Roma medievale. La città delle torri.
Prima parte
Da Tor Margana all’Isola Mattei
La rotazione della planimetria della chiesa di S. Maria in Aracoeli (cfr. lezione precedente), ricostruita
dai Francescani all’inizio del Trecento, testimonia e racconta in forma plastica la migrazione subita dal
baricentro della città Ancora durante l’alto medioevo il baricentro cittadino era rimasto legato all’antico
tessuto storico legato ai Fori, ai vari mercati attivi presso l’Isola Tiberina; con il tempo la vita cittadina
gravita sempre più su quel fascio di arterie che il flusso dei pellegrini traccia in direzione di Castel S. Angelo
e il Vaticano. L’Aracoeli diventa sempre più un riferimento per il Senato e per il popolo romano; per tutto il
medioevo funzionò come centro politico amministrativo; come aula delle adunanze del Consiglio maggiore
e minore del Comune per la discussione e la promulgazione delle leggi, luogo delle assemblee popolari. E
questo soprattutto allorquando si delineò la possibilità di organizzare un Comune libero dall’autorità del
papa e le risse dei baroni per il controllo della città e del Lazio. Dopo il Mille, in piena civiltà comunale si
susseguono vari tentativi di istituire anche a Roma il comune autonomo, mentre non si allenta il conflitto tra
potere papale e poteri laici. Nel 1144 è Arnaldo da Brescia a proclamare il comune libero; il Senato si
insedia nel Campidoglio che nel tempo diventa fortezza e palazzo senatorio (1151). Meno di due secoli più
tardi sarà Cola di Rienzo a tentare una nuova effimera rinascita del Comune. Nel frattempo si consolidava il
valore funzionale e simbolico di S. Pietro, luogo della sepoltura dell’apostolo, con il trasferimento del
pontefice dalla sede originaria del Laterano, la basilica costantiniana, in Vaticano. Questo avviene, dopo una
lunga latitanza del pontefice da Roma per l’esilio avignonese (finito nel 1377) e con la conclusione dello
scisma d’Occidente. Intanto l’area intorno al Vaticano, dove sorgono i Borghi, e lungo i percorsi dei
pellegrini, tra il Campidoglio e ponte S. Angelo che garantiva l’unico accesso alla basilica venendo dal
centro città, si riempie di ospedali (xenodochia) locande, osterie, botteghe per le esigenze dei pellegrini.
Sulla sponda esterna, quella di Trastevere si insediano comunità straniere (scholae) dei Sassoni, Frisoni,
Franchi, Ungheresi, Armeni, Abissini che curavano l’ospitalità dei pellegrini connazionali. A Trastevere si
rileva anche la presenza di Siri ed Ebrei, presso la sinagoga. Lì è attivo il porto della Ripa Romea.
Si è detto che la Roma dei baroni è turrita. Dal VII al XIV secolo la città appare militarizzata.
L’insediamento si organizza per cellule staccate perché ogni famiglia o gruppo parentale organizza un suo
sistema difensivo locale le case-torri intorno a piazzette quasi chiuse con magazzini, forno, bagni. Vicoli
sinuosi e irregolari stravolgono l’urbanistica antica e permettevano di sbarrare e fortificare gli accessi. Le
abitazioni delle famiglie imparentate erano appoggiate alla torre e comunicavano tra loro con scale esterne,
passetti o sovrappassi, porticati, gallerie, mignani e mignanelli, cortili e orti interni. Tra XIII e XIV secolo
le grandi famiglie: Annibaldi, Caetani, Colonna, Orsini, Conti ed altri ancora cercano di consolidare la
propria zona d’influenza cementandola con famiglie vassalle.
L’URBANISTICA ROMANA DEL QUATTROCENTO
Per una ripresa della pianificazione urbanistica a Roma dopo la fine dell’età classica bisogna
aspettare dunque il ritorno dei pontefici a Roma e l’attenuarsi delle contese tra le fazioni baronali. La nuova
fare di riordino della città inizia con papa Martino V Colonna ( 1417-31) il quale avocò a sé (Bolla
pontificia Etsi in cunctarum) la cura di vie, piazze luoghi pubblici e privati, edifici in muratura e in legno.
