ANEMIA INFETTIVA EQUINA (AIE)
L’Anemia Infettiva Equina (AIE) è una malattia infettiva che causa una sindrome acuta,
cronica o asintomatica (senza sintomatologia evidente), caratterizzata da febbre, anemia,
edemi e perdita di peso in cavalli, muli ed asini. L’agente causale è un Lentivirus (una
famiglia di virus che comprende anche il virus dell’HIV dell’uomo), che è trasmesso tramite
insetti ematofagi in aree umide.
Benché la malattia sia riscontrata in tutto il mondo, l’incidenza varia
marcatamente da zona a zona. Agli inizi del ventesimo secolo gravi
epidemie si sono verificate in Francia, Giappone ed America. Durante il
decennio 1980-1989, la malattia è stata segnalata in diverse parti
dell’America, Asia (India, Malesia, Myammar, Filippine, Tailandia)
Europa (Austria, Francia, Grecia, Italia, Romania, USSR e Yugoslavia) ed Australia.
L’incidenza è molto bassa in Gran Bretagna (un caso riportato nel 1975 in una fattrice
Purosangue e nel suo redo, importati dall’Italia) mentre in Italia sono segnalati casi tutti gli
anni.
Qual è il periodo d’incubazione?
Il periodo d’incubazione è normalmente di 1-3 settimane, ma sembra essere molto variabile e
può arrivare fino a 3 mesi. Gli anticorpi solitamente sono presenti nel sangue dei soggetti
infetti 7-14 giorni dopo l’infezione e permangono per tutta la vita.
Quali sono i sintomi clinici?
La malattia è caratterizzata da episodi febbrili ricorrenti, anemia (basso numero di globuli
rossi nel sangue), trombocitopenia (basso numero di piastrine nel sangue), inappetenza,
depressione, rapida perdita di peso ed edema (raccolta di liquidi) nelle parti declivi del corpo,
e talvolta incoordinazione motoria. Nelle fasi iniziali della malattia le mucose buccali, nasali
ed oculari possono essere gonfie e arrossate ma con il cronicizzarsi della malattia quelle
buccali e oculari diventano gialle (ittero) talvolta con piccole emorragie (petecchie) sparse
sulla loro superficie. In alcuni casi ci può essere decubito e morte dopo lo stadio iniziale della
malattia. Nella maggior parte comunque c’è un periodo di apparente miglioramento, che può
durare due o tre settimane, ma i sintomi si ripresentano a distanza di settimane per diversi
mesi. I cavalli che soffrono di queste ricadute divengono progressivamente deboli, emaciati e
itterici. Si sviluppa gonfiore (edema) degli arti, dell’addome e del prepuzio (edema ventrale).
Alcune cavalle gravide possono abortire. In diversi casi il cuore e i reni vengono
irreparabilmente danneggiati ed il cavallo muore. Circa il 50% di tutti i soggetti colpiti
muoiono. Negli altri c’è un’apparente guarigione, benché il virus non venga eliminato
definitivamente dall’organismo. Alcuni cavalli infetti rimangono asintomatici, pur rimanendo
potenziali fonti di infezione per i soggetti non ancora contagiati.
Come si trasmette l’infezione?
La trasmissione avviene tramite il trasferimento di sangue infetto da un cavallo malato ad uno
sano. Questo si verifica in natura tramite insetti ematofagi. Il virus non si moltiplica negli
insetti ma viene trasmesso da un cavallo all’altro meccanicamente durante il pasto
dell’insetto. La malattia è riscontrata soprattutto nei mesi più caldi e nelle aree dove la
popolazione di insetti è di densità elevata. Questo comprende zone boschive e aree vicine a
paludi e corsi d’acqua o aree dove il terreno è sabbioso.
Il sangue infetto può essere trasmesso anche tramite procedure veterinarie, usando aghi
ipodermici infetti, sonde rino gastriche, apparecchiature per denti o tatuaggi, o guanti per
esplorazioni rettali. Questi rischi possono essere evitati usando aghi e guanti usa e getta e
lavando e disinfettando le sonde rino gastriche e le attrezzature dentistiche tra un cavallo e
l’altro.
L’infezione può diffondersi dalla cavalla al suo puledro sia in utero, prima del parto, che
attraverso il latte, dopo la nascita. I puledri nati da cavalle infette, ma che non sono stati
infettati in utero, possono essere
resistenti all’infezione quando sono
molto giovani per la presenza di
anticorpi nel colostro assunto dalla
fattrice. Questi puledri possono essere
poi infettati dal latte della loro
mamma quando il livello degli
anticorpi colostrali cala, a 3-4 mesi di
vita.
