Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche. La progettazione del modello bottom-up Nunzio Angiola Professore ordinario di Economia aziendale nell’Università di Foggia Roberto Marino Dottorando di ricerca in Scienze dell’economia e della gestione aziendale nell’Università di Foggia Sommario: 1. Introduzione. 2. Review della letteratura e scopi della ricerca. 3. La progettazione: precisazioni in merito a finalità, oggetto e strumenti del modello bottom-up. 4. Sintesi e conclusioni. Il presente contributo invita ad una riflessione sul modello di valutazione del personale dirigenziale “dal basso verso l’alto” (bottom-up model), che coinvolge nel processo di valutazione delle prestazioni dei dirigenti i loro collaboratori, ossia i dirigenti sott’ordinati se esistenti e il personale di comparto. Il lavoro si sofferma, in particolare, sul processo di progettazione del modello – attraverso l’analisi delle finalità, dell’oggetto e degli strumenti – nel tentativo di colmare una lacuna delle ricerche in materia di misurazione e valutazione delle performance nelle amministrazioni pubbliche. This paper aims at analysing a model of public sector managers evaluation, according to the bottom-up approach. The bottom-up model emphasizes the contribution that subordinates of the managers – other managers if existing and the not executive personnel – can offer in the evaluation process. Particularly, this paper focuses on the planning process of the bottom-up model – through the analysis of the aims, of the object and of the tools – in attempting to fill a gap in the researches about the measurement and the evaluation of the public administrations performance. * Il presente lavoro è frutto dell’impegno comune degli autori che ne condividono appieno le responsabilità. Ai fini di una ripartizione del lavoro, i paragrafi 1 e 4 sono attribuibili a Nunzio Angiola e i paragrafi 2 e 3 a Roberto Marino. Parole chiave: valutazione dei dirigenti – modello bottom-up – misurazione e valutazione delle performance Key words: managers evaluation – bottom-up model – measurement and evaluation of performance 253 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative 1. Introduzione La valutazione del personale con incarico dirigenziale nelle amministrazioni pubbliche costituisce uno dei controlli interni introdotti nel nostro ordinamento con il d.lgs. 286/1999. (1) Nell’impianto normativo risalente al 1999, la valutazione dei dirigenti si fonda sui principi di seguito richiamati (d.lgs. 286/1999, art. 5; Paoloni, Grandis, 2007: pp. 560-561): 1. occorre polarizzare l’attenzione su due componenti: le prestazioni dei dirigenti, da un lato, e le loro competenze organizzative (spesso si parla di comportamenti organizzativi), dall’altro. Le prime sono correlate al grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati, le seconde fanno riferimento invece alle “caratteristiche individuali di un dirigente (conoscenze, capacità, valori, motivazioni) che, contrassegnandone lo stile di direzione, determinano in misura decisiva l’andamento di un ufficio” (Pastorello et al., 2004: p. 86); 2. la valutazione deve avere cadenza annuale e fa affidamento – in particolare per quanto attiene alle prestazioni – sulle conclusioni raggiunte dal “controllo di gestione” che, pertanto, assume un ruolo nevralgico ai fini della valutazione di cui si discute; 3. il decreto precisa che “il procedimento per la valutazione è ispirato ai principi della diretta conoscenza dell’attività del valutato da parte dell’organo proponente o valutatore di prima istanza, della approvazione o verifica della valutazione da parte dell’organo competente o valutatore di seconda istanza”; 4. la partecipazione al procedimento del dirigente valutato. Questa previsione assolve ad una duplice finalità: da un lato, consente al soggetto interessato di sottoporre eventuali osservazioni o rilievi a conclusione del “ciclo generale” della valutazione (ossia a seguito della formulazione del giudizio finale), ma anche in itinere, mentre il processo si svolge; dall’altro, crea i migliori presupposti affinché si instauri un clima di collaborazione e di fiducia, condicio sine qua non, vincolo irrinunciabile per la riuscita di qualsiasi iniziativa in materia di valutazione della dirigenza. Se si focalizza l’attenzione sui soggetti coinvolti nel processo di valutazione, rileviamo che essi possono essere generalmente individuati nel dirigente sovraordinato e nel Nucleo di valutazione. Il primo ha conoscenza diretta del dirigente e assume il ruolo di soggetto proponente la valutazione o valutatore di prima istanza; il secondo di norma si fa carico della valutazione 1 Più precisamente, il decreto, che dispone il “riordino e il potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche”, prevede quattro tipologie di controllo interno: il controllo di regolarità amministrativa e contabile (c.d. controllo “burocratico”), il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e il controllo strategico (cc.dd. controlli “manageriali”). Azienda Pubblica 2.2010 254 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche finale, fungendo da valutatore di seconda istanza. Pertanto, alla luce delle previsioni contenute nel decreto 286, l’intero processo valutativo soggiace ad una logica top-down, dal momento che la valutazione è essenzialmente collegata al giudizio espresso dal dirigente sovraordinato. Si rammenta, infatti, che al Nucleo competono funzioni di verifica o di approvazione dei giudizi espressi dal valutatore di prima istanza. Sebbene la metodologia valutativa testé descritta sia ampiamente diffusa tra le aziende del comparto pubblico, non possiamo esimerci dal rilevare che un approccio alla valutazione che si fondi essenzialmente sul parere del dirigente sovraordinato è destinato, non di rado, a non intercettare importanti driver del processo di creazione del valore pubblico. (2) È questo il motivo per cui si va diffondendo la convinzione che la performance di un dirigente debba essere riguardata da diverse angolature. Il superiore gerarchico, i colleghi (peers), i collaboratori del dirigente e – in alcuni casi – i clienti/utenti possono offrire un contributo rilevante nell’ambito del processo valutativo. L’obiettivo è quello di fornire al soggetto cui è demandata la responsabilità di formulare il giudizio finale un ampio spettro di informazioni di diversa provenienza. Va da sé che il modello di valutazione “multi-dimensionale” è utile – per le informazioni che è in grado di fornire – anche e soprattutto al dirigente, che potrà disporre di maggiori elementi per poter costantemente migliorare la sua performance. Il dirigente viene, in altri termini, messo nella condizione di avere “una visione globale (a 360 gradi) delle percezioni di altri soggetti in merito alla sua prestazione di lavoro” (Mundell, 2001: p. 29). (3) È appena il caso di notare che tali riflessioni sembrano trovare riscontro nei recenti provvedimenti legislativi che, direttamente o indirettamente, impattano sulla valutazione della dirigenza. Ci si riferisce, in particolare, alla legge-delega 15/2009 e al successivo d.lgs. 150/2009 di attuazione (c.d. “Decreto Brunetta”) che introducono importanti elementi di novità “in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Analizzando il contenuto dei provvedimenti richiamati, si fa osservare che la legge 15 assegna al Governo il compito di “riordinare gli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle 2 Per approfondimenti sulla nozione di valore pubblico, si vedano: Hatry (2006: capp. 1-2); Moore (2003: p. 83); Poister (2003: capp. 3-8); Pollitt (2003: pp. 112-126). Per la letteratura italiana, si rinvia, tra gli altri, ai seguenti lavori: Anselmi (2003: pp. 8-12); Borgonovi (2004: pp. 122-127); Del Vecchio (2001: pp. 76-87); Farneti (1995: pp. 7-15); Meneguzzo (2005: pp. 714); Mulazzani (2001: pp. 24-29, 49-55); Paletta (1999: p. 106); Rebora (1999a: p. 15-73); Rebora (1999b: p. 25); Valotti (2005: p. 129-133); Zangrandi (1994: p. 245-246). 