In realtà esistevano i Magistri Edificiorum Urbis e i Magistri stratarum ma, secondo il pontefice essi
tutelavano piuttosto gli interessi privati dei baroni, lasciando la città in un pesante degrado igienico sanitario
appesantito anche alle attività lavorative dei macellai, pescivendoli e conciatori. Il disordine urbanistico della
città aggravava la situazione. I Magistri erano giudici nelle tante controversie private in tema di confini,
edifici, mura, scoli e deflussi delle acque; erano ispettori sulla viabilità e nettezza urbana. Per conseguenza
influivano anche sulla gestione e controllo dei patrimoni immobiliari. Il pontefice ribadisce allora le facoltà
e le competenze di cui godevano i Magistri stratarum, promulgando una Reintegratio antiqui Officii et
jurisdictionis Magistrorum viarum urbis eiusque districtus). I Maestri diventano così lo strumento della
politica urbanistica che prosegue con i papi successivi, come Nicolò V (1447-1455) e Sisto IV (1471-1484).
Nel frattempo la città aveva iniziato ad essere un polo di attrazione per artisti desiderosi di studiare e
confrontarsi con la tradizione classica delle sue rovine.
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La carta di Pietro del Massaio (circa 1472), qui sopra riportata, presenta una città surreale. In quasi totale assenza
della rete stradale, i monumenti della Roma pagana e cristiana (siamo infatti in pieno Umanesimo) sembrano
galleggiare nel vuoto urbano. Orientamento col sud in alto. Si notano tra l’altro (dall’alto in basso): parte di acquedotto,
lembi del suburbio, tomba di Cecilia Metella (?) mura aureliane, piramide Cestia , subito a sinistra Porta S. Paolo;
nell’angolo a desta la basilica di S. Paolo. Sotto, la basilica del Laterano; collina di Testaccio e colle Aventino presso il
corso del Tevere con l’isola Tiberina; acquedotto neroniano, vicino al Colosseo. Notare anche le due colonne coclidi (a
chiocciola) di Traiano (a piazza Colonna) e di Marco Aurelio (Fori Imperiali); arco quadrifronte di Giano, i colli a
sinistra su cui si vedono le terme di Diocleziano, vicino i cavalli dei Dioscuri (oggi al Quirinale). A centro il colle
capitolino con Aracoeli. Notare la linea sottile che dal colle Capitolino attraversa l’arco di Giano, piazza Navona,
Campo dei Fiori (i due quadrilateri) e va verso Castel S. Angelo e il Vaticano con le mura leonine. E’ l’unica traccia
di una arteria stradale entro le mura romane. I colli a destra sono il Gianicolo e le mura che circondano il rione di
Trastevere. In basso entro le mura a forma di ferro di cavallo si vede il circo Agonale (oggi piazza Navona). Notare
come il Vaticano ha una struttura monumentale. Del resto in quegli anni, a metà del Quattrocento, Niccolò V stava
ingrandendo S. Pietro e il palazzo papale, e il Vaticano diventa la residenza ufficiale dei papi.
La nuova politica urbanistica mira a correggere la forma urbis della città medievale. Iniziano alcuni
sventramenti per raddrizzare e anche pavimentare in qualche caso i percorsi medievali. Anche oltre Tevere
aprono nuovi assi rettilinei (via della Lungaretta). Sisto IV pone l’obbligo di abbattere porticati, logge e
balconi per evitare la difesa interna ai rioni da parte dei baroni. Vengono dunque ricostruiti i grandi itinerari
medievali: via del Banco di S. Spirito, Via Recta o dei Coronari, via Mercatoria o del Pellegrino, via dei
Banchi (sono i cambiavalute sorti lungo il flusso dei pellegrini) Vecchi, via dei Banchi Nuovi, via del
Governo Vecchio. Si ridisegna la città dei pellegrini con tutto l’indotto di articoli sacri (Via dei Coronari),
cambiavalute, locande e alberghi. A breve sarà creato il Tridente di piazza del Popolo, esempio del modello
di urbanistica rinascimentale. Via del Corso collega la porta a nord della città, Porta Flaminia, che apriva
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sulla campagna, con i Fori e l’area archeologica. Via di Ripetta collega Piazza del Popolo con Campo
Marzio. Papa Sisto V fra tracciare la via Sistina da Trinità dei Monti a S. Maria Maggiore, al Laterano, un
unico rettifilo.
