…
Infatti, una volta resi operativi i telescopi, sopra le nostre teste non ci sono più le stelle, ma molte… nebulose
costituite essenzialmente da vapor d’acqua!
Non ci perdiamo d’animo e per ingannare il tempo incominciamo a chiacchierare, scambiando pareri ed
opinioni di carattere astronomico ( che strano!! ).
Di quando in quando le nuvole si diradano ed allora, come avvoltoi, ci fiondiamo verso i telescopi per cogliere
16
l’attimo fuggente. Riusciamo a vedere la cometa Christensen prima che venga occultata da sottili velature che
purtroppo diventano sempre più consistenti. Così le ore volano via tra apparizioni fugaci di costellazioni e la
diabolica presenza di nubi da umidità che non si vogliono fare da parte, anzi…Per fortuna che c’è un po’ di thè
caldo , molto apprezzato in questi frangenti.
E’ quasi mattina e da poco è sorto Giove. Ne approfittiamo per dare una sbirciata con il binocolone, altro
strumento al seguito. Quando è il mio turno, rimango un po’ contrariato perchè vedo il pianeta gigante doppio!
Sarà la stanchezza o… forse è meglio che prenoti una visita dall’oculista!
Decidiamo di smobilitare e, tempo permettendo, ci diamo appuntamento per alcuni giorni dopo, sperando di
essere più fortunati.
Arriva sabato sera e ci sono tutte le premesse per rifarsi!
Rapido scambio di sms tra me e Claudio per decidere di riprovarci e verso mezzanotte siamo ancora lì in quel
di Laste, stesso posto , stesse aspettative.
Montiamo i nostri strumenti ed incominciamo a puntare alcuni ammassi globulari in Ofiuco. Presto però
intravvediamo una microscopica nuvoletta, verso la quale nutriamo sentimenti non proprio amichevoli. Sì…
perchè questa non è una nuvoletta qualsiasi, questa è la nuvoletta “fantozziana” tanto temuta da tutti gli
astrofili, che in breve ci rovina la serata!
Anche questa volta dobbiamo rassegnarci ad alternare momenti in cui si aprono degli squarci ad altri di “buio
osservativo”. Per nulla demoralizzati andiamo avanti imperterriti! -Chissà- ci diciamo, -Forse adesso una
leggera brezza ripulirà l’aria da tutta questa umidità Le nostre speranze però non si concretizzano; non ci resta
altro che levar le tende e ritornare ognuno alle rispettive dimore.
Passa qualche mese, siamo alla fine di settembre. Claudio mi
contatta e mi propone una serata sul passo Giau, posto ideale
per buttarsi sul deep sky. Accetto con entusiasmo anche perché
porteremo con noi l’enorme telescopio Dobson da 40 centimetri
dell’Associazione.
Dopo cena esco in terrazza per dare un’occhiata al cielo: ci sono
parecchie nuvole. Chiamo Claudio per sentire com’è il tempo
dalle sue parti : tutto ok , nuvole assenti.
Carico di brio parto alla volta del passo dolomitico con l’amico
astrofilo. I tornanti si susseguono a un ritmo incalzante finché
troviamo uno spiazzo a lato della strada dove decidiamo di
piazzare l’osservatorio. Il posto è buio e la visuale è molto
ampia: è la prima volta che vengo sul Giau e mi rendo conto
che ne vale veramente la pena. Sono circa le nove e la Luna è
ormai prossima al tramonto, bassissima e colorata di arancio.
La volta celeste è spettacolare, non c’è una nuvola. Ma ora è meglio che ci sbrighiamo prima che si rompa
l’incantesimo. Preleviamo i pezzi del Dobson dal bagagliaio della macchina di Claudio e incominciamo a
montarlo. Tempo una decina di minuti e il telescopio è assemblato ! Non ci resta ora che provvedere alla
collimazione degli specchi, operazione che non avevo mai effettuato prima d’ora. Si può cominciare!
Il primo oggetto che osserviamo è Giove: veramente spettacolare con i satelliti galileiani e le bande equatoriali.
Poi ci dirigiamo verso una costellazione che è quasi sopra le nostre teste, Ercole, dove chiaramente puntiamo il
classico M13. Resto letteralmente stupito dalla visione di uno dei più bei ammassi globulari. Lo si riesce a
risolvere in un enorme quantità di stelle!
Provate ad indovinare cosa succede ora?…..Una piccola nuvoletta fa la sua comparsa in cielo ! Sempre lei.
Forse le siamo simpatici e non ci molla mai!
La situazione precipita e nel giro di pochi minuti non ce n’è più traccia di stelle. Come le volte precedenti
approfittiamo di questo momento di pausa per scambiare quattro chiacchiere. Dopo un po’ finalmente si apre
uno squarcio, che diventa via via più ampio. Sopra il nostro capo si materializza una via lattea che pare scolpita
tanto la sua visione è netta e meravigliosa. Cogliamo l’attimo per osservare la galassia di Andromeda : questo
Dobson da 40 centimetri ci restituisce un’immagine mozzafiato. Ora andiamo a caccia di un altro oggetto che si
trova nei pressi della via lattea: una nebulosa chiamata Velo del Cigno , ben visibile grazie all’impiego di un
apposito filtro. Ma a questo punto la solita nuvoletta torna a rovinarci i piani! Non c’è nulla da fare, proviamo
ad aspettare ancora un po’ ma questa volta dobbiamo proprio issare bandiera bianca. Decidiamo all’unanimità
di smontare il telescopio e lo riponiamo nel baule della macchina. Diamo un’ultima occhiata a quel posto, così
suggestivo nonostante le nuvole e ci salutiamo prendendo la via di casa.