I cavalli infetti, sia che mostrino
sintomatologia o meno, rimangono
infettati dal virus dell’AIE ed il loro
sangue rimane infettante per altri
cavalli, per tutto il resto della loro vita. Ciò significa che il cavallo è un portatore persistente e
può potenzialmente trasmettere l’infezione ad altri cavalli. Il titolo virale (la quantità di virus
nel sangue) è più elevato in cavalli con sintomatologia clinica evidente ed il rischio della
trasmissione è maggiore da questi animali piuttosto che da portatori con un titolo virale
inferiore.
Come viene confermata la diagnosi?
La diagnosi è inizialmente basata sui segni clinici di febbre ricorrente, anemia, ittero ed
edema. Successivamente viene confermata tramite identificazione degli anticorpi specifici
contro il virus in campioni di sangue, o dal ritrovamento di particelle virali nei tessuti infetti
all’esame necroscopico. Il test sierologico ufficiale riconosciuto a livello internazionale è il
test di Coggin, dal nome del virologo che lo ha messo a punto. Questo test prevede una
reazione di immunodiffusione in gel di agar ed identifica gli anticorpi prodotti dal cavallo
dopo l’infezione da virus dell’AIE. Un risultato positivo indica una passata o una presente
infezione da virus dell’AIE. Un’eccezione (un falso positivo) si verifica quando un puledro è
nato non infetto ma acquisisce gli anticorpi dalla madre infetta, tramite il colostro. Questi
puledri (se non contagiati successivamente da latte infetto) diventano di solito negativi al test
di Coggin dopo i sei mesi di vita. Un risultato falso negativo si può verificare se un cavallo
infetto è testato troppo presto dopo il contagio, prima che l’organismo abbia avuto il tempo di
reagire immunologicamente e di produrre anticorpi nei confronti del virus.
Un’alternativa al test di Coggin è il test c-Elisa. Esiste anche un test per l’identificazione di
particelle virali nei tessuti infetti ma è più utile nel caso un cavallo sia morto in poco tempo,
prima di avere dato un esito positivo al test di Coggin. Altri test per l’identificazione di
anticorpi nel sangue sono disponibili ma non sono così affidabili, pratici ed universalmente
riconosciuti come il Coggin.
Che trattamenti esistono per l’AIE?
Non esiste un trattamento specifico per l’AIE né un vaccino. Vengono effettuate terapie di
sostegno sintomatiche per la febbre, l’anemia e la perdita di peso, almeno fino a che non
venga effettuata una diagnosi e non sia presa la decisione per l’eutanasia. Il controllo è basato
sugli esami del sangue per identificare i cavalli infetti ed i portatori, sull’abbattimento o sullo
stretto isolamento di questi soggetti in strutture al riparo da insetti. Le misure preventive per
situazioni ad alto rischio comprendono l’uso di repellenti per gli insetti e strutture al sicuro
dagli stessi soprattutto durante i periodi del giorno in cui sono più attivi. Il veterinario deve
usare aghi e siringhe monouso, applicare una rigorosa disinfezione di tutte le attrezzature, in
quanto possono contaminarsi con il sangue e diffondere l’infezione durante le operazioni tra
un animale e l’altro.
Il virus può sopravvivere nel sangue, nelle feci e nei tessuti, quindi tutti questi materiali
organici devono essere eliminati prima della disinfezione sia tramite bollitura (per almeno 15
min.) che con l’uso di sostanze chimiche come l’ipoclorito, i composti a base di iodio, la
clorexidina e l’etanolo.
L’AIE è una malattia denunciabile ed una volta denunciata la gestione è responsabilità del
Servizio Veterinario Ufficiale. Il destino di un cavallo contagiato dall’AIE è l’isolamento a
vita oppure l’eutanasia e la successiva distruzione della carcassa.
Questa informative per i clienti è basata su materiale scritto da Deidre M Carson BVSc MRCVS e
Sidney W Ricketts LVO BSc BVSc DESM Dip ECEIM FRCVS. Traduzione a cura di Gianmaria Postinger (Med. Vet. libero
professionista) e Paola Gulden (Med. Vet. libero professionista). Usato previo permesso secondo licenza.
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