Del medioevo sopravvivono alcuni luoghi di culto, ma la grande edilizia civile risulta quasi
scomparsa. Restano poche torri (tra cui Margana, Dei Conti, del Melangolo, delle Milizie). Di fronte al
profondo rimaneggiamento, sono abbattuti quasi tutti i segni del paesaggio urbano medievale si salvano
invece i campanili (abbiamo veduto S. Maria in Cosmedin, S. Giorgio al Velabro, ad esempio), che
coesistono accanto a chiese magari totalmente rimaneggiate secondo il gusto barocco. I papi mecenati
(Giulio II) o legati al nepotismo papale elevano palazzi e residenze di pregio per le famiglie che costituivano
la corte papale: Palazzo Farnese, Borghese, della Cancelleria, ecc.
Per secoli la popolazione romana era rimasta sotto le 100.000 anime; spopolati rioni di Ripa e Monti.
Solo tre ponti (S. Angelo ponte Emilio, dopo la piena del 1598 divenuto Ponte Rotto, e i ponti Fabricio e
Cestio sull’isola Tiberina) connettono il centro cittadino con S. Pietro e Trastevere. E i ponti diventano punti
di controllo delle grandi famiglie romani. Bonifacio VIII istituisce nell’anno santo del 1300 lo Studium
Urbis, con le due prime facoltà di medicina e diritto. Nel 1432 l’università si insedia a S. Ivo alla Sapienza
dove rimarrà fino alla edificazione della città universitaria avvenuta durante il ventennio fascista.
Nel basso medioevo numerose famiglie nobili Astalli, Boccabella, Massimi, Mattei, Santacroce
ecc. avevano fissato le loro dimore ai piedi dell’Aracoeli, riedificandole o rinnovandole in età
rinascimentale utilizzando le rovine del vicino teatro di Balbo (I secolo. a.C.), con edilizia in parte
scomparsa, ma spesso rimasta nella toponomastica locale.
La zona adiacente al Campidoglio fu tra le prime ad essere lastricata sotto papa Eugenio IV (141731). Inseriti nella zona tradizionalmente mercantile della città ( il commercio ambulante doveva essere
diffuso in tutta l’area tra Bocca della Verità e Campidoglio), le famiglie baronali del posto risultano tra i
maggiori mercanti del medioevo. Affittavano ai rivenditori le lastre su cui questi esponevano le loro merci.
Sisto IV sposta il mercato cittadino dalle pendici del Campidoglio a Piazza Navona (1477), rendendo ancor
più centrale il rione Parione.
All’inizio del Quattrocento un incremento della popolazione spinge a riedificare nella zona di
Trivio o Trevi, ancora poco edificata. Riprende il popolamento del rione Monti, divenuto quasi deserto
nella fase buia delle invasioni. Intanto nel basso medioevo i rioni storici rivieraschi S.Angelo, Ripa,
Campitelli vicini all’area dei Fori, cominciano a perdere importanza rispetto a S. Eustachio, Parione, Borgo
che erano collocati sulla nuova direttrice di flusso orientata in direzione del Vaticano. Anche Ponte (un rione
con affaccio sul Tevere in direzione di Ponte S. Angelo e dunque, un’area che in passato era stata poco
abitata a causa delle esondazioni e per la concentrazioni dei mestieri inquinanti, come beccai, macellai e
cuoiai) si va popolando. La nuova zona, quella che sta diventando la cosiddetta Roma barocca, acquista
nuove funzioni economiche, culturali, amministrativo-giudiziarie. Nel 1526 il censimento registra appena
55.000 abitanti. Al momento della breccia di Porta Pia (1870) saliranno 213.000.