La vita di un astrofilo è costellata di questi “piccoli” inconvenienti che movimentano le serate e forniscono
materia per poter riderci sopra dopo qualche tempo.
E’ importante non demoralizzarsi e anzi, questi episodi consolidano ancora di più la nostra passione che
implica sì dei sacrifici ma ripaga con visioni dal vago sapore ultraterreno.
17
CRUCIVERBA CELESTE
ORIZZONTALI
3 il pianeta su cui abitiamo 5 è il pianeta che per dimensioni assomiglia di più alla Terra 6 l’ex pianeta più
distante dal Sole 7 la stella alfa della costellazione della Lira 8 il pianeta con gli anelli più evidenti 9 di questo
elemento sono ricchissimi i pianeti giganti 10 altro nome per indicare una stella 12 la volta celeste 14 è un
corpo celeste che non produce luce e orbita attorno ad un pianeta 15 massi presenti in gran numero tra Marte e
Giove
VERTICALI
1 È un corpo celeste formato da ghiaccio, polvere e gas 2 il pianeta rosso 4 assieme a Giove Saturno e Nettuno
è un pianeta gassoso 6 è un corpo celeste di grandi dimensioni che orbita attorno ad una stella 8 corpo celeste
che produce luce 11 la nostra stella 13 ha ipotizzato il luogo di provenienza delle comete
LO SPAZIO... DEL SORRISO di claudio Pra
Gossip:
Incontro a luci rosse tra Venere e la Luna. I due corpi celesti sono stati sorpresi dai paparazzi nel corso di una
stretta congiunzione.
Gossip:
Saturno non ne può più del noto astrologo Branco. -Adesso basta!- ha esclamato -Quello continua a parlare
male di me sui giornali affermando che ho un influsso negativo su molta gente-.
Politica:
Silvio Berlusconi rispolvera la teoria eliocentrista affermando però che il sole attorno al quale tutto gira è lui.
Politica:
Dopo la scomparsa dalla scena politica i comunisti italiani avrebbero deciso di cercare un contesto più
favorevole al loro credo. In fase di studio una missione su Marte, il pianeta rosso…
Scienza:
Numerose popolazioni aliene si sono riunite a convegno in un punto imprecisato dell’universo per discutere su
Roberto Giacobbo, presentatore della trasmissione televisiva Voyager: titolo del convegno: cosa si fuma
Giacobbo per tirarci sempre in ballo su ogni questione?
Scienza:
Alle certezze di molti studiosi che ritengono l’universo finito, l’universo stesso replica:-E’ solo un momento
no. Mi rifarò-.
SOLUZIONE CRUCIVERBA CELESTE
ORIZZONTALI:
3 Terra 5 Venere 6 Plutone 7 Vega 8 Saturno 9 Gas 10 astro 12 cielo 14 satellite 15 asteroidi
VERTICALI:
1 cometa 2 Marte 4 Urano 6 pianeta 8 stella 11 Sole 13 Oort
18
ATTIVITA’ DELL’ ASSOCIAZIONE
Diamo di seguito conto dell’attività svolta dalla nostra associazione da giugno fino alla chiusura del giornalino
avvenuta a fine novembre. Dell’attività svolta nei primi cinque mesi dell’anno abbiamo già parlato nel numero
scorso.
Sabato 6 giugno ad Agordo, in Sala della Biblioteca, l’astronomo Ivo Saviane, responsabile delle operazioni
scientifiche del Very Large Telescope per conto dell’ESO (European South Observatory) nell’osservatorio de
La Silla in Cile, ha attratto un gran numero di persone con una conferenza organizzata da “Cieli Dolomitici”
intitolata: L’osservazione astronomica nell’era dei telescopi da Galileo fino al VLT (Very Large Telescope) e
ELT (Extremely Large Telescope). Saviane ha spiegato l’evoluzione del telescopio da Galileo fino ai grandi
strumenti dell’epoca moderna citando le più importanti scoperte che si sono susseguite dal 1609 fino ai giorni
nostri. Ha anche parlato dell’enorme telescopio in costruzione, l’ ELT con cui si conta di osservare le prime
stelle nate dopo il Big Bang.
Martedì 18 agosto, la Sala della Gioventù di Caviola si è riempita per la conferenza di Aldo Vitagliano
“Asteroidi, dalle armonie di una danza all’incubo di una catastrofe”. Vitagliano, collaboratore del mensile
astronomico Coelum, ha saputo trattare l’ostico tema in maniera appropriata, "tarandolo" per un pubblico di
non esperti. Ne è risultata una serata piacevole e interessante, che ha tenuto inchiodati gli intervenuti fino alla
fine.
Sabato 22 agosto, ottima riuscita anche per la proiezione che Claudio Pra ha proposto ad Agordo in Sala Don
Ferdinando Tamis nell'ambito de "La Torresella 2009”. Il lavoro proposto intitolato “Dreams, i miei sogni ad
occhi aperti”, che magari molti Associati avranno già visto in altre occasioni, ha ottenuto un ottima
accoglienza. Il tema trattato (il cielo stellato immerso tra le Dolomiti), certamente suggestivo e particolare, ha
incuriosito e meravigliato le più di duecento persone presenti in sala e la “semplicità” del montaggio, se
paragonato ad altri lavori semiprofessionali presentati, è passato in secondo piano.
Martedì 20 ottobre è stata organizzata al Planetario di S. Tomaso una serata dedicata agli Associati. Abbiamo
dapprima proiettato il DVD Hawaiian Starlight, un'esperienza unica di visione delle bellezze dell'universo, in
una alternanza di scene naturali riprese di giorno e di notte con sequenze del cielo ricavate direttamente dal
telescopio CFHT del Mauna Kea. Poi siamo saliti in osservatorio per osservare con il telescopio da 45 cm.
