Usa, arrestato il finanziere Stanford È R. Allen Stanford il nuovo Bernard Madoff. Il finanziere americano è stato posto in stato d'accusa ieri dalle autorità americane, che gli contestano di aver orchestrato una vasta frode attraverso una sua società con sede ai Caraibi. Poche ore più tardi, in piena notte, gli agenti dell'FBI lo hanno arrestato nella casa della sua fidanzata, a Richmond, in Virginia. GIà oggi il Dipartimento di Giustizia americano potrebbe annunciare pubblicamente le accuse a carico del miliardario texano, che nel frattempo è stato portato di fronte ai magistrati per rispondere alle prime domande. In giornata, l'uomo dovrebbe essere trasferito a Houston, sede del Gran Giurì federale. Gli sviluppi della vicenda sono arrivati dopo una lunga indagine portata avanti dalle autorità americane (in sede penale), dopo che altre accuse a carico di Stanford erano già state lanciate dalla Securities and Exchange Commission (in sede civile). Era lo scorso mese di febbraio, infatti, quando la Sec aprì un'inchiesta sul finanziere e sui suoi vice, Laura Pendergest-Holt (che secondo l'autorità di controllo avrebbe anche tentato di depistare le indagini) e James Davis, accusati di aver frodato gli investitori dello Stanford Financial Group, società con sede ad Antigua. I tre manager hanno sempre rigettato le ipotesi di reato, proclamandosi innocenti. Ieri, però, la svolta. Che potrebbe preludere ad un nuovo scandalo finanziario statunitense. Le banche svizzere? Sono troppo grandi Ridurre la dimensione dei principali istituti di credito del Paese per evitare che le singole esposizioni ai mercati finanziari finiscano per assumere un peso insostenibile per l’economia reale. E’ l’ipotesi avanzata dal vicepresidente della banca centrale svizzera Philipp Hildebrand e resa nota oggi dal Financial Times. L’obiettivo della proposta, sembrerebbe lecito immaginare, è quello di limitare i rischi distruttivi di una sovraesposizione finanziaria del sistema Paese in condizioni di alto rischio (ovvero con pochi grandi istituti chiamati a gestire un enorme ammontare di assets). La somma delle attività finanziarie delle sole UBS e Credit Suisse, nota il FT, equivaleva lo scorso anno a sei volte il Pil nazionale. Le affermazioni di Hildebrand hanno suscitato la reazione negativa dei diretti interessati. I grandi istituti svizzeri contesterebbero infatti la legittimità della richiesta affermando che la banca centrale non avrebbe alcuna autorità nell’imporre questo genere di limitazioni. Un particolare che potrebbe essere però trascurato dato il clima attualmente instauratosi nei rapporti tra Stato e mercati finanziari a livello planetario. L’UE ha appena approvato un piano per l’aumento dei poteri di supervisione sul sistema finanziario. Il presidente Usa Barack Obama ha reso noto un programma di riforma che affida alla Federal Reserve maggiori poteri di controllo sulle banche e i mercati. La Bulgaria sta sempre peggio. Arriva il soccorso del FMI? Il deficit pubblico più alto dei Paesi emergenti, un rating sceso al di sotto dell’affidabilità nelle indicazioni di investimento e una debolezza strutturale che pervade l’intero sistema economico. Di fronte a una crisi sempre più grave la Bulgaria potrebbe essere costretta a ricorrere al soccorso del Fondo Monetario Internazionale. E’ l’opinione espressa da un crescente numero di osservatori e discussa oggi dagli analisti del portale di indagine finanziaria RGE Monitor. L’ipotesi potrebbe concretizzarsi in una richiesta formale dopo il 5 luglio prossimo, giorno delle elezioni politiche. Dopo il successo del suo partito alle elezioni europee, il sindaco di Sofia Boiko Borissov, convinto sostenitore dell’intervento del FMI, sembra favorito nella corsa alla poltrona di primo ministro. Tra i problemi principali del Paese c’è soprattutto la micidiale crescita del debito. Il valore dei crediti vantati dagli investitori