3 Il Comune di Ravenna ha sperimentato, tra i primi enti locali in Italia, un modello di valutazione della dirigenza “multi-dimensionale”. Tale modello – introdotto sin dal 1999 – collega la formulazione del giudizio finale sulla performance manageriale sia alle percezioni del dirigente sovraordinato sia a quelle del dirigente valutato (c.d. autovalutazione) e dei suoi diretti collaboratori (di 8° e 7° livello; oggi si parla di categoria D). Per una approfondita disamina delle caratteristiche del sistema di valutazione del Comune di Ravenna si rimanda a Della Rocca, Randi (2001) e Randi (2004). 255 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative amministrazioni pubbliche” (art. 4, comma 2, lett. e). Il decreto 150 abroga l’art. 5 del d.lgs. 286/1999 (4) in precedenza citato e dà attuazione alla delega affidando il processo di misurazione e valutazione della performance – organizzativa e individuale – delle amministrazioni pubbliche a quattro soggetti chiaramente definiti (art. 12): 1) la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT), 2) gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), 3) l’organo di indirizzo politico e amministrativo di ciascuna amministrazione, nonché 4) i dirigenti di ciascuna amministrazione. Inoltre, stando al decreto, gli Organismi indipendenti di valutazione devono potersi avvalere – ai fini dell’espletamento dei loro compiti – anche del giudizio formulato dai collaboratori del dirigente. A tal riguardo, l’art. 14, comma 5, del d.lgs. 150 così recita: “L’Organismo indipendente di valutazione della performance, sulla base di appositi modelli forniti dalla Commissione di cui all’articolo 13, cura annualmente la realizzazione di indagini sul personale dipendente volte a rilevare il livello di benessere organizzativo e il grado di condivisione del sistema di valutazione nonché la rilevazione della valutazione del proprio superiore gerarchico da parte del personale, e ne riferisce alla predetta Commissione” (corsivo aggiunto). Quest’ultimo aspetto assume particolare rilevanza ai fini del nostro lavoro. Riteniamo, infatti, che i collaboratori siano interlocutori privilegiati del dirigente e che, in quanto tali, siano titolati ad esprimere un giudizio articolato e fedele in merito alla performance del dirigente stesso, riguardata – com’è ovvio – dallo specifico versante dei comportamenti organizzativi. (5) Infatti, i collaboratori osservano da vicino il comportamento del dirigente di riferimento e sono in grado di elaborare convincimenti non meno pregni di significato di quelli espressi dagli altri soggetti coinvolti o potenzialmente coinvolgibili nel processo di valutazione (dirigente sovraordinato, colleghi dirigenti, clienti/utenti). Alla valutazione dei dirigenti da parte dei loro collaboratori – i dirigenti sott’ordinati se esistenti e il personale di comparto – può essere assegnata la denominazione di “valutazione bottom-up”. Mutuando un’altra locuzione rinvenibile nella dottrina anglosassone, la valutazione “dal basso verso l’alto” può essere anche denominata upward appraisal. Nel paragrafo seguente si fornisce una sintetica panoramica dei principali contributi che la dottrina economico-aziendale – e non solo – ha fatto registrare sull’argomento. 4 Si veda, a tal riguardo, l’art. 30, comma 4, lett. c), del d.lgs. 150/2009. 5 La Riforma Brunetta assegna un posto di assoluto rilievo al giudizio sui comportamenti organizzativi nel complessivo sistema di valutazione della performance manageriale. Scendendo nei dettagli, già l’art. 4 della citata legge 15/2009, che fornisce utili indicazioni in merito ai principi che devono ispirare la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, prevede l’”estensione della valutazione anche ai comportamenti organizzativi dei dirigenti”. In tale alveo si muove il d.lgs. 150/2009 di attuazione della legge 15 che include, tra i vari criteri che devono ispirare il processo di misurazione e valutazione della performance del dirigente, anche “le competenze professionali e manageriali dimostrate” (art. 9, comma 1, lett. c). Azienda Pubblica 2.2010 256 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche 2. Review della letteratura e scopi della ricerca Per meglio comprendere la rilevanza che può assumere un sistema di valutazione bottom-up, ricordiamo che, negli ultimi quaranta anni, registra non pochi consensi la tesi secondo la quale la partecipazione dei collaboratori al processo di valutazione dei dirigenti può contribuire a migliorare la qualità del giudizio finale. Partendo da questa considerazione, diversi Autori focalizzano la propria attenzione sugli elementi caratteristici di tale approccio. Tra gli aspetti esplorati più di frequente, si richiamano i seguenti: - fattori che influenzano l’“onestà” del giudizio espresso dai collaboratori. A tal riguardo, in un recente studio del 2008, Smith e Fortunato individuano otto elementi in grado di condizionare l’attendibilità del feedback prodotto dai collaboratori (atteggiamento dei collaboratori verso l’azienda in cui operano; finalità assegnata alla valutazione bottom-up; conoscenza del processo di valutazione bottom-up da parte dei collaboratori; fiducia dei collaboratori nell’utilità della valutazione bottom-up; opportunità di osservare regolarmente il comportamento del dirigente da valutare; percezione dei benefici connessi all’implementazione di un sistema di valutazione bottomup; timore di ritorsioni da parte del dirigente che riceve un giudizio negativo; grado di autostima del collaboratore); (6) - esistenza di una correlazione tra i giudizi espressi dai collaboratori, dai superiori gerarchici e dal dirigente medesimo. Dall’analisi delle principali ricerche empiriche sull’argomento non emerge un orientamento univoco. Infatti, mentre alcuni studiosi (Mount, 1984) certificano l’esistenza di una significativa correlazione tra i giudizi che promanano dai collaboratori del valutato, dai suoi superiori e dal valutato stesso, altri (Harris, Schaubroeck, 1988), al contrario, registrano una correlazione di modesta entità. Non mancano, poi, autori (London, Wholers, 1991) che analizzano la questione alla luce delle caratteristiche “personali” del soggetto valutato (sesso, inquadramento all’interno della struttura organizzativa, ecc.), nonché delle scelte effettuate in sede di implementazione del modello di valutazione (ad es. con riferimento al numero di collaboratori da coinvolgere nel processo di valutazione). I due autori dimostrano, tra le altre cose, l’esistenza di una correlazione tra i giudizi espressi dai collaboratori e quelli che discendono dal processo di “autovalutazione” del dirigente valutato. L’intensità della correlazione aumenta considerevolmente quando il valutato è di sesso femminile e opera all’interno di organi di line; l’intensità della correlazione aumenta, inoltre, al crescere del numero di collaboratori coinvolti nel processo di valutazione; 6 Con riferimento ai fattori che influenzano l’onestà del giudizio espresso dai collaboratori, ulteriori spunti di riflessione sono rinvenibili in Weinrauch, Matejka (1975). 