Peccato che, dopo aver comunque ammirato alcuni splendidi oggetti, il cielo si sia chiuso.
Martedì 3 novembre e giovedì 12 novembre l’Università degli Anziani-Adulti delle sezioni di Agordo e
dell’Alto Cordevole ci hanno invitato per tenere due conferenze in Sala Don Ferdinando Tamis ad Agordo la
prima e in Sala Stoppani ad Alleghe, la seconda.
Estate da “tutto esaurito per il Planetario di S. Tomaso. Le richieste nel periodo luglio-agosto hanno superano
la disponibilità di posti, tanto che siamo stati costretti ad aprire un terzo giorno alla settimana (dopo il giovedì
e il venerdì anche il martedì) non senza qualche difficoltà visti i pochi divulgatori disponibili, che si sono
sobbarcati turni "massacranti". Abbiamo creduto fosse importante sfruttare il momento di popolarità della
struttura, dovuto forse all'anno internazionale dell'astronomia, ma anche al grande lavoro di divulgazione e
propaganda fatto negli ultimi mesi. A chi si è adoperato per la buona riuscita crediamo vada un sincero grazie.
Tra maggio e luglio sulla nota emittente agordina Radio Più, è andata in onda con cadenza settimanale una
trasmissione dedicata al cielo stellato e all’astronomia intitolata “Per tetto un cielo di stelle”. Conduttore del
Programma Claudio Pra che in undici puntate ha svelato agli ascoltatori un mondo, quello dell’astrofilo,
sconosciuto ai più. Ai microfoni si sono alternati membri della nostra Associazione e astrofili di fama che
hanno partecipato con entusiasmo, meravigliandosi che una radio dedicasse una trasmissione al cielo. Forse è
stato addirittura il primo esperimento del genere in Italia (anche la rivista astronomica Coelum ha dato spazio
all’iniziativa). Un esperimento riuscito tanto che Radio Più sarebbe lieta di mandare in onda una seconda serie.
Vedremo, perché l’impegno è grande. Un ringraziamento a tutti quanti hanno collaborato per la buona riuscita
del programma che vede “Cieli Dolomitici” uscirne sicuramente rafforzata. Ora, grazie a un mezzo semplice,
diffuso e immediato, siamo conosciuti molto più di prima. Tutte le puntate si possono scaricare dal nostro sito
www.cielidolomitici.it
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter accedere alla biblioteca dell’Associazione.
La biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è
auspicabile che in futuro un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla
biblioteca bisogna contattare Rosanna al 3481119595 per fissare un appuntamento.
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IL PROGRAMMA DI RICERCA
DI SUPERNOVAE EXTRAGALATTICHE CROSS
di Alessandro Dimai
Tre osservatòri, una quindicina di astrofili, 800 immagini a notte e 29 supernovae ufficiali, di cui 3
australi: questo è il CROSS (Col Drusciè Remote Observatory Supernovae Search program),
attualmente il maggiore programma amatoriale di ricerca di supernovae extragalattiche in Italia.
Nel dicembre 2008 gli astrofili del programma di ricerca CROSS hanno fatto, da Cortina d’Ampezzo,
una scoperta eccezionale: una supernova esplosa in una galassia del cielo australe. È la prima
supernova al mondo scoperta utilizzando un telescopio situato dall’altra parte della Terra, comandato
in remoto via internet.
Martedì 2 dicembre 2008 Alessandro Dimai, membro dell’Associazione Astronomica Cortina e del
CROSS, ha puntato il telescopio australiano GRAS015 verso una porzione di cielo, nella
costellazione australe del Centauro, nella quale si trova una piccola galassia denominata ESO323025. Tra le braccia a spirale di questa galassia Dimai ha subito notato la presenza di una piccola
stella non visibile nelle immagini d’archivio. Come sempre la segnalazione della scoperta è stata
inviata al CBAT (Central Bureau for Astronomical Telegrams) di Baltimora (USA), che ne ha dato
l’ufficializzazione alcuni giorni dopo, assegnando alla nuova stella la sigla SN2008ib.
La straordinarietà di questa scoperta risiede nel fatto che lo strumento con il quale è stata effettuata
non si trova in Italia, a Cortina d’Ampezzo, ma bensì in Australia a oltre 15000 chilometri di distanza.
La zona di cielo osservata, infatti, non è mai visibile da Cortina perché sempre sotto l’orizzonte e
perciò, per riprenderla, è necessario utilizzare questo particolare telescopio che, assieme ad altri,
viene dato a noleggio via internet da un gruppo di appassionati astrofili.
La SN2008ib è stata seguita, alcuni giorni dopo, da un’altra scoperta del CROSS, la SN2008ig,
effettuata sempre con il telescopio GRAS015.
Con le sue 29 scoperte, il CROSS si conferma tra i maggiori programmi amatoriali di ricerca al
mondo e terzo in Europa, dopo gli inglesi Tom Boles e Mark Armstrong. Il CROSS è un progetto tutto
italiano, gestito e partecipato da astrofili italiani: un po’ di sano campanilismo è ulteriore motivo di
orgoglio.
Il CROSS è nato nel novembre del 1999 dalla passione e dalla volontà di alcuni astrofili cortinesi, per
sfruttare al meglio la strumentazione del rinnovato osservatorio del Col Drusciè di Cortina d’Ampezzo
(BL). In quell’anno infatti l’osservatorio è stato completamente automatizzato e remotizzato, primo
telescopio italiano gestito da astrofili a poter essere controllato comodamente dal salotto di casa. Da
allora sono state eseguite oltre 70000 osservazioni di circa 3500 galassie, riprese in più di 140000
immagini. Finora il CROSS ha permesso la scoperta di 29 supernovae ufficiali e 3 indipendenti non
ufficialmente riconosciute, alcune supernovae mancate per pochi giorni e una stella variabile nella
costellazione del Pavone. Sono stati individuati anche un pianetino (2000 BY3 “Cortina d’Ampezzo”)
e due stelle novae nella galassia di Andromeda, oltre alla ripresa di 17 pre-discovery; sebbene
quest’ultimo dato non sia motivo di particolare orgoglio, dà però un’idea delle potenzialità del
progetto.