stranieri nei confronti delle società e delle banche private bulgare ha raggiunto quota 104,6% rispetto al Pil. La spirale inflazionistica, nel frattempo, costringe la banca centrale ad attingere alle proprie casse per sostenere la valuta locale: nell’ultimo trimestre 2008 le riserve si sono ridotte del 13,6%. Tra gli aspetti positivi che potrebbero garantire la fiducia del FMI c’è l’ottima patrimonializzazione delle banche (con un tier-1 medio superiore all’11%) e l’elevato livello di diversificazione nelle partecipazioni straniere sulle proprietà delle società bulgare. Resta preoccupante, invece, il pauroso livello di corruzione, già responsabile in passato di tensioni con Bruxelles dopo che l’UE aveva scoperto una dispersione illecita dei fondi destinati al Paese balcanico. RBS, Goodwin taglia ancora la sua pensione Anche i top manager, a volte, cedono. È il caso di Fred Goodwin, ex amministratore delegato di Royal Bank of Scotland, che ha accettato di autoridurre la propria pensione di oltre un terzo. Il dirigente aveva lasciato la banca lo scorso anno, lasciandola in pessime condizioni finanziarie. Tanto pessime da portare l'istituto di credito sull'orlo del collasso nel mese di ottobre del 2008, imponendo al governo di Londra un clamoroso salvataggio. È per questo che in molti hanno protestato di fronte all'iniziale accordo, basato su una pensione d'oro da 703 mila sterline all'anno. Sotto accusa è finita la gestione del colosso bancario britannico, ed in particolare l'acquisizione dell'olandese ABN Amro, effettuata nel 2007 e considerata da molti un grave errore strategico. Una scelta che operò proprio Goodwin, per mesi "scomparso" insieme alla sua famiglia dopo che la sua casa ad Edimburgo, a marzo, fu oggetto di un vero e proprio attacco vandalico, probabilmente legato alla vicenda RBS. Goodwin lasciò la banca grazie ad un prepensionamento (all'età di 50 anni). Già pochi mesi dopo accettò di ridurre i suoi introiti a 555 mila sterline e ora, al netto della seconda decurtazione operata dallo stesso ex dirigente, la cifra scenderà a 342.500 mila sterline annue. Brasile, segnali di ripresa. La banca centrale annuncia tagli contenuti La banca centrale del Brasile ha spiegato ieri che lo spazio per ulteriori tagli dei tassi di interesse nel Paese sudamericano è diminuito. È probabile dunque, che il prossimo mese vedrà l'ultima diminuzione del costo del denaro, dopo che l'istituto ha operato quattro ribassi consecutivi negli ultimi mesi. «C'è ancora un ristretto margine di manovra, che induce però a politiche prudenti, anche in considerazione degli obiettivi legati al tasso di inflazione - ha dichiarato il board della banca centrale -. È per questo che il comitato ha approvato un ulteriore ribasso in linea con le necessità di stimolare l'espansione economica, ma si tratterà di operazioni effettuate con cautela». Rispetto al 13,75% della fine del 2008, i tassi di interesse in Brasile sono stati tagliati di 4 punti percentuali, nel tentativo di rivitalizzare la crescita, dopo che la prima economia latino-americana è scivolata in recessione da ottobre scorso a marzo del 2009. «Abbiamo registrato segnali si ripresa dell'economia che lasciano pensare che molto probabilmente la politica di tagli possa finire», ha confermato all'agenzia Bloomberg Silvio Campos Neto, capo economista di Banco Schahin. Altro dato che ha convinto le autorità brasiliane a non intervenire ancora in modo massiccio è quello relativo all'indice dei prezzi, che nelle previsioni dell'istituto centrale dovrebbe rimanere contenuto entro il target del 4,5% sia nell'anno in corso che nel 2010. Dopo una contrazione del 3,6% nell'ultimo trimestre del 2008, nei primi tre mesi di quest'anno il prodotto interno lordo del Paese si è contratto dello 0,8%. Ma nei prossimi dodici mesi il dato dovrebbe assestarsi su un +4%, mentre nel 2011 potrebbe raggiungere una crescita del 5%.