Il problema dell’acqua a Roma tra Medioevo e Rinascimento
Nell’antichità Roma godette di un vero e proprio tesoro di acque convogliato dagli acquedotti, che
garantirono un approvvigionamento sempre abbondante fin quasi alla metà del VI secolo. Furono le guerre
greco-gotiche (535-553) ad assestare un primo duro colpo all’alimentazione idrica di Roma; durante
l’assedio del 537 gli acquedotti furono infatti danneggiati non soltanto (come spesso si legge) da parte degli
uomini di Vitige, affinché la città non ne ricevesse acqua, ma anche da parte dei bizantini ai comandi di
Belisario, che all’epoca occupavano la città e che ostruirono tutti gli acquedotti con forti ed estese murature,
affinché nessuno da fuori potesse penetrarvi (Procopio di Cesarea, Bellum Gothicum, I, 19).
Dopo le Guerre Gotiche un acquedotto che continuò a funzionare fu il Vergine. Ma anche altre condutture
ricevettero manutenzione e restauri. Il Liber Pontificalis testimonia che papa Adriano I (772-795) restaurò
non soltanto l’Aqua Virgo, ma anche la Claudia, l’Aqua Marcia-Antoniniana e soprattutto l'Aqua Traiana
(ricostruendo ben cento arcate e intervenendo anche sulle tubazioni in piombo), al fine di garantire
l'approvvigionamento di S. Pietro e delle numerose strutture assistenziali presenti in Borgo. Ulteriori
interventi a favore della Traiana si ebbero con i papi Gregorio IV (827-844) e Niccolò I (858-867).
I papi Sergio II (844-847) e Niccolò I (858-867) fecero poi eseguire ulteriori restauri dell’acquedotto MarcioAntoniniano, probabilmente per approvvigionare d’acqua le diaconie annesse alle chiese dei Ss. Nereo e
Achilleo, di S. Maria in Cosmedin.
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Torniamo all’acquedotto Vergine: abbiamo già detto che esso continuò a funzionare sicuramente per tutto
l’arco del Medioevo. Ciò fu possibile essenzialmente per due motivi: lo scarso dislivello che incontrava e la
quasi completa sotterraneità del condotto. Esso terminava nella Fonte di Trevi (detta nel Medioevo lo Trejo),
la cui sistemazione finale si dovette nel I453 a Nicolò V che aveva affidato il progetto all'architetto Leon
Battista Alberti. La mostra d’acqua venne poi sostituita nel Settecento dalla famosa Fontana di Trevi.
L’erogazione dell’acqua in città segue delle regole. Il governo municipale vuole proteggere l'unico
acquedotto che contribuiva, seppur in dimensioni ridotte, a fornire un po’ d'acqua alla popolazione.
I funzionari capitolini avevano l'obbligo di sorvegliare e punire chi danneggiava le strutture dell'acquedotto,
chi estraeva abusivamente acqua, in particolare i vignaioli che cavavano acqua attraverso fessure provocate
nelle condutture passanti nelle vigne e inquinavano così la purezza dell’acqua, sia chi usava gli abbeveratoi
delle bestie e le cannelle della fonte per lavare un po’ di tutto.
I documenti che servivano ad attestare il possesso d’acqua erano gli atti di vendita, le lettere patenti e i
chirografi pontifici, prevalenti questi ultimi nel caso delle donazioni. L’acqua veniva venduta ai privati o
concessa gratuitamente dal pontefice come ricompensa per servizi resi, oppure come segno di benevolenza.
L’ acquisto di acqua poteva essere fatto anche pagando un prezzo minore. Lo stratagemma per ottenere tale
opportunità era di assumere l’ impegno a tenere sul muro esterno del palazzo di proprietà uno sbocco esterno
per servizio del pubblico. Si trattava in sostanza delle fontane semipubbliche prima alimentate dall’acqua
Vergine, e successivamente dall'acqua Felice e dalla Paola. Il notaro faceva il rogito. Si passava poi alla
parte esecutiva del lavoro in quanto il fontaniere murava la fistola, lo stagnaro la legava con saldature di
stagno al condotto, infine il segretario apponeva su di essa i sigilli che lui stesso custodiva. Tutte queste
figure professionali venivano retribuite tramite le cosiddette propine (= compensi).