Lo strumento principale dell’osservatorio del Col Drusciè “Helmut Ullrich” è un riflettore NewtonCassegrain da 50 cm di diametro utilizzato in configurazione Newton (f/5) per la ricerca di
supernovae. Lo specchio è un “Virgilio-Marcon”, uno dei primi di tali dimensioni realizzati
dall’artigiano di San Donà di Piave. Al fuoco Newton è applicata una camera CCD Hi-Sis 44 che
permette di riprendere immagini con una magnitudine limite di +18.5 in soli 30 secondi di posa
(magnitudine limite visuale +6.0). In una seconda cupola, costruita nel 1999 in occasione
dell’ampliamento e dell’aggiornamento della strumentazione dell’osservatorio, è posizionato un
riflettore Schmidt-Cassegrain Celestron 11 (28 cm di diametro), completamente automatizzato ed
equipaggiato con una camera CCD SBIG ST8 XME. Questo telescopio viene utilizzato per la
didattica, le osservazioni solari e planetarie e, se necessario, anche per la ricerca di supernovae.
Entro breve verrà reso disponibile in Internet per tutti coloro che vorranno effettuare ricerca da
remoto.
Negli ultimi anni i programmi di ricerca professionali, come il LOSS o altri, hanno drasticamente
ridotto le possibilità di scoperta, a parità di immagini riprese, da parte degli astrofili, portando a una
concorrenza sempre più agguerrita tra i vari programmi amatoriali di ricerca di supernovae. Per
essere competitivi a livello internazionale è ormai divenuto fondamentale instaurare delle
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emisfero. E così all’inizio del 2008 il CROSS si è allargato, arruolando nuovi e volenterosi adepti. Ora
può contare su una quindicina di membri provenienti da molte località italiane (Cortina e dintorni,
Gemona del Friuli, Udine, Trieste, Pisa, Forlì e Venezia) e altri due osservatòri, oltre al Col Drusciè,
da cui poter riprendere immagini: il Mandi Observatory di Paolo Corelli a Pagnacco (UD) e
l’osservatorio dell’Associazione Astronomica Isaac Newton di Santa Maria a Monte (PI). L’elenco
completo dei partecipanti al CROSS lo si può trovare all'url: www.cortinastelle.it/cross/
partecipanti.htm.
Ogni buon programma di ricerca
utilizza un proprio metodo di
survey. I centri dotati di telescopi
di grandi dimensioni in genere
scelgono una data direzione,
magari al centro di qualche
ammasso galattico, ed effettuano
controlli "in profondità" di tutta la
zona, alla ricerca di supernovae
remote fuori dalla portata degli
osservatori amatoriali. Questi
ultimi invece sono costretti a
seguire una strategia diversa:
coprire l’intera volta celeste, ma
limitare le osservazioni a un
numero più o meno ristretto di
galassie. Il problema è proprio
come scegliere le galassie
Una particolare immagine dell’Osservatorio del Col Drusciè
migliori, quelle cioè dove è più
probabile che si verifichi
l’esplosione di una supernova.
Il CROSS, coordinato da Alessandro Dimai, Giulia Iafrate e Marco Migliardi, tutti dell’Associazione
Astronomica Cortina, opera nel seguente modo: sono state scartate tutte le galassie con il modulo di
distanza maggiore di 34.3 (cioè tutte le galassie in cui è difficile scorgere eventuali supernovae di
tipo II), quelle al di sotto dei -15° di declinazione e quelle con una magnitudine assoluta inferiore alla
+18.0. Sono state incluse tutte le galassie in cui siano esplose almeno due supernovae. Alla fine è
risultato un elenco di circa 2500 galassie, tra le maggiori ellittiche e spirali del nostro emisfero.
Ogni notte serena i coordinatori preparano una lista di galassie, selezionate tra quelle appartenenti
all’elenco e non fotografate da almeno 20 giorni, che viene divisa tra i tre osservatòri addetti alla
ripresa delle immagini. La mattina successiva le immagini (due per ogni galassia) vengono distribuite
via FTP ai membri del CROSS per essere controllate. Entro sera i coordinatori ricevono l’esito dei
controlli, verificano eventuali dubbi, valutano quali galassie necessitano ulteriori immagini di
conferma, aggiornano l’elenco e preparano una nuova lista.
La comodità di poter controllare il telescopio del Col Drusciè, che in media riprende 600-700
immagini a notte (in autunno-inverno), dal proprio pc di casa permette di monitorare le galassie con
una continuità temporale pressoché ininterrotta, tempo meteorologico permettendo. Aggiungendo a
queste le immagini riprese dal Mandi Observatory e dall’osservatorio di Santa Maria a Monte il
CROSS effettua oltre 800 immagini (400 galassie) ogni notte serena.
Come se non bastasse riprendere e controllare 2500 galassie dell’emisfero nord, ad alcuni membri
del CROSS è venuta l’idea di cercare supernovae anche nell’emisfero australe. Con l’illusione che
ciò fosse una passeggiata, vista la ridotta concorrenza presente nell’altra metà del mondo, nella
primavera del 2007 il CROSS ha deciso di accettare la nuova sfida. E’ nato così il CROSS Sud, il
programma di ricerca di supernovae extragalattiche nel cielo australe, possibile grazie alla rete di
telescopi GRAS (Global Rent a Telescope).