257 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative - incidenza dell’upward appraisal system sulla performance futura del dirigente. Diversi studiosi (Hegarty, 1974; Bush, Stinson, 1980; Bernardin, Beatty, 1987; Walker, Smither, 1999; Heslin, Latham, 2004) concordano nel ritenere che il giudizio dei collaboratori possa condurre ad un miglioramento significativo delle prestazioni e del comportamento organizzativo del dirigente valutato. Si registrano, tuttavia, differenti convincimenti con riferimento ai tempi necessari affinché il miglioramento concretamente si manifesti. A titolo esemplificativo, si noti che mentre alcuni osservatori (Walker, Smither, 1999) rilevano la presenza di cambiamenti significativi nella performance manageriale soltanto a partire dal secondo anno successivo all’implementazione del sistema di valutazione bottomup, altri (Hegarty, 1974; Heslin, Latham, 2004), al contrario, sono convinti che il processo di miglioramento del dirigente possa avviarsi in tempi sensibilmente più contenuti (secondo Hegarty, anche entro 10 settimane); - profili di accountability nel processo di valutazione bottom-up, con particolare riferimento alla possibilità di identificare il soggetto che formula il giudizio. Se si volge lo sguardo ai principali contributi che si propongono di analizzare tale aspetto (Klimosky, Inks, 1990; London, Wholers, 1991; Antonioni, 1994; Brajkovich, 1995; Westerman, Rosse, 1997; Silva, Tosi, 2004) è possibile individuare due orientamenti prevalenti: quello di chi ritiene che il giudizio dei collaboratori debba essere formulato in forma anonima (per evitare possibili ritorsioni sui collaboratori da parte del dirigente che riceve un giudizio negativo) e quello di chi, al contrario, è convinto che il dirigente debba essere messo nelle condizioni di conoscere il feedback di ciascun collaboratore che partecipa al processo di valutazione bottom-up (nel tentativo di meglio tutelare il dirigente valutato); - punti di forza e punti di debolezza della valutazione bottom-up. Gli scritti che si soffermano su questi aspetti solitamente pongono enfasi su due punti di forza: 1) i collaboratori sono in grado di osservare più da vicino il comportamento del dirigente, rispetto a tutti gli altri soggetti potenzialmente coinvolgibili nel processo di valutazione; 2) taluni comportamenti possono essere osservati in modo più efficace dai collaboratori del dirigente, piuttosto che dai dirigenti sovraordinati o dai colleghi del valutato (Bernardin, Beatty, 1987; Rubin, 1995). I punti di debolezza più di frequente citati sono i seguenti: 1) i collaboratori possono non detenere le competenze necessarie per valutare i propri dirigenti; 2) i collaboratori sono portati, in alcuni casi, a formulare un giudizio tendenzialmente elevato per “compiacere” il proprio superiore; 3) i dirigenti possono tentare di “influenzare” il giudizio dei collaboratori; 4) la valutazione bottom-up può trasformarsi in una “gara di popolarità” tra i dirigenti valutati (Bernardin, 1986); Azienda Pubblica 2.2010 258 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche - importanza dei comportamenti dirigenziali da valutare, dallo specifico punto di vista dei collaboratori. A tal proposito, Rubin (1995) dimostra che i collaboratori pongono particolare enfasi sulla capacità del dirigente di creare un clima organizzativo positivo all’interno dell’azienda, nonché di assumere un ruolo di “guida”, in particolare rispetto al proprio gruppo di lavoro; - reazioni dei dirigenti ai feedback ricevuti dai propri collaboratori. Secondo McEvoy (1990), i dirigenti sono propensi ad accettare l’esito della valutazione bottom-up allorquando ad esso non siano collegate conseguenze immediate sul piano “amministrativo” (connesse cioè alla gestione di incentivi, trasferimenti e sanzioni). (7) Alla luce degli elementi richiamati e della letteratura citata – di matrice economico-aziendale e non solo – è possibile svolgere alcune considerazioni. In primo luogo, notiamo che i contributi scientifici focalizzano l’attenzione su aspetti di dettaglio; non si registrano, in dottrina, lavori che analizzano in maniera sistematica il processo di progettazione di un modello di valutazione bottom-up. (8) In secondo luogo, notiamo che non pochi studi ritengono possibile la generalizzazione dei risultati delle ricerche effettuate – trattasi, per lo più, di ricerche empiriche condotte nell’ambito di specifici contesti aziendali – a tutte le categorie di aziende. Dal canto nostro riteniamo, invece, che i risultati delle analisi che, di volta in volta, vengono esperite debbano essere interpretati alla luce della “cultura aziendale”, intesa come abitudini, opinioni e schemi di comportamento consolidati all’interno dell’organizzazione (Zanda, 1984). In tale prospettiva, siamo convinti che l’approccio bottom-up – nel caso in cui se ne studi l’eventualità di una sua introduzione – debba essere “confezionato ad arte”, in base alla “cultura” che l’azienda ha potuto sedimentare nel corso del tempo. Sulla base di queste premesse, il presente lavoro si sofferma sul processo di progettazione di un modello di valutazione della dirigenza pubblica secondo l’approccio bottom-up, polarizzando l’attenzione su alcuni aspetti di fondamentale rilievo, quali le finalità da perseguire, l’oggetto della valutazione e gli strumenti di raccolta dei feedback. Precisiamo sin d’ora che si tratta di ragionamenti sviluppati alla luce degli studi condotti – in Italia e all’estero – sull’argomento nell’ultimo ventennio e che intendiamo “testare” le nostre conclusioni a stretto giro. (9) L’analisi è ritagliata su misura rispetto 7 L’argomento sarà trattato più approfonditamente nel paragrafo seguente, al quale, pertanto, rimandiamo il lettore. 8 Degno di nota è invece il dibattito che si registra con riferimento alla progettazione e all’implementazione dei modelli di valutazione “multi-dimensionali” (c.d. “multi-source feedback o “a 360°”) che, come in precedenza ricordato, si avvalgono della valutazione bottom-up. 9 Nella prospettiva descritta, abbiamo già preso contatti con i dirigenti delle amministrazioni provinciali e comunali della regione Puglia per ottenere la loro disponibilità a “testare” le conclusioni cui perveniamo nel presente lavoro. 259 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative all’azienda-Regione e all’azienda dell’ente locale, accomunate – com’è noto – dallo stesso CCNL. 3. La progettazione: precisazioni in merito a finalità, oggetto e strumenti del modello bottom-up L’implementazione di un modello di valutazione bottom-up deve essere opportunamente “progettata”, affinché sia in grado di intercettare importanti driver del processo di creazione del valore pubblico. In fase di progettazione dovranno essere approfondite le seguenti questioni cruciali: - finalità che si intendono assegnare alla valutazione; - oggetto della valutazione; - strumenti di raccolta dei feedback. Nelle pagine che seguono si analizzano i tre aspetti testé elencati. Finalità della valutazione Le finalità per cui le aziende si dotano di strumenti per l’apprezzamento delle performance dirigenziali possono essere molteplici. Focalizzando l’attenzione sul comparto delle Regioni e degli enti locali, tali ragioni possono essere così compendiate: - la valutazione dei dirigenti fornisce validi elementi di giudizio per riconoscere incentivi di natura economica; (10) - la valutazione delle performance dirigenziali è collegata a decisioni in materia di trasferimenti e sanzioni; (11) - il programma di valutazione costituisce un valido strumento di miglioramento delle capacità manageriali del dirigente (Fedrigotti, 10 “L’amministrazione attribuisce la retribuzione di risultato ai dirigenti … sulla base del grado di raggiungimento di predefiniti obiettivi e/o livelli di prestazione”. Art. 43, comma 2, Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro nell’area della dirigenza del Comparto Regioni e Autonomie locali per il quadriennio normativo 1994-1997 e per il biennio economico 1994-1995. 11 Sul punto, appaiono eloquenti le parole di Zanda (1984: p. 22), secondo il quale «la valutazione dei dirigenti consente di impostare su basi uniformi e quanto più è possibile oggettive i provvedimenti relativi… ai trasferimenti interni e alle molteplici sanzioni previste per i contributi negativi all’efficienza dell’impresa». Anche la contrattazione collettiva sembra aver accolto l’orientamento in parola. A tal riguardo, si noti che, in base al disposto dell’art. 13 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro nell’area della dirigenza del Comparto Regioni e Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e per il biennio economico 2002-2003, “La valutazione del personale dirigenziale può condurre, in caso di esiti negativi, a: a) riassegnazione alle funzioni della categoria di provenienza, per il personale interno al quale sia stato eventualmente conferito, con contratto a termine, un incarico dirigenziale sempreché detto conferimento sia consentito dalla normativa vigente nell’ente; b) affidamento di un incarico dirigenziale con un valore di retribuzione di posizione inferiore; c) sospensione, nei confronti del personale a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale, da ogni incarico dirigenziale per un periodo massimo di due anni; d) recesso dal rapporto di lavoro, nei casi di particolare gravità”. Azienda Pubblica 2.2010 260 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche 2007). (12) In questa prospettiva, la valutazione “è impostata in maniera costruttiva: e cioè volta a favorire la qualificazione e lo “sviluppo” del personale mediante la scoperta e l’analisi dei suoi punti di forza e di debolezza, l’individuazione dei cambiamenti necessari a livello individuale e di gruppo e l’accertamento continuo dei progressi compiuti nel corso del tempo” (Zanda, 1984: p. 24). Quelle sopra descritte sono le finalità che possono essere generalmente assegnate alla valutazione dei dirigenti nelle Regioni e negli enti locali. Tuttavia, secondo un’opinione piuttosto diffusa, non tutte possono essere perseguite adottando un approccio bottom-up. Diversi studi concordano, infatti, nel ritenere utile la valutazione dei collaboratori soltanto quando non comporta conseguenze immediate sul piano “amministrativo” (connesse cioè alla gestione di incentivi, trasferimenti e sanzioni), assolvendo, piuttosto, esclusivamente a finalità di “miglioramento individuale” del dirigente valutato. Tra le varie motivazioni che contribuiscono ad avvalorare questo orientamento, ci limitiamo a riportare le principali. (13) In primo luogo, viene da più parti evidenziato che i collaboratori sono più motivati ad offrire un contributo significativo alla valutazione quando il loro giudizio è finalizzato ad individuare possibili percorsi di sviluppo individuale del dirigente (Westerman, Rosse, 1997; Avis, Kudisch, 2000). In secondo luogo, non è da sottacere che i dirigenti, allorquando non è in discussione il livello di retribuzione, il ruolo e la reputazione di cui godono, sono più propensi ad accettare il feedback ricevuto dai collaboratori. In questa prospettiva, particolare interesse suscita l’indagine condotta da McEvoy (1990) su di un campione di 128 manager pubblici con riferimento alle possibili applicazioni della valutazione bottom-up. È agevole constatare che il maggior livello di consenso si registra nei confronti di un impiego «for development only», mentre soltanto una percentuale di poco superiore al 15% dei dirigenti si dice favorevole ad assegnare alla valutazione bottomup il medesimo “peso” che viene attribuito ai giudizi elaborati dai dirigenti sovraordinati (trattasi di giudizi che, generalmente, sono impiegati per finalità di carattere “amministrativo”). Un’altra parte della dottrina – meno ampia per la verità – non esclude, 12 A tal riguardo, si noti che alcuni sistemi di valutazione – in particolare, quelli della Regione Lombardia e della Regione Umbria – prevedono che gli esiti della valutazione costituiscano un importante supporto alle decisioni concernenti la formazione del dirigente. In questi casi, valutazioni poco soddisfacenti – soprattutto se reiterate nel corso del tempo – possono suggerire l’attivazione di percorsi formativi e/o di aggiornamento professionale ritagliati su misura in base alle specificità del dirigente, al fine di colmare le lacune emerse durante il processo di valutazione (Marcantoni, Veneziano, 2007: p. 109). 13 Con riferimento a tutti i processi valutativi, e non solo rispetto alla bottom-up, si registra un’ampia convergenza sul principio che quando un sistema di valutazione delle performance assolve a obiettivi di miglioramento del capitale umano è più probabile che i feedback prodotti dai rater siano “sinceri” (DeCotiis, Petit, 1978; DeNisi et al., 1983; Mohrman, Lawler, 1983; Longenecker et al., 1987; Murphy, Cleveland, 1995; Tziner et al., 2001, 2002). 261 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative invece, che la valutazione a 360° (14) e, nel suo ambito la bottom-up, possa costituire un valido strumento di supporto anche per la gestione di incentivi, trasferimenti e sanzioni. Tra le varie motivazioni addotte a sostegno di questa tesi, si richiamano quelle che appaiono le più incisive (Bracken, 1996; London, 2001): 1. la valutazione dei collaboratori consente di produrre informazioni “di qualità” in merito al comportamento organizzativo dei dirigenti, dal momento che i collaboratori rappresentano i soggetti che più da vicino osservano il “modo di agire” del valutato; 2. la valutazione bottom-up è piuttosto dispendiosa in termini di tempo e risorse, tanto nella fase di progettazione quanto nella fase di implementazione. Pertanto, è opportuno che le informazioni ottenute vengano destinate a molteplici utilizzi, in modo da massimizzare i benefici per l’azienda; 3. i collaboratori profondono un maggior impegno nella formulazione del giudizio allorquando l’azienda assegna maggiore importanza alle informazioni che da essi provengono; 4. quando la valutazione assolve soltanto a finalità di miglioramento individuale del dirigente, è più probabile che quest’ultimo non prenda in seria considerazione il feedback ricevuto. Tra i due orientamenti in precedenza enucleati (quello che assegna alla valutazione bottom-up finalità di “miglioramento individuale” e quello che non esclude conseguenze sul piano “amministrativo”), riteniamo di poter concordare con il secondo, seppur minoritario. Più precisamente, crediamo che la valutazione dei collaboratori non debba assolvere soltanto a finalità di miglioramento personale del dirigente, ma possa fornire, altresì, un utile elemento conoscitivo nella formulazione del giudizio finale sulla performance manageriale, anche nella prospettiva che in questa sede più ci interessa, quella cioè della determinazione della retribuzione di risultato prevista dal CCNL. (15) 14 Si veda la nota 8. 15 La retribuzione di risultato sta assumendo un “peso” sempre più consistente nell’ambito della complessiva retribuzione del dirigente. A tal riguardo, si noti che l’art. 6 della legge 15/2009 individua un tetto “minimo” per tale componente, disponendo che, nel medio periodo, la retribuzione di risultato sia fissata “in una misura non inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva”. L’art. 45 del d.lgs. 150 modifica l’articolo 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevedendo che: “1. All’articolo 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, le parole: “e alle connesse responsabilità” sono sostituite dalle seguenti: “, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti”; b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: “1-bis. Il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensività. 1-ter. I contratti collettivi nazionali incrementano progressivamente la componente legata al risultato, in modo da adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis, entro la tornata contrattuale successiva a quella decorrente dal 1° gennaio 2010, destinando comunque a tale componente tutti gli incrementi previsti per la parte accessoria della retribuzione. La disposizione di cui al Azienda Pubblica 2.2010 262 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Tuttavia, una precisazione ci sembra al riguardo doverosa. Crediamo fermamente che l’attribuzione di un “peso” alla valutazione bottom-up nel complessivo sistema di apprezzamento della performance dirigenziale presupponga che l’amministrazione interessata sia pervasa da un “clima organizzativo” positivo. Livelli soddisfacenti di “benessere organizzativo” sono un vincolo irrinunciabile nella prospettiva dell’efficace implementazione di un modello bottom-up: i collaboratori, da un lato, esprimono un giudizio tendenzialmente sincero e costruttivo; i dirigenti, dall’altro, sono propensi ad accettare la valutazione ricevuta, anche quando quest’ultima si attesta su livelli tendenzialmente bassi. Non si tratta di un aspetto scontato, di poco conto. È questa una questione rilevante e sostanziale, nella prospettiva dell’introduzione dell’upward appraisal. Specifiche indagini rivelano, infatti, che diverse amministrazioni pubbliche non “navigano in acque tranquille” sul piano dei rapporti che intercorrono tra i dirigenti e i loro collaboratori. Più precisamente, agli occhi dei collaboratori, i dirigenti appaiono spesso poco propensi al dialogo e non costituiscono un reale punto di riferimento sul lavoro. I dirigenti, dal canto loro, si sentono “distanti” dal proprio gruppo di lavoro, non riuscendo, di frequente, ad esercitare proficuamente il proprio ruolo di leader (Avallone, Bonaretti, 2003). È questo il motivo per cui riteniamo che l’introduzione della valutazione “dal basso verso l’alto” nel sistema di valutazione della dirigenza debba essere preceduta da un’analisi – attenta e approfondita – del clima organizzativo aziendale. Oggetto della valutazione In questa sezione ci chiediamo in quale direzione il giudizio valutativo dei collaboratori debba essere formulato. A tal riguardo, riteniamo che i collaboratori non debbano esprimersi in merito al grado di raggiungimento degli obiettivi, per una serie di motivazioni tra cui assumono particolare rilievo le seguenti: - la valutazione delle prestazioni dei dirigenti pubblici è un processo che, avvalendosi anche delle risultanze del controllo di gestione, pone enfasi sugli obiettivi raggiunti attraverso l’azione amministrativa. In questa prospettiva, il giudizio sul grado di raggiungimento degli obiettivi deve essere affidato a soggetti “professionalmente qualificati”, comma 1-bis non si applica alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale e dall’attuazione del medesimo comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 1-quater. La parte della retribuzione collegata al raggiungimento dei risultati della prestazione non può essere corrisposta al dirigente responsabile qualora l’amministrazione di appartenenza, decorso il periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, non abbia predisposto il sistema di valutazione di cui al Titolo II del citato decreto legislativo”. 263 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative dotati cioè delle competenze necessarie a presidiare le diverse fasi di definizione degli obiettivi, verifica dei risultati, interpretazione degli scostamenti, ecc. è opinione condivisa che i collaboratori non possiedano i requisiti professionali richiesti; (16) - il collaboratore non può avere una visione d’insieme sul grado di raggiungimento degli obiettivi che vengono affidati al dirigente, dal momento che “osserva” la performance manageriale soltanto dal proprio angolo visuale, per sua natura ristretto e settoriale. (17) Assegniamo, pertanto, ai collaboratori il compito di esprimere un giudizio soltanto sul comportamento organizzativo del dirigente, espressione di conoscenze, capacità, valori e motivazioni che il dirigente stesso nel tempo ha sviluppato. A questo punto della nostra analisi, qualche approfondimento si rende necessario per comprendere quali comportamenti debbano essere valutati dal collaboratore. A tal riguardo, occorre procedere ad una “selezione” delle competenze che contraddistinguono un manager “efficace”, indicando, per ciascuna di esse, una serie di comportamenti tipici in base ai quali è possibile “misurare” il livello di competenza che il collaboratore riconosce al dirigente. Abbiamo preferito prendere come punto di riferimento, tra i vari modelli disponibili (McClelland, 1973, 1976; Boyatzis, 1982; Murlis, Fitt, 1991; Spencer, Spencer, 1993, 1995; ecc.), il modello di Spencer e Spencer (1995). Gli Autori, nel loro “Competenza nel lavoro”, individuano un modus operandi che contraddistingue ogni manager “efficace”, a prescindere dal livello e dall’organizzazione di appartenenza. (18) Tra i vari comportamenti indicati dagli Autori, ci siamo sforzati di individuare quelli che, più degli altri, si prestano ad essere analizzati da parte dei diretti collaboratori dei dirigenti, precisando che, per ragioni di ordine pratico, ai collaboratori potrà essere sottoposto un numero limitato di quesiti. È appena il caso di notare che l’analisi sull’“oggetto” della valutazione (comportamenti organizzativi) è consequenziale all’analisi dei soggetti cui verrà chiesto di esprimere un giudizio. (19) È possibile prospettare due 16 Sul punto, il Della Rocca (2001: p. 26) così si esprime: «il superiore diretto, per quanto riguarda le prestazioni, è riconosciuto come la figura più adatta a conoscere le prestazioni del valutato e a proporre e valutare qualsiasi tipo d’ulteriore accorgimento». 17 “[S]ubordinates often lack experience in making formal performance evaluations. Subordinates may be in a position to see only a relatively small portion of their supervisors’ job performance”. (Hedge et al., 2001: p. 23). 18 L’elevato grado di dettaglio impiegato per descrivere le competenze manageriali rende, a nostro avviso, il modello elaborato da Spencer e Spencer particolarmente utile ai fini della presente ricerca. Gli Autori non si limitano ad elencare le competenze che contraddistinguono ogni manager “efficace”, ma si sforzano di declinare una serie di comportamenti organizzativi da associare a ciascuna di esse. 19 Si rammenta che nella pionieristica esperienza del Comune di Ravenna, soltanto alcuni collaboratori – quelli più “qualificati” (di 8° e 7° livello; oggi si parla di categoria D) – venAzienda Pubblica 2.2010 264 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche distinte soluzioni al riguardo: - il dirigente viene valutato dai dirigenti sott’ordinati e dal personale di comparto di livello più elevato (categoria D); - il dirigente viene valutato da tutti i suoi collaboratori, dirigenti e non. A seconda della soluzione prescelta, si ripete, anche l’“oggetto” della valutazione si atteggerà diversamente. Allorquando si decida di coinvolgere nella valutazione tutti i collaboratori del dirigente, bisogna ricercare un “nocciolo duro” di comportamenti organizzativi che possano essere valutati indistintamente da tutti i collaboratori. Diversamente, nel caso in cui si voglia affidare la valutazione soltanto ai più diretti collaboratori del dirigente – dirigenti sott’ordinati e personale non dirigente di categoria D – è utile e opportuno ampliare lo spettro dei comportamenti sottoposti a giudizio, dal momento che i soggetti coinvolti operano di frequente a stretto contatto con il dirigente e sono in grado di osservare gli aspetti più intimi e qualificanti del suo “modo di essere” dirigente. Noi crediamo che ambedue le soluzioni siano percorribili. Va da sé che allorquando la valutazione venga affidata a tutti i collaboratori indistintamente sia necessario acquisire informazioni in merito alla loro “autovalutazione” sul grado di conoscenza del dirigente cui si riferisce la valutazione. La tabella 1 riporta – in ordine decrescente di importanza – l’elenco delle competenze proposto nello scritto di Spencer e Spencer. (20) A ciascuna di esse è associata una breve descrizione, unitamente all’indicazione dei soggetti cui – secondo il nostro parere – dovrebbe essere affidata la valutazione. Si richiamano, inoltre, alcuni “comportamenti tipici” associabili alla specifica competenza. (21) gono coinvolti nel processo di valutazione del dirigente. 20 Gli Autori individuano anche una serie di “requisiti di base” (“consapevolezza organizzativa”, “costruzione di rapporti”, “capacità tecnica/specializzazione”) che ogni individuo dovrebbe possedere per ricoprire ruoli dirigenziali. Su tali elementi, i collaboratori non sono chiamati ad esprimere un giudizio. 21 Si ribadisce che l’elenco delle competenze, i comportamenti tipici e i pesi sono mutuati dallo scritto dei citati autori. 265 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative Tabella 1 – L’oggetto della valutazione bottom-up Peso •••••• •••••• •••• •••• •••• ••• Valutatori Competenze Descrizione Comportamenti tipici - prevedere l’effetto che le proprie iniziative avranno sugli altri; - fare continuo riferimento a dati di fatto e cifre; - usare esempi concreti, sussidi audiovisivi, dimostrazioni Tutti i collaboratori Persuasività e influenza Capacità di avere un’influenza o un effetto specifico sugli altri, in modo da convincerli o indurli a collaborare per portare a termine un progetto o un impegno Tutti i collaboratori Orientamento al risultato Interesse a lavorare bene e a misurarsi con standard d’eccellenza - lavorare per raggiungere gli standard di risultato assegnati; - fissare, per sé e per gli altri, obiettivi “sfidanti” e adoperarsi per raggiungerli Lavoro di gruppo e cooperazione Attitudine ad essere parte di un gruppo, piuttosto che a lavorare da solo o in competizione con gli altri - sollecitare idee e opinioni utili per prendere decisioni e/o assumere piani specifici; - condividere informazioni rilevanti; - incoraggiare e responsabilizzare gli altri; - riconoscere pubblicamente agli altri la paternità di determinati successi Dirigenti sott’ordinati e personale di categoria D Pensiero analitico Capacità di comprendere le situazioni, scomponendole nei loro elementi costitutivi, e di valutare le conseguenze in una catena di cause ed effetti - stabilire le priorità di lavoro in ordine di importanza; - prevedere ostacoli e preparare in anticipo le azioni per superarli; - identificare più soluzioni e più criteri di valutazione delle stesse Tutti i collaboratori Spirito d’iniziativa - rifiutare di arrendersi Predisposizione ad agire, di fronte ad ostacoli rilevanti; realizzando più di quanto - riconoscere e sfruttare sia richiesto dalla mansione le opportunità che possono presentarsi Tutti i collaboratori Tutti i collaboratori Sviluppo degli altri Intenzione di promuovere lo sviluppo di una o più persone - esprimere giudizi positivi sugli altri, anche in situazioni “difficili”; - manifestare la convinzione che gli altri possono imparare; - offrire consigli “personalizzati” a fini di sviluppo; - identificare le necessità di sviluppo e provvedere alla predisposizione di programmi e materiali didattici per soddisfarle; - delegare compiti e/o responsabilità per sviluppare le capacità degli altri (segue) Azienda Pubblica 2.2010 266 Esperienze innovative Peso •• •• •• •• •• Valutatori Tutti i collaboratori Tutti i collaboratori Tutti i collaboratori Tutti i collaboratori Dirigenti sott’ordinati e personale di categoria D La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Competenze Fiducia in sé Descrizione Comportamenti tipici - dichiararsi fiduciosi della propria abilità e capacità di giudizio; - esporre fermamente Convinzione di poter il proprio parere, anche quanassolvere un compito, di do apparentemente in contraassumere decisioni o di sto con quello degli altri; reagire costruttivamente agli - assumersi la responsabilità insuccessi di errori, insuccessi o inconvenienti; - imparare dagli errori commessi Capacità di far obbedire gli altri ai propri ordini - affrontare gli altri con fermezza per risolvere problemi di rendimento; - esigere dai subordinati elevati livelli di performance; - fissare limiti ben precisi al comportamento dei subordinati; - impartire ordini precisi e ben dettagliati Desiderio di saperne di più su fatti, persone o questioni - porre una serie di domande per avere informazioni esatte su specifiche questioni; - ove necessario, effettuare “ricerche sul campo”, analizzando in loco le situazioni di lavoro Leadership del gruppo Capacità di assumere il ruolo di guida all’interno di un gruppo - impegnarsi affinché tutti i componenti del proprio gruppo di lavoro ottengano un trattamento equo; - adottare strategie per risollevare il morale del gruppo; - accertarsi continuamente che gli altri seguano la missione e gli obiettivi del leader Pensiero concettuale - usare regole empiriche, il senso comune e l’esperienza per identificare problemi e situazioni; Capacità di riconoscere mo- riconoscere differenze delli astratti o rapporti tra le rilevanti tra le situazioni attuali situazioni più complesse e e i fatti già accaduti; i loro elementi principali o - applicare e modificare sottostanti. in maniera appropriata concetti e metodologie acquisite; - identificare relazioni fra dati complessi di aree non correlate Attitudine al comando/ assertività Ricerca delle informazioni Fonte: adattato con modifiche da Spencer, Spencer (1995: 51, 56, 59, 71, 82-83, 86, 88, 93, 98-99, 113, 174). 267 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative Il modello manageriale proposto da Spencer e Spencer costituisce un utile supporto per la definizione delle competenze oggetto di valutazione e dei comportamenti ad esse associati. È appena il caso di notare che il Nucleo di valutazione (o l’Organismo indipendente di valutazione dove già istituito) può proporre soluzioni diverse da quelle presentate, limitando o ampliando la numerosità dei fattori di valutazione, enucleando comportamenti differenti da quelli su indicati, ordinando le competenze in base ad un diverso ordine di priorità, ecc. (22) A tal riguardo, riteniamo che l’attivazione – nei casi in cui ciò sia possibile – di un processo di definizione “partecipata” delle “regole del gioco” della valutazione bottom-up possa creare i migliori presupposti per l’efficace implementazione del modello. Va da sé che i criteri generali su cui poggia il complessivo sistema di valutazione della dirigenza dovranno essere sottoposti, appena possibile, alla concertazione tra la rappresentanza di parte pubblica e le rappresentanze sindacali dei dirigenti. (23) Strumenti di raccolta dei feedback In questa sezione riteniamo utile svolgere alcune riflessioni circa gli strumenti di raccolta dei giudizi prodotti dai collaboratori. Tra le varie tecniche impiegate nella ricerca sociale per la raccolta di informazioni polarizziamo, in questa sede, l’attenzione sul metodo del questionario. Il questionario si compone di una sequenza prestabilita di domande, invariabile per l’intero campione di riferimento, mediante il quale le risposte fornite da ciascun individuo possono essere agevolmente comparate con le risposte elaborate da ogni altro individuo del campione. Nel caso specifico della valutazione bottom-up, il collaboratore è chiamato ad esprimere il proprio “grado di condivisione” rispetto ad una serie di affermazioni che attengono al comportamento del dirigente. 22 In base ai risultati di una recente indagine empirica (Marcantoni, Veneziano, 2007), in diverse amministrazioni regionali esiste già un “modello delle competenze”, elaborato dal Nucleo di valutazione – con il supporto dei dirigenti – ovvero da società di consulenza esterne all’ente. Di recente, anche l’Agenzia delle entrate ha sviluppato, nell’ambito del sistema S.I.R.I.O. (Sistema Integrato Risultati Indicatori Obiettivi), un “Dizionario delle competenze” per la valutazione dei comportamenti organizzativi dei propri dirigenti. Attraverso lo strumento in parola, viene definito un profilo di competenze che qualifica ciascun ruolo dirigenziale presente all’interno dell’Agenzia. È appena il caso di segnalare che l’elenco delle competenze riportato nel “Dizionario” (segnatamente assertività, empowerment e sviluppo dei collaboratori, flessibilità, iniziativa, integrità e coerenza, orientamento all’altro, pensiero ideativo, persuasività, sicurezza di sé ed equilibrio, sviluppo e trasferimento del sapere, team leadership, tensione al risultato) presenta evidenti sovrapposizioni con quello proposto nel modello di manager “efficace” di Spencer e Spencer. Il Dizionario può essere reperito in versione integrale sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it). 23 L’art. 14 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro nell’area della dirigenza del Comparto Regioni e Autonomie locali per il quadriennio normativo 1998-2001 e per il biennio economico 1998-1999 prevede espressamente la concertazione dei criteri di valutazione dei dirigenti tra la rappresentanza di parte pubblica e le rappresentanze sindacali. In base al citato articolo, “gli enti adottano preventivamente i criteri generali che informano i sistemi di valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti nonché dei relativi risultati di gestione. Tali criteri, prima della definitiva adozione sono oggetto di concertazione”. Azienda Pubblica 2.2010 268 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Il giudizio viene espresso in base ad una scala di Likert a 5 gradi bilanciata con criteri antinomici Totalmente contrario e Pienamente d’accordo, di seguito riportata. totalmente contrario 1 2 3 4 5 pienamente d’accordo A titolo meramente esemplificativo, la tavola 1 riporta alcuni esempi di affermazioni con riferimento alle aree Sviluppo degli altri, Lavoro di gruppo e cooperazione, nonché Leadership del gruppo, partendo sempre dal modello di Spencer e Spencer. Tavola 1 – Il questionario di valutazione delle competenze organizzative Quanto è d’accordo con le seguenti affermazioni? (esprima un’opinione barrando una casella) Sviluppo degli altri Il dirigente identifica le necessità di sviluppo e provvede alla predisposizione di programmi e materiali didattici per soddisfarle; delega compiti e/o responsabilità per sviluppare le capacità degli altri; offre consigli “personalizzati” a fini di sviluppo 1 2 3 4 5 Il dirigente esprime giudizi positivi sugli altri, anche in situazioni “difficili”; manifesta la convinzione che gli altri possono imparare 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Lavoro di gruppo e cooperazione Il dirigente sollecita idee e opinioni utili per prendere decisioni e/o assumere piani specifici; condivide informazioni rilevanti; incoraggia e responsabilizza gli altri; riconosce pubblicamente agli altri la paternità di determinati successi Leadership del gruppo Il dirigente si impegna affinché tutti i componenti del proprio gruppo di lavoro ottengano un trattamento equo; adotta strategie per risollevare il morale del gruppo; si accerta continuamente che gli altri seguano la missione e gli obiettivi del leader Nelle pagine precedenti si è detto che, nel caso in cui la valutazione sia estesa a tutti i collaboratori del dirigente, è opportuno che, preliminarmente, questi ultimi si esprimano in merito al grado di conoscenza del dirigente. Tale giudizio è espresso in base ad una scala di valori compresa tra 0 e 3, dove: 0 = nessuna conoscenza; 1 = rapporti di lavoro sporadici; 2 = rapporti di lavoro abbastanza frequenti; 3 = rapporti di lavoro sistematici. 269 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative Tale informazione consente di “ponderare” i punteggi assegnati, attribuendo maggiore importanza alle risposte ottenute dai collaboratori che dichiarano di conoscere più approfonditamente il dirigente. È appena il caso di notare che, per i collaboratori che dichiarano di avere una conoscenza pari a 0, non è richiesta alcuna valutazione e, se formulata ugualmente, non verrà tenuta in considerazione. Particolarmente delicata appare la scelta della metodologia di somministrazione del questionario. A tal riguardo, si noti che il collaboratore può essere chiamato a compilare il questionario secondo due differenti modalità: l’intervista personale e l’autocompilazione. Nel primo caso, un “intervistatore” assiste personalmente il collaboratore durante la compilazione, provvedendo a dirimere i dubbi che possono sorgere in merito alla comprensione delle affermazioni proposte. Nel secondo caso, il collaboratore procede autonomamente alla compilazione, nei tempi e nei modi che ritiene più convenienti. (24) Entrambe le modalità prospettate rappresentano validi strumenti di somministrazione del questionario; entrambe, tuttavia, presentano pregi e difetti. A titolo meramente esemplificativo, si osservi che l’intervista personale stimola la collaborazione da parte dell’intervistato, facilita la spiegazione di aspetti che risultassero eventualmente oscuri, consente di meglio apprezzare i profili più rilevanti; l’intervista è particolarmente adatta nel caso in cui si voglia mostrare del materiale all’intervistato, nonché allorquando il questionario sia piuttosto lungo. Nel contempo, si noti che l’intervista personale può richiedere costi elevati e condurre ad una dilatazione dei tempi necessari per concludere l’indagine; non è da sottacere, inoltre, che la presenza dell’intervistatore può influenzare le risposte del collaboratore. Diversamente, l’autocompilazione richiede un minor dispendio di risorse ed evita che vi possano essere condizionamenti da parte dell’intervistatore; si noti, inoltre, che il collaboratore ha più tempo a disposizione per “meditare” sui giudizi da assegnare al dirigente. È agevole constatare, tuttavia, che l’autocompilazione è efficace soltanto in presenza di questionari molto semplici (l’assenza dell’intervistatore non consente di chiarire eventuali incomprensioni) e, tra l’altro, non fornisce alcuna garanzia sulla reale identità del compilatore (Facchini, 2004; Fontana, Rossi, 2005). La scelta della modalità di somministrazione dipenderà da svariati fattori, quali, ad esempio, la numerosità dei partecipanti alla valutazione e i “vincoli di sistema” (tempo, risorse, informazioni). 24 In questa seconda ipotesi, è opportuno che il questionario sia accompagnato da una lettera che contiene le istruzioni per la compilazione. La lettera deve riportare anche un riferimento – telefonico o di posta elettronica – cui il collaboratore può rivolgersi per ottenere ulteriori chiarimenti, nonché la deadline fissata per la restituzione del questionario. Azienda Pubblica 2.2010 270 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche 4. Sintesi e conclusioni La locuzione “valutazione bottom-up” viene comunemente utilizzata per contrassegnare l’apprezzamento della performance dirigenziale da parte dei collaboratori del dirigente, ossia dai dirigenti sott’ordinati e dal personale di comparto. Si parla pure di valutazione “dal basso verso l’alto” e, più raramente, di upward appraisal. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, raccoglie non pochi consensi la tesi che consegna un ruolo di importanza non trascurabile al giudizio dei collaboratori nel complessivo sistema di valutazione della dirigenza. Diversi studi analizzano aspetti cruciali dell’intera discussione: dai fattori che influenzano l’onestà del giudizio espresso dai collaboratori all’esistenza o meno di una correlazione tra i giudizi espressi dai collaboratori, dai superiori gerarchici e dal dirigente medesimo (autovalutazione); dall’incidenza dell’upward appraisal system sulla performance futura del dirigente ai profili di accountability nel processo di valutazione bottom-up, con particolare riferimento alla possibilità di identificare il soggetto che formula il giudizio; dai punti di forza e punti di debolezza della valutazione bottom-up alle reazioni dei dirigenti ai feedback ricevuti dai propri collaboratori, passando per l’analisi dei comportamenti che i collaboratori considerano importanti nella valutazione dei dirigenti. Si tratta di contributi scientifici che polarizzano l’attenzione su singoli aspetti della problematica trattata. Di studi che si soffermino, in modo sistematico, sul processo di progettazione di un upward appraisal system non se ne registrano. Inoltre, i lavori disponibili sulla valutazione bottom-up ritengono, per lo più, possibile la generalizzazione dei risultati ottenuti, senza mettere in adeguato risalto la circostanza che un modello di valutazione “dal basso verso l’alto” debba essere sempre “confezionato ad arte”, in base alla “cultura” che l’azienda ha potuto sedimentare nel corso del tempo. Non è questo un aspetto scontato, di poco conto. È questa una questione rilevante e sostanziale, nella prospettiva dell’introduzione dell’upward appraisal. Con precipuo riferimento al processo di progettazione dell’upward appraisal, alcuni elementi debbono essere, secondo la nostra opinione, preliminarmente indagati. Ci riferiamo, in particolare, alle finalità che si intendono assegnare alla valutazione, all’oggetto della valutazione e agli strumenti di raccolta dei feedback dei collaboratori. Errori commessi in questa delicata fase potrebbero, infatti, vanificare gli sforzi compiuti con notevole spreco di energie, tempo e risorse finanziarie. Per ciò che attiene alle finalità della valutazione, registriamo in dottrina due distinti punti di vista: quello di chi ritiene che alla valutazione dei collaboratori non debbano essere associate conseguenze immediate sul piano “amministrativo” e quello degli studiosi che al contrario non si sentono di escludere che ciò possa verificarsi, che cioè la valutazione bottom-up possa 271 Azienda Pubblica 2.2010 La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Esperienze innovative rappresentare, altresì, un utile elemento conoscitivo nella formulazione del giudizio finale sulla performance manageriale. In ambedue i casi, vi è perfetto accordo sul fatto che la valutazione dei collaboratori stimola il miglioramento individuale del dirigente. Alla luce delle analisi effettuate, riteniamo di poter propendere per la seconda tesi, purché l’amministrazione interessata sia pervasa da un “clima organizzativo” positivo. Al fine di appurare i livelli di benessere organizzativo dovranno essere esperite indagini ad hoc. Per ciò che attiene all’oggetto della valutazione, la dottrina economicoaziendale e non solo è piuttosto unanime nel ritenere che i collaboratori debbano esprimersi con riferimento ai comportamenti organizzativi del dirigente e non rispetto al grado di raggiungimento degli obiettivi programmati. I collaboratori, infatti, non possiedono i requisiti professionali richiesti per presidiare le fasi di definizione degli obiettivi, verifica dei risultati, interpretazione degli scostamenti, ecc., né possono formarsi un giudizio d’insieme sull’operato del dirigente, potendolo osservare solo dal loro angolo visuale. Per ciò che attiene, infine, agli strumenti di raccolta dei feedback, nel presente lavoro si è polarizzata l’attenzione sul metodo del questionario che, nel caso specifico della valutazione bottom-up, offre grandi opportunità. Particolarmente delicata appare la scelta della metodologia di somministrazione del questionario (intervista personale o autocompilazione). Le analisi sviluppate nel presente lavoro prendono spunto dagli studi che la dottrina economico-aziendale – e non solo – ha fatto registrare sull’argomento nell’ultimo ventennio. Intendiamo “testare” le conclusioni cui siamo pervenuti appena possibile, raccogliendo il punto di vista dei dirigenti sui diversi temi trattati. A tal fine, è nostra intenzione sottoporre ai dirigenti alcuni quesiti che attengono alle finalità da assegnare alla valutazione bottom-up (“amministrative” o connesse al miglioramento della performance del dirigente); all’opportunità di assegnare un “peso” alla valutazione bottom-up ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato al dirigente; all’individuazione delle competenze che possono essere valutate da tutti i collaboratori, nonché delle competenze che, al contrario, si prestano ad essere valutate soltanto da una parte di essi; all’indicazione delle competenze che meglio qualificano il profilo manageriale (cui assegnare, di conseguenza, maggiore importanza ai fini della valutazione bottom-up); all’opportunità di portare a conoscenza del valutato il giudizio espresso da ciascun collaboratore; alle modalità di somministrazione del questionario da impiegare nel processo di valutazione; all’utilità di diffondere i risultati finali della valutazione bottomup all’interno e/o all’esterno dell’ente. Nella prospettiva descritta, abbiamo già preso contatti con i dirigenti delle amministrazioni provinciali e comunali della Regione Puglia. Azienda Pubblica 2.2010 272 Esperienze innovative La valutazione dei dirigenti nelle amministrazioni pubbliche Riferimenti bibliografici Antonioni D. (1994), “The effect of feedback accountability on upward appraisal ratings”, Personnel Psychology, vol. 47, 2, pp. 349-356. Anselmi L. (2003), Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, Torino: Giappichelli. Avis J.M., Kudisch J.D. (2000), “Factors influencing subordinates’ willingness to participate in upward feedback”, paper presentato alla 21a conferenza annuale “Industrial & Organizational Behavior”, Knoxville, TN. Avallone F., Bonaretti M. (a cura di) (2003), Benessere organizzativo, Soveria Mannelli: Rubettino. Bernardin H.J. (1986), “Subordinate appraisal: A valuable source of information about managers”, Human Resource Management, vol. 25, 3, pp. 421-439. Bernardin H.J, Beatty R.W. 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