L'esame dell’«Editto che Piazza Navona e le Fontane publiche si conservino nette » emanato dal camerlengo
nel giugno 1629 può essere illuminante per la cura dell’igiene. In questa piazza si faceva ..il passeggio
solito..con cavalli, carrozze, cocchi & a piedi..,inoltre era anche sede di mercato. Per tutta questa serie di
motivi attinenti all’igiene e all’ordine pubblico, era costante preoccupazione dell’autorità preposta in
quell'epoca -il camerlengo- ..che si mantenghi ben netta & spurgata d’ogni sorta d’immondizie..& che tutte
le fontane publiche si conservino nette ...A tal fine si stabilisce che almeno una volta a settimana gli
incaricati della pulizia della piazza curassero di spurgare la chiavica che otturandosi di ogni sorte di sporcizia
-anche a causa delle piogge ricorrenti- provocava l’allagamento delle case circostanti. Le proibizioni si
rivolgono a chi ..ardisca fermarsi con some di paglia, o fieno,..far sporcitie in detta piazza o intorno alle
fontane, o beveratoro d’essa.. . Nè si poteva ...votare, ne abbrugiare, ne fare abbruggiare pagliaricci, fieno,
paglia….
Il bando prende poi in considerazione tutte le attività a cui questa stupenda piazza faceva da palcoscenico.
Tutti gli artisti sono invitati a :..stare al filo, o vero segno, che gli sarà assegnato dal Commissario di detta
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piazza… Lo stesso dicasi per i ...ciarlatani, cavadenti, semplicisti, o, altri, che fanno circolo in detta
piazza... Nessuna sconto invece per...li vagabondi, baronacci, ciambellari et altri..trovati o intorno alle
fontane a giocare a carte, dadi, girello, ossi, bocciette, piastrelle & simili “per cui si stabilisce la galera. I
“carrettieri, cocchieri, carrozzieri.. non potevano …lavare cocchi, carette, ne bagnare, rinfrescare le rote di
esse, ne meno lavar piedi a cavalli o altri animali. Successivamente il bando passa a dettare norme più
generali relative a tutte le altre fontane pubbliche di cui era ricca Roma. Tramite queste è possibile seguire
alcuni usi ed abusi tipici della vita cittadina dell’epoca. Per contrastare quindi questo uso disordinato delle
fontane si dettano queste norme, disattese ben presto dalla popolazione tant’è che i bandi di questo tenore si
susseguirono ripetutamente nel tempo …che dentro di esse (le fontane n.d.a.) nessuna persona ci possa
notare, ne meno lavar panni, stracci, cerchi, barili, herbaggi, carne, pesci, insalata, né in esse buttarci
veruna qualità d’immonditie, e sporcitie especialmente cani, gatti, o altri animali vivi o morti, né tenerci
forte alcuna robba da rinfrescare, o bagnare, ne meno nelli balaustri, e pietre, che sono intorno
I custodi di queste ultime, che in quest’epoca risultavano essere quattro, avevano anche la funzione di
denunciare i contravventori, altrimenti sarebbero stati loro stessi privati del salario e delle gratifiche.
Si cerca dunque di creare nella città bassa dei punti d’acqua per la cittadinanza che diventavano fontane
artistiche quando promosse dagli aristocratici come decorazione per i loro palazzi.
Coadiuvato dall’architetto Domenico Fontana, Sisto V Peretti (quello della via Sistina e della
riorganizzazione del Laterano) riprende il progetto di portare l’acqua anche nella zona alta della città, i
monti (da cui il nome del rione). Lì, presso S. Maria Maggiore, fa costruire anche una splendida villa con
parco. Per circa tre secoli, fino alla distruzione operata con Roma Capitale per la costruzione dei palazzoni
umbertini di via Cavour, l'area fu occupata dunque da villa Peretti, la più grande costruita dentro le mura
aureliane e una delle più sontuose.
Fig. Villa Peretti con il parco si stendeva tra S. Maria maggiore e la stazione Termini.
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Intanto il Tevere assicurava la sopravvivenza della città ed è alla base della concentrazione
medioevale di quasi tutta la popolazione romana nelle zone più prossime a esso (Campo Marzio, Trastevere,
Borgo, ecc.). Il Tevere non era sfruttato soltanto come fonte di approvvigionamento idrico, ma anche come
forza motrice per far girare le pale dei molti mulini che galleggiavano sulle sue acque. Risultava però anche
che a volte gli abitanti, costretti a bere ordinariamente l’acqua del Tevere, ne morivano per male di renella da
essa cagionato.
Solo nel sec. XVIII si cerca, grazie all'intervento dei pontefici Clemente X e di Benedetto XVI, di
riorganizzare il settore degli acquedotti urbani, che, nonostante la sua rilevanza pubblica, si era dovuto
accontentare, per il lungo periodo precedente, di interventi frammentari da parte dei vari pontefici, che
avevano incanalato nuove acque verso Roma, ma che non avevano avviato una gestione articolata e
omogenea per tutti e tre gli acquedotti.
L’itinerario. Le tappe principali
CAMPIDOGLIO
Il Colle Capitolino ha registrato nel tempo una incredibile continuità e persistenza delle funzioni
pubbliche: potere politico, culto, rappresentanza civile, cultura un nodo di funzioni centrali che ha fatto del
luogo il simbolo e l’emblema capace di incarnare l’ idea di società organizzata in forma di stato.
Il Palazzo dei Conservatori, realizzato intorno al 1563 da Giacomo della Porta, il vecchio palazzo
medievale era stato la sede delle corporazioni professionali di arti e mestieri. E divenne sede della
magistratura romana: i conservatori del popolo romano, tre scelti tra i nobili, curavano i problemi
organizzativi della vita cittadina. In un cortiletto interno ospita la forma urbis del Lanciani. Qui nel 1957
vennero firmati i trattati di Roma che dettero inizio alla Comunità Europea. Nel 1471 papa Sisto IV colloca
nel palazzo dei Conservatori alcuni importanti reperti archeologici che vengono così donati al popolo di
Roma: nasce il primo museo pubblico che supera nel modo di fruizione le collezioni artistiche che sino ad
allora erano raccolte nei palazzi della aristocrazia e dei mecenati e riservate ad una ristretta cerchia di amanti
dell’arte.
Il Palazzo senatorio è stata fino al 1870 sede del Senatore di Roma (carica analoga al podestà del comune o
il nostro sindaco).
Rione S. Angelo
Siamo nel cuore della Roma tardo-medievale. Il rione S. Angelo (dalla chiesa di S. Angelo in Pescheria) è
un rione di piccola estensione, in parte occupato dal Ghetto degli Ebrei. Si estende alle Botteghe oscure,
largo Arenula, Teatro Marcello, Piazza Campitelli.
MONASTERO DI TOR DE’ SPECCHI
Il monastero ai piedi del colle Capitolino è il più antico tra gli edifici superstiti del Quattrocento
romano, inaugurato nel 1433 da S. Francesca Romana fondatrice delle Monache Oblate di Tor de’ Specchi.
Oggi è considerata la protettrice della città e degli automobilisti romani.
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L’ingresso al n° 40 porta a sesto semicircolare sormontata da affresco seicentesco Madonna con bambino, S.
Francesca Romana e S. Benedetto. Il monastero, nel quale SFR visse dal 1436 al 1440, è di stretta clausura e si apre al
pubblico solo il 9 marzo, data della morte di S. Francesca Romana.
Accanto: Il miracolo dell’uva
maturata per dissetare la santa.
Le didascalie degli affreschi,
quasi tutte ben leggibili, sono
un esempio del dialetto
romano del tempo.
Sotto . La santa fa risuscitare
un certo Pavolo affogato nel
Tevere per recuperare della
legna caduta in acqua.
In due sale interne (un tempo una delle due era la cappella) sono conservati due splendidi cicli di
affreschi del tardo Quattrocento eseguiti da Antoniazzo Romano e raffigurano i miracoli e scene di vita della
santa. Ricordiamo che le monache avevano acquisito il terreno sul Tevere acquistato nel Novecento per la
Centrale Montemartini.
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Piazza Campitelli
Nel rione Campitelli è una delle più armoniche piazze minori della vecchia Roma. Su di essa si affacciano
alcuni palazzi del Seicento:
 CHIESA DI S. MARIA IN CAMPITELLI
 PALAZZO CAVALLETTI al n° 1 . Francesco Cavalletti fu l’ ultimo senatore di Roma fino alla presa di
Porta Pia
 PALAZZO ALBERTONI SPINOLA al n° 2
 PALAZZO CAPIZUCCHI al n° 3; ospita una sala seicentesca per musica con due balconate in legno di
buona fattura moda della musica da camera del 6-700.
 Palazzo CAETANI LOVATELLI dei duchi di Sermoneta , salotto letterario di Ersilia di fine “800
 PALAZZO PATRIZI - CLEMENTI, sorge alla fine del ”500 sulla celebre torre del melangolo notissimo
riferimento della topografia medievale.
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Tor Margana
Tor Margana in una
immagine di “Roma sparita
di Ettore Roesler Franz.
La torre (del sec. XIV)
presenta un paramento in
laterizio rivestito dalla parte
verso la strada da intonaco.
E' costituita da tre piani:
l'ultima finestra più in alto
occupa il vano, ora murato,
guardava verso il
Campidoglio.
La torre attualmente è
mozza e presenta aggiunte
tarde (civico 40).; al sec.
XV dovrebbero risalire le
due patere con aquile
(anche se per alcuni
studiosi esse sarebbero
antiche); bella l'antefissa
angolare con ornati floreali.
Alla torre è unito il muro di
cinta della corte oggi
coperta, sul quale si apre un
portale adorno di frammenti
di cornici romane di epoca
tarda con cassettoni e
rosoni (sull'architrave è
presente uno stemma dei
Margani del '400).
Le fonti dicono che nel 1305 i Margani acquistarono dai Mellini una casa piena di resti antichi, tra cui tre
colonne (di cui un resto è proprio quella rimasta visibile). Margani furono una potente famiglia romana che
ricoprì anche importanti cariche in Campidoglio e possedettero anche altre torri, sia nel rione Monti (la
cosiddetta Torre dei Borgia), sia nel rione Ripa, presso S. Eligio dei Ferrari. Di fronte all'ingresso della torre
dei Margani, in una sera del 1480, Pietro Margani cadde assassinato per mano di Prospero Santacroce. La
famiglia si estinse nel 1662.
Via dei Delfini
Ai civici 27-31 l’unico esempio romano di case a schiera. Esempio di edilizia borghese del Quattrocento
nella quale si inserivano i palazzi delle famiglie nobili.
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Isola Mattei
I Mattei si trasferirono qui a metà del Quattrocento, costruirono nel blocco tra via dei Funari, Botteghe
Oscure, Via Caetani, Piazza Paganica, sopra l’antico Teatro Balbo (i cui materiali furono riusati per i
palazzi della famiglia), una serie di palazzi indicati coi nomi dei feudi dei diversi rami famigliari.
I Mattei avevano il privilegio di fungere da guardiani dei ponti e ripe in tempo di sede vacante; questo
ufficio garantiva loro il diritto di esigere i pedaggi. Nel Palazzo Mattei Paganica dal 1928 ha sede l’ Istituto
della Enciclopedia italiana. I Mattei avevano anche una villa sul colle del Celio (tra Colosseo e Porta
Metronia). E’ la Villa Celimontana sui cui prati sostavano i pellegrini delle Sette Chiese per rifocillarsi.
Sulla piazzetta sorge la Fontana delle tartarughe su disegno di Giacomo della Porta.
Palazzo Costaguti attesta i cambiamenti verificatisi nel tessuto sociale di Roma a partire dal
Rinascimento. Costruito per Costanzo Patrizi, tesoriere generale della Curia vaticana sotto Paolo III, fu
poi acquistato nel 1624 dai Costaguti, della nobiltà ligure, una tra le tante stabilitesi a Roma a seguito della
elezione di un pontefice non romano, e che progressivamente emarginarono le antiche famiglie romane.
Segue su altro file la seconda parte
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