Il GRAS è un sistema di una dozzina di telescopi automatizzati e remotizzati, di varie dimensioni (da
8 a 35cm di diametro), collegati via internet e posizionati in giro per il mondo. Il GRAS è molto ben
congeniato: si acquistano online dei punti che permettono la gestione del telescopio prescelto per un
determinato numero di ore. Il CROSS Sud utilizza il telescopio GRAS015, un Ritchey-Chrètien
Cassegrain f/6 da 25cm di diametro, equipaggiato con una camera CCD SBIG ST-10XME e situato
nel sud dell’Australia, a Moonrook, una cittadina 150 km nord-est di Adelaide
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galassie più difficili da osservare, quindi non riprese dai programmi professionali che sono sconfinati
nell’emisfero sud. Questa strategia si è dimostrata vincente e finalmente, dopo le difficoltà iniziali e
un anno e mezzo di ricerca, sono state scoperte da Cortina le prime tre supernovae australi.
In totale, nel 2008 il CROSS ha scoperto sei supernovae (SN2008P, SN2008ak, SN2008ao,
SN2008ea, SN2008ib e SN2008ig), ma la SN2008ea e la SN2008id sono sicuramente le più belle e
importanti. La SN2008ea è stata scoperta il 7 luglio 2008 da Giulia Iafrate (Associazione
Astronomica Cortina), Mauro Biagetti e Fabio Martinelli (Associazione Astronomica Isaac Newton):
per la prima volta la scoperta è stata effettuata grazie alla collaborazione con un altro gruppo di
astrofili. È stata una supernova fermamente voluta da tutto il CROSS che, nonostante le
innumerevoli difficoltà e i problemi che hanno afflitto per buona parte del 2008 l’Osservatorio del Col
Drusciè, non ha mai “gettato la spugna” e ha continuato a lavorare con tutto l'impegno e l'entusiasmo
possibili, convinto che solo una collaborazione allargata, ormai, possa dare risultati significativi.
La SN2008ib, prima supernova australe del CROSS, apre quella che probabilmente sarà la strada
da seguire per chi vorrà imbattersi nella ricerca amatoriale di supernovae: sfruttare le recenti reti di
telescopi commerciali e osservare il cielo dell’emisfero sud. La scoperta della SN2008id, seguita a
breve distanza dall’altra supernova australe SN2008ig, ha dimostrato che è possibile per chiunque,
noleggiando tempo osservativo
presso una struttura come il
GRAS, dare il proprio contributo
alla ricerca scientifica mondiale.
Il 2009, non ancora chiuso, ha
finora riservato un paio di gradite
sorprese al CROSS; sono infatti
state scoperte in primavera le
s u p e r n o va e S N 2 0 0 9 b u i n
NGC7408, ancora utilizzando il
telescopio remoto GRAS15 in
Australia, e la SN2009dd, coscoperta anche del bravo
cacciatore di supernovae forlivese
Giancarlo Cortini, nella bella
spirale NGC4088.
Delle 29 supernovae ufficiali
scoperte finora dal CROSS, le più
La supernova 2009dd “scoppiata” nella galassia NGC 4088, ultima
prestigiose sono sicuramente la
scoperta del CROSS di Cortina avvenuta il 13/4/2009
SN1999gn in NGC4303 (M61), la
prima scoperta ufficiale e anche la prima al mondo effettuata in remoto da un gruppo di astrofili, e la
SN2006X in NGC4321 (M100), che ha permesso di determinare con estrema precisione la
magnitudine assoluta delle supernovae di tipo Ia, consentendo quindi di poter risalire con maggiore
accuratezza alla determinazione al valore corretto della Costante di Hubble e quindi alla misurazione
delle distanze nell’Universo.
Le supernovae scoperte in queste galassie, essendo entrambe oggetti di Messier, sono doppiamente
importanti. Delle quasi 5000 supernovae scoperte in tutto il cielo, solo una cinquantina sono esplose
all’interno di galassie appartenenti a questo catalogo, circa l’1%! Se ne comprende quindi
immediatamente l’estrema rarità ed è facile intuire che, nella storia di un gruppo di ricerca, può non
capitare mai di imbattersi in un simile evento, che è quindi da ritenersi estremamente fortuito e
improbabile. Contrariamente a ogni calcolo statistico, il CROSS è da considerarsi assolutamente
un’eccezione alla regola.
Il CROSS è alimentato dallo spirito di sincera amicizia e totale e disinteressata collaborazione che
contraddistingue i suoi membri. Esso però non è più solo il frutto dello sforzo di un ristretto gruppo di
amici, con il passare del tempo è diventato un vero e proprio programma di ricerca che coinvolge
astrofili di molte regioni. Ogni nuova scoperta del CROSS desta molta curiosità tra gli astrofili italiani,
inoltre un gruppo così variegato ed eterogeneo ha prima di tutto bisogno di essere coordinato e
informato. Ecco quindi la decisione di scrivere un notiziario mensile, la “CROSS Newsletter”, con le
notizie salienti del mese: eventuali scoperte, statistiche osservative, supernovae scoperte da altri in
galassie che però appartengono al catalogo CROSS, immagini, informazioni e curiosità su questo
affascinante campo della ricerca astrofisica amatoriale.
Nel 2009 il CROSS Program ha compiuto i suoi primi 10 anni di attività. E’ questo un traguardo im-
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portante per qualsiasi programma di ricerca, tanto più se amatoriale. Il bilancio che si può tracciare
riguardo a questa esperienza è assolutamente positivo, inimmaginabile all’inizio di questa avventura.
Considerate anche le scoperte indipendenti e le prediscovery, oltre alle scoperte ufficiali, sono state
quasi 50 le supernovae individuate dal programma coordinato dall’Osservatorio del Col Drusciè (29
scoperte, 3 indipendenti, 17 prediscovery), con una media di una potenziale scoperta ogni 1.500
osservazioni circa. Crediamo che questi numeri possano parlare meglio di qualsiasi altro discorso,
dimostrando che se un programma di ricerca, qualunque esso sia, è studiato correttamente a
tavolino e portato avanti con passione dai suoi componenti, sarà sempre in grado di dare delle grandi
soddisfazioni a tutti coloro che vi partecipano. La nostra speranza è che questa avventura del
CROSS possa essere d’esempio e di stimolo per nuove e più entusiasmanti esperienze portate
avanti in futuro dai molti appassionati di ricerca di supernovae in Italia.
Alessandro Dimai è nato a Brunico il 25/09/1962, vive a Cortina ed è appassionato di
astronomia da oltre 20 anni. Si è dedicato per lungo tempo alla ripresa degli oggetti Deep Sky
e nel 1995 ha realizzato, assieme agli astrofili di Conegliano, il volume "Profondo Cielo" edito
da Biroma. Ha finora all’attivo la scoperta di 13 supernovae.
IL VIAGGIO SENZA RITORNO articolo adattato da Tomaso Avoscan
Tutti ricordiamo l’epica conquista dello spazio iniziata negli anni ’50 con la sfida USA-URSS e
conclusasi il 21 luglio 1969 con il piede di Neil Armstrong che si posa per la prima volta sul nostro
satellite naturale.
In particolare la nostra ammirazione non può che andare agli astronauti, uomini che sprezzanti del
pericolo a cui andavano incontro mettevano in serio pericolo anche la loro vita per portare avanti
questa sfida.
Ma gli astronauti erano pur sempre essere pensanti dotati di intelletto e di libero arbitrio nel senso
che le missioni spaziali che si accingevano a compiere erano comunque frutto di una loro libera
scelta personale, del tutto coscienti comunque dei pericoli e delle problematiche che dovevano
affrontare.
Ma cosa dire di Laika , primo essere vivente mandato nello spazio, sicuramente in modo non proprio
consapevole?
Quando il missile si sollevò dal cosmodromo di Baikonur, sotto la spinta e il fragore dei suoi motori,
la cagnetta rinchiusa nella capsula cominciò a guaire penosamente e ad agitarsi nel tentativo di
fuggire. Ma la stretta imbracatura che le avvolgeva corpo e zampe le impedì qualunque movimento,
se non quello della testa. Poi, nei lunghi minuti in cui i propulsori del missile furono forzati al massimo
per vincere la forza di gravità terrestre, l’animale si sentì schiacciato come in una morsa e la
frequenza del suo cuore arrivò al limite dell’infarto, passando dagli abituali 100 a 250 battiti ogni
minuto. Il terrore non abbandonò la cagnetta nemmeno quando si ritrovò, ormai priva di peso, in
orbita attorno alla Terra, fra 200 e 1600 km d’altezza. Solo dopo tre ore di quella straziante
condizione la bestia si calmò, ignara della sorte che l’aspettava.
Cominciò così, il 3 novembre 1957, il viaggio senza ritorno della cagnetta russa Laika, il primo
essere vivente ad avere varcato i confini della Terra. Ancora oggi, a cinquantadue anni da
quell’evento, resta insoluto il mistero su come sia veramente morta Laika: gli esperti continuano a
fornire differenti versioni di quel sacrificio programmato, alcune rassicuranti, altre decisamente
strazianti. Come pure resta aperto il contenzioso se si trattò di un indispensabile esperimento per
aprire all’uomo la via dello spazio, oppure di un’inutile ed esibizionistica crudeltà. Appena un mese
prima, il 4 ottobre 1957, l’ex Unione Sovietica aveva sbalordito il mondo collocando in orbita lo
Sputnik 1, il primo satellite artificiale, dimostrando un’insospettata supremazia rispetto agli Stati Uniti
nella corsa allo spazio.
Stando ai documenti resi pubblici dopo il crollo dell’Urss, il lancio di Laika fu un affrettato fuori
programma. Galvanizzato dal successo, il presidente Nikita Kruscev chiese al capo dei programmi
spaziali Sergei Korolev di anticipare a qualunque costo il volo orbitale di una cagnetta, previsto per i
mesi successivi, in modo da farlo coincidere con il 40.mo anniversario della rivoluzione d’ottobre (7
novembre 1917).
Le procedure consuete dell’ingegneria spaziale furono accantonate. Non ci fu tempo nemmeno di
stendere il progetto. La capsula fu costruita in officina sulla base di disegni improvvisati.
23
kg, che sarebbe stata collocata in cima a uno dei missili balistici intercontinentali più potenti
dell’epoca. L’abitacolo era dotato di atmosfera artificiale pressurizzata, impianto termoregolatore, e
apparati di trasmissione dei parametri vitali della cagnetta. In un certo senso confortevole, ma
assolutamente privo di un sistema di recupero: una volta compiuta la sua missione orbitale, era
destinato a bruciare nell’atmosfera come una meteora.
Anche il reclutamento della cagnetta fu estemporaneo: accalappiata mentre vagava senza padrone
in una via di Mosca, fu selezionata per la sua docilità fra tanti altri compagni di sventura. Laika era
una femmina bastarda di circa 3 anni, risultato di incrocio fra un husky siberiano e un terrier.
Sopportò con grande pazienza i test attitudinali: le costrizioni della tuta spaziale, gli elettrodi incollati
nel petto, la centrifuga per simulare l’accelerazione di gravità durante il lancio. E si guadagnò con
onore quel posto nella capsula spaziale dove, secondo fonti della Nasa, fu sigillata per ben tre giorni
in attesa del lancio, con le deiezioni che si raccoglievano copiose in un sacchetto. Dopo il terrore del
lancio e la ritrovata calma in orbita, Laika fu sentita dai controllori di volo consolarsi mangiando la
sua pappa gelatinosa. Ma fu una breve parentesi.
Qualcosa andò però storto nell’impianto di termoregolazione. Invece di mantenersi a 16 gradi, la
temperatura schizzò a 41 e la cagnetta riprese a guaire e ad agitarsi. I battiti del suo cuore, poi
ritrasmessi da alcune emittenti radiofoniche, diventarono sempre più flebili. Secondo la versione
ufficiale dei fatti, trascorse circa 5 ore dall’ingresso in orbita, i controllori di volo applicarono la
prevista soluzione della "dolce morte", rendendo disponibile alla cagnetta un’apposita pozione
velenosa già pronta in cabina. Alcuni anni più tardi, nel corso di un convegno spaziale a Houston,
Texas, uno degli scienziati che partecipò all’impresa, rivelò che la versione dell’eutanasia era una
pietosa bugia e che in
realtà la cagnetta era
morta 5-6 ore dopo il
lan cio
pe r
str ess
termico. Secondo altre
fonti russe, l’agonia della
cagnetta si sarebbe
prolungata per ben
quattro
giorni.
Lo
Sputnik 2 divenne la
bara spaziale di Laika,
fino a quando la sua
orbita decadde e tutto
finì, il 14 aprile 1958,
con
un’infuocata
disintegrazione
nell’atmosfera.
Cinquantadue anni fa il
mondo si divise fra
coloro che esaltarono
l’impresa, incuranti delle
sofferenze di Laika,
sostenendo che quella
era l’unica via per La cagnetta Laika nell’alloggiamento della capsula sovietica Sputnik 2 lanciata in
verificare la capacità di orbita il 3 novembre 1957
un essere evoluto a
sopportare le forti sollecitazioni del lancio, seguite dalla repentina e prolungata assenza di gravità e
coloro i quali affermavano che tutte le verifiche potevano essere fatte tranquillamente nei simulatori
spaziali a Terra, sia sugli animali sia direttamente sull’uomo. Così, mentre gli animalisti protestavano
davanti alle ambasciate sovietiche di tutto il mondo, gli scienziati russi, e poi anche gli americani,
continuavano i loro esperimenti spaziali con cavie animali: non solo cani, ma anche scimpanzé,
topolini, rane, alcuni dei quali recuperati, altri finiti tragicamente come Laika. Solo di recente, Oleg
Gazenko, uno dei superstiti ricercatori che partecipò al tirocinio di Laika, ha fatto una pubblica
ammissione di pentimento: «Più tempo passa e più mi rammarico per la nostra scelta. Non era
proprio necessaria. Da quella missione non abbiamo imparato tanto da giustificare la tragica fine di
quel cane».
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GEGENSHEIN, IL FANTASMA DEL CIELO di Claudio Pra
Sono le 23.00 di un giorno di ottobre e mi trovo un paio di chilometri sotto il
Passo Giau, lato Selva di Cadore, approssimativamente a quota 2100 metri. La
giornata infrasettimanale, l’ora tarda, il freddo, la stanchezza e perfino la
nebbia (presente a valle ma, come sperato, superata e lasciata più in basso già
dopo pochi tornanti) non sono riusciti ad avere la meglio sulla voglia di salire
fin quassù senza strumenti per cercare di osservare il mitico Gegenschein, un
fenomeno sconosciuto ai più e osservato da pochi fortunati data la sua
trasparenza che lo rende difficilissimo da “estrarre” dal fondo cielo.
Conosciuto anche come Luce Anteliale (cioè opposta al Sole, da cui quindi
differisce di centottanta gradi) è in pratica una continuazione della Luce
Zodiacale (polvere interplanetaria che riflette e diffonde la luce del Sole,
presente soprattutto nella parte interna del sistema solare e visibile lungo
l’eclittica). Nel numero scorso avevo scritto proprio un articolo sull’ esperienza
di un osservazione della Luce Zodiacale e avevo concluso citando anche il
Gegenschein, che però mi è sempre sfuggito. A dire il vero non l’ho mai
cercato in condizioni ideali ma la sensazione netta è quella di un impresa al
limite dell’impossibile, anche sotto cieli quasi perfetti così come è in larga
parte quello del Giau. Proprio per questo avevo deciso di desistere.
Frequentando abitualmente un forum di astrofili però, e leggendo di un
osservazione andata a buon fine, gli stimoli mi sono tornati e ho deciso di
continuare la ricerca, non a gennaio, mese indicato in un testo che avevo letto
come il maggiormente favorevole per cercarlo ben alto nei Gemelli, ma
proprio in ottobre, più basso ma situato nella costellazione dei Pesci, lontano
dalla Via Lattea e da stelle che con la loro luminosità possono disturbarne la
percezione (figuratevi a che tipo di osservazione estrema si va incontro).
Così sono quassù, in piedi a dieci metri dalla macchina, che “adatto” l’occhio al buio sotto un cielo davvero
fantastico. Tra l’altro la nebbia che si vede laggiù a valle fa da tappo per le luci, comunque limitate, che si
alzano dai paesi. Le prime ricerche non danno frutto ma forse è troppo presto. La “visione notturna” ha
bisogno di ulteriore tempo per entrare in funzione in tutta la sua potenzialità. Ogni tanto, girandomi dalla parte
opposta, ammiro una Via Lattea davvero scolpita che non può non lasciare indifferenti. Ma devo concentrarmi
sul Gegenschein e nemmeno un simile spettacolo può distrarmi. Ora mi pare di cominciare a percepire a
momenti una estesa chiazza appena accennata che però è talmente estrema da farmi dubitare sulla bontà
dell’avvistamento: sarà realtà o suggestione quello che mi pare di vedere? Questo genere di osservazioni sono
davvero stancanti e chi ha un po’ di esperienza con il deep sky estremo mi può capire. Si, perché anche in
questo caso, come per gli oggetti debolissimi osservati al telescopio, si tratta di usare la visione distolta e in
ogni caso la debolezza del soggetto sotto osservazione è talmente accentuata da non farlo mai apparire
nettamente. Però quella benedetta chiazza “trasparente” la vedo più volte e più passa il tempo e più i residui
dubbi vengono cancellati. La posizione corrisponde perfettamente e intorno non si vede niente di simile. La
vedo ancora e poi ancora Si, l’ho beccato! Il Gegenschein è lì, incredibilmente sotto (anzi sopra) ai miei occhi.
Dopo l’emozione per la conferma di averlo visto, con razionalità provo a calcolarne le dimensioni che
sicuramente sono di almeno dieci gradi di lunghezza lungo l’eclittica. E’ invece più stretto in altezza. Verso est
mi pare perfino di notare un allungamento più sottile lungo qualche grado. E’ presumibilmente un pezzetto del
ponte di luce che collega il Gegenschein alla Luce Zodiacale. Proprio parlando di quest’ultima, che ho potuto
ammirare più volte, pur tenue, è molto più semplice da osservare della Luce Anteliale. Non so se siano le
dimensioni molto più estese che la rendono maggiormente appariscente o una maggiore luminosità. In ogni
caso il Gegenshein è davvero niente in confronto e mai lo avrei visto senza sapere dove guardare di preciso.
Oltre a questo il cielo deve davvero rasentare la perfezione.
Salgo in macchina dopo averlo “intuito” ancora per un po’. E’ mezzanotte e posso andare a dormire soddisfatto
per aver osservato qualcosa di incredibile. Mi vedo già, fra molti anni, a raccontare a giovanissimi ed estasiati
astrofili di un fantasma del cielo quasi imprendibile. Quasi appunto
Le due riviste astronomiche che consigliamo caldamente
sono Nuovo Orione e Coelum.
La prima esce ogni ultimo giovedì del mese mentre la
seconda è in edicola i primi giorni del mese.
Entrambe costano 6 euro.
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GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI
Facciamo stavolta la conoscenza di una giovane appassionata di Falcade, Nadine De Biasio. L’entusiasmo non
le manca di certo tanto che in breve tempo è risultata essere uno degli Associati più “attivi”. La voglia di
scoprire di persona l’universo che ci circonda l’ha già convinta a comperarsi un telescopio con cui ha
cominciato i suoi viaggi celesti in compagnia di papà e mamma (a loro volta risucchiati nel vortice di stelle e
pianeti). Se il buon giorno si vede dal mattino siamo sicuri che abbiamo guadagnato una grande osservatrice.
La prima domanda è quasi sempre la stessa per tutti: com’ è nata la tua passione per il cielo stellato?
Il cielo mi ha sempre affascinato, ma la passione vera e propria è nata leggendo alcuni libri sul tema e
soprattutto visitando e seguendo una lezione al planetario.
Quali sono le maggiori difficoltà che da neofita ti trovi a dover superare?
Finora ho avuto qualche difficoltà a riconoscere alcune costellazioni e ad imparare ad usare il telescopio, credo
comunque che sia solo questione di tempo ed esperienza.
Oltre che a osservare il cielo ti dedichi anche a qualche lettura sull’argomento?
Sì, ho letto e sto leggendo parecchi libri e manuali che mi aiutano ad approfondire e studiare meglio
l'argomento.
Quale oggetto o fenomeno finora ti ha maggiormente colpito e quale sogni di poter osservare in futuro?
L'oggetto che mi ha maggiormente colpito e soddisfatto è stato Giove, ma in futuro mi piacerebbe osservare un
altro pianeta (Saturno, ad esempio), la luce zodiacale e magari anche il passaggio di una cometa.
Cosa ti pesa maggiormente di questa passione?
Mi infastidisce un po' il fatto che le mie osservazioni notturne siano spesso disturbate dalla luce dei lampioni
che illuminano a giorno il cielo e che quindi non favoriscono una buona visione.
Come giudichi l’attività proposta dall’Associazione e hai consigli da dare in proposito?
Ho conosciuto l'associazione per puro caso, ma per me è stata molto importante per coltivare la mia passione.
Quindi spero che altri possano apprezzare la sua utilità, visto che in questi tempi di vita frenetica, pochi si
prendono il tempo di dedicare uno sguardo al firmamento perdendosi uno spettacolo impagabile.
PLANETARIO DI S. TOMASO
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle
20.30. Per partecipare occorre prenotarsi
telefonando al Comune di S. Tomaso in
mattinata allo 0437/598004 oppure passare
direttamente in Comune. Il costo delle lezioni è
fissato per tutti in 5 euro. Al raggiungimento del
tetto massimo di prenotazioni per una serata, si
sarà dirottati alla successiva o alla prima dove ci
sia posto (se d' accordo).
Ho visto cose che voi umani
nemmeno immaginate...
Per le scolaresche sono due le giornate di apertura
settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni
alle 9.00 e alle 10.30. La prenotazione va effettuata
sempre ai numeri del municipio e il pagamento
(anticipato) è possibile tramite bollettino di c/c Il
costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell'
obbligo ai 3,50 euro per le superiori. Il numero
massimo di studenti per lezione non può superare i
25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per le superiori
(nel numero rientrano gli accompagnatori).
Per gli Associati a “Cieli Dolomitici” l’ingresso è
